La superiorità del civile
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Immaginiamo esistano, in un determinato settore, due tipi d’imprese: la prima orientata alla massimizzazione del profitto, ovvero alla massimizzazione della ricchezza di una specifica categoria di portatori d’interesse (gli azionisti), la seconda orientata ad un più ampio criterio di responsabilità sociale che si propone di massimizzare l’interesse di una più vasta categoria di stakeholders (consumatori, lavoratori, comunità locale oltre agli azionisti). Su quali basi la cultura economica dominante presuppone che la seconda sia più adatta della prima a tutelare l’interesse di tutti, che coincide in piccolissima parte con quello dei proprietari delle azioni? La risposta semplicistica è che questo avviene grazie alla concorrenza, che è quella mano invisibile che trasforma gli interessi individuali degli im-
prenditori delle imprese del primo tipo, in benessere per la collettività attraverso la concorrenza sui prezzi. La realtà dei fatti, è che il teorema della concorrenza perfetta richiede talmente tante condizioni per poter funzionare da essere l’eccezione più che la realtà. Opacità informative, poteri di mercato, danni collaterali a terzi e beni pubblici rendono il funzionamento della mano invisibile altamente improbabile. Ecco perché, come verifichiamo facilmente di persona, tutte le volte in cui l’interesse dell’azionista è in contrasto con quello di consumatori, lavoratori e comunità locali è il primo a vincere sui secondi. Alcuni diranno che la reputazione è un meccanismo potente che impone all’impresa di non tradire i consumatori a beneficio degli azionisti, se la stessa vuole che i consumatori continuino a comprare il proprio prodotto. La realtà dei fatti è che la reputazione funziona solo se la relazione tra impresa e