Canino 2008

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Domenico Falandi e Luciano Luciani, i quali dichiarano di aver osservato “esservi impassonate nella Gora, per far si che l’acqua tutta andasse contro di Essa,… con Tavole bene inchiodate in numero di quindici dietro alla quale si conosce esservi stati dei Passoni di legno per reggerla ma Due di detti Passoni sono stati svelti … talmenteché le Tavole per mancanza di essi si sono piegate e l’Acqua ha deviato e devia dal suo Corpo non entrando tutta nella Gora”10. Le osservazioni dei due esperti vengono confermate da un certo Ragni. Cristofaro Reali e Giuseppe Blasi, chiamati a testimoniare, dichiarano “(essere) informati chi abbia potuto togliere, e svellere dalla Palizzata del Molino… i due Passoni…11. Il Blasi, il 7 febbraio 1795, dichiara12 “essendo…di Cellere luogo soggetto a macinare i Grani nel Molino di Pianiano...coll’occasione mi sono portato in detto Molino ho veduto benissimo la palizzata che resta intorno alla Gora…tutta compita e sana: Circa però il mese di Luglio, o Agosto dell’anno prossimo passato, il molinaro Cristoforo Reali mi fece vedere che mancavano tre Passoni…ed un Passone lo vidi situato, e che serviva di fortezza ad una Fratta fatta ad una semente di Granturco di Luigi Baroni poco lontano da detto Molino”. L’ultima dichiarazione, fatta dal molinaro, risale al 7 marzo 179513 ed è del seguente tenore: “Facendo il Molinaro nel Molino Camerale a Grano di Pianiano, che presentemente si tengono in affitto i sigg. Fratelli Tordini mi avvidi…e mi ricordo, che circa il dì primo luglio del passato anno 1794 la Palizzata… era tutta sana, e buona; Circa li Cinque, o Sei detto però vidi detta Palizzata devastata, ma non so da chi…” L’inchiesta viene condotta con un tempo francamente eccessivo: 7 mesi! Di ciò è consapevole l’arciprete Vannuzzi “Finalmente doppo un lasso di tempo mi è riuscito di dare esecuzione a quanto VS Ill.ma si degnò commettermi…sulla comparsa esposta in codesto Suo Tribunale…da G.B. Vannuzzi14. Pertanto si invia tutto l’incartamento perché così il procuratore potrà constatare “quanto si è potuto avere di prove”. L’uso del mulino richiedeva vigilanza e attenzione continue da parte delle autorità preposte. Infatti, in un documento del 20 luglio 180015, il Castellano G.B. Vannuzzi intima all’affittuario della mola, Domenico Falandi, di pagare, entro 5 giorni, rubbi 33 per l’affitto. Trascorso tale termine, si procederà con l’uso della “mano reggia”. Con successiva lettera del 22 luglio, il Castellano, forse presagendo che il Falandi non avrebbe pagato, insiste con la richiesta dell’uso della forza. Il mulino di Pianiano meritava attenzione per tanti motivi non ultimo quello di mantenere un certo livello di equità e di moralità. L’insistenza sulla “solita cappatura” non è fine a se stessa, ma sottolinea un problema sempre esistito nei mulini: coppe colme allorché si tratta di esigere il diritto di molitura e rase, invece, nel misurare la farina spettante all’utente. La “mola” che presentava qualche problema era quella del “forno a ferraccio” operante a Canino. Funzionando esso a carbone, quella sul legname era una clausola costante nei contratti di affitto o di subaffitto. Al fine di assicurare un flusso continuo di combustibile, il Tesoriere generale aveva sempre emanato direttive precise sulla custodia e sulla difesa del patrimonio boschivo, autorizzando i funzionari subalterni “a compilare processo” nei confronti di coloro che sono stati arrestati “per incisioni di Legna da fuoco atterrati, e d’un Cerquolo tagliato dalla Pianta”. A Canino, il Castellano cercò di attenuare il rigore della norma e, in qualche caso, evidentemente remò contro16, se il Vice Assessore può affermare: “hò ordine di Mons. Tesoriere…di Processare il sud.to Castellano, il quale si prende troppi arbitrii, che non gli spettano”. Il motivo vero della lettera, però, è un altro. Il vice Assessore Agostino Brancati sente il dovere di “certiorare” il superiore di quanto avviene, purtroppo, con una certa frequenza, nel forno, oltre al comportamento del funzionario. Di recente ad un “ferrarolo” fu rotto un braccio. L’incidente è spiacevole non solo per chi l’ha subito, ma anche per chi doveva esercitare al meglio la sua azione di vigilanza e di controllo. Per evitare inchieste che potrebbero avere esiti imprevedibili,

il ferito, con il suo consenso, viene portato prima a Canino e, poi, dopo due giorni, fuori paese, per impedire al vice assessore che scrive di “prendere l’incolpazione perche il colpevole voleva aggiustare il Tribunale”. Mentre il Castellano di Canino ordina al vice assessore di ritirare la “relazione” del Tribunale della Sacra Consulta, qualche altro “insinua” il colpevole affinchè non paghi niente al giudice “per essere il Tribunale senza l’incolpazione”. Un altro fatto, piuttosto grave, è capitato ad un altro “ferrarolo” che, colpito da tre “palate” di ferro sulla spalla destra, è impedito nel lavoro. Dal momento che questi, continua il Brancati, è stato curato dal Professore ed ha presentato querela in Tribunale, è stata aperta un’inchiesta. Il vice assessore si reca nel forno per le “Stragiudiziali”, ma il Castellano dichiara “che il percosso era pazzo e che era stata una Ragazzata”. Ma non è finita! In Musignano, dove avevano sede i magazzini camerali, era scoppiata una “Rissa tra due bacini che stavano appena a spostare i Grani”. Dal soccombente “ne pigliai la relazione, e la comparsa”. Esaminati gli atti ed istruito il processo, il vice assessore ordina l’arresto del feritore (“ne diedi il captatur”), ma “li Esecutori di Valentano mai l’hanno eseguito perche gli era stata proibita la Carcerazione dal sud.to Castellano, sicche mi ritrovo d’aver spregato carta e fatiche, ma l’assicuro che me la paga tutta, e se non fosse per riguardo del Sig. Stampa e di VS.Ill.ma, gli vorrei far vedere come si opera”. La lettera del Brancati è molto chiara non solo sui rapporti di forza esistenti in seno all’Amministrazione, ma anche sulle questioni sociali. Le incisioni praticate sugli alberi, forse, sono procurate non per vendere, ma per poter procacciarsi legna da ardere. Ciò spiegherebbe il permissivismo non solo del Castellano, che, a quanto pare, interpreta la legge secondo le sue personali intuizioni, ma anche dell’affittuario generale. Il vice assessore si è lamentato con chi di dovere e conclude affermando che, se il capo delle guardie gli porterà “l’Accuse, ed altre inquisizioni su incisioni”, farà il suo dovere, “altrimenti Io non posso far da Giudice, e da Guardiano, mentre tutte le incisioni, che si son fatti, vi era il suo consenzo, ed io non lo posso comandare perche una volta disse la precisa parola: Che vuole da me il Vice Assessore a me mi paga Stampa”. Occorre dargli una “ripassata”, affinchè in futuro “obedisca ad ogni Comando del Giudice”. La gestione del “forno a Ferraccio” doveva di lì a poco cambiare bruscamente. La Castellanìa di Canino, che possedeva anche il forno, già di pertinenza della R.C.A. e “goduta in enfiteusi da Pietro Stampa”, veniva, infatti, acquistata da “S.E. il Sig. Senatore Luciano Bonaparte” il 27 febbraio 1808. Pochi giorni dopo, “sabbato 5 Marzo 1808”, il procuratore del nuovo proprietario, Giuseppe Vervelli, prende formale possesso della Castellanìa che comprendeva il forno e “le macchie denominate Morecce, Poggio de’ Bagni, Pianacce, Pietrucce e Mezzana, Fumaiolo, Crognoleta, Selvicciola, Riminino, Caldana, Vepre, come pure Villa Frascana colla Macchietta detta La Commune nel territorio di Arlena, quali macchie sono state sempre addette per il taglio della legna da ridursi a carbone per uso e servizio del medesimo Forno”. Il Vervelli è piuttosto spicciativo17. Lo Stampa aveva l’obbligo, ai sensi dello “Istromento d’Enfiteusi” stipulato con la R.C.A. il 30 marzo 1778, di osservare un taglio regolare nelle macchie proprio per non far mancare il costante rifornimento di carbone. Egli, invece, come risulta dal sopralluogo effettuato dal perito Qualeatti (“Di mio ordine ha acceduto sulla faccia del luogo delle stesse macchie”), non ha proceduto a tagli regolari nelle macchie. Egli ha “ solamente seguiti i tagli stessi in quei luoghi più vicini e più comodi che gli è piaciuto in grave danno e pregiudizio al presente della medesima Eccellenza sua il Sig. Senatore Proprietario…In vista di tutto ciò oltre che in nome dello stesso Sig. Senatore Bonaparte…solennemente mi protesto per la devoluzione dell’Enfiteusi di detto Forno a cagione che il medesimo Sig. Stampa non ha adempiuto i patti contenuti…chiedo e faccio istanza che si venga nelle forme legali alla liquidazione di tutti i danni e pregiudizi arrecati per sì fatti tagli irregolari ed ad arbitrio…”. -6-

NOTE 1Cfr. A.C., b. 12, fasc. 3. Nel fascicolo, sull’argomento, vi sono 3 documenti. Il primo contiene l’atto di concessione delle mole a grano della Ferriera di Canino e di Pianiano stipulato il 22 aprile 1761 dall’Affittuario generale Pietro Paolo Valdambrini per conto della R.C.A. I fratelli Domenico e Francesco Antonio Pasquali di Arlena di Castro ottengono il subaffitto che viene fatto per conto di Cristofaro Cianca, per un novennio, a incominciare il 29 settembre 1761 e per una “risposta annua di rubbie 110 di grano” da consegnare di bimestre in bimestre. Il secondo è la bozza del contratto di subaffitto delle mole a grano ed il terzo, in data 7 marzo 1770, ripropone l’atto del 1761. 2Imposta sul pascolo. Era in uso anche nel Regno di Napoli. 3Cfr. A.C., b. 158. Memoria sopra i molini dello stato di Castro. La coppa era una unità di misura usata nei molini dello stato ed era leggermente differente da luogo a luogo. Nella “mola” di Pianiano, ove erano obbligati a servirsi sia i Pianianesi che i Celleresi, una coppa corrispondeva a libbre 3,50 e per ogni soma di cereali venivano prelevate otto coppe. Nella “mola” della Ferriera, invece, la coppa era pari a cinque libbre. 4Cfr. A.C., Strumenti Camerali, fasc. 8, Istromento di Subaffitto delle Mole della Ferriera e di Pianiano in Testi Diversi, Corfidi Notaio, 1754 al 1757. 5Cfr. A.C., ivi, f. cit., c. 5. 6Cfr. A.C., ivi, f. cit., c. 6. Per il 1755, il lavoro sarà effettuato nei medesimi posti assegnati nelle passate locazioni a Domenico Marrani, suo zio. 7Cfr. A.C., ivi, c. 7. 8Cfr. A.C., ivi, c. 9. 9Cfr. A.C., b. 161/6. Il fascicolo contiene 9 documenti relativi alla devastazione della gora. 10Cfr A.C., ivi, c. 6. 11Cfr. A.C., ivi, c. 9. 12Cfr.A.C., ivi, c. 10 e seg. 13Cf. A.C., ivi, c. 1, Lettera dell’8 marzo 1795. 14Cfr. A.C., b. 161/7, Lettere al Procuratore. 15Cfr. A.C., ivi. 16Cfr. A.C., b. 161, fascicolo 1, Lettera indirizzata al Sig. Girolamo Battefolli Assessore Generale, Canino, 22 maggio 1790. 17Cfr. A.C., b. 126, Comparsa di Carlo Giuseppe Vervelli, procuratore di Luciano Bonaparte, davanti all’Assessore Generale Vincenzo Cordeschi il 5 marzo 1808. Sull’argomento cfr., inoltre, A.S.V., Fondo notarile di Tuscania, vol. 77, pagg. 353r - 354v - Atto del notaio Giuseppe Conti del 7 marzo 1808. La Castellanìa di Canino era stata venduta “a favore di Sua Ecc.za il S. Senatore Luciano Bonaparte con tutti, e singoli suoi annessi, e connessi come costa dall’Istro rogato sin sotto lì 27 Febbraio passato per gli atti del Nardi Not….”. Il Senatore, “Col presente Speciale Chirografo di mandato di Procura”costituisce “in mio Speciale Procuratore Monsieur Carlo Giuseppe Vervelli à potere per me, ed in mio nome, e vece prendere il vero reale e Corporale possesso …”.

Era l’8 dicembre 1972 quando Sandro Leoni, sua sorella Anna, Edoardo e lo scomparso amico Giancarlo, aprirono l’ «MZ CLUB» la prima vera discoteca a Canino che, dopo dodici anni di onorata carriera, nel giugno 1984, chiuse i battenti. Sabato 11 giugno 2011, alle ore 22,00, presso l’Agriturismo “Le Cascine” si terrà una serata danzante con musiche esclusivamente degli anni ‘70-’80. Per l’occasione i D.J. saranno: il mitico EMMEZETA coadiuvato dal giovane VIRUS. Parteciperanno: Silverio, Vanni, Franco Busy, Flavio e Antonio che animarono l’ MZ Club in tutti quegli anni.


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