Compassion Mag N. 1/2018

Lago Volta | Ghana

—Compassion Mag N. 01/2018

LAVORO MINORILE: A! È TEMPO DI DIRE BAST

LAVORO MINORILE

RUANDA

DALL’ITALIA

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I bimbi schiavi del Ghana

Imperdonabile

Angelo Maugeri e i bimbi masai

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La filiera della schiavitù

Viaggio missionario

Un docufilm su Compassion

Rivista periodica di COMPASSION ITALIA ONLUS | Poste Italiane | Spedizione in a.p. | Art. 2 Comma 20/C | Legge 662/96 | D.C. | D.C.I. Torino – N. 01/2018

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Silvio Galvano | Direttore di COMPASSION ITALIA

Cari amici, è arrivato il momento di farci sentire con forza e determinazione contro la piaga dello sfruttamento dei bambini.

Partiamo da un presupposto importante: il lavoro minorile coinvolge tutti noi da molto più vicino di quanto sembri.

Infatti, dietro molti dei prodotti che acquistiamo tutti i giorni si nascondono gli artigli dello sfruttamento dei bambini. Che si tratti di agricoltura, pesca, industria tessile o miniere di metalli preziosi poco importa: non c’è settore produttivo esente da questo dramma.

Parliamoci chiaro: nel mondo ci sono 168 milioni di bambini vittime di un sistema economico assetato di denaro e di aziende alla ricerca di lavoratori a basso costo, senza nessun diritto.

Proprio in questo momento, mentre scrivo queste parole, sono sicuro che in una fabbrica gremita e maleodorante dell’Indonesia ci sia una bambina con lo sguardo spento, impegnata a cucire un abito griffato che non potrà mai indossare.

Nello stesso istante, su una barca pericolante tra le onde del lago Volta (Ghana), sono certo un bambino stia cercando con tutte le sue forze di tirare una rete carica di pesce. Consumato dalla fatica, verrà picchiato se la rete si rovescerà in acqua.

Sono bambini che lavorano da mattina a sera, spesso minacciati, torturati e, in alcuni casi, persino uccisi quando ritenuti non più utili.

Sono bambini costretti ad abbandonare i loro sogni, i loro giochi e l’affetto delle loro famiglie. In poche parole, costretti ad abbandonare la loro infanzia – quei brevi anni di vita che dovrebbero essere pieni di gioia, speranza e amore.

Dobbiamo dirlo chiaramente: chi si arricchisce sulle spalle dei più piccoli, disprezza le loro vite e al tempo stesso disprezza il loro Creatore.

Pensare a queste realtà fa male, ma non possiamo fingere che non esistano. Allo stesso tempo, dobbiamo trasformare la nostra indignazione in azioni concrete.

Prima di tutto, possiamo prestare più attenzione ai prodotti che acquistiamo. Ma non basta.

Per i piccoli più vulnerabili del nostro pianeta c’è una grande opportunità, che anche grazie a te possiamo donare loro: la possibilità di andare a scuola e di conoscere l’amore di Dio. Nei centri Compassion i bambini possono studiare, giocare e sviluppare la propria personalità senza dover forzare il processo di crescita.

Mentre sfogli questa rivista e leggi storie di bambini liberati dallo sfruttamento, pensa a tutti i piccoli che non possono godere della propria infanzia.

Aiutaci a far conoscere questo terribile fenomeno tra i tuoi amici e spiega loro quanto sia importante il sostegno a distanza: salvare bambini vulnerabili significa, prima di tutto, riconoscere la sacralità dell’infanzia e del diritto allo studio e al gioco.

— I bimbi pescatori del lago Volta

Lago Volta | Ghana

Minacciati, malnutriti, picchiati, a volte uccisi. In una parola, schiavi

I rami degli alberi abbattuti si impadronivano delle reti ed Ebenezer veniva spinto in acqua per districare le corde.

Dagli occhi sgorgavano lacrime di rabbia e angoscia, i polmoni bruciavano e mentre la melma circondava il suo corpicino, Ebenezer invocava Dio con tutto se stesso: voleva tornare dalla nonna, voleva tornare a casa.

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Quando lo “zio” battè il bastone contro la porta, era ancora buio.

Ebenezer si svegliò con il terrore di venire picchiato.

Insieme agli altri bambini, uscì dalla baracca e si mise in fila per raggiungere la riva del lago.

I piedi scivolavano nel fango mentre la maglietta, ormai logora e strappata, si

impigliava tra gli arbusti.

Quando raggiunsero la barca, la trovarono impantanata. Sentendo le minacce dello zio, i bambini corsero verso l’imbarcazione e la spinsero, con estrema fatica, fino a quando l’acqua era troppo alta per toccare la terra con i piedi. Quindi salirono e si appollaiarono tra le reti e le esche.

Il motore iniziò a rombare e la puzza di diesel e di sangue di pesce si conficcò nelle narici di Ebenezer. Alla ricerca di un po’ di sollievo, alzò il mento verso il cielo. Chiuse gli occhi.

Sembrava fosse passata un’eternità da quando aveva visto sua nonna per l’ultima volta.

Il lago Volta in Ghana è il più grande lago artificiale del mondo. È fonte di vita per decine di città e villaggi che si raggruppano sulle sue sponde: intere comunità guadagnano da vivere sulle barche e nei mercati. Molto spesso, il pesce pescato finisce sulle tavole delle famiglie europee e nordamericane.

Ma migliaia di pescatori (o, più precisamente, bambini pescatori) non sono lì per scelta. Subiscono sulla propria pelle l’orrore dello sfruttamento minorile; le loro famiglie sono state ingannate, le loro infanzie sono ricordi sbiaditi che presto svaniranno per sempre.

“La tratta di bambini è un problema legato alla povertà”, spiega Henry Amanor, direttore del centro Compassion di New Ningo, la città d’origine di Ebenezer.

“Mettetevi nei panni delle famiglie: avete tre bambini che non vanno a scuola, non ci sono i soldi nemmeno per mangiare e qualcuno vi promette di far lavorare uno dei vostri figli, portarlo a scuola e dargli uno stipendio. Chi di voi rifiuterebbe questa offerta?”

Così, messi davanti a questa prospettiva, molti genitori “cedono” i propri figli per meno di 70 euro. I trafficanti promettono loro che i piccoli verranno portati a pochi chilometri dal villaggio, ma in realtà vengono caricati in massa su furgoni che li conducono molto lontano, da dove non potranno mai trovare la via di casa.

Le famiglie povere come quella di Ebenezer sono il bersaglio preferito dei trafficanti. Quando sua madre morì, Ebenezer aveva solo pochi mesi. Sua nonna Comfort lo prese e lo portò a casa sua.

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“Mi prendo cura di nove nipoti”, spiega Comfort. “Ciascuno di loro è stato abbandonato dal proprio padre”.

Quando lo “zio” apparve per la prima volta a casa di Comfort, Ebenezer aveva sei anni. Cercava giovani lavoratori per la sua barca da pesca. Un lavoro che avvrebbe reso tutti ricchi, diceva.

Le sue promesse erano vuote, vuote come il suo sorriso.

Ascoltandolo, Comfort tirò un sospiro di sollievo. Vendeva frutta e verdura al mercato del villaggio. Ogni volta riusciva a tirare su qualche spicciolo, ma era sempre troppo poco per dare da mangiare a tutti i suoi nipoti.

Così quando l’uomo si offrì di prendere con lui tre dei bambini, Comfort accettò. Era triste, ma allo stesso tempo sapeva che avrebbero avuto qualcosa da mangiare e un posto dove dormire.

In più, lei avrebbe avuto qualche soldo in più per gli altri bambini.

Prese la sua decisione. Li lasciò andare.

Per tre anni Ebenezer lavorò sul lago Volta, per la cui creazione erano state distrutte tutte le forteste circostanti. Gettava le reti e le risollevava fino a quando le sue spalle non bruciavano e le sue mani si tagliavano e sanguinavano.

I rami degli alberi abbattuti si impadronivano delle reti ed Ebenezer veniva spinto in acqua per districare le corde. Dagli occhi sgorgavano lacrime di rabbia e angoscia, i polmoni bruciavano e mentre la melma circondava il suo corpicino, Ebenezer invocava Dio con tutto se stesso: voleva tornare dalla nonna, voleva tornare a casa. A volte, quando la disperazione non lasciava spazio a nessun altro pensiero, pregava di sopravvivere. Tanti suoi compagni erano affogati nel lago.

La tratta di esseri umani è illegale in Ghana. Ma a bordo delle barche del lago Volta non c’è legge. I bambini vengono regolarmente picchiati a colpi di remi o frustati con corde e cavi elettrici. Molti vengono privati del sonno, soffrono di malnutrizione, sono vittime di ogni tipo di violenza sessuale e fisica.

Le loro testimonianze parlano di crimini inenarrabili. Vengono loro negate cure mediche, istruzione e riposo. Se cercano di fuggire, vanno incontro a morte o terribili torture.

Non c’è altra parola: sono schiavi.

A centinaia di chilometri di distanza, Comfort era preoccupata per la sorte dei suoi nipoti. Non riusciva nemmeno a dormire.

Col passare dei mesi, i suoi dubbi sulla sicurezza dei bambini crebbero. Era tormentata dalla preoccupazione di aver preso la decisione sbagliata. Anche se in povertà, forse i suoi nipoti sarebbero stati meglio in casa con lei.

“Una sera, prima di addormentarmi, pregai. A un tratto, un pensiero balzò nella mia mente: io non sono mai andata a scuola, non potevo permettere che anche i miei nipoti avessero fatto la stessa fine!

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Così, decisi di andarli a riprendere”, racconta Comfort.

Chiese aiuto ad Henry, il direttore del centro Compassion locale.

Henry le spiegò che Ebenezer e i suoi cugini potevano essere salvati grazie alla chiesa locale e al centro Compassion. L’opprimente povertà che l’aveva spinta verso quella decisione non era insormontabile: dovevano solo affrontarla insieme.

Carica di speranza, Comfort si avviò verso il lago con Henry.

Il loro obiettivo, audace e rischioso, era liberare Ebenezer e i suoi cugini.

La tempesta piombò sul lago come un enorme rapace. I ragazzi urlavano disperati, mentre le onde sballottavano la barca senza sosta. Ebenezer era certo: se non fosse riuscito a tornare a riva, sarebbe morto. Si aggrappò al sedile di legno, accecato dalla pioggia e soffocato dalla paura. Il vento soffiava con violenza sul suo viso. All’improvviso, la prua si alzò verso il cielo. La barca si erse in alto come un cavallo imbizzarrito, fino allo schianto finale.

Ebenezer si ritrovò nell’acqua.

Intorno a lui, i suoi piccoli amici galleggiavano reggendosi ai relitti della barca, scalciando disperatamente per raggiungere la

riva. Per miracolo i bambini riuscirono ad allontanarsi dall’acqua, scampando dalla morte.

La barca era distrutta. Lo zio era rovinato.

Quando Comfort rintracciò il nipote, pianse.

Grazie a Compassion e a Henry, Ebenezer era finalmente libero.

Un nuovo inizio, insieme, si prospettava davanti a loro.

“Da sola non sarei mai riuscita a riportare a casa questi bambini.

Se fossero rimasti sul lago, delle loro vite non sarebbe rimasto più niente”. In tre anni di barca, dopo migliaia di ore di lavoro e angoscia, Ebenezer aveva guadagnato meno di 50 euro.

Oggi Ebenezer sta frequentando gli ultimi anni di liceo e sogna di studiare ingegneria.

Il trauma che ha subito non è facile da dimenticare. Dopo aver lasciato il lago, Ebenezer è stato iscritto al centro Compassion, nutrito dall’amore della nonna e della chiesa locale e incoraggiato dal suo sostenitore, Daniel.

Come Comfort, la maggior parte dei parenti che in tutto il mondo affidano i loro figli ad aguzzini senza scrupoli crede che vivranno in condizioni decenti e impareranno un mestiere.

La realtà è diversa. Non c’è altra parola.

Sono schiavi.

Dona per il Fondo Emergenze Aiutaci a liberarli.

Puoi donare: • tramite bollettino postale allegato • online su compassion.it/donazioni • tramite banca IBAN IT57N 03048 01010 0000000 81848 (causale fondo emergenze - lavoro minorile) Se vuoi liberare un bambino dalla schiavitù racconta questa storia ad un amico e invitalo a visitare la pagina compassion.it

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IL LAVORO MINORILE È UNA PIAGA CHE RIGUARDA OGNUNO DI NOI. DIETRO MOLTI PRODOTTI CHE COMPRIAMO OGNI GIORNO C’È UNA FILIERA CHE COINVOLGE BAMBINI PICCOLI E VULNERABILI. L’UNICA ALTERNATIVA ALLO SFRUTTAMENTO DEI MINORI È L’ISTRUZIONE. NEI NOSTRI CENTRI LAVORIAMO SENZA TREGUA PER AIUTARE LE FAMIGLIE A ISCRIVERE I BAMBINI A SCUOLA.

Caffè Profumato, intenso, dall’aroma inconfondibile: il caffè di qualità arabica è apprezzato in tutto il mondo… e ancora di più in Italia! Ma solo pochi sanno che spesso a coltivarlo sono bambini. Al confine tra Messico e Guatemala, piccoli di 6 anni vengono costretti a lavorare tutto il giorno nelle piantagioni. Controllati da guardie armate che li picchiano e li minacciano. Spesso arrivano a fine giornata senza aver potuto mangiare un pasto completo.

Mi chiamo Diego e ho 9 anni. Ogni giorno passo 14 ore nel fango per raccogliere i chicchi di caffè.

A fine giornata, quando torno a casa, ho le braccia piene di ferite e di punture di zanzare. I miei padroni mi danno da mangiare solo se raccolgo abbastanza caffé.

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Oro

Dal 1890, in Tanzania i bambini lavorano nelle miniere d’oro. I loro sfruttatori non hanno licenze e gestiscono le estrazioni in totale illegalità. Molti piccoli “vivono” nelle cave per mesi interi e guadagnano meno di un euro al giorno.

L’impiego dei più piccoli abbassa il costo di estrazione: per questo, l’oro della Tanzania è venduto in Asia e in Europa, dove è utilizzato per produrre componenti di smartphone e orologi.

Vestiti

Dietro i capi firmati di alcune marche famose - anche d’alta moda - ci sono le gracili mani di bambini.

Vengono utilizzati in tutta la produzione: dalla raccolta del cotone alla filatura, dalla tessitura al confezionamento degli abiti. Nelle affollate fabbriche tessili del Tailandia, i bambini subiscono gravi infortuni a contatto con macchinari pericolosi e vernici tossiche proibite nel resto del mondo.

Mi chiamo Justin e ho 11 anni. Da quando i miei genitori sono morti, lavoro in miniera per dare da mangiare ai miei due fratelli più piccoli Ho sempre male alla schiena perché sto curvo tutto il giorno.

Sogno di andare a scuola, non ci sono mai stato.

Mi chiami Bithi, ho 11 anni e lavoro in fabbrica da quando ne avevo 9.

Mi danno un euro al giorno, ma solo se riesco a confezionare 480 paia di jeans.

Vorrei scappare ma non posso, sono stata promessa in sposa al mio caporeparto.

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7 Aprile 1994. Ruanda.

Gli hutu, che detengono il potere nel Paese, mettono in atto uno dei genocidi più efferati della storia.

In 100 giorni, circa un milione di persone di etnia tutsi viene ucciso a colpi di machete.

Estate 2017. Ruanda.

Alice è una sopravvissuta di 45 anni.

Nel genocidio ha perso una figlia e una mano. E una parte di sé.

Per anni ha vissuto consumata dal dolore e dall’odio.

L’ultima cosa che Alice può aspettarsi è che il suo carnefice venga a chiederle perdono.

Nella foto sotto: la protagonista Alice mentre prepara il pranzo. Durante il conflitto del 1994, in cui sono morte circa un milione di persone, Alice ha perso una figlia e una mano.

IMPERDONABILE U N A M A N O TA G L I ATA . U N A R I C H I E S TA D I P E R D O N O .

Girato e prodotto da Giosuè Petrone, Imperdonabile è l’incredibile storia di riconciliazione tra Alice, una donna spezzata dal dolore, ed Emmanuel, l’uomo che ha distrutto la sua vita. “Un raccontoverità che lascia col fiato sospeso”, ha scritto La Repubblica nella recensione del film, patrocinato da Compassion Italia.

“Ho voluto produrre e dirigere Imperdonabile perché volevo investigare le dinamiche di. un odio WWW IMP E R Dprofondo O N A B I Lche E . I si T trasforma in coraggio di confessare e chiedere perdono”, spiega il regista, che sta portando il documentario in giro per l’Italia con un tour di proiezioni. “Mi chiedevo se fosse possibile che un carnefice che ha ucciso 31 persone potesse veramente pentirsi. Come può un uomo arrivare a fare tanto male? E perché si pente?”

Dopo aver conosciuto Alice ed Emmanuel e scoperto il modo in cui è nata la loro incredibile amicizia, Giosuè ha deciso di raccontarla per portare un messaggio assolutamente fuori dall’ordinario. “Ci sono delle cose che non si possono spiegare e vanno vissute. Avevo sempre con me la videocamera per documentare, volevo che anche altri potessero sperimentare l’impatto di una storia del genere. È strano notare che nella cultura occidentale (che si ritiene molto emancipata) si sia perso il valore morale del perdono. La mia speranza è che questo documentario possa lasciare delle domande allo spettatore, e che le risposte possano portare un cambiamento positivo e pratico”.

Il documentario ha ricevuto la menzione d’onore al “Best Shorts Humanitarian Award 2017”, unendosi al gruppo di vincitori di alto profilo che sono stati selezionati poi agli Oscar e agli Emmy.

Vuoi organizzare una proiezione di Imperdonabile nella tua città? È possibile ospitare un incontro con il regista in chiese, università, scuole superiori, associazioni, cinema ed eventi.

Per ulteriori informazioni puoi contattare la produzione scrivendo a documentario@imperdonabile.it

ViaggioMissionario

Costo: 1450 euro La quota comprende: volo andata/ritorno da Roma o Milano, visto d’ingresso e tasse aeroportuali, copertura assicurativa, pernottamento in hotel (sistemazione in camera doppia), pasti (bevande incluse), trasporti interni.

Per prenotazioni e informazioni, chiamaci allo 011-7710212 o scrivi a viaggi@compassion.it

Vuoi conoscere anche tu da vicino la storia di perdono e riconciliazione del Ruanda, che ha ispirato il film Imperdonabile?

Viaggia con Compassion Italia alla scoperta di uno dei paesi più affascinanti dell’Africa.

Potrai incontrare i bambini sostenuti nei nostri centri e parlare con le persone che hanno vissuto la guerra civile e ora partecipano attivamente al processo di ricostruzione. Il viaggio è in collaborazione con GenerAzione, il movimento giovani della Chiesa apostolica, ed è patrocinato dall’Alleanza evangelica italiana.

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Insieme ad altri artisti internazionali, a gennaio Angelo Maugeri ha visitato alcuni centri Compassion in Kenya, dove ha registrato il videoclip del suo singolo “Celebra il Re”. Nelle foto, alcuni momenti con i bambini di Mathare, baraccopoli di Nairobi, e dei villaggi masai.

“C’è un’immagine che rimarrà per sempre nel mio cuore. Quella dell’accoglienza di Ester e dello staff del centro Compassion che lei frequenta. Quando raggiungi la baraccopoli l’impatto è disarmante. Eppure, vedere l’affetto con cui vieni accolto è qualcosa difficilmente raccontabile a parole”.

Angelo Maugeri, cantautore e da diversi anni punto di riferimento della musica cristiana in Italia, ha deciso di sposare la causa di Compassion mettendo il suo talento a servizio dei bambini più vulnerabili.

Lo scorso gennaio, insieme ad altri artisti di fama internazionale come l’argentino Ulises Eyherabide (della leggendaria rock band Rescate) e lo spagnolo Alex Sampedro, Angelo è stato in Kenya per un viaggio missionario che lo ha portato a vivere a stretto contatto con il dramma della povertà urbana degli slum di Nairobi e a conoscere da vicino la situazione dei villaggi masai nel cuore della savana. In più, è stata l’occasione per conoscere Ester, la bimba di sei anni che sostiene a distanza.

“Descrivere cosa mi ha colpito di più del viaggio è difficile”, racconta Angelo, “perché le emozioni sono state davvero tante. Ero già stato in Africa nel 2013, ma non avevo mai visto la realtà della baraccopoli. Momenti incredibili che ti fanno capire quanto lavoro c’è da fare. Non posso che ringraziare Dio per l’opera che Compassion sta facendo a Nairobi!”

Un cambiamento tangibile, a partire dalla piccola Ester. “L’incontro con lei è stato davvero forte. È impressionante come con un piccolo contributo si possa cambiare una vita; invito tutti quelli che mi leggono a sostenere un bambino a distanza. Ma fatemi dire di più: scriverle è qualcosa di straordinario, ma incontrarla è un’esperienza che consiglio ad ogni sostenitore. Abbracciarla, farle sapere che ci sei davvero, vivere una giornata con lei, incontrare la sua famiglia e respirare la sua quotidianità… che grandissima emozione!”

Oltre al forte impatto emotivo, il viaggio in Kenya ha segnato per Angelo Maugeri anche un’importante tappa del suo percorso artistico, con la registrazione del videoclip del singolo Celebra il Re. “Da anni aspettavo un momento speciale per girare il video di questo brano, insieme allo staff di Compassion siamo riusciti a dare vita ad un progetto davvero emozionante”.

Del resto il video, girato in alcuni villaggi masai, “va decisamente in controtendenza con il modo in cui di solito si comunica l’Africa”. In ogni fotogramma emerge la gioia e il senso di accoglienza e appartenenza che contraddistingue la cultura masai. “In uno dei versi del brano canto: ‘La gioia del Signore è la mia forza.’ La differenza la fa la Sua presenza in noi, non tanto il posto dove ci troviamo! Puoi anche essere l’uomo più ricco del mondo, ma ti sentirai sempre povero se ti manca la vera ricchezza di questo mondo, Gesù”.

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— Una canzone con i bimbi masai Il nuovo videoclip di Angelo Maugeri girato in Kenya

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— Compassion in Italia I nostri volontari, creatività a servizio dei bambini UN DOCUMENTARIO SU COMPASSION PREMIATO AL CHRISTIAN FILM FESTIVAL “One by one” è un film sull’emozione dell’incontro tra sostenitori e bambini sostenuti, quel rapporto speciale “uno a uno” che contraddistingue l’opera di Compassion. Sullo sfondo, lo scenario struggente di Haiti dopo il terremoto.

Le immagini scelte dall’autore, il giovane regista Andrea Franceschini, hanno particolarmente colpito giuria e pubblico del prestigioso Christian Film Festival, che lo scorso 7 aprile hanno deciso di assegnare alla pellicola ben tre premi (Miglior documentario, Miglior regista e Premio del pubblico).

Il film racconta il viaggio ad Haiti di un gruppo di sostenitori italiani insieme allo staff di Compassion. Un’esperienza che ha davvero lasciato il segno. “Ogni giorno avevo l’impressione di vedere inferno e paradiso in un unico posto”, racconta Andrea.

“Inferno per la situazione che gli haitiani sono costantemente costretti ad affrontare; paradiso perché, proprio all’interno di quella drammaticità, vedevo negli occhi delle persone una forza, una dignità, una serenità che mi sono state di lezione. La povertà delle persone che abbiamo visto è soltanto materiale. A livello di fede, di speranza e di amore, ho trovato una ricchezza rara, e per questo sono grato agli haitiani che ho conosciuto e a Compassion per avermi dato la possibilità di incontrarli e di imparare”.

Il documentario è dedicato alla memoria di David Hames, un operatore di Compassion che perse la vita durante il terremoto che colpì Haiti nel 2010.

Per organizzare una proiezione di “One by one” contattaci a info@compassion.it

BAMBOLE D’AUTORE PER AIUTARE I BIMBI DELLA TANZANIA Bambole e pupazzi. Ma anche mucche, papere, galline e segnalibri.

Artigianato di alta qualità al servizio della più nobile delle cause: salvare bambini dalla povertà.

La linea delle “Sowing dolls” (dall’inglese, “Bambole che seminano”) è decisamente fuori dal comune. E la storia dietro la creatività delle autrici, le “Women in lab”, (“donne in laboratorio”), è davvero infinita. “L’idea di una linea di bambole nasce dalla passione per il cucito creativo e dal desiderio di unire le persone”, racconta Serena Bellavia, pastora della chiesa “Parola della Grazia” di Roma.

Da sempre Serena ha avuto una particolare sensibilità per l’Africa.

“Volevo fare qualcosa di concreto, ad esempio scavare un pozzo. Poi mi sono detta: perché non collaborare con Compassion, che è già presente in Africa da tanto tempo?”

Così è nata l’idea di far confluire tanto entusiasmo e creatività per aiutare i bambini più poveri. “Sentivo il bisogno di creare qualcosa per aggregare tutte le donne della chiesa. E cosa può unirci di più se non fare del bene?”

Al momento le “Women in Lab” sostengono dieci bimbi della Tanzania attraverso la vendita delle bambole. Tramite il web e il passaparola, la storia delle “Sowing dolls” ha fatto il giro d’Italia e sono arrivati ordini persino da Bruxelles.

“Vogliamo aumentare il numero dei bambini sostenuti, ci piacerebbe arrivare presto a sostenere un intero centro”, spiega Serena.

Le bambole possono essere ordinate su misura, con la possibilità di personalizzazioni di vario tipo.

LA BAND DEL FILM

UNICA DATA IN ITALIA

VEN 15 GIU

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Compassion Italia aiuta ogni anno 15.000 bambini in 25 Paesi di Asia, Africa e America Latina.

Con il tuo 5X1000 a Compassion Italia puoi liberare un bimbo dalla povertà. Grazie a te riceveranno cibo, cure mediche, istruzione e avranno un luogo sicuro dove crescere. Inserisci il codice fiscale 97590820011 e firma l’apposita casella nella dichiarazione dei redditi: a te non costa nulla, per tanti bimbi significa vita!

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