L'impresa oggi - Progresso responsabile, crescita sostenibile

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L’impresa oggi

Progresso responsabile, crescita sostenibile

L’impresa oggi

Vol. V

40 aziende. 40 storie di imprenditori e collaboratori

Le interviste del presente volume sono state realizzate dal 2022 al 2024

Progetto a cura di: Confartigianato Imprese Varese

Stampa a cura di: Litografia Valli srl

Finito di stampare: Marzo 2025

Edizione I - Anno 2025

© 2025 Confartigianato Imprese Varese Viale Milano 5, Varese www.impreseterritorio.org

Un grazie speciale a tutte le imprenditrici e a tutti gli imprenditori che hanno condiviso con noi emozioni, insegnamenti, coraggio e tenacia.

Questo libro è un omaggio a loro e a tutti coloro che non hanno paura a fare impresa.

Questo libro, che fa seguito ad altri tre della medesima collana (a testimonianza dei tanti anni di vicinanza alle aziende), è nato con un obiettivo ambizioso: raccogliere storie di impresa per le imprese, e da esse trarre spunti pratici e riflessioni profonde su come affrontare le sfide di oggi e costruire il domani.

Viviamo in un periodo segnato da incertezze e cambiamenti rapidi, dove le aziende sono chiamate a reinventarsi, a saper affrontare complessità economiche, sfide digitali e transizioni sostenibili. L’Impresa Oggi offre ai suoi lettori - imprenditori, giovani, e stakeholder - non solo una panoramica del mondo dell’impresa, ma anche una visione strategica e concreta per affrontare le sfide quotidiane.

Per chi fa impresa, queste storie diventano un’opportunità di confronto: riflettere sulle esperienze di chi ha già percorso la strada delle incertezze può essere fonte di ispirazione e un aiuto per sviluppare nuove strategie e strumenti. Sono esempi reali che parlano di cambiamento, innovazione e adattamento, di quel “fare impresa” che non è mai stato così complesso e affascinante.

Per i giovani, rappresenta una finestra sul mondo del lavoro che li aspetta: un mondo in continua evoluzione, che richiede competenze nuove e la capacità di rispondere alle trasformazioni digitali e sostenibili. Questo libro è pensato per trasmettere loro non solo la realtà di oggi, ma anche la necessità di migliorare e costruire un futuro più agile e sostenibile, che sarà necessariamente nelle loro mani.

Infine, questo è un libro anche per gli stakeholder: oggi più che mai, per fare impresa servono condizioni favorevoli. Un Paese efficiente, con leggi chiare, una giustizia che sappia essere tempestiva, una politica industriale solida e a lungo termine e - 4 -

il rispetto dei termini di pagamento, è fondamentale per consentire alle imprese di crescere. Solo così l’intero sistema economico può prosperare e generare benefici per la collettività.

Il nostro ruolo come associazione è più che mai chiaro: essere un punto di riferimento solido, concreto, pronto a rispondere alle esigenze di chi fa impresa. Questo libro nasce dalla convinzione che il nostro compito non sia solo rappresentare le aziende, ma essere al loro fianco, con consulenze efficaci e strumenti aggiornati, preparati a rispondere a ogni cambiamento e a ogni sfida. Essere responsabili e autorevoli significa essere pronti a trasformarsi con il mondo dell’impresa e a mantenere quella vicinanza che ci rende un supporto reale e tangibile.

Confartigianato Varese, insieme ad Artser, ha fortemente voluto dare vita a questo viaggio tra imprese e filiere per offrire una testimonianza preziosa, una mappa che racconti un percorso fatto di impegno e determinazione. Ma non solo: siamo qui per prepararci a essere la guida migliore, al fianco delle imprese, ora e in futuro, offrendo loro gli strumenti necessari per competere con successo in un mercato che non fa sconti.

Ogni storia narrata in queste pagine porta con sé l’essenza del “fare impresa” come espressione di libertà, visione e resilienza. L’Impresa Oggi vuole essere un tributo a chi, ogni giorno, si impegna a costruire il futuro con la consapevolezza dei propri mezzi e la volontà di superare ogni ostacolo. E noi, come associazione e azienda di servizi, continueremo a essere qui, al fianco di ogni impresa, con responsabilità e preparazione, per affrontare insieme le sfide di oggi e le opportunità di domani.

Confartigianato Imprese Varese

indice

Introduzione pag 4

CAP I - MECCANICA pag 10

Tecom Srl: l’impresa sostenibile che sa leggere il futuro pag 12

Officine Meccaniche Zema: l’energia delle idee che muove il mondo pag 19

Magnoni Francesco Srl: «Con Industria 4.0 abbiamo ripreso a correre» pag 26

Victor Srl: l’azienda Made in Lombardy dove i cuscinetti fanno girare il mondo pag 34

Technosprings Italia Srl, il regno delle molle: «Così siamo arrivati nello spazio» pag 40

Affetti Pumps: la piccola impresa, dal grande export, che preoccupa i tedeschi pag 46

Due cuori e un’impresa: il regno dei microingranaggi si chiama Anfabo pag 52

L’Officina Oms: l’impresa 4.0 che cresce con i giovani e il welfare che fa bene pag 59

JMec: gli “architetti della meccanica” che corrono contro il tempo pag 66

Barlocco Srl: «Ci sentiamo un po’ chef: ogni giorno prepariamo un piatto nuovo» 73

Meccanica Besnatese: decolla il progetto“Eco-friendly”.

Risparmiati 502 Kg di anidride carbonica pag 79 - 6 -

Il cuore d’acciaio della Cermesoni: storia di una famiglia che vuol crescere con i giovani pag 85

Alla Emar si cercano giovani, disperatamente. Il titolare: «Servono fresatori: chiediamo l’impossibile?» pag 91

Carve Srl: «Nella centrifuga dell’economia vince chi sa collaborare al meglio» pag 98

Marco e Cesare Colmegna: «L’azzardo di essere imprenditori per ridare valore alla meccanica» pag 105

CAP II - TESSILE

pag 112

Stamperia Olonia: «La sostenibilità? È una scelta, ma ci vuole coraggio» pag 114

Ferraro Spa: 70 anni di innovazione nel meccanotessile, tra sostenibilità e Industria 4.0 pag 120

Debora Carabelli: «Gli italiani e il tessile? Una tradizione che nessuno ha, ma il mondo è cambiato» pag 127

Michele Tronconi: «Il tessile italiano? Lo difendiamo con prodotti belli e ben fatti» pag 135

Mei International Srl: «Andiamo nel mondo perché il cliente è sacro» pag 141

Mario Montonati: «Il tessile italiano è solido e forte, ma fai la differenza se sei sostenibile» pag 148

Tessitura Marco Pastorelli Spa: quando la famiglia fa l’impresa pag 155

Fazzini Srl: il brand “italian style” che nasce dal cuore pag 161

Fimotex Srl: «Siamo imprenditori perché ci piace sognare» pag 168

Rimoldi & CF: l’azienda che dà i punti alla Moda pag 174

Clemente Sironi: «Il lino? Costoso ma sostenibile per natura. E dopo 130 anni siamo ancora qui» pag 181 - 7 -

Besani Srl e la “filiera aperta”: trasparenza e sostenibilità ridisegnano la moda del futuro pag 187

BipBip Srl: l’azienda Made in Italy che corre sui mercati pag 194

Produce Sinapsi Srl, l’azienda dove la sostenibilità è un inno alla “lentezza” pag 201

Da Cate Blanchett a Michelle Obama: il Ricamificio Levi veste le star pag 208

CAP III - PLASTICA

pag 214

Plastì: la forza di un’idea che trasforma plastica e passione in eccellenza pag 216

Andriolo: le borracce che uniscono innovazione, design e identità personale pag 222

Alba Plast: l’azienda che trasforma visioni in un successo globale pag 229

Color Plast: dare colore alla plastica e forma ai sogni da tre generazioni pag 235

Ernesto Vaj: l’azienda elastica come la gomma dove si racconta una storia tutta italiana pag 242

Stampaggio Gomma Snc: «C’è un tappo per tutto.

La vera rivoluzione? Il silicone per il vino» pag 249

Da Pmi a leader globale: la Nupi tra innovazione, sostenibilità e talento pag 256

Sostenibilità, etica e innovazione: la leadership al femminile di Lati Spa pag 263

Luigi Bandera Spa: «L’innovazione è uno stato mentale. E fa bene anche all’ambiente» pag 270

Dalle Olimpiadi ai treni: l’innovazione sostenibile di Omnia Plastica pag 276

Conclusioni di Mauro Colombo pag 282

Il manifesto degli imprenditori pag 284 - 8 -

A cura di Davide Ielmini

Meccanica

IN SINTESI

Il viaggio attraverso il settore della meccanica ci offre insegnamenti preziosi che vanno oltre le semplici dinamiche di mercato. In primo luogo, emerge l’importanza della passione e della dedizione personale. Molti imprenditori hanno iniziato quasi dal nulla, come nelle più iconiche storie della Silicon Valley, o ereditando l’attività di famiglia, ed è stata la passione a guidarli attraverso le sfide. Questa dedizione ha permesso loro di innovare continuamente e di adattarsi ai cambiamenti del mercato. La propensione all’adattamento e al cambiamento sono altri temi ricorrenti in questo lungo cammino. Le aziende hanno affrontato crisi economiche, cambiamenti tecnologici e competizione globale, ma hanno saputo reinventarsi, esplorando nuovi settori e investendo in tecnologie emergenti. Questo insegna che la capacità di cambiamento è fondamentale per la sopravvivenza e il successo a lungo termine.

Il nostro viaggio evidenzia, anche in questo comparto, l’importanza strategica del capitale umano. Le imprese che investono nella formazione dei giovani e valorizzano le competenze dei propri dipendenti creano un ambiente propizio all’innovazione. La difficoltà nel trovare personale qualificato sottolinea la necessità di collaborare con istituti educativi e di promuovere le

professioni tecniche tra le nuove generazioni. E su questo molto si tenta di fare attraverso la strada degli ITS.

La sostenibilità ambientale emerge come un imperativo non solo etico ma anche strategico. Le aziende che adottano pratiche sostenibili, come l’efficientamento energetico e l’uso di materiali ecocompatibili, non solo riducono l’impatto ambientale ma spesso migliorano l’efficienza operativa e rispondono alle crescenti richieste di un mercato attento all’ecologia ma anche alla sostenibilità sociale e di governance. Un altro insegnamento riguarda la valorizzazione del Made in Italy. La combinazione di tradizione e innovazione tecnologica permette alle nostre aziende di distinguersi nel panorama globale. Mantenere elevati standard di qualità e autenticità si traduce in un vantaggio competitivo unico.

Il tema della collaborazione è anch’esso centrale. Le imprese che costruiscono reti solide con fornitori, clienti e partner strategici sono più performanti e capaci di innovare. La condivisione di conoscenze e risorse crea sinergie che potenziano l’intero settore e che fanno bene ai processi di sviluppo di intere filiere. Infine, il viaggio sottolinea l’importanza di una visione strategica a lungo termine. Gli imprenditori che guardano oltre le sfide immediate e investono nel futuro della loro azienda—attraverso l’adozione di tecnologie come l’Industria 4.0, Transizione 5.0 e l’Intelligenza Artificiale—sono quelli che riescono a crescere e a diventare un punto di insegnamento dal quale anche noi abbiamo imparato molto.

COSTRUZIONI MECCANICHE TECOM SRL

Fondazione 1963

Titolari Andrea Colombo

Produzione Impianti di estrusione film in bolla

Indirizzo Via Sant’Ambrogio, 10 Olgiate Olona (VA)

Contatti Tel. 0331 635421 tecom@tecom-it.com

Tecom Srl: l’impresa sostenibile che sa leggere il futuro

Un imprenditore non scrive il futuro, lo fa. La storia della Costruzioni Meccaniche Tecom Srl, trentasei dipendenti, sta tutta qui. E non è poco. Andrea Colombo, amministratore delegato e socio dell’azienda, ha un occhio rivolto al passato (la storia e la tradizione lasciano sempre un segno) e un altro spalancato sul futuro: «Nel 2019 la Union di San Vittore Olona, impresa leader nella costruzione di macchinari a testa piana per la lavorazione delle materie plastiche, è entrata in società con la Tecom per potenziare la reciproca offerta di prodotti alla clientela; nel 2011 abbiamo depositato il marchio “Go Bio” per sottolineare ancora di più la nostra posizione sulla sostenibilità ambientale con la produzione di linee di estrusione per film in bolla in grado di lavorare materie compostabili. Nel 2023, infine, è nata la Mech-I-Tronic (MIT): si tratta di un gruppo di aziende, che coinvolge grandi industrie produttrici del settore Meccatronico (compreso il farmaceutico), per lavorare in sinergia a livello internazionale. Una rete che è, nello stesso tempo, gruppo di acquisto (pensiamo alle materie prime) e di progettazione. La forza commerciale aumenta».

ABBIAMO FORZA, RISORSE E PROGETTI PER CRESCERE, MA MANCANO I GIOVANI

Quarantasette anni, entrato in azienda «quando ancora ero in fasce», Andrea Colombo ricorda gli inizi e traccia il futuro dell’impresa: «Nata nel 1963 si dedica inizialmente alla produzione di macchine per il tessile. Poi, con le grandi crisi del settore la produzione si sposta su alcune, singole parti (stiri ed

avvolgitori) per gli impianti di materie plastiche lavorando per altri costruttori. Bruno Gazzi e Gianfranco Colombo, i fondatori dell’azienda, perseverano: nei Settanta ci si rende autonomi e si passa alla costruzione di linee complete (circa 40 all’anno: semplici se valutate con le conoscenze di oggi, all’avanguardia per quei tempi), mentre negli anni Ottanta si arriva a Olgiate Olona, in questo capannone: tremila metri quadrati coperti. Ma abbiamo la forza, le risorse e i progetti per poter crescere: il nostro obiettivo è questo. Si trovassero giovani da assumere sarebbe tutto diverso». Il problema c’è’: la manodopera motivata manca. «Forse manca la voglia da parte delle nuove generazioni, forse i percorsi formativi sono deboli, forse non si racconta l’impresa e quello che fa. Qui alla Tecom si tengono otto, dieci colloqui la settimana e si hanno rapporti continuativi con le scuole e le agenzie interinali, ma i risultati sono scarsi: in futuro è possibile assumeremo ragazzi stranieri. Anche perché sanno raggiungere alti livelli di bravura: gli italiani devono smetterla di pensare di essere al top». Un problema culturale? «Non c’è dubbio», sottolinea l’amministratore delegato con un pizzico di amarezza. Che subito si riaccende, però, quando pensa a quegli anni Ottanta/Novanta «quando abbiamo dato il via ai primi test sui materiali biodegradabili».

CON “GO BIO” SIAMO LEADER SUL MERCATO DEI

MATERIALI COMPOSTABILI

Anche i ricordi sono fatti di odori. Quelli che Andrea Colombo si porta ancora nelle narici sono dell’acido acetico: «Quei materiali non erano compostabili e lasciavano nell’ambiente una scia penetrante. Grazie a quegli esperimenti, però, la nostra vocazione ambientale è diventata sempre più forte. Anche se un po’ mi fa sorridere la guerra alle materie plastiche monouso sulle quali si concentra l’Unione europea: il mondo dell’imballaggio è molto più di un semplice sacchetto. Comunque, con “Go Bio” abbiamo fatto un salto di qualità e negli anni Duemila eravamo pronti: muovendoci prima degli altri siamo diventati leader del mercato dei materiali compostabili. Ciò che chiedono i clienti, però, sono linee versatili che possano lavorare tanto il “bio” (molto richiesto in Italia, il rigenerato trova ottime sponde anche nel resto dell’Europa) quanto i materiali tradizionali. Il punto è che il mondo dell’imballaggio flessibile è così ampio – si va dai prodotti semplici a quelli tecnici – che non si ha certo il tempo di annoiarsi». Con un fatturato al 70% in Italia e al 30% nel resto del mondo (quattro container sono partiti per il Messico e un’altra linea è in partenza), la Costruzioni Meccaniche Tecom Srl è un agglomerato di pura tecnologia che va dalla progettazione (ufficio tecnico interno) all’automazione: «Oggi non puoi pensare di sviluppare e costruire un macchinario che non sia ad efficientamento energetico. Il calcolo è semplice: KWh per Kg di prodotto».

TRANSIZIONE 5.0 E INTELLIGENZA ARTIFICALE, MA IL

CLIENTE È SEMPRE PIÙ PREPARATO

Transizione 5.0 e Intelligenza Artificiale sono gli altri fronti sui quali sta riflettendo l’amministratore delegato: «Ad un credito di imposta al 45% non puoi dire no, mentre sulla IA (alcune aziende di altri settori già la utilizzano nell’assistenza ai clienti, e funziona) il percorso sarà un po’ più lungo: quello che sembra-

va innominabile, arriverà con forza perché la tecnologia non si ferma e noi teniamo il passo. Teniamo, come è nella storia della Tecom, le antenne dritte. Anche perché i clienti sono sempre più informati e preparati a livello tecnologico. Un tempo, quando imprenditori e clienti si potevano considerare i pionieri di alcune lavorazioni, tutto era più semplice e anche un poco “artigianale”. Da anni, invece, le aziende sono strutturate, hanno centri di R&S interni, conoscono nel dettaglio i processi di lavorazione e i prodotti finiti. La stessa figura del commerciale è cambiata, perché prima deve essere un tecnico e poi tutto il resto. E per chi, come la Tecom, sviluppa e costruisce macchinari customizzati, flessibilità e garanzia sui prodotti fanno la differenza. E’ per questo che collaudo personalmente il 99% dei nostri impianti: è un valore aggiunto che offro ai clienti».

UNA NUOVA OPEN HOUSE E TANTI PROGETTI (SEGRETI)

Con la concorrenza di Cina, Taiwan, India e Turchia – ma in Europa (Italia e Germania) ci sono i veri competitor – questa azienda di Olgiate Olona sa che «la differenza la si fa soprattutto sulla qualità e non solo sul prezzo». Così, investire è un must: «Nel 2017 abbiamo costruito una torre da 16 metri per poter testare gli impianti con i materiali forniti dai clienti: tradizionali, sperimentali e bio. Nei prossimi anni partiremo con una nuova open house per poter offrire ancora maggiori dimostrazioni sul funzionamento delle nostre linee (fino ed oltre i 20 metri di altezza) e tanti sono i progetti importanti che chiuderemo nel breve e medio termine». Quali? Andrea Colombo non cede: «Un imprenditore deve sempre avere qualche segreto».

OFFICINE MECCANICHE ZEMA SRL

Fondazione 1977

Titolari Carmelo e Juris Zema

Produzione Lavorazione di palette per turbina

Indirizzo

Contatti

Via Antonio Gramsci, 100 Villadosia (VA)

Tel. 0332 945381 omz@omzema.it

Officine Meccaniche Zema: l’energia delle idee che muove il mondo

Nato in Calabria settantuno anni fa, a quattordici anni lascia il Sud per il Nord e contribuisce a scrivere la storia di un’Italia che cambia, che fugge dalla povertà, che è fatta di idee e voglia di riscatto. Francesco Zema è stato un protagonista di quei tempi – nel 1977, in una stalla, apre una tornitura che porta il suo nome – e lo è di questi nostri giorni. A dire il vero, è un imprenditore che ha sempre vissuto nel futuro. Da quando, ancora ragazzino in Calabria, accompagna in mare aperto un collaudatore dell’Ansaldo di Genova, turista e amante della pesca, e questo gli racconta continuamente di palette e turbine. Quelle parole, Francesco Zema non se le toglierà più dalla testa. E quelle fantasie giovanili si trasformeranno, nel tempo, in un business che anno dopo anno porterà la Officine Meccaniche Zema Srl –cento dipendenti divisi tra le sedi di Casale Litta e Mornago - ad essere leader nei settori dell’Energia e dell’Oil & Gas.

DALL’ISLANDA AGLI STATI UNITI TRA GEOTERMIA E NUCLEARE

Tutto questo ha un nome: Islanda. Nella terra “del ghiaccio e del fuoco” questo imprenditore ci va ancora quattro volte l’anno: «Da dodici anni, il governo islandese lavora solo con noi. Sarà per il fatto che per alcune aziende abbiamo studiato e realizzato diaframmi particolari per le turbine geotermiche: un prodotto apprezzato anche da Gudlaugur Thór Thórdarson, Ministro dell’Ambiente, dell’Energia e del Clima. L’80% della nostra produzione, comunque, raggiunge il mondo. La Norvegia è un altro punto di riferimento: per questo Paese produciamo le carcasse dei contatori che, posti al di sotto delle piattaforme, misura-

no le estrazioni di petrolio, gas e acqua. Il bussolotto contiene un liquido top secret: il brevetto è stato acquistato anni fa da una multinazionale americana. Giusto appunto, l’America: lì spediamo alcuni componenti che vengono installati nelle mini-centrali nucleari».

CON SIEMENS NASCE SINUMERIK ONE, IL CONTROLLO NUMERICO DEL FUTURO

Ma ci sono anche la Francia, la Germania e l’Ungheria: in questi ultimi due Paesi si concentra la collaborazione tra la Officine Meccaniche Zema (O.M.Z.) e la Siemens. Il punto di volta risale al 2014, quando l’azienda varesina progetta e realizza un centro di lavoro in grado di tagliare i tempi di produzione di circa il 30% rispetto agli impianti standard e di garantire, nello stesso tempo, una qualità superiore delle lavorazioni. Su questo impianto è montato il controllo numerico Sinumerik ONE di Siemens, che con l’opzione Sinumerik Integrate Analyze MyPerformance permette di monitorare l’intero ciclo produttivo analizzando – attraverso la raccolta dei dati - l’efficienza dell’impianto, le prestazioni (ottimizzandole) e la qualità dei prodotti.

IL PRIMO TORNIO, LE MACCHINE C.B. FERRARI

E LA FISSA PER LE PALETTE

Al top per quanto riguarda la qualità delle materie prime (tut-

te europee da filiera tracciata) e del prodotto finito, la Officine Meccaniche Zema ha due anime che dialogano fra loro nella quotidianità della produzione: da un lato la lavorazione delle palette (sia da barra che forgiate) per turbine a vapore, gas e geotermia e dall’altra le lavorazioni generali di componenti di dimensioni medio e piccole per i settori delle macchine utensili e della produzione del sapone, dell’energia e dell’aeronautico.

Francesco Zema si concede un altro salto nel passato: «Ho sempre amato la meccanica e ricordo che in quegli anni Settanta acquistai il mio primo tornio in Emilia-Romagna: costava quattro milioni e mezzo di lire. Bene, ma adesso come lo pago? Mi dissero: vada a casa e lavori. Negli anni Novanta le palette diventano un’idea fissa e inizio a produrre rotori. Ringrazierò sempre Renato Bianchi della C.B. Ferrari per aver supportato questa mia scelta: la sua azienda realizzava macchinari straordinari. In tre mesi ne acquisto tre; dopo sei mesi altri sei. In quattro anni ho acceso un leasing da centinaia di migliaia di euro».

CARMELO ZEMA E LE NUOVE SFIDE DELLA MECCANICA

L’avventura di Francesco Zema si sintetizza in una sola parola: competitività. Il 2024 finirà a breve e il 2025 ha già aperto le porte di un’azienda che si trova in pancia ordini e richieste di service: l’esigenza di inserire il terzo turno si fa stringente, «ma per farlo dobbiamo assumere», dice Carmelo Zema, il figlio quarantanovenne di Francesco che alla O.M.Z. segue l’aspetto produttivo. Juris, il secondo figlio che di anni ne ha 47, cura invece gli aspetti amministrativi e informatici. Assumere, ma come? «La prospettiva dei nostri ordini va dai quattro ai sei mesi e non offre sufficienti certezze per implementare il numero dei collaboratori. Numero che, se parliamo di programmatori, rischia di diminuire perché le alte competenze sono sempre più richieste e i nostri dipendenti ricevono

nuove proposte di lavoro un giorno sì e uno no», dice Carmelo Zema. Che nel cuore si porta il ritmo della produzione: «A quindici anni passavo le ferie estive in azienda, poi a 21 – dopo aver abbandonato la Laurea breve in Ingegneria Meccanica al Politecnico di Milano - ho deciso di dedicare la mia vita alla meccanica. Non un lavoro, ma una passione. Ancora ragazzino montavo e rimontavo tutto, compresa la Vespa 50 che mi era stata regalata».

La vera sfida che oggi deve affrontare un imprenditore? Carmelo Zema non ha dubbi: «Entrare nella testa dei clienti è sempre più difficile, perché in molte aziende non c’è stato un vero ricambio generazionale con passaggio di consegne, adeguata preparazione ed esperienza: questo lo notiamo soprattutto nel settore dell’energia. Allora, la domanda è questa: cosa si aspettano i clienti da me? Fare sempre un passo in più rispetto a quello che si è fatto ieri».

MAGNONI FRANCESCO SRL

Fondazione 1920

Titolari Francesco Magnoni

Produzione Lavorazione a freddo delle lamiere

Indirizzo Via Piave, 16 – Albizzate (VA)

Contatti Tel. 0331 993051 info@magnoni.it

Il vero fine è durare nel tempo e fare utili è solo un mezzo che serve per dare un futuro alla tua attività

Magnoni Francesco Srl: «Con Industria 4.0 abbiamo ripreso a correre»

Terza generazione in azienda, il titolare di oggi porta lo stesso nome del nonno fondatore: Francesco. Di cognome, Magnoni. La storia risale al 1920, quando il nonno si ingegna nella produzione di “cucine economiche” in modo diverso sostituendo la lamiera alla ghisa: «Fogli di ferro, lima e martello», ricorda Francesco Magnoni. Che con poche parole, facendo un balzo di anni, racconta il cambiamento del settore della meccanica: «Dalla lima si passa alle trance, alle presse e all’attrezzatura. Poi le punzonatrici, il laser, le piegatrici idrauliche, la saldatura. E Industria 4.0. Pensi che quest’azienda è arrivata ad occupare settantacinque persone e nel suo core business c’era anche la progettazione e realizzazione di stampi. Oggi ne conta una trentina».

QUALE È LO SCOPO DI UN’AZIENDA?

Classe 1961, laureato in Ingegneria, Francesco Magnoni entra in azienda negli anni Novanta. E di un corso frequentato in quei tempi conserva ancora un ricordo indelebile: «Ad un certo punto il relatore ci chiese: quale è lo scopo di un’azienda? Tutti risposero “fare utili”. Invece, il vero fine è durare nel tempo e fare utili è solo un mezzo che serve per dare un futuro alla tua attività. E questo accade se quegli utili li investi nuovamente per poter migliorare sotto il profilo produttivo e organizzativo. Tutto si intreccia. Poi, come è normale che sia, bisogna anche dare soddisfazione ai soci».

PRIMI IN EUROPA, MA ORA È TEMPO DI CAMBIARE

Fino alla fine del secolo scorso, la Magnoni è stata una realtà

all’avanguardia e leader nel suo settore: «Da sempre lavoriamo lamiera utilizzando, soprattutto, ferro e acciaio inossidabile. I macchinari sui quali si investiva – in azienda c’era già mio papà, Donato Magnoni, con la mamma Giuditta Aspesi - erano i più belli e i più tecnologici e l’organizzazione si basava su corsi di formazione tenuti dai tecnici della Whirlpool e della Bticino. Ricordo ancora il primo Pc, grande quasi quanto un tavolo. I cicli di lavorazione, qui, si usano da 50 anni».

L’azienda di Albizzate cresce e lega il suo nome ai grandi brand del bianco, dell’automotive e dell’informatica: «La Ignis di Napoli, l’Autobianchi, la multinazionale americana IBM. Sempre e solo contoterzisti, ma poi 35 anni fa qualcosa è cambiato». Quel “qualcosa” richiama ancora la IBM: «Senza mai abbandonare la subfornitura, siamo stati i primi in Europa a produrre gli armadi da pavimento e da parete destinati al settore del cablaggio strutturato. I famosi Rack 19”, dove quel numero in pollici indica le dimensioni standard degli apparati che devono essere ospitati all’interno. Diventiamo un brand con un prodotto tutto nostro progettato, prodotto e venduto con marchio Magnoni. Da lì segue un catalogo che, per tanti anni, sarà il nostro punto di forza».

ABBIAMO RIPRESO A CORRERE, ANCHE GRAZIE A INDUSTRIA 4.0

Il rallentamento dell’azienda è durato circa una ventina di anni.

Negli ultimi cinque, grazie agli investimenti in nuovi macchinari (pannellatrice e punzonatrice sono 4.0), formazione e organizzazione «abbiamo ripreso a correre. Passare a Industria 4.0 è stato utile e intelligente perché il vero vantaggio, per l’azienda, non sono tanto le agevolazioni quanto l’integrazione dei nuovi macchinari nella linea di produzione – prosegue il titolare -. Se da un lato l’azienda “seria” deve essere 4.0 indipendentemente dai crediti di imposta, dall’altro le realtà meno strutturate o più giovani devono porsi qualche domanda. Per quanto riguarda il nostro caso, Industria 4.0 non ha rappresentato una rivoluzione: abbiamo solo reso automatica una procedura che faceva già parte del nostro modo di lavorare. Una procedura, questo è il vero vantaggio, che oggi è in tempo reale. Il 70% del fatturato dell’azienda proviene dalla subfornitura in Italia e in Europa: qui ci lavoriamo da 50 anni per Siemens, Schneider Elettrica, SKF, Kone ascensori. Per essere chiari, il 20% della nostra clientela realizza l’80% del nostro fatturato».

LE CRISI? NOI LE ABBIAMO VISSUTE IN MODO POSITIVO, MA DOBBIAMO CRESCERE

O spaventano, e allora l’imprenditore rischia di bloccarsi, oppure motivano. È il caso della Magnoni Francesco che, proprio durante le crisi più dure, non ha mai perso la propria lungimiranza e ha sfruttato quei momenti per investire e ristrutturarsi. Ancora il titolare: «Se ti organizzi, dopo le crisi puoi ripartire “a manetta”. È per questo che la Magnoni considera le difficoltà come passaggi salutari e positivi. Ma qui gioca un ruolo importante anche il nostro essere italiani». Ecco il perché: «Fino a quel fatidico 2009, quando scoppiò la crisi finanziaria negli Stati Uniti che portò alla Grande Recessione, l’italianità ha rappresentato un forte vantaggio: siamo creativi, agili, flessibili e capaci di dare sempre

una soluzione a tutti i problemi. Dopo quell’anno tremendo ci si è accorti, però, che le piccole e medie imprese sono diventate un fardello. A volte mi chiedo se il concetto di “piccolo è bello” sia ancora valido. Le aziende come la mia sono quelle che corrono i rischi maggiori: o sei un’azienda artigiana - per la quale da sempre nutro un grande rispetto - con al massimo 5 dipendenti e un mercato che ha un raggio d’azione a trenta chilometri, oppure un’azienda come la mia, che conta 30 dipendenti ed è troppo piccola per permettersi investimenti importanti come aprire unità produttive all’estero. L’obiettivo è di salire ad almeno 50 collaboratori nel corso dei prossimi anni».

CLIENTI E GIOVANI IN AZIENDA

Sul “come fare”, Francesco Magnoni ha le idee chiare: «Ciò che mi interessa non è tanto acquisire nuovi lavori, quanto nuovi clienti. Nello stesso tempo, però, ho sempre più bisogno di macchinari e persone. E su quest’ultimo punto potrei dilungarmi, perché oggi la situazione è drammatica. Pensi che ho assunto al volo un ragazzo di diciotto anni: gli stiamo insegnando tutto partendo dalle cose e dai concetti più elementari perché per me averlo in azienda è oro colato. Così è accaduto anche tre anni fa con un ragazzo allora diciottenne che ha subito dimostrato una grande voglia di imparare e fare. Ora segue da solo quattro fra le principali macchine dell’azienda e a breve sarà il nostro punto di riferimento sulla qualità». Ma questo non basta per dare fiducia ad un imprenditore che ha urgentemente bisogno di «tecnici e responsabili di officina. Mi trovo ad un bivio: da un lato persone della vecchia guardia (che andranno in pensione) e dall’altro la mancanza di giovani che, una volta trovati e assunti, devono essere formati. Il vero problema? Le nuove generazioni non percepiscono l’importanza di passare anche un solo periodo della loro vita in fabbrica. Eppure, questo è un must in molti paesi europei come la Francia e la Svizzera, realtà che conosco da vicino».

IL FUTURO SECONDO LA “NORMATIVA BS”

Nel futuro della Magnoni Francesco non manca qualche riflessione anche sul modello di business. Ancora il titolare: «Dovrò cambiare anche questo affidandomi alla “normativa BS”. Che altro non è se non una regolazione basata sul buonsenso: questo dovrebbe essere alla base di tutto ciò che si fa e accade in un’impresa». Lo stesso buonsenso al quale guarda l’ingegnere quando parla di fattori ESG: «In questo campo le nostre azioni sono ancora sporadiche: l’eliminazione della plastica, la riduzione degli sprechi e i macchinari ad efficientamento energetico. Ciò che faremo è scattare una fotografia dell’azienda, per cercare di estrapolare alcuni dati che ci aiutino a posizionarci su di una scala di valori assoluta condivisa a livello universale. Dobbiamo capire dove siamo e dove vogliamo andare. Il Bilancio di sostenibilità? Quando si lavora con aziende che già lo fanno, prima o poi ti devi adeguare perché lo chiede il mercato. Per ora, richieste particolari in questa direzione non ci sono ancora, ma i messaggi arrivano forti e chiari».

VICTOR SRL

Fondazione 1945

Titolari Claudio e Massimo Sala

Produzione

Indirizzo

Contatti

Volventi per cuscinetti (rulli-rullini), spine cilindriche e alberi per motori elettrici

Via Maestri del Lavoro 218/228

Cislago (VA)

Tel. 02 96408391 info@victorsrl.com

Victor Srl: l’azienda Made in Lombardy dove i cuscinetti fanno girare il mondo

Franco Sala, fondatore della Victor Srl, definisce la sua avventura imprenditoriale con una frase semplice ma ad effetto: «Fin quando il mondo gira, lo farà sui cuscinetti». Glielo disse il suo vecchio titolare e lui, su questa eredità spirituale, ci ha costruito una realtà florida, di trenta dipendenti, con un fatturato estero del 40% (in Germania, Polonia, Turchia, Corea del Sud, Cina) e, soprattutto, con un punto di forza che rende i figli Claudio e Massimo – entrambi in azienda - particolarmente orgogliosi: «I nostri prodotti rappresentano il meglio del Made in Italy, e sono più che sostenibili perché i nostri partner e fornitori sono tutte imprese locali Made in Lombardy. Anche quando ci affidiamo a produttori europei di acciaio, la trasformazione delle materie avviene a livello regionale. Ma per potenziare questo nostro valore, il governo dovrebbe dare un incentivo a quelle imprese che mantengono la produzione in Italia e garantiscono un prodotto cento per cento Made in Italy: delocalizzare non fa bene a nessuno. Nelle attuali crisi geopolitiche, un partner affidabile come la Victor Srl rappresenta un punto di forza per molte aziende europee».

DA LEONARDO DA VINCI AI PROFUMI DELLA MECCANICA

Una storia tutta italiana, quella della Victor Srl, perché la produzione per volventi di cuscinetti (rulli, o rullini, detti anche aghi) per i settori dell’automotive, delle macchine movimentazione terra, dell’eolico e della cosmetica (la Victor ha studiato rullini antiruggine che vengono inseriti nei dispenser per l’eyeliner) viene da lontano. Così lontano che porta Claudio a ricordare

la genialità leonardesca: «Fu proprio Da Vinci, durante i suoi studi sull’attrito, ad intuire la possibilità di creare una sorta di cuscinetto primitivo». Ed è anche così che questo giovane imprenditore, con diploma all’istituto tecnico e responsabile della produzione, si è innamorato della meccanica, «dei suoi profumi», e ha portato l’azienda alla produzione annua di 400 milioni di particolari.

PRIMA GLI ACCENDINI, POI GLI AGHI DA SUTURA

Ma i rullini sono venuti dopo perché, come spesso accade, la storia di un’impresa segue le vicende storiche ed economiche di una nazione. Accade anche alla Victor, che nasce nel 1945 in pieno periodo bellico producendo accendini con i materiali recuperati dalle carcasse degli aerei da guerra. L’esigenza di cambiare passo, però, si presenta poco dopo e così, fino agli anni Sessanta, il core business sarà quello degli aghi da sutura in ambito medicale. Ma un’altra riconversione, dettata dalla concorrenza svizzera, bussa alla porta e la Victor vira nuovamente verso un’altra nicchia di mercato. Quella che la porterà ad essere impresa leader nel settore dei rullini per cuscinetti. La trasformazione produttiva coincide con gli spostamenti di sede: prima a Novara, poi a Como, poi a Carbonate e, in ultimo, nella sede attuale di Cislago. Franco ha settantotto anni e interviene nuovamente nel discorso: «Ho sempre imparato

dai clienti, e lo faccio ancora oggi. Ho dato il via a quest’azienda con tre soli macchinari e nello stesso anno della Guerra del Golfo: un investimento di 700 milioni senza averne neppure uno. Il segreto? Pagare sempre lavoratori e fornitori. In Italia, tante imprese falliscono perché un processo dura dieci anni».

L’AZIENDA DEGLI “EX” DOVE SI DIVENTA PROFESSIONISTI DELLA MECCANICA

La difficoltà di trovare giovani da portare in azienda è un fenomeno che sta sollevando numerose riflessioni. Alla Victor Srl, dice Claudio, «la selezione si fa secondo criteri anagrafici e scegliendo giovani, e meno, che non abbiano mai fatto questo lavoro: mio fratello, per esempio, si è diplomato odontotecnico ma poi l’innamoramento ha colpito anche lui. Così, se da un lato l’età media dei nostri dipendenti si aggira sui 35 anni, dall’altro abbiamo formato ex camerieri, muratori, idraulici, operatori del mondo della comunicazione con un training che li ha portati a possedere quelle specializzazioni che nessuna agenzia interinale potrà mai offrirci. In pratica, i nostri collaboratori crescono in azienda e ciò che chiediamo loro è solo una buona dose di volontà, impegno e un poco di sacrificio. Perché qui si inizia, su più turni, alle cinque del mattino e si stacca alle 19. E quando serve qualche straordinario, bisogna farlo».

LA CONCORRENZA ASIATICA? LA AFFRONTIAMO CON COMPETENZA

Il management della Victor Srl è affidato alla famiglia Sala composta da papà Franco, da lui e dal fratello Massimo. Che, cresciuti in azienda, negli anni si sono sempre più specializzati in prodotti precisi che raggiungono la tolleranza di un micron. La sfida? «Nel prossimo futuro puntiamo a garantire prodotti con tolleranze di mezzo micron». Claudio ricorda: «Prima di sederci nella “stanza dei bottoni”, io e mio fratello abbiamo vissuto dall’interno l’azienda per formarci nei diversi processi pro-

duttivi e conoscere tutti i passaggi più particolari della lavorazione dei rulli. Solo così siamo riusciti a realizzare prodotti con una qualità sempre più alta lasciando la produzione standard ai Paesi asiatici».

INDUSTRIA 4.0 E SOSTENIBILITÀ, MA IL FUTURO STA NEL

PRODOTTO DI NICCHIA

Sono due i temi sui quali, da anni, la Victor Srl tiene alta l’attenzione con investimenti in macchinari e cisterne di filtrazione dei fanghi di rettifica e burattatura. Aggiunge, Claudio: «Gli investimenti sono stati importanti, ma ci hanno portato ad ottenere risultati valutati in modo positivo dai nostri clienti, perché abbiamo dimostrato che i nostri prodotti sono conformi alle nuove direttive legate al rispetto dell’ambiente. Nei Paesi asiatici queste attenzioni non ci sono, o sono nettamente inferiori rispetto ai Paesi occidentali, e seguire determinati standard è un valore aggiunto che dà ancora più forza al Made in Italy. Ma servono specializzazioni sempre più mirate sui mercati di nicchia: il futuro delle piccole e medie imprese sta nell’abbandonare il prodotto di massa per proporre soluzioni, e lavorazioni, figlie di una creatività e di un know how tutti italiani».

TECHNOSPRINGS

Fondazione 1985

Titolari Stefano Gualandris

Produzione Molle e minuterie in filo e nastro

Indirizzo Via Giacomo Puccini, 4 Besnate (VA)

Contatti Tel. 0331 273222 info@technosprings.com

La flessibilità

Technosprings Italia Srl, il regno delle molle: «Così siamo arrivati nello spazio»

Una laurea in Scienze Politiche con specializzazione in Diritto Internazionale e Studi Strategici, sottotenente di Vascello della Marina Militare (Ufficiale della Riserva Selezionata), dal 2018 consigliere a Palazzo Chigi per il settore aerospaziale e difesa, ex arbitro di calcio ed ex volovelista e un nonno – Giovanni Mussi – generale di divisione dell’Aeronautica: Stefano Gualandris è un imprenditore camaleontico, irrefrenabile e contagioso. Quando parla della Technosprings Italia Srl, fondata nel 1988 a Gallarate dal papà Romano Gualandris (già direttore del Mollificio di Somma Lombardo), sembra risolvere un gigantesco “cubo di Rubik” nel quale la meccanica si incastra alla perfezione con l’elettronica e l’informatica. E se a dirlo è proprio lui, che l’informatica e l’ingegneria, la meccanica e la metallurgia se le è studiate da autodidatta, potete crederci.

DAGLI OROLOGI ALLA STAZIONE SPAZIALE, LE MOLLE CHE FANNO GIRARE IL MONDO

Così, Stefano Gualandris compone le tante facce del cubo trovando le giuste combinazioni tra le molle (questo è il core business dell’azienda con sede a Besnate) e il mondo: tutto quello che ci fa muovere. E’ questa passione ad affascinarlo fin da ragazzo: «Mi iscrivo all’Università, ma apro da subito una Partita Iva per un’attività di assemblaggio Pc. Papà non mi ha mai forzato ad entrare in azienda, ma il funzionamento dei meccanismi meccanici, il loro muoversi insieme, mi attrae da sempre: ciò che muove un alettone di un aereo, che fa frenare una macchina, che agisce su un impianto antincendio…». E quelle molle

che, tra le tante applicazioni nel medicale, automotive, gioielleria, Oil & Gas, macchine per il caffè hanno trovato posto anche sulla Stazione Spaziale Internazionale.

INDUSTRIA 4.0 PER AFFRONTARE LE CRISI

Con Quaranta dipendenti, e una piccola spin-off in territorio svizzero che conta cinque collaboratori, la Technosprings Italia Srl – con Stefano Gualandris ci sono, nel ruolo di soci, il fratello Roberto, la sorella Cristina e la mamma Irene Dell’Oro - ha fatto tesoro delle tante crisi che si sono accavallate in questi ultimi anni: prima la pandemia, poi l’impennata dei costi dell’energia e delle materie prime e, in ultimo, il rallentamento della Germania. Paese con il quale dover fare i conti per chi, come l’azienda di Besnate, scommette da sempre sull’automotive. «Tra incrementi del fatturato, ma in perdita, e il lavoro che diminuiva ma con un margine in aumento – interviene nuovamente Stefano Gualandris - abbiamo puntato su Industria 4.0 per efficientare i processi produttivi e organizzativi e farci trovare preparati nel caso in cui si presentassero altri, eventuali, aumenti».

DAGLI ATTUATORI AI MATERIALI A MEMORIA DI FORMA:

FLESSIBILI PER SCELTA

D’altronde, «la flessibilità è nel nostro Dna – aggiunge il co-titolare – e questo non è uno slogan, ma un must operativo che ci

contraddistingue dalla nostra fondazione. Produrre molle non è un lavoro facile, ma negli anni offre una professionalità altissima perché ci sono quelle a compressione, a trazione, a torsione e a nastro». Piccole, quasi microscopiche (in proporzione, un’unghia sembra una pista di atterraggio) ma anche gigantesche «realizzate in titanio, inconel, nickel, platino e iridio (questi ultimi due hanno un costo che può arrivare ai 16mila dollari/Kg) dal Giappone, Stati Uniti, Cina e Francia. La Corea del Sud, invece, è uno fra i migliori produttori di filo inox». A queste, si aggiungono gli attuatori e i materiali a memoria di forma: «I primi erano già stati studiati nel 2004 da papà Romano con il Centro Ricerche della Fiat per lo specchietto della Punto. Successivamente, abbiamo sperimentato altri prodotti con il CNR di Lecco. A distinguerci, però, sono anche i dispositivi intelligenti e gli elementi elastici innovativi che recuperano la forma originale per effetto del semplice riscaldamento, oppure possono incamerare grandi deformazioni senza alcun snervamento: si tratta di soluzioni che possono essere integrate nei prodotti dei nostri clienti», spiega Stefano Gualandris.

CON LA CERTIFICAZIONE NADCAP VOLA IL FATTURATO

Entrambi i sistemi sono fondamentali nell’ambito spaziale, aeronautico e difesa. Non un semplice lavoro, ma una devozione che Gualandris svela con abbondanza di modellini disposti nel suo ufficio: razzi, navicelle, jet. Tutto punta verso il cielo. Un mare nel quale si vola e che risolve le tante sfaccettature di questo imprenditore che, nel 2014, allunga il passo nel reparto della difesa e ottiene un risultato tanto esclusivo quanto impegnativo: «Ci siamo certificati NADCAP, National Aerospace and Defense Contractors Accreditation Program. Un programma che garantisce un approccio settoriale alla valutazione della conformità dei processi speciali che riunisce esperti tecnici del settore e di enti pubblici. L’obiettivo è quello di ottenere un approccio standardizzato al controllo della qualità ed un au-

mento dell’efficienza degli audit nel settore aerospaziale». La scommessa è risultata vincente: «Nel 2008, l’aerospazio rappresentava l’1,5% del nostro fatturato; oggi, incide per il 14%».

LA FORMAZIONE? SEGUIAMO L’ESEMPIO DELLA MOTOR VALLEY EMILIANA

Un lavoro, quello della Technosprings Italia Srl, che si fa in filiera. Ma, afferma Stefano Gualandris, «non puoi essere il migliore se non ti appoggi alla supply chain migliore. Qui, la formazione conta e tanto: fra dieci anni le imprese chiuderanno non per mancanza di lavoro, ma di lavoratori». La soluzione? «Incentivare i giovani seguendo l’esempio della Motor Valley in Emilia – Romagna, dove si impara direttamente nei reparti produttivi: solo così si preparano i talenti. Ma a fare la differenza sarà sempre più una stretta collaborazione tra scuola e impresa. Perché se la meccanica è sempre quella, a cambiare sono i materiali e l’approccio organizzativo grazie alle tante certificazioni che, ormai, sono sempre più necessarie. E questo richiede professionalità di un certo livello: è per questo che noi abbiamo investito in ingegneri dei materiali e delle nanostrutture e in quelli aeronautici».

Fondazione Anni Sessanta

Titolari Alberto Affetti

Produzione Pompe per liquidi corrosivi

Indirizzo Via M. Buonarroti, 2 Castellanza (VA)

Contatti Tel. 0331 505595 affetti@affetti.com

Affetti Pumps: la piccola impresa, dal grande export, che preoccupa i tedeschi

Ci sono prodotti che, più di altri, sembrano fatti apposta per sfondare sui mercati esteri. Le elettropompe della Affetti Pumps di Castellanza, che qui si producono dagli anni Ottanta, sono uno di quelli. A tal punto che il titolare, Alberto Affetti, può parlare a ragione di «vocazione all’export» per questa azienda che, dopo più di quarant’anni di lavoro, «ha posto le basi per il suo futuro». Quarant’anni si contano da quando il titolare è entrato in azienda: «Avevo diciassette anni, ma solo a ventidue è scattata la scintilla che mi ha portato a dedicarmi in modo appassionato a questa realtà». Una passione totalizzante: «Mi concedo due sole settimane di ferie in agosto, quando staccano anche tutti gli altri; nessun fine settimana di relax e ritorno a casa, ogni giorno, alle 20.30».

DAL MIDDLE EAST AL FAR EAST, MA ANCHE

LA CASUALITÀ CONTA

La vocazione, insieme al sacrificio costante, ha portato l’impresa in più di 45 Paesi, in tutti i Continenti, tra Middle e Far East. Abilità imprenditoriale e nuove tecnologie vanno di pari passo. Anche, e soprattutto, quelle che hanno trasformato il mondo della comunicazione: «Tempo fa – continua il titolare – non avremmo potuto esportare quasi niente. Grazie al web, alle videochiamate e ai software che permettono di confrontarsi e di trasferire in tempo reale i progetti, tutto è più veloce». Anche troppo. E poi le fiere come l’Achema di Francoforte, punto di riferimento per la chimica e la biotecnologia: si espone, si prendono i primi contatti, «ma la casualità, a volte, conta».

L’INCOSCIENZA CHE METTE IL TURBO AL BUSINESS

Il vero punto di volta di questa avventura è stata però l’incoscienza. E una domanda: perché le pompe non ce le facciamo in casa? E così è stato. L’escalation produttiva ha segnato il passo: dagli impianti per liquidi corrosivi degli anni Sessanta, quando è stata fondata l’azienda, alle pompe si è investito e si investe, molto, sulla Ricerca e Sviluppo per poter competere, in prima battuta, con i marchi top tedeschi. Tra il 1996 e 1997 si inizia il percorso verso una internazionalizzazione che, ormai, è fatto compiuto: «Proprio in questo momento stiamo lavorando ad un ordinativo di circa cinquanta pompe per alcuni allevamenti di salmone in Florida. Oggi esportiamo in modo diretto il 70% dei nostri prodotti e, in via indiretta, l’85%. Su cento pompe, solo il 15% va al mercato italiano». La lista degli acquari serviti dalla Affetti Pumps è infinita: Bahli, Jakarta, Lisbona, Ajaccio, Kuwait City, Granada. E poi il delfinario di Genova. Ma i settori che guardano alla realtà di Castellanza sono innumerevoli: desalinizzazione, biodiesel, fertilizzanti, imprese minerarie, tessili, petrolchimico, automotive, acciaio, cellulosa e carta. Per questa azienda, che ha messo il turbo al business superando qualunque confine, l’unico ostacolo è la guerra tra Russia e Ucraina: «Lavorando molto per le acciaierie, il mercato russo rappresenta un’ottima opportunità. Per un soffio ci siamo dovuti fermare».

SIAMO ITALIANI:

VELOCI E INCISIVI PER BATTERE I TEDESCHI

Si potrebbe parlare di miracolo, ma più hanno fatto qui la determinazione e la lungimiranza. Solo così si spiegano le pompe con prestazioni e rendimenti energetici - è questa la vera sfida dei prossimi anni - che nascono dalla simulazione, attraverso un software sofisticato (investimenti per 150mila euro in tre anni), della fluodinamica all’interno della macchina: «La teoria – dice ancora Alberto Affetti – corrisponde alla pratica quasi al 100%. Siamo italiani e facciamo la differenza: qualche colpo alla Ger-

mania lo tiriamo. Le nostre prime esportazioni sono state proprio in questo Paese, poi abbiamo rallentato perché vendere le pompe ai tedeschi è come vendere la pasta agli italiani. Ciò che mi interessa è arrivare prima di loro: siamo veloci e incisivi non solo nella ricerca tecnologica ma anche nella capacità di soddisfare le esigenze del cliente».

CUSTOMIZZAZIONE, BREVETTI E UNA SQUADRA DI VALORE

L’imprenditore italiano si distingue, sempre e comunque, tenendo fede ad un semplice principio: «Fai ciò che devi, e fallo al meglio». Con quali strumenti ce lo spiega il titolare: «Puntiamo sempre più sulla customizzazione (è così che abbiamo vinto la gara per la fornitura in Florida) e sui brevetti. La scorsa estate è stato depositato, a livello italiano, quello per il Quicklock System che permette di fissare il motore sulla pompa in modo rapido e semplice: «Un sistema che è ancora più facile di quello sviluppato dai tedeschi: in questo caso, l’aspetto tecnico è anche commerciale». E umano. Perché Alberto Affetti ha consolidato intorno a lui una squadra di diciassette collaboratori che condividono il motto «l’azienda è un motivo di vita. E le persone che ci lavorano te le devi tenere strette perché il know how è anche nelle loro teste».

OTTIMISMO VS PAURA. E CHI SE FREGA DELLA PENSIONE

Alberto Affetti, che si dice «orgoglioso di una realtà così piccola che è stata capace di andare nel mondo», è imprenditore che si nutre di sempre nuove idee perché sconfigge «la paura con l’ottimismo e l’impegno. E’ per questo che vorrei lavorare fino a 150 anni. E poi, chi se ne frega della pensione! Tra due anni voglio cambiare sede e aprire nuove porte al futuro con fiducia perché i prodotti sui quali abbiamo lavorato così tanto sono più che pronti. La verità è che stiamo iniziando adesso e mi dispiace che siano già passati quarant’anni».

ANFABO DI ANDREA E FABRIZIO BOERI & C. SNC

Fondazione 1987

Titolari Andrea e Fabrizio Boeri

Produzione Microingranaggi

Indirizzo Via Enrico Fermi, 751 Caronno Pertusella (VA)

Contatti Tel. 02 9607927 anfabo@anfabo.it

Due cuori e un’impresa: il regno dei microingranaggi si chiama Anfabo

Si muove. Eccome se si muove. Lento o veloce, piccolo o grosso che sia, l’ingranaggio – elemento indispensabile della nostra quotidianità – è ciò che, alla Anfabo, accomuna uomini e macchine. Idee e progetti. Alimenta la complicità dei fratelli Andrea e Fabrizio Boeri, ma anche quella dei loro venti collaboratori di cui tre donne in produzione: «Appassionate di meccanica, ottime tornitrici». Mogli, madri e compagne capaci di una precisione invidiabile. Perché la precisione, in questa azienda di Caronno Pertusella, è tutto: la linfa di un lavoro che riesce a raggiungere dimensioni piccolissime. Si direbbe, da orologiai svizzeri. Perché ciò che fa la Anfabo è servito anche a quelli.

DUE CUORI E UN’IMPRESA:

35 ANNI FA IL SOGNO DIVENTA REALTÀ

Quando l’azienda è un sogno, e quando il sogno diventa realtà, non si può che scommettere ogni giorno su ciò in cui si è sempre creduto. Andrea e Fabrizio non hanno alcun genitore imprenditore alle spalle: papà Sergio era capofficina in un’azienda in Brianza, ma la meccanica era pane quotidiano e il profumo del pane te lo porti dentro. Sempre. Così accadde ad Andrea e Fabrizio: quando il primo decide di aprire l’azienda ha ventiquattro anni e un diploma in indirizzo meccanico all’Istituto tecnico; il secondo, di anni, ne ha diciotto. E riescono in quello che hanno sempre desiderato: nasce trentacinque anni fa a Misinto, in provincia di Monza e Brianza, la piccola torneria automatica dei fratelli che, per distinguersi poi da tutte le altre tornerie, decidono di assorbire un’azienda specializzata in microingranaggi.

LA

FORZA DEL FUTURO

TRA INDUSTRIA 4.0 E GIOVANI IN AZIENDA

Da allora tutto ciò che dà movimento esce da qui: cinquemila metri quadrati di cui più della metà coperti e dotati di pannelli fotovoltaici. Un’area immensa che, però, secondo i titolari «è già diventata piccola». E che in ogni passaggio, dalla tornitura alla dentatura alla rettifica all’assemblaggio e fino al controllo qualità affidato al laboratorio di metrologia (nel quale la parte del leone la fa l’evolventimetro) si porta dentro la forza del futuro: «Più di dieci anni fa tutte le macchine erano già state cablate, così abbiamo abbracciato Industria 4.0 senza alcuna difficoltà. E così è accaduto con la certificazione 9001:2015 ottenuta nel luglio 2021, l’ultima emissione dello standard internazionale per i Sistemi di Gestione per la Qualità. In tre mesi abbiamo concluso il percorso senza alcuna segnalazione di difformità».

Ma il futuro si costruisce con i giovani, ed è su questi che Andrea e Fabrizio hanno sempre scommesso. A partire dai figli: Lorenzo, a 21 anni, lavora nel reparto dentatura mentre Elisa, che di anni ne ha ventiquattro, segue la programmazione lavori. In tutti questi anni, i ragazzi che sono entrati alla Anfabo con uno stage sono stati circa venti e quattro sono stati assunti: «Arrivano dal CnosFap dell’Istituto Salesiani Don Bosco di Arese. Una realtà eccezionale che propone corsi annuali IFTS nel settore automotive, elettrico, in quello della meccanica, del legno, della ristorazione,

della grafica e comunicazione e agricolo».

IL DISEGNO TECNICO NON BASTA: CI VUOLE TANTA PAZIENZA

Giovani, ma non solo, «che ci hanno aiutati a crescere – dicono i titolari - Entrare nella logica di Industria 4.0 è stato più difficile per loro che per noi, ma per lavorare sui piccoli pezzi bisogna formarsi non solo sulle macchine ma anche su un pensiero particolare. Che tra le tante cose richiede una qualità unica: la pazienza». Un percorso, questo, che oggi dà ancora più valore a questa azienda al servizio di grossi clienti dell’aerospace e dell’automotive: per i primi si producono particolari che andranno su airbus ed elicotteri, mentre per i secondi si punta alle auto di alta gamma. Con microingranaggi che vanno dal modulo 0,25 al modulo 2,5 realizzati in ottone, alluminio, acciaio, bronzo. Anche in materia plastica. Su torni automatici “a revolver”, plurimandrini, centri di lavoro, macchine Cnc a testa fissa o a fantina mobile, macchine a transfer, rettifiche di ultima generazione, presse pneumatiche e oleodinamiche per assemblaggi. Tutto, qui, si muove.

RACCOLTA DATI E MAGAZZINO VERTICALE, COSÌ CI SI AV-

VANTAGGIA SUL MERCATO

Visitando l’azienda di Andrea e Fabrizio ci si accorge di quanto il loro pensiero organizzativo, alla base di quello che può essere considerato il “micromondo” della meccanica, abbracci tutto e tutti: «Ogni commessa deve essere aperta e chiusa accedendo alla consolle del Pc in officina – racconta Andrea – per poter tracciare non solo i passaggi sul pezzo ma anche chi ci ha operato: la raccolta dati è indispensabile perché ci avvantaggia nel rapporto con fornitori e clienti. È per questo che ogni particolare, ogni utensile e tanti prodotti vengono codificati e inseriti nel magazzino verticale: in pochi secondi si soddisfa una richiesta oppure si ottiene ciò che serve per una lavorazione». Ma anche questo “armadio” gigantesco, per le esigenze della Anfabo, è ormai «piccolo».

LA COLLABORAZIONE FA BENE A TUTTI

C’è un’altra parola che qui a Caronno Pertusella fa la differenza: collaborazione. Con un’età media dei dipendenti che si aggira sui 35 anni, l’ambiente è sempre in fermento e dà un significato pieno a quell’operosità che è segno distintivo dell’imprenditoria del nostro territorio. Collaborazione dentro e fuori, con i clienti, «per confrontarci con loro sulla ricerca dei materiali, sui trattamenti, sulle soluzioni migliori per realizzare un particolare. Su cosa si può fare e come per poter risolvere qualsiasi problema: è questa la grande soddisfazione che ci portiamo a casa la sera», raccontano i due fratelli. Ed è una soddisfazione piena perché nasce anche da «quei clienti che se ne vanno e poi ritornano. La ragione è sempre quella: altrove – in Italia i competitor della Anfabo sono pochissimi – non tutti possono fare quello che facciamo noi».

L’OFFICINA OMS - OFFICINA MECCANICA DI COLANGELO GERARDA

Fondazione 1975

Titolari Gerarda Colangelo

Produzione Raccordi e componenti per impiantistica industriale petrolchimica

Indirizzo Via Volta, 34 Oggiona con Santo Stefano (VA)

Contatti Tel. 0331 735350 info@lofficinaoms.it

Uso sempre il noi perché qui facciamo tutto insieme

L’Officina Oms: l’impresa 4.0 che cresce con i giovani e il welfare che fa bene

Ha lo sguardo curioso di chi vive l’impresa come se fosse materia viva. E ogni giorno, a questa materia dà una nuova forma «perché – dice Gerarda Colangelo, titolare de L’Officina Oms –il settore della meccanica sta entrando in un’era diversa. Pensi solo a Industria 4.0: anni fa, probabilmente, sarebbe stato difficile immaginare i vantaggi di una “distinta base costificata”. Oggi, questi vantaggi li tocchiamo con mano: nell’affrontare il lavoro c’è una maggiore consapevolezza, guardiamo il futuro con occhi diversi, ci evolviamo come professionisti e come persone. L’impresa è migliorata, e a dirlo sono i numeri di bilancio. In sintesi, è come se fossimo passati dal primo computer della Olivetti al MAC».

INDUSTRIA 4.0: NON È UNA QUESTIONE DI INCENTIVI

La metafora funziona perché collega passato a futuro, tradizione a innovazione. Ed è anche per questo che Gerarda Colangelo, sessant’anni portati con sprint giovanile e da trentacinque in azienda, parla al plurale: «Uso sempre il noi perché qui facciamo tutto insieme». Impresa leader nella produzione di raccorderia per gli impianti petrolchimici, L’Officina Oms ha trovato nei macchinari connessi (in fabbrica i tablet sono device fondamentali) una spinta non solo produttiva ma anche motivazionale: «Del Piano Industria 4.0 si è sempre parlato dei vantaggi economici che dà agli imprenditori attraverso gli incentivi per l’acquisto dei macchinari. Sul resto, invece, si è creato un po’ di analfabetismo. Industria 4.0, invece, è la giusta leva per la crescita lavorativa del titolare e dei suoi collaboratori, e così è

usata in quest’azienda. Dove il controllo dei tempi e dei costi di produzione ha portato ad un miglioramento organizzativo e all’efficientamento produttivo».

IL LAVORO NON CI MANCA PERCHÈ NON CE LO FACCIAMO MANCARE

Nonostante la lungimiranza non le manchi, questa imprenditrice preferisce applicare la politica del «passo dopo passo: l’occhio attento sul presente permette di crescere domani.

Soprattutto per un’azienda come questa, che si concentra su piccole serie: lotti da 50 a 300 pezzi, ma anche da nove. Tutto certificato ASME, The American Society of Mechanical Engineers. Un codice riconosciuto a livello globale per la progettazione, la costruzione, i test e la certificazione degli apparecchi a pressione che permette di accedere ai mercati internazionali e commercializzare, seppur in modo indiretto, i nostri prodotti in Canada. I clienti che lavoravano con la Russia li abbiamo persi, ovvio, ma in compenso ne abbiamo acquisiti altri: il lavoro non ci manca perché non ce lo facciamo mancare».

USO SAGGEZZA E PONDERAZIONE: COSÌ MI TENGO

I GIOVANI IN AZIENDA

È questo il modello dell’imprenditrice di oggi: tenace e con una passione che mette il turbo in ogni momento della giorna-

ta. Ancora la titolare: «Ho frequentato la scuola della vita ed è proprio per questo che amo le sfide e mi metto sempre in discussione. Con saggezza e ponderazione». Parole che fanno la differenza per chi, come Gerarda Colangelo, si è «ritrovata in questo lavoro e mi è piaciuto. Se sei donna, però, devi sempre dimostrare qualcosa: se da un lato percepisco la stima di alcune persone, dall’altro sono pochissime quelle che capiscono il valore di ciò che faccio. Però, come diceva Ernest Hemingway, “courage is a grace under pressure”. Il “coraggio è grazia sotto pressione”, e in questa frase ritrovo l’essere donna e imprenditrice in un settore impegnativo come è quello dell’impiantistica industriale e meccanica».

Il verbo “fare” è la colonna portante di questa donna che, se sbaglia, fa un passo indietro. Anche quando si tratta di assumere quei giovani che, da anni, sono “oro colato” per qualunque impresa italiana: «Per tenerteli in azienda devi partire dal “punto zero” e crescere insieme a loro, perché non si smette mai di imparare. Nel mondo della meccanica, per esempio, mi sono accorta che non c’è alcun orientamento. E invece sono gli stessi ragazzi che chiedono di essere guidati per poter trovare la loro professionalità. Come? Offrendo loro stimoli sempre nuovi, facendoli lavorare su macchine sempre diverse e aiutandoli ad acquisire quelle competenze che permettono di avere più forza contrattuale. Un giovane cresce anche attraverso il confronto e, grazie a questo, porta aria nuova in azienda».

LA PERSONA AL “CENTRO” FA L’IMPRESA SOSTENIBILE

È una questione di sostenibilità. Un concetto al quale Gerarda Colangelo guarda con sensibilità, perché essere sostenibili significa anche «creare un buon clima aziendale, prestare attenzione alla sicurezza nell’ambiente di lavoro, aderire a progetti Welfare coinvolgenti, come la piattaforma ComeBack: the rebatevolution». Ecco come funziona: l’azienda che si registra sulla piattaforma può richiedere un Return alla propria filiera

(lato cliente), oppure restituire un Return ai propri clienti (lato fornitore). Una volta inserito l’ordine, in automatico viene inviata una mail di invito al fornitore per aderire all’iniziativa e si definisce la percentuale di Return da richiedere (minimo 1,5%). Una volta scaduti i termini di pagamento il cliente paga la fattura e, a questo punto, il fornitore conferma che l’ordine per il quale aveva acconsentito al Return è stato saldato. Periodicamente i clienti possono concludere il processo dei Return inoltrando la richiesta di incasso, definendo contestualmente l’importo – il ComeBack – che si impegnano a dedicare ad iniziative di Welfare aziendale, benessere organizzativo e sostenibilità. Ancora Gerarda Colangelo: «Per noi la persona è sempre al centro perché dà valore al lavoro. E anche se la sera penso di non aver mai fatto abbastanza, ritengo sia questa la chiave di volta per le piccole imprese come la mia, che sono in grado di allinearsi agli stessi benefit dei grandi gruppi commerciali rimanendo competitiva anche all’interno del suo team».

IL FUTURO DELLA MECCANICA E QUELLO DELL’OFFICINA

Conclude, la titolare: «Il settore della meccanica, negli anni, ha assunto un’anima sempre più commerciale: il mercato è saturo di materiale, finito e grezzo, che proviene dall’estero e in Italia sappiamo che le acciaierie sono poche. Da parte mia mantengo l’impegno che mi sono data: il 90% delle materie utilizzate alla Oms è europeo, certificato e tracciato perché il mercato chiede merce europea o, almeno, certificata europea. Poi, da sempre punto sulla trasparenza nel rapporto con i clienti: questo, a volte, significa perdere parte della nostra marginalità ma sono convinta che l’onestà ripaga sempre. E questi sono i valori che sto trasmettendo ai miei figli: una ha preso strade diverse in un settore che non ha nulla a che fare con quello della meccanica, però parlando con lei mi ritrovo nei discorsi di gestione aziendale e organizzazione delle imprese del Made in Italy. L’altro, invece, potrebbe continuare questa bella avventura».

J-MEC SRL

Fondazione 1982

Socio Alessandro Magni

Produzione Macchine, automazione e attrezzature

Indirizzo Via On. Spagnoli, 7 – Arcisate (VA)

Contatti Tel. 0332 473247 info@jmec-italy.eu

JMec: gli “architetti della meccanica” che corrono contro il tempo

Costi e tempo sono i punti cardinali dell’attività quotidiana della J Mec. I costi, variabile che i clienti pretendono sia sempre decrescente e il tempo, che spinge la progettazione al limite, stressa la realizzazione del prodotto per accelerarne la consegna. Costi e tempo insieme sono i fattori che agiscono sulla catena di fornitura e la fanno muovere all’impazzata.

DA DIPENDENTE A SOCIO: «DICO GRAZIE A MIO FRATEL-

LO E AI MIEI EX TITOLARI, CHE MI HANNO DATO UN’OPPORTUNITÀ DI CRESCITA»

Lo sa bene Alessandro Magni, che passa da dipendente della precedente Jolly Mec fondata nel 1982 da Giampietro Mentasti e Floriano Caldarone, acquisita nel 2020 dalla Automatic Lamination Technologies (qui i soci sono Osvaldo Novello e Giovanni Sabatino), a socio della JMec. Da cinque collaboratori si è passati a nove. Lui, che ha lo sguardo di chi ne ha viste tante, da anni vive sulla propria pelle le tensioni, le preoccupazioni ma anche le soddisfazioni dell’imprenditore: «Alcune volte le preoccupazioni non ti fanno dormire, mentre altre vorrei tornare ad essere quello che ero tanto tempo fa. Però, ogni giorno è una sfida». Che per Alessandro Magni è cominciata all’età di quindici anni, «quando abbandono l’Itis e mia madre mi dà un consiglio perentorio: vai a lavorare. Così a lavorare ci vado: alla Jolly Mec, nel 1988, mi danno lima e scopa. La passione per la progettazione, però, la devo tutta a mio fratello maggiore Carlo. Che un giorno mi dice: “Non ti andrebbe di risparmiare qualche soldino per comprarti un Pc?” Lui mi ha fatto da professore al CAD e guida nel mondo

dell’automazione, mentre io ho cercato di assorbire tutta l’esperienza dai vecchi titolari e da progettisti con esperienza da vendere come Gianpaolo Tanzi, Pietro Rossi e il signor Cariboni. In pochi anni passo al ruolo di quello che, in gergo, viene definito il “tirarighe” e comincio a trasformare l’idea in disegno e lo sviluppo al programma tridimensionale».

UN MEDIANO CHE È ATTACCANTE E FANTASISTA. MA

SENZA SQUADRA NON SI GIOCA

Usando temini calcistici, Alessandro Magni è un mediano che innesca la ripartenza e un attaccante che non fa sconti davanti alla porta. Quasi un fantasista, perché è questo che pretende il suo lavoro: pensare, progettare e sviluppare macchine speciali sulle specifiche richieste dei clienti. Nulla di facile, tanto di complicato, ottimi successi dettati da una squadra di «tornitori, fresatori e montatori che nelle vene hanno la scuola della meccanica e un’esperienza dal valore inestimabile», sottolinea Matteo Munaretto, commerciale della JMec. Soprattutto «quando si tratta di partire da un foglio bianco e poi tirare la famosa riga alla fine di un progetto. Che può durare due mesi, oppure un anno e che, nel migliore dei casi, viene rivisto tre o quattro volte: è questo il processo evolutivo che porta al prototipo – interviene Magni -. Ma un prototipo funzionante in tutto e per tutto. Questa è la filosofia vincente della JMec: da qui non esce nessuna macchina che non

faccia quello che deve fare. Il nostro motto è: il lavoro fatto bene una volta sola. Inutile correre per poi doverci ritornare sopra e perdere tempo: serenità e tranquillità mentale sono a modo loro gli utensili da utilizzare tutti i giorni. In quello che facciamo ci deve essere trasparenza: dentro e fuori l’azienda».

AUTOMAZIONE E INDUSTRIA 4.0: ECCO COME NASCONO

LE MACCHINE UNICHE

Un punto di forza apprezzato dai clienti della JMec che, conoscendo la qualità e la precisione di esecuzione dei lavori (per la Automatic Lamination Technologies si studiano e si realizzano macchine standard), fanno affidamento su questa azienda di Arcisate dove, dice ancora Alessandro Magni, «i clienti ci chiedono di automatizzare, o robotizzare, quei processi che si svolgono manualmente. Il nostro compito è quello di cucire il progetto sulla macchina realizzandone ogni singolo pezzo. Ad aziende esterne affidiamo impianti elettrici e software perché siamo nel mondo di Industria 4.0, che deve rispondere principalmente a quattro esigenze: contenere i costi, aumentare la produttività, migliorare la qualità del lavoro e garantirne la tracciabilità per limitare l’errore umano». Così, le macchine si dotano di telecamere, sistemi di controllo e di misurazione per garantire che il prodotto lavorato sia idoneo alle richieste. Ai dati raccolti fanno seguito quei Report sui quali basare le future strategie produttive. Alessandro Magni è una sorta di “architetto della meccanica” perché le macchine non solo devono essere esteticamente gradevoli, ma devono anche rispondere a quei principi tecnici e tecnologici che, oggi, fanno sempre più la differenza. La chiave di volta di questo discorso sta, quasi tutta, nella catena di fornitura.

LA CORSA CONTRO IL TEMPO CON LA SUPPLY CHAIN

GLOBALE

Di supply chain, corte e lunghe, di come e devono cambiare, se ne è parlato spesso durante gli ultimi anni. E questo porta con

sé un problema di organizzazione che alla JMec si affronta con spirito critico ma anche propositivo. Alessandro Magni sottolinea che «un tempo sceglievo il motore, il riduttore o i cuscinetti da catalogo e procedevo con l’acquisto. Oggi, invece, devo telefonare al fornitore e capire cosa posso ottenere nel più breve tempo possibile. La nostra è una corsa contro il tempo ed ogni passaggio nella progettazione e nella realizzazione della macchina devono incastrarsi perfettamente: è qui che entra in gioco un approvvigionamento che non sgarri di un secondo. Con i fornitori storici riusciamo ad avere dei pagamenti più dilazionati, per evitare di restare a corto con la liquidità; con i nuovi fornitori è tutto più difficile perché generalmente pretendono il pagamento del materiale 50% all’ordine e 50% a merce pronta. La nostra supply chain è fatta di fornitori sia europei (Germania) che extra europei (Giappone), ma ciò che ci serve veramente è una sorta di immenso magazzino globale dal quale poter scegliere e ottenere in tempi veloci ciò che ci serve. Per procurarcelo siamo disposti ad andare in capo al mondo».

GIUSTI FORNITORI E PAGAMENTI NEL TEMPO, MA IL PERSONALE FA LA DIFFERENZA

Matteo Munaretto smorza le preoccupazioni: «Il mio compito è quello di mantenere sana l’azienda: da un lato cercando i giusti fornitori e dall’altro tentando di spalmare i pagamenti nel tempo per avere quell’ossigeno che ci permette di portare a termine la progettazione e la programmazione dei lavori. Al termine del processo, ciò che mi compete è di raccogliere tutti i dati riguardanti le commesse e definirne i costi». Perché tutto funzioni a regola d’arte, però, sono più che mai necessari collaboratori giovani e affidabili. Ancora Alessandro Magni: «Il nostro obiettivo è sempre stato quello di assumere giovani non formati per poterli plasmare sulle nostre esigenze. Per farlo, scommettiamo su un principio: mantenere sempre viva la curiosità. Così stiamo facendo con l’ultimo acquisto, un diciassettenne che negli ultimi

tempi è passato dalla lima, al montaggio delle macchine all’assistenza esterna sugli impianti dei nostri clienti. Il segreto? Scegliere i giovani prima ancora che abbiano terminato la scuola. Ma il nostro più grosso problema è la vicina Svizzera: per evitare che passino il confine li dobbiamo coccolare, garantire uno stipendio leggermente più alto rispetto ad altre realtà concorrenti e farli sentire a casa. In estrema sintesi, ci sentiamo come una piccola famiglia dove arrivare un attimo dopo o uscire poco prima dal lavoro non è un problema. La libertà è un valore aziendale».

BARLOCCO SRL

Fondazione 1974

Titolari Simona, Thomas e Luca Barlocco

Produzione Trasformazione della lamiera

Indirizzo Via dell’Industria, 40 Sacconago (VA)

Contatti Tel. 0331 341767 info@officinabarlocco.it

Barlocco Srl: «Ci sentiamo un po’ chef: ogni giorno prepariamo un piatto nuovo»

Non è né un azzardo, né una trovata pubblicitaria: l’estetica nella meccanica esiste da sempre, ma se ne parla poco. L’intervista a Simona, Thomas e Luca Barlocco (questi ultimi due sono fratelli e cugini di Simona) inizia, invece, da qui. Da un’estetica che è cura del dettaglio. Cura, per la famiglia Barlocco, di quelle finiture che in quest’azienda sono sempre state il tratto distintivo del progettare e del fare. Perché se da un lato il cliente chiede precisione, dall’altro vuole appagare l’occhio. E allora, ci dicono i Barlocco, «la bellezza deve stare già nella costruzione, perché il brand dei clienti deve essere inciso in modo che ne vengano esaltati i tratti e le linee: l’estetica è un valore estetico».

IL TAGLIO LASER, LA “PENNA GIGANTE” CHE FA VOLARE

Ad aiutare ingegneri e progettisti a trasformare le loro idee in prodotto, senza tradire la loro fantasia, sono «le lavorazioni laser, che hanno dato il “la” all’immaginazione: è come avere tra le mani una penna 4.0», ci dicono i tre. Una penna per giganti, vero, ma che in questa carpenteria leggera di Sacconago – si è trasferita nel 1983 dopo essere nata cinquant’anni fa in un laboratorio di Borsano – specializzata nella lavorazione di lamiere in acciaio inossidabile, ferro e alluminio con spessore massimo di 5 millimetri ha fatto da spartiacque tra la pandemia e il post Covid: «La macchina a taglio laser è arrivata all’Officina Costruzioni in ferro e inox Barlocco Srl un mese prima dello scoppio del virus: le preoccupazioni degli inizi (l’azienda ha chiuso per tre settimane) sono state stemperate, poco dopo, dalle potenzialità di questa

tecnologia che ci ha permesso di ampliare il numero di lavorazioni interne (sempre e comunque di nicchia), di realizzarle in meno tempo e di controllare ancora meglio il prodotto finale». E di acquisire alcuni nuovi clienti e soddisfare le richieste di quelle multinazionali che, con sede in Italia, chiedono alla Barlocco quella artigianalità che è sinonimo di personalità.

ORGOGLIOSI DI ESSERE ARTIGIANI: UNO STIMOLO A FARE SEMPRE MEGLIO

Per l’appunto, l’artigianalità. Se doveste mai chiedere ai Barlocco come si racconterebbero, ecco la risposta: «Orgogliosi di essere artigiani. Perché questi imprenditori hanno difeso negli anni la creatività italiana e l’hanno fatta grande: appartenere a questa famiglia, per noi è da sempre uno stimolo. Una tradizione, quella artigiana, che ti aiuta ad acquisire competenze e capacità per creare quei prodotti che senti tuoi». E’ questo il punto sul quale si concentra Luca: «Sono cresciuto in azienda e, passo dopo passo, sono diventato – sul campo - ingegnere, designer e progettista. Avrei voluto essere un inventore, e anche questo sogno si è avverato: con il taglio laser realizzo prodotti che vanno al di là di quanto possano mai chiedere i clienti».

GALEOTTO FU IL MOBILE: QUANDO IL BELLO FA RIMA CON COMPLICITÀ

Un lavoro, quello della famiglia Barlocco, che è fatto anche di

esuberanza e complicità.

Ancora Luca: «Il piacere che sta nel vedere un prodotto bello conquista anche i nostri dipendenti: a volte capita che qualcuno di loro scatti una fotografia alla lavorazione appena terminata. E’ anche per questa passione condivisa che riceviamo tanti complimenti». Che noi facciamo ai tre quando, nell’ufficio dell’azienda, lo sguardo cade su un mobile realizzato interamente in acciaio Corten: effetto patinato, invecchiato, un prodotto d’arredamenti d’interni: «Perché no? – dice il trio, sorridendo -. A pensarci, potremmo anche entrare in questa nicchia di mercato».

GIOVANI IN AZIENDA? NON BASTA LA TECNICA, CI VUOLE ANCHE L’ANIMA

A patto che in azienda ci sia quel ricambio generazionale, tra i dipendenti, che per tutti gli imprenditori è un tema particolarmente caldo. Simona, Luca e Thomas condividono la preoccupazione: «Gli uffici tecnici, come lo è quello della Barlocco, hanno fatto nascere nuove figure professionali, ma la ricerca di giovani che abbiano voglia di imparare un mestiere è diventata sempre più difficile: come è possibile che all’età di vent’anni ti mandino un curriculum lungo due pagine? Inoltre, alcuni hanno la presunzione di valere più di quanto dicano. Il fatto è che i valori da trasmettere alle nuove generazioni sono tanti, a partire da questo: il prodotto, che nasce dalla capacità tecnica, deve anche avere un’anima». È per questo che alla Barlocco Srl gli operai crescono sulle macchine e si specializzano fino a rendersi del tutto autonomi: «E’ una questione di fiducia. Anche perché non c’è giorno che non ci sia un’urgenza da affrontare».

CI SENTIAMO UN PO’ CHEF: OGNI GIORNO PREPARIAMO

UN PIATTO NUOVO

Urgenze che si affrontano come se si fosse in una cucina di un ristorante stellato: «In effetti – dicono Simona, Luca e Thomas – ci sentiamo un po’ chef, perché customizziamo i prodotti

standard e ogni giorno è come se preparassimo un piatto nuovo». Piatti che si mangiano con gli occhi grazie a quella professionalità che sta avvicinando sempre più i clienti alle imprese del territorio: «In realtà, più che fornitori ci sentiamo collaboratori: professionisti capaci di consigliare e garantire risultati sempre più performanti».

MECCANICA BESNATESE SRL

Fondazione 1959

Titolari Fabrizio Severgnini

Produzione Tavole lineari, speciali e girevoli per l’automazione

Indirizzo Via A. Di Dio, 47 – Besnate (VA)

Contatti Tel. 0331 274078 info@meccanicabesnatese.com

Meccanica Besnatese: decolla il progetto “Eco-friendly”. Risparmiati 502 Kg di anidride carbonica

«Lo so, si parla tanto di sostenibilità ed è un tema sul quale anche la Meccanica Besnatese si concentra da anni. Ciò che interessa però a tutti i clienti non è tanto la sostenibilità ma quanto costa un prodotto. Che se poi è anche sostenibile, ben venga. La nostra ricerca continua: da pochi giorni abbiamo comunicato sulle nostre pagine social un “esercizio sostenibile” che ha dato i suoi frutti. Di esercizio si tratta perché siamo partiti da un’esigenza: capire come avremmo potuto gestire una nuova commessa ad impatto zero senza emissioni di anidride carbonica. Obiettivo raggiunto con l’uso esclusivo di energia “verde”». Così dice

Fabrizio Severgnini, titolare della Meccanica Besnatese (terza generazione in azienda) e conosciuto per la sua franchezza e la capacità di leggere il futuro imprenditoriale con piglio concreto.

Tradotto: «Spendere meno, spendere meglio».

DECOLLA

IL PROGETTO ECO-FRIENDLY:

RISPARMIATI 502 KG DI ANIDRIDE CARBONICA

Da qui si parte e lì si deve arrivare, perché ciò che conta è fare le scelte giuste e rispondere alla domanda delle domande: «E’ possibile realizzare un prodotto ad impatto ambientale zero?». Marco Omarini, ingegnere meccanico di ventisei anni laureato al Politecnico di Milano, alla Meccanica Besnatese lavora nel reparto progettazione delle tavole lineari, speciali e girevoli per il mondo dell’automazione. Il progetto “Eco-friendly” dell’azienda ha preso il via da qui: come gestire una piccola serie di tavole lineari in alluminio puntando al maggior risparmio senza incide-

re sulla qualità del prodotto. Lo racconta il giovane ingegnere: «A livello ambientale le fasi più impattanti sono le lavorazioni della materia prima e i trasporti su gomma. Per quest’ultimo aspetto utilizziamo la nostra macchina aziendale ibrida plug-in: 45 Km con una ricarica. Le colonnine sono direttamente collegate all’impianto fotovoltaico, che ci avvantaggia anche per le fasi produttive interne». Impianto fotovoltaico di 200 KWh che funziona ormai da un anno e che Fabrizio Severgnini vuole potenziare: «Durante l’arco della giornata non tutti i pannelli sono esposti perfettamente al sole e il punto più alto della parabola di esposizione si ha tra le ore 12 e le 13. In questo settore l’evoluzione è continua, e appena i prezzi lo permetteranno farò il passo successivo: acquistare le batterie di accumulo». Aggiunge, Marco Omarini: «Per lavorare le tre tavole abbiamo utilizzato 658 KWh di energia con un risparmio di 493,4 Kg di CO2. Sul trasporto, invece, abbiamo coperto una distanza di 62 Km con un risparmio, rispetto ad un motore diesel, di 9,3 Kg di CO2. Escludendo la fabbricazione della materia prima, quella del pomello di regolazione e il trattamento di anodizzazione superficiale delle tavole, il risparmio totale è stato di 502,7 Kg di CO2».

PRONTI A CAMBIARE:

DAL PIANO 4.0 ALLA TRANSIZIONE 5.0

La sostenibilità, nel frattempo, è il tema caldo di un futuro che si

gioca già oggi. Ancora il titolare: «Dovremo capire come si potrà muovere il mercato nei prossimi anni, ma nel frattempo alla Meccanica Besnatese si mantiene fede all’impegno di una vita: passare dalla teoria alla pratica. Dobbiamo cercare di essere concorrenziali ma anche sostenibili. Per ora, però, la sostenibilità non rappresenta un punto di forza nelle relazioni contrattuali tra imprese e clienti. Ciò che fa la differenza, anche nella nostra quotidianità, è il programma gestionale che raccoglie e analizza i dati prodotti dalle macchine Industria 4.0 e dall’impianto fotovoltaico. È attraverso i numeri che si pianifica il domani di un’azienda ed è proprio attraverso quelli che siamo riusciti nel progetto “Eco-friendly”: un primo passo che, visti i risultati positivi, ci incoraggia a continuare e ad osare su commesse più grosse e articolate. In questo ci potrà aiutare anche Transizione 5.0». Che si lega alla parola magica che attraversa la storia delle piccole e medie imprese: cambiamento. Per ora si è ancora agli inizi, ma ci sono sia la voglia che i mezzi per passare a quella rivoluzione definita “umanocentrica” e che sarà in grado di soddisfare appieno le esigenze di Severgnini: «Aumentare la qualità dei prodotti, diminuirne il costo e ridurre i tempi di consegna. Con la consapevolezza, però, che non è vero che i macchinari di ultima generazione consumano meno. Però, sono automatizzati e più performanti (una volta lavoravo un pezzo in dieci ore; ora lo faccio in una) e quindi la produzione aumenta e i costi sono inferiori. Se tutto andrà secondo i piani acquisteremo un centro di lavoro italiano 5.0 che per una piccola e media impresa come la mia è fuori target, ma potrà aiutarmi a realizzare un’idea: concentrarmi su una produzione sempre più diversificata di piccole serie. Non più centinaia di pezzi, ma decine sempre diversi».

I VANTAGGI DELLA “FABBRICA INTELLIGENTE”

La rincorsa è stata presa, e Fabrizio Severgnini si sta avvicinando a quella “fabbrica intelligente” che è «un’occasione di “non spreco” energetico. Le macchine di oggi sono programmate per

usare quello che serve e quello che viene chiesto per realizzare la commessa. Poi, entra in funzione lo stand by: è la logica dello “start and stop” delle auto. Un sistema efficiente che dà sicurezza e che, negli anni, porterà anche ad un nuovo rapporto con i clienti: negli anni, mi auguro entro il 2026, vorrei assicurare loro uno sconto del 10% o del 20% sul prezzo finale». I numeri contano: da gennaio 2024 ad oggi la Meccanica Besnatese è riuscita a risparmiare 28 tonnellate di CO2. Conclude, Fabrizio Severgnini: «Significa aver evitato le stesse emissioni di 19 voli di lungo raggio, 138.593 Km in auto, l’abbattimento di 2.221 alberi e 8 milioni 750mila ricariche del cellulare».

CERMESONI SRL

Fondazione 1955

Titolari Roberto e Claudio Cermesoni

Produzione Sfere e componenti per valvole

Indirizzo Via Gallarate, 5 – Besnate (VA)

Contatti Tel. 0331 274638 info@cermesoni.it

Il cuore d’acciaio della Cermesoni: storia di una famiglia che vuol crescere con i giovani

Basta una parola: cuore. Quello umano, dei fratelli Cermesoni, Roberto e Claudio, e quello d’acciaio – le sfere – che sta all’interno delle valvole petrolifere. Perché proprio sulle sfere gira il business della Cermesoni Srl, azienda leader di Besnate che, nella sua lunga storia, ha raccontato con i prodigi del fare i grossi cambiamenti del settore metalmeccanico. A dirlo sono Roberto e Claudio: «I distretti delle affettatrici, delle bilance e delle macchine da cucire ci hanno permesso di conoscere dal di dentro le dinamiche del lavoro. Le stesse nelle quali si è sempre mosso papà Carlo: a lui si deve la prima officina meccanica, fondata nel 1955 con un socio. Ma è grazie alla moglie, Gina Giudici, se nel 1967 nasce la Cermesoni Carlo in una corte lombarda nel centro di Albizzate». Paese nel quale si trovano due “satelliti” importanti del mondo imprenditoriale Cermesoni, la vecchia officina, che si concentra sui pezzi di dimensioni più ridotte, e un ampio insediamento nel quale si realizzano altri componenti per le sfere. Spazi organizzati, macchine all’avanguardia, tanti giovani in azienda.

FARE SEMPRE MEGLIO: DA “IMPRESA DI ZONA”

A “IMPRESA INTERNAZIONALE”

Una storia di resistenza, proprio come lo era quella di papà Carlo, ma anche di inventiva e scommessa quotidiana con i mercati che oscillano tra le richieste serrate dei clienti, le commodities energetiche e l’andamento altalenante delle materie prime: la maggior parte proviene da Germania e Danimarca. Un’ispirazio-

ne al «fare sempre meglio» che si ritrova in quella vita vissuta di Carlo, ritratta nelle sfumature seppiate di una sua vecchia foto da giovane che i figli mostrano con orgoglio: tuta blu e mano ferma sul tornio. Ma di quella foto colpisce lo sguardo, basso e concentrato sul pezzo. È lo stesso che hanno Roberto e Claudio quando si parla di quella che è l’imprenditoria italiana: «Dopo il servizio militare siamo entrati in azienda, abbiamo piazzato il primo tornio a controllo numerico e ampliato il capannone. Poi, nel 2004, abbiamo cambiato sede, in via Per Gallarate a Besnate, e ci siamo trasformati da “impresa di zona” a “impresa internazionale” entrando nel settore delle valvole in un momento in cui i valvolieri non sapevano quasi cosa fossero i centesimi. Unità di misura che noi, invece, conoscevamo benissimo grazie alla nostra esperienza nel settore della meccanica generale».

GLI ITALIANI, ÉLITE NELLE SFERE. TRA INGEGNERIA E QUALITÀ

Da qui è tutto un crescendo, perché dai primi, quattro clienti –che per la Cermesoni Srl sono ancora un punto di riferimento – si è passati ad un gruppo più esteso di imprese che hanno permesso ai fratelli di affinare sempre più la produzione. Che raggiunge anche Israele, Francia, Inghilterra, Germania, Olanda. Con quel plusvalore, tutto italiano, di cui la Cermesoni Srl è impresa leader riconosciuta ovunque perché, sottolineano Roberto e Claudio,

«l’Italia rappresenta l’elite nella produzione delle sfere: qualità e ingegneria fanno parte del nostro dna». Quello che il mondo ci invidia e che, anche volendo, non riesce a copiare.

CONTRO LA CORROSIONE ACCIAI E LEGHE SPECIALI: COSÌ SI DIVENTA BEST PEROFRMING SUPPLIER

È tutta una questione di grandezze. Perché qui non spaventano né il micro (diametro di 10 millimetri) e né il macro con quel metro di diametro che giganteggia nelle macchine di fresatura. Dove i sensi dell’uomo – vista, tatto, olfatto – entrano nella logica della sincronizzazione meccanica dove i materiali, anch’essi, sono l’élite di quanto si possa usare: dall’acciaio Alloy 20 al neonickel Monel 400, dal titanio alla lega nickel-cromo dell’Inconel e su fino alla lega Hastelloy. Tutti in grado di resistere alla corrosione più dura per i settori del food, Gas & Oil, nucleare. Con una tolleranza, nella produzione, vicina allo zero che è punto fermo quando si parla, con Roberto e Claudio, di quei particolari per sommergibili che qui si affinano con una cura che nasce da un rapporto quasi privilegiato tra uomo e macchine. Che porta a riconoscimenti importanti come quel “Best Performing Supplier 2013” consegnato alla Cermesoni da un cliente inglese.

MARK MOHAN E IL FASCINO DELLA MECCANICA: «QUI È COME STARE IN FAMIGLIA»

Ma la forza d’urto di quest’azienda è prodotta da un “motore” fatto dalla collaborazione tra vecchie e nuove generazioni: «Quindici dipendenti, dai 20 ai 45 anni di età, tra i quali tre ragazzi assunti freschi di diploma all’Itis. Perché il vero tecnico che porta avanti l’economia italiana è colui che lavora sulle macchine utensili», dicono i fratelli Cermesoni. Come lo è anche Mark Mohan, quarantenne inglese – di padre irlandese – che la grinta se la porta nel sangue. Entusiasta di natura, è arrivato giovanissimo in Italia e non l’ha più lasciata. E della Cermesoni dice: «Qui è come stare in famiglia». In azienda è ormai un punto di riferimento, e il

perché lo capisci quando ti avvicini a lui, pochi passi dietro la sua postazione al centro di fresatura: Mark non lavora il pezzo, ma lo coccola. Quando ti parla di quello che sta accadendo all’interno della macchina, sembra racconti la storia di qualcosa di grande che gli appartiene.

SEMPRE ALLA RICERCA DI GIOVANI, MA SPESSO MANCA

LA “GENETICA FAMILIARE”

Di collaboratori come Mark Mohan, e dei giovani che fanno parte della Cermesoni – una azienda famigliare nel senso più compiuto del termine perché qui lavorano anche mogli, nipoti e figli – se ne avverte un bisogno continuo: «Siamo sempre in cerca di personale – sottolineano Roberto e Claudio – ma a molti ragazzi di oggi manca la “genetica” famigliare. Nel senso che non hanno respirato in famiglia ciò di cui è fatto il lavoro manuale: nostro papà era meccanico, e quel dna un po’ ci appartiene. Poi, i problemi si risolvono sempre perché tra gemelli le decisioni si prendono insieme e l’equilibrio si trova. È una questione di prospettive mentali. Cosa ci fa andare avanti? La sfida di trovare nuovi clienti e l’acquisto di nuovi macchinari. Ma oggi i clienti chiedono una qualità sempre maggiore e a prezzi sempre più bassi. Anni fa era maggiore lo stimolo di fare sempre di più».

EMAR SRL

Fondazione 1991

Titolari Maurizio Manessi

Produzione Estrattori, stampi per la gomma e particolari meccanici

Indirizzo Via Campagna, 11 – Sumirago (VA)

Contatti Tel. 0331 735318 info@manessiemar.it

Tutto quello che ho è in questa azienda, perché ci credo

Alla Emar si cercano giovani, disperatamente. Il titolare:

«Servono fresatori: chiediamo l’impossibile?»

Incontriamo Maurizio Manessi, titolare della Emar Srl di Sumirago, nel ventre di un’azienda che, dice, «potrebbe andare a doppia velocità». Il condizionale è d’obbligo, perché se è vero che un’impresa è fatta di uomini, è anche vero che se mancano quelli si rischia di entrare in un loop nel quale si rincorrono commesse, scadenze e soddisfazione dei clienti. Ed è quello che sta accadendo in questa realtà dove il titolare, da mesi, passa da una macchina all’altra perché collaboratori non se ne trovano.

VOLLI, FORTISSIMAMENTE VOLLI. MA NON BASTA

Negli ultimi tempi, quella che dovrebbe essere un’eccezione è diventata la regola e nessuno vuole che si trasformi in “cattiva abitudine”. Il rischio, però, c’è. Nei mesi di marzo, maggio e giugno dello scorso anno Maurizio Manessi si è accollato il doppio turno per un totale di diciassette ore di lavoro in un solo giorno. La domenica non si riposa. E non è raro che accada anche a Natale e Pasqua. Lui e la figlia Laura, diplomata in Relazioni Internazionali all’Istituto Tecnico Economico “Enrico Tosi” di Busto Arsizio e in azienda da tre anni, si guardano senza nascondere una smorfia di incredulità e raccontano ciò che sta succedendo: «Ci servono almeno tre fresatori e un tornitore, gente specializzata che non si fermi di fronte alla prima difficoltà, ma giovani non se ne vedono. Abbiamo pubblicato anche alcuni annunci sui quotidiani locali e fatto ricerche tra le Scuole tecniche della provincia di Varese: cerchiamo tecnici e, invece, riceviamo curricu-

lum di ragazzi che hanno esperienze da baristi». Alla Emar non mancano né il lavoro e né le prospettive di crescita perché, come accade in tante aziende del territorio, «qui ci si muove con voglia di fare ed elasticità mentale. Ma per farlo dobbiamo assumere: chiediamo l’impossibile?».

NEL REGNO DI PAPÀ RENATO, DOVE TRADIZIONE

ED ECCELLENZA SI INCONTRANO

È questo uno fra i più grandi problemi che oggi la Emar Srl, e tantissime altre aziende italiane, devono affrontare ogni giorno. Ed è un problema che va al di là di ogni logica: si parla di disoccupazione giovanile, eppure il lavoro c’è. C’è qui a Sumirago, in questi capannoni dove lavorano dieci collaboratori con un’età media di trentacinque anni. E che ogni giorno, in un angolo dell’officina dotata di torni sui quali si lavorano particolari dove tradizione ed eccellenza artigiana si incontrano, hanno la fortuna di confrontarsi ancora con Renato, papà ottantunenne di Maurizio. Occhi vispi, viso sereno, mani modellate da quella passione che nel 1960, a diciotto anni, lo aveva portato a fondare la Manessi Renato, su un territorio dove «c’era il mondo». Un microcosmo di distretti nei quali produttività e creatività andavano a braccetto.

E del quale Renato è ancora oggi un testimone attento e orgoglioso.

I MUSCOLI DELLA GESTIONE FINANZIARIA CONTRO LE ONDE DEI MERCATI

La Emar nasce, invece, nel 1991 e da subito mette in mostra i muscoli di questi titolari che, negli anni, hanno affrontato e superato turbolenze famigliari e finanziarie. A raccontarlo è ancora Maurizio: «Inutile dilungarsi sulle disavventure vissute con la vecchia azienda di famiglia. Uscita da quella, papà si rimette in gioco con me e mio fratello Emanuele. I debiti non si contano. Ma poi c’è una svolta: fino al 2009, lavoro e guadagni hanno un crescendo. Poi, improvvisamente, un nuovo calo degli ordini e quel capannone nuovo con le rate del leasing da pagare. Un evento drammatico e improvviso sconvolge la famiglia: la scomparsa di Emanuele. A questo si aggiungono i mancati pagamenti di alcuni importanti clienti. L’esperienza segna a vita l’azienda che, per affrontare con dinamicità le onde dei mercati, affina la sua gestione finanziaria: «Tenere sotto controllo i flussi di cassa ci ha salvati», dice il titolare.

LAURA E LA MECCANICA: «LAVORO IN UFFICIO

MA SOGNO TORNI E FRESATRICI»

Punto di riferimento nella produzione di estrattori (strumenti utilizzati per la rimozione di corpi che si estraggono con difficoltà), stampi per la gomma e particolari meccanici, alla Emar Srl si lavora per i settori dell’edilizia, dell’Oil & Gas, delle ferrovie, dell’automotive e delle fonderie. Lavori di precisione ai quali Laura guarda con quell’impeto giovanile che unisce adrenalina pura a entusiasmo: «Mi tengo in stretto contatto con i clienti, li aggiorno continuamente su ciò che facciamo e mi concentro sull’acquisto di materie prime in un momento in cui i prezzi sono impazziti. Non è facile, vero, ma il mio vero sogno è quello di imparare a programmare le macchine». A ventidue anni le idee sono già chiare e «il papà non fa sconti a nessuno, soprattutto a me perché vuole che impari in fretta e bene». E poi c’è il nonno che a volte l’accompagna alla fresa e le fa imparare, con la pa-

zienza dei nonni, i trucchi del mestiere. Ma l’innamoramento nei confronti dell’azienda risale a tanto tempo fa quando Laura, ancora bambina, si faceva raccontare da papà Maurizio «come era andata la giornata, cosa aveva fatto, su cosa stava lavorando». E’ così che si cresce e che si fa crescere un’azienda della meccanica, «un settore bello e appagante», interviene ancora Laura che, però, anche nel suo lavoro d’ufficio trova «sempre nuovi stimoli per migliorare».

DALLA TORRE DI PISA AL VATICANO: «LAVORIAMO BENE PERCHÈ CI CREDIAMO»

Gli stessi stimoli che si trovano nelle parole di Maurizio Manessi quando dice di «quell’impegno che qui viene sempre riconosciuto» e di quel «lavoro mai ripetitivo che si mette nella produzione di pezzi singoli» che raggiungono il mondo. La Svizzera, in modo indiretto una lunga lista di Paesi e poi le esperienze uniche che la Emar ha collezionato negli anni con i progetti legati alla realizzazione della linea suburbana cecoslovacca, la Torre di Pisa, la Cupola della Biblioteca di Pavia, alcuni interventi in Vaticano: «Tutto questo funziona e sta in piedi grazie ai particolari che escono da questa azienda». La filosofia che sta alla base di tutto questo è semplice ma definitiva: «Qui si deve lavorare bene e con qualità. Forse siamo un poco più costosi rispetto ai concorrenti, ma del lavoro fatto in un certo modo nessun cliente si è mai lamentato». Il motivo è uno solo: «Tutto quello che ho è in questa azienda, perché ci credo», conclude il titolare.

CARVE SRL

Fondazione 1996

Socio Gerardo Venturin

Produzione Carpenteria metallica leggera di precisione

Indirizzo Via Garavaglia, 225 Caronno Pertusella (VA)

Contatti Tel. 02 96451013 carve@carvesrl.it

Collaborare è la ricetta vincente

Carve Srl: «Nella centrifuga dell’economia vince

chi sa collaborare al meglio»

Gerardo Venturin è abituato alle salite, allo sforzo sotto pressione, a cambiare quando serve. E sa riconoscere l’umanità che c’è in chi lo circonda. Ha passato la sua gioventù, fino ai ventitquattro anni, sul sellino di una bicicletta. Gli ultimi due nei circuiti del semi professionismo. Il territorio lombardo lo conosce come le sue tasche e, durante il servizio militare al Centro atleti a Bologna, si innamora dell’Emilia-Romagna. Alle spalle un diploma al Liceo scientifico e poi Scienze Politiche, dove «mi iscrivono a forza – racconta – e infatti in Università ci sono andato sì e no tre volte. Alle superiori, poi, l’unico debito che abbia mai preso è stato quello in Disegno: oggi, invece, la mia vita dipende da quello». Logico pensarlo, perché la Carve Srl di Caronno Pertusella è impresa che opera nel campo della carpenteria metallica leggera di precisione dove il disegno domina incontrastato.

Specializzata in taglio laser ma anche in piegatura, assemblaggio e saldatura. Per i settori elettrico, alimentare, delle serrature, per produttori di elicotteri e materiali da imballaggio. Particolari così precisi e geometrici da aver ispirato Giovanna Canegallo, un tempo assistente di Arnaldo Pomodoro, ad immergerli in una lastra di resina epossidica per la realizzazione di un tavolo d’arte che fa bella mostra di sé negli uffici dell’azienda.

L’ALLENATORE-IMPRENDITORE E IL PAPÀ

“SPALLA TECNICA”

Ventenne senza saper nemmeno usare un trapano, Gerardo Venturin sente il richiamo del lavoro manuale e alla fine della sua carriera sportiva entra nell’azienda di un suo allenatore: «A

ventuno anni inizio ad esplorare la manualità del fare: mi dedico al legno e mi appassiono». Nel frattempo, durante la leva, a due anni dalla pensione il padre Giovanni, artigiano saldatore nel settore della carpenteria, si trova in una situazione spiacevole, anche emotivamente, che lo costringe dopo 35 anni di lavoro autonomo a cessare la sua attività. Gerardo Venturin si alza sui pedali e scatta: si iscrive a Milano ad un corso per saldatore, inizia una sua attività e assume ufficialmente il padre in azienda. A sessant’anni compiuti. Ora, Giovanni di anni ne ha ottantatre e per tanto tempo «è stato la mia spalla tecnica – ricorda Gerardo Venturin - Nel 1996 fondo la Carve e dalle prime difficoltà ne esco grazie ad un imprenditore mio vicino di azienda che diventa il mio insegnante». Galeotto fu un lavoro in acciaio inox satinato: complicatissimo perché la saldatura doveva essere fatta su uno spessore di otto decimi. Un foglio di carta. Ma i problemi si affrontano e si risolvono. Così la Carve Srl inizia a prendere forma grazie al passaparola, che la fa conoscere alle aziende del territorio.

QUELLE PICCOLE FOLLIE

CHE DANNO UNA MARCIA IN PIÙ

Gerardo Venturin, «mix tra due generazioni: la mia e quella di mio padre», è il testimone di una vita dove la follia – lo slancio che si prende con coraggio e con una certa dose di incoscien-

za – governa gli eventi. Anno dopo anno: «Nel 1996 sposo Elena (Telaro) e la luna di miele la passiamo in Australia: una pazzia. L’anno dopo mia moglie entra nella società, cambiamo casa e tra il 2002 e il 2005 nascono due figli». E la parola passa ad Elena, che si definisce «la parte lunare della coppia. Ricordo a Gerardo, la parte più operativa e terrena tra noi due, che la vita non è fatta di solo lavoro, altrimenti si corre il rischio che i problemi diventino tossici: bisogna mantenere il proprio equilibrio». Ma i cambiamenti, alla Carve Srl, sono all’ordine del giorno e con l’assunzione di un ragazzo specializzato in taglio laser si apre un nuovo futuro per l’azienda. Terzisti che scommettono da sempre su persone e sviluppo, Gerardo ed Elena negli anni tengono a bada la concorrenza sempre più agguerrita e continuano a crescere investendo in personale e tecnologia.

IL DISEGNO MECCANICO È IL NOSTRO VANGELO

I valori che si portano dentro questi imprenditori sono inossidabili: la precisione che si trasforma spesso in puntigliosità, «perché oggi è molta l’approssimazione e questo continuo correre è controproducente»; i collaboratori che fanno sempre la differenza; l’idea stessa di lavoro, che si coniuga nella circolarità delle competenze, perché tutti devono essere autonomi e indipendenti. Ecco perché ogni collaboratore, alla Carve Srl, ha conseguito il patentino da mulettista e per ciascuno di loro «il disegno meccanico è il Vangelo». Tutto questo ha portato il titolare ad una convinzione: «Sono per la crescita lenta, faccio fatica a delegare e quindi, per ora, l’azienda è e rimarrà di piccole dimensioni». Perché si è immersi in un continuo cambiamento, e se prima i clienti collaboravano ed erano etici, ora lo sono un po’ meno: «Sarebbe bello se ci considerassero un partner della loro stessa squadra». Sarà per questa voglia di squadra che Venturin spinge per conoscere e andare a trovare i clienti, non si sottrae alle nuove sfide e cerca quella carica che dà l’adrenalina quando c’è una difficoltà e si deve trovare una soluzione.

CONTRO LA CENTRIFUGA DELL’ECONOMIA

C’È IL NESTING

Mettere un freno a questa onda dell’economia che va su e giù è possibile. Da qui il vero valore della Carve Srl: il controllo del disegno per poi ottimizzare la sua resa sulla lastra. Il procedimento, definito “nesting”, permette di ridurre al minimo la quantità di materia prima sprecata. Individuare gli elementi tecnici del disegno che potrebbero creare problemi in produzione porta ad un vero affiancamento di chi si occupa della progettazione, e i costi di realizzazione diminuiscono. Su questo punto Gerardo insiste più di una volta, perché per lui «è inconcepibile fare la stessa cosa per due volte perché c’è stata una mancanza di attenzione. Odio il tempo sprecato anche se retribuito». Ecco l’etica che muove ogni giorno la Carve Srl, coinvolta in un mondo «dove tutti sembrano giocatori indipendenti. Ci troviamo tutti, costantemente, immersi in una centrifuga che rischia di far perdere di vista una cosa importante: collaborare è la ricetta vincente».

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Marco e Cesare Colmegna: «L’azzardo di essere imprenditori per ridare valore alla meccanica»

La storia della C.T. & T. Srl - Colmegna Tools & Technology di Saronno è storia di persone, mercati (l’altalena del fatturato estero), crisi (quella indotta dalla guerra tra Russia e Ucraina), debiti (la chiusura di una situazione societaria) e ripartenze. Siamo nel 2010 quando i fratelli Marco e Cesare Colmegna decidono di entrare nella Colombo e Nava Snc, impresa fondata con un socio da papà Angelo. «Un momento storico complicato – ricorda Marco – che aveva portato il socio all’amara decisione di uscire dall’azienda: la crisi economica pesava sulla gestione quotidiana e alcuni collaboratori erano in cassa integrazione. Impossibile fare previsioni e scommettere su un futuro indecifrabile. Io, Cesare e papà ci siamo guardati in faccia per dirci, infine, che quello era il momento giusto per accettare la sfida. E così è stato: abbiamo rilevato la Colombo e Nava e abbiamo aperto la C.T. & T., specializzata nella progettazione e produzione di stampi per iniezione e pressofusione, con il peso di quella responsabilità che ti porta a tutelare non solo te stesso ma anche chi lavora per te: in questa azienda non esiste la parola licenziamento».

L’AZZARDO DI FARE GLI IMPRENDITORI: INVESTIAMO PER DARE VALORE ALLA MECCANICA

Dopo anni in azienda, durante gli studi in Economia e Commercio, Marco si rimette in gioco con il fratello e apre una Srl: «È stato un azzardo perché per liquidare il socio abbiamo ipotecato il capannone proprietà di famiglia, abbiamo acceso finanziamenti con una banca che ha creduto in noi e deciso di ripartire con una

strategia diversa: dirigerci sui mercati esteri. Russia, Polonia e Germania. Così, siamo riusciti a recuperare i vecchi clienti della Colombo e Nava e ne abbiamo trovati di nuovi. Una scelta forse difficile da capire, quella mia e di Cesare, e della quale ci pentiamo ogni giorno. Ma in quel 2010, nonostante ci fossero alcune occasioni di lavoro per chi, come noi, aveva accumulato una certa esperienza nel settore della meccanica, dovevamo decidere tra due strade: o chiudere, o resistere». Il pentimento di cui parla Marco, però, non è dettato dal rischio del fare impresa ma dal fatto che «in Italia gli imprenditori non sono messi nelle condizioni di fare quello che devono fare. Perché se non c’è profitto, non si investe». E il profitto, alla C.T. & T., è legato direttamente agli investimenti: «In dieci anni tre nostri clienti sono falliti e da tempo il mercato non dà più alla meccanica quel valore che le riconosceva quindici anni fa. Eppure, nonostante ci si trovi sempre di fronte a situazioni di una certa criticità, noi investiamo». Mantenendo fermi i valori di sempre: passione, precisione, fiducia e trasparenza. Ma anche quell’esperienza che si ottiene quando «impari, giorno dopo giorno, sul campo».

I COSTI BRUCIANO LIQUIDITÀ E MARGINI, MA I DATI

DANNO UNA MARCIA IN PIÙ

Non è un caso che Marco metta l’accento sulla parola “valori”, perché raccontano l’impresa, sono garanzia di qualità e affidabilità, danno una marcia in più in un momento storico in cui «non

c’è niente di facile: da un lato i costi energetici che bruciano liquidità e che rischiano di metterci definitivamente in crisi nel giro di tre mesi, e dall’altro i rincari delle materie prime. Gli acciai speciali sono cresciuti del 30% e nel momento in cui firmiamo un contratto per una commessa, che necessita mediamente di tre o quattro mesi per essere portata a termine, scattano gli scostamenti tra quanto pattuito e il costo reale delle lavorazioni. Così, il nostro margine è passato dal 15% al 5%», racconta Marco. Che per fare fronte alla situazione, dal 2018 è impegnato in Industria 4.0 con investimenti importanti in programmi gestionali e connessione in rete del parco macchine. E’ una questione di vantaggi: «Raccogliere e gestire i dati prodotti in fase di lavorazione, il feedback che ottieni sui costi di produzione (ore lavorate per progetto), è fondamentale per tenere sotto controllo l’azienda e sfruttare al massimo le sue potenzialità».

CRESCERE CON I CLIENTI, MA SERVONO PIÙ GIOVANI IN AZIENDA

Marco racconta con orgoglio una scelta che sta ripagando lui e suo fratello dei tanti sacrifici fatti fino ad oggi: «Qui si lavora contemporaneamente su tre o quattro progetti. E il vero valore dell’azienda è quello di produrre stampi customizzati che sono in grado di realizzare tanto i pezzi in serie quanto quelli più particolari su basse tirature». Il segreto? «Cambiare rapidamente e crescere insieme ai nostri clienti». Ma l’ingranaggio dell’organizzazione rischia di incepparsi di fronte alla mancanza di competenze tra i giovani: «Qui in azienda ne abbiamo, ma ce ne vorrebbero di più perché attrezzare uno stampo non è uno scherzo. Ma questo è un lavoro che le nuove generazioni non vogliono fare perché lo considerano troppo artigianale: negli ultimi anni siamo stati costretti a richiamare in azienda collaboratori ormai già in pensione».

L’AUTOMOTIVE E LA GRANDE SFIDA DELLE AUTO IBRIDE

Collaboratori esperti in stampi per pressofusione e termoplasti-

ci: «Con i primi si realizzano corpi in alluminio (ma anche in zama e magnesio), mentre con i secondi particolari in plastica. I nostri clienti si dividono in due: le fonderie, che lavorano per le grosse case automobilistiche, e le imprese che vendono invece il pezzo finito e per le quali il particolare pressofuso è solo una parte del loro business», prosegue Marco. Dati alla mano, la pressofusione per l’automotive (scatole sterzo, scatole cambi, supporto acceleratore: tutto ciò che è power training) occupa circa il 60% delle commesse della C.T. & T., segue subito dopo il settore lightning e, in misura minore, la pressofusione per l’elettromeccanico e gli stampi per materie plastiche. Ma con la transizione ecologica, e l’avvento delle auto ibride, l’azienda dovrà fare i conti: «Le parti da realizzare per i motori ibridi sono molte di più rispetto ad una macchina tradizionale, ma sono anche più grosse. La nostra sfida è quella di attrezzarci per produrre stampi di dimensioni sempre maggiori, dotarci di fresatrici sempre più capaci ed entrare come partner in reti informali con chi produce stampi di grosse dimensioni. A noi il compito di curare i particolari più piccoli».

IL MERCATO RUSSO E LE NUOVE OPPORTUNITÀ OFFERTE

DAL LIGHTNING

Ma anche la plastica ha dato e darà le sue soddisfazioni, «perché nei prodotti lightning questa si abbina all’alluminio e grazie ad un cliente russo siamo entrati in un mercato che, nel futuro, potrebbe avere una crescita interessante. Collaborazione per ora interrotta: i primi scossoni li abbiamo avvertiti nel 2014 con l’invasione della Crimea da parte della Russia, poi nel 2021 c’è stato un rialzo positivo e l’anno dopo ancora un crollo. Il nostro fatturato è stato pari a zero perché le banche italiane hanno fermato i flussi di denaro russi verso l’Italia. Comunque, sul settore del lightning ci vogliamo scommettere ancora: abbiamo campionato alcuni faretti ad incasso e fari stradali ed ora stiamo pensando all’illuminazione a led». Facendo leva sul servizio di co-engineering, controllo e pre-assemblaggio, sulla pre e post-vendita. Per proporre soluzioni personalizzate.

Tessile

IN SINTESI

Il settore tessile è un pilastro storico dell’economia nazionale, e le aziende che operano in questo campo ci offrono preziose lezioni su come fare impresa oggi e su come farla domani. Queste imprese dimostrano che il successo nel mercato globale non è solo una questione di dimensioni o di risorse finanziarie, ma soprattutto di identità, qualità, innovazione e capacità di adattamento. Il Made in Italy non è semplicemente un’etichetta geografica, ma rappresenta un insieme di valori che includono l’eccellenza artigianale, il design sofisticato e una profonda tradizione culturale.

Una delle lezioni fondamentali che emergono da queste aziende è l’importanza di investire nella tecnologia e nell’innovazione, pur rimanendo fedeli alla tradizione. La Stamperia Olonia, facciamo un esempio, ha compreso che la stampa digitale è il futuro, offrendo flessibilità e sostenibilità attraverso la possibilità di lavorare su lotti di quantità ridotte. Questo approccio permette di rispondere rapidamente alle esigenze del mercato europeo, sempre più orientato verso personalizzazioni e produzioni sostenibili.

Le aziende tessili hanno anche evidenziato come la sostenibilità non sia solo una tendenza, ma una necessità strategica. La Ferraro Spa ha investito in macchinari certificati per ridurre l’uso di risorse come vapore, acqua, elettricità e gas. La sostenibilità ambientale diventa così un elemento chiave per com-

petere nei mercati internazionali, dove i clienti sono sempre più attenti all’impatto ambientale dei prodotti che acquistano.

Un altro aspetto cruciale è la valorizzazione del capitale umano. Le imprese sottolineano l’importanza di formare e motivare i giovani, nonostante le difficoltà nel reperire personale qualificato a causa del pesantissimo inverno demografico che grava sul nostro sistema economico. L’esperienza della Fadis Spa mostra come l’integrazione delle nuove generazioni in azienda possa portare a innovazioni significative, come lo sviluppo di robot collaborativi che automatizzano i processi produttivi.

La Gaspare Tronconi mette in luce l’importanza della filiera integrata e della qualità come strumenti per difendere il tessile italiano. In un mercato globale competitivo, la capacità di offrire prodotti “belli e ben fatti” è ciò che distingue le aziende italiane. Inoltre, la trasparenza e la tracciabilità diventano fondamentali per garantire ai consumatori, ma anche ai piani alti della filiera, che i prodotti rispettino standard ambientali e sociali elevati.

Le aziende tessili insegnano anche l’importanza della flessibilità e dell’adattabilità ai cambiamenti del mercato. La Mei International Srl ci insegna che l’attenzione alle esigenze del cliente e l’offerta di un servizio completo, dall’installazione all’assistenza post-vendita, sono elementi chiave per affermarsi a livello internazionale, anche in paesi emergenti come l’India.

Queste imprese evidenziano come il Made in Italy sia un valore aggiunto imprescindibile per l’internazionalizzazione. La reputazione dell’Italia come sinonimo di qualità, design e artigianalità apre le porte dei mercati esteri. Tuttavia, è essenziale proteggere e valorizzare questo patrimonio attraverso strategie che combinino tradizione e innovazione, sostenibilità e attenzione al cliente.

Eccellenza, innovazione sostenibile e valorizzazione del Made in Italy sono il filo conduttore di questi racconti che ci dimostrano come la tradizione possa tradursi in innovazione.

STAMPERIA OLONIA

Fondazione 1969

Titolari Mauro Miele

Produzione

Indirizzo

Contatti

Stampa dei tessuti per l’arredamento e della biancheria della casa

Via A. Colombo, 65 Gorla Minore (VA)

Tel. 0331 368611 olonia@olonia.it

La sostenibilità è una filosofia aziendale condivisa

Stamperia Olonia: «La sostenibilità? È una scelta, ma ci vuole coraggio»

La sostenibilità, vent’anni fa: crederci, al di là dei primi segnali dei mercati, era soprattutto un fatto di responsabilità. Nei confronti della propria azienda ma anche di quei consumatori che nelle scelte etiche di un’azienda riponevano le speranze di un cambiamento di cui, oggi, si parla quotidianamente alla luce di quei principi ESG (ambiente, società, politica societaria) che non sono più “slogan economici” ma pilastri del futuro. Colonne dei bilanci imprenditoriali.

Mauro Miele, amministratore delegato della Stamperia Olonia con sede a Gorla Minore, nella sostenibilità ci ha sempre creduto. E il suo percorso, fatto di un’attenzione sempre più alta su ambiente, salute e sicurezza dei propri collaboratori, inizia proprio vent’anni fa. A sottolinearlo è proprio lui che, con garbo e orgoglio, ci racconta di una scelta etica che prende il via da quella “materia viva” che, in azienda, è tutto: «Qui escludiamo qualsiasi tessuto ottenuto dal petrolio: le nostre fibre sono esclusivamente naturali – cotone, cotone lino, cotone seta, seta da Pakistan, India e Cina – e dal 2005 abbiamo ottenuto la doppia certificazione (sistema integrato) su qualità e ambiente».

SOSTENIBILI PER SCELTA:

UNA FILOSOFIA AZIENDALE CONDIVISA

Un passo in più per l’azienda; un salto per i suoi collaboratori: «Le certificazioni danno un metodo a tutti: si tratta, in fondo, di filosofia aziendale condivisa». Una filosofia che si incolla al pragmatismo imprenditoriale: «Attenzione alle sostanze chimiche utilizzate nei processi aziendali, prodotti a basso impatto ambientale (free formaldeide con ridotto contenuto di

VOC), certificazioni internazionali (Oeko-Tex e GOTS, Global Organic Textile), adesione al progetto ZDHC (Zero Discharge of Hazardous Chemicals), che si concentra sui principi di trasparenza e di gestione delle sostanze chimiche secondo un approccio integrato di prevenzione e precauzione. Miglioriamo continuamente i nostri trend e, in questi ultimi anni stiamo anche sperimentando il riutilizzo del filo di cotone». Perché tante certificazioni? Ancora Mauro Miele: «Da un lato questi “sigilli di garanzia”, compresa una contabilità sempre più precisa e trasparente, ci assicurano un accesso privilegiato ai mercati e ci rendono sempre più preparati di fronte a quella globalizzazione che chiede processi sempre più sofisticati. Dall’altro, alcuni gruppi per i quali lavoriamo hanno sviluppato certificazioni ad hoc che devi fare tue: ne è interessata tutta la filiera dei loro fornitori, quindi il gioco è “o sei dentro o sei fuori”. E gli audit, per controllare la conformità agli standard richiesti, sono ormai una prassi consolidata: ne abbiamo uno ogni mese».

IL SOFTWARE CHE TIENE SOTT’OCCHIO I CONSUMI

ENERGETICI

Tessile è anche sinonimo di consumo energetico: dall’elettricità all’acqua. Volete che Mauro Miele non ci abbia pensato? Lo ha fatto, con «un software che monitora in modo puntuale il consumo delle linee di produzione, con la sostituzione del parco macchine con impianti più moderni, efficienti, sicuri ed ener-

geticamente vantaggiosi, con un recupero sempre più elevato di acqua». Tutto questo «contribuisce ad un ambiente di lavoro migliore ed è una garanzia per le future generazioni».

QUANDO I TESSUTI BIANCHI DIVENTANO OPERE D’ARTE

Leader nella produzione in conto terzi di tessuti naturali stampati per la casa e l’abbigliamento, la Stamperia Olonia parte dai «tessuti scelti direttamente dai clienti. Che indicano anche design e soggetti. A noi il compito di definire con loro la colorazione, ma trasformare l’idea in qualcosa di unico dipende dalla creatività, dall’esperienza e dalla tecnologia di cui dispone la Stamperia Olonia. Tutto prende il via dal tessuto che, una volta sbiancato e stampato, viene nobilitato (finissaggio) per dargli morbidezza e lucentezza. Per poi raggiungere i clienti in tutto il mondo che si occupano del confezionamento: camice, vestiti, accessori moda e articoli per la casa», dicono gli imprenditori.

LA STAMPERIA OLONIA, NEL GRUPPO LIBERTY, VESTE

LA REGINA D’INGHILTERRA

La Stamperia Olonia – dal 2014 parte integrante del gruppo Liberty, conosciuto in tutto il mondo per i caratteristici fiorellini e per la base del Tana Lawn, tessuto caratteristico in cotone deliziosamente fine, morbido e resistente - è un colosso del mondo tessile. Dice, l’amministratore delegato: «I nostri prodotti sono cento per cento Made in Italy, ma in pieno British Style». In Inghilterra, la Liberty è un’icona perché «i suoi prodotti unici sono ricercatissimi. Da questa nostra collaborazione sono nati capi di abbigliamento ancora più definiti e particolari indossati – faccio solo alcuni esempi - da Camilla Rosemary Shand, Regina d’Inghilterra; dallo chef Bruno Barbieri e dai figli dei Ferragnez», sottolinea Mauro Miele.

CAVALCARE L’ONDA DELLA GRANDE CRISI: NON È SOLO

UNA QUESTIONE DI CORAGGIO

E’ lui ad aver fatto crescere questa azienda, fondata da papà

Alfonso nel 1969, dai quindici dipendenti del 1981 ai centodieci di oggi. E dice: «Molti degli assunti storici sono ancora qui, e chi ha ormai maturato la pensione ha deciso di fermarsi. Forse per altri due anni». Inutile, o quasi, chiederne le ragioni: «Difficile trovare manodopera. Da tempo assumiamo soprattutto stranieri da Bangladesh, Ski Lanka e Africa». È questa una, fra le ultime, coraggiose virate di Mauro Miele. Che all’intuizione del padre - «si accorse della mancanza di stamperie sul territorio, e così si buttò» - dalla metà degli anni Ottanta investe in innovazione e Ricerca e Sviluppo. L’obiettivo? «Avere un prodotto al di sopra della media e diverso da ciò che propongono i miei competitor». Ma il coraggio, senza una visione netta e chiara del futuro, è poca cosa. È così che Mauro Miele cavalca l’onda della grande crisi tra gli anni Ottanta e i primi Novanta: «Ho fatto debiti a non finire, ma allora le banche davano credito agli imprenditori. Oggi è un po’ diverso, ma a fare la differenza sono sempre le idee. Nel mio caso, ho creduto nello sviluppo interno di nuove linee di produzione, nel diventare più flessibili e dunque più produttivi. È sempre una questione di qualità, sempre più alta». Ma gli anni Novanta segnano anche la «conquista dell’Europa» da parte della Stamperia Olonia. Ancora l’amministratore delegato: «Competere con il Far East è più complicato perché il settore tessile più a buon mercato è nelle loro mani. Noi ci siamo concentrati sulla fascia più alta, e così oggi il nostro fatturato estero si aggira sul 75%». Fatturato che, per il 50%, è fatto da quella stampa digitale affidata al figlio, Simone Miele: «Il passo era obbligato: questa tipologia di stampa è più flessibile rispetto a quella tradizionale ed è più sostenibile perché si lavora senza problemi su lotti di quantità ridotte. Il mercato europeo sta andando in questa direzione».

FERRARO SPA

Fondazione 1951

Titolari Alex Zucchi

Produzione Compattatori a feltro e a gomma per il finissaggio tessile

Indirizzo Via Busto Arsizio, 120 Lonate Pozzolo (VA)

Contatti Tel. 0331 302994 ferraro@ferraro.it

Autonomia

Ferraro Spa: 70 anni di innovazione nel meccanotessile, tra sostenibilità e Industria 4.0

Sarà capitato anche a voi, e non è piacevole: se una volta acquistata una T-shirt, ed averla lavata, vi accorgete che vi sta troppo stretta o troppo larga, oppure che le linee di taglio non coincidono fra loro, significa che non c’è stata alcuna compattazione. Termine tecnico che definisce quel processo attraverso il quale si stabilizza il tessuto evitandogli qualsiasi restringimento. Nello stesso tempo lo si rende più morbido, uniforme e setoso. Sui compattatori a feltro e anche a gomma - denominati sanfor (trattamento meccanico-fisico di stabilizzazione dimensionale sull’ordito dei tessuti) e prodotti sia per tessuto tubolare che in aperto - si concentra la Ferraro Spa, fondata nel 1951 da Giuseppe Ferraro.

FATTURATO ESTERO AL 90 PER CENTO: IN ITALIA È SEMPRE PIÙ DIFFICILE

Oltre settant’anni di innovazione, di ricerca e di ininterrotta sperimentazione su prodotti cento per cento Made in Italy che hanno rivoluzionato il mondo della produzione tessile. E che hanno conquistato il mondo: Pakistan, Turchia, India, Bangladesh, Vietnam, Uzbekistan, Brasile, Colombia, Guatemala e Messico, solo per citare i Paesi più rilevanti. Dove ci sono realtà produttive capaci di trattare centinaia di migliaia di chili di maglia in un solo giorno trasformati poi in milioni di pantaloni, magliette e felpe. Un’attività che ha portato il fatturato estero dell’azienda con sede a Lonate Pozzolo al 90%.

L’Italia? Risponde Giovanni Pizzamiglio, direttore commerciale della Ferraro Spa: «Siamo molto attivi anche sul mercato casalingo, che è ancora considerato fiore all’occhiello, non per volumi ma per qualità. Tuttavia, nel nostro Paese, come in tanti altri in Europa, il settore della confezione ha subito negli anni crisi e difficoltà strutturali e la produzione di abiti, al di fuori dell’Alta Moda, si è progressivamente ridotta perché il baricentro si è spostato verso Turchia, Est Europa e soprattutto Asia».

AUTONOMIA E CONTINUITÀ:

COSÌ SI COCCOLANO I CLIENTI

Il finissaggio tessile coincide con la nobilitazione del prodotto. E per farlo al meglio, la Ferraro Spa ha puntato sull’autonomia: con una sua azienda satellite, la Interfinish Srl, produce componentistica meccanica. In particolare, quei cilindri che sono indispensabili nei compattatori e nei tanti vari macchinari di finissaggio prodotti. Per tantissimi altri componenti meccanici, e non solo, ci si affida invece ad una miriade di fornitori locali. Perché, continua Giovanni Pizzamiglio, «il Made in Italy ha ancora il suo peso e l’esperienza della Ferraro Spa viene riconosciuta ovunque in quanto azienda esperta e seria: i nostri macchinari – oltre settemila quelli attivi nel mondo - hanno una durata di venti o trent’anni perché i clienti chiedono continuità. E la chiedono anche nell’assistenza post-vendita: è per questo che nei Paesi più importanti ci siamo dotati di una fitta rete di agenti e rappresentanti sotto forma di microimprese con tecnici locali. E se molte sono dotate di stock di ricambi per essere più veloci, altre ricevono quotidianamente ciò che serve attraverso i nostri magazzini robotizzati e indicizzati. Tutto funziona “on demand”».

SOSTENIBILITÀ: UN ARGOMENTO IMPRESCINDIBILE

E costante è anche la domanda di macchinari e prodotti sostenibili, «perché l’attenzione all’ambiente, ormai, deve far par-

te del Conto Economico di ogni azienda. I clienti sono sempre più attenti ai consumi di risorse e materie prime, a tal punto che nelle trattative che anticipano i contratti, la voce “consumi energetici” è un must», aggiunge il direttore commerciale. Che sottolinea: «In azienda abbiamo fissato degli obiettivi sulla sostenibilità per ridurre l’uso di vapore, acqua, elettricità e gas. Da qui l’adesione alla Green Label (Sustainable Machinery Certification), che da più di dieci anni certifica i nostri macchinari. A questa affianchiamo la ISO 9000:2015, la ISO 14001:2015 e la ISO 45001:2018. Poi, i pannelli fotovoltaici: con questi produciamo buona parte dell’energia elettrica utilizzata in azienda. Un impegno, quello delle certificazioni, che chiediamo venga rispettato anche dai nostri fornitori: valori e principi devono essere condivisi». Sostenibili, infine, sono anche i sistemi di lavaggio e purga della Ferraro Spa per i tessuti sintetici che contengono elastomeri, olii, resine o paraffine: «La nostra tecnologia lavora in linea con il processo di finissaggio e li elimina utilizzando meno di quattro litri di acqua per ogni chilo di tessuto. Il processo tradizionale ne richiede tra i 20 e i 30».

DIAGNOSTICA PREVENTIVA E INDUSTRIA 4.0:

I DATI ALLA BASE DELLA COMPETITIVITÀ

Nel frattempo, anche i macchinari della Ferraro Spa si sono fatti sempre più tecnologici, «collegati da remoto e dotati di PLC per rendere più agevole la diagnostica e la manutenzione preventiva. E’ un passaggio chiave nei nostri prodotti composti anche da elementi che si consumano nel tempo: il monitoraggio continuo – prosegue Giovanni Pizzamiglio – ci permette di tenere sotto controllo il fine-vita dei componenti e rilevare per tempo eventuali problemi. E con Industria 4.0, che con la sostenibilità rappresenta una direttrice fondamentale di questi anni, integriamo le nostre unità nel flusso dati aziendale fornendo informazioni chiave come tipologia di articoli, metri lavorati, consumi energetici, fermi macchina». Per definire quelle

soluzioni personalizzate che, alla Ferraro Spa, si sono trasformate negli anni in «standard di riferimento nei segmenti che conosciamo bene: l’arredamento, l’industria (automotive, filtri, applicazioni speciali), lo sportswear (tessuti tecnici). Seguiamo da vicino l’evoluzione del mercato, ed è proprio per questo che i nostri macchinari si sono evoluti ed adattati per coprire un ampio spettro di utilizzi, che impiegano dai più noti tessuti naturali a quelli sintetici o artificiali, e persino tessuti-non-tessuti», rimarca il direttore commerciale.

GIOVANI IN AZIENDA: UNA “CACCIA AL TESORO”

CHE APRE LE PORTE AL FUTURO

Una rivoluzione che necessita di professionalità rifinite e di competenze che la Ferraro Spa cerca negli ingegneri specializzati nel settore tessile e negli specialisti in software, automazione e programmazione. Ma anche in operai qualificati in meccanica ed elettronica, ed elettricisti. Una “caccia la tesoro” perché, secondo le parole di Giovanni Pizzamiglio, «il settore tessile non appare così attraente agli occhi dei giovani e le poche scuole specializzate (solo a Como ci sono realtà che formano esperti in fibre e processi tessili), non supportano le imprese. Eppure, il meccanotessile rimane strategico per l’economia italiana e le sue centinaia di imprese continuano a investire per creare sviluppo, crescita e innovazione». E proprio sul come

motivare i giovani si concentra il direttore commerciale: «Dai ragazzi inseriti con stage riceviamo sempre feedback positivi perché, visto da dentro, si rendono conto che questo è un settore tutt’altro che statico e che, con l’innovazione continua dei materiali tessili, anche i macchinari ed i sistemi per la loro lavorazione si devono adeguare ad una visione sempre rivolta al futuro. Inoltre, alla Ferraro Spa si investe da sempre sull’integrazione tra i vari reparti, centrata sui cardini della formazione e di una gestione diretta ed immediata della comunicazione».

FADIS SPA

Fondazione 1960

Titolari Debora Carabelli

Produzione Macchine per la lavorazione dei filati

Indirizzo Via Colombera, 70 Solbiate Arno (VA)

Contatti Tel. 0331 989533 sales@fadis.it

I flussi dei mercati

Debora

Carabelli:

«Gli italiani e il tessile? Una tradizione che nessuno ha, ma il mondo è cambiato»

«Per favore, non chiamatemi capitana d’impresa». Debora Carabelli, amministratore della Fadis Spa (Fabbrica Dipanatrici Solbiate Arno), è spumeggiante e inarrestabile. Vive a cento all’ora, si entusiasma, racconta un’avventura imprenditoriale che intreccia, ma sembra non assorbire, tutte le sue energie. Ed è, secondo le sue parole, «una donna di cantiere», perché ciò che più le piace è «vedere un’idea che prende forma e notare come un’azienda, negli anni, possa cambiare».

ESSERE IMPRENDITRICE È IL MASSIMO DELLA LIBERTÀ

La Fadis Spa: una multinazionale tascabile, secondo la definizione più in voga, che con i suoi settanta dipendenti esporta in più di 70 Paesi al mondo macchine per la lavorazione dei filati: dipanatrici, roccatrici, binatrici e aspatrici per la lavorazione di qualunque tipo di filato: cotone, lana, seta, fibre artificiali, sintetiche, miste e filati interlacciati. «E da poco anche la fibra di carbonio», interviene Debora Carabelli che nel sangue ha un misto di tradizione e innovazione. Quella spinta verso il futuro ereditata – insieme alle sorelle Raffaella (direttore commerciale) ed Elena (responsabile del backoffice) e al fratello Giuseppe (direttore tecnico di produzione e responsabile dei mercati italiano e cinese) – dal nonno Giuseppe Carabelli e da papà Danilo Carabelli.

E’ proprio il nonno, titolare del Calzificio Fratelli Carabelli (oltre alla produzione di calze si lavoravano filati di cotone e seta), a

fondare con il socio Armando Canton, nei lontani anni Sessanta, la Fadis Spa. Che nasce, come spesso accade, dall’esigenza di risolvere un problema: passare il filo da una rocca ad un’altra senza incidere sulla qualità del prodotto finale. Terza generazione in azienda, e «famiglia matriarcale», che vede in Debora Carabelli l’espressione compiuta di chi, ogni giorno, si mette in gioco: «“Fare” è il verbo che ci rappresenta al meglio. Penso che essere imprenditrice sia il massimo della libertà».

GLI ITALIANI E IL TESSILE: UNA TRADIZIONE CHE NESSUNO HA, MA IL MONDO È CAMBIATO

Bella parola supportata dai fatti: «Inizio a lavorare al Calzificio di mio nonno, che negli anni Ottanta occupava più di millecinquecento persone, a diciotto anni. Nel 2022 entro invece alla Fadis Spa dove mi trovo impegnata in tanti e diversi ruoli. Un punto accomuna la nostra storia famigliare: abbiamo sempre creduto, e crediamo tutt’ora, nel territorio e nella comunità che rappresenta».

Da Solbiate Arno al mondo. Un salto che «ha messo l’accento sul settore del meccanotessile dove, nonostante le difficoltà, nel 2023 l’Italia è tornata ad essere il nostro primo cliente e, dopo un’assenza di otto anni, nel 2023 è tornata a Milano ITMA, la principale fiera dedicata alla tecnologia del meccanotessile. Non c’è che dire: in questo settore gli italiani sono i più bravi

perché creano, innovano, progettano e inventano. Vantiamo una tradizione che nessuno ha, ma il mondo è cambiato».

INTERCETTIAMO I FLUSSI DEI MERCATI E CI ADEGUIAMO

Le filiere di approvvigionamento si sono accorciate, i grandi gruppi hanno cambiato le politiche di investimento e acquisto, cinesi, turchi e indiani sono anche loro punti di riferimento nella produzione di macchinari: «Ma la Fadis Spa – interviene Debora Carabelli – è la stata la prima ad offrire qualcosa di nuovo». Uno sprint ripagato negli anni che, però, deve fare i conti con quelli che sono gli stravolgimenti geopolitici: «Le prossime elezioni europee e americane potrebbero cambiare alcuni equilibri economici; la Cina, che è il più importante importatore di macchinari tessili, ha risentito della chiusura per il Covid; la Turchia ha un’inflazione importante e l’Argentina vive una situazione economica complicata. Che fare? I flussi dei mercati si spostano e non possiamo fare altro che intercettarli. Adeguarci ai cambiamenti nel rispetto dell’ambiente e del sociale». Nulla di nuovo per l’amministratrice che, sottolinea, «quando ho iniziato a lavorare esisteva la regola dei sette anni buoni e sette anni cattivi. Ora tutto è cambiato ed è più veloce: è la legge del mercato».

L’INNOVAZIONE NASCE DALLE IDEE E DAL CONFRONTO

Una legge spesso dura che, nel caso della Fadis Spa, si contrasta «con scelte controcorrente: nel 2016 – racconta ancora Debora Carabelli – rivoluzioniamo la produzione grazie anche ai primi veri incentivi statali: la reintroduzione della Legge Sabatini e il primo iperammortamento. Portiamo all’interno tutte le lavorazioni meccaniche, puntiamo sempre più su Industria 4.0 e acquistiamo quindici magazzini automatizzati. Inoltre, forniamo ai nostri clienti la nostra esperienza e assistenza tecnica per una migliore organizzazione aziendale.

La flessibilità è sempre l’arma migliore e l’innovazione nasce

dalle tue idee, dal confronto con i mercati e dalla collaborazione con i clienti. Progettare, costruire e vendere è importante e l’assistenza post-vendita è un valore aggiunto».

LEO ROBOT, IL COBOT ISPIRATO A LEONARDO DA VINCI

Grazie a questo lavoro in filiera, nasce LEO Robot ispirato all’Uomo Vitruviano di Leonardo Da Vinci. Ancora Debora Carabelli: «Si tratta di un Cobot, un robot collaborativo, che automatizza il processo di roccatura (cambio della rocca e inserimento di quella nuova) riducendo al minimo l’intervento umano. Lavora H24, si può muovere su sette assi, manipola con assoluta precisione e interagisce con l’operatore in tutta sicurezza grazie all’installazione di laser scanner che bloccano le sue attività nel caso in cui intervenga un uomo. Più di due anni di progettazione e presentazione all’ITMA».

LA SOSTENIBILIÀ NON È UNA MODA

MA UNA NECESSITÀ

In quest’azienda di Solbiate Arno, il lavoro sostenibile fa il paio con la sostenibilità ambientale: «In realtà, siamo sostenibili da sempre perché odiamo gli sprechi: dall’ impianto fotovoltaico installato nel 2011, che produce il 60% dell’energia utilizzata in azienda ai compattatori dei rifiuti (li utilizziamo da vent’anni), dall’imballo standard studiato in diversi formati e materiali riciclabili, per evitare packaging inutili, alla Targa verde certificata da RINA, che viene rilasciata ogni due anni. Promossa da Acimit (Associazione dei Costruttori Italiani di Macchinario per l’Industria Tessile), viene consegnata solo a quelle aziende che sono in grado di fornire soluzioni tecnologiche a sostegno dell’eliminazione delle sostanze pericolose dai processi, in favore di un maggiore risparmio idrico ed energetico, per il riciclo dei materiali giunti a fine vita. Inoltre, l’85% dei componenti con i quali sono costruiti i nostri macchinari possono essere recuperati e smaltiti: l’unico pro-

blema è la parte elettronica. La sostenibilità non deve essere una moda ma una necessità. Infine, stiamo investendo sul Bilancio di Sostenibilità», racconta Debora Carabelli.

WELFARE E GIOVANI AL CENTRO, PER UNA VITA PIÙ SEMPLICE

L’ombra di un’occupazione che, in questi ultimi anni, non è sempre stata vivace interessa anche questa realtà che è consapevole di quanto «alcune aziende siano più attrattive della nostra.

D’altronde – commenta l’amministratrice - il problema demografico esiste da trent’anni e a soffrirne è anche la Cina. Il mondo dei giovani è cambiato, e di conseguenza anche gli imprenditori sono costretti a cambiare marcia: nel nostro reparto di Ricerca e Sviluppo lavorano alcuni ingegneri dell’automazione e, grazie a loro, lo scorso anno abbiamo presentato due nuovi progetti in filiera. Ma queste soddisfazioni, e parlo dei giovani, non sempre bastano: devi parlare con loro, confrontarti, incontrarli, riconoscere le loro aspettative. E offrirgli più tempo libero». Il Welfare a disposizione dei lavoratori può essere un’ottima leva.

E a ricordarlo è Debora Carabelli: «Ai nostri collaboratori assicuriamo spazi luminosi e piacevoli con sala ristoro e una piccola mensa. Poi, premi di risultato, piani di assistenza sanitaria e un’assicurazione su infortuni lavorativi ed extra lavorativi. In sintesi, vogliamo cercare di rendere la vita più semplice a tutti».

GASPARE TRONCONI INDUSTRIALE SRL

Fondazione 1957

Titolari Michele Tronconi

Produzione

Indirizzo

Nobilitazione dei tessuti cellulosici e in mischia

Via Opifici Valle, 6 Fagnano Olona (VA)

Contatti Tel. 0331 361900 info@gasparetronconi.it

Difendere il tessile Made in Italy, vuol dire difendere una tradizione che guarda al futuro

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Michele Tronconi: «Il tessile italiano? Lo difendiamo con prodotti belli e ben fatti»

Michele Tronconi, presidente della Gaspare Tronconi Industriale Srl, conosce il mondo del tessile come le sue tasche. E sa cucire parole e concetti come fa un sarto con un abito. A sessantadue anni, e da sempre impegnato nella tutela del settore in Italia e in Europa (è stato presidente di Sistema Moda Italia e di Euratex a Bruxelles), non ha alcun timore a confessare che «qualche rimpianto ce l’ho, ma bisogna affrontare ogni momento della nostra vita e del nostro lavoro per quello che è». A capo di un’azienda che, insieme alla newco Beppetex Srl, la società di cui è Ceo il fratello Giuseppe Tronconi, occupa circa cinquanta collaboratori, il titolare aggiunge: «Il bello e il brutto appartengono ad ogni epoca e viene poi il momento di confrontarti con ciò che hai vissuto e gestire l’inatteso. La storia è ciclica e accade, a volte, che ciò che si fa oggi sia una ricombinazione di ciò che è già stato fatto».

PERCHÈ DIFENDERE LA REPUTAZIONE DEL TESSILE

ITALIANO

Ancora Michele Tronconi: «Il mondo del tessile Made in Italy deve difendere la propria reputazione perché è ancora capace di sviluppare, in filiera, un’innovazione di prodotto altissima. Se da un lato, però, bisogna stimolare i consumi interni, dall’altro bisogna presidiare i mercati esteri chiedendo il rispetto di regole armonizzate, a partire dai Paesi europei. Un consumatore deve avere la certezza che i prodotti acquistati in queste nazioni rispettino le norme ambientali e sociali UE». L’accento

cade sulla parola moda che, secondo l’imprenditore, «è una costruzione sociale che si basa sulla propositività da parte delle aziende e sul desiderio, da parte del consumatore, di possedere un prodotto sempre nuovo», ma tutelato.

ACQUA AZZURRA, ACQUA CHIARA: LA SOSTENIBILITÀ

FA PARTE DELLA NOSTRA CULTURA

Specializzata nella preparazione, tintura e finissaggio di prodotti tessili, la Gaspare Tronconi Industriale Srl racconta la propria storia attraverso un’esperienza che risale al lontano 1597, quando il capostipite Giovanni Pietro Tronconi diede il via al primo insediamento artigianale in località Bergoro di Fagnano, sulle sponde del fiume Olona. L’acqua, che da sempre è fondamentale per il comparto tessile, è anche un “ingrediente” «che la famiglia Tronconi ha sempre rispettato e tutelato. Nostro padre Attilio Tronconi – dice Michele – già negli anni Settanta, poco dopo la pubblicazione della Legge Merli (n. 319/1976; prima disciplina organica, in Italia, in materia di “acque”) – installò un impianto biologico di depurazione delle acque reflue: oggi ne trattiamo circa 1.000 metri cubi al giorno. Il principio base: il carico inquinante nocivo che arriva al depuratore deve essere il meno inquinante possibile. Qui, tutto si controlla a monte per evitare problemi a valle».

Ottimizzazione dei cicli produttivi (per un sempre maggiore ri-

sparmio energetico), automatizzazione delle cucine prodotti e dei coloranti (per ridurre gli sprechi), ripetibilità dei processi e limitazioni alla manipolazione manuale delle sostanze chimiche hanno fatto il resto. La sostenibilità fa dunque parte della cultura aziendale di quest’azienda anche perché, sottolinea Michele Tronconi, «sembra che il rispetto dell’ambiente lo si scopra solo ora, ma è da circa tre anni che l’Unione europea ha indicato il tessile come il settore che ha il maggior impatto sull’ambiente dopo il petrolchimico. E questo vale anche per l’eco-design: all’interno del nostro piccolo gruppo, studiare un prodotto dalla sua nascita al suo consumo, quindi al suo possibile riuso, è ormai una prassi».

VISIONE INTEGRALE DELLA FILIERA, PERCHÈ È IMPORTANTE DOVE E COME PRODUCI

Quando dice “a monte”, Michele Tronconi si riferisce anche all’intera filiera dei fornitori dell’azienda di Fagnano Olona: «Il mondo della chimica è fatto soprattutto di grandi aziende, e noi ci affidiamo a loro per ottenere prodotti sempre più raffinati e certificati ed evitare l’uso di prodotti tossici o nocivi». È la filiera, infatti, ad aiutare Michele e Giuseppe a «ragionare sull’intero ciclo di vita del prodotto, perché la visione dev’essere integrale e armonizzata. Inoltre, bisogna respingere il motto dei grandi traders per cui “non è importante dove produci, l’importante è vendere ovunque”. Della moda, gli italiani sono da sempre veri protagonisti ed è proprio per questo che non possiamo permettere che alcuni prodotti importati siano venduti come se fossero stati realizzati e finiti sul nostro territorio. Ecco perché dobbiamo pretendere che tutti i Paesi rispettino reciprocità e trasparenza».

BEPPETEX SRL: COLORI ACCESI E POP PER LO SPORTSWEAR CHE CONQUISTA IL MONDO

Michele e Giuseppe Tronconi, dodicesima generazione in

azienda, nel tempo hanno portato la loro impresa all’avanguardia con un’attenzione sempre più mirata sui mercati: «Da contoterzisti, infatti, ci siamo trasformati integrandoci con una realtà commerciale – la Beppetex Srl - che propone i suoi prodotti (tessuti in cotone e in mischia per l’abbigliamento casual e sportswear che danno al consumatore un comfort maggiore) ai grandi nomi della moda. Nata nel 2006 per dare sbocco alla capacità produttiva della Gaspare Tronconi Industriale Srl, questa azienda si presenta con un logo dai colori accesi e un poco pop. In questi anni si è guadagnata nuove fette di mercato proponendo un campionario che si rinnova due volte l’anno e partecipando alle più importanti fiere del settore. Da Milano

Unica a Premiere Vision di Parigi.

GIOVANI POCHI, EPPURE QUI SI COLTIVA IL SENSO DEL BELLO

Risultati che si ottengono con una visione imprenditoriale spalmata nel tempo ma, anche, con collaboratori dotati di competenze ed esperienze per «ritagliare i prodotti sulle esigenze, sempre diverse, dei clienti. Perché a cambiare sono proprio i gusti e, di conseguenza, le richieste dei mercati: trent’anni fa la Gaspare Tronconi Industriale Srl trattava 35 mila metri di tessuto al giorno; oggi viaggiamo sui novemila composti da partite di poco più di trecento metri», ricorda Michele Tronconi. Che aggiunge: «Sembra che il settore tessile abbia poco appeal sulle nuove generazioni – più orientate allo stilismo e alla moda - e, nonostante la nostra azienda dia grande attenzione alla flessibilità, giovani interessati ne incontriamo sempre meno. Per guardare al futuro, una tradizione deve evolvere: lo può fare solo con persone che abbiano una formazione e una preparazione adeguata. Soprattutto, che abbiano passione per le cose belle e ben fatte. Qui si coltiva il senso del bello e dell’artigianalità. Conta la capacità di vedere il colore e il disegno, ma anche la mano: perché detta la misura del comfort».

MEI INTERNATIONAL SRL

Fondazione 1974

Titolari Paolo Mazzucchelli

Produzione Telai a getto d’aria o a pinza per etichette tessute

Indirizzo Via Rovereto, 14 Gallarate (VA)

Contatti Tel. 0331 285211 info@meilabel.it

Mei International Srl: «Andiamo nel mondo perché il cliente è sacro»

Si consiglia di dotarsi di mappamondo: è quello che si dovrebbe fare una volta superata la soglia della Mei International Srl di Gallarate. Nata nella prima metà degli anni Settanta, sul mercato da 45, nel 2022 ha portato il fatturato estero all’84%. Grazie ai suoi telai a getto d’aria o a pinza - con i quali si realizzano etichette tessute per la moda da applicare su capi d’abbigliamento e accessori - certificati e brevettati, unici e altamente tecnologici che puntualmente raggiungono India e Bangladesh, Pakistan e Brasile, Messico e Colombia. Perché, dice l’amministratore delegato Paolo Mazzucchelli, «è meglio andare per il mondo che guardarsi allo specchio. E convincersi che tutto giri intorno a noi o che altrove vada tutto bene: gli italiani devono credere di più in loro stessi perché il sistema delle imprese funziona». Però, la realtà ormai globalizzata chiede alle aziende, di tutte le dimensioni, di reagire prontamente ad una competizione sempre più serrata: «Quello che si decide oggi nei quattro angoli del Pianeta lo si sa subito dopo». Miracolo dell’interconnessione e della comunicazione in tempo reale. Che chiede anche attenzione ai principi ESG: «Ci stiamo attrezzando anche su questo, e abbiamo deciso di redigere il nostro primo Bilancio di Sostenibilità nel 2025».

DALL’AZIENDA, NEL MONDO:

OGNI RICHIESTA DEL CLIENTE È LEGGE

Ma studiare, progettare, sviluppare e produrre un telaio – seppur inimitabile – non è una garanzia sufficiente per resistere

sui mercati. Ancora Mazzucchelli: «Per noi, ogni richiesta dei clienti è sacra. E’ legge. E’ per questo che la Mei assicura servizi di installazione, messa in servizio delle macchine, soluzione ad ogni problema, assistenza post-vendita (pezzi di ricambio e accessori) e formazione a chi dovrà operare sui telai». Una fra le soluzioni, ampiamente collaudata, è la video-call attraverso un tablet che viene installato sul pannello di controllo delle macchine: «I nostri collaboratori sono in grando di guidare passo-passo l’operatore all’estero. Ma la consulenza telefonica è altrettanto apprezzata: dalle sei del mattino fino a mezzanotte (ci avvaliamo anche dei nostri tecnici stranieri) e il sabato si chiude a mezzogiorno. In pratica, aiutiamo i clienti ad ottenere i risultati che vogliono». Viaggiando. Nel giorno stesso di questa intervista, dei 25 dipendenti diretti che occupa la Mei International se ne contano pochi. E una ragione c’è: «Due sono in Marocco, altri due nel Veneto, uno in Messico e uno in Colombia. Oggi, oltre 500 stabilimenti tessili per etichette in tutto il mondo utilizzano macchinari Mei, per un totale di oltre 3.500 macchinari in funzione».

ATTENTI AI BRICS: SI RISCHIA DI GIOCARE UNA PARTITA

20 CONTRO UNO

Nel mondo si va anche per contrastare i Paesi asiatici. Perché se da un lato la produzione di abbigliamento e moda - non solo

in Italia - è sempre in crescita, dall’altro è la concorrenza sleale di alcune nazioni, in prima battuta la Cina con le politiche di dumping, a costringere le imprese italiane ad una corsa contro il tempo. L’amministratore delegato della Mei International lo dice a chiare lettere: «In Italia ci sono decine di settori considerati strategici, ma la politica dovrebbe fare delle scelte in questa direzione: la mancanza di una politica industriale più mirata mette a rischio le aziende perché si dà poco a tutte, ma così non si fa del bene. Inoltre, le normative che regolano il mondo del lavoro in Asia sono diverse rispetto alle nostre: sui nostri diritti acquisti non dobbiamo fare marcia indietro, ma i legislatori devono valutare – bene – la situazione che vivono gli imprenditori». Ed è una situazione che si tocca con mano: «Da pochi giorni sono tornato dall’India, dove ogni anno si laureano 3 milioni di giovani in ingegneria meccanica e informatica che vanno a creare un enorme bacino di manodopera altamente qualificata. Di fronte a questo fenomeno è come se l’Italia dovesse giocare una partita di calcio 20 contro uno. Per i prossimi duecento anni il mondo sarà, in gran parte, nelle mani dei Brics: Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica. I tanti costi che incidono sulla tenuta delle aziende italiane (un giovane tecnico con ancora scarse competenze ci costa comunque 30mila euro all’anno) mal si conciliano con la competitività a livello globale».

ANTICIPARE IL MERCATO CON IDEE E CREATIVITÀ, MA TUTELIAMO IL MADE IN ITALY

Cosa fare? «Da parte nostra abbiamo deciso di essere sempre un passo avanti rispetto a quello che gli stilisti chiederanno ai nostri clienti: per farlo seguiamo le sfilate di moda, intercettiamo le nuove tendenze e riusciamo a lavorare con mesi di anticipo rispetto a quello che arriverà sul mercato. Questo distingue da sempre gli imprenditori italiani, perché quelli cinesi – per esempio – lavorano solo secondo una logica di produttività», continua l’amministratore delegato per il quale «il Made in Italy

è un brand ancora forte ma che si deve valorizzare di più». Un brand che il mondo ci riconosce anche grazie alla creatività di imprenditori e tecnici: «Se c’è un problema da manuale intervengono tedeschi e olandesi, se si deve andare al di fuori degli schemi intervengono gli italiani: la nostra dinamicità mentale è innata e a fare la differenza sono sempre le idee».

TECNICI FREELANCE E IL PROGETTO

DI UNA SEDE IN INDIA

Ma la partita dell’economia si deve giocare. E per farlo bisogna avere i giocatori giusti. Questo è un punto sul quale si concentra Paolo Mazzucchelli: «Trovare tecnici qualificati per il meccanotessile è difficile, perché quelli validi vengono subito assorbiti dal mercato con salari anche importanti. Tempo fa sono riuscito a collocare un solo ragazzo tra i ventisette che si erano diplomati all’Istituto Statale Istruzione Superiore Keynes: tra chi prosegue gli studi, e chi non è adatto ad entrare in azienda, ne restano ben pochi. Così, in India e Bangladesh la Mei International lavora con tecnici freelance del posto legati all’azienda con contratti di esclusiva. E dico da subito, visto il discorso fatto in precedenza, che non è per una questione salariale ma di competenze reperibili: è per questo motivo che in India abbiamo l’obiettivo di aprire una nostra sede da collegare alla rete Mei International di assistenza e vendita mondiale».

GIOVANNI CLERICI & FIGLI SPA

Fondazione 1869

Titolari Mario Montonati

Produzione Nobilitazione dei tessuti

Indirizzo Viale Milano, 22 Gallarate (VA)

Contatti

Tel. 0331 793031 amministrazione@giovanniclerici.it

Mario Montonati: «Il tessile italiano è solido e forte, ma fai la differenza se sei sostenibile»

«Siamo nella seconda metà del secondo secolo di vita della Giovanni Clerici & Figli»: Mario Montonati, membro del Consiglio di amministrazione dell’azienda insieme al socio Filippo Clerici, al figlio Alberto Montonati e ad Enrico Zaro, la racconta così invitandoci nell’ufficio che fu di suo nonno Mario Clerici. Superata la soglia dei settant’anni, e dall’età di diciannove in azienda mentre frequentava l’Università Bocconi di Milano, ha lo stesso spirito di quando, a tredici anni, giocava con gli amici nei locali della produzione: «Sulle pezze impignate facevo disastri!», ricorda con lo sguardo che gli sorride. Ma sono quegli occhi a tradire, ancora oggi, un trasporto emotivo fatto di quella tenerezza che abita il passato e di quella spinta che porta al futuro: «Ho sempre avuto l’idea di lavorare nell’azienda di famiglia. Non una scelta, ma un destino: a volte penso sia stato troppo facile, ma mi è piaciuto». Piace anche ai figli? «In azienda c’è solo Alberto, laureato in Economia alla LIUC di Castellanza. Benedetta, laureata in Lingue e Letteratura straniere, lavora da Missoni, mentre mio figlio Michele – laurea alla Bocconi – è stato chiarissimo: il lavoro che si fa qui non gli è mai piaciuto. Preferisco la chiarezza ad una scelta sbagliata. Anche perché in quest’azienda non sarai mai il “figlio del padrone”».

Ed è proprio Michele ad aver posto a papà Alberto una domanda dalla quale prende il via questa intervista: «Dove ti vedi tra vent’anni?».

Una domanda impegnativa, perché se è vero che la Giovanni

Clerici & Figli è stata fondata nel 1869 - ed oggi, alla settima generazione, è ancora qui – è anche vero che Mario Montonati, anche presidente di Centrocot, preferisce essere realista: «In Italia non si coltivano fibre naturali e non si producono fibre sintetiche. Abbiamo tutto il resto, che negli anni però ha iniziato a scricchiolare: le filature soffrono e le tessiture puntano sulla qualità ma senza grossi margini. Noi, che ci occupiamo di nobilitazione, dobbiamo avere grandi spazi per contenere macchinari giganteschi che, a loro volta, hanno bisogno di energia e di tanti metri di tessuto. Ma oggi ce n’è sempre meno. Cinquant’anni fa, la Giovanni Clerici & Figli in due anni ha lavorato più di cinquanta milioni di metri: avremmo potuto fare il giro da qui all’Equatore. Ora, non se ne trattano più di 10 milioni. Però, si va su tessuti più nobili che hanno bisogno di più passaggi: dai quattro o cinque di anni fa, ora ne contiamo anche diciotto. Il fatturato cresce, ma le macchine hanno bisogno di materia prima. Tanta».

IL TESSILE ITALIANO È FORTE, PERÒ NESSUNA CERTEZZA

La domanda è sempre la stessa: dove e come andare? Un punto in fondo alla frase lo mette l’imprenditore: «Le fibre che servono non sono prodotte in Europa, ma l’Italia si riscatta perché non solo è un solido riferimento nel mondo delle griffe, ma anche in quello che è il “backstage” della Moda: il lavoro di qua-

lità lungo tutta la filiera. Il punto a sfavore è che il nostro Paese non scommette sulle imprese, non le fa crescere e lascia campo aperto ai grossi gruppi esteri. Alcuni, però, investono nelle aziende locali». La resistenza è un fatto di famiglia: «Vedete quel bue alle vostre spalle? Quella scultura ha rappresentato, per mio nonno, una motivazione continua: dobbiamo essere come quell’animale che, laborioso, sopporta la fatica e va avanti. Non ci sono certezze, ma solo decisioni da prendere». Il vecchio bilancino usato tempo fa per pesare i colori usati in tintura dà un’ulteriore spinta all’intervista: «Da quello strumento ad oggi è cambiato il mondo. Quest’azienda vive di innovazione e ricerca: senza un mix di chimica, meccanica e informatica la nobilitazione del tessuto non esiste. Quindi, siamo sì terzisti puri, ma seguiamo a livello tecnico il cliente per aiutarlo a raggiungere il miglior risultato».

IL GREEN CARPET: SENZA CERTIFICAZIONI NON

CE LA FAI

Un risultato che è anche frutto di una sostenibilità che alla Giovanni Clerici & Figli passa «dal rispetto per le persone (pari opportunità), le leggi e l’ambiente: un approccio al lavoro che è cambiato e deve cambiare. In questi ultimi cinque anni, l’accelerazione sulla sostenibilità si è fatta quasi violenta e il “red carpet” (la passerella di prestigio sulla quale ha sempre sfilato il Made in Italy) è diventato “green”. La tracciabilità della filiera, in questa azienda, è un must che passa dalle trasformazioni certificate del materiale. E gli audit, con ispettori inviati dai nostri clienti, sono sempre più frequenti. Ecco perché siamo certificati GOTS (Global Organic Textile Standard) per l’uso di fibre naturali coltivate senza pesticidi chimici di sintesi, OEKO-TEX e ISO 9001. Senza questi “biglietti da visita” un’azienda non è riconosciuta su nessun mercato. Ma per diventare sostenibile bisogna intraprendere un percorso economicamente sostenibile: non si può andare oltre il buonsenso».

SERVONO CHIMICI, MECCANICI E INFORMATICI

MA I GIOVANI PREFERISCONO IL FASHION

Quel buonsenso che dirotta il discorso sulle figure professionali che mancano al settore. Ancora Montonati: «Da tempo il mercato di riferimento non è più quello dei grossisti e del retail ma, attraverso la nostra clientela di converter, quello dei grossi gruppi e dei brand. Un’azienda come la nostra ha bisogno di preparazione, conoscenza e formazione: non facile trovare personale che possa sostituire i quindici collaboratori che se ne sono andati in pensione negli ultimi anni. Tra i giovani la produzione tessile non ha appeal e diventa attraente solo quando si parla di fashion e design. Poi, le nuove generazioni non chiedono solo un lavoro, ma anche servizi e tempo libero: una filosofia di vita che l’imprenditore deve affrontare con i giusti mezzi». I rapporti della Giovanni Clerici & Figli con le scuole sono continuativi: «Quando i ragazzi entrano in azienda restano meravigliati di come si lavora qui e le femmine hanno sempre due marce in più rispetto ai loro coetanei maschi. L’istruzione vera, però, arriva solo con l’esperienza. E noi ovviamo alla debolezza delle scuole con continui corsi di formazione interna».

Inevitabile, però, rivolgersi agli over 50: «Sono indispensabili quando si devono affrontare i picchi di lavoro – incalza Mario Montonati – ma è tutto molto difficile: persone che possono ricoprire ruolo strategici ce ne sono sempre meno, e così le imprese se le rubano».

TESSITURA MARCO PASTORELLI SPA

Fondazione 1945

Titolari

Patrizia, Roberta Piermarco e Andrea Pastorelli; Alfonso Cucchi

Produzione Tessitura (foderami e tessuti)

Indirizzo

Contatti

Viale Lombardia, 25 Gallarate (VA)

Tel. 0331 702911

mpgitaly@pastorelli.it

La nostra fortuna è quella di essere una famiglia numerosa:

ci si dà sempre una mano

Tessitura Marco Pastorelli Spa: quando la famiglia fa l’impresa

Anni Sessanta, il boom economico: l’Italia e il tessile. Una storia articolata fatta di crisi, riprese, innovazioni, collaborazioni, reti e filiere. Inciampi e rincorse. Gallarate è il centro nevralgico di un settore che conquista il territorio con una miriade di imprese disposte a macchia di leopardo. La Tessitura Marco Pastorelli Spa, specializzata dagli anni Quaranta nella produzione di fodere per abbigliamento realizzate con fibre naturali, artificiali e sintetiche, si sviluppa in questo contesto. Nella sua storia ha sempre fatto leva su una tradizione che negli anni è cresciuta con stile e con forza: quella delle imprese famigliari, della loro organizzazione interna, dei loro modelli di business e dei rapporti che stanno alla base di una solidità che ha saputo reagire agli scossoni del tempo. Alfonso, Piermarco, Roberta, Patrizia ed Andrea sono la testimonianza di un’unione che è, prima di tutto, condivisione di idee, progetti e prodotti. In una sola parola: complicità.

SIAMO UNA FAMIGLIA NUMEROSA: QUESTA È LA NOSTRA FORTUNA

L’intervista, a più voci, aiuta a capire la complessità di un lavoro quotidiano che deve tenere testa ai tanti cambiamenti dei mercati, ma anche ad entrare nel vivo di una realtà imprenditoriale che è fatta di equilibri, di attenzione ai particolari, di creatività e di relazioni continue con i clienti. A partire da Piermarco Pastorelli, che ricorda: «La nostra fortuna è quella di essere una famiglia numerosa: ci si dà sempre una mano. Lo è stato da sempre, fin dai tempi di nonno Marco e zio Carlo che, nel secondo dopoguerra, iniziano la loro attività nel commercio di fodere per abbigliamento. Nel 1961 viene costruito il reparto produttivo se-

guito da papà Antonio: nasce la Tessitura Marco Pastorelli Spa che, con il passare del tempo, diventa un punto di riferimento nel mondo della fibra tessile e delle sue tante declinazioni. In quegli anni – prosegue Piermarco - zio Maurizio segue la parte contabile, mentre zio Luigi e zio Carlo quella commerciale». La vita di un’azienda è fatta, soprattutto, di cambi di passo. Dai primi anni Ottanta ad oggi, uno dopo l’altro, figli e cugini – che da sempre hanno assorbito entusiasmo e forza di reazione da genitori e nonni – occupano i posti strategici dell’attività: Alfonso, Piermarco e Andrea, quarta generazione, sono sul fronte commerciale; Roberta - con papà Antonio - si occupa della produzione, mentre Patrizia segue - con papà Maurizio - tutto ciò che è amministrazione e certificazioni. Anche legate alla sostenibilità.

IL CAMBIO DI PASSO CHE PORTA NEL MONDO E AI BRAND

DI LUSSO

E si cambia un’altra volta, perché è il mondo a cambiare. La parola passa ad Alfonso Cucchi: «I tempi in cui si servivano solamente tessutai, mercerie e sartorie sono lontani. Ed è proprio negli anni Ottanta che cambia l’approccio della Tessitura Marco Pastorelli Spa, con una proposta di prodotti in grado di soddisfare una clientela sempre più industriale ed internazionale, fatta anche da brand medio-alti e del lusso. Così, l’aspetto commerciale si sposta gradatamente verso nuovi mercati. È questo che ci

permette di crescere e di sviluppare prodotti che siano sempre all’altezza. L’Italia, all’interno del settore, ricopre ancora un ruolo sostanziale perché tanti brand producono sul nostro territorio».

IL MANTRA DELLA SOSTENIBILITÀ: QUALITÀ, FORMAZIONE, CERTIFICAZIONI E COMUNICAZIONE

Le parole “crescita e sviluppo” ritornano spesso in questo confronto con Patrizia Pastorelli, che sottolinea: «Tutti noi siamo cresciuti con il principio della sostenibilità, perché è parte integrante del nostro lavoro così come ci hanno insegnato nonni e genitori. Il nostro impegno non si è limitato a comunicare ciò che facciamo, ma anche a cercare di farlo con una professionalità sempre maggiore, testimoniato inoltre dalle certificazioni ottenute: OEKO-TEX (contrassegna i prodotti che non presentano rischi per la salute dei consumatori), ZDHC - Zero Discharge of Hazardous Chemicals (adotta principi di trasparenza e di gestione delle sostanze chimiche e si concentra sulle industrie tessili, tintorie, conciarie), GOTS - Global Organic Textile Standard (certifica il contenuto di fibre naturali da agricoltura biologica, il mantenimento della tracciabilità lungo l’intero processo produttivo ed il rispetto di criteri ambientali e sociali in tutte le fasi della filiera produttiva), FSC (certifica la provenienza e la gestione della fibra secondo un regolamento internazionale ambientale e sociale) e RCS (garantisce che la materia prima sia riciclata). Inoltre, nel settore tessile fino a qualche anno fa non esisteva la figura del Chemical Manager interno. Si tratta di investimenti, anche sulle competenze e sulla formazione specifica, che danno tranquillità. È da sempre fondamentale il coinvolgimento e la partecipazione di tutti i collaboratori per il successo aziendale».

PASSIONE E PROFESSIONALITÀ NELLA REALIZZAZIONE DEL PRODOTTO

Andrea Pastorelli parla con l’entusiasmo della gioventù, e por-

ta in superficie i pericoli che corre un settore dove è sempre più difficile trovare istituti scolastici tecnici per dare continuità. «Affiancato dal nonno ho iniziato come meccanico sui telai imparando a conoscerne il funzionamento, come nasce un tessuto e la sua costruzione. Il tutto con passione, costanza e dedizione –racconta il giovane -. Oggi, questo mi permette di poter rispondere alle richieste dei clienti - sia per qualità merceologiche che per tempistiche produttive - con l’obiettivo di ottenere un tessuto ben fatto. Il mio augurio è che i giovani si appassionino al tessile capendo da dove si parte e cosa si deve fare per ottenere una fodera, un tessuto o un bottone. Il punto è questo: non bisogna guardare alle “maniche lunghe o corte” perché di moda, ma ai dettagli e a tutto quello che ci sta dietro».

FAZZINI SRL

Fondazione 1976

Titolari Marco e Paolo Fazzini

Produzione Produzione di biancheria per la casa

Indirizzo

Contatti

Via Alessandro Volta, 69 Cardano al Campo (VA)

Tel. 0331 262693 fazzini.seller.esp@t-data.it

Se

le scelte importanti vanno fatte con la testa, alla fine ciò che conta è il cuore

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Fazzini Srl:

il brand “italian style” che nasce dal cuore

Due famiglie, due imprese, una storia tutta da raccontare. Nelle parole di Maria Alberta Zibetti Fazzini, CEO della Fazzini Srl, si ritrova tutto il dinamismo di una donna che ha affrontato eventi drammatici (la scomparsa prematura del marito Stefano, nel 1992, quarantaseienne) e vissuto grandi scosse creative. Nella sua voce, i toni sereni si mischiano alle tinte romantiche di chi ha saputo governare un’azienda senza alcuna esperienza se non quella respirata nel ricamificio di famiglia, fondato nel 1905 e al quale si sono rivolti, negli anni, Armani, Valentino e Versace. Ma se di famiglia bisogna parlare, quella di Stefano Fazzini dice tanto altro perché attiva nel tessile per l’abbigliamento dal 1942.

SCELGO CON LA TESTA, MA CIÒ CHE CONTA È IL CUORE

Maria Alberta Zibetti Fazzini è una sognatrice che ha saputo realizzare i suoi sogni trasformando l’immaginazione in alcune fra le più belle creazioni del Made in Italy: «Laureata in Lettere, ho insegnato alle Scuole Magistrali per sedici anni – dice -. Poi è accaduto l’inimmaginabile e in quel 1992 ho fatto un salto nel buio con due figli da crescere: Marco aveva diciassette anni (laurea in Filosofia) mentre Paolo nove (è laureato in Economia, proprio come papà Stefano). Ho rischiato tutto da sola, ma sono convinta che se le scelte importanti vanno fatte con la testa, alla fine ciò che conta è il cuore. Non sapevo nulla di Economia e Diritto, ci ho messo entusiasmo e passione, ho usato le mie conoscenze di Storia dell’Arte. Così, le nostre prime stampe in digitale – realizzate alla Stamperia Olonia - riproducono i dipinti più famosi degli Impressionisti. Da allora, tutte le nostre collezioni presen-

tano una narrazione: il rapporto tra l’uomo e la Natura, oppure pietre e pigmenti. Qui non si ragiona in termini di coordinato per la biancheria per la casa, ma di prodotti coordinabili».

IMPRENDITRICE? NON È STATO FACILE, MA NEPPURE IMPOSSIBILE

Imprenditrice? «Non è stato facile – racconta ancora Maria

Alberta Zibetti Fazzini - ma nemmeno impossibile. Perché ho sempre pensato che ogni impedimento porta giovamento. Per esempio, essere donna dotata di una certa sensibilità è stato più un vantaggio che uno svantaggio. Rispetto, convinzione e tenacia sono sempre stati i miei punti di riferimento».

In tutto questo, però, conta anche l’organizzazione: «Mio marito non ha mai pensato ad un’azienda verticale. Fin dai primi tempi la Fazzini contava al suo interno i processi di ideazione prodotto, taglio e commerciale. All’esterno si concentravano la nobilitazione del tessuto e le confezioni. Una filiera, quella del nostro territorio, che proprio in quegli anni Novanta puntava ad una grande valorizzazione. Questa organizzazione funziona ancora oggi, perché il Made in Italy è un brand di sostanza e in Italia ci sono le migliori tintorie e stamperie. Così ci siamo fatti conoscere in un mondo fatto, soprattutto, da grandi industrie tessili e abbiamo conquistato nuovi clienti come La Rinascente di Milano».

MARCO FAZZINI: ECCO COME L’AZIENDA È DIVENTATA

UN VERO BRAND

Leader sul mercato italiano nella produzione di biancheria per la casa (letto, bagno, art de la table…), la Fazzini Srl conta trentacinque dipendenti (venti donne e quindici uomini), una rete di 750 punti vendita su tutto il territorio nazionale, la presenza nei Centri commerciali di Arese, Orio Center e Carosello e una piattaforma di e-commerce: fazzinihome.com. La parola passa a Marco, che in azienda dal 2000 segue i mercati italiano ed esteri, l’acquisto dei filati greggi, l’amministrazione e la parte finanziaria. Dopo la laurea, e un Master all’Università Bocconi sulle Pmi, la sua vita – e l’impresa – cambiano: «Dico sempre che c’è un prima e un dopo quel famoso Master». La rivoluzione parte da qui: «La raccolta, l’analisi e l’uso puntuale dei dati per poter scegliere in modo consapevole le nuove strategie aziendali: è così che la Fazzini Srl da fornitrice della Grande distribuzione passa al dettaglio specializzato e alle boutique. Diventiamo un vero brand. Una follia? Lo è stata, perché abbiamo deciso di darci in tutti gli aspetti la fisionomia di un brand di alto profilo in un momento in cui il mercato già abbondava di brand noti», racconta Marco Fazzini.

LE TRE SFIDE ALLA BASE DEL SUCCESSO

Tre sono le sfide lanciate dal giovane sulle quali si lavora successo dopo successo: «Credersi un marchio, aprire alcuni negozi monomarca - a partire dal flagship store di Milano nello storico quartiere di Brera (con format ideato da uno studio di architettura, oggi se ne contano tredici in tutta Italia, dieci in gestione e due in franchising, nei principali Centri commerciali) - e rafforzare le vendite all’estero. Un obiettivo non facile perché «le misure della biancheria sono diverse da Paese a Paese, ma tutte le nostre collezioni seguono le tendenze moda e ci concentreremo sulle realtà più ricettive. Negli Stati Uniti abbiamo aperto una Fazzini Corporation ed una piattaforma

di presa ordini», chiude Marco. Ad oggi, però, l’azienda lavora bene con la Svizzera (sta cercando di entrare nei negozi al dettaglio) e con la Germania. Inoltre, è presente nelle boutique di Hong Kong e Taiwan.

PAOLO FAZZINI: ESPERIENZE DI LIFESTYLE SOSTENIBILI

PER SCELTA

Paolo Fazzini entra in azienda cinque anni dopo il fratello e, una volta laureato, segue un Master alla Bocconi in Marketing e Comunicazione. Partiamo dal lifestyle: «Colori, ricami, abbinamenti e dettagli di design sono la nostra firma, ma a questi mancava il profumo: da qui l’idea di realizzare una collezione di fragranze per la casa create con la collaborazione di Hangar Design Group, che nel 2018 si è aggiudicata il Premio internazionale del design “IF Design Award”. La sostenibilità? È direttamente legata alla durabilità del prodotto». Risale al 2008 il marchio Ecolabel, che Fazzini applica a tutte le sue collezioni - «ce l’ha indicata Esselunga, nostro primo cliente per la biancheria per la casa», racconta Paolo – diventando l’unica azienda tessile in Italia a vantare l’etichetta europea. Ancora il giovane: «Ecolabel attesta che il prodotto ha un ridotto impatto ambientale nel suo intero ciclo di vita, garantisce l’assenza di elementi tossici e certifica anche il rispetto delle norme etiche. Tutta la nostra filiera – confezionisti, tintori e stampisti – rappresentano la massima specializzazione nei loro settori e sono conformi agli obblighi di legge».

CONTAMINATION FREE E CARTA CERTIFICATA, MA AN-

CHE RICICLO E RISPARMIO ENERGETICO

La Fazzini Srl, però, non si ferma qui. Ancora Paolo: «La Metro ci aveva richiesto la certificazione BRC (Brand Reputation Compliance) anche se destinata al solo Food: di questa abbiamo mantenuto i Protocolli. I nostri imballi sono ridotti nel volume, nella composizione e sono realizzati con carta certificata IFC

e plastica Ftalati-Free; tutto il cotone utilizzato è “contamination Free” (come Fazzini controlliamo che vengano rispettate anche condizioni di lavoro socialmente responsabili) e poi c’è il lino, materia prima sostenibile in natura. Gli scarti prodotti vengono venduti per poter essere riciclati». Anche l’attenzione sul fronte del risparmio energetico è alta: nel 2016, l’azienda sostituisce l’intero sistema di illuminazione con Led A+ riducendo del 50% il consumo annuale di energia, un anno dopo viene rinnovata la centrale termica per ridurre le emissioni di CO2, mentre nel 2022 è stato installato un nuovo impianto fotovoltaico.

FIMOTEX SRL

Fondazione 1983

Titolari Luca, Matteo e Marco Mottin

Produzione Finissaggio e nobilitazione di tessuti

Indirizzo Via Turbigo, 6 Castano Primo (MI)

Contatti Tel. 0331 883272 info@fimotex.it

Fimotex

Srl: «Siamo imprenditori perché ci piace sognare»

C’era una volta…il boom della maglieria. E quel boom i fratelli Luca, Matteo e Marco Mottin decidono di cavalcarlo secondo la migliore tradizione imprenditoriale italiana: nel 1983 montano due macchine circolari in taverna per produrre tessuto di tipo felpa, la voglia di arrivare non manca, le idee partono a raffica. Senza mai fermarsi. E nel 1987 ecco il primo colpo di coda: da Lonate Pozzolo si trasferiscono a Castano Primo, sede attuale della Fimotex Srl, e spingono sull’acceleratore. Alla lavorazione del tessuto affiancano un settore di finissaggio (sul quale investono gradatamente negli anni in linea con le ultime innovazioni tecnologiche) e, nel 2011, nasce una piccola tintoria per lavaggi e candeggi. L’impresa, riconosciuta per le sue competenze nel conto terzi, diventa un punto di riferimento per tutti coloro che chiedono il trattamento di felpa, costine, pile, piquet, punti milano, jaquard, ottoman, maglia per materassi, jersey, spugne. E tessuti anche a navetta. Per i settori della Moda, dell’arredamento (casa e hotel), dell’automotive e minerario.

LA PASSIONE PER IL TESSILE? EREDITATA DALLO ZIO

Parla Luca Mottin: «In realtà, nessuno di noi ha mai avuto una vera passione per il tessile. Lo zio lavorava nel settore, ma nostro padre Celestino era veterinario. E nessuno dei tre ha mai dimostrato una grande voglia di studiare. Voglia di fare, invece, tanta. La spregiudicatezza della gioventù ha fatto il resto, ma anche l’esempio di papà. Che ha scelto quella professione anche perché, in fondo, desiderava tanto avere una macchina. E per tutta la vita ha guidato una Renault 4. Noi fratelli abbiamo

fatto lo stesso: grandi appassionati di catamarano, per potercelo permettere abbiamo lavorato anche ventiquattro ore al giorno. E per dare la scossa giusta alle nostre motivazioni, ogni tanto buttavamo l’occhio su un dépliant». Così i Mottin hanno dato vita ad un’impresa che, oggi, lavora quasi esclusivamente per il mercato italiano, con alcune richieste dalla Repubblica Ceca su tintoria e finissaggio, grazie a macchinari che sono i migliori in circolazione.

ACQUE, FUMI, ENERGIA ED IMBALLAGGI:

QUANDO IL BUSINESS È ETICO

La Fimotex è una realtà consolidata che si sviluppa su 10mila metri quadrati, conta quaranta dipendenti con un’età media di trentacinque anni e si fa forte di un impegno sulla sostenibilità che l’ha portata a risultati eccellenti. E dall’ambiente si parte, perché a questo si fa sempre ritorno: le direttive europee su tutto ciò che è sostenibile interessano da vicino proprio il settore tessile. L’impresa, che sta costruendo il proprio futuro anche attraverso lo sguardo attento e l’irrefrenabile passione di Christian Mottin, figlio di Matteo e nipote di Luca, da dieci anni vigila su tutto ciò che può dare un impulso alla sostenibilità. E investe nel trattamento e recupero delle acque e dei fumi, nell’energia e negli imballaggi per coniugare business ad etica. Perché le acque, prima di essere smaltite, sono trattate

con un impianto che un tempo era chimico-fisico ed ora funziona con filtro a carboni attivi; le particelle d’olio delle tre linee di finissaggio vengono catturare da un insieme di sezioni di elettro-filtri con la dispersione in atmosfera del vapore residuo (fumi); i vecchi motori della centrale elettrica sono stati sostituiti da motori MAN di ultima generazione ad alto rendimento energetico e a basse emissioni. E grazie all’energia recuperata la Fimotex Srl ha ottenuto i certificati bianchi attraverso l’installazione di un impianto di cogenerazione. La plastica? L’attenzione è alta anche su questo fronte, e in azienda gli imballi degradabili sono già realtà.

CON LE CERTIFICAZIONI RESTIAMO SUL MERCATO

E TROVIAMO NUOVI CLIENTI

Ma in tutto questo, un ruolo sostanziale lo giocano le certificazioni. Strumenti sui quali Confartigianato Imprese e Territorio si è concentrato più volte in occasione di questo viaggio nel settore tessile. La dichiarazione ambientale GRS e lo standard

OEKO-TEX sono fra i più utilizzati. E questo accade anche alla Fimotex Srl, perché il primo assicura il mantenimento della tracciabilità lungo l’intero processo produttivo, le restrizioni nell’uso dei prodotti chimici ed il rispetto di criteri ambientali e sociali in tutte le fasi della filiera, mentre il secondo è un sistema di controllo e certificazione per le materie prime, i semilavorati e i prodotti finiti del settore tessile ad ogni livello di lavorazione. «Un impegno burocratico – racconta Luca Mottin – che però si è dimostrato importante. Perché le certificazioni ci sono richieste direttamente dalle imprese con le quali lavoriamo e perché questa compliance ci ha permesso di mantenere i vecchi clienti, restare sul mercato e trovarne di nuovi».

UN IMPRENDITORE LAVORA ANCHE PERCHÈ GLI PIACE

SOGNARE

La strada verso il futuro è tracciata, e a percorrerla è Christian

Mottin. Che dice: «Il mio obiettivo principale è quello di mantenere salda la nostra presenza sul mercato e puntare su prodotti sempre più competitivi. Il vero problema, nel settore dell’abbigliamento, è la scarsità di materia prima disponibile. Turchia e Cina, due fra i maggiori competitor delle aziende italiane, lavorano invece con costi più che ridotti e riescono a trattare tonnellate di materiale». Punto di forza della Fimotex Srl, però, è il pensiero dei titolari: «Non ci pensiamo come un’industria, ma come una sartoria – interviene nuovamente Luca -. Ed è per questo che abbiamo superato le tante crisi del settore diversificando e investendo anche in spazi sempre più grandi e nuovi: lo facciamo da quarant’anni. Questa visione, che interessa anche la crescita dimensionale dell’azienda, allontana la delocalizzazione e ci ha portato ad una capitalizzazione sulla quale scommettere in ogni momento». Un impegno quotidiano che ad alcuni potrà sembrare romantico, ma che per la famiglia Mottin è tremendamente pratico: «Tutti noi lavoriamo perché ci piace sognare».

RIMOLDI & CF SRL

Fondazione 1881

Titolari Stefania Pastorello

Produzione Macchine da cucito

Indirizzo

Corso Cristoforo Colombo, 46 Gallarate (VA)

Contatti Tel. 0331 750722 info@rimoldiecf.com

I nostri macchinari hanno una durata di circa quarant’anni, e una volta ricondizionati possono durare altrettanto: si tratta di un business nel business

Rimoldi & CF: l’azienda che dà i punti alla Moda

Antonio Pastorello è un tornado. Ancora oggi, che potrebbe meritarsi il buon tempo della pensione, è il ritratto perfetto dell’imprenditore: forza, grinta, passione e quella sana impazienza che non lo fa mai sentire «arrivato». A capo della Rimoldi & CF, ora con il ruolo di responsabile commerciale, nella sua vita ha sempre avuto due punti di riferimento: «Flavio Montagnoli, genio del disegno tecnico e meccanico, che ha studiato le migliori macchine e risolto problemi per altri irrisolvibili alla CF Italia (deceduto prematuramente) e Suor Laura Girotto: lei mi ha insegnato a confidare sempre nella Provvidenza». Ma anche a trasformare gli imprevisti in opportunità. La vita di Antonio Pastorello ne è piena: “garzone di bottega” e, poi, tecnico riparatore di macchine per cucire nell’azienda di Carlo Ferrazzi; la chiusura dell’azienda e l’assunzione alla Bianchi Marè; le prime macchine nella cantina di casa; il vecchio titolare che decide di riprendersi l’azienda e gli propone di diventare socio al 33% con Duilio Montagnoli (papà di Flavio) e sua figlia Iole. E poi il lavoro giorno e notte (sabato e domenica compresi) e l’acquisizione, nel 2004, dello storico brand Rimoldi di Busto Garolfo. Azienda fondata nel 1881 da Virginio Rimoldi, che si inventa la prima macchina da cucire ad uso industriale.

Nasce la Rimoldi & CF: due anni dopo arriva la grande crisi del tessile. Oggi? «Sono tornato ad essere “garzone di bottega” –ricorda l’imprenditore - perché mi metto al servizio di mia figlia Stefania, CEO dell’azienda, e dei nostri collaboratori: la mia esperienza tecnica e commerciale è tutta per loro».

CICLISMO E GOLF: STEFANIA “NON LA FERMA NESSUNO”

Centoquarantatre anni di storia che valgono come oro: dai mille dipendenti della Rimoldi, poi scesi a cento, oggi quest’azienda di Gallarate ne conta trenta. Ed è un punto di riferimento in tutto il mondo per quanto riguarda le macchine per cucire a punto-catenella (punti ornamentali) per le confezioni di intimo, corsetteria, collant, casual, abbigliamento da lavoro, jeans, biancheria per la casa, pelletteria, maglieria esterna e seamless (capi senza cuciture a contatto con la pelle). Soprattutto per lo sport d’alta gamma: ciclismo e golf.

Con una laurea in Economia e Commercio alla Bocconi di Milano, stage nella grande distribuzione e un lavoro con Carla Sozzani nell’alta moda, Stefania Pastorello entra in azienda all’età di 26 anni: «Inizio dall’Ufficio acquisti, il più problematico: nessuno mi parlava. Poi ho imparato la meccanica ed ora conosco l’azienda a trecentosessanta gradi. Rifarei tutto da capo». Un entusiasmo contagioso che porta suo padre Antonio a dire: «Mia figlia non la ferma nessuno».

GLI “IMBIANCHINI DELLA FILIERA”: DAL TRAINING AL REVAMPING

Un successo che si fa forte di alcuni punti fermi introdotti già negli anni Settanta da papà Antonio: la pianificazione e preparazione di impianti completi di produzione, il training del perso-

nale che dovrà utilizzare le macchine affidato a professionisti altamente specializzati, la gestione dei prodotti dal pre al post vendita, la disponibilità dei pezzi di ricambio (il magazzino ne conta ottantamila) entro 24 ore in tutto il mondo, materie prime cento per cento Made in Italy e il ricondizionamento delle vecchie macchine che pesa in questo momento storico per l’80% sul totale delle vendite dell’azienda.

Sottolinea, Stefania: «I nostri macchinari hanno una durata di circa quarant’anni, e una volta ricondizionati possono durare altrettanto: si tratta di un business nel business. Ci consideriamo gli “imbianchini della filiera”: arriviamo quando c’è la struttura, ma mancano ancora i dettagli».

IL DUMPING CINESE TOGLIE LUCE ALLE STELLE

Senza mai intaccare la qualità, la Rimoldi & CF ha un altro punto di riferimento: le stelle. Lo racconta la CEO dell’azienda: «Virginio Rimoldi aveva battezzato la sua prima macchina, brevettata, “Stella A”. Noi abbiamo proseguito la tradizione dando alle nostre macchine di riferimento i nomi di Gemini, Libra, Fenix, Sirio, Vega, Altair».

Concorrenti? «Ne abbiamo parecchi: i più agguerriti sono in Cina, Giappone e Taiwan. Nei Paesi asiatici si registra un calo di produzione di circa il 30%, ma dalle loro aziende escono duemila macchine al giorno. Nel nostro caso, il prodotto customizzato per il mercato di nicchia e del lusso offre un valore aggiunto alla qualità. Comunque, anche in Europa è tutto fermo: noi lavoriamo soprattutto per rivenditori multimarche e confezionisti finali, e questo è il peggior momento degli ultimi quarant’anni». Nonostante il vero problema resti il dumping cinese, l’azienda ha clienti asiatici che chiedono solo macchine targate Rimoldi». La nota positiva: «Negli ultimi anni c’è stato un ritorno della produzione tessile in Italia, anche nel gallaratese».

I GIOVANI IN AZIENDA E IL FUTURO IN AFRICA

Ancora Stefania Pastorello: «In azienda l’età dei collaboratori

va dai trenta ai cinquant’anni. E i dipendenti più maturi sono preziosi perché hanno una grande esperienza: per imparare ad assemblare una macchina per cucire ci vogliono circa vent’anni. Chi è già in pensione, spesso ritorna con un contratto a tempo determinato. Durante la pandemia ho investito su nuovi macchinari: tutti i miei collaboratori imparano a gestire lavorazioni diverse e devo dire che a stupirmi sono proprio le nuove generazioni».

Due sono gli ingredienti che la CEO mette nella pentola del futuro: organizzare un Ufficio Risorse Umane interno e aumentare il lavoro con il Continente africano. Aggiunge, Stefania: «Lì ci lavoriamo da sedici anni: abbiamo installato cinque sale taglio per abbigliamento classico e sportivo per l’esercito. Il mio ruolo è di capo commessa con brand Rimoldi. Prossimamente, invece, parteciperò ad un bando sullo studio e produzione di calzature. Però, ho proposto anche una linea per la produzione di materassi. Tutto questo grazie a sinergie e partnership con aziende italiane leader nel loro settore».

In ultimo, un invito: «Sono orgogliosa di essere italiana e proprio per questo penso che, ormai, sia venuto il momento di puntare ad una vera rinascita e di riportare quelle vere eccellenze italiane che ancora sono rimaste nei Paesi esteri. Ecco, vorrei che questo fosse un punto di riflessione con chi si appoggia esclusivamente ai mercati asiatici».

TESSITURA ENRICO SIRONI SAS

Fondazione 1892

Titolari Clemente Sironi

Produzione Tessitura

Indirizzo Via Cappuccini, 50 – Gallarate (VA)

Contatti Tel. 0331 260547 info@sironienrico.it

Clemente Sironi: «Il lino? Costoso ma sostenibile per natura. E dopo 130 anni siamo ancora qui»

La selezione dei mercati è a volte spietata, la salvezza non si trova in ricette standard o globali, ma il settore tessile è ancora un punto di riferimento. La Tessitura Enrico Sironi concentra le proprie forze sull’unione tra lavorazioni d’eccellenza, know how d’annata (quando con questa parola si intende l’esperienza unica dei collaboratori moltiplicata per gli anni di attività in azienda) e la relazione, sempre più stretta, tra titolare e collaboratori. Un mix, che sfocia in un marketing meno scientifico ma molto funzionale, che si traduce in una sola parola: nicchie. Quelle dei mercati. Quelle che danno la spinta. Quelle che chiedono la fibra naturale più naturale che c’è, il lino. E quelle che hanno traghettato questa tessitura, nata nel 1892 per mano del bisnonno di Clemente, Enrico Sironi – uno dei diciassette figli di Giuseppe fu Gaspare - ai giorni nostri. Il mare, negli anni, si fa sempre più mosso. E se di selezione non si può parlare, il ridimensionamento c’è stato: dai duecentosessanta dipendenti degli inizi si è passati ai settanta, ai quaranta e poi ai venti di oggi.

COME LA MODA, ANCHE LA STORIA È UNA QUESTIONE DI GUSTO

Storia articolata, nella quale rami famigliari e rami d’azienda vanno di pari passo: Enrico e la moglie Angioletta danno il via ad un’attività che, da subito, si concentra sulle fibre naturali per eccellenza. I figli Luigi e Carlo avanzano con mano sicura, i nipoti Franco e Carlo e i cugini Luigi e Felice tengono il timone

dritto, il pronipote Clemente mantiene la rotta. Tutto, in questa impresa, porta i segni del territorio che la ospita: a Gallarate, la casa Sironi si trovava in Piazza Grande (oggi Piazza della Libertà), il primo opificio viene aperto in via Borghi, i magazzini e il finissaggio in via Magenta e, negli anni Sessanta, ecco la sede definitiva in via Cappuccini, sede della produzione dal 1923. «La famiglia Sironi – dice il titolare Clemente Sironi – rappresenta la metà del mio Dna tessile gallaratese, ma anche Luigi Bertani, mio bisnonno da parte di nonna paterna, ha lasciato la sua impronta come promotore dell’Associazione Cotoniera Italiana».

Un’impresa a tal punto legata al suo territorio da meritarsi uno spazio sulle confezioni del suo prodotto più iconico: «E’ così, perché la casa Sironi è rappresentata sulle scatole e sui sacchetti nei quali trovano posto gli Amaretti di Gallarate». Una questione di gusto, proprio come lo è la Moda.

LA SCOMMESSA VINTA: SOSTENIBILI DA SEMPRE, HO INVESTITO SUL “PASSATO”

Una questione anche di sostenibilità, in tempi non sospetti. Un concetto, questo, che Clemente Sironi sottolinea più volte: «Da sempre l’azienda lavora lino e canapa. Poi, si è concentrata solo sul primo: una pianta “ecologicamente pura” perché cresce spontaneamente, non richiede di essere bagnata e non serve l’uso di anticrittogamici. Durante gli anni della guerra abbiamo

fornito l’esercito, ed ora produciamo soprattutto per il settore dell’arredamento e della biancheria per la casa: lenzuola, tovaglie, asciugamani. Il foderame è stato abbandonato molti anni fa». Ma l’abbandono, leggasi passaggio generazionale, non ha colpito l’imprenditore che, dice, «ho sempre respirato aria d’azienda e, in totale libertà, dopo il diploma da ragioniere e il servizio militare ho deciso di appartenere a questa storia. Per una ragione, che semplice non è ma che mi ha sempre affascinato: dimostrare al mondo che un’azienda, seppur vecchia, potesse ancora avere una sua logica e continuare a dire la sua nel mondo del tessile. A patto di sapersi adattare alle esigenze dei mercati». Così è: dagli anni Cinquanta la Tessitura Enrico Sironi aderisce tramite la sezione LINO al Sistema Moda Italia, alla Confederazione Europea Lino e Canapa “ALLIANCE” ed al Club Masters of Linen. Per contrassegnare i suoi tessuti con il marchio internazionale che garantisce l’utilizzo di lino di filiera 100% europea.

IL LINO: CATENE CORTE E FILIERE CUSTOMIZZATE PER FARE MARGINE

La vera eredità, non solo imprenditoriale ma anche spirituale, lasciata dal patriarca alle nuove generazioni è stata soprattutto una: il lino. L’80% della produzione della Tessitura Enrico Sironi, oggi, è legata a questa materia prima. Nel 1983, quando Clemente entra in azienda, la percentuale si aggirava sul 35%.

La domanda è mossa dalla curiosità: perché non il cotone? Risposta dai contorni economici: «Si tratta di una fibra che, negli anni, è stata massificata. Restare sul mercato è sempre più difficile, perché la redditività è bassa e la concorrenza sempre più alta. Il lino, invece, rappresenta lo 0,2% del mercato mondiale delle fibre tessili. si tratta di un filo fragilissimo, non facile da lavorare, e costoso: un chilo costa mediamente venti euro contro i cinque del cotone. E’ anche per questo che le quantità che trattiamo sono più artigianali che industriali, ma le cate-

ne corte di approvvigionamento, una filiera di clienti per i quali personalizziamo ogni singolo prodotto e la capacità di industrializzare i processi anche su minime quantità ricompensano i nostri sforzi».

EDILIZIA, RESTAURO, DIVANI E SDRAIO.

MA ANCHE LE VELE PER L’AMERIGO VESPUCCI

Clemente Sironi ha saputo ritagliarsi i giusti spazi sul mercato nazionale: «Il lino si coltiva in Francia, Belgio, Olanda e in alcune parti dell’Irlanda, ma i più grossi tessitori sono italiani. E il lino ha mille applicazioni: noi lo usiamo per realizzare anche articoli tecnici quali tele-filtro per i formaggi, per il rifodero degli affreschi o dipinti, per le sdraio e le tende da sole, per il consolidamento delle parti cementizie (ce li ha richiesti un’azienda impegnata nella ricostruzione nelle zone terremotate dell’Aquila), per il rivestimento dei divani e delle poltrone. E c’è una curiosità: questa tessitura ha prodotto anche le vele per la nave scuola Amerigo Vespucci della Marina militare italiana. Parliamo di 24 vele complessive, realizzate in sei pesi diversi, per una superficie di circa 2.500 metri quadrati in tela olona. Insomma, il lino è il layout della mia vita, uno stile di vita, ma devi imparare ad amarlo: ci vuole passione».

L’INNOVAZIONE QUOTIDIANA PER DARE UN FUTURO

ALL’AZIENDA

La passione, però, si lega in modo indissolubile all’innovazione: «Ogni richiesta di lavorazione porta con sé problemi particolari perché il lino è sempre diverso e ogni stelo ha una sua vita. Per fare un buon filo, devi mischiare tanti lotti con creatività e maestria». Il futuro? «Ho sessant’anni, ma spero di averne ancora quindici per coltivare questo amore nei confronti di una fibra unica». Come sta facendo Olga, la figlia di Clemente Sironi. Enrico, architetto, lavora invece a Ginevra mentre Carlo studia psicologia.

BESANI SRL

Fondazione 1969

Titolari Mario Riva

Produzione Tessuti a maglia tinti e mercerizzati

Indirizzo Via Gallarate, 50/A – Besnate (VA)

Contatti

Tel. 0331 273309 besani@besani.it

Besani Srl e la “filiera aperta”: trasparenza e sostenibilità ridisegnano la moda del futuro

Le riflessioni di Mario Riva regalano una visione dettagliata di ciò che è diventato, negli anni, il settore tessile non solo italiano ma globale. È per questo che la Besani Srl, ventisette dipendenti che a Besnate lavorano per il mondo, è una realtà vivace e all’avanguardia non solo in tutto ciò che è sostenibilità. A Milano Unica e Premiere Vision di Parigi, fiere di riferimento per il settore, l’azienda leader nella produzione di tessuti a maglia è conosciuta come ecologica: «I nostri clienti, vecchi e nuovi, sanno dove cercare tessuti oggettivamente sostenibili perché le griffe chiedono il Made in Italy e una filiera sostenibile. Quella che definisco “aperta” perché assolutamente trasparente», racconta Mario Riva, figlio di Alberto. Al papà si deve la fondazione, nel 1969 a Gallarate, della Besani Srl insieme a Pietro Besani.

NEXT INDEX: L’IMPRESA SOSTENIBILE “TUTTO IN UNO”

Ed è proprio sulla sostenibilità che Mario Riva stuzzica e incuriosisce: «La Besani Srl ha ottenuto una certificazione che racchiude, in un solo documento, tutti i criteri ESG su ambiente, sociale e politica aziendale». Esiste davvero? Sì. Tutto risale a nove mesi fa «quando abbiamo deciso di partecipare al progetto Next Index Generation. Da allora abbiamo seguito un percorso a tutto tondo sugli ESG misurandoci con alcuni indicatori con i quali abbiamo valutato tutte le nostre azioni su ambiente, luogo di lavoro, governance, clienti e fornitori, comunità. Il nostro punteggio totale è di 80 su 100».

LA SOSTENIBILITÀ È AFFARE DI FAMIGLIA E DEL SUSTAINABILITY MANAGER

Negli anni Ottanta Alberto Riva fu il primo a crederci: la qualità di un prodotto non la si misura solo in produzione. E così, la Besani Srl più di trent’anni fa si certifica OEKO TEX Standard 100 per offrire ai suoi clienti un tessuto più che sicuro a contatto con la pelle.

Nel tempo gli attestati si moltiplicano: «OEKO TEX STeP ed ETHIC-ET di Tessile e Salute garantiscono una produzione sostenibile sotto il profilo ecologico e ambientale con il monitoraggio delle filiere produttive (le nostre sono tutte certificate), mentre GRS (Global Recycle Standard) si concentra sull’uso di cotone riciclato al 20% (fibra corta riciclata post-consume mischiata a quella lunga)», aggiunge Mario Riva. Che, facendo un salto nel passato, ritorna a quel 2014 quando l’azienda sottoscrive l’impegno DETOX di Greenpeace: «L’obiettivo è quello di eliminare le sostanze chimiche dannose dalle lavorazioni interne e dalla nostra filiera. Nel 2020 ci siamo invece associati alla Better Cotton, l’organizzazione che punta a migliorare le condizioni ambientali e quelle degli agricoltori che coltivano il cotone, concentrandosi su gestione delle acque e utilizzo dei pesticidi». Ma perché tutto questo sia sempre in linea con gli impegni presi, e con ciò che chiedono i grossi brand, l’azienda ha deciso di investire su un Sustainability Manager interno.

Ancora Mario Riva: «Ogni anno spendiamo migliaia di euro per mantenere le certificazioni: i clienti, però, sono disposti a sostenere un prezzo maggiore a fronte di una qualità e di servizi sempre migliori».

I NOSTRI PUNTI DI FORZA? QUALITÀ, SERVIZIO E FILIERA. COSÌ SODDISFIAMO I NUOVI GUSTI

Ed è proprio sul servizio che si concentra l’azienda di Besnate: risposte immediate, velocità d’esecuzione e di consegna, qualità, stretta collaborazione con fornitori e clienti, adattabilità alle richieste e problem solving. Perché dal 2008 tutto è cambiato: «La crisi finanziaria ha colpito duramente i clienti di fascia bassa e media, mentre la pandemia ha lasciato strascichi su consumi e grandi marchi: dopo due anni di fermo gli acquisti sono ripresi». Anche i gusti non sono più quelli di una volta: «Le fantasie a colori uniti hanno sostituito quelle grossolane. Oggi sono molto apprezzati il micro jaquard o il micro-righe: eleganti e quasi sobri». In questo stravolgimento dei mercati, «la filiera ci aiuta a sostenere gli attacchi della concorrenza. Principalmente quella turca, che vende il tessuto ad un quarto del nostro prezzo. E poi ci sono i nostri stilisti, che studiano il mercato e le tendenze. Il nostro tesoro? Più di novanta disegni a collezione: per ciascuno esistono dieci varianti».

IL FILO DI SCOZIA CHE PIACE A CINA E SUD COREA

La fibra extra lunga del cotone, che proviene da piantagioni americane e australiane, viene trasformata in filo lavorato greggio in India. In Italia si tinge, si mercerizza per ben due volte - prima il filo e poi la pezza – e si lavora. È questo a fare la differenza nei tessuti della Besani Srl: «Consegniamo tessuti con un’ottima stabilità della dimensione sia in accorciamento che in restringimento. Una qualità altissima che supera di molto quella tolleranza del 4% richiesta da molti nostri clienti. Stiamo parlando di un prodotto di nicchia perché la nicchia è il

futuro. È per questo che i nostri tessuti non fanno e non faranno mai parte della Fast Fashion: l’80% della nostra produzione raggiungeva un target con un’età media dai 50 anni in su, anche se ora i giovani apprezzano una t-shirt prodotta con i nostri tessuti. Tessuti fatti per durare». È questo l’orgoglio del Made in Italy che viene cercato all’estero. Ma ancora prima l’azienda aveva lasciato il segno in Sud Corea e Cina: «Qui, chi lavorava in ufficio indossava una polo prodotta con Filo di Scozia. Ma questo accadeva negli anni Novanta».

LA BESANI E LA COMUNITÀ: UNA STORIA “SOCIALE”

L’aspetto sociale, in questa azienda, procede di pari passo con quello ambientale. Nel 2021 nasce la partnership con HUMANA People to People Italia e Occhio del Riciclone Cop. Sociale Onlus «per il riutilizzo degli avanzi tessili – racconta Mario Riva -. Quest’anno, invece, abbiamo aderito al progetto Eco-Tess per diffondere le buone pratiche nella raccolta differenziata dei rifiuti tessili generati dai cittadini, e nella gestione degli scarti industriali delle aziende in una logica di economia circolare che favorisca il riciclo e il riuso». Sul fronte esterno tante iniziative, ma non mancano quelle che guardano ai collaboratori dell’azienda, informati costantemente sulle azioni e sui progetti della Besani Srl e coinvolti nel proporre sempre nuove idee attraverso la “cassetta dei suggerimenti”: «In forma anonima, ciascuno può dire la sua».

BIPBIP SRL

Fondazione 1974

Titolari Lauro e Cristina Novati

Produzione Pigiami e homewear

Indirizzo Via Gallarate, 50 – Besnate (VA)

Contatti Tel. 0331 275369 info@bipbip.it

BipBip Srl: l’azienda Made in Italy che corre sui mercati

Sono nati nel 1949, ma per tantissimi anni – li si può vedere ancora oggi in Tv - sono stati gli inseparabili compagni di viaggio dei bambini di tutto il mondo. Stiamo parlando di Beep Beep (Road Runner) e di Willy il Coyote. Che tra mille peripezie e disavventure insegue perennemente quel piccolo uccello corridore, diffuso nei deserti degli Stati Uniti d’America, senza mai acciuffarlo.

LA BIPBIP CONQUISTA I BAMBINI

Grazie alla creatività di Lauro Novati, che lavora come rappresentante di pigiami e tutine per bambini per un’importante azienda italiana, ed entra nel mondo dell’imprenditoria grazie ad un suo cliente, quel personaggio viene italianizzato in BipBip e dà il nome ad un’azienda che, nata nel 1974 a Besnate, diventa in pochi anni un punto di riferimento per la pigiameria in maglia per bimbi e uomo. Pigiamini super colorati con gamme di fantasia inimmaginabili, e in jersey, che trasformano il momento della ninna-nanna in un’avventura: «Ma il primo – ricorda l’amministratore delegato – aveva la misura del collo troppo piccola e la testa del bambino quasi non ci passava». Dall’azienda, che dopo pochi anni rileva una piccola tessitura per alimentare il fabbisogno produttivo e mettere a punto quei tessuti che ancora oggi sono il suo punto di forza, escono almeno diecimila pezzi la settimana.

SEMPRE E SOLO QUALITÀ: ECCO PERCHÈ PER NOI IL COTONE È VINCENTE

BipBip, però, non è solo un nome. Anzi, se la si legge con l’entu-

siasmo e la vitalità che ancora oggi trasuda dalle parole del suo fondatore, si tratta di una filosofia di vita e di lavoro: da un lato si sviluppano colori e trame che sono unici nel panorama italiano, dall’altro si va alla ricerca del filato più giusto e più salubre per poter correre a razzo sul mercato e anticiparlo. Così è stato da quegli anni Settanta: fatturati importanti, milioni di capi prodotti in un anno, una rete vendita in tutta Italia, importanti label italiane ed estere che entrano tra i clienti di riferimento grazie anche al lavoro dello studio-stile interno, il consolidamento dei canali di vendita all’ingrosso e della distribuzione organizzata. Una scelta di qualità sulla quale Lauro Novati, con la figlia Cristina (responsabile prodotto dell’azienda), non ha mai avuto dubbi. A partire dal cotone: «E’ d’importazione, ovvio, perché l’Italia non ne ha mai prodotto: dall’India, dalla Cina, dal Sudan, dall’Egitto, dall’America e dall’Australia (quello che assicura la migliore qualità). Da quando abbiamo chiuso la tessitura nel 1996, il nostro fornitore di fiducia per il filato è in Turchia. Paese nel quale contiamo anche buoni clienti». Una fra le antiche culle della civiltà, così come lo fu l’antica Persia, dove nacque la parola pigiama, tradotta in “indumento per le gambe”. D’altronde, la BipBip è un’azienda ad alto consumo di cotone: «Questa fibra rappresenta il 90% della materia prima utilizzata per i nostri prodotti. Su questo non deroghiamo, perché il cotone è confortevole e gradevole, è ricco di acqua e grazie a questo

si sposa perfettamente alle biodinamiche del corpo umano».

LE COLLEZIONI COME PUNTO DI FORZA E PIGIAMI COME

LA PIZZA MARGHERITA

Metafora riuscita, perché se c’è un simbolo italiano nel mondo quello è proprio la Pizza Margherita: tutti la chiedono e tutti la gustano. Cristina Novati: «Parlo di Pizza Margherita perché i nostri pigiami sono studiati appositamente per il mercato italiano, nel quale la nostra azienda è leader grazie anche ad una distribuzione ben organizzata e capillare». Dunque, prodotti che sono una bandiera del Made in Italy grazie all’idea del fondatore Lauro Novati di «proporre le collezioni di design». Una scelta che ha retto anche di fronte a quel cambiamento del mercato che, dagli anni Duemila in poi, ha portato le imprese tessili della provincia di Varese ad una virata sotto il profilo delle fantasie (il mercato ne richiede sempre di più) e del numero di capi prodotti (sempre meno, ma con un Know how sempre più elevato). Ancora l’imprenditrice: «Anche se oggi il fatturato estero dell’azienda rappresenta una piccola fetta, ma per scelta, ciò non toglie che attraverso i brand del lusso – con i quali collaboriamo e che ci cercano per la capacità produttiva, la qualità dei materiali impiegati, le finiture e il servizio – i capi realizzati da Creazioni BipBip nella divisione private label sono presenti in molti Paesi del Mondo». Inoltre, la filiera tracciata in ogni suo passaggio rafforza le qualità di prodotti riconosciuti per la loro combinazione di resistenza, comfort, vestibilità e sostenibilità. Qualità garantite per ogni capo e standard d’eccellenza che oggi hanno un grande valore.

IL BRAND BIP BIP NEI NEGOZI

Le porte del futuro sono aperte. E Cristina Novati ha la giusta grinta ed entusiasmo per spingere sull’acceleratore: «I nostri prodotti sono presenti nei migliori department store in Italia e all’estero. Presso la sede storica dell’azienda, qui a Besnate, nel

2022 abbiamo aperto il primo outlet che non solo dà risalto al Made in Italy, ma avvicina il consumatore alla nostra realtà produttiva, pulsante e dinamica. Poi, in linea con la strategia e il programma di sviluppo della BipBip, nel 2023 abbiamo aperto un negozio multibrand a Milano e prevediamo di aprire altri tre punti vendita, con lo stesso format, nei quali posizionare e valorizzare i nostri prodotti con brand BipBip e altri marchi di nicchia. L’obiettivo è quello di utilizzare i punti vendita come elemento di studio e analisi dei riscontri dei consumatori, come volano per la pubblicità e traino per tutti i nostri clienti Business».

LE NUOVE LINEE E L’E-COMMERCE

Nuove le linee e i marchi: dal “Bonjour et Bonne Nuit” (con lo slogan “Stripe your Life!”), che apre le porte a quel mercato estero attento ai prodotti con alto contenuto di design e qualità, alle linee Oversize e Sanity. La prima è dedicata ai pigiami da uomo che vanno dalla 3XL alla 8 XL (ma i pigiami BipBip arrivavano già alla taglia 60), mentre la seconda si concentra sui tutoni dedicati a chi è allettato e ha problemi di demenza senile, Alzheimer e iperattività. La chiusura è posteriore, sono realizzati in cotone jersey cento per cento e raggiungono chi tratta prodotti sanitari. In tre mesi, l’azienda ha conquistato trecento nuovi clienti. Ogni collezione è composta da 150 pigiami ai quali si aggiungono tante, eventuali, fantasie sempre adeguate ai gusti che cambiano. In ultimo, l’e-commerce: «La BipBip è stata una fra le prime aziende a dotarsi di una piattaforma per la vendita online» in un mondo che richiede una grande capacità di reazione. Conclude, Cristina Novati: «La stagionalità quasi non esiste più perché il clima è impazzito, le tensioni generate dalle due guerre in corso non aiutano, dopo la pandemia i consumi sono stati stravolti. Ma siamo un’azienda strutturata che lavora in modo industriale curando ogni singolo particolare. Vanto del Made in Italy».

PRODUCE SINAPSI SRL

Fondazione 2004

Titolari Bruno Mocchi

Produzione Tessuti a maglia

Indirizzo Via Milano, 14 Cardano al Campo (VA)

Contatti Tel. 0331 730528 about@producesinapsi.it

Produce Sinapsi Srl, l’azienda dove la sostenibilità

è

un inno alla “lentezza”

Bruno Mocchi non è un medico, ma alle sinapsi – la forma più comune di connessione tra i neuroni - è affezionato. Scienza e creatività, spesso, corrono sullo stesso binario ed è questo che interessa al titolare: dare forma e sostanza ai pensieri, attraverso il confronto e il dialogo, per trasformarli in qualcosa di unico e originale. In una parola: tessuto. Che appartiene alla storia e al presente di questo imprenditore mai fermo, mai realizzato e mai soddisfatto. Che crede ciecamente in una sostenibilità assoluta nella quale i concetti di produzione (sempre meno e di maggiore qualità) e consumo (sempre meno necessario) devono essere ripensati. Per il bene della Terra e delle tasche degli acquirenti.

DAL GALLARATESE “CINA DEL MONDO”

ALLA PRODUCE SINAPSI

Bruno Mocchi è un fiume in piena: sarà per la tradizione di famiglia che si porta addosso (i suoi genitori producevano per i grandi magazzini) e per quell’aria che ha respirato nell’ampio bacino del gallaratese: «Negli anni Settanta il territorio era considerato la Cina del Mondo perché dietro ogni portone lavorava un terzista. A metà degli anni Novanta salta tutto e la Grande distribuzione trova in Oriente il suo nuovo punto di riferimento. Però, guadagnano terreno gli stilisti e la Moda», racconta l’imprenditore. Che fonda la Produce Sinapsi Srl – in azienda ci sono anche l’AD Brigitte Cantoni e il figlio Gio Mocchi - solo nel 2004. Prima? «Nel 1986 vengo assunto al Lanificio Luigi Botto di Vallemosso Biella e poi alla Mabu Jersey della famiglia Cara-

belli. La mia avventura finisce nel 2003, quando apro la Partita Iva e inizio a lavorare con gli stilisti per tradurre le loro idee in prodotto finito. Nel 2004 divento imprenditore a tutti gli effetti e metto al centro del mio percorso le sinergie tra chi disegna, chi produce e chi vende. Due anni dopo acquisto i primi macchinari, ma mi rendo conto che non sono adatti alla mia idea di “lentezza” nella produzione e di alta qualità. Mi affido a Pilotelli, che riscopre i disegni delle sue vecchie invenzioni e le riadatta alle mie esigenze. Rispetto a ciò che chiede il mercato, io produco il 20% in meno. C’è un perché: punto tutto su un filo pregiato, certificato Supima®, che costa».

SUPIMA, IL COTONE CHE RISPETTA AMBIENTE E LAVORO

Supima® (Superior Pima) è un cotone Extra-Long Staple con fibre bianche, lunghe e sottili. Coltivato soprattutto in California da 500 aziende agricole a conduzione familiare: «Dal capo finito puoi risalire alla farm che l’ha coltivato: ogni balla riconduce al campo e al seme», sottolinea Bruno Mocchi. Caratterizzato dall’assenza di inquinamento, da una particolare resistenza (due volte di più rispetto al cotone normale) e durabilità, il Supima® è più morbido del cotone tradizionale, assorbe meglio il colore ed è contraddistinto da una particolare purezza. Ancora il titolare: «In Italia è filato da ICA Yarns, una società di Albini

Group. Con la siccità, però, anche questo cotone è stato prodotto in quantità minori e il suo costo è aumentato di circa il 35%. Nonostante questo, continuo a credere nella mia filosofia, lontana da un mercato che insiste su una produzione sempre più quantitativa e su una bassa durabilità dei capi. Oggi il consumatore non sempre riconosce la vera qualità, e quando acquista un prodotto di lusso spesso acquista solo il marchio».

SEA ISLAND, IL COTONE PREGIATO COME IL TARTUFO

D’ALBA, E IL RITORNO DELLA CANAPA

Mocchi non si accontenta, e di fronte ad un cotone d’eccellenza va alla ricerca del top di gamma: il “West Indian Sea Island”, coltivato soprattutto a Barbados e in Giamaica. Ancora più morbido, raro e caro di quello a fibre lunghe: «Il costo del filo greggio si aggira sui 55 euro/kg ed è raro come il tartufo d’Alba: ogni anno ne vengono prodotte circa 150 balle che raggiungono tutto il mondo». La West Indian Sea Island Cotton Association (Wisica) è l’organizzazione che ispeziona ogni chilo di cotone prodotto e rilascia il Certificato di Autenticità per i filati marcati SEA ISLAND. Che arrivano anche qui, in questa azienda di Cardano al Campo (autorizzazione numero 197 nell’elenco di imprese che usano il Sea Island) dove «tutto si muove in anticipo rispetto al mercato – sottolinea ancora il titolare – perché sulla vera sostenibilità c’è ancora molto da fare e da comunicare. Comunque, la Produce Sinapsi Srl si affida ad una filiera di terzisti tutti certificati ZDHC (Zero Discharge of Hazardous Chemicals) che eliminano le sostanze chimiche pericolose dalla loro catena di fornitura». A questo punto ci si potrebbe dire soddisfatti, ma non Mocchi. Che naviga ancora controcorrente e non arretra di un millimetro sulla ricerca di una qualità d’eccellenza: «E qui arriviamo alla canapa: ancora negli anni Sessanta l’Italia era, nel mondo, il secondo produttore dopo la Russia. Poi, tutto è cambiato. Però, la canapa è una fibra da rivalutare e così sto investendo anche su questa (la compro an-

che dal Linificio Canapificio Nazionale) perché è quattro volte più resistente del cotone».

LA METHODE: PRODOTTI ON DEMAND

CONTRO LO SPRECO

Dall’attenzione all’ambiente e al cliente nasce “La Methode”. Un brand che, aggiunge Bruno Mocchi, «prende forma dal desiderio di generare un cambiamento grazie alla forza delle scelte quotidiane. Anche nell’abbigliamento. Produciamo qualità, evitiamo gli sprechi e creiamo valore. Solo su ordinazione». In breve, si tratta di una soluzione che risponde ad una prima domanda: che fine fanno i tessuti che non diventano vestiti? «Fanno il giro del mondo sperando di diventare vestiti, ma poi dopo due lavaggi sono da buttare. In discarica e nell’inceneritore. Il nostro obiettivo? Dare nuova vita a filati e tessuti resi, o invenduti, sfruttando solo fibre naturali». Si produce ciò che serve per diminuire i consumi «perché oggi la maggior parte delle persone acquista senza consumare. Il concetto è che non bisogna più essere consumatori». In questa azienda, che vanta 20mila metri di tessuti-prototipi disponibili per i clienti, grazie a La Methode si mischiano i colori a caldo e si sviluppa una creatività che tocca le più alte vette dell’originalità.

RICAMIFICIO LEVI SRL

Fondazione 1977

Titolari Fabio Visentin

Produzione Ricamificio

Indirizzo Via dei Pellegrini, 6 – Cairate (VA)

Contatti Tel. 0331 310938 commercialeitalia@ricamificiolevi.it

Le porte dell’azienda sono sempre aperte, perché crediamo nella nostra responsabilità sociale

Da Cate Blanchett a Michelle Obama: il Ricamificio Levi veste le star

Ricami leggeri. Anzi no, leggerissimi: una pezza di un metro e quaranta di altezza, la misura standard che si usa come riferimento nel settore, ha un peso di 100 grammi al metro. Un ricamo “vecchia scuola” arriva a 400 grammi e più.

DA CATE BLANCHETT A MICHELLE OBAMA:

LA LEGGEREZZA VESTE LE STAR

Come colibrì vestiti di sensualità, questi tessuti couture e fashion dedicati all’abbigliamento femminile d’alta classe, sembrano quasi carta di riso giapponese. È questo che ha conquistato i grandi brand della moda: gli stessi che negli anni hanno vestito Cate Blanchett, Michelle Obama, la sorella di Lady Gaga. Esaltare la bellezza è un must. Lo è al Ricamificio Levi Srl dove il lusso ha trovato un nuovo senso in questo ricamo charmant e inimitabile.

IL RICAMIFICIO LEVI SI È MANGIATO LA GRANDE MELA

Due sedi, una a Cairate e l’altra a Cassano Magnago, per un totale di 23 dipendenti; una storia lunga quasi cinquant’anni, copertine sul New York Weddings, un’agente che una volta al mese - e ci resta per un’intera settimana - vola nella Grande Mela (dove l’azienda ha un ufficio tutto suo), due brevetti europei e uno americano e la consacrazione, avvenuta nel 2013, con una sfilata di moda con 27 abiti, su 52, realizzati con il tessuto inventato da Fabio, cinquantaduenne entrato in azienda subito dopo il diploma in Ragioneria. Nata a Cardano nel 1977, per mano di Claudio Visentin e di Gianna Alloni, l’azienda si dedica

prima ai tendaggi e poi all’abbigliamento. Nel 1990, con l’entrata dei figli, il cambiamento lento e inesorabile prende forma e il riconoscimento sui mercati internazionali non tarda ad arrivare. Negli anni Duemila, poi, i prodotti di un tempo vanno a comporre quell’archivio storico, arricchito da una raccolta di ricami di fine Ottocento consultati anche dagli stilisti, che Fabio Visentin conserva con la stessa cura di chi si dedica a incunaboli e cinquecentine. Ancora Visentin: «Sulla piazza di New York ci lavoriamo ormai da undici anni ed è una realtà completamente diversa da quella italiana: lì quello che piace lo vendi a cento e più persone e, soprattutto, i pagamenti arrivano in anticipo. Cosa convince? L’originalità del prodotto e il servizio personalizzato al cliente: i disegni vengono creati in linea con ciò che desidera. A fare la differenza è, però, l’artigianalità: prima si crea con la testa e con il cuore, poi con la macchina. Facciamo articoli unici che sfuggono all’industrializzazione. Alla serie».

NERO È PROVOCANTE, COLOR NUDO È MALIZIOSO

A cambiare le sorti del Ricamificio Levi Srl è proprio quel ricamo che «nasce per sostituire i pizzi tradizionali, soprattutto quelli di marca francese – dice Fabio Visentin – e per permettere alle firme della Moda di portare in vetrina un prodotto di qualità con un prezzo abbordabile che, però, fa la differenza. E così ci siamo reinventati con un prodotto versatile che permette agli sti-

listi di disegnare le forme più diverse avendo a disposizione una cartella colori illimitata. In più con minimi di produzione molto bassi: cinque metri per ogni colore». Ed è proprio quel primo brevetto ad aver convinto i titolari a dedicarsi con maggiore assiduità ai mercati esteri riconvertendo la rete commerciale: «Spagna, Belgio, Olanda, Inghilterra. Ma anche Cina e Giappone». Fabio Visentin si muove nello showroom dell’azienda con la stessa calma che si richiede alla lavorazione dei suoi ricami: «Un metro di tessuto può restare sul telaio fino a sette ore, ma ci sono pezze che sono così complesse da richiederne anche diciotto». Perché il ricamo non è un semplice ricamo: con i suoi giochi di pieni e vuoti, alcuni lo hanno definito “languidamente seicentesco: nero è provocante, color nudo è malizioso».

IL FUTURO? HA LO SGUARDO DI GIORGIA E RICCARDO.

MA

NON BASTA

In tutto e per tutto diverso - dalla maestria nella tessitura al cotone - il mix di fibre che lo compone è un segreto, ma il co-titolare ci svela almeno due componenti che fanno la differenza: da un lato il nylon e dall’altro la seta, che danno consistenza al riflesso della luce e dei colori. Malleabile, adatto tanto agli impegni quotidiani quanto a quelli mondani, questo ricamo è un salto nel passato ma, nello stesso tempo, dà spessore al know how tecnologico che contiene. Il futuro? Ha lo sguardo giovane e curioso dei figli di Fabio: Giorgia ha ventisei anni e sta prendendo confidenza con tutti gli aspetti commerciali dell’azienda, mentre Riccardo è un ventenne appassionato di telai che si giostra in azienda con una contagiosa voglia di fare. È inevitabile che il discorso, a questo punto, cada proprio sulle nuove generazioni e su un problema che, da anni, accomuna tutte le imprese in modo trasversale: la domanda continua di figure professionali non corrisponde ad un’offerta adeguata. Anzi, a volte si assiste alla totale mancanza di candidati.

L’OCCUPAZIONE E LA RESPONSABILITÀ SOCIALE

Su questo fronte, Fabio Visentin legge con freddezza ciò che sta accadendo: «Purtroppo, non esistono scuole professionali specifiche per il settore del ricamo. Dove a mancare non è il lavoro ma il personale. Al Ricamificio Levi lavoriamo su tre turni, ma mi auguro che non sia questo a scoraggiare i giovani. Quali sono le figure che cerchiamo? Operatori sulle macchine da ricamo e passapezze, cioè coloro che hanno il compito di individuare, controllare e riparare gli eventuali difetti nelle pezze finite. Saper usare una macchina da cucire è fondamentale. Le porte della nostra azienda sono aperte perché crediamo, da sempre, nella responsabilità sociale che fa parte del Dna delle piccole imprese».

Plastica

IN SINTESI

Nel viaggio dell’Impresa Oggi attraverso le storie di alcune imprese del settore della plastica, abbiamo esplorato un universo in continua trasformazione, dove l’innovazione, la sostenibilità e l’attenzione alle persone sono diventate i pilastri fondamentali per fare impresa oggi e domani. Queste aziende ci hanno insegnato che il successo non si misura solo in termini economici, ma anche attraverso l’impatto positivo che possono avere sull’ambiente e sulla società.

Una delle lezioni più importanti è l’importanza dell’innovazione come stato mentale. In un settore spesso criticato per il suo impatto ambientale, queste imprese ci hanno dimostrato che è possibile coniugare progresso tecnologico e rispetto per l’ambiente. Investendo in ricerca e sviluppo, hanno creato nuovi materiali e processi produttivi che riducono gli sprechi, promuovono il riciclo e introducono bioplastiche più sostenibili.

La sostenibilità emerge non solo come una responsabilità etica, ma anche come una strategia di business vincente. Le aziende ci hanno dimostrato che per rimanere competitive è indispensabile abbracciare pratiche ecologiche, sia per rispondere alle esigenze di clienti sempre più attenti all’ambiente, sia per

conformarsi a normative più stringenti. Questo approccio sostenibile si traduce in investimenti in energie rinnovabili, come l’installazione di impianti fotovoltaici, e nell’adozione di modelli di economia circolare che valorizzano i materiali di scarto.

Le persone sono al centro di queste storie di successo. Il capitale umano ci è apparso in tutte le aziende come la risorsa più preziosa, tanto che le imprese ormai investono nella formazione continua, nel benessere dei dipendenti e nella creazione di ambienti di lavoro stimolanti per mantenersi solidamente sul mercato. La valorizzazione delle competenze individuali e la promozione di una cultura aziendale inclusiva favoriscono l’innovazione e la crescita.

Un altro insegnamento fondamentale riguarda la flessibilità e l’adattabilità. In un mercato globale in rapida evoluzione, le aziende devono essere agili nel rispondere alle sfide e alle opportunità. Questo significa diversificare i prodotti e i mercati, adottare nuove tecnologie digitali e instaurare partnership strategiche lungo tutta la filiera produttiva.

Infine, queste imprese ci hanno mostrato che l’etica e la responsabilità sociale non sono accessori, ma elementi integranti del modo di fare impresa. La trasparenza, la compliance e l’impegno verso la comunità sono valori che rafforzano la reputazione aziendale e costruiscono fiducia con clienti e stakeholder.

I racconti di queste aziende del settore plastica ci insegnano che il futuro appartiene a chi sa innovare con responsabilità, mettendo al centro le persone e l’ambiente.

PLASTÌ SRL

Fondazione 2008

Titolari Davide Zucchelli

Produzione Componenti stampati in materiale plastico

Indirizzo Via Oltrona, 9 – Barasso (VA)

Contatti Tel. 0332 839369 plasti@plastisrl.it

Il nostro successo è in gran parte merito di lavoratori capaci,

fedeli e leali

Plastì: la forza di un’idea che trasforma plastica e passione in eccellenza

Davide Zucchelli le spalle grosse se le è fatte negli anni. Prima remando a ritmo nel canottaggio agonistico, tra Lago Maggiore e Lago di Varese, con la vittoria di dieci titoli italiani consecutivi. Poi, aprendo a ventidue anni – oggi ne ha trentotto – un’azienda che prende forma sulle tracce dell’attività di famiglia fondata da Papà Dino con due collaboratori.

GRINTA, ENTUSIASMO E DETERMINAZIONE FANNO DECOLLARE LA PLASTÌ

Nato e cresciuto tra le materie plastiche, a diciotto anni Davide è chiamato ad una scelta difficile: il padre si ammala gravemente e lui si ritrova, solo, in azienda. Scatta la scintilla: «Chiudo la vecchia impresa, papà si riprende e io fondo la Plastì (nome dialettale di Cittiglio): assumo mio padre, mia madre Gina e le mie sorelle

Alice (tutt’oggi in amministrazione) e Sabrina, che ora si dedica a tempo pieno all’allevamento dei Maine Coon, i gatti americani. Credo nel progetto, investo e partono le assunzioni. Mi sposto a Barasso e il processo di sviluppo è più che pragmatico. Oggi siamo in tanti, e le persone di cui mi ero circondato in quel 2008 sono ancora con me, compresi due giovani che ai tempi erano stagisti e oggi ricoprono il ruolo di responsabili. Ciò che ho fatto non ha segreti: ho sfruttato la mia preparazione sportiva dove si va avanti solo se hai grinta, entusiasmo e determinazione». Paura? «Più che altro il timore di non riuscire, ma gli esempi di papà mi sono da guida ancora oggi con il suo ottimismo e con la sua capacità di affrontare qualsiasi problema, anche sdrammatizzandone la portata. Quando se ne avverte il bisogno, la sua

presenza non manca mai».

MODELLO “SVIZZERO” E COLLABORATORI AL CENTRO, TRA FORMAZIONE E WELFARE

Plastì, grazie ad un’organizzazione che le permette di lavorare 24h su 24 e sette giorni su sette, ha assunto una posizione di rilievo sul territorio della provincia di Varese per quanto riguarda la costruzione di stampi e stampaggio materie plastiche. I suoi prodotti raggiungono soprattutto il mercato nazionale, ma l’azienda fornisce anche importanti aziende svizzere che, fa notare Davide, «mi hanno aiutato a sviluppare una consapevolezza riguardo al modo di gestire un’azienda. Ecco perché qui ho introdotto quel modello svizzero fatto di ordine, pulizia e disciplina». Un altro concetto fondamentale sul quale si concentra il titolare è l’importanza che viene data ai collaboratori: il team in azienda, che nel tempo ha assunto nuove competenze grazie a percorsi di formazione sempre più specializzati, è nato con Plastì ed è cresciuto in simbiosi con Davide. «Se questa realtà va bene, tutti devono goderne i benefici»: da qui quel sistema di incentivi e welfare che, «francamente, pochissime aziende hanno implementato. Il nostro successo è in gran parte merito di lavoratori capaci, fedeli e leali», dice ancora il titolare.

LA SOSTENIBILITÀ? CI VOGLIONO REGOLE CERTE

E INVESTIMENTI NELLE START UP

Il mondo della plastica, che Davide Zucchelli racconta con una passione che svela un pizzico di orgoglio, ha un suo fascino: quello di trasformare i tecnopolimeri – nell’azienda di Barasso, specializzata nello stampaggio ad iniezione dei termoplastici, si usano soprattutto questi - in prodotti specifici nei quali «la soluzione del problema si sposa a qualità, disponibilità e prezzo. Quello giusto», ricorda il titolare. Un mix di ingredienti che hanno portato la Plastì ad essere un punto di riferimento per le grosse aziende che operano nei settori dell’automotive, dell’illuminotecnico, dell’elettrodo-

mestico, della raccorderia e dello sport. Tenendo sempre presente quella sfida della sostenibilità sulla quale sta puntando l’Unione Europea. E che Zucchelli commenta così: «Sono d’accordo per quanto riguarda le regole, anche rigide, sulla riciclabilità degli oggetti per uso alimentare. Il punto però è anche un altro: la plastica non tramonterà mai quindi si dovranno trovare tecnologie sempre nuove per trasformarla e produrla con il minor impatto possibile. Infine, penso sia corretto dire che dopo il Covid le imprese si sono trovate in un Far West: sulle materie prime, in generale, si è fatta tanta speculazione». E ancora: «Nel nostro settore potrebbe essere utile intervenire con una grande regolamentazione e magari, perché no, investire in start up specializzate nel recupero dei materiali plastici. Un business che farebbe bene anche all’ambiente».

LA DROMA SPORT E I QUADRI “PLASTICI”

E proprio guardando al mondo delle start up, Davide Zucchelli ne ha fondata una nel 2023 con il nome di Droma Sport. Ecco di cosa si tratta: «Personalizza articoli sportivi prodotti dalla Plastì, soprattutto parastinchi sui quali si possono creare le immagini dei calciatori preferiti o altri soggetti. Personalizziamo anche racchette da padel che vengono customizzate con maestria riproducendo i soggetti che ci inviano direttamente i clienti. Il nostro limite? La fantasia di chi le acquista». Un limite che non si pone però Roberto Carullo, «che usa la nostra materia prima (i granuli termoplastici) per realizzare quadri con ritratti i personaggi della Marvel Comics. Roberto, trasformando in arte un prodotto tipicamente industriale, ha conquistato l’America e il cuore di Stan Lee, già presidente e direttore editoriale della casa editrice di fumetti», conclude il titolare della Plastì. Granuli di tutti i colori che hanno dato forma anche a quel Tex che campeggia negli uffici dell’azienda di Barasso.

ANDRIOLO BORRACCE SRL

Fondazione 1942

Titolari Anna e Simona Andriolo

Produzione

Indirizzo

Contatti

Borracce per l’ufficio, la scuola e il tempo libero

Via Vecchia Milanese, 2 Venegono Inferiore (VA)

Tel. 0331 865068

info@andriolo.it

Andriolo: le borracce che uniscono innovazione, design e identità personale

Per essere sostenibili e trendy, ma anche comodi e con stile. E per vivere il proprio tempo all’aria aperta, o a scuola e in ufficio, con personalità. La borraccia è ormai un oggetto cult perché si pone obiettivi etici ma racconta anche noi stessi. Con colori e forme che all’Andriolo Srl – impresa leader nello stampaggio a iniezione e soffiaggio di materie plastiche - possono essere personalizzati all’infinito per trasformare la borraccia da oggetto della quotidianità in simbolo di appartenenza. Raffinata e resistente nello stesso tempo.

DI BIOLOGICO C’È SOLO L’ORTO DEL NONNO:

LA PLASTICA DURERÀ ANCORA 50 ANNI

Anna e Simona Andriolo sono la terza generazione ad entrare in quest’azienda fondata da nonno Mario più di settant’anni fa complice la sua esperienza alla Mazzucchelli: «Trent’anni fa la produzione di mollette e pettini è stata sostituita da quella delle borracce», ricorda Anna. Che, nel dibattito aperto dall’Unione Europea sul futuro della plastica, entra a gamba tesa: «Probabilmente, in questo settore di ecologico c’è solo l’orto del nonno». Provocazione? Forse. Però una riflessione Anna la fa: «Quando sono arrivata in azienda si usavano sì e no dieci polimeri; oggi ce ne sono tantissimi. E ognuno è eccellente nel risolvere i problemi quotidiani di tutti noi. Le materie plastiche sono fantastiche perché sostituiscono il vetro in fatto di trasparenza, hanno punti di rottura molto alti, sono ignifughe, leggere e costano poco: qui, per esempio, utilizziamo polimeri per

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il contatto alimentare rigorosamente certificati. Come azienda siamo aperti a qualunque cambiamento, ma materiali validi a zero impatto ambientale - che possano sostituire gli attuali polimeri - oggi non ne vediamo: la plastica è molto più intrecciata alle nostre esistenze di quanto ce ne rendiamo conto. Inoltre, non pensiamo che i materiali plastici siano il problema, ma solo una parte di esso: è venuto il momento di capire come poter trovare soluzioni valide, perché la plastica ce la terremo – almeno - per altri cinquant’anni».

LA SFIDA DELLA SOSTENIBILITÀ:

MENO SPRECHI E SISTEMI EFFICACI PER IL RICICLO

Borraccia eco-friendly? Gli animi si scaldano: «Chi la pubblicizza mi dovrebbe dire cosa intende. Oggi si usano concetti bellissimi, ma quale è il loro significato? La bioplastica è plastica al cento per cento, anche se l’origine è la fonte rinnovabile (mais o canna da zucchero) e non gli idrocarburi (da questi si ottiene solo il 3% della plastica oggi in circolazione). Una volta trasformata la materia naturale, si ottiene sempre plastica: dove è il vantaggio per l’ambiente? Vale la pena utilizzare interi campi di mais?». Detto ciò, la questione rimane aperta e al discorso si aggiunge un’ulteriore riflessione: «Per Andriolo il concetto sul quale concentrarsi, perché più spendibile, è quello di utilizzare la plastica rendendola circolare. A fine vita questa non deve essere un rifiuto che galleggia nel mare, ma un bene che può ritornare ad essere un valore per tutti. Per tutelare veramente l’ambiente ci vogliono un’attenzione particolare a ridurre gli sprechi, a monitorare l’uso e lo scarto dei materiali plastici e a trovare sistemi efficaci per il riciclo, trasformando una filiera lineare in circolare». Da parte sua, la Andriolo Srl pone al centro del suo lavoro una filosofia meritocratica: «Abbiamo i nostri prodotti e i clienti ci riconoscono quello che facciamo perché diamo valore all’oggetto, in parte anche sostenibile. Queste sono le prove del nostro impegno», dice ancora Anna.

DA AQUA A DEVÙ: LE BORRACCE

CHE HANNO FATTO LA STORIA

Siamo nel 1986: a papà Antonio, con un diploma in Ragioneria e la scuola serale in disegno tecnico, seconda generazione in azienda, piace il ciclismo. Questa passione è la risposta ad una domanda che cambierà le sorti della Andriolo: cosa posso fare di diverso con la plastica? Oggi, l’impresa di Venegono Inferiore è un gigantesco show room che occupa uffici e produzione: borracce ovunque. Belle. Ricorda Anna: «La prima venne battezzata con il nome Aqua, icona del ciclismo mondiale, ma negli anni ne sono nate altre seguendo le esigenze del mercato e della clientela». Esigenze che si declinano in due macro-mondi: «Le borracce per lo sport e quelle per l’ufficio e la scuola, il lavoro e il tempo libero. A distinguerle è la chiusura: in quelle per il tempo libero il liquido esce da una piccola valvola che si apre e si chiude, mentre nelle altre si usa il tappo». Che, nel caso della Devù, riscopre quello meccanico - e in filo piegato - brevettato nel 1873 ma rivisitato nel 2019 in tecnopolimero colorato.

LE TRE R DELL’AMBIENTE: REDUCE, REUSE E RECYCLE

L’estetica vuole la sua parte e così, di anno in anno, prendono forma la Alex (la bella bottiglia dello sport), la Torad (per il gioco di squadra), l’Iknos (pensata per l’ufficio), la Frost e la Pepper per l’urban, la Clepsidra (il tappo si trasforma in bicchiere). Ma anche i bambini hanno la loro: la Bic, borraccia morbida proporzionata alle mani dei più piccoli. Ad andare alla grande sono anche la PRO (per i professionisti che devono bere con una sola mano) e la R Series, che richiama le tre R della sostenibilità: Reduce, Reuse e Recycle. Come reagisce il mercato? Ancora Anna: «Negli ultimi anni la domanda nell’urban è leggermente diminuita, mentre nello sport non c’è stato alcun calo». In tutto venti modelli che, realizzati in Tritan, risultano infrangibili, inodori, trasparenti, leggeri. E possono andare comodamente in lavastoviglie.

COSTI DI TRASPORTO TROPPO ALTI E NO ALL’ALLUMINIO

Il mercato della borraccia, però, ha le sue regole. A spiegarle è ancora Anna Andriolo: «Si tratta di un oggetto sicuramente comodo ma che occupa un gran volume, quindi non è competitivo sulle lunghe distanze perché il trasporto incide significativamente sul costo finale. Però, questo ci protegge in parte dalle produzioni asiatiche. A farne maggior uso sono gli Stati Uniti». La plastica meglio dell’alluminio? «A vincere è la prima –conclude la titolare – perché rispetto al secondo è più leggera e resiste agli urti. Il motivo più importante è ancora legato al suo impatto: per produrre una borraccia in alluminio si deve usare il doppio dell’energia rispetto a quella che si utilizza per una in plastica». L’ambiente ringrazia.

ALBA-PLAST DI ADAMOLI P. E LUCCA P. SNC

Fondazione 1981

Titolari Emanuele Adamoli

Produzione Stampaggio materie plastiche

Indirizzo Via Gorizia, 19 Castiglione Olona (VA)

Contatti Tel. 0331 824925 alba@alba-plast.it

La competitività è un mix tra qualità,

Alba Plast: l’azienda che trasforma visioni in un successo globale

C’è una parola che, nei dibattiti economici, è sempre più presente: competitività. Come aumentarla ma, soprattutto, come mantenerla è l’obiettivo di tutti gli imprenditori. Non è un caso che l’incontro con Emanuele Adamoli, dal 2004 alla testa dell’Alba Plast, azienda specializzata nello stampaggio ad iniezione di materie plastiche, saldatura a lama calda e ad ultrasuoni, inizi proprio da qui: «La maggior parte del nostro fatturato conto terzi proviene dal settore della fanaleria per le moto. Negli anni, però, tanto è cambiato: Honda e Yamaha producono in Giappone, mentre Piaggio in Vietnam. Si rischia di essere un po’ meno competitivi». Ma la creatività italiana ha ancora molto da dire. Lo ricorda Adamoli: «Essere competitivi oggi significa aumentare qualità, innovazione, velocità di risposta nella produzione, e lavorare sugli scarti. Che devono essere sempre meno». E’ così che ci si tiene stretti quei brand che in Italia ci sono sempre stati e ci sono ancora.

FANALI, MASCHERE DA SCI E CROSS, OCCHIALI

PER IL CICLISMO: FLESSIBILI PER COMPETERE

Ed è così che Emanuele Adamoli affronta gli shock dei mercati causati dalla migrazione di alcune multinazionali in Paesi dove la manodopera costa meno. Ma se da un lato bisogna ripensare e riorganizzare la produzione, dall’altro bisogna puntare sulla flessibilità. Una parola, questa, che piace al titolare perché gli ha permesso di mantenere la produzione dei riflettori per il settore moto (realizzati con materiali ad alta resistenza termica) e dei cruscotti per le moto da cross, ma anche di investire su un

prodotto tutto suo – i dispenser per i nastri adesivi (multifunzione, da banco, portatili, usa e getta) – e di inserirsi nei settori dell’occhialeria (strutture in poliuretano termoplastico per maschere da sci e/o cross e occhiali per il ciclismo), ferroviario e dei connettori elettrici.

LA PLASTICA NON È LA FINE DEL MONDO

Poco più che quarantenne, Emanuele è ingegnere informatico e in azienda, fondata dai genitori Pietro Adamoli e Pierangela Lucca negli anni Ottanta, si occupa di gestione dei clienti e programmazione della produzione. Quella dei materiali plastici che, ci dice, «non sono il male del mondo. Anzi, se c’è un problema legato alla plastica è dove la si butta. La plastica dissipativa, che si usa per sostituire i dissipatori in alluminio per il raffreddamento, è per esempio più economica di altri materiali ed ha anche un impatto ambientale più basso». Però la ricerca di alternative è continua: «Oggi la sperimentazione è ampia su quei materiali che non arrivano dal petrolio: il PLA, l’Acido Polilattico, è una bioplastica prodotta con la trasformazione degli zuccheri presenti nel mais, nella barbabietola e nella canna da zucchero e in molti casi può sostituire il polistirolo. E’ biodegradabile e compostabile. Ed è cara, perché tante imprese si stanno dedicando a questa fetta di mercato e la materia prima scarseggia: per averla ci sono liste di attesa anche di un anno».

RIGENERARE E RICICLARE,

MA CI VUOLE ANCHE BUONSENSO

Quando si parla di riciclo, i costi per rigenerare il materiale originale - per dargli una seconda vita - sono una variabile che fa la differenza: per le imprese e per i consumatori. Ancora Adamoli: «Bisogna cercare di riciclare di più ma meglio, usando anche le similplastiche ottenute da legno e umido, e utilizzare la plastica in modo sensato. Uno fra i maggiori problemi è la distorsione normativa che accompagna il settore: per esempio, la tassa sugli imballaggi utilizzati nel monouso». Ma anche i costi delle materie prime che, di questi ultimi tempi, hanno inciso sui margini fino a portarli vicino allo zero: «Acquistavo il polistirolo a meno di un euro al chilo, poi siamo passati a due euro e cinquanta centesimi per poi ritornare, ad oggi, a un euro e ottanta centesimi. E questo è ancora niente di fronte al rincaro dei tecnopolimeri che ha raggiunto, in alcuni casi, anche il 20%. Il Peek, invece, è sempre stato caro e oggi lo si acquista a ottanta euro/Kg».

STRATEGIE “SU MISURA”

PER LAVORARE SEMPRE MEGLIO

Eppure, tra gli alti e bassi delle quotazioni e la plastica “sotto accusa”, questa azienda di quattordici dipendenti (la maggior parte donne, perché «precise e pazienti») reagisce con strategie “su misura”: da un lato la diversificazione di lavorazioni e settori, dall’altro le partnership con clienti e fornitori per mantenere le produzioni sul territorio (Adamoli è convinto che «senza il settore plastico la disoccupazione nel Varesotto sarebbe più elevata») e servire un panel di clienti sufficientemente vasto per garantirsi sempre nuove commesse. In quest’azienda di Castiglione Olona «nessun cliente contribuisce al fatturato per più del 20%». All’interno della filiera della plastica, Alba Plast si colloca nel mezzo: come fornitori ha alcune piccole imprese, mentre come clienti alcune multinazionali. E queste ultime si

dividono in due gruppi. A dirlo è il titolare: «Da un lato quelle che chiedono un confronto diretto e che vogliono costruire con noi un percorso, dall’altro quelle che invece ti vengono a cercare solo per poter risparmiare. Con i fornitori, invece, apriamo collaborazioni che aiutano noi e loro a lavorare sempre meglio».

COLOR PLAST SRL

Fondazione 1986

Titolari Gian Luca Ranzato

Produzione

Indirizzo Via Lecco, 5 – Tradate (VA)

Contatti

Faccio valere idee

Color Plast: dare colore alla plastica e forma ai sogni da tre generazioni

Padre e figlio, Renato e Gian Luca Ranzato, sono legati da un destino comune: quello imprenditoriale. Papà lavorava in un’azienda di materie plastiche a Tradate quando, cinquantenne, un lavoro non ce l’ha più. Gianluca, invece, negli anni Ottanta si diploma perito in Telecomunicazioni, di plastica sa poco o niente, eppure non si lascia scoraggiare dalla grande sfida: «La Color Plast nasce nel 1986 con due soci: io (che all’epoca avevo diciotto anni) ed Enrico Tacconi, compagno di lavoro di papà. Che entra in azienda, ma come dipendente: qui si è guadagnato la pensione», racconta Gian Luca Ranzato. Scelta difficile? «Lo è stata, anche perché ho fatto un salto nel buio: con un diploma in tasca avrei potuto trovare subito un lavoro nel settore per il quale mi ero preparato, ma la voglia di mettermi in gioco ha prevalso e così ho iniziato curando l’aspetto commerciale dell’azienda. Papà ci ha messo la sua conoscenza dei clienti, mentre Enrico ha chiuso il cerchio con le sue capacità tecniche». E aggiunge, rivolgendosi a chi lo sta intervistando: «Lei sta scrivendo con una penna fatta con il materiale che viene prodotto abitualmente dalla Color Plast: polimero trasparente che poi viene colorato. Il nostro core business è questo».

I QUATTRO PUNTI CARDINALI DI UN’IMPRESA

CHE FA VALERE IDEE ED ESPERIENZE

Un capannone di trecento metri quadri, una manciata di macchine usate, un bancale di materia prima e tante cambiali: l’inizio è in salita, ma l’azienda conquista i clienti muovendosi su quell’asse che allinea flessibilità, qualità, velocità e problem

solving. I quattro punti cardinali che aiutano la Color Plast ad orientarsi nelle commesse anche più delicate perché fatte dalle multinazionali del bianco e della mobilità su ruota. Ecco come la Color Plast è diventata negli anni un punto di riferimento nel settore della colorazione dei polimeri (la specializzazione interessa soprattutto le resine trasparenti) per i settori dell’illuminotecnica, dell’automotive, della cosmesi e dell’hobbistica. Ed oggi, con nonno e papà, in azienda è entrato anche Edoardo, la terza generazione di una famiglia che sa quanto sia importante la relazione continua tra grandi imprese e Pmi. «Dopo trent’anni di lavoro - a ricordarlo è ancora Gian Luca Ranzato - posso far valere le mie idee e la mia esperienza. Il merito, alla fine, viene sempre riconosciuto».

IL FUTURO DELLA PLASTICA? SEMPRE PIÙ ECOLOGICO

Un merito che nasce non solo dal lavoro, e dalla professionalità che lo accompagna, ma anche dalla cura particolare che Ranzato rivolge alle relazioni umane e a quel “taylor made” che fa la differenza: «Solo così riesci ad ottenere particolari soddisfazioni da un mondo, quello della plastica, dove tutto deve essere curato nei minimi dettagli tenendo sotto controllo, però, anche la sfida della sostenibilità che sta avanzando con forza». Il dibattito è aperto, e a condurlo è l’Unione Europea con l’High Ambition Coalition to End Plastic Pollution. Un trattato inter-

nazionale per porre fine all’inquinamento da plastica con norme mondiali che dovranno interessare tutto il ciclo di vita dei polimeri. In merito, Ranzato ha le idee chiare: «Nel 1986 c’era un tipo di plastica, mentre oggi ci sono materiali con caratteristiche che assicurano prestazioni e garanzie ad altissimo livello anche sul fronte ambientale. Già in quegli anni, però, molti scarti di lavorazione venivano recuperati per essere rimacinati e rigranulati. Per l’appunto, la plastica di seconda vita. Ora, da un lato si insiste sul materiale biodegradabile e dall’altro su quello che inquina. Ma la verità è che tutto dipende da come si tratta e si ricicla la plastica». Le grosse aziende, però, spingono sull’acceleratore. Ancora il titolare: «Alcune aziende – i nostri clienti operano nel settore dello stampaggio ed estrusione di materie plastiche - stanno chiedendo le certificazioni green, e da parte nostra ci stiamo interessando su come inserirci in questo percorso. Dall’altro lato puntiamo sull’efficientamento energetico: dodici anni fa abbiamo installato un impianto fotovoltaico che sostiene un terzo della nostra produzione. Inoltre, è stato fatto revamping sui macchinari per un minore uso di energia elettrica». Possibile prevedere il futuro dei materiali plastici? Ranzato non ha dubbi: «Ormai si parla sempre più di plastica ottenuta dagli scarti industriali, ma il futuro riguarderà soprattutto le plastiche ecologiche».

IL PRODOTTO COME SERVIZIO E IL SERVIZIO COME PRODOTTO

La plastica, però, è fra noi. E ci resterà. Perché è presente nella maggior parte degli oggetti che usiamo quotidianamentedalle auto agli elettrodomestici – grazie a quelle proprietà che la rendono (quasi) insostituibile: tenacità, duttilità, lavorabilità, resistenza a temperature elevate, a carichi statici e dinamici e all’invecchiamento. Il segreto sta nella capacità di leggere anche le più particolari richieste dei clienti: «Con le sue cinque linee di estrusione, e il know how di tecnici e coloristi, la Color

Plast è in grado di certificare tutte le lavorazioni». Oggi, però, a fare la differenza non è solo il prodotto ma anche il servizio che lo completa: è per questo che l’azienda di Tradate si è dotata di un laboratorio interno per testare e studiare i prodotti innovativi da proporre ai clienti. E si è specializzata anche nella produzione di compound di materie plastiche per adattarle ad ogni applicazione: conduttività elettrica, resistenza alla luce, ignifughe o antibatteriche.

ERNESTO VAJ E C. SRL

Fondazione 1949

Titolari Federico Mella

Produzione Raschiaolio, articoli tecnici in gomma e gomma-metallo

Indirizzo Via Salvore, 48 – Varese (VA)

Contatti Tel. 0332 333089 – info@vaj.it

I clienti arrivano con un problema, noi con la soluzione.

Ernesto Vaj: l’azienda elastica come la gomma dove si racconta una storia tutta italiana

«Lo sapete che…?». Federico Mella, titolare della Ernesto Vaj e C. Srl, entra nel mondo dello stampaggio della gomma a piè pari.

LA FERRARI DELLA GOMMA

E ci chiede: «Lo sapere che esiste una Ferrari della gomma?». L’immagine che richiama è da circuito mondiale: alte prestazioni e affidabilità unica. E allora scopriamo che l’FKM (conosciuto con il nome commerciale di Viton, marchio registrato) è una gomma che resiste in modo eccezionale agli agenti chimici, al calore e al freddo. E assicura ottime prestazioni in presenza di solventi, benzine e acidi, lubrificanti, formaldeide, cloroformio. È, chimicamente, la miglior mescola che si trovi in circolazione. E se un cliente la chiede, la Vaj Ernesto la lavora. Detto così sembra semplice, eppure il mondo della gomma è variegato, infinito, plurale. Materiale polimerico, la gomma è composta da elastomeri, grandi molecole simili a catene che possono essere allungate a grandi lunghezze e recuperare la loro forma originale. Affascina i bambini; è indispensabile nella quasi totalità di prodotti che si usano, quotidianamente, anche nella nostra vita. Così come Ernesto Vaj ha dedicato la sua a questo materiale magico, stampandolo a compressione. Già in quel 1949, quando l’Italia si lascia alle spalle le macerie del conflitto mondiale e accelera la ripresa economica.

DALL’AUTO “PER TUTTI” AI RASCHIAOLIO

Il settore automobilistico è in fermento ed è lì che si inserisce Ernesto Vaj con i particolari realizzati per la Fiat. La gloriosa

Cinquecento, presentata il 4 luglio 1956 al presidente del Consiglio Adone Zoli: primo simbolo del boom, prima auto “per tutti”. Dall’azienda di Varese escono cuffie per la leva cambio, boccole per gli ammortizzatori, tiranti per il radiatore e quei manicotti che, poi, verranno sviluppati anche per la Fiat 600. Federico Mella, il nipote di Ernesto, è ingegnere aeronautico e mostra – con orgoglio – un vecchio catalogo nel quale sono raccolti i progetti e i pezzi realizzati dal nonno: «La vera rivoluzione, però, arriva con il raschiaolio, brevettato, per le macchine utensili: uno strumento che, composto da metallo e gomma co-vulcanizzata, permette di impedire l’ingresso di trucioli inquinanti negli organi di scorrimento delle macchine. I nostri clienti li chiamano “i Vaj” perché, in effetti, li produciamo solo noi. In Italia siamo un punto di riferimento; in Germania, scaduto il brevetto, hanno iniziato a copiarli», dice il titolare. Che indica un’infinità di modelli, di ogni forma e grandezza, incorniciati e appesi ai muri degli uffici aziendali quasi ci si trovasse in uno showroom smart ma particolarmente impattante.

MACCHINE UTENSILI MA ANCHE TRENI:

DALL’EUROPA ALLA CINA

Raschiaolio a parte, la Vaj Ernesto e C. Srl negli anni ha ampliato la sua produzione fino a comporre un catalogo di oltre seimila stampi diversi per soffietti gomma, ventose, paracolpi, guarnizioni speciali, supporti antivibranti. Completano l’offerta i soffietti in tessuto gommato termosaldati e le coperture telescopiche. Un mondo che Federico Mella conosce da sempre, anche se in azienda ci entra solo nel 2017, a trentadue anni e affiancato da papà Enrico, dopo numerose esperienze nel settore ferroviario in Svizzera (all’Hupac di Chiasso), Italia (nel settore dei motori per i treni) e Germania. Settore al quale sta guardando con interesse anche adesso: «Abbiamo prodotto alcuni soffietti per la S.P.I.I. di Saronno, impresa da sempre attiva nell’ingegneria dei banchi di comando ferroviari. Attualmen-

te stiamo studiando una copertura di protezione che sia elastica e ignifuga». Ma l’attenzione è alta anche al di là dei confini nazionali, con una parte di produzione che raggiunge America, Germania, Svizzera, Paesi Bassi, Cina e India. Ma il mondo della gomma è a tal punto vasto da risultare a volte insidioso, così il giovane ingegnere mette l’accento sugli «accorgimenti richiesti continuamente nello stampaggio: un corso intensivo al Politecnico di Milano mi ha aiutato a rispondere a tutte quelle domande che, di giorno in giorno, mi faccio quando mi trovo in produzione». Ed è proprio sulla produzione che Federico Mella investe continuamente gli utili, cercando di rendersi il più possibile autonomo per assicurare ai propri clienti un servizio sempre più personalizzato, e in tempi rapidi, attraverso la sede di Varese, dedicata allo stampaggio della gomma, e a quella di Mendrisio che si occupa, invece, di studiare e realizzare gli stampi.

ESPERIENZA E KNOW HOW, RAPIDITÀ E PROBLEM SOLVING: «SIAMO ELASTICI COME LA GOMMA»

La storia umana di questa azienda si lega, inevitabilmente, alla continua messa a punto di quella tecnica che permette di lavorare la gomma per mantenerne elasticità e resistenza. Ancora il titolare: «Le mescole vengono prodotte internamente, ma alcune vengono acquistate. Al centro del processo, per quanto riguarda la gomma naturale, c’è la vulcanizzazione con lo zolfo, che permette di legare fra loro le macromolecole della gomma creando così quella reticolazione che porta all’elasticità del materiale. Non è semplice, ma con esperienza e know how consolidato questa azienda riesce ad essere competitiva su lotti al di sotto dei cinquemila pezzi. I clienti arrivano con un problema, noi con la soluzione. Certo ci vuole rapidità». Un concetto che, alla Vaj Ernesto, è un principio trasformato in valore: «Su questo abbiamo sempre cercato di tenere ferme le nostre posizioni, ma tra i mesi di giugno e luglio 2022, e poi novembre, il sus-

seguirsi delle crisi ha creato un’instabilità che ci ha infastidito: è impossibile ricevere un listino prezzi nuovo ogni settimana e dover affrontare offerte che hanno una validità di soli due giorni», prosegue il giovane imprenditore. Che entra nel dettaglio anche quando si affronta il problema della sostenibilità legato ad un materiale, la gomma, che ha caratteristiche del tutto diverse rispetto alla plastica: «Si tratta di un materiale che dura a lungo nel tempo. Gli sprechi di produzione, non cotti, possono essere riciclati ma la gomma usata, al pari dei pneumatici, non si può macinare. I metalli utilizzati nei raschiaolio vengono invece ritirati, perché lo sfrido è lamiera pulita e, di conseguenza, può andare al riciclo»

STAMPAGGIO GOMMA SRL

Fondazione 1974

Titolari Claudio Bossi

Produzione Stampaggio di articoli tecnici in gomma

Indirizzo Via Mottarone, 6 Bodio Lomnago (VA)

Contatti Tel. 0332 948626 sg@stampaggiogomma.it

Stampaggio Gomma Snc: «C’è un tappo per tutto.

La vera rivoluzione?

Il silicone per il vino»

I prodotti tipici di una nazione, come lo sono l’olio e il vino italiani, spesso segnano la storia di un’azienda. Il destino della Stampaggio Gomma Snc sarebbe stato diverso senza Christiane Perato, per lunghi anni compagna dell’enogastronomo Luigi Veronelli. Fu lei a portare in Italia l’abitudine di chiudere le barrique con tappi di silicone per una maggiore presa ermetica.

E grazie a questa sua iniziativa, Luigi Piloni e Claudio Bossi – i titolari di quest’azienda di Bodio Lomnago – hanno poi esteso la produzione dei tappi anche alle botti entrando, successivamente, nel mercato delle anfore in ceramica fornite di apposite guarnizioni in silicone.

NO AI GRANDI NUMERI, MA ALLA TECNOLOGIA

NON SI RINUNCIA

L’impoverimento, se non la desertificazione, dell’imprenditoria italica si è registrato negli anni anche in provincia: il distretto delle bilance, a Oggiona Santo Stefano, si è sempre più ristretto; quello degli antifurti è ormai inesistente; l’automotive non vive più gli antichi fasti. Piloni e Bossi, di fronte allo zigzagare dell’economia, hanno scelto: «Non inseguiamo i grandi numeri: stampiamo particolari in gomma e silicone, a iniezione e compressione, fino a 20mila pezzi. Tecnologicamente “poveri”, ma realizzati con macchinari all’avanguardia: ogni due o tre anni facciamo un nuovo acquisto». Così come facevano papà Celestino e zio Enrico, fratello di mamma Angela.

CELESTINO ED ENRICO: UNA LEZIONE CHE PARTE DA LONTANO

La fondazione della Stampaggio Gomma si deve a loro: siamo nel 1974, a Varese, in via Pacinotti. Luigi Piloni ricorda ancora la prima sede: «Un capannonaccio piccolo e scomodo. Poi, nel 1981 ci si sposta qui a Bodio su una superficie di 4.500 metri quadrati. La produzione, dai 650 mq. degli inizi, ora ne occupa 1.200».

Liquidazioni in azienda, quelle della Pianezzola Gomma in cui lavoravano Celestino ed Enrico, tanti debiti e titolari che non nascondono quella durezza che nasce dal sacrificio: l’apprendistato di Luigi e Claudio è rapido, determinato e responsabile. Da Celestino ed Enrico arrivano pochi consigli e nessun complimento. In azienda si lavora sodo e l’autonomia si conquista in fretta. Sia che si dovesse andare a visitare i clienti nell’area milanese, o miscelare le mescole per la produzione della gomma, «si metteva in campo l’arte di essere autonomi. Così, io e Claudio abbiamo imparato giorno dopo giorno». Inseguendo l’esempio anche di Enrico che, senza patente, montava sul suo motorino con due sacchi colmi di tappi per raggiungere i clienti a Varese. La severità di Celestino ed Enrico, che nasce dalla fatica quotidiana, fa crescere l’azienda. Che oggi, oltre ai due soci, conta dieci dipendenti.

DALLA GOMMA AL SILICONE, MA NON SOLO PER VINO E OLIO

Una realtà in continuo movimento capace di trattare la grande famiglia degli elastomeri: dalla gomma naturale e sintetica al silicone. Detto così sembra tutto semplice, ma non lo è affatto. I nomi dei componenti definiscono una conoscenza e una professionalità che negli anni si è affinata grazie alla passione di Piloni e Bossi. Che parlano, come se si trattasse di un compendio di chimica, di gomma nitrilica idrogenata, cloroprene antifiamma, gomma fluorurata (l’FKM, conosciuto come Viton®), Hypalon®, EPDM perossidici (silicone utilizzato per usi esterni) e PTFE. Teflon® tranciato e fustellato per settori industriali, chimici e impiantistica speciale.

Gomma che assicura alte prestazioni per i macchinari utilizzati nella tinteggiatura, nel settore delle costruzioni (macchine per il pompaggio del calcestruzzo) e in quello enologico.

DALLA FRANCIA ALL’ AUSTRALIA CON FLESSIBILITÀ

L’azienda di Bodio Lomnago, ormai, è un punto di riferimento non solo per il mercato italiano ma anche per quello estero: seppur il fatturato nel mondo rappresenti solo il 3% di quello totale, i clienti fissi, e fidelizzati, si trovano in Francia, Austria e Svizzera (dove si inviano guarnizioni per i cruscotti degli autobus). Altre commesse, seppur “a spot”, raggiungono invece Israele, Palestina, Tunisia, Sudafrica e addirittura l’Australia. I concorrenti? «Sono ovunque – dicono Piloni e Bossi – ma questo non ci impedisce di essere sempre performanti». Flessibilità e investimenti - in nuove presse, nuovi mescolatori e sbavatrici – hanno fatto salire il numero dei clienti a più di cinquecento.

ALESSANDRO: LA TERZA GENERAZIONE IN AZIENDA

Nonostante i costi al rialzo di energia e gas (dai 3.500 euro del 2021 si è passati agli oltre 12.000 euro dell’ultima bolletta del

2022) e le tensioni quotidiane che si vivono nel gestire un’azienda, il senso della curiosità e del nuovo non mancano mai: «Dal 1979, i mercati ci hanno imposto almeno tre cambiamenti: nel ritmo, nell’aggiornamento sui nuovi materiali e nel rapporto con fornitori e clienti». Eppure, il dna dell’imprenditore appartiene a questa famiglia arrivata alla terza generazione: «Mio figlio Alessandro ha ventinove anni – conclude Claudio Bossi – e ha deciso di proseguire questa nostra avventura. I consigli di papà? Seguo i suoi passi in produzione e gli dico di impegnarsi sempre al massimo». Perché è questo che chiederebbero anche Celestino ed Enrico.

NUPI INDUSTRIE ITALIANE

Fondazione 1972

Titolari Marco Genoni

Produzione

Tubazione per il settore idrosanitario, industriale, gas, irrigazione riscaldamento. Tubazioni polimeriche specificatamente dedicate ai mercati petroliferi, chimici e petrolchimici

Indirizzo Via Stefano Ferrario, 8 Busto Arsizio (VA)

Contatti Tel. 0331 344211 info@nupinet.com

Da Pmi a leader globale: la Nupi tra innovazione, sostenibilità e talento

Come si trasforma una piccola impresa di quindici dipendenti in un colosso mondiale della lavorazione della plastica? Marco Genoni, amministratore delegato di Nupi Industrie Italiane e figlio di quel Luigi Genoni che, più di mezzo secolo fa, diede il via, a Imola, alla Nupi Spa, risponde con il piglio concreto di chi ha saputo connettere fra loro ricerca, responsabilità d’impresa, etica e sostenibilità: «La nostra forza sono le persone che lavorano con noi: ingegneri che formano le new entry e giovani che contribuiscono ad ammodernare l’azienda perché, in molti casi, insegnano l’uso dei software a chi è qui da tanti anni». E se la forza sta nelle competenze e nelle idee anche i numeri giocano un ruolo sostanziale: sono 350 i dipendenti distribuiti tra le sedi produttive di Busto Arsizio, Castel Guelfo di Bologna e Imola e circa 90 quelli che lavorano a Houston (Texas) e Early Branch (South Carolina).

PORTARE LA PROFESSIONALITÀ ITALIANA IN AMERICA

L’America non è più un sogno, ma Marco Genoni sa che i mercati si conquistano giorno dopo giorno: «Negli Stati Uniti si produce con una velocità più elevata rispetto agli standard italiani, però il nostro obiettivo è di portare la professionalità Made in Italy negli Usa, dove le imprese vanno a caccia di chi ci sa fare veramente. I profili più capaci, le imprese se li rubano l’una con l’altra». Da anni accade anche in Italia, e la provincia ne è pienamente coinvolta. Genoni lo sa, ma con i “suoi” ha saputo costruire un rapporto fermo e complice nello stesso tempo. Lo si nota una volta entrati in produzione, dove in una piccola squa-

dra si sta facendo le ossa un ragazzo timido ma sveglio: «Esce da un Its ed è in gamba – afferma il titolare -. Se dimostrerà impegno e costanza, sarà la nostra prossima assunzione».

TRA PMI E MULTINAZIONALI: SI CRESCE SE SI INVESTE

In uno stabilimento di 24mila metri quadrati, la Nupi Industrie Italiane è un fiore all’occhiello di quel distretto della plastica che, da sempre, nutre di brevetti e di imprese il nostro territorio. Leader mondiale nella progettazione e realizzazione di tubi (anche fino a 630 mm. di diametro e anche a doppia parete per le cisterne in vetroresina delle stazioni di servizio) e raccordi in polietilene (i tecnopolimeri sono utilizzati per l’Oil & Gas), sta nel mezzo della filiera: le piccole e medie imprese come fornitori, le multinazionali come clienti. Parola d’ordine: investire. In presse gigantesche e in robotica. Ma anche in ricerca: «Uno fra i più grossi problemi ai quali abbiamo trovato una soluzione è stato quello della resistenza di metalli e plastica agli agenti igienizzanti (ipoclorito di sodio, clorammina e perossido di idrogeno) che vengono aggiunti all’acqua potabile», aggiunge il titolare. Il cerchio si chiude diversificando produzione e mercati, ma l’intuizione conta. Quella del fondatore Luigi Genoni, classe 1936: venditore, in Romagna, di tubazioni in Pvc per il settore dell’edilizia capisce da subito che la plastica dovrà affrontare tante crisi, ma avrà sempre un futuro.

IL GIUSTO MIX TRA VISIONE IMPRENDITORIALE

E INNOVAZIONE

Dal 1972, anno di fondazione del primo stabilimento di Nupi Spa a Imola per la produzione di tubazioni in polietilene per acqua e gas in pressione al 2015, quando nasce Nupi Industrie Italiane, l’azienda supera le sofferenze del mercato con uno sprint che la porta a sempre nuove trasformazioni: negli anni nascono la Geco System Spa per la produzione di raccordi e la Nupi Spa per la produzione di tubi, e nel 2008 le due si uniscono e creano Nupigeco Spa. Ma ciò che fa la differenza è il giusto mix tra visione imprenditoriale e innovazione per poter soddisfare una clientela sempre maggiore, ma anche con richieste qualitative sempre più elevate. Da qui il marchio commerciale Niron per gli impianti idrotermosanitari, la linea di raccordi Elofit per condotte in pressione, il sistema Smartflex per il trasporto di carburanti e fluidi pericolosi e la linea Elosfera per sistemi di trasporto che sfruttano le energie rinnovabili.

ENERGIA SOLARE, TRIGENERAZIONE E RICICLO:

LA SOSTENIBILITÀ È ETICA

La crescita della Nupi è esponenziale, e questo lo si deve anche grazie a quell’attenzione all’ambiente che, oggi, ne fa una fra le realtà all’avanguardia: «Per alcuni tubi, quelli utilizzati soprattutto nell’Oil & Gas e nel trasporto di altri agenti chimici, non possiamo utilizzare la plastica rigenerata perché i prodotti devono avere una garanzia di almeno cinquant’anni. Il filo metallico utilizzato nei raccordi – nikel cromo, rame o ottone – invece lo recuperiamo e lo vendiamo. La parte in plastica viene tritata e usata per altre lavorazioni. Ad oggi, lavoriamo 24mila tonnellate di materiale all’anno con circa l’1% di scarto: l’obiettivo è di arrivare a zero». Ambiente, però, fa rima anche con efficientamento energetico. Qualcosa sul quale mettere l’accento perché, in un’azienda che lavora 365 giorni l’anno, 7 giorni su 7 e h24, l’uso bilanciato delle risorse è determinante.

Ancora Genoni: «Nel 2010 è stato installato un primo impianto fotovoltaico di 1 Megawatt ed ora ne installeremo un altro con la stessa potenza. Ma l’azienda è fornita anche di due impianti di trigenerazione per scaldare e raffreddare ambiente e acqua senza utilizzare il gas».

IL FUTURO VA CONQUISTATO

Di fronte ad investimenti di milioni di euro in macchinari e strumentazioni di ultima generazione - «e non ci fermeremo qui», sottolinea Marco Genoni – la Nupi mantiene fede al mantra sul quale il fondatore Luigi ha costruito il suo successo: “Prevedere il futuro non basta: bisogna conquistarlo”.

Fondazione 1945

Titolari Michela e Livia Conterno

Produzione Termoplastici tecnici per uso ingegneristico

Indirizzo Via Baracca, 7 Vedano Olona (VA)

Contatti Tel. 0332 409111 info@lati.com

La sostenibilità diventerà

Sostenibilità, etica e innovazione: la leadership al femminile di Lati Spa

Michela Conterno, Amministratrice Delegata di LATI Spa, lo sottolinea con un pizzico di emozione: «Siamo una famiglia di non-tecnici che da sempre si porta nel dna l’economia circolare e la sfida della sostenibilità. E la nostra azienda, che nasce ufficialmente nel 1945, si associa da sempre alla plastica, materiale “giovane”». Una data, in particolare, segna il passo della rivoluzione italiana: nel 1954 Giulio Natta, Premio Nobel per la chimica nel 1963, scriveva sulla sua agenda “fatto il polipropilene”. E plastica fu. A partire da Cosimo Conterno, il fondatore. Che ingegnere non era ma, lavorando come commercialista in uno studio di Milano, usa intuito, contatti e slancio visionario per consegnare la LATI ad un destino di leader nel settore dei termoplastici che, negli anni, diventeranno ingegneristici, strutturali, autoestinguenti, autolubrificanti, elettricamente conduttivi, termicamente conduttivi, rilevabili magneticamente, a densità controllata. Caricati o rinforzati con resine naturali, vetro, grafite, carbon black, polimeri antistatici, fibre e nanotubi di carbonio, ceramiche speciali. Gli inizi sono sempre il motore del futuro: in quegli anni Quaranta, la LATI inizia a lasciare il segno riciclando e recuperando i materiali plastici contenuti nei residuati bellici per produrre acetato di cellulosa. Poi, grazie alla collaborazione con la Montedison, sviluppa i primi prodotti rinforzati con fibra di vetro corta e lunga. Il quartier generale è a Vedano Olona, paese a debita distanza dalle grosse città della provincia, bersagliate dai bombardamenti aerei, dove la tranquillità e la ferrovia garantiscono all’azienda un’operosità costante.

QUANDO LA SOSTENIBILITÀ FA RIMA CON COMPLIANCE

Conformità: è la parola alla quale Michela Conterno dedica tempo, risorse e riflessioni. Conformità a norme, standard o best practice che, ormai, deve interessare in modo trasversale tanto le grosse quanto le piccole imprese. La sostenibilità parte da qui: «La nostra azienda – continua la Ceo della LATI – lavora con clienti strutturati a livello mondiale, e l’attenzione nei confronti dell’ambiente e delle persone, soprattutto nelle lavorazioni delle materie plastiche (ingiustamente demonizzate, perché a creare inquinamento è soprattutto lo scorretto uso dei materiali da parte dei consumatori) li porta a chiederci quel rating che certifica il nostro impegno verso la sostenibilità con processi sempre più efficienti, che vadano nella direzione della decarbonizzazione e un utilizzo sempre maggiore di fonti bio o riciclate nelle nostre formulazioni: penso alla gamma LATI di resine sostenibili ed eco-compatibili ottenute anche da fonti rinnovabili e nei polimeri provenienti da riciclo chimico o meccanico e con cariche e rinforzi di origine naturale (per esempio, fibre vegetali o scarti delle lavorazioni alimentari). Nel prossimo futuro la sostenibilità diventerà una condizione obbligatoria per tutti, e chi non si adeguerà avrà serie difficoltà ad occupare quei giovani preparati che, quando si presentano per un’assunzione, di un’impresa guardano prima di tutto la sua anima “green”».

COME FAR CRESCERE LE PICCOLE IMPRESE

Se da un lato la LATI riceve sollecitazioni dalle imprese multinazionali per definire un percorso sempre più sostenibile, dall’altro Michela Conterno sa quanto è importante essere una fonte di ispirazione per le imprese più piccole: «L’aspetto burocratico legato alla compliance è particolarmente impegnativo e le Pmi, che al pari delle altre devono provare la conformità dei loro prodotti, spesso non hanno né la forza economica e neppure le risorse umane per affrontare un tale impegno. E’ qui che l’esperienza e la partnership con LATI può rivelarsi strate- 266 -

gica, partendo da un valore che i Piccoli si portano dentro da sempre: l’attenzione verso l’ambiente, il territorio e la comunità. A queste imprese, con le quali condividiamo valori comuni, ci lega un rapporto di reciproca fiducia: è questa a farci crescere insieme. Ma c’è un altro punto: a fare la differenza, nello sviluppo delle Pmi, sarà la loro capacità nel ritagliarsi spazi importanti nell’offerta dei servizi post-vendita».

IN AZIENDA PER POTER MIGLIORARE IL MONDO

Per Michela Conterno, diploma al Liceo classico e laurea in Economia, il “vivere d’azienda” non è un must imposto dalla continuità generazionale, ma una necessità esistenziale: «Sono entrata in azienda da studentessa universitaria, ed è stato un vero colpo di fulmine. Qui ho trovato qualcosa di estremamente innovativo in grado di offrire, alla mia vita, uno scopo sempre più alto. Lavorare alla LATI incide positivamente sulle mie motivazioni, perché abbinando economia ed etica so di poter migliorare il mondo». Una scelta precisa che ha portato la LATI Spa ad essere Società Benefit per il profitto e per il beneficio comune (inteso, anche, come sviluppo del territorio e dei suoi ecosistemi), riconosciuta con certificazione Great Place to Work®, premiata pochi giorni fa da EcoVadis con la prestigiosa medaglia d’oro (terzo anno consecutivo ad ottenere l’ambito riconoscimento) per il suo impegno nella decarbonizzazione e nella lotta al cambiamento climatico, partner delle associazioni

UNHCR (per l’assistenza ai rifugiati politici) e “Io ti do una mano”, per distribuire ai bambini e ai giovani con menomazioni agli arti superiori protesi provvisorie realizzate all’interno di LATI3Dlab. Laboratorio dell’impresa di Vedano Olona dedicato allo sviluppo di compound tecnici specifici per l’Additive Manufacturing.

NEL FUTURO DELLA PLASTICA C’È UNA LEADERSHIP

AL FEMMINILE

Dopo Cosimo Conterno, il primogenito Giovanni (che introduce in azienda le prime tecnologie moderne di estrusione) e il fratello Francesco (che fa della LATI una realtà internazionale), ora l’azienda è nelle mani delle sorelle Michela e Livia, quest’ultima etologa e Amministratrice Delegata con Delega agli Affari Sociali. A loro il compito di rafforzare quel rapporto tra economia ed etica (che si traduce anche in azioni diffuse di Welfare) che ha fatto di quest’azienda di trecento dipendenti, due sedi in provincia di Varese (a Vedano e a Gornate Olona) e numerose filiali, uno fra i più importanti produttori europei di termoplastici tecnici per uso ingegneristico. Conclude Michela Conterno: «Siamo una multinazionale sempre meno “tascabile” con il 70% di fatturato sull’estero: principalmente in Germania e Francia, ma anche in Asia e Cina. L’obiettivo principale della nostra azienda è quello di puntare sempre più alla sicurezza dei prodotti (per il settore elettrico, elettronico, industriale e dei trasporti) e delle persone attraverso plastiche che siano sicure, durevoli, realizzate con processi sostenibili, adatte a garantire il benessere psico-fisico dei consumatori. E’ per questo che le tecnologie della LATI Spa sostengono la transizione ecologica». Anche, grazie, ad un turnover bassissimo: «A chi lavora con noi - tanti giovani sono ingegneri dei materiali - cerchiamo di offrire i giusti stimoli intellettuali e di farli sentire bene in un ambiente di lavoro generativo, che li aiuti ad esprimere tutte le loro potenzialità. Inoltre, puntiamo su focus group mirati, e sulle giuste motivazioni, per coinvolgere sempre meglio i nostri collaboratori sugli obiettivi aziendali».

Fondazione 1947

Titolari Michele Bandera

Produzione Linee di estrusione per film in bolla e a testa piana

Indirizzo Corso Sempione, 120 Busto Arsizio (VA)

Contatti Tel. 0331 398111 lbandera@lbandera.com

Luigi Bandera Spa: «L’innovazione è uno stato mentale. E fa bene anche all’ambiente»

«L’innovazione è uno stato mentale», e di questo principio la Costruzioni Meccaniche Luigi Bandera Spa ne ha fatto un must. Da sempre. E’ facile accorgersene quando Michele Bandera, membro del Consiglio di amministrazione dell’azienda, ti accompagna dentro e fuori i capannoni della sede di Busto Arsizio fino a farti sentire piccolo, piccolo di fronte ad un gigante d’acciaio che rappresenta, nella produzione dell’azienda, un gioiello di ingegneria. E che, nella sua maestosità, è un’espressione compiuta delle vette raggiunte dalla Bandera Spa nella progettazione e produzione di linee per l’estrusione di materie plastiche per il packaging & converting (film in bolla, foglia lastra). In sole quattro parole: tecnologia, innovazione, ricerca e sperimentazione.

NON C’È EFFICIENZA SENZA RICERCA

Nata ufficialmente nel 1947, ma già attiva due anni prima, l’azienda trova in Luigi Bandera un vero precursore di quello che sarà, prima in Italia e poi nel mondo, il futuro dell’estrusione nelle materie plastiche. Una vite da 60 millimetri dà il via all’avventura di questa famiglia che, negli anni Cinquanta, è già un modello imprenditoriale pronto ad accreditarsi come leader del settore nel 1980. Anno in cui l’azienda si certifica ISO 9001. Il percorso per un’affermazione senza confini si compie velocemente fino ad arrivare al 2015, anno in cui viene inaugurata The House of Extrusion® per le attività di R&S e i test sulle linee di produzione complete. A questa si aggiunge il laboratorio EA – Extrusion Academy®, che porta Bandera ad occupare l’inte-

ro processo aziendale, dalla ricerca allo scale up industriale (realizzazione di impianti in scala industriale sulla base di una sperimentazione preliminare condotta su un modello di minori dimensioni).

Al centro ci sono sempre i clienti, con le loro esigenze sempre più personalizzate: a queste si risponde con consulenze di engineering mirate e la rete globale di servizi post-vendita a livello internazionale.

UN’AZIENDA ENVIRONMENTALLY FRIENDLY SI RACCONTA NEL BILANCIO DI SOSTENIBILITÀ

In tutto questo, trova posto la sfida aperta dalla transizione ecologica e le azioni con le quali la Luigi Bandera Spa ha deciso di affrontarla. Michele Bandera parla di «environmentally friendly. Di un’impresa rispettosa dell’ambiente che, nel 2022, ha pubblicato il suo primo Bilancio di sostenibilità. Un passo nato dai frequenti audit che abbiamo tenuto presso gli stakeholder per capire quale fosse la loro percezione nei confronti della nostra azienda e del suo impegno nei confronti dell’ambiente.

Per quanto riguarda il rapporto tra scelta del posto di lavoro e impresa green, posso dire che la transizione ecologica non è ancora considerata un vero driver in grado di incidere sulla decisione del collaboratore. Sul tema dello smart working c’è una sensibilità più elevata».

UP-CYCLING: ECOLOGICAMENTE (ECONOMICAMENTE) SOSTENIBILE

Ma l’impresa, che per sua stessa definizione è un soggetto in divenire, si trasforma. Ed è proprio per questo che in quest’azienda di Busto Arsizio è stata lanciata un’apposita business unit dedicata al tema del riciclo. Ancora Michele Bandera: «Nelle materie plastiche, la parola riciclo ha dato una vera svola al settore perché la sensibilità è cambiata. Così, si risponde alla sfida green con una plastica che viene recuperata, rigenerata e riutilizzata per scopi nobili. La materia prima-seconda di cui si parla sempre più spesso ormai circola normalmente nelle aziende. Ma bisogna essere chiari: la plastica, come la si conosce oggi, non scomparirà. Neppure tra dieci anni». Come cambiare passo? «Bisogna investire, e tanto, nella R&S per rendere il processo di riciclo il più efficiente possibile. Ma molto dipende anche dal consumatore finale». Una risposta concreta al problema, la Luigi Bandera Spa la dà con le Tecnologie Recycling. E’ qui che l’ecologicamente sostenibile diventa economicamente sostenibile con la sinergia tra tecnologia, ricerca e approccio customer-centric. E con macchine dedicate al riciclo post-industriale e post-consumo per garantire all’estrusione del riciclato gli stessi range di qualità e quantità della materia prima tradizionale. In sintesi, si punta alla nobilitazione dei materiali riciclati.

UN ECOSISTEMA CHE INVESTE E RINNOVA: LA DIGITALIZZAZIONE AL CENTRO

Con un fatturato estero all’85%, una filiale negli Stati Uniti (aperta nel 2019) e una Cina, sei centri di assistenza a coprire tutti i Continenti, una fitta rete di agenti e più di duecento dipendenti, la Bandera scommette anche sulla digitalizzazione, che «qui è trasversale su tutte le funzioni aziendali – prosegue Michele Bandera – e che chiediamo venga introdotta in tutta la filiera dei nostri fornitori: con le multinazionali è più semplice, ma ci sono buoni risultati anche con le realtà medio-piccole. A

legarci alle une e alle altre è proprio questa necessità di investire e rinnovare, perché Bandera pensa al mondo imprenditoriale come ad un unico ecosistema».

GIUSTO PREZZO E BRAVURA NON BASTANO PIÙ

Insomma, la crescita dell’azienda deve coinvolgere tutti: è questo il punto sul quale si concentra il giovane imprenditore. Perché «insieme si possono “imparare” nuovi modi di lavorare. Un passo necessario di fronte ad una clientela sempre più multinazionale che ci chiede non solo performance sempre più elevate e prezzi giusti, ma anche risposte pronte sugli aspetti contrattualistici, legali, nell’assistenza post-vendita, nella sostenibilità, nella continuità generazionale, nell’organizzazione snella. E puntualità». Ma la filiera non si deve inceppare, e qui il discorso si fa ancora più pragmatico: «E’ fondamentale distribuire il proprio carico di lavoro su più Pmi con un’attenzione al territorio: tanta minuteria e piccoli componenti vengono realizzati per noi da molte aziende famigliari della provincia».

LA JOB ROTATION AIUTA AD ESSERE PIÙ ATTRATTIVI

«E’ un’altra sfida sulla quale si devono concentrare le imprese: essere attrattive nei confronti dei propri collaboratori e di quelli che entreranno a fare parte del team – dice Michele Bandera -. Per farlo, si deve proporre qualcosa di allettante ai dipendenti sotto il profilo delle soddisfazioni e della crescita personale. Valorizzandoli e premiandoli anche con un piano carriera. Bisogna aiutarli a realizzare le proprie aspirazioni. E’ per questo che alla Bandera il turnover è molto basso. Cosa può aiutare? La “job rotation”: i futuri titolari devono entrare in azienda ancora giovani e passare del tempo in produzione, nei diversi processi dell’impresa, per conoscere nei minimi particolari il loro funzionamento. Qui tutti abbiamo fatto così: io, i miei fratelli e i miei cugini».

OMNIA PLASTICA SRL

Fondazione 1950

Titolari Luca Castellanza

Produzione Semilavorato plastico tecnico ed industriale

Indirizzo Via Certosa, 7 – Busto Arsizio (VA)

Contatti Tel. 0331 340153 info@omniaplastica.it

Rischiamo

di farci del male, perché se da un lato c’è la teoria dall’altro ci deve essere un approccio pragmatico

Dalle Olimpiadi ai treni: l’innovazione sostenibile di Omnia Plastica

Giochi olimpici di Rio, 2016: Michael Phelps si tuffa. Sbraccia, quasi senza respirare. I suoi soprannomi dicono tutto: il proiettile per alcuni, il cannibale per altri. Divora e sfreccia. In acqua. E in quelle Olimpiadi straccia qualsiasi record con il quarto oro consecutivo nei 200 misti. E un paio di occhialini firmati, per quanto riguarda un componente molto piccolo ma di elevato contenuto tecnologico, Omnia Plastica Srl da Busto Arsizio: «Realizzati su richiesta di Phelps – dice Luca Castellanza, amministratore delegato dell’azienda – per avere una maggiore visione laterale». Non è raro che un’impresa sportiva nasca da un’avventura imprenditoriale: in entrambi i casi si lavora per garantire la performance più alta. La prestazione migliore. Il risultato che lasci il segno.

IL POLICARBONATO SUPER RESISTENTE

CHE FA MUOVERE I TRENI

Così accade alla Omnia Plastica dove il policarbonato trasparente – con il quale l’azienda realizza anche visiere e caschi per la Formula 1, il Moto GP e le Forze dell’Ordine (con la Bell Safety Defence & Security), scudi antisommossa e ha sperimentato i vetri laterali per la Ferrari F430 - si trasforma in uno fra i materiali più resistenti al mondo. Il come lo si fa è presto detto: il trattamento hard coating rende le superfici anti-graffio, anti-fog e garantisce la resistenza ai raggi ultravioletti. Con la crisi del settore moto, conoscenze ed esperienze hanno espresso tutta la loro validità nell’illuminotecnica, nel medicale, nel navale e nelle ferrovie: «In questo settore la Omnia Plastica – dice Luca Castellanza – ha

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fatto la storia perché è stata la prima, tra le tre imprese in tutta Italia, a realizzare in policarbonato gli involucri per i semafori di segnalamento per i treni». E poi, prodotti per il life style, l’arredo e particolari per le lampade degli studi odontoiatrici.

LA PLASTICA DALLA A ALLA Z CHE PIACE

ANCHE ALLA BARILLA

Gruppo imprenditoriale da centocinquanta dipendenti disseminati tra Italia (Busto Arsizio, Cinisello e Parma), Olanda (nel 1972 nasce la Industrial Plastics Europe) e Inghilterra (con le società Plastim e Plastem), la Omnia Plastica – impegnata nella transizione verso la terza generazione con gestione affidata ad un manager esterno alla famiglia - opera nell’intera filiera del semilavorato plastico tecnico e industriale concentrando la propria attività su un vasto spettro che va dall’estrusione alla polimerizzazione anionica. E nell’infinito mondo della plastica dà il meglio di sé, perché buona parte dei prodotti che si usano quotidianamente vengono stampati proprio qui, a Busto. Ma anche a Parma, con la filiale che collabora direttamente con Barilla grazie al trattamento di quei materiali che sono studiati appositamente per il contatto alimentare.

GREENWASHING: «RISCHIAMO DI FARCI DEL MALE»

Impegnata anche nello stampaggio di fibra composita, l’azienda arriva preparata all’appuntamento con la sfida lanciata

dall’Unione Europea sul futuro dei polimeri. Luca Castellanza lo sottolinea con orgoglio, ma non manca di lanciare un allarme: «Ricicliamo da anni, ma questo nostro impegno lo pubblicizziamo forse poco. Alla Fiera K di Duesseldorf, la vetrina più importante al mondo per il settore dei polimeri, nel 2022 era tutto verde e azzurro: ovunque c’era, e si parlava, di greenwashing». Parola magica di questi ultimi anni, e concetto etico, del quale però non sempre si fa un buon uso. L’amministratore delegato, laureato in Chimica industriale con esperienze giovanili nell’insegnamento e in Indonesia («per questa esperienza dirò sempre grazie a Omnia Plastica»), è chiaro: «Rischiamo di farci del male, perché se da un lato c’è la teoria dall’altro ci deve essere un approccio pragmatico al tema: a fare il bene della plastica saranno sì le imprese, con le loro scelte, ma soprattutto il consumatore finale. Che dovrà cambiare approccio nei confronti dei prodotti: se c’è un piccolissimo difetto nel packaging, che però non influisce sulla funzionalità dell’oggetto, non è detto che questo debba essere buttato. Con un atteggiamento di questo tipo si avranno migliaia di pezzi scartati in un solo anno con un incremento insostenibile dell’inquinamento».

PER CAMBIARE SERVE TEMPO.

TRANSIZIONE

GREEN? PUNTIAMO SUL RICICLO

Strategie possibili? «Puntare sul riciclo, ma anche sull’efficientamento energetico dei macchinari». Con un fatturato estero

che si aggira sul 30%, l’azienda nasce nel 1950 «e si rafforza negli anni con la lungimiranza del suo fondatore, Pierino Castiglioni, che apre le prime filiali all’estero. Seguendo i suoi insegnamenti, abbiamo poi aperto quelle in Sudafrica e Indonesia», ricorda Luca Castellanza. Che trovandosi nel mezzo della filiera - «i nostri semilavorati vengono trattati dalle aziende del settore della meccanica per produrre componenti per tantissimi comparti» - sa quanto la transizione green «non debba soggiacere alla tagliola dei tempi, perché c’è plastica e plastica. E la nostra azienda, così come tante altre, lavora in un settore dove l’approccio ai materiali non può cambiare dall’oggi al domani. L’unica via d’uscita è trovare al più presto soluzioni innovative».

A CACCIA DI GIOVANI, MA DEVONO ESSERE SERI E FLESSIBILI

Soluzioni che devono interessare anche la mancanza di figure professionali. Ancora l’amministratore delegato: «Abbiamo bisogno di giovani che abbiano voglia di scoprire e fare cose nuove. Faccio un esempio: in azienda si lavora anche con i robot antropomorfi; quindi, bisogna acquisire le competenze per programmarli. La conoscenza dei linguaggi informatici, elettronici e meccatronici è fondamentale. Ingegneri? Questi sono i più adatti, ma chi ha fatto un percorso triennale va più che bene. Così come sono ben accetti i diplomati degli istituti tecnici che dimostrino serietà e impegno. Non dimentichiamo, però, che a rischiare tanto sono anche quei mestieri artigianali che per le nuove generazioni non sono “cool”. Una manualità, e una cura dei particolari, che danno un vero valore aggiunto ai caschi per moto realizzati dalla Omnia Plastica».

La conclusione di questo libro rappresenta un punto di arrivo significativo per tutte le storie di impresa che sono state raccontate. Ogni azienda ha affrontato sfide uniche, ha superato ostacoli e ha raggiunto successi straordinari. Tuttavia, le loro storie non finiscono qui.

Guardando al futuro di questo lavoro, quello dell’imprenditore, emergono tendenze e opportunità nuove. Innanzitutto, l’innovazione tecnologica continuerà a essere un fattore chiave per il successo delle imprese. Le aziende che saranno in grado di adattarsi rapidamente ai cambiamenti tecnologici avranno un vantaggio competitivo significativo.

In secondo luogo, la sostenibilità diventerà sempre più importante nel mondo del saper fare. Le aziende che adottano pratiche sostenibili e responsabili avranno maggiori possibilità di attrarre clienti e investitori. La consapevolezza ambientale e sociale sarà fondamentale per il futuro di questo lavoro.

Inoltre, la globalizzazione continuerà a influenzare il settore delle imprese. Le aziende dovranno essere in grado di operare in un contesto internazionale e di adattarsi alle diverse culture e mercati. La capacità di gestire la diversità e di creare colla-

borazioni internazionali sarà cruciale per il successo delle imprese.

Infine, l’imprenditorialità giocherà un ruolo sempre più importante nel futuro. Nuove idee e nuovi modelli di business continueranno a emergere, offrendo opportunità sia per le start-up che per le aziende consolidate. L’agilità e la capacità di adattarsi al cambiamento saranno fondamentali per sopravvivere in un mondo in continua evoluzione.

Questo libro ha raccontato storie di impresa straordinarie e ha evidenziato il senso del futuro di questo non facile mestiere. Le aziende che saranno in grado di adattarsi ai cambiamenti tecnologici, adottare pratiche sostenibili, operare a livello globale e abbracciare l’imprenditorialità saranno quelle che avranno successo. Questo significa investire nella formazione continua, promuovere una cultura dell’apprendimento, dimostrare impegno verso la sostenibilità e sfruttare la collaborazione e l’open innovation. Il futuro del lavoro in questo settore è promettente, ma richiederà un impegno costante e una volontà di adattarsi alle sfide che verranno.

Direttore generale Confartigianato Varese

Mauro Colombo

Il manifesto degli imprenditori

Fare l’impresa oggi

La nostra forza

sono le persone che lavorano con noi

Marco Genoni- Nupi Industrie Italiane

Il nostro successo è in gran parte merito di lavoratori capaci, fedeli e leali

Davide Zucchelli - Plastì

I clienti arrivano con un problema, noi con la soluzione. Ma ci vuole rapidità

Federico Mella - Ernesto Vaj

Il manifesto degli imprenditori

Fare l’impresa oggi

Per noi ogni richiesta dei clienti

è sacra. È legge

Paolo Mazzucchelli - Mei International Srl

Supply chain corta, customizzazione e industrializzazione sono i nostri punti di forza

Clemente Sironi - Tessitura Enrico Sironi Sas

Fai ciò che devi, e fallo al meglio

Alberto Affetti - Affetti Pumps

Il manifesto degli imprenditori

Fare l’impresa oggi

Fare sempre un passo in più rispetto a quello che si è fatto ieri

Carmelo Zema - Officine Meccaniche Zema Srl

Le porte dell’azienda sono sempre aperte perché crediamo nella nostra responsabilità sociale

Fabio Visentin - Ricamificio Levi Srl

Il vero fine è durare nel tempo e fare utili è solo un mezzo che serve per dare un futuro alla tua attività

Francesco Magnoni - Magnoni Francesco Srl

Il

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Il nostro segreto? Cambiare rapidamente e crescere con i nostri clienti

Marco Colmegna - C.T. & T. Srl

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