2°Edizione Magazine COMFOSE

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#2 TRIMESTRE 2020

COMFOSE MAGAZINE


COLOPHON Comandante: Gen. B. Ivan CARUSO Ufficiale PIC COMFOSE: Ten. Col. Massimo PATANIA (Comando COMFOSE) Ufficiali PIC Reparti: •Magg. Roberto TRUDU (9° Reggimento) •Cap. Matteo SANCINETO (4° Reggimento) •Magg. Antonino GIUFFRIDA (185° Reggimento) •Magg. Ettore RUIU (28° Reggimento) •1° Lgt Edgardo SANSONETTI (CE.ADD.OS.) •Cap. Annalisa ANDREOTTI (RSOS) Referenti di redazione •C. le Magg. Ca. Rocco PACELLA (Comando COMFOSE) •1° Mar. Federico TULELLI (9° Reggimento) •C. le Magg. Ca. Sc. Ferdinando TAGLIANETTI (4° Reggimento) •C. le Magg. Ca. Stefano CARNEVALE (185° Reggimento) •1° Lgt Edgardo SANSONETTI (CE.ADD.OS.) •C. le Magg. Sefora PENSA (RSOS) Realizzazione grafica e impaginazione •Serg. Magg. Saverio CASTIELLO (28° Reggimento) •C. le Magg. Ca. Antonio SCORRANO (28° Reggimento) Stampa : Tipografia 28° Reggimento email: redazionecomando@gmail.com

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INDICE

#2 TRIMESTRE 2020

La voce del Comandante................................................................................. pag 4 Il Ministro della Difesa On. Lorenzo Guerini visita il COMFOSE .......................... pag 6 2 Giugno Festa della Repubblica ..................................................................... pag 8 Il Sottufficiale di Corpo del COMFOSE ..............................................................pag 11 dal COMFOSE • 4° Reggimento Alpini Paracadutisti “Ranger” Il corso Ranger .................................................................................. pag 12 “In Adversa Ultra Adversa” in patria come allʼestero ......................... pag 14 • CE.ADD.OS “Centro Addestramento Operazioni Speciali” il corso OBOS ................... pag 18 • 185° Reggimento Paracadutisti Ricognizione Acquisizione Obiettivi ”Folgore” Le capacità di mobilità ambientali ...................................................... pag 22 • 9° Reggimento Dʼ Assalto Paracadutisti Col Moschin La figura del Combat Medic................................................................... pag 26 Rinnovazione del Drappo....................................................................... pag 30 • RSOS In prima linea nella lotta al Covid-19 ................................................... pag 32 • 28° Reggimento Comunicazioni Operative “Pavia” Le operazioni psicologiche nella storia ................................................ pag 36 Radio Esercito ..................................................................................... pag 40 In questo numero inserto speciale per i 20 anni del 185° RRAO

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La voce del Comandante Cari lettori, il tempo passa inesorabile ed è tempo per il secondo numero del COMFOSE MAGAZINE e noi, come degli orologi svizzeri, eccoci ancora per proporVi nuove letture sul Comparto delle Operazioni Speciali dellʼEsercito. Innanzitutto vorrei ringraziare tutti Voi, lettori di COMFOSE MAGAZINE, per gli entusiasmanti FeeDback che ci avete voluto

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dare e che sono stati il miglior premio per tutti gli sforzi fatti. Vorrei, inoltre, ringraziare la Redazione e tutti quelli che, improvvisandosi giornalisti, hanno avuto il coraggio di cimentarsi con carta e penna per riportare fatti, avvenimenti, notizie e curiosità di questa realtà dinamica, giovane, sempre in movimento. Questo sarà anche il mio ultimo numero da Comandante. Il 31 luglio, dopo tre anni di comando, cederò il testimone del COMFOSE al Gen. B. Pietro Addis. Tre anni intensi, che sono volati come un lampo e che ho vissuto quasi dʼ un fiato per tutte le attività, iniziative, progetti,

addestramenti ed esercitazioni che si sono succedute senza un attimo di tregua. Un Comando forte, un impegno costante, esercitato con determinazione anche quando tutto e tutti sembravano contro e qualcosa o qualcuno si frapponevano ad alcune idee ed proposte. Ma la costanza, la voglia di rinnovare, ma soprattutto la serenità dʼanimo, fedele al motto del reggimento dal quale provengo “MAI STRACK!” - MAI STANCHI, mi hanno sorretto anche nei momenti più difficili, convinto come sono che se fai le cose per il bene delle donne e degli uomini alle tue dipendenze, non hai nulla da temere. Da quando è uscito il primo numero del


COMFOSE MAGAZINE abbiamo avuto la visita del Sig. Ministro della Difesa On. Lorenzo Guerini che, accompagnato dal Sig. Capo di SME – Gen. CA Salvatore Farina, ha avuto modo di essere informato circa le attività addestrative, esercitative e operative del COMFOSE e dei suoi reparti e di visitare il Comprensorio Vitali nei suoi aspetti più qualificanti. Il Comprensorio, che rientra nel progetto nazionale “Caserme Verdi” è quindi, a tutti gli effetti, un esempio di quello che si può definire una caserma modello che, non solo garantisce standards abitativi di assoluto livello, ma che avrà la possibilità di aprirsi alla società esterna per un sicuro e proficuo scambio di idee, collaborazioni e scambi che sarà di beneficio per tutti. In questo numero, oltre ad interessanti articoli che riguardano tutti i reparti e reggimenti che dipendono dal COMFOSE, ci sarà un originale inserto preparato dal 185° RRAO in occasione dei 20 anni

dalla costituzione nella sua nuova veste di massimi esperti della Ricognizione Speciale. Insomma un numero doppio che farà gioire i molti esperti e appassionati che ci seguono. Spero che anche questo possa invogliare qualche nuova leva ad affrontare la selezione e tirocinio per frequentare il prossimo corso OBOS utile. Bene! Eʼ il momento di girare pagina e di iniziare a leggere questo secondo numero tutto dʼun fiato come i miei tre anni di comando. Non voglio e non devo fare bilanci. Sono abituato più a fare che a dire e le cose fatte (e ahimè, anche quelle non fatte…) parleranno per me. Posso solo dirVi solo che, tre anni fa quando iniziai questa avventura, promisi che avrei speso tutte le mie energie fisiche, morali ed intellettuali in questo Comando. Confesso di averlo fatto! Se le restrizioni dovute allʼemergenza sanitaria COVID-19 non cambieranno, anche

la Cerimonia di cambio sarà svolta in forma ridotta e non avrò la possibilità di salutare tutti gli amici, i colleghi, le persone a me più care e il personale del Comparto, anche se non mancherò di visitare e prendere commiato dai reggimenti e reparti per rendere omaggio alle loro Bandiere di Guerra. Se le circostanze lo consentiranno, tanto meglio. Io comunque Vi ringrazio comunque tutti, ma proprio tutti. Per il vostro lavoro quotidiano, per i sacrifici, per la dedizione, per il coraggio, per quello che fate senza nulla chiedere. Grazie! Prendete questo mio scritto come un saluto di commiato da tutti Voi. Me ne dispiace, ma sappiate che siete tutti nel mio cuore e nei miei pensieri. Vi abbraccio idealmente tutti. Il Vostro Comandante Gen. B. Ivan CARUSO

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Il Ministro della Difesa On. Lorenzo Guerini visita il COMFOSE Lo scorso 12 giugno, il Sig. Ministro della Difesa On. Lorenzo Guerini ha visitato il Comprensorio Militare “Tenente M.O.V.M. Dario Vitali” in Pisa, nuova sede del Comando delle Forze Speciali dellʼEsercito (COMFOSE). Il Sig. Ministro della Difesa è stato ricevuto dal Gen. C. A. Salvatore Farina, Capo di Stato Maggiore dellʼEsercito, e dal Comandante del COMFOSE, Generale di Brigata Ivan Caruso. Il nuovo Comprensorio Militare sorge su una vasta area con superficie di 35 ettari, ex sedime di parte della base militare statunitense di “Camp Darby”, territorio recentemente rientrato nella disponibilità delle Autorità Italiane. Tale riorganizzazione e lʼutilizzo di moderni standard infrastrutturali consentirà di incrementare la capacità operativa dei Reparti che saranno ospitati e accrescere

le condizioni di vita e il benessere del personale militare e delle proprie famiglie. La visita ha avuto inizio con la presentazione di un briefing di aggiornamento tenuto dal Generale Caruso, inerente la struttura

ordinativa del COMFOSE, le attività di formazione e addestramento, nonché gli impegni operativi assolti dai Reparti alle sue dipendenze. A seguire il sopralluogo alle infrastrutture con particolare riguardo alle sedi del Centro Addestramento Operazioni Speciali (CEADDOS) e del Reparto Supporto Operazioni Speciali (RSOS), articolazioni di recente costituzione deputate alla formazione degli Operatori Base per Operazioni Speciali (OBOS), il primo, ed al sostegno logistico delle Forze Speciali in operazioni, il secondo. Nella mattinata, il Capo di SME, Generale di C.A. Salvatore Farina aveva già avuto modo di visitare la Caserma Pisacane, sede del 185° Reggimento Ricognizione e Acquisizione Obiettivi “Folgore” (RRAO), consegnando il brevetto di Acquisitore, ai neo operatori del Comparto Forze Speciali

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dellʼEsercito Italiano. Il Ministro della Difesa, a termine della visita, nel suo intervento in occasione dellʼincontro con il personale, tra i quali erano presenti il Mar. Ca. Piseddu Paolo e il C.le Magg. Sc. Pisani Marco che erano rimasti gravemente feriti durante unʼoperazione in

Iraq il 10 novembre scorso, ha avuto parole di sentito riconoscimento per il livello organizzativo e funzionale raggiunto dal bacino Forze Speciali (FS) dellʼEsercito, formulando lʼauspicio per il perseguimento di sempre nuovi ambiziosi obiettivi. Forte, infine, lʼapprezzamento per il contesto

ambientale su cui sorge il Comprensorio, immerso in una cornice naturale, che ben si presta quale modello di riferimento per il Progetto “Caserme Verdi”. Gen. B. Ivan CARUSO

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2 Giugno Festa della Repubblica Cosa è il 2 giugno? La Festa del nostro Paese, unico, speciale, da difendere, ricco di storia e di cultura. Il 2 Giugno 1946 è Il giorno della nascita della Repubblica Italiana che vede ogni anno sfilare, nella consueta parata militare sui Fori Imperiali di Roma, le rappresentanze delle nostre Forze Armate. Un momento per tutti noi atteso e sentito. Un evento speciale, sacro, ricco di tradizioni, dalle forti emozioni. Una giornata speciale dove la nostra Nazione manifesta lʼunità di unʼItalia capace di tingersi di tricolore da nord a sud, convergendo su Roma con le sue Forze Armate schierate, allineate, pronte in parata davanti ai propri concittadini. Noi, discendenti di quei valorosi uomini che pagarono con la propria vita la libertà, siamo testimoni delle nostre tradizioni, ricordandone con fiero orgoglio il sacrificio prestato e garantendo, oggi, di esserci sempre, al servizio del Paese. A causa del Covid-19, il 2020 non ci ha purtroppo visto presenti. Una cosa che ci ha lasciato lʼamaro in bocca, ma che non ci vieta però di ricordare il doveroso senso del

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nostro 2 Giugno. La Festa inizia tradizionalmente con la resa degli Onori da parte del Capo dello Stato al Sacrario del Milite Ignoto, il nostro amato Altare della Patria, dove viene posta una corona dʼalloro in simbolo del profondo rispetto a ricordo dei suoi Caduti che, con il loro estremo sacrificio, ci ricordano i Valori più importanti dellʼunità nazionale. Ma come nasce lʼ idea del Milite Ignoto e perché si decise di tumulare il suo feretro nellʼ Altare della Patria? Conosciamone la storia. I luoghi simbolo della Prima Guerra Mondiale furono dal Pasubio alla Bainsizza (ora confine con la Slovenia), il Grappa col Sacrario, le Dolomiti, il Cimone, lʼOrtigara, il San Michele, dove gli austriaci usarono per la prima volta i gas a base di cloro e fosgene. Rovereto, Asiago, il Montello, il Cadore, il basso Piave, il Basso Isonzo, Gorizia e il Carso furono scenari di battaglie terribili, migliaia di giovani soldati persero la vita. Uno dei nostri reduci raccontava che nel 1960, quando ancora non cʼera ancora un turismo di massa, solo pochi appassionati

della storia visitavano e ripercorrevano questi luoghi quasi indisturbati, veri e propri musei a cielo aperto, ancora con i crateri delle cannonate, anche se era ricresciuta lʼerba. Dentro e fuori da trincee, gallerie, camminamenti. Erano passati meno di 50 anni ed ancora i segni della guerra erano

visibili. Era molto facile ritrovare gavette, stufe, pezzi metallici, talvolta pericolose bombe a mano e ossa. Tante ossa. Cʼerano delle grandi fosse dove i visitatori erano pregati di depositare i resti umani ritrovati. I dispersi, tanti, non si sa neppure bene quanti. Dilaniati da bombe o pietosamente sepolti, senza un nome, senza nessuna traccia, tranne una piccola croce artigianale.a Alla fine della guerra i più furono recuperati e portati nei cimiteri militari, ma sono tanti, davvero tanti, quelli senza un nome. A Redipuglia su 100.000 soldati italiani sepolti 60.000 sono ignoti, a Cima Grappa su 12.615 sono 10.333 gli ignoti. Questi sono solo un esempio, ma ancora adesso, come i resti dei 13 soldati italiani e austriaci ritrovati nellʼagosto 2019 e sepolti al Sacrario insieme, dimostrano che si trattoʼ di una tragedia immane. Ogni nazione, alla fine della guerra, volle onorare tutti gli ʻignotiʼ scegliendone uno da seppellire in un monumento a ricordo. In Italia il Colonnello Dohuet propose, nellʼagosto del 1920, la sepoltura di


un milite non identificato al Pantheon. La proposta, presentata al governo dal Ministro De Vecchi venne accettata lʼanno seguente, ma al posto del Pantheon, per la sepoltura venne scelto lʼAltare della Patria. Il nome “Milite Ignoto” lo si deve a Gabriele DʼAnnunzio. Venne nominata una commissione di 6 militari, tutti insigniti di medaglia dʼoro, per il recupero di 11 salme ignote fra le quali scegliere quella da seppellire a Roma, Erano rappresentati tutti i gradi: un Generale, un Colonnello, un Tenente, un Sergente, un Caporalmaggiore e un Soldato semplice. Nellʼottobre del 1921 vennero scelte le salme, provenienti da cimiteri di guerra o dai luoghi di battaglia dove una croce indicava una sepoltura, dalle zone dove i combattimenti erano stati più cruenti: Rovereto, le Dolomiti, Asiago, il Monte Grappa, il Montello, il Cadore, il basso Piave, il Basso Isonzo, Gorizia, il Monte S. Michele e il Carso. I criteri prevedevano che i resti non dovessero in alcun modo essere riconoscibili per grado o Arma, ma dovevano essere inequivocabilmente italiani e riconoscibili solo per i resti della divisa o degli scarponi, ma non dovevano portare mostrine o altro che potesse distinguerli in alcun modo. Le bare, tutte identiche e non distinguibili, furono portate prima a Udine e poi nella Basilica di Aquileia. Qui vennero disposte, coperte dal tricolore, e poco prima della scelta vennero ulteriormente mischiate fra

loro per impedirne il riconoscimento della zona di provenienza da parte di chi le aveva trasportate. La scelta doveva venir fatta da Maria Bergamas di Gradisca dʼIsonzo, madre di Antonio. Richiamato nel 1914 dallʼesercito austroungarico, aveva in seguito disertato per unirsi a quello italiano e, con il nome di Antonio Bontempelli, nome fittizio come dʼuso per gli irredenti, era morto in combattimento sullʼaltopiano di Asiago durante lʼoffensiva austriaca del 1916 (denominata dagli austriaci Strafexpedition, spedizione punitiva). Al termine della battaglia, nelle sue tasche fu trovato un biglietto nel quale si pregava di avvisare dellʼavvenuta morte il sindaco di San Giovanni di Manzano, lʼunica persona al corrente della sua reale identità. La salma di Antonio Bergamas fu dunque

riconosciuta e sepolta assieme agli altri caduti nel cimitero di guerra di Marcesina sullʼAltipiano dei Sette Comuni. Tuttavia, a seguito di un violento bombardamento che distrusse il cimitero, Bergamas e i compagni periti con lui risultarono ufficialmente dispersi. Il 28 ottobre Maria passò davanti alle bare, aveva in mano dei fiori che doveva depositare su quella scelta, ma davanti alla decima si accasciò, sopraffatta dal dolore e dallʼemozione, e ci appoggiò sopra il velo. Il milite ignoto era stato scelto I 10 restanti vennero sepolti nel cimitero di Aquileia dove, alla sua morte, fu sepolta anche Maria Bergamas. La bara del Milite Ignoto, posta su un affusto di cannone, fu caricata su un carro ferroviario aperto, affinchè la gente potesse

vederla durate il percorso, accompagnata da 16 vagoni con reduci decorati di Medaglia dʼOro, come Scorta dʼOnore. A Roma, intanto, era stato preparato il loculo esterno che lʼavrebbe contenuta. Il viaggio durò dal 29 ottobre al 2 novembre, sulla linea Aquileia-Roma, toccando molte città a velocità ridottissima

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perché la gente potesse rendergli onore e ali di folla la seguirono per tutto il percorso, in silenzio assoluto, come prescritto, e con il solo suono delle campane a morto delle chiese vicine. Arrivata a Roma fu portata nella chiesa di S. Maria degli Angeli e Martiri ed esposta al pubblico anche per tutta la notte con la Guardia dʼOnore, le esequie solenni furono tenute dal Vescovo di Trieste, che lʼaveva accompagnata nel viaggio da Aquileia, e la bara benedetta con le acque del Timavo, che scorreva lungo il fronte, al confine con la Slovenia. Il 4 novembre fu portata su un affusto di

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cannone trainato da cavalli lungo le vie di Roma fino allʼAltare della Patria, e al

sopra la Medaglia dʼOro al Valor Militare e un elmetto. Nel 1935 venne creata la cripta, il pavimento di marmo del Carso, lʼaltare intagliato in un blocco di pietra del Grappa e le parti in pietra provengono dai vari teatri di guerra della prima Guerra Mondiale. Nessuno di quei circa 600.000 ragazzi e giovani uomini morti dovrebbe mai esser dimenticato, e quella tomba, sullʼAltare della Patria, li ricorda tutti. “Viva le Forze Armate, Viva la Repubblica”

solo rullo di tamburi, come nei funerali reali, fu inserita nel sacello con appoggiati

C.le Magg.Ca. Rocco PACELLA


Il sottufficiale di Corpo del COMFOSE Nel 2017 sono stato assegnato al Comando delle Forze Speciali dellʼEsercito(COMFOSE) e un anno dopo, nel luglio del 2018, ho ricevuto lʼincarico di “Sottufficiale di Corpo”. Oggi più che mai, con il trasferimento del COMFOSE presso il Comprensorio Militare “Ten. M.O.V.M. Dario VITALI”, sono onorato di rivestire questo incarico. Il “decano” era colui che allʼinterno di un Reparto veniva riconosciuto quale rappresentante delle categorie dei sottufficiali, dei graduati e della truppa. Era il più anziano tra i sottufficiali e non aveva responsabilità o tasks ben definiti: a volte ancora oggi, anche se si tratta di due figure completamente diverse, il Sott.le di Corpo viene erroneamente chiamato “decano”. Benché questʼultima figura continui ad essere sempre un riferimento per tutti allʼinterno del Reparto, in Italia nel 2008, per volontà del Capo di SME pro tempore, la figura del Sottufficiale di Corpo è subentrata al decano con lo scopo di valorizzare la funzione ed il ruolo dei Sottufficiali. I compiti istituzionalmente assegnati al Sottufficiale di Corpo sono molteplici, ma quello che ritengo più importante è quello di rappresentare le categorie dei Sottufficiali, dei Graduati e dei Volontari della propria Unità. Oltre a supportare i Comandanti che si avvicendano nella loro azione di Comando, il Sottufficiale di Corpo si occupa delle problematiche afferenti lʼetica, il benessere ed il morale; è colui che si prodiga affinché tutto il personale appartenente alle suddette categorie mantenga standard elevati di efficienza operativa, propone possibili soluzioni sul migliore impiego del personale, riferisce al Comandante le problematiche relative al personale, e consiglia circa lʼopportunità di migliorare la formazione morale e professionale del singolo. Inoltre, presenzia attivamente a tutte le cerimonie, conferenze, briefing, staff meeting, e

qualsiasi altro avvenimento ufficiale. Il Sottufficiale di Corpo è scelto tra i Sottufficiali più “anziani” con specifici requisiti, che abbiano un trascorso nel Comparto, e che auspicabilmente abbiano conseguito le capacità tecniche e operative degli Operatori del COMFOSE, avendo completato la formazione e avendo partecipato agli addestramenti e alle operazioni dei Reparti. Benché non ci sia un periodo prefissato per il quale deve rimanere in carica, di norma mantiene il proprio incarico per almeno due anni ed eventualmente fino a fine carriera: per questo diventa colui che conosce la storia e le vicende dellʼUnità al punto da diventare il custode della memoria del Reparto, curando la redazione delle cosiddette “Memorie storiche”. In particolare nel Comparto FS, è grazie ai Comandanti che si sono succeduti ed in particolare al Generale Caruso, attuale comandante del COMFOSE, e ai miei predecessori, che oggi le categorie che rappresento possono contare sulla presenza di un costante supporto al quale rivolgersi per presentare problemi e questioni di qualsiasi natura che richiedano lʼintervento di un livello superiore. Il Sott.le di Corpo ha infatti una diretta dipendenza dal Generale Comandante con il quale si trova quotidianamente a trattare argomenti relativi alle categorie che rappresenta. La figura del Sottufficiale di Corpo allʼinterno del Forze Speciali assume una ancora maggiore rilevanza proprio per il grande numero di Sottufficiali e Graduati di Truppa altamente specializzati che compongono il Comparto OS dellʼEsercito. Per questo motivo, allʼinterno dei Reparti del COMFOSE, benché non ci sia alcuna subordinazione tra i Sott.li di Corpo, esiste una forte collaborazione e senso di amicizia nata dalle esperienze comuni e dagli anni passati insieme nelle Forze Speciali.

Quando necessario, vengono organizzati dei meeting nei quali si discutono questioni afferenti le competenze dei Sott.li di Corpo e le risultanze di tali briefing vengono poi discusse direttamente con il Comandante del COMFOSE. In quasi tutti gli Eserciti del mondo da tempi remoti esiste una figura simile al Sott.le di Corpo. Se prendiamo in considerazione i Paesi della NATO, ed in particolare gli eserciti inglese e statunitense, ci rendiamo conto però che lʼimportanza e i compiti assegnati al Command Sergeant Major (CSM) sono distanti da quelli attribuiti al Sott.le di Corpo: I CSM sono figure altamente specializzate che non seguono la normale progressione di carriera ed infatti, per lʼimportante funzione che svolgono seguono uno specifico percorso formativo, ed in alcuni casi viene riconosciuto loro il “grado” di CSM e un salario ad hoc. In futuro, al fine di fornire uno strumento più incisivo ai Comandanti e per dare il meritato lustro alla figura dei Sottufficiali, i quali, nonostante le continue riforme a cui sono state sottoposte le Forze Armate negli ultimi anni, rimangono lʼossatura portante e la continuità dei Reparti, si potrebbe, senza accavallare o invadere la sfera di competenza degli Ufficiali, dare maggior prestigio al Sott.le di Corpo. Questo sarebbe possibile adattando tale figura ai tempi, rinforzandola e sfruttando le capacità e le competenze della “nuova generazione di Sottufficiali” che nasce con una lunga formazione della durata di circa tre anni presso la Scuola Sottufficiali dellʼEsercito nella quale si sviluppano skills relative alla leadership, alla comunicazione, alla negoziazione, al problem solving, di fondamentale importanza in tutti quei contesti nel quale il nostro Paese e il suo Esercito viene chiamato ad operare. Lgt. Antonino PELLEGRINO C O M F O S E M A G A Z I N E 11


4° REGGIMENTO ALPINI PARACADUTISTI “RANGER”

Terminato il corso di Operatore Basico per Operazioni Speciali (OBOS), per gli aspiranti Operatori Ranger, inizia la fase di specializzazione vera e propria. Il corso Ranger ha come obiettivo la formazione degli aspiranti sotto tutti i punti di vista: carattere, resistenza fisica e psicologica, autocontrollo, capacità di prendere decisioni in tempi brevi e sotto stress, oltre ad uno sviluppo di attitudine al comando e dello spirito dʼiniziativa. Lʼapprendimento di queste capacità passa attraverso un insegnamento pratico, che può avvenire solo sul terreno, quando lo zaino sulle spalle inizia a pesare, e i monti della Lessinia sembrano sempre più alti. La prima fase del corso Ranger, che inizia a testare e ad incrementare queste capacità, è costituita da una serie di pattuglie da combattimento; queste ultime iniziano solitamente con la consegna di un ordine scritto. Il pacchetto dʼordini viene consegnato al capo plotone degli allievi e, da quel momento, seguendo le rigorose suddivisioni della time line, si inizia la pianificazione. Il tempo è poco, e bisogna coordinare in fretta i nuclei nella pianificazione; si dividono i compiti: chi si occupa

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Il corso Ranger

della pianificazione dellʼitinerario, chi dellʼanalisi dellʼobiettivo, chi dellʼanalisi e dei calcoli di materiali, munizioni, scorte da portare. Nulla può essere lasciato al caso. La pianificazione termina allʼuna, è già mattina in realtà; qualche ora di sonno per poi passare alla conferma del piano e ai drills, per ripetere le fasi e provare i movimenti. I piani di contingenza devono essere ripetuti e confermati, tutti devono sapere cosa fare. Completati i controlli dei materiali, si attende lʼarrivo delle tenebre per iniziare il movimento. Ogni fase è controllata e supervisionata dal team degli istruttori, che seguono con perizia ogni momento dellʼesercizio, per verificare che le lezioni teoriche e quelle pratiche siano attuate correttamente e, di tanto in tanto, per aumentare la percentuale di difficoltà e inserire nuove variabili negli esercizi.

La prima fase, quella di avvicinamento allʼobiettivo, ha come punto essenziale quello di non compromettere la missione facendosi vedere durante il movimento, arrivando così nei tempi stabiliti alla Patrol Base, da cui verrà poi confermata la condotta dellʼazione vera e propria. Il movimento appiedato, sempre seguito dagli istruttori, coglie a pieno lʼessenza di un operatore di Forze Speciali; la dicotomia tra essere ombra, passando inosservato, o essere valanga, travolgendo il nemico, si fonde confluendo in un continuum temporale che collega le due capacità: dal muoversi come fantasmi, alla potenza di fuoco di un plotone di Ranger. Lʼaddestramento continua, le opposite forces inserite sullʼobiettivo seguono la loro routine, starà al plotone di allievi, scoprire le falle, e agire nei tempi morti. E non appena svolta lʼazione, inizia la fase di esfiltrazione, bisogna andarsene, svelti,


ma senza potersi permettere di abbassare la guardia: il team che supervisiona lʼesercizio potrebbe avere sempre qualche attivazione secondaria o qualche altra pianificazione da far intraprendere. Ma la fase di Pattuglie di combattimento è solo una, di quelle compongono il corso Ranger. Terminata la prima, iniziano le fasi successive, tutte sempre selettive e valutative, 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Si passa così ai Raid, alle imboscate, alle azioni dirette, aumentando e diversificando le specializzazioni e competente delle pattuglie. La naturale conseguenza diventa lʼapplicazione di quelle procedure in ambienti diversi, più compartimentati, come ad esempio lʼambiente urbano. Si passa così alla fase RAUC: Ranger Advance Urban Combat. Il tempo per decidere cosa fare, in unʼarea compartimentata e complessa, magari allʼinterno di una struttura, è ancora meno. È qui che si acquisiscono le capacità decisionali e si aumenta il livello di addestramento: dalla consapevolezza del saper fare, allʼinconsapevolezza di saper fare. Solo con la ripetizione spasmodica e

la precisione assoluta si raggiunge il livello di automatismo richiesto. Superata anche questa fase della formazione, con gli esami teorici e pratici alle spalle, si continua con il modulo successivo, che vede lʼimpiego dei diversi veicoli in dotazione: ruotati, cingolati, motoslitte sono ognuno una componente imprescindibile, per il combattimento in movimento e per lʼimpiego nei territori più disparati. La guida in fuori strada, le formazioni, lʼutilizzo degli apparati per la visione notturna, la capacità di utilizzare le armi su mezzi in movimento: sono queste le skills che permettono di continuare la crescita e la formazione. Ma le nuove conoscenze tecniche, anche messe in pratica, non sono sufficienti alla creazione del Ranger. Gli addestramenti proseguono senza soluzione di continuità, arrivando anche alla formazione di resistenza psicologica, con il corso di Sopravvivenza Operativa e Resistenza agli Interrogatori, o più propriamente detto Rilascio Controllato delle Informazioni. La costante consapevolezza è fondamentale in ogni momento di una missione. Solo

vivendo unʼesperienza simile, benché in ambiente severamente controllato, si può acquisire quella capacità necessaria alla gestione di situazioni altamente stressanti a livello psicologico. In quei momenti, è anche fondamentale sapere cosa, come e quanto dire. Con la messa in pratica ed il completamento delle fasi descritte, che si articolano in ardue settimane senza pause o momenti di respiro, gli aspiranti allievi arrivano al completamento del Corso Ranger, il primo degli step che li porterà al raggiungimento della qualifica Ranger. Il percorso è sempre in salita, e le fasi che si prospettano saranno più dure delle precedenti, in un climax formativo ascendente, che permette un apprendimento lineare del fisico e della mente. Ogni corso è propedeutico al successivo, come il corso Ranger prepara ad un altro passo, in cui le tecniche imparate vengono approfondite ed attagliate anche ad ambienti differenti, un corso di cui leggerete in un prossimo articolo: il corso di Combattimento in Ambiente Anfibio.

Cap. Matteo SANCINETO

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4° REGGIMENTO ALPINI PARACADUTISTI “RANGER”

“In Adversa Ultra Adversa”

Siamo a fine febbraio 2020, iniziano ad essere pubblicate le preoccupanti notizie riguardo la diffusione del Covid-19: contagi fuori controllo, numeri che aumentano esponenzialmente, si attendono le linee guida per gestire la crescente emergenza. Nel crescente turbinio di informazioni e allʼaumentare delle richieste di posti letto negli ospedali, le Forze Armate si attivano a supporto dei cittadini, mettono a punto, implementano ed eseguono i piani di contingenza che, pur essendo permanentemente in essere, si spera di non dover mai attivare. Le attivazioni si moltiplicano, ma lʼEsercito cʼè. La diffusione diventa pandemica, lʼItalia è lo stato dopo la Cina che manifesta da subito la viralità della malattia: arrivano anche supporti da parte di alcuni stati esteri. Iniziano le operazioni di disinfezione e sanificazione delle infrastrutture per diminuire la diffusione del virus, partendo dalla regione inizialmente più colpita, la Lombardia. É a metà marzo, in piena pandemia, quando lo sforzo operativo e logistico chiede ancora quel “qualcosa in più”, che anche i militari del 4° Reggimento Alpini Paracadutisti vengono attivati: supportano le operazioni di bonifica delle infrastrutture sensibili nelle province lombarde; I nostri specialisti Ranger al fianco di unʼaliquota di Medici Militari Russi sotto la coordinazione del 7° Reggimento NBC e con il supporto del 3° Reggimento Supporti dellʼAVES procedono alla sanificazione di installazioni ospedaliere, case di riposo e luoghi sensibili nella provincia bergamasca. Nel frattempo si soddisfano le richieste di supporto logistico provenienti dalla Sezione di Bergamo dellʼAssociazione Nazionale 14 C O M F O S E M A G A Z I N E

in patria come allʼestero Alpini impegnata nellʼallestimento di un ospedale da campo. La fondamentale funzione di collegamento tra le unità internazionali svolta dai Ranger si conferma ancora una volta come unʼinsostituibile capacità a supporto della nazione e dei cittadini: grazie alle capacità logistiche,

Milano Fiera, risulterà fondamentale per la salvezza di centinaia di vite. I medici italiani, appositamente formati dal personale medico militare russo sul funzionamento del macchinario, attraverso il fondamentale supporto anche linguistico dei nostri militari, riescono a velocizzare lʼapprendimento sullʼutilizzo dello

organizzative e di pianificazione, gli Alpini Paracadutisti insieme ad unʼaliquota Russa, hanno ad esempio trasportato un primo Dispositivo Medico Specialistico di Supporto Respiratorio fornito dalla Federazione Russa per le fondamentali fasi iniziali di addestramento allʼuso dello stesso. Questo primo respiratore, poi seguito da molti altri, impiegato presso la struttura sanitaria in allestimento nella zona di

strumento e la sua messa in opera. Le attività delle Forze Speciali a supporto delle operazioni di bonifica nelle aree del bergamasco, per la sanificazione interna ed esterna degli edifici, continua e si espande, arrivando ad interessare anche la Regione Veneto. Lʼintero mese di Aprile vede il reparto impegnato nel supporto di diversi enti civili della Regione: al fianco di COMFOTER


Supporti con sede a Verona, il reparto si occupa della bonifica di infrastrutture civili di Cologna Veneta e Sossano, di cui si riportano le operazioni di bonifica. Nel dettaglio, lʼattività di Cologna Veneta hanno visto le forze del 4° Reggimento Alpini Paracadutisti impiegate in coordinamento con COMFOTER Supporti, con la presenza del Col. Mancini, Vet Advisor, e con la supervisione e il coordinamento del Comandante delle Forze Operative Terrestri di Supporto Generale C.A. TOTA. Anche unʼattività di bonifica, concepita in ottica militare, è corretto definirla propriamente operazione: la pianificazione, la ricognizione, la conferma del piano, la conduzione, lʼattivazione di piani alternati, di contingenza o emergenza, il raggiungimento dello scopo, il rientro in sede ed il debriefing sono fasi imprescindibili nellʼanimo organizzativo militare. Così infatti inizia la prima operazione di bonifica nel comune di Cologna Veneta: con una prima pianificazione ed una ricognizione. Essenziale ma completa, veloce, mirata: si acquisiscono informazioni sulla struttura, si analizzano i locali, si calcolano le metrature, si controllano le tipologie di superfici da trattare. Anche il calcolo volumetrico degli ambienti è essenziale a garantire il corretto svolgimento dellʼattività; essendo una clinica privata civile, con aree critiche legate a pazienti già debilitati. Nella ricognizione, il coordinamento con il personale medico responsabile della struttura aiuta la pianificazione dellʼattività che sarebbe stata svolta la sera successiva. Lʼobiettivo della sanificazione è un complesso di palazzine per un totale di oltre 7000 metri quadri, diviso in reparti, in strutture anche di 4 piani; le tempistiche stimate per il completamento dellʼattività vengono stimate in 4 ore. Si decide anche di effettuare lʼoperazione nella fascia oraria più idonea, subito dopo la cena degli ospiti della casa di riposo, al fine di arrecare loro il minor disagio possibile. La mattina seguente continua lʼaccurata preparazione dei materiali, già preceduta da apposite sessioni di addestramento. E come ogni operazione militare, giunge lʼora del briefing pre-missione e, in un

attimo, arriva il momento di muovere verso lʼobiettivo. Due mezzi dedicati alla squadra disinfezione, completi di materiali e del personale preparato a svolgere la pianificazione effettuano il link up (collegamento) con il nucleo di Comando e Controllo (C2) di COMFOTER Supporti per proseguire lungo lʼitinerario e giungere nei pressi dellʼobiettivo. Arrivati sulla posizione pianificata nei pressi dellʼinfrastruttura il Dirigente del Servizio Sanitario del Reparto organizza il posto comando, con il concorso della sezione locale della Protezione Civile e del gruppo dellʼAssociazione Nazionale Alpini di Cologna Veneta, che supportano lʼattività di preparazione aiutando nellʼallestimento della tenda dedicata al processo di vestizione del personale nonché di preparazione delle apparecchiature tecniche che verranno utilizzate nelle ore successive. Indossato lʼequipaggiamento, gli operatori addetti alla disinfezione effettuano le prove radio; nelle operazioni militari le comunicazioni sono indispensabili, e la scelta di apparati studiati per essere indossati sotto la maschera pieno-facciale risulta vincente: il posto comando ha pieno controllo e conoscerà esattamente la posizione di ogni singolo operatore durante le varie fasi della sanificazione.

Iniziano le fasi della bonifica: i due team approcciano le strutture in maniera parallela, coordinandosi e avanzando simultaneamente, raggiungendo le immaginarie linee di coordinamento successive per avere conferma che tutte le stanze alle spalle siano sanificate, sotto il comando, controllo e coordinamento del Col. Mancini. La disinfezione continua per tutta la struttura seguendo le disposizioni, il piano e la time line sviluppati in sede, per terminare la bonifica con il ricongiungimento dei team e il rientro alla tenda filtro, il tutto con un tempo stimato di 4 ore ed effettivo di 2 ore 45 minuti. Ma il team non ha tempo per riposare: giusto qualche giorno di ricondizionamento dei materiali e ci si ritrova nuovamente pronti per unʼaltra operazione di bonifica: il 29 aprile, ad un giorno dal termine dellʼattività a Cologna Veneta, viene ricevuto da COMFOP Nord, su richiesta della provincia di Vicenza, il messaggio di attivazione per unʼattività di bonifica nel comune di Sossano, previsto per il 5 maggio. La lead dellʼoperazione è detenuta dal 4° Reggimento Alpini Paracadutisti che, a seguito dellʼanalisi della missione, ritiene utile e fondamentale per ragioni di competenza geografica richiedere il supporto dellʼ8° Reggimento Guastatori

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4° REGGIMENTO ALPINI PARACADUTISTI “RANGER”

Paracadutisti di Legnago che già era stato impiegato nelle primissime fasi della crisi nellʼattività di isolamento di Voʼ Euganeo. Inizia così la pianificazione per la nuova attività: lʼaliquota di ricognizione effettua il sopralluogo, andando a raccogliere le

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informazioni essenziali per il calcolo dei dosaggi di disinfettante, le metrature da coprire, il tipo di superfici ed il personale civile presente nella infrastruttura. Prosegue senza soluzione di continuità la pianificazione con il coordinamento tra i due reggimenti e la de-confliction con le attività quotidiane degli operatori della RSA interessata. Il 5 maggio alle ore 16 il posto comando è in posizione: dopo la conferma dellʼaccurata pianificazione si iniziano le operazioni di bonifica vera e propria. Questa volta la struttura ha una metratura inferiore, circa 4000 metri quadri, con un orario stimato per il completamento dellʼattività calcolato in 120 primi. Gli operatori iniziano la disinfezione, sempre equipaggiati con indumenti monouso, i DPI necessari e le maschere pieno-facciali: divisi in due aliquote e

sempre coordinati attraverso la maglia radio, completano la bonifica seguendo la time line pianificata, in un tempo totale di 94 minuti, 26 in meno rispetto allo stimato. Operazioni come queste, a supporto della popolazione civile, assumono un valore etico e sociale fondamentale per dimostrare la presenza concreta delle Forze Armate e delle Forze Speciali, come afferma anche il post del membro della Commissione Difesa alla Camera dei Deputati Erik Pretto: “#Pretto […]: Le #ForzeSpeciali dellʼEsercito Italiano a fianco delle Amministrazioni comunali nella lotta al #Coronavirus Vicenza, 5 maggio 2020 - Come membro della Commissione #Difesa alla Camera dei Deputati esprimo grande apprezzamento e riconoscenza per la preziosa opera di sanificazione che sarà svolta stasera dal 4° Reggimento Alpini Paracadutisti “Ranger” di Verona in collaborazione con


lʼ8º Reggimento Guastatori “Folgore” presso le strutture che ospitano lʼIPAB “A. Michelazzo” di Sossano (Vicenza). Un gesto importante nella lotta al Coronavirus, che dimostra quanto le Forze Speciali dellʼEsercito Italiano siano fondamentali, flessibili ed operative non soltanto per la difesa degli interessi dellʼItalia allʼestero, ma anche nel sostegno attivo alla popolazione civile soprattutto nei momenti più delicati della storia del nostro Paese. Si tratta di unʼoperazione di grande valore etico e sociale che contribuisce a far sentire concretamente la presenza dello Stato sul nostro territorio, dimostrando vicinanza specialmente alle Amministrazioni comunali e alle persone più fragili.” A questo post si affiancano i ringraziamenti del Sindaco di Sossano: “Una proficua collaborazione tra enti pubblici ed Esercito che ha fatto sentire la

vicinanza dello Stato alla popolazione in questa delicata situazione”. Il supporto coordinato tra i reparti della Provincia di Verona ha visto anche la collaborazione del Direttore del Parco Materiali con sede a Peschiera del Garda, Col. Imbimbo, che con un puntuale supporto in termini di fornitura di apparati NBC, quali i SANIJET, ha permesso dʼincrementare gli strumenti a disposizione del personale specializzato in forza ai reparti di stanza nellʼarea. In tale quadro, di estrema utilità, la programmazione ed il completamento di 2 corsi orientati alla formazione di operatori addetti alla sanificazione organizzati dallʼonnipresente Col. Mancini in collaborazione con lʼ85° Reggimento Volontari di Montorio Veronese, che ha visto la partecipazione di rappresentanti di tutte le forze di sicurezza e dellʼordine del veronese, spinte da un sano spirito di

collaborazione reciproca. LʼEsercito, in tutte le sue specialità e peculiarità, rimane a servizio della popolazione e conferma di essere sempre presente. In tale quadro, lʼapproccio pragmatico delle Forze Speciali, non rientra nel solo addestramento dʼélite, ma comprende il mindset con cui ogni attività viene condotta, iniziando dalla pianificazione minuziosa, che include lʼanalisi dei rischi, nostri e dei cittadini, continuando con i rehearsal dellʼattività per poi passare alla condotta dellʼazione per il conseguimento dellʼobiettivo, terminando con il rientro nellʼombra per ricondizionare le capacità e tenersi sempre pronti a rispondere celermente a qualsiasi chiamata del contribuente. Cap. Matteo SANCINETO C O M F O S E M A G A Z I N E 17


CE. ADD. OS. CENTRO ADDESTRAMENTO OPERAZIONI SPECIALI Introduzione In uno degli articoli pubblicati in un numero precedente, era stata evidenziata lʼimportanza di perseguire un addestramento di base mirato alla formazione di futuri soldati operanti nelle forze speciali. Nello specifico, presentando la nuova scuola di formazione, il CEADDOS, era stato scritto: “[…] Questo centro dʼaddestramento rappresenta, quindi, una chiave di volta allʼinterno di un iter formativo che prevede che un allievo cresca da una quasi inesistente formazione militare per divenire un “Operatore Basico” in grado di condurre e portare a termine unʼoperazione in ambienti ostili, capace di sopravvivere in condizioni di avversità climatiche e ambientali eccezionalmente impervie.[…]” Le Forze Speciali hanno sempre giocato un ruolo fondamentale ogni qual volta ci sia stato da colpire e fuggire, sabotare, acquisire informazioni utili ad una operazione, o per la conduzione di combattimenti. Tra i compiti più impegnativi delle Forze Speciali cʼè quello di infiltrarsi tra le linee nemiche e portare a termine missioni particolarmente difficili e a stretto contatto con il nemico, nella piena consapevolezza che ci sia solo un modo per fare le cose: bene! Se lʼEsercito Indiano-Britannico fu il primo, nella prima metà del IXX secolo, a formare due Corpi, il “Corps of Guides” e il “Gurka Scouts”, con il compito di proteggere a qualunque costo le linee di confine, in Italia 18 C O M F O S E M A G A Z I N E

“Centro Addestramento Operazioni Speciali” il corso OBOS


è stato il corpo speciale degli “Arditi” che durante la Prima guerra mondiale ebbe modo di dimostrare valore, tenacia e determinazione. I componenti di gruppi così specializzati richiedono una precisa selezione e una successiva formazione di base altamente professionalizzante. La fase di selezione per aspiranti alle Forze Speciali italiane – propedeutica al corso OBOS - è definita Tirocinio. 2. Il Tirocinio Lʼintroduzione della fase del Tirocinio avviene agli inizi del nuovo millennio, circa ventʼanni fa, dimostrandosi da subito indispensabile per la selezione di allievi sufficientemente forti e motivati perché portassero a termine un successivo corso di formazione impegnativo come lʼOBOS. Gli aspiranti che decidono di intraprendere il lungo cammino di formazione che li porterà allʼacquisizione del brevetto se destinati agli incursori 9° Rgt Col Moschin, o della qualifica se destinati agli Acquisitori del 185° RRAO o ai Ranger del 4° Rgt Alpipar, devono aver superato una fase di selezione chiamata Tirocinio, della durata di quasi due settimane e vincolante per il prosieguo alle fasi successive, nella quale sono messi a dura prova sia fisicamente che psichicamente. Per quanto la scuola supervisioni questa fase di qualificazione principalmente presso la Caserma di Camp Darby, il CEADDOS si avvale anche di altre strutture, quali la caserma Lustrissimi per le prove di acquaticità in piscina e per alcune prove ginniche. Corse zavorrate a tempo che sembrano interminabili, flessioni sulle braccia e sulle gambe e lunghe marce veloci notturne sono solo alcuni esempi degli sforzi estenuanti che gli allievi devono sopportare e superare per poter proseguire verso il corso vero e proprio. Gli aspiranti, già provati fisicamente, imparano i concetti di base della pattuglia quali il movimento, a leggere una cartina topografica e altre nozioni fondamentali. Tutto questo ha lo scopo di evidenziare, per quanto sia possibile fare in due settimane di selezione, le capacità di apprendimento dellʼaspirante e la sua resistenza se sottoposto a costante stress psico-fisico. Dopo il Tirocinio: il corso OBOS

Superato il Tirocinio, lʼallievo affronta il corso OBOS; in via preliminare, il corso si prefigge di trasmettere ai potenziali operatori la comprensione di che cosa significhi essere un Operatore delle Forze Speciali, e della storia che le ha condotte ad essere quello che sono oggi. Il CEADDOS offre poi un corso che forma coloro che, diventeranno operatori che presentano standard psicofisici superiori a quelli degli appartenenti ad altri reparti con incarichi diversi, anche se non di minor importanza rispetto alle Forze Speciali. Nel caso specifico, il 31° corso è stato costretto per ragioni scaturite dallʼemergenza COVID-19 (emergenza, purtroppo, tuttʼora in corso) ad interrompere la sua esecuzione per circa due mesi. Tuttavia questo non ha messo nelle condizioni la scuola ad optare per una sua interruzione definitiva, ne ha demotivato gli allievi perché non riprendessero i loro studi quando possibile.

Il corso, infatti, è tuttʼora in atto. La giornata - tipo di un allievo del corso comincia con lʼesercizio fisico. Istruttori qualificati preparano un programma di allenamento studiato per aumentare forza e resistenza. Per avere successo nelle impegnative prove previste dagli addestramenti è indispensabile che le proprie condizioni psicofisiche siano ottimali: le prove che vengono proposte allʼallievo includono diversi livelli di difficoltà che aumentano con lʼavanzare del corso. Nel corso, infatti, ci sono pattuglie topografiche fisicamente molto provanti con cartine spesso disegnate alla meno peggio su un foglio di circostanza. Freddo, pioggia e ostacoli imposti dalle caratteristiche morfologiche del terreno rendono gli spostamenti duri sfidanti, in quanto le condizioni metereologiche e fisiche non possono e non devono inficiare la riuscita della missione. Unʼoperazione può coprire diversi archi notturni e un allievo deve C O M F O S E M A G A Z I N E 19


CE. ADD. OS. CENTRO ADDESTRAMENTO OPERAZIONI SPECIALI

quindi affrontare fatiche estenuanti senza soluzione di continuità, senza poter contare su un supporto logistico, trasportando zaini pieni non solo del necessario alla propria sopravvivenza, ma anche di tutto lʼindispensabile a condurre lʼoperazione assegnata. Le pattuglie non sono lʼunico ambito con il quale gli allievi acquisiscono dimestichezza. Gli esercizi in poligono sono molti e, sempre nel pieno rispetto del fattore sicurezza, sono accentrati sul maneggio delle armi da fuoco. Gli allievi aumentano così la loro confidenza con strumenti letali e indispensabili allo stesso tempo: molte lezioni vengono, infatti, dedicate allo smontaggio e alla cura delle armi in dotazione. A termine corso, ci si aspetta che lʼallievo arrivi a dimostrare la propria maturità professionale anche attraverso il corretto uso di fucili e pistole, senza che questo possa essere pericoloso per sé e per gli altri. Le difficili caratteristiche morfologiche dellʼarea in cui si va ad operare, le avverse condizioni meteo, e la durata temporale dellʼaddestramento esercitano il fisico, stressano la psiche e sviluppano competenze e conoscenze. I vari elementi forniti per lo studio di una missione e per la sua buona conduzione rendono gli esercizi uno diverso dallʼaltro. Attraverso questo percorso, sotto la supervisione degli istruttori, gli allievi terminano questa fase ben consci dellʼimportanza di quello che 20 C O M F O S E M A G A Z I N E

hanno imparato. Coloro che intraprendono questa strada dura, difficile e al contempo piena di soddisfazione possono farlo a prescindere dal grado,dalla categoria o dallʼincarico svolto fino al momento della scelta; anche alla luce di questo, ci chiediamo: quali sono i fattori principali che spingono un uomo ad avvicinarsi al mondo delle Forze Speciali? Si parla della forza di volontà, di orgoglio personale, di una carriera garantita, di riscontro economico, di necessità di dimostrare a se stessi e agli altri il proprio valore, o del piacere di sentirsi parte integrante di un branco piccolo ma valoroso. Ad analizzare meglio lʼaspetto motivazionale - e psicologico dietro di esso - è il Cap. Roberto BILOTTI, psicologo del COMFOSE, Comando delle Forze Speciali dellʼEsercito, che ha sede in Pisa. Roberto buongiorno. Tu sei lʼufficiale psicologo del COMFOSE, trovi sarebbe stato diverso se avessi rivestito questo incarico in un altro reparto della Forza Armata?

Eddie buongiorno a te! Faccio parte del Comparto O.S. dellʼEsercito praticamente dalla sua creazione. Inizialmente ero in servizio presso il 28° Reggimento “PAVIA” e, dal 2015, sono in servizio presso il COMFOSE, dove rivesto lʼincarico di Ufficiale Psicologo e specialista PSYOPS. Un poʼ per il tipo di carriera svolto, e un poʼ per lʼappartenenza a questo reparto, ti confermo che il mio lavoro è diverso rispetto a tutti gli altri colleghi psicologi della Forza Armata. Il mio impiego infatti si divide tra distaccamenti in approntamento e rientri dai teatri operativi, gestione di eventi critici e, in ambito di formazione, lavoro sia con operatori dei vari reparti sia con gli allievi. Penso che lavorare allʼinterno del nostro comparto sia una sfida per tutti, nessuno escluso. I nostri allievi che si affacciano per la prima volta nel mondo delle Operazioni Speciali devono confrontarsi con questa realtà. Quale è, secondo te, lʼimpulso motivazionale che li sprona ad affacciarsi in questo mondo?


Questa è la domanda più difficile che tu potessi farmi. Tuttavia, prima di parlare di impulso motivazionale, allʼinterno del Comando ci siamo sempre chiesti se esistesse un profilo attitudinale adatto a questo tipo di lavoro. La capacità di gestire lo stress è sicuramente un fattore che accomuna tutti gli operatori, tuttavia gli incarichi e i compiti sono talmente diversi (sniper, medics, artificiere, ecc.) che non è possibile una formulazione di un profilo esatto. Che cosa spinge un ragazzo di circa 20 anni ad approcciarsi a questo mondo? Può essere la spinta economica? Non credo che la motivazione economica sia la prima scelta. La maggior parte dei ragazzi che ho intervistato si approcciano a questo mondo per sfidare i propri limiti o perché semplicemente ritengono che appartenere ai corpi elitari dellʼesercito sia un privilegio per pochi. Purtroppo, tutto ciò non è sufficiente. Ad un certo punto del percorso formativo/selettivo entrano in gioco particolari aspetti di personalità e solo chi li possiede può avere le carte vincenti per finire il percorso. E ciò spiega il motivo del forte contrasto numerico tra le 200 domande di partecipazione e i soli 7/8 allievi che riescono a terminare il percorso. Secondo te è possibile migliorare il processo di selezione e formazione? Ritengo che il processo di selezione e formazione sia già ben strutturato. Una

cosa che potrebbe essere funzionale, secondo me, è lʼorientamento professionale degli allievi che terminano lʼOBOS; tuttavia, questo punto rimane di competenza degli organi centrali, non del COMFOSE. Lʼincursore, lʼacquisitore e il Ranger hanno tutti aspetti attitudinali e competenze

diverse. Lʼattitudine è un elemento chiave per orientare la Forza Armata alla perequazione degli allievi che hanno superato il corso, il che potrebbe ottimizzare sia la capacità operativa del singolo operatore sia le possibilità dʼimpiego delle Forze Armate. …e finalmente la cerimonia

Il Tirocinio e il successivo corso OBOS sono quindi non solo una prova molto impegnativa, ma anche un percorso assolutamente unico il cui superamento rende orgogliosi sia gli allievi sia i loro istruttori. I comandanti, dal canto loro, finalmente trovano un riscontro positivo dopo tanti anni di progetti a lungo termine. Questi progetti erano nati con il chiaro intento di soddisfare delle condizioni semplici, quali lo snellimento di una fase addestrativa molto importante, e migliorare la qualità del corso. Il 31° corso rappresenta il coronamento di tanti sforzi. A sottolineare lʼimportanza del percorso fatto e degli obiettivi raggiunti, al termine delle dieci settimane verrà organizzata, in onore degli allievi, una cerimonia durante la quale il comandante del CEADDOS, con tutto lo staff insegnante e alla presenza del personale che è stato direttamente interessato alla conduzione dello stesso. Durante questo evento, per quanto informale, verrà consegnato lʼattestato a chi ha superato con successo il corso, permettendogli di transitare al successivo iter che li porterà al conseguimento del brevetto o della qualifica tanto ambiti. 1° Lgt Edgardo SANSONETTI

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185° REGGIMENTO PARACADUTISTI RICOGNIZIONE ACQUISIZIONE OBIETTIVI “FOLGORE”

Il 185° RRAO è il reparto delle Forze Speciali dellʼEsercito specializzato nella raccolta informativa in territorio controllato dal nemico. Oltre alle capacità di fare intelligence, gli Acquisitori possono ingaggiare obiettivi strategici attraverso azioni dirette di tipo stand-off, come la guida terminale del fuoco (Terminal Guidance Operations – TGO) di aerei, di artiglierie terrestri e navali, oppure con lʼimpiego del fuoco di precisione degli sniper. Allo scopo di poter essere impiegabili in qualsiasi scenario ambientale, i distaccamenti operativi del RRAO partecipano nel corso dellʼanno ad addestramenti specifici per la mobilità “ambientale”. Nel corso del 1° semestre del 2020 ha avuto luogo lʼesercitazione “Blizzard I” a Corvara dove sono state condotte attività di ricognizione speciale in ambiente innevato. La “Blizzard I” è uno degli addestramenti annuali che prevede lo schieramento di uno Special Operations Task Group (SOTG), con il compito di pianificare e seguire la condotta delle attività sul

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185° RRAO Compiti principali e mantenimento delle capacità di mobilità ambientali.

terreno svolte dalle Special Operations Task Unit (SOTU), alle cui dipendenze possono esserci uno o più Distaccamenti Operativi (DO). Nella fase propedeutica alla condotta dellʼesercitazione sono state svolte

attività addestrative mirate a mantenere e migliorare le tecniche di movimento in ambiente innevato, superamento di ostacoli, movimento di infiltrazione, lancio col paracadute, trasporto di eventuali feriti, sopravvivenza in climi rigidi e realizzazione di Observation Post (OP). Alle attività propedeutiche di mobilità montana invernale segue la fase finale dellʼesercitazione che consiste nella pianificazione e condotta di una missione sul terreno da parte dei distaccamenti operativi che, grazie alla presenza di role player, hanno modo di condurre Operazioni Speciali continuative sul terreno con il massimo realismo possibile. Le attività sul terreno sono monitorate dal SOTG che tramite i propri sistemi C4 riceve dal terreno i dati trasmessi dagli operatori in osservazione sullʼobiettivo.


I dati raccolti mettono sin da subito al lavoro la cellula intelligence del SOTG che valorizza i dati ed elabora prodotti intelligence allo scopo di addestrarsi a soddisfare le richieste di un eventuale Special Operation Component Command (SOCC).

Lʼemergenza legata al Covid-19 ha purtroppo reso necessaria la rimodulazione dei programmi addestrativi, in quanto solitamente in primavera inoltrata si svolge lʼambientamento montano estivo con lʼesercitazione denominata “Blizzard II”, che prevede lʼaddestramento nella condotta

di Operazioni Speciali in ambiente montano con il superamento di pareti rocciose da parte dei distaccamenti operativi. Al termine del 1° semestre di ogni anno è previsto lʼambientamento anfibio in cui si perfezionano le tecniche di inserzione ed estrazione degli operatori dallʼacqua.

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185° REGGIMENTO PARACADUTISTI RICOGNIZIONE ACQUISIZIONE OBIETTIVI “FOLGORE”

185° RRAO: La mobilità anfibia. Il 71% della superficie del pianeta è rappresentato da acqua sotto forma di oceani, mari e acque interne. Come ogni reparto FS, il 185° RRAO ha sviluppato nel corso degli anni la capacità di poter inserire, con propri mezzi nautici, gli operatori per il raggiungimento di un “punto di presa terra”, come viene chiamato in gergo, allo scopo di raggiungere, attraverso un successivo movimento appiedato di infiltrazione, lʼarea in prossimità dellʼobiettivo pianificato. La sede di Livorno ha sicuramente influenzato positivamente lo sviluppo delle varie tecniche di inserzione ed estrazione dallʼacqua. Pertanto oltre alla possibilità di svolgere i classici lanci col paracadute sullʼacqua, gli Acquisitori possono contare sul trasporto di superficie dei propri battelli Hurricane ZH935, detti anche RHIB (Rigid Hull Inflatable Boat).

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I RHIB in dotazione al RRAO sono i primi, e al momento gli unici, battelli modificati in base ad esclusive esigenze del reparto per il trasporto di un Distaccamento Operativo completo con due piccoli gommoni FC470. Solitamente il RHIB è utilizzato come piattaforma di rilascio del DO e dei due FC470, che una volta in acqua sono gonfiati e preparati per la navigazione a motore verso la costa. Normalmente, dagli FC470 gli operatori designati per la condotta della

presa di terra proseguono a nuoto. Lʼaddestramento anfibio rientra in un normale ciclo di mantenimento delle capacità che si svolge nellʼarco di tutto lʼanno nelle diverse condizioni climatiche e di luce. Per garantire una miglior capacità descrittiva le foto pubblicate in questo articolo sono state scattate nelle ore diurne ma lʼaddestramento alla luce del sole è propedeutico a svolgere invece tutte le procedure col favore delle ore notturne a garanzia della massima discrezione durante le fasi di avvicinamento alla costa presunta ostile. Allo scopo di estendere il raggio di azione del RHIB, è in fase di sperimentazione il trasporto del battello attraverso il gancio baricentrico di un elicottero CH-47 del Reparto Elicottero Operazioni Speciali (REOS), che in altre occasioni può permettere il recupero degli operatori attraverso una scala particolare denominata “biscaggina”. Lʼutilizzo dellʼelicottero CH-47 è ormai consolidato, invece, per il recupero degli operatori a bordo degli FC470 dalla rampa posteriore del velivolo, che grazie allʼabilità del pilota che riesce a far allagare parte della fusoliera, è possibile consentire al battello di entrare con la propulsione del proprio motore fuoribordo.


La formazione nella mobilità anfibia: durante il corso di specializzazione per acquisitori obiettivi (della durata di 50 settimane) è previsto, nellʼambito degli addestramenti sulla mobilità nei diversi ambienti, il corso di “Combattimento, sopravvivenza e mobilità anfibia in

ambiente fluviale, lacustre e marino con e senza natanti”. Sin da subito gli allievi acquisitori apprendono le varie tecniche di inserzione ed estrazione in ambiente anfibio. Tecniche che sono poi destinate ad essere mantenute e perfezionate quando si entra a far parte dei distaccamenti operativi.

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REGGIMENTO DʼASSALTO PARACADUTISTI “COL MOSCHIN”

Il 9° Reggimento dʼAssalto Paracadutisti “Col Moschin” annovera, tra le fila della componente operativa, personale Incursore in possesso di un profilo specialistico che nei moderni teatri dʼimpiego è risultato essenziale se non cruciale per la riuscita della missione: stiamo parlando del combat medic. Io sono orgogliosamente uno di loro. Tale specifico skill set è stato sempre percepito come funzionale allʼevoluzione professionale dellʼIncursore, rendendo di fatto lʼunità minima, il distaccamento, parzialmente autonomo nel triage e nel primo soccorso ai feriti in combattimento. Pertanto sin dai primi anni 2000 il personale è stato inviato presso lʼInternational Long Range Reconnaissance Patrol School (ILRRPS) di Weingartend (oggi International Special Operations Training Centre - ISTC ricollocato in Pfullendorf), per la frequenza di corsi di primo soccorso sul campo di battaglia. Tuttavia grazie alla costituzione del Comando Interforze delle Operazioni Speciali (COFS) è stato possibile avviare, dal 2004, la regolare formazione di personale delle Forze Speciali italiane

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Il Combat Medic presso gli istituti di formazione specifici degli Stati Uniti dʼAmerica. In ragione della struttura sanitaria dei paesi anglosassoni, caratterizzate da una grande interazione e osmosi tra sfera civile e militare, nonché della esperienza e cultura delle Forze Armate americane, gli Stati Uniti dʼAmerica offrono una formazione quasi unica nello specifico ambito.Lo stesso ISTC ha aggiornato e potenziato lo specifico iter formativo adeguandolo agli standard USA; per cui attualmente i combat medic del 9° Reggimento “Col Moschin” possono essere qualificati attraverso due percorsi molto simili: US Special Operations Combat Medic (SOCM), che si svolge presso la United State Army John Fitzgerald Kennedy Special Warfare Center and School (SWCS) sita nella base di Fort Bragg, North Carolina (USA), che è la casa madre e la sede dei reparti delle FS americane, secondo una offerta formativa programmata annualmente. Il corso SOCM americano ha una durata di 36 settimane. Oltre alla parte in comune, include due tirocini da un mese ciascuno: uno presso il servizio Emergency Medical Services (EMS) e lʼaltro presso una struttura ospedaliera militare, più un modulo di live tissue (pratica reale); NATO Special Operations Combat Medic (SOCM) programmato su una sessione annuale,

in Germania, presso ISTC, ha una durata di 24 settimane (comprese due settimane di clinical rotation presso lʼospedale universitario di Cork, Irlanda). Entrambi i corsi partono dalle basi di anatomia e fisiologia, per poi dedicare una generosa porzione di corso alla formazione come paramedico civile: come vedremo tra poco i SOCM sono chiamati a rispondere a una gran varietà di situazioni di natura

medica, inoltre questi corsi prevedono lʼacquisizione dei rispettivi brevetti e qualifiche USA, che permettono poi gli operatori di partecipare a tirocini e praticantati con il sistema sanitario americano, lavorando sulle ambulanze e nei pronto soccorso degli ospedali civili. In questa fase si studiano gli interventi sulle chiamate più classiche che ricevono le ambulanze: episodi cardiaci, crisi glucidiche dovute al diabete, reazioni allergiche e shock anafilattico e molte altre; di conseguenza si impara a raccogliere e trascrivere unʼanamnesi più chiara e completa possibile, per un corretto passaggio di consegne con i dottori bisogna perlomeno parlare la stessa lingua. Come si potrà capire meglio tra poco, i due corsi forniscono molto di più di un corrispettivo paramedico civile, al loro interno cʼè anche un mix di nozioni di infermieristica e medicina base, ma soprattutto le basi per poter capire cosa fare quando ci si trova di fronte a un caso che esula dalle proprie competenze, quale dottore consultare, quale libro andare a “spulciare”, il combat


medic è lʼunico incarico in cui il critical thinking (ragionamento critico) è una necessità. Finita la fase medica si passa a quella “più facile”: il trauma, il “tappabuchi”. “Every monkey can do trauma” (ogni scimmia è in grado di fare trauma) … “ripeteva il mio istruttore a Bragg, la differenza tra voi e le scimmie sta nella conoscenza di anatomia e fisiologia, eppure a me, trauma non è sembrato facile per niente!” Procedure invasive salvavita, complicate allʼinizio, provate su cavie vive, ripetute allo sfinimento su cadaveri congelati durante i fine settimana, diventano poi memoria muscolare, come guidare la macchina; a quel punto si può iniziare a ragionare mentre si opera, pianificare la prossima mossa durante la procedura. Sì perché i casi degli scenari sono sempre più complicati, non cʼè mai il tempo di adagiarsi su quello che si è appena consolidato, ma bisogna fare spazio per apprendere ferite nuove, complicazioni, nuovi trucchi e gli scenari sono sempre a tempo, giusto per aggiungere un poʼ di sale. Appena inizi a sentirti a tuo agio, viene aggiunta la componente tattica e tutto ricomincia da zero. Ogni giorno una battaglia, uno sfinimento. Il NATO SOCM non è da meno - parlo per esperienza

diretta essendo stato istruttore alla prima edizione! – visto che anche presso ISTC lì le lezioni iniziano presto e finiscono tardi, cena veloce e poi naso sui libri per il resto della serata o in piccoli gruppi di studio a provare le simulazioni pratiche delle cliniche. In entrambi i corsi i test e le verifiche pratiche si susseguono incessantemente, mantenendo un ritmo e una frequenza elevati, testando continuamente la tenuta psico-fisica dei frequentatori. Va evidenziato che teoricamente i corsi SOCM sono frequentabili anche da chi è completamente digiuno della materia, ma per frequentare quello negli Stati Uniti, agli studenti internazionali è obbligatoriamente richiesto il passaggio propedeutico tramite il corso Combat Medic Specialist (CMS) dellʼEsercito, della durata di quattro mesi, svolto presso la scuola di medicina delle forze armate americane sita a Fort Sam Houston, Texas (USA). Questo passaggio assicura che chi si presenta a Fort Bragg abbia dimostrato almeno la capacità di sostenere otto ore di lezione giornaliere in lingua inglese e abbia superato con successo lʼesame per lʼammissione allʼalbo dei paramedici, il National Registry Emergency Medical Technician (NREMT), condizione necessaria

per poter partecipare ai tirocini presso le strutture sanitarie. Per frequentare il corso in Germania è invece necessario essere già qualificati medic nazionali (per lʼItalia Soccorritore Militare) o aver frequentato il corso Advanced Medic First Responder (AMFR) presso ISTC. Sintetizzando, il SOCM è un Paramedico Militare, quindi un professionista, conoscitore di medicina, soprattutto quella pre-ospedaliera, che in ambito militare assume la connotazione e definizione di “Medicina Tattica”, dovendo aggiungere alle difficoltà del preospedaliero tutte quelle derivanti dal contesto delle operazioni militari in cui ci si trova a operare. La presenza di un SOCM in un Distaccamento Operativo Incursori, isolato, è in grado di garantire la sopravvivenza ai colleghi eventualmente feriti, alle unità amiche indigene, ai civili e perché no, a volte anche ai nemici. Ad esempio nel caso in cui quattro operatori fossero colpiti da un ordigno esplosivo improvvisato , il SOCM è in grado di applicare i protocolli necessari alla stabilizzazione e preparazione in sicurezza per il trasferimento presso la più idonea e vicina struttura ospedaliera. Proviamo a spiegarlo con lʼaiuto di un esempio verosimile che vede un distaccamento di

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9° REGGIMENTO DʼASSALTO PARACADUTISTI “COL MOSCHIN”

Forze Speciali (team di 8/12 operatori) impiegato in una in una Forward Operative Base (FOB), schierata in modalità isolata presso un remoto villaggio africano, senza supporto logistico di aderenza, la cui missione è di tipo Military Assistance in un 28 C O M F O S E M A G A Z I N E

contesto di Counter Insurgency: in altre parole il loro compito è reclutare il personale, addestrarlo al fine di creare unʼunità organica per poi assisterli in operazione fino a far loro ottenere lʼautonomia necessaria per agire efficacemente contro il terrorismo. In questa campagna, il combat medic dovrà assicurarsi del benessere psico-fisico di tutti gli operatori: supportando il Direttore del Servizio Sanitario del Reparto (il nostro Dottore) nella corretta condotta della profilassi pre-immissione contro le malattie,

delle ferite non avvenute in battaglia (c.d. Disease and Not-Battle Injuries - DNBI) che, per esperienza diretta, posso affermare siano una grossa porzione della attività medic, fino ad arrivare al trattamento e la gestione delle ferite e dei traumi in operazione. I moderni teatri operativi richiedono inoltre che gran parte di queste attività andranno duplicate ed estese anche per le forze indigene nonché per la popolazione civile, per facilitare una maggiore penetrazione del tessuto sociale locale costituendo al contempo un rapporto

per continuare con la medicina preventiva e le misure dʼigiene (controlli e potabilizzazione acqua, conservazione e preparazione sicura degli alimenti, corretto smaltimento dei rifiuti) per passare al trattamento e la gestione delle malattie e

di collaborazione e fiducia reciproca. Questo può può tradursi nei contesti più complessi nellʼ assistere partorienti in villaggi in giro per il mondo (come lʼistruttore a Fort Bragg ci ha spiegato), gestire le esigenze e prevenire le più comuni cause di mortalità


dopo qualche settimana di corso intensivo di specializzazione, i SOCM sono stati impiegati negli ospedali da campo a gestire pazienti ventilati a causa dellʼemergenza COVID-19, ben felici di contribuire alla salute pubblica. LʼIncursore qualificato combat medic, ha dimostrato ancora recentemente la sua fondamentale importanza nelle Operazioni Speciali. Sarebbe auspicabile in futuro individuare una linea dʼazione che consenta di ottimizzare e ampliare lʼimpiego di tali professionalità, nellʼambito della sanità pubblica, ambiente per il quale il personale qualificato SOCM è pronto a intervenire dei greggi e delle mandrie di animali, gestire, in una clinica di circostanza, le conseguenze di un colpo dʼarma da fuoco in faccia che ha lasciato un buco sulla guancia di un soldato che non si richiude, oppure trattare la ferita di un K9 Military Working Dog (MWD). La condotta di parte delle sopra elencate attività hanno portato un Incursore dellʼEsercito, qualificato SOCM, a ottenere il massimo riconoscimento internazionale: nel 2017, è stato insignito del titolo di medic of the year, dalla Special Operations Medic Association (SOMA) nonchè di una Croce di Bronzo al Merito dellʼEsercito. La formazione di questo prezioso specialista non si ferma comunque con i corsi di qualificazione. Il 1° Battaglione Incursori effettua periodicamente delle settimane specialistiche (una settimana ogni quattro mesi) dedicata al personale combat medic. Nel contesto di tali attività, grazie ai nuovi qualificati, al personale appena aggiornato, work shop interforze e/o internazionali, talvolta corsi ad hoc in cui tutti i combat medic delle compagnie operative si trovano tra loro e si addestrano a vicenda, affinando le loro capacità, rivalutando gli standard operativi e controllando che siano sempre raggiunti. Da non dimenticare la funzione delle lezioni apprese: esse sono unʼaltra grande fonte di apprendimento, non solo quelle generate allʼinterno del Reggimento, ma anche quelle che ci giungono dalle scuole internazionali tramite i nuovi giovani combat medic che, rientrando dai corsi, più aggiornati anche sulle nuove tecniche e procedure, riportano e condividono con il resto del personale qualificato. Inoltre ci sono i corsi di aggiornamento della

durata di due settimane: negli Stati Uniti dʼAmerica, per i qualificati US SOCM, presso la NATO Special Operations School (NSOS) di Chievres (Belgio). Tuttavia va ricordato che per operare in ambito nazionale anche il combat medic, nonostante lo skill set sino descritto, deve conseguire la qualifica di Soccorritore Militare. Qualifica riconosciuta grazie ad un protocollo di intesa tra Ministero della Difesa e Sanità. La figura del Soccorritore Militare, in ragione di una specifica competenza acquisita attraverso un corso della di una durata sensibilmente inferiore, non ne fanno una figura professionale comparabile con il combat medic, riconducibile in maniera più generale a un Paramedico Militare della forze USA. Per fornire un aderente termine di paragone, in alcuni paesi dove la figura del Paramedico è riconosciuta,

grazie alla qualifica militare internazionale, e/o protocolli maggiormente invasivi rispetto a quelli per cui il Soccorritore Militare è abilitato. Tale adeguamento rappresenterebbe senza dubbio un contributo prezioso al potenziamento del supporto dello strumento militare sul territorio nazionale, supporto per il quale già si è confermato cruciale lʼEsercito nella gestione dellʼemergenza COVID-19.

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9° REGGIMENTO DʼASSALTO PARACADUTISTI “COL MOSCHIN”

Il 30 settembre 1975, nel quadro della ristrutturazione dellʼEsercito, il Battaglione Sabotatori Paracadutisti assumeva la denominazione di 9° Battaglione dʼAssalto Paracadutisti “Col Moschin. Lʼ8 aprile 1976 presso lo stadio polisportivo militare “Gen. C.A. Carlo BARBASETTI di PRUN” a Firenze, fu consegnata la Bandiera di Guerra del 10° Reggimento Arditi al 9° Battaglione dʼAssalto Paracadutisti “Col Moschin”. Prendendo in consegna la Bandiera e le tradizioni del disciolto 10° Reggimento Arditi veniva ricostituito, da un punto di vista storico militare, il filo conduttore tra gli Arditi della I Guerra Mondiale e i reparti di Assalto del Secondo Conflitto. Dopo 44 anni di servizio alla Patria, che includono lanci, missioni nazionali e internazionali nonchè centinaia di giuramenti prestati al suo cospetto, venerdì 19 giugno 2020, presso la Caserma Vannucci in Livorno, si è svolta la cerimonia di rinnovazione del 30 C O M F O S E M A G A Z I N E

Rinnovazione del Drappo

drappo della Bandiera di Guerra del 9° Reggimento dʼAssalto Paracadutisti “Col Moschin”. Pochi giorni dopo aver commemorato i fatti

dʼarme del 1918 sul Col Moschin, con una breve cerimonia allʼinterno della Caserma Vannucci , il Nono si è riunito nuovamente per onorare il drappo della Bandiera di Guerra che è stato sostituito a causa del suo naturale deterioramento nellʼ impiego. Alla cerimonia sono intervenuti, oltre al Gen. Ivan CARUSO, Comandante del Comando delle Forze Speciali dellʼEsercito, anche molti degli ex Comandanti del Reggimento e una rappresentanza dellʼAssociazione Nazionale Incursori Esercito (ANIE). Dopo lʼallocuzione del Comandante di Reggimento, Colonnello Yuri GROSSI, e la benedizione del nuovo drappo, è intervenuto il cui Presidente ANIE, Renato DARETTI, che ha ricordato brevemente la cerimonia svoltasi a Firenze nel 1976 in cui venne consegnata la bandiera al neo costituito Battaglione dʼAssalto. Il Generale CARUSO ha chiuso gli interventi con un intenso e sentito discorso, sottolineando


lʼimportanza che la Bandiera ha per un Soldato e come in Essa siano racchiusi i valori più importanti e fondanti il giuramento alla Patria di ognugno di noi.

La Bandiera di Guerra del 9° Reggimento dʼAssalto Paracadutisti “Col Moschin” è decorata di una Croce di Cavaliere dellʼOrdine Militare di Savoia, due Croci di

Cavaliere dellʼOrdine Militare dʼItalia, tre medaglie dʼArgento al Valore Militare, una medaglia dʼOro al Valore dellʼEsercito,una medaglia dʼArgento al Valore dellʼEsercito.

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RSOS REPARTO SUPPORTI OPERAZIONI SPECIALI

Coronavirus, il RSOS offre il suo contributo per combattere lʼemergenza Nei giorni successivi allʼinsediamento nella nuova installazione militare, nel nostro Paese si sono susseguite una serie di problematiche connesse allʼemergenza sanitaria mondiale Sars-Cov2 (Covid-19). LʼEsercito Italiano, schieratosi fin da subito in supporto alla popolazione su tutto il territorio nazionale, ha trovato nel Reparto Supporti alle Operazioni Speciali un dinamico alleato per sostenere e supportare lʼimpiego del personale militare e non, in transito da e per i Teatri Operativi.

Il RSOS ha infatti messo a disposizione le sue strutture allʼinterno del Comprensorio Ten. MOVM Dario VITALI per ospitare durante il periodo di quarantena cautelativa il personale in partenza ed in rientro da Missioni allʼestero. LʼEsercito Italiano, sempre in prima linea nelle grandi emergenze nazionali, è anche questa volta chiamato a concorrere, insieme a tutte le altre Istituzioni, al contrasto e al contenimento dellʼemergenza. Continua 32 C O M F O S E M A G A Z I N E

Il Reparto Supporti alle Operazioni Speciali in prima linea nella lotta al Covid -19

infatti e si intensifica senza sosta il contributo dei soldati che sono scesi in campo con lʼallestimento di strutture sanitarie campali; infermieri, medici, disinfettori e personale di supporto hanno risposto prontamente alla missione che prevede il loro impiego in caso di calamità e di crisi a sostegno della collettività nazionale. Oltre allʼimpegno a favore della popolazione italiana, ogni reparto ha preso provvedimenti per arginare il diffondersi del virus, istituendo unʼorganizzazione interna per rendere sicuri i posti di lavoro ed i mezzi di trasporto. Le attività di bonifica dei locali e degli autoveicoli militari destinati al trasposto del personale hanno previsto, sulla base delle linee guida dellʼIstituto Superiore di Sanità e del Comando Logistico dellʼEsercito lʼutilizzo di disinfettanti ad ampio spettro con attività microbicida nei confronti di

batteri, virus e miceti, al fine di rendere i luoghi di lavoro più sicuri per il personale, minimizzando il rischio di contagio.


La Sezione Sanità del COMFOSE/RSOS, in aderenza a quanto disposto dalla Forza Armata, ha svolto sin dallʼinizio dellʼemergenza, una serie di attività articolate su 4 grandi macroaree:

Unitamente allʼattività di disinfezione dei locali, è stata condotta la gestione dellʼisolamento fiduciario del personale dʼimmissione e di rientro dai Teatri Operativi esteri, grazie alla quale il Comprensorio Vitali, è diventato un vero e proprio hub sanitario a sostegno del COMFOTER-COE per la gestione dei voli in transito presso lʼAeroporto di Pisa. La disponibilità di palazzine dotate di ampi alloggi e di spazi congrui alla gestione

dellʼisolamento del personale, hanno reso la base militare sede del COMFOSE, del RSOS e del CEADDOS, primo esperimento di “Caserma Verde” dʼItalia, un centro ideale per lʼaccoglienza e la permanenza di militari e non, in partenza ed in rientro da impieghi allʼestero. Gli uomini e le donne del RSOS si sono prodigati in tempi ristrettissimi per la sistemazione infrastrutturale e rimessa in opera di palazzine e stanze che sono diventate dei “piccoli gioielli” grazie alla dedizione e buona volontà di tutto il personale che ha fornito accoglienza e disponibilità ai quarantenati. Anche nellʼambito “quarantena cautelativa”, la Sezione Sanità ha provveduto allʼesecuzione di alcune attività necessarie per una sicura gestione di eventuali contagi: dallʼesecuzione del tampone oro-rinofaringeo al momento dellʼatterraggio dellʼaereo direttamente presso la sede della 46^ Brigata Aerea dellʼAeronautica Militare, alla sorveglianza attiva tramite monitoraggio quotidiano di

segni e sintomi riconducibili ad infezioni da Covid-19. Eʼ stata inoltre allestita ad hoc una Sala Medica allʼinterno della palazzina del Comprensorio Vitali adibita alla quarantena, dotata di personale e strumenti per la gestione di base di eventuali casi positivi, nellʼattesa dellʼarrivo dei soccorsi avanzati.

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RSOS REPARTO SUPPORTI OPERAZIONI SPECIALI

Grazie allʼarruolamento straordinario di personale sanitario per contrastare lʼemergenza sanitaria, tre sottufficiali infermieri, assegnati al COMFOSE allʼinizio del mese di aprile , sono stati da subito impiegati presso le strutture sanitarie nazionali (Residenze Sanitarie Assistenziali o strutture nosocomiali) situate nelle regioni maggiormente colpite dalla pandemia. Il Mar. Iannaccone, che ha messo al servizio del Paese la propria professionalità contro un nemico subdolo ed invisibile in una delle strutture sanitarie di Lodi, ci racconta la sua esperienza… D: Mar. Iannacone ci parli un poʼ di lei e della sua formazione… R: Mi chiamo Elvira Iannaccone, ho 22 anni e sono nata ad Avellino il 18/11/1997. Ho frequentato il Liceo scientifico P.E Imbriani, diplomandomi nellʼanno accademico 2015/2016. Successivamente ho superato il test dʼaccesso a numero chiuso per la facoltà di Infermieristica presso lʼuniversità degli studi della Campania Luigi Vanvitelli, nella quale mi sono laureata il 20/11/2019. Ho continuato il percorso formativo divenendo esecutrice di BLSD, PBLSD e PTC, grazie a questi titoli ho avuto la possibilità di ampliare le mie conoscenze lavorando sul 118 e in medicina dʼurgenza presso il Moscati di Avellino. Attualmente, oltre al ruolo che ricopro nellʼEsercito, sto frequentando il master di infermieristica forense presso la Sapienza. D: Qual è stata la motivazione che lʼha spinta ad aderire allʼarruolamento straordinario di infermieri e medici? R: Sono sempre stata affascinata dalla vita militare, infatti unire ad essa la mia 34 C O M F O S E M A G A Z I N E

professione è sempre stato il mio principale obiettivo. Pertanto, almeno per me, è stato quasi naturale aderire allʼarruolamento straordinario. Ovviamente il tutto è stato incentivato dal contesto storico che noi tutti stiamo vivendo. Quando ho realizzato di essere una figura professionale indispensabile per fronteggiare lʼemergenza causata dalla SARS-CoV-2 non potevo restare impassibile. D: Cosa si aspettava dallʼesperienza a Lodi? La sua reale esperienza ha rispecchiato lʼaspettativa? R: Quando ho ricevuto la comunicazione, la partenza è stata quasi immediata dunque non cʼè stato molto tempo per creare delle aspettative. Avevo seguito la vicenda sul territorio lodigiano da dietro uno schermo e di conseguenza non sapevo perfettamente cosa avrei riscontrato al mio arrivo. Una volta arrivata sul posto ho trovato unʼaccurata organizzazione della Task Force, guidata con maestria dal Col. Lunardi. Io e i miei colleghi non eravamo chiamati a sopperire alle mancanze solo a livello ospedaliero ma anche a livello territoriale nella gestione di ambulatori e RSA (Residenze Sanitarie Assistenziali), pertanto il lavoro era tanto. Dal punto di vista professionale è stata unʼesperienza altamente formativa che mi ha permesso di interfacciarmi con del personale qualificato, pronto a fronteggiare qualsiasi avversità, il che ha fatto sì che io potessi completare ogni turno con il sorriso mettendo da parte la stanchezza e tutto il fastidio e dolore causato dai DPI. Dal punto di vista umano, non dimenticherò nessun collega in quanto ognuno di loro si è prodigato per lasciarmi un insegnamento di cui ho fatto tesoro. Quindi ad oggi posso dire che nonostante il lavoro faticoso qualsiasi fossero state le mie aspettative questa esperienza le ha di gran lunga superate in positivo.

D: Quali sono state le attività che hanno riempito le sue giornate durante il suo impegno contro il COVID-19? R: Le giornate si susseguivano uguali. Principalmente erano incentrate sullʼattività di reparto nella gestione dei pazienti COVID positivi e delle relative complicanze. Io personalmente, in aggiunta, ero impegnata anche nellʼesecuzione dei tamponi agli ospiti e al personale delle RSA. Lo scopo era quello di identificare sia tra gli ospiti che tra il personale sanitario i positivi al fine di contenerne i contagi. Gli operatori delle strutture che risultavano positivi venivano prontamente esonerati dal lavoro e, una volta guariti, venivano reinseriti nellʼambiente lavorativo. D: Qual è stato il momento più difficile per Lei? R: Il momento più difficile sicuramente è stato lʼimpatto iniziale. Al di là delle attività interne alle strutture, ciò che mi ha maggiormente colpita è stato vedere una città completamente desolata, dove la poca gente che girava per strada terrorizzata, camminava con il capo rivolto verso il basso cambiando strada qualora incontrasse unʼaltra persona. Inoltre lʼunico suono udibile erano le sirene delle ambulanze a qualsiasi ora del giorno e della notte. Era una città che aveva perso la sua umanità. Ma con il susseguirsi dei giorni le cose sono pian piano cambiate, le persone hanno acquisito maggiore sicurezza e sono tornati i sorrisi dietro le mascherine. D: La famiglia come ha preso la sua decisione di entrare nellʼEsercito come infermiere in questa situazione di emergenza epidemiologica? R: La mia famiglia mi ha sostenuto a pieno in questa scelta, mi hanno sempre detto di fare ciò che mi rendesse felice e ad oggi posso dire che sono fieri di me. D: Cosa riporterà a casa dopo questa esperienza? R: Sicuramente la gioia di aver avuto la possibilità di aiutare in questa situazione e per lo più di farlo indossando lʼuniforme dellʼEsercito. Personalmente credo che lavorare in un contesto così articolato


favorisca una crescita professionale esponenziale, si lavora in modo più rapido rispetto alle normali tempistiche e bisogna far sì che questa rapidità non intacchi la precisione. Oltretutto

la crescita umana è inevitabile per la moltitudine di colleghi e pazienti con cui si è a contatto. Quindi quello che porto a casa è un bagaglio colmo di una realtà vissuta a 360 gradi, e personalmente

sono grata ogni giorno per aver avuto questa possibilità. Cap. Annalisa ANDREOTTI C.le Magg. Sefora PENSA

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28°

REGGIMENTO COMUNICAZIONI OPERATIVE “PAVIA”

“Tre cose muovono gli uomini: lʼinvidia, la paura e i soldi ” soleva dire Napoleone. In effetti, lʼimperatore aveva identificato tre potentissime leve in grado di condizionare coloro che ne fossero pervasi o suggestionati, al punto da modificarne i comportamenti e gli atteggiamenti. Le Operazioni Psicologiche (PsyOps), fin dallʼantichità, hanno rivestito un ruolo di fondamentale importanza nella condotta delle operazioni militari. Numerosi condottieri ne hanno

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Le operazioni psicologiche nella storia

Unʼarma da sempre efficace declamato lʼindispensabilità (1) e fatti dʼarme, battaglie e intere campagne sono state marginalmente o totalmente condizionate dal fattore psicologico, quale arma per indebolire il morale del nemico e agevolare il buon esito delle operazioni: tante sono state le leve utilizzate allo scopo, quali il sistema valoriale del nemico, le sue credenze ed emozioni, il suo entroterra culturale. Numerosi gli esempi storici, tra i quali saranno citati alcuni particolarmente

indicativi. Nel 525 a.C., nella battaglia di Pelusio (antico Egitto) i Persiani sconfissero gli Egizi facendo leva sulle loro credenze religiose. I primi, sapendoli animali sacri per gli Egizi, legarono sui propri scudi migliaia di gatti. Alla vista dei felini, per evitare di fargli del male, gli Egizi rifiutarono il combattimento e persero lo scontro. Alessandro Magno, invece, usando una tecnica di persuasione non violenta, era aduso ad assicurarsi


la fedeltà e la sottomissione dei popoli conquistati, “addolcendo” con lasciti ed elargizioni di denaro i satrapi e i capi locali in cambio dellʼassimilazione della cultura greca. I nostri antenati, i Romani, nellʼusare la forza e lʼabilità tattica delle legioni si avvalevano di una straordinaria capacità ingegneristica per impressionare il nemico.

fortificate potevano sancire il successo di intere campagne militari, le popolazioni assedianti usavano catapultare le teste mozzate dei prigionieri oltre le mura di cinta, mentre gli assediati gettavano cibo dalle mura per dimostrare al nemico di avere risorse più che sufficienti per resistere a un lungo assedio nella convinzione di far desistere gli attaccanti.

esecuzione sistematica di queste tecniche di persuasione dando in tal modo un forte impulso alle “PsyOps”. Numerose fonti suggeriscono che Il 7 maggio 1915, con lʼaffondamendo del transatlantico britannico “RMS Lusitania” da parte del sommergibile U-20 tedesco e la morte di 1201 passeggeri dei quali 123 cittadini americani, ci si sia trovati di

Per citare un esempio emblematico, nel 55 a.C. durante la campagna di conquista della Gallia, Giulio Cesare fece costruire in soli dieci giorni un gigantesco ponte di legno sul fiume Reno lungo ben 500 metri e largo 4 che avrebbe permesso alle sue legioni di attraversare il corso dʼacqua e che, quale effetto comunicativo, ottenne lʼannichilimento dello spirito combattivo dei Germani stanziati sullʼaltra sponda, così impressionati da evitare qualsiasi iniziativa ostile nei confronti dei legionari di Cesare. Alla luce di questi esempi, dunque, si intravvedono le prime applicazioni dellʼ “arma psicologica”, continumanete affinata sulla base dei propri – ma sopratutto di quelli nemici - caposaldi sociali, culturali, comportamentali. In un periodo particolarmente instabile e tumultuoso quale il Medioevo, nel quale gli assedi e le capitolazioni delle città

La strategia del terrore fu probabilmente uno dei metodi psicologici più usati in quel periodo, basti pensare a una serie di condottieri o guerrieri preceduti dalla loro fama di massacratori, quali Attila, re degli Unni, che fece ampiamente uso di questa strategia durante le sue conquiste tanto da meritarsi lʼappellativo di “flagello di Dio”. Tale impiego della persuasione, o meglio, del condizionamento, fu utlizzato con successo anche dai Vichinghi, i Turchi o le orde mongole di Gengis Khan le cui feroci consuetudini andavano a minare il morale delle popolazioni che le subivano. Per iniziare a parlare di Operazioni Psicologiche in senso moderno bisogna, tuttavia, attendere la 1^ Guerra Mondiale durante la quale, anche grazie agli sviluppi tecnologici di nuovi sistemi dʼarma e di comunicazione in campo militare e civile, si ricorse a una pianificazione ed

fronte a unʼ attività PsyOps impiegate a livelli politico/strategici per condizionare lʼingresso in guerra di una nazione fino ad allora neutrale. Nello specifico il transatlantico, salpato dagli Stati Uniti per il Regno Unito venne considerato obiettivo militare dal governo tedesco, informato precedentemente di un presunto carico di armi e munizioni trasportato nella stiva e inspiegabilmente privato della scorta dellʼ incrociatore britannico “Juno” nellʼultimo tratto di navigazione. Si presume che, benchè molte navi civili inglesi navigassero “armate” e quindi “obiettivo” lecito, la soffiata sia il frutto di unʼoperazione di intelligence britannica ordita dallʼ allora Primo Lord dellʼAmmiragliato Winston Churchill con lo scopo di trascinare gli Stati Uniti nel conflitto, cosa che avvenne successivamente (6 aprile 1917) anche grazie allʼavvenuto convincimento di C O M F O S E M A G A Z I N E 37


28° REGGIMENTO COMUNICAZIONI OPERATIVE “PAVIA”

unʼopinione pubblica fino ad allora non favorevole. Dal punto di vista specificamente bellico, grazie al vantaggio dei primi aerei utilizzati per il combattimento, si riportano lanci di messaggi stampati sulle trincee e nelle retrovie nemiche, come ricorda la celebre impresa di Gabriele DʼAnnunzio (9 agosto 1918) che in volo rilasciò su Vienna dei volantini con dei contenuti espressamente indirizzati alla popolazione per muoverne le coscienze e orientarne le azioni. Estremizzando il concetto, in altre fasi del conflitto si fece largo uso della propaganda

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per “attaccare” e screditare il nemico agli occhi dellʼopinione pubblica; per citare un caso, circolava la falsa notizia (quella che oggi definiremmo una fake news) secondo la quale i soldati tedeschi , nei territori occupati, mozzassero le mani ai bambini e alle donne dopo averle stuprate, notizia che suscitò sgomento, orrore e indignazione e nellʼopinione pubblica. Contestualmente, i tedeschi demonizzavano lʼavversario accusandolo di aver praticato orrende mutilazioni ai danni dei prigionieri germanici suscitando una speculare reazione di sdegno e riprovazione. Sul fronte italiano, effetti del tutto simili furono suscitati dopo la pubblicazione sui giornali austro-ungarici delle foto dellʼimpiccagione dellʼirredentista Cesare Battisti (16 luglio 1916). Quello che avrebbe dovuto servire da monito e deterrente per impedire che altri potessero seguire il suo esempio, cittadino asburgico di etnia italiana che si arruolò nel Regio Esercito allo scoppio dell guerra (il tradimento andava punito con lʼimpiccagione), sortì lʼeffetto contrario elevandolo a “martire” della causa irredentista e generando il cosiddetto “effetto boomerang”.

Le Operazioni Psicologiche furono protagoniste assolute anche della 2^ Guerra Mondiale, andando spesso a braccetto con attività di deception e lʼelaborazione di basilari - o sofisticati piani di inganno finalizzati a raggiungere il successo. Lo sbarco in Normandia è un perfetto esempio di piano dʼ inganno astutamente preparato dagli alleati per far credere ai tedeschi, trincerati e fortificati sulle coste francesi, che lʼinvasione sarebbe avvenuta da tuttʼaltra parte. I Comandi tedeschi caddero nel tranello e diedero ordine di spostare il grosso delle truppe corazzate nella zone di Calais, lasciando così parzialmente sguarnite le coste normanne che restarono presidiate da reparti di “seconda scelta”. Le operazioni psicologiche in continua evoluzione, nel contesto del secondo conflitto mondiale, furono utilizzate su vasta scala grazie allʼaffermazione di nuovi mezzi di comunicazione in grado di raggiungere praticamente chiunque. Più che la tradizionale “carta stampata”, lo strumento più usato fu sicuramente la radio. Presente in ogni famiglia, era in


grado di orientare lʼopinione pubblica, come lo fu il cinematografo. I cinegiornali scandivano il trascorrere della guerra “raccontando” ciò che avveniva nel modo che più conveniva, evidenziando a seconda dellʼopportunità le defaillances e le perdite subite dal nemico, così come i vittoriosi fatti dʼarme sul campo o, talvolta, gli attacchi e i bombardamenti contro i centri abitati. In tal senso, la popolazione civile che ne era vittima assumeva la duplice veste di “obiettivo fisico” e di “gruppo obiettivo”. Colpire civili inermi equivaleva a instaurare un clima di disfatta e di terrore finalizzato a fiaccarne il morale e la resistenza e far mancare il sostegno morale ed economico allʼingranaggaio economico, militare e sociale della nazione. Nei frangenti dellʼattacco aereo, tale senso di disfatta e impotenza veniva talvolta agevolato dal lancio di volantini, precedente o successivo allʼattacco, veicolanti messaggi rivolti alla popolazione con lo scopo di creare risentimenti e fomentare rivolte nei confronti delle autorità statali o di regime. Ove non fu possibile suggestionare la popolazione si intervenne con più incisività, come fu fatto dagli Stati Uniti in Giappone, con un attacco strategico la cui nuova tecnologia (quella nucleare), se utilizzata in altre regioni del paese, fece presumere la distruzione dellʼintera nazione minandone lo sviluppo economico per i decenni a

seguire. Dal dopoguerra fino ai nostri giorni le PsyOps sono state impiegate in tutti i conflitti, dalla Corea al Vietnam, passando per le guerre Arabo-Israeliane, lʼAfghanistan e altre operazioni belliche minori fino ai recenti impegni internazionali ai quali lʼItalia ha dato un importante contributo anche in termini di Operazioni Psicologiche. Dal 2008 infatti, anno di riconfigurazione del 28° reggimento “Pavia” in unità dedicata alle comunicazione operative, il Medio Oriente, i Balcani, lʼ Afghanistan, il Libano e le relative missioni internazionali sotto egida NATO o ONU, hanno visto impegnati i nostri assetti Psyops nello svolgimento dei propri compiti. Lancio di volantini, pubblicazione di riviste e magazine, trasmissioni radiofoniche e televisive, messaggi veicolati attraverso altoparlanti (loudspeakers) o trasmessi tramite assetti EW, fungono da corollario “tecnico” a quella che è la modalità comunicativa per eccellenza, la parola. Lo strumento principe mediante il quale gli operatori del reggimento possono condurre attività di “face to face” (F2F) a contatto con la popolazione, i capi villaggio, i key leaders, per stabilire con loro un fondamentale ponte comunicativo, essenziale elemento non cinetico per il raggiungimento degli obiettivi della missione.

Una missione PsyOps che, oltre alla fase condotta, necessita di unʼaccurata fase di studio, analisi e pianificazione, condotte grazie alla conoscenza dei nuovi sistemi di comunicazione che sfruttano la tecnologia digitale del web e la telefonia, ma soprattutto della narrativa e delle strategie comunicative del “nemico”. Una strategia che combatte punto a punto, sullo stesso campo, il modus operandi del terrorismo di stampo jihadista, per esempio, abile nel diffondere la propria ideologia mediante un sapiente uso dei media, soprattutto di quelli di ultima generazione, adottando al contempo un linguaggio suggestionante per attrarre i giovani. Una nuova sfida comunicativa dunque, da affrontare mediante la conoscenza dettagliata dellʼavversario e il reperimento delle sue vulnerabilità sulle quali far leva per scardinarne le convinzioni, in un ciclo in continua evoluzione che non può prescindere da una storia di conflitti più o meno cruenti nei quali la componente “psicologica”, in ombra ma spesso decisiva, ha permesso il raggiungimento del massimo risultato con il minimo sforzo. 1° Mar. Antonio ZITO (1) “Il meglio del meglio non è vincere cento battaglie su cento, bensì sottomettere il nemico senza combattere”

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28° REGGIMENTO COMUNICAZIONI OPERATIVE “PAVIA”

È il 15 luglio 2019 quando, sulla pagina Facebook ufficiale dellʼEsercito Italiano, viene pubblicato il primo post dedicato a Radio Esercito, la prima web radio della Forza Armata e per quanto ne sappiamo la prima radio istituzionale in Italia. Radio Esercito nasce dalla volontà di migliorare la comunicazione istituzionale soprattutto interna. Un processo di crescita ed evoluzione che vede la radio come mezzo ideale grazie alle sue caratteristiche di flessibilità, ampiezza di contenuti e versatilità che pochi altri media hanno. Insomma, la radio è la risposta alle esigenze della Forza Armata che mette a frutto le esperienze di trasmissioni e gestioni radiofoniche, soprattutto nel campo operativo, quale lʼesperienza nel teatro afghano, che ci ha permesso di accumulare ragguardevoli professionalità che volevamo mettere di nuovo a frutto. Un processo di sviluppo iniziato ad ottobre 2018, che ci permette oggi di trasmettere in streaming sulla rete Intranet, 24/7 di musica no-stop con ben 7 ore al giorno di contributi ed interventi live, rassegna stampa e news di interesse militare. Un lavoro gravoso che inizia alle 07:30 e finisce alle 17 tutti i giorni e alle 14 il venerdì. Lʼimportanza di un lavoro cosi impegnativo trova riscontro negli aspetti addestrativi legati a quella che è una peculiarità che il reggimento sarà presumibilmente chiamato a offrire in operazioni. Laddove si fosse chiamati alla riorganizzazione di una radio quale strumento dʼinformazione legato alle attività di un Regional PSYOPS Support Element, il personale della componente radio avrebbe mesi e mesi di addestramento alle spalle che nulla cambia nella sostanza delle precipue responsabilità 40 C O M F O S E M A G A Z I N E

Radio Esercito la Radio che marcia al tuo fianco

dellʼunità ovvero il confezionamento di una radio che sappia suonare bene, che attiri lʼattenzione del gruppo obiettivo e che faccia da contenitore ai temi, gli argomenti e messaggi di una campagna di comunicazione. Non è stato affatto facile districarsi tra leggi e decreti che negli ultimi anni si sono occupati solo marginalmente delle web radio e che quindi al momento dal punto di vista ordinativo navigano praticamente a vista. Quello che sentite uscire dalle vostre casse è la voce degli speaker ai quali spetta lʼonere di intrattenere lʼascoltatore senza tralasciare però nulla al caso. Lʼorganizzazione di una radio è complessa e soprattutto basata su una routine dai ritmi incalzanti. Tutto è dettato dal cosiddetto palinsesto, cioè lʼinsieme dei programmi su base settimanale che per similarità è un po il nostro programma addestrativo. La sequenza di musica, parole, spot, jingle e comunicazioni ufficiali

invece è un lavoro ancora più elaborato... il famigerato clock radiofonico. Una sequenza senza sosta calcolata al secondo e creata appositamente per essere gradevole e sopratutto per non “bucare”, cioè fare quello che in radiofonia è considerato un peccato mortale...la trasmissione del silenzio. È questo il compito assegnato a un team che muove allʼunisono composto da diverse figure professionali quali il tecnico di regia, indispensabile figura impegnata “aldiquà del vetro” nella gestione di tutte le apparecchiature presenti nello studio radiofonico: è a lui che si chiede di far andare la macchina musicale senza intoppi, prendendosi cura del programma che permette la messa in onda di tutta la musica e dello speaker, il tutto senza far sentire la propria presenza. E, ovviamente... gli speakers e gli “aldilà del vetro”. Sono loro nella posizione più delicata in quanto responsabili della comunicazione


radiofonica e del destino dellʼemittente e il loro entrare in onda non è mai casuale o improvvisato. Ogni giorno si occupano dellʼintrattenimento dei radioascoltatori preparando i propri interventi attraverso una minuziosa ricerca di eventi, passati o futuri, di storie da raccontare in linea con la mission della radio. Sono loro a dare unʼimmagine della radio e a realizzare il contatto con il pubblico. Continuando nella “racconto” della radio, cʼè poi la redazione, un piccolo team nel team. Seri, determinati e maledettamente puntuali, ogni ora dalle 10 alle 14:30 di ogni giorno. A loro spetta il compito di creare immagini, in velocità e semplicità, parlando a tu per tu pensando al pubblico come a un singolo. Il loro impegno mattutino è costante e pieno di insidie, legato alle prestazioni di internet e votato alla trasformazione di quella rassegna stampa inviata da Stato Maggiore Esercito e che va “radiofonizzata” per farla funzionare in radio. Una radio che non può funzionare senza i Capi tecnici, un incarico assegnato ai Sottufficiali del plotone Radio che mantengono dritta la barra del timone alternandosi nella gestione degli uomini e del materiale. Sono loro che accompagnano il team radio nella routine giornaliera in caserma, cosi come in esercitazione e missione e a loro è demandato il compito dellʼaddestramento del personale per mantenere il livello di efficienza sia operativo che tecnico richiesto. E...dulcis in fundo..il Direttore dei programmi. Se i

Sottufficiali tengono il timone, a qualcuno spetta anche spostare gli scogli. È la figura del responsabile del palinsesto e della programmazione, profondo conoscitore della mission della radio e della strada che essa sta percorrendo per intercettare i gusti e le aspettative del suo pubblico. La sua più grande responsabilità è la manutenzione del prodotto messo in piedi per impedire che un ascoltatore cerchi e trovi altrove quello che non trova sulla sua radio. Suo, inoltre, anche il compito di interpretare le indicazioni dellʼEditore (Capo di SME) che attraverso la Direzione Artistica (SME Pubblica Informazione e

Comunicazione) gli chiede la produzione di spot, messaggi e interviste che possano accelerare la comunicazione istituzionale verso la comunità militare. Tanto impegno e una cosi minuziosa gestione del lavoro ha però bisogno di un riscontro a riprova del successo del proprio operato. Nasce cosi la campagna “scrivi alla radio” e Radio Esercito si dota di un indirizzo mail istituzionale “radioesercito@esercito. difesa.it” e di un numero di cellulare, 366-5756028 dove mandare messaggi su whatsapp per parlare con i suoi ascoltatori. Ed è subito un successo. Fioccano saluti, auguri e richieste musicali. Lʼoccasione per ricordare le feste e le ricorrenze più importanti dei propri reggimenti, brigate e arma di appartenenza. Radio Esercito ha colpito nel segno, e il ritorno in termini di stima e complimenti riempiono di orgoglio tutto lo staff che sa non solo di essere apprezzato dalla propria comunità, ma sa che le dieci ore al giorno di lavoro sono dieci ore al giorno di continuo addestramento alla loro peculiarità. Quella di saper confezionare una radio che sa suonare, convincere, influenzare e motivare. E che se arrivasse lʼordine di partire per un nuovo teatro operativo a loro non resta che preparare lo zaino, il resto lo sanno già fare...e bene. Magg. Alessandro FARAÒ Cte Compagnia TV-Radio

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Le associazioni vicine ai reparti del COMFOSE

I Verdi di Gorizia www.iverdidigorizia.com iverdidigorizia@gmail.com


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ascoltala sulla rete INT ERNET all’indirizzo: www.esercito.difesa.it



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