1°Edizione Magazine COMFOSE

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#1 TRIMESTRE 2020

COMFOSE MAGAZINE

IL COMFOSE E I SUOI REPARTI 9° Rgt Col Moschin

4° Rgt Ranger

185° RRAO 28° Rgt ”Pavia” CE.ADD.OS. La scuola: Centro Addestramento per le Operazioni Speciali RSOS: una nuova dinamica realtà nel comprensorio “Ten. MDVM Dario VITALI”


COLOPHON Comandante: Gen. B. Ivan CARUSO Ufficiale PIC COMFOSE: Ten. Col. Massimo PATANIA (Comando COMFOSE) Ufficiali PIC Reparti: •Magg. Roberto TRUDU (9° Reggimento) •Cap. Matteo SANCINETO (4° Reggimento) •Magg. Antonino GIUFFRIDA (185° Reggimento) •Magg. Ettore RUIU (28° Reggimento) •1° Lgt Edgardo SANSONETTI (CE.ADD.OS.) •Cap. Annalisa ANDREOTTI (RSOS) Referenti di redazione •C. le Magg. Ca. Rocco PACELLA (Comando COMFOSE) •1° Mar. Federico TULELLI (9° Reggimento) •1° C. le Magg. Riccardo PIANA (4° Reggimento) •C. le Magg. Sc. Stefano CARNEVALE (185° Reggimento) •1° Lgt Edgardo SANSONETTI (CE.ADD.OS.) •C. le Sefora PENSA (RSOS) Realizzazione grafica e impaginazione •Serg. Magg. Saverio CASTIELLO (28° Reggimento) •C. le Magg. Ca. Antonio SCORRANO (28° Reggimento) Stampa : Tipografia 28° Reggimento email: redazionecomando@gmail.com

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INDICE

#1 TRIMESTRE 2020

La voce del Comandante................................................................................. pag 4 Il Comando delle Forze Speciali dell’Esercito entra a Camp Darby...................... pag 6 dal COMFOSE • 9° Reggimento D’ Assalto Paracadutisti Col Moschin

Il ricordo degli Arditi ............................................................................ pag 8

• 4° Reggimento Alpini Paracadutisti “Ranger”

Le memorie di guerrieri che hanno fatto la storia ............................... pag 12 La storia del Reparto “Mai Strack”...................................................... pag 16

• 185° Reggimento Paracadutisti Ricognizione Acquisizione Obiettivi ”Folgore”

Le origini ........................................................................................... pag 18

• 28° Reggimento Comunicazioni Operative “Pavia”

Storia del 28° Reggimento “Pavia” ................................................... pag 22

Intrepid Knight 2019 e Digital Cell ...................................................... pag 24

In azione contro il Coronavirus ............................................................. pag 26

• CE.ADD.OS

La scuola “Centro Addestramento Operazioni Speciali”......................... pag 28

• RSOS

Una nuova dinamica realtà a Camp Darby............................................ pag 32

MAGAZINE

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La voce del Comandante Cari lettori, finalmente ci siamo! Dopo un lungo e travagliato cammino siamo riusciti a dar vita al primo numero del COMFOSE MAGAZINE. L’idea di avere una rivista dedicata al Comparto delle Operazioni Speciali dell’Esercito mi è venuta nel marzo 2019 durante una visita all’United States Special Operations Command a Tampa negli Stati Uniti. Mi sono imbattuto nel loro “Tip of the Spear” Magazine, ho iniziato a sfogliarlo e ho riflettuto sul fatto che noi facciamo esattamente le stesse cose. Quindi perché non avere anche noi qualcosa del genere? Da quel momento l’idea di avere una rivista tutta nostra mi è sempre girata nella testa. Dopo un primo slancio di entusiasmo, che non manca mai, la realizzazione pratica della rivista è apparsa subito di non facile attuazione. Bisognava nominare il Capo Redattore ed i responsabili nei vari reparti dipendenti dal COMFOSE, individuare la linea editoriale, l’organizzazione dei tempi, gli argomenti ed i software di supporto. Non è stato un percorso agevole, incastrato tra i tanti impegni addestrativi e operativi, ma con grande impegno di tutti finalmente è stato realizzato questo primo numero. Lo scopo per me più rilevante è quello di avere uno strumento di comunicazione interna al Comparto OS ma che, nello stesso tempo, possa servire alla Forza Armata e a tutti noi per scoprire, sapere e comprendere cosa facciamo e soprattutto come lo facciamo. Noi siamo una realtà unica nel suo genere e siamo impegnati ovunque nel mondo con importanti attività, tutte entusiasmanti e interessanti. Abbiamo, però, un piccolo problema tutt’altro che trascurabile e da 4 COMFOSE MAGAZINE

non sottovalutare: svolgiamo tante attività così serrate fra loro e solitamente svolte da piccoli nuclei di operatori che molto spesso non abbiamo il tempo di farle conoscere non solo agli altri reparti del COMFOSE, ma addirittura all’interno dei singoli reggimenti. Siamo totalmente travolti dalle attività addestrative, dagli impieghi fuori area, dai corsi di formazione e tutto sembra una grande centrifuga in cui, una volta entrati, il tempo passa e le attività si susseguono ininterrottamente e, a volte, tutto quello che succede intorno viene trascurato. L’idea è, quindi, quella di fermare questi momenti – un addestramento, un’attività, un evento sportivo o anche una cerimonia – in

un articolo per raccontare agli altri e a noi stessi cosa fanno le Forze Speciali dell’Esercito. Conoscere cosa fanno gli altri, tra l’altro, aiuta il confronto aperto, sincero e leale, stimola la sana competizione ed aiuta sempre a migliorarsi. In questi anni sotto il mio comando, il COMFOSE ha lavorato molto ed ha raggiunto moltissimi traguardi grazie all’impegno, alla dedizione e alla professionalità di ciascuno di voi. Sono state riviste le Tabelle Organiche dei tre reggimenti di Forze Speciali, con la costituzione di tre battaglioni di Supporto Operativo, e sono stati costituiti il Reparto Supporti alle Operazioni Speciali ed il Centro Addestramento per le Operazioni Speciali.


Inoltre, è allo studio la revisione organica del 28° reggimento Comunicazioni Operative “Pavia”. Siamo cresciuti nei numeri, ma anche nella qualità dei corsi che svolgiamo. Grazie al Centro Addestramento OS ed in stretto coordinamento con il G3 del COMFOSE e la Sezione OS del COMFOTER/COE, abbiamo effettuato la revisione dell’intero corso Operatore Basico per Operazioni Speciali (OBOS), ottimizzando le procedure di selezione e tirocinio, la didattica ed i programmi addestrativi del corso. Ormai già da due anni è iniziato un programma molto ambizioso di selezione dei VFP1 direttamente dai Reggimenti Addestramento Volontari, dando loro la possibilità di frequentare il corso OBOS ed avere una “corsia preferenziale” per il passaggio alla categoria VFP4, tramite canalizzazione nel concorso ordinario o concorso straordinario, e, successivamente, nel servizio permanente. A giorni vedremo i primi VFP1 diventare VFP4 ed alcuni di questi raggiungere l’agognato traguardo del brevetto di incursore, acquisitore o ranger. Anche il 28° reggimento Comunicazioni Operative “PAVIA” è protagonista quotidiano

della Forza Armata gestendo da solo “Radio Esercito” che è diventato uno strumento di comunicazione interna molto seguito ed apprezzato. Inoltre, la realizzazione dei video di supporto e di informazione sulle criticità dei comportamenti devianti e del volume “Io sono un soldato”, fortemente voluto dal Sig. Capo di SME, Generale Farina, sono di produzione del 28° reggimento e sono un’eccellenza in termini di efficacia comunicativa e tecnica di realizzazione. Insomma, sono orgoglioso di essere al comando di una bella compagine di professionisti, dediti al proprio lavoro e che si distinguono in ogni occasione sia in Italia e che all’estero. Solo per menzionare alcuni dei nostri risultati in campo internazionale, vorrei ricordare che personale del comparto OS è stato, negli ultimi tre anni, tre volte “best student” al corso NATO Special Operation Combat Medic (NSOCM) che ha luogo presso la sede dell’International Special Training Centre (ISTC) di Pfullendorf (GER), due volte “best instructor” e una volta USASOC International Medic of the Year. L’anno scorso, inoltre, una selezione del COMFOSE, composta da personale di tutti i reparti

dipendenti, ha vinto la Coppa del Capo di SME. Infine, non posso dimenticare l’ingresso ufficiale del COMFOSE nell’ex Camp Darby, ora ufficialmente Comprensorio Militare Ten. MOVM Dario Vitali. Il 13 marzo 2020 si è svolta una piccola cerimonia di insediamento di cui rimando i particolari in un articolo dedicato all’interno di questo numero. Si è trattato certamente della realizzazione di un sogno che ho fortemente inseguito per anni assieme a pochi altri visionari e sono enormemente soddisfatto per averlo realizzato. Ecco a voi, quindi, il primo numero del COMFOSE MAGAZINE. Sarà compito di tutti noi curarlo e seguirlo, sostenendolo sempre con nuovi articoli. Come ho già ricordato, potrà essere uno strumento grazie al quale conoscerci meglio e far conoscere agli altri cosa facciamo e come lo facciamo. Non perdiamo questa occasione! Buon lavoro a tutti. Il Vostro Comandante Gen. B. Ivan CARUSO

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Il Comando delle Forze Speciali dell’ Esercito entra a Camp Darby

Il 13 marzo 2020 si è svolta la cerimonia di insediamento del Comando delle Forze Speciali dell’Esercito (COMFOSE) nel nuovo comprensorio militare collocato nel sedime nella zona Nord di Camp Darby. La nuova base, dismessa dall’Esercito americano a seguito di una rimodulazione generale delle basi americane all’estero, è stata intitolata al Ten. MOVM Dario Vitali. Si trova all’interno del Parco di Migliarino San Rossore e Massaciuccoli e si estende su un’area di 34 ettari nella quale si alternano vaste zone verdi e fabbricati a due piani per i Comandi, gli alloggi ed i servizi generali. Il nuovo Comprensorio Militare diventerà la sede del COMFOSE, che lo occuperà con altri tre reparti del Comparto delle Operazioni Speciali dell’Esercito. Al momento, quasi tutto il COMFOSE si è insediato all’interno del nuovo Comprensorio assieme al Reparto Supporti alle Operazioni Speciali (RSOS) e al Centro Addestramento per le Operazioni Speciali (Ce. Add. OS). Alla cerimonia di insediamento, ridotta a causa delle limitazioni dovute all’emergenza COVID-19, hanno preso parte il Comandante militare italiano di Camp Darby, Col. Renato Vaira, e il Comandante del COMFOSE, Gen. B. Ivan Caruso. In rappresentanza delle autorità americane, hanno preso parte alla cerimonia il Console Generale americano a Firenze, Benjamin Wohlauer, e il Vice Garrison Manager Sig.Robert J.CHARTIER Erano presenti, inoltre, rappresentanze del COMFOSE, del RSOS e del Ce. Add. OS. Dopo la cerimonia di ammaina bandiera, la bandiera americana è stata consegnata la Sig. Console e la bandiera italiana è stata issata sul pennone centrale del Comprensorio, accompagnata dell’inno nazionale intonato dai militari italiani presenti. Un breve discorso in italiano e in inglese del Comandante del COMFOSE ha suggellato il passaggio di consegne e la fine della cerimonia.

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attività fisiche all’aperto e indoor: corsa, calcetto, tennis, campo di pallavolo e pallacanestro al coperto e all’aperto, crossfit con due container esterni con rack, palestra pesi e palestra aerobica, saune e sala fisioterapica. È in fase di finalizzazione la costruzione di un percorso ad ostacoli omologato per gare O.C.R. (Obstacle Course Racing) Spartan. Il Ce.Add.OS è stato il primo ad iniziare le attività addestrative all’interno del nuovo comprensorio con il 31° Corso Operatore Basico per Operazioni Speciali (OBOS) e, al momento, sono in corso le prime ricognizioni per il trasferimento nel prossimo futuro del 9° Reggimento d’Assalto Paracadutisti “Col Moschin”.

I lavori infrastrutturali nella nuova sede sono iniziati nel mese di settembre dello scorso anno per permettere l’ingresso in base del COMFOSE entro la metà del mese di ottobre 2019. Alcuni ritardi burocratici, purtroppo, hanno fatto slittare la cessione della base dalle autorità americane a quelle italiane al mese di marzo scorso. Ritardi che, però, non hanno fermato i citati lavori, svolti in modo egregio da una squadra infrastrutture e C4 del COMFOSE e del RSOS e che hanno consentito l’ingresso nel sedime di gran parte del Comando e di due Reparti. Anche l’emergenza sanitaria dovuta al COVID-19 ha solo rallentato ma non fermato i lavori. Le squadre infrastrutture hanno contribuito all’ammodernamento delle sedi del Comando, del RSOS, del Ce.Add.OS, della palestra e della mensa, al potenziamento della sicurezza all’ingresso carraio e la squadra C4 allo stendimento delle reti telefoniche e informatiche. È in corso, poi, la stipula di svariati contratti per esternalizzare alcuni servizi essenziali e per la ristrutturazione di alcuni edifici per meglio adattarli alle esigenze dei nuovi ospiti. La zona alloggi è situata in palazzine organizzate con camere da due posti letto e con un angolo cucina, TV e servizi ogni due camere. Inoltre, l’area si presta allo svolgimento di svariate

Gen. B. Ivan CARUSO

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REGGIMENTO D’ASSALTO PARACADUTISTI “COL MOSCHIN”

Il 9° Reggimento d’Assalto Paracadutisti “Col Moschin” è il frutto di evoluzione durata oltrre cento anni e che lo ha portato ad essere oggi strumento di vertice sia formativo, per l’Esercito, sia operativo, per l’Esercito e la Difesa. Il nome del battaglione prima e reggimento poi richiama uno dei luoghi simbolo del primo conflitto mondiale, dove proprio sul Col Moschin gli uomini dei Reparti d’Assalto furono protagonisti indiscussi. Proprio i quei Reparti d’Assalto creati, durante la prima guerra mondiale, appunto con lo scopo di dare una svolta alle operazioni che stavano subendo una battuta di arresto apparentemente senza soluzione. Lo scoppio della guerra venne accolto in tutta Europa con entusiasmo dalle masse, molti giovani accorsero sotto le armi, persino molti artisti ed intellettuali si dichiararono favorevoli alla guerra e partirono per il fronte. Bastarono però pochi mesi per trasformare i sogni in incubo. La stessa acclamata guerra si era “congelata” in una immensa trincea che correva senza soluzione di continuità dal Mare del Nord all’Adriatico e milioni di giovani vennero inghiottiti da quell’immensa fornace di fango e filo spinato che provocò un ecatombe di oltre sedici milioni di morti in poco più di quattro anni. L’esercito Italiano non fece eccezione e trascorse i primi anni del conflitto nel tentativo di sfondare le linee nemiche sul fiume Isonzo e sulle vette delle dolomiti. Ma come per tutti gli stati maggiori belligeranti anche quello Italiano, guidato da Raffaele Cadorna, giunse presto ad un “punto morto”: nessuno apparentemente sapeva come vincere quella guerra. Le condizioni brutali delle prime linee portarono ben presto il coraggio e lo slancio dei soldati a trasformarsi in apatia, terrore e scarsa propensione al combattimento. Fu 8 COMFOSE MAGAZINE

Il ricordo degli Arditi: a 102 anni dagli eventi del Col moschin

così che si fece strada l’idea di cambiare il modo stesso di combattere, non più uno sfondamento frontale in massa della linea nemica, bensì una avanzata di nuclei ristretti che procedevano per le vie di minor resistenza e che con la massima aggressività procedevano fin nelle retrovie nemiche seminando il panico e favorendo in tal modo la successiva avanzata delle fanterie che attaccavano un nemico già duramente provato. I tedeschi per primi dimostrarono la straordinaria efficacia di questo nuovo approccio alla guerra. Ma gli italiani erano giunti alle stesse conclusioni e circa un anno prima dei tedeschi crearono le prime “compagnie della morte”. Embrioni dei successivi Reparti d’Assalto, queste compagnie formate all’interno delle Brigate di fanteria con elementi volontari ritenuti idonei, fornivano un primo supporto agli attacchi e ancorché in fase sperimentale e mal coordinata, gettarono il seme di un Idea.

Fu nel 1917, presso la Seconda Armata, che il Generale Capello istituì in località Sdricca di Manzano vicino ad Udine, il campo di addestramento per il Primo Reparto d’Assalto del Regio Esercito. I volontari per la nuova Specialità non mancarono. Per molti era l’occasione di sfuggire finalmente alla tremenda Morte passiva della trincea. Gli Arditi ebbero fin da subito un equipaggiamento che li differenziava dal resto della fanteria: non avevano armi pesanti e persino il moschetto non era dotazione individuale di tutti. L’equipaggiamento rispecchiava quanto veniva richiesto agli Arditi: velocità e audacia nel movimento, ferocia senza quartiere nel combattimento. Fu cosi che i Reparti d’Assalto divennero, nelle parole del generale Diaz, “ strumento agilissimo, pronto, obbediente ma in special modo infiammato di grande spirito offensivo”. Gli Arditi ebbero fin da subito una divisa diversa dai fanti: un maglione a


collo alto da indossare sotto la giacca della fanteria ma portata sbottonata al collo, pantaloni delle truppe alpine (considerati più comodi) e un tascapane in luogo del pesante zaino. Sul bavero comparvero le nuove mostrine di specialità: la fiamma bicuspide della fanteria ma di colore nero. L’Ardito non andava all’assalto perché obbligato ma perché spronato da un addestramento senza pari in Europa che ne esaltava l’iniziativa personale e l’innata aggressività. Proprio questo indomito spirito aggressivo trasformò le inviolate trincee nemiche nel territorio di caccia degli arditi, seminando scompiglio e terrore negli avversari. L’addestramento a cui venivano sottoposti i volontari era durissimo, un susseguirsi di prove individuali, di squadra e di reparto con lo scopo di amalgamare ed esaltare l’iniziativa personale ed il lavoro di gruppo, addestramenti

alla lotta corpo a corpo, con il pugnale, lancio della bomba a mano e del petardo Thévenot (che divenne l’arma abituale dell’Ardito), tiro con tutte le armi in dotazione al Regio Esercito e all’esercito Austro Ungarico e soprattutto esercitazioni con l’utilizzo del lancia fiamme. Aggressività alla massima potenza quindi perché lo scopo di quegli uomini era quello di aprire la strada alla fanteria, il cui arrivo era essenziale per consolidare e difendere le postazioni conquistate con i loro attacchi fulminei. Inoltre agli Arditi viene dato un addestramento specifico unico per quei tempi: la capacità di combattere di notte. Tra i numerosi Reparti d’Assalto uno in particolare si mise in luce distinguendosi “ prode tra i prodi”: il Nono. Al comando del Maggiore Messe il Nono Reparto d’Assalto è inquadrato nell’Armata del Grappa che ha il compito di proteggere il fianco dell’Esercito

schierato in pianura lungo la riva del Piave. Un compito cruciale quindi: di fatto l’Armata del Grappa è il cardine che non può cedere. Il poderoso monte sovrasta la pianura Veneta, obiettivo ultimo dell’esercito imperiale austriaco, e se conquistato permetterebbe di aggirare l’intero dispositivo difensivo e provocare la sconfitta immediata dell’Italia. Il battesimo del fuoco il Nono lo ha sul monte Asolone: di notte. Prima innovazione tattica, per l’epoca quasi impensabile, gli Arditi strisceranno fin sotto i reticolati nemici nel pieno di una notte burrascosa e piomberanno nelle trincee addormentate del nemico cogliendolo completamente di sorpresa. Senza nessuno sbarramento di artiglieria, senza nessun preavviso di un attacco imminente, gli Arditi conquistano la cima in pochi minuti. Ma la sua pagina più bella il Nono la scrisse all’indomani dell’azione offensiva AustroCOMFOSE MAGAZINE

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REGGIMENTO D’ASSALTO PARACADUTISTI “COL MOSCHIN”

Ungarica contro il versante occidentale del Grappa, con la quale sfondarono le difese italiane occupando il Col Fenilon, Il Col Fagheron e il Col Moschin. Il Nono è acquartierato a Pove del Grappa nei pressi di Bassano e riceve immediatamente l’ordine

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di portarsi in linea. Gli ordini ricevuti dal Maggiore Messe sono inequivocabili: “Bisogna riprendere subito e a qualunque costo il Col Moschin.” Il Reparto giunge in fretta alla valletta dei Spini, dove si tiene un primo collegamento con i fanti della Brigata Basilicata che forniranno il supporto. Il primo obiettivo da espugnare è il Col Fagheron. La Seconda Compagnia d’Assalto al comando del Capitano Zancanaro assolve il compito con magistrale perizia, sprezzanti del pericolo e spavaldi di fronte al nemico, la postazione cade in pochi minuti. Ernest Hemingway paragonò l’assalto degli Arditi ad un manicotto d’acqua che investe una fila di formiche, senza scomporsi si riorganizzano e proseguono. Ma il Nono non si ferma, la Prima Compagnia al comando del Capitano Pinca (che cadrà in combattimento) incalza il nemico e si

impadronisce della seconda cima il Col Fenilon. Lasciate le cime conquistate ai fanti della Basilicata, è infine la volta del Col Moschin. Il Reparto lo carica con la tattica che gli è tipica: sorpresa e ferocia. Dalla selletta che separa il Fenilon dal Col Moschin, gli Arditi mossero all’assalto. Hemingway scrisse di loro “E il battaglione avanzò. Non dietro uno sbarramento, non in ordine regolare, non a passo cadenzato, ma urlando, bestemmiando, correndo, urtandosi, spingendosi per essere primi all’urto.”. Il Col Moschin cadrà nelle mani degli Arditi in poco più di dieci minuti di combattimento assieme a 425 prigionieri e 24 ufficiali. Il Generale Giardino così scriverà nell’ordine del giorno del 24 giugno 1918: “Ad esempio del Corpo d’Armata cito il contegno degli Arditi del Nono Reparto d’Assalto. Nella Conquista del Col Moschin essi dimostrarono impareggiabile spirito aggressivo, valore,


volontà tenacia e fermezza. Combattendo come gli Arditi, si vince per forza!” L’elogio al Reparto espresso dal Comando italiano non è solo un riconoscimento a Messe e ai suoi Arditi ma sancisce il ruolo e la competenza delle prime Forze Speciali italiane. Gli Arditi vincendo contro un nemico agguerrito e trincerato, avevano motivato e spronato il resto dell’Esercito a compiere il proprio dovere

con il massimo impegno. La Guerra non fu più la stessa da quei giorni, la strada verso un approccio differente era stata tracciata e le idee che presero vita cento anni orsono su quei campi di battaglia forniscono ancora oggi il punto di partenza verso l’innovazione della tecnologia ma soprattutto la formazione e l’addestramento degli uomini delle Forze Speciali. La storia ci racconta che essi sono

atipici, per il modo di operare e condurre le missioni che vengono loro affidate, per gli equipaggiamenti, per le uniformi nondimeno per l’addestramento. Il Nono veste oggi i simboli ereditati dai Reparti d’Assalto della Grande Guerra perpetuando così la tradizione, l’ardimento, lo spirito di corpo e l’approccio innovativo e non convenzionale tipici degli Arditi Italiani. C O M F O S E M A G A Z I N E 11


4° REGGIMENTO ALPINI PARACADUTISTI “RANGER”

Autunno del 1918: Pier Arrigo Barnaba, Tenente degli Alpini, si paracaduta dietro le linee austroungariche per reperire informazioni vitali da dare al nostro comando dopo la disfatta di Caporetto. Portata a termine la rocambolesca missione, viene insignito con la Medaglia d’Oro al Valor Militare: è il primo Alpino Paracadutista della storia. “Sebbene inabile alle fatiche di guerra per ferita riportata in combattimento, con elevato senso di amor patrio, si offrì volontario per essere trasportato in aeroplano e calato col paracadute in territorio invaso dal nemico. Sprezzando le gravi conseguenze cui sarebbe incorso, se scoperto, inviò per vari giorni, con mezzi aerei, importanti notizie sul nemico. Ogni suo atto fu fulgido esempio di valore e di patriottismo. -Piave- Tagliamento, ottobrenovembre 1918”. Il Tenente Barnaba aveva dato il via ad una specialità destinata a portare gloria e splendore all’Italia. La specialità che oggi conosciamo come Alpini Paracadutisti si rifà, anche se non ufficialmente, ai reparti Arditi che nella prima guerra mondiale venivano reclutati tra le divisione alpine: le Fiamme Verdi. Specializzati negli assalti e colpi di mano in montagna, furono spesso chiamati ad aiutare in pianura e non solo. Sono Combattenti particolari: anche nel modo di fare, oggi come allora, goliardia, irriverenza e spregiudicatezza sono una pietra miliare nella mentalità delle Fiamme Verdi. Un brevissimo racconto del Ten.Col. Bargagli che si trovava al Passo del Tonale durante il periodo de “l’operazione Valanga”, ci dà un assaggio dei loro comportamenti: “Oh... gli Arditi e gli Arditi Alpini specialmente: li vedo che da diversi giorni si allenano. Corrono sulla neve con e senza sci: si arrampicano sui roccioni, fingono di attaccare il nemico, ma 12 C O M F O S E M A G A Z I N E

Qui non leggerete Leggerete memorie la storia.

si attaccano fra loro sparandosi con il fucile da farsi fischiare le palle vicino agli orecchi; gettandosi bombe a mano cariche; prendendosi a pugni e calci, per scherzo, s’intende. Così fanno il cuore al combattimento. Già da tre notti escono di pattuglia, attraversando la zona neutra e vanno fin sotto alle mitragliatrici austriache e alle posizioni che presto dovranno conquistare. Si parla di una burla che si vuol far riuscire ad ogni costo e che si prepara meticolosamente. Gli Arditi si preparano bevendo e scherzando, come ho detto. Anche gli ufficiali fanno così. Ieri sera sono stato invitato a cena da loro [...] a 10 metri dai reticolati. Dopo cena si è dato mano alle palle di neve, poi ai bicchieri di spumante, poi alle pistole Werry, e razzi di ogni colore hanno guizzato

per la stanzetta e nel corridoio. In ultimo ha lavorato anche l’estintore da incendi e l’acido solforico e il gas asfissiante hanno messo in fuga alcuni guerrieri che, per salvarsi, hanno trovato opportuno di saltare i sacchetti a terra, i reticolati e andare a spasso in... Austria!”. Finita la Grande Guerra, gli arditi delle Fiamme Verdi furono smobilitati anche se molti fecero parte dell’impresa dannunziana di Fiume. Durante la Seconda Guerra mondiale non furono costituiti reparti di Alpini-Paracadutisti o di Fiamme Verdi, ma un reparto che assomiglia molto ad una delle specialità di oggi fu il Battaglione “Monte Cervino” con i suoi Alpini Sciatori. Inizialmente chiamato Battaglione “Duca degli Abruzzi”, furono reclutati fra le sue fila guide, portatori e valligiani esperti


di date ed eventi del passato. dei guerrieri che hanno fatto

di montagna, i quali inoltre dovevano essere bravi con gli sci. Il primo impiego fu nelle Alpi occidentali contro i Francesi, dove si combatté una guerra di piccoli colpi di mano in alta quota. Tuttavia, quando la pace fu siglata e le attenzioni dell’Italia si rivolsero alla Grecia, è qui che la gloria del Battaglione iniziò a brillare. Cambiato appunto il nome in Battaglione “Monte Cervino”, venne posta un’altra condizione per farvi parte: verosimilmente a causa delle operazioni ad alto rischio che avrebbero affrontato in territorio nemico, tutti i membri dovevano essere scapoli. Addestrati a pattuglie a lungo raggio sulla neve e a ricognizioni, si trovarono spesso ad effettuare colpi di mano e a chiudere

le falle del fronte greco-albanese. Uomini straordinari temprati dal clima poco benevolo della montagna, dediti alla Specialità e alla patria: sono personaggi fuori dal comune e un pò... pazzi. Testimonianza di ciò è l’Alpino Giuseppe Bonichon di Fenis. Uno dei migliori atleti dell’epoca, spedito ad Aosta, si arruolò volontario nelle fila del Battaglione “Monte Cervino”. Avventuriero, aveva un inesauribile spirito d’iniziativa: era sempre allegro e scanzonato, e in ogni circostanza sapeva trarsi d’impaccio da solo, scampando a situazioni difficili e pericolose. Era uno di quei tipi che in caserma sono la disperazione degli ufficiali, in quanto mal sopportano la disciplina, ma in casi di emergenza non c’era nessuno che potesse eguagliarlo.

Iniziò a far parlare di sé quando a Bari sparì un mulo nelle salmerie con l’intero suo carico: fu subito redarguito dal suo ufficiale, vista la sua fama, ma nessuna minaccia sembrava scalfirlo, tanto che il buon Bonichon se la rise. Anche perché l’unica cosa che l’ufficiale poteva fare era spedirlo in guerra - e lui in guerra con un fucile in mano ci stava benissimo! Ma non finisce qui. La prima azione di guerra del Bonichon fu d’iniziativa personale: a causa della sua perenne mancanza di denaro, accolse la richiesta del suo comando di settore, il quale, necessitando di interrogare alcuni Greci, aveva messo a disposizione una taglia di 12 Lek (valuta albanese) per ogni prigioniero portato in base. Era uno squattrinato, ma per accettare una missione del genere bisognava C O M F O S E M A G A Z I N E 13


4° REGGIMENTO ALPINI PARACADUTISTI “RANGER”

avere coraggio da vendere, e il buon Bonichon si mise subito a caccia di Greci! Durante una pattuglia si spinsero lui e il suo compagno oltre le linee nemiche, trovarono un buon posto per un tranello e aspettarono. Poco importa se il suo compare se la svignò per la paura. Lui attese paziente fino a quando in lontananza scorse due soldati: quando arrivarono, lui piombò su di loro intimandoli alla resa. Uno dei due, un ufficiale, che vestiva il berretto italiano, iniziò a parlargli in italiano invitandolo a disertare: era un disertore che svolgeva propaganda per i Greci. Mentre ascoltava i discorsi dell’ufficiale, Bonichon pensò: “Ma come si può chiedere ad un Alpino di abbandonare il proprio reparto e di tradire i compagni proprio nel momento del bisogno?” Quindi tagliò corto con la politica e disse: “Questi bei discorsi non m’interessano, siete miei prigionieri!”. Ormai erano tutti convinti che l’Alpino più indisciplinato del battaglione fosse stato fatto prigioniero dai Greci, ma, dopo molte traversie, lui si presentò nella linea italiana tranquillamente con il suo bottino!”. La guerra ormai era totale e, dopo la sfortunata ma altrettanto valorosa avventura in terra di Grecia (partiti in 326, ritornarono in 152 e con una Medaglia d’Argento al Valor Militare), era cominciata l’operazione “Barbarossa”. Gli Italiani da subito vi parteciparono con il CSIR (Corpo di Spedizione Italiano in Russia) e in esso, tra i tanti reparti, era inquadrato il Battaglione “Monte Cervino”. Ricostituito (in quanto disciolto d’ordine dopo la campagna 14 C O M F O S E M A G A Z I N E

greca) ad Aosta in fretta e furia per l’esigenza del fronte russo, ne venne affidato il comando al Ten. Col. D’Adda, il quale da subito fece delle richieste particolari: primo, che tutti, compresi i cucinieri, fossero dei provetti sciatori; secondo, fu ribadito il concetto che tutti fossero liberi da impegni familiari; terzo, ad un reparto particolare, equipaggiamento particolare! Queste le parole del Ten. Col. D’Adda tratte dal suo memoriale: “L’esperienza ha dimostrato che un battaglione d’assalto come il Monte Cervino sarà sempre in crisi di rifornimenti, visto che dovrà aggregarsi di volta in volta a

spostati in base alle necessità del fronte. Ora un reparto da aiutare, ora un villaggio da assaltare. Come a Klinowij nel maggio del 1942: Italiani e Tedeschi dovevano effettuare un rastrellamento nella sacca di Izjum, ma le linee di rifornimento erano continuamente attaccate dai reparti russi che avevano la loro base nel vicino villaggio di Klinowij. Il compito venne affidato al Monte Cervino, il quale, dopo l’avvicinamento, alle 4:45 agli ordini del Ten. Col. D’Adda si lanciò all’assalto. Purtroppo l’autocolonna con le munizioni arrivò in ritardo e gli assaltatori si trovarono

questa unità o a quella unità, a seconda delle esigenze. Pertanto, è necessario che ogni uomo sia equipaggiato e armato con criteri radicalmente nuovi”. Da rilevare inoltre che ogni comandante di squadra aveva un binocolo prismatico e una tenda polare per le emergenze. Ma la vera caratteristica che equiparava il Monte Cervino a un reparto d’assalto era il pugnale: tutti gli uomini ne erano armati, ma soprattutto erano in grado di usarlo! L’equipaggiamento da solo non trasforma un soldato in un soldato speciale: la selezione iniziale, il continuo addestramento, il cameratismo tra gli uomini, ma soprattutto il combattimento lo fa... e la voglia di combattere! Arrivato in terra di Russia, il Monte Cervino fu subito messo a dura prova e ben presto la fama dei “Cervinotti” imperversava su tutta la linea del fronte: erano stimati dai camerati tedeschi, temuti dai russi. I “Satanas Bijeli” (Diavoli Bianchi) così chiamati dai Russi, venivano continuamente

ben presto in carenza di colpi. Infatti la 1a Compagnia del Cap. Lamberti, nel momento cruciale, effettuò l’assalto finale a colpi di bombe a mano e pugnale! Niente di nuovo insomma: i “Cervinotti” erano dei combattenti naturali completati dal senso del dovere e abbelliti dall’amor di Patria. Ma non solo. Come già raccontato in precedenza, furono spesso chiamati ad aiutare i camerati sopraffatti dal nemico. Come avvenne a Jagodnj: chiamati a soccorrere il 3° Bersaglieri, al grido del Cap. Lamberti: “Forza veci, i Bersaglieri ci aspettano, sono rimasti con le sole baionette in canna!” E dopo i due conflitti mondiali, il 1° aprile 1964 si costituisce la Compagnia Alpini Paracadutisti alle dipendenze del 4° Corpo d’Armata alpino, con il personale dei disciolti plotoni alpini paracadutisti delle cinque Brigate alpine. La Compagnia Alpini Paracadutisti del 4° Corpo d’Armata, raccogliendo il bagaglio di tradizioni ricevute, prosegue il proprio


cammino specializzando il personale di leva e sviluppando la capacità degli istruttori di roccia e sci e paracadutismo. Nel 1984, a coronamento degli sforzi conseguiti negli anni, è costituito un gruppo di ufficiali e sottufficiali abilitati al lancio con la tecnica della caduta libera per migliorare le capacità di infiltrazione in terreni montani e impervi. Il 1° gennaio 1990 la stessa Compagnia riceve il nome di Compagnia Alpini Paracadutisti “M. Cervino”, divenendo ufficialmente erede delle tradizioni acquisite dal leggendario battaglione sciatori omonimo. Il 14 luglio 1996 la compagnia è inserita nel Battaglione Alpini Paracadutisti “Monte Cervino”, unità di nuova formazione alla quale con decreto del 28 novembre 1996 viene concessa la Bandiera di guerra. La dipendenza rimane la stessa anche se nel

frattempo il 4° Corpo d’Armata alpino è stato riconfigurato nel Comando Truppe alpine. A partire dal 1999, sulla scorta di specifiche direttive dello Stato Maggiore dell’Esercito, viene implementato il progetto RANGER, che prevede la trasformazione progressiva degli alpini paracadutisti in prima Unità RANGER dell’Esercito Italiano ovvero Unità d’élite della Forza Armata, alimentata con Volontari in Ferma Breve ed in Servizio Permanente. Tale Unità entra a far parte delle Forze per Operazioni Speciali (FOS) dell’Esercito Italiano. Un iter formativo della durata di due anni fornisce la necessaria capacità di operare in qualsiasi ambiente per la condotta di Operazioni Speciali. Gli aspiranti devono superare alcune prove fisiche per accedere all’iter qualificativo RANGER. Soltanto il superamento con esito positivo del corso di

paracadutismo e del corso per ottenere il brevetto di RANGER, consentono l’accesso definitivo e completo all’unità. Il 25 settembre 2004 il Battaglione entra nel ricostituito 4° Reggimento Alpini Paracadutisti, al quale viene consegnata la storica bandiera del 4° Alpini decorata di 2 Croci di Cavaliere dell’Ordine Militare d’Italia, 2 Medaglie d’Oro al Valor Militare, 9 Medaglie d’Argento al Valore Militare, 1 Medaglia di Bronzo al Valore Militare, una Medaglia d’Argento di Benemerenza, una Medaglia d’Argento al Valor Civile. Così, il 4° Reggimento Alpini Paracadutisti RANGER, entrato ufficialmente nel Comparto delle Forze Speciali dell’Esercito, è preparato a pianificare, organizzare e condurre operazioni speciali e a svolgere i compiti della fanteria leggera ad alto rischio, in ogni ambiente, con l’unicità delle operazioni in ambiente montano e artico. Opera di norma a livello di plotone / compagnia ed è un eccezionale concentrato di efficienza, esperienza e prontezza, concepito e addestrato per operazioni in profondità su obiettivi di elevato valore operativo e strategico. Rappresenta insomma una forza rapidamente impiegabile e un sicuro fattore di potenza se oculatamente indirizzato su obiettivi altamente remunerativi Cap. Matteo SANCINETO

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4° REGGIMENTO ALPINI PARACADUTISTI “RANGER”

Il 4° Reggimento Alpini Paracadutisti è oggi una pedina imprescindibile del comparto Forze Speciali della Difesa italiana. Inquadrato organicamente nel Comando Forze Speciali dell’Esercito (COMFOSE), opera all’estero sotto egida del Comando per le Operazioni delle Forze Speciali (COFS), ma viene impiegato dalle Autorità nazionali anche per operazioni di pubblica utilità. L’impiego poliedrico del 4° deriva in buona parte dalle sue diverse “anime”, che si riassumono in un reparto che può vantare una esclusività a livello mondiale: non esiste invero, ad oggi, un altro reparto di Forze Speciali a connotazione prettamente montana e orientato alla condotta di operazioni speciali in alta quota e in ambiente artico. Tornando alle “anime” di cui sopra, ne possiamo individuare sostanzialmente tre: • l’impiego e le capacità di un reparto di Forze Speciali, con il proprio personale Ranger, l’armamento ed equipaggiamento di prim’ordine, uniti a procedure tecnico/tattiche molto spesso coperte da riservatezza; • le peculiarità di un reparto paracadutista, in analogia alla quasi totalità dei reparti speciali; • le peculiari capacità e tradizioni delle truppe da montagna italiane, ossia le truppe alpine. Ebbene l’elencazione qui sopra percorre un po’ in senso contrario l’evoluzione del 4° Reggimento, transitato nell’alveo delle Forze Speciali dal 1° luglio 2014, composto da personale paracadutista a partire dalla formazione del 1° Plotone Alpini Paracadutisti nel 1952, ed erede del Battaglione Alpini Sciatori, costituito nell’inverno del 1915 in seno all’allora 4° Reggimento Alpini. Già allora il personale costituente il battaglione era scelto tra i migliori soldati, quelli con le maggiori capacità in ambiente montano, capacità preziose come lo sci, l’arrampicata, il movimento e la sopravvivenza in ambiente 16 C O M F O S E M A G A Z I N E

La storia del Reparto “Mai Strack” ostile e climi rigidi. Si pensi che appena costituito il Battaglione Alpini sciatori, già da subito orientato a fare “storia a sé”, chi volesse farne parte doveva essere addirittura celibe. È proprio da questa veloce analisi della genesi di quello che è oggi il 4° Reggimento Alpini Paracadutisti che può partire la riflessione su quale sia la sua anima fondante e preponderante: il movimento, il combattimento e la sopravvivenza in ambiente montano, che sono oggi come allora il motivo d’essere di un reparto unico nel suo genere e pedina insostituibile per l’organizzazione della Difesa. Le capacità montane del 4° trovano corrispondenza e interoperabilità con i reparti convenzionali delle Truppe Alpine, in altre parole i reggimenti alpini (principalmente quelli di fanteria), con i quali permangono costanti scambi a livello addestrativo e tecnico per migliorare reciprocamente le capacità individuali e di reparto in ambiente montano. Già, proprio quella montagna che per chi ben non la conosce viene immaginata come un elemento di divisione, ma che in realtà per chi ci vive e ci lavora quotidianamente diventa un luogo di aggregazione in cui i valori di collaborazione, fiducia reciproca e capacità tecniche si fondono per portare chi vi si trova, siano un piccolo nucleo o un intero reparto militare, ad avanzare spalla a spalla dividendosi i compiti, gli oneri e, in maniera gurata e non, il peso dello zaino. Rimanendo nell’ambito dell’Esercito Italiano il 4° Reggimento Alpini Paracadutisti, che abbiamo già inquadrato all’interno del COMFOSE, non dimentica la propria tradizione alpina, che è di fatto il suo maggior punto di forza, ponendosi come unità di punta dei reparti da montagna, in una immaginaria cordata

che lega i reparti alpini (plotoni e compagnie, addestrati al combattimento e movimento in ambiente montano) alle minori unità di alpieri, fino alle capacità che solo il 4° può mettere in campo, che racchiudono tutte le precedenti ma alle quali aggiungono avanzate capacità di movimento in ambiente estremo e la unicità del poter raggiungere l’obiettivo dall’aria, a mezzo aviolancio con paracadute e che culminano con l’impiego dei Ranger nella condotta di operazioni speciali in quell’ambiente dove gran parte della s da è già arrivare, conservando le capacità di portare a termine il compito assegnato. E ben riassume tutto questo il motto del reggimento che in latino cita “In adversa ultra adversa”. Chi ha il privilegio di far parte del 4° sa di far parte di qualcosa di unico, di un concentrato di capacità alle quali non hanno mancato e non mancano di attingere blasonati reparti speciali e non di Paesi alleati, in un continuo processo di scambio e innovazione, che mantiene il 4° sul culmine di quella capacità unica che assomma le più moderne capacità di combattimento, alle più innovative tecniche di movimento in ambiente montano, senza mai dimenticare i primi soldati, quelli che dovevano essere anche celibi, scelti perché migliori nell’arrivare dove necessario con sci di legno e corde di canapa. Gli stessi che ieri come oggi davanti alle difficoltà non esitano ad urlare “MAI STRACK!” CMCSQS Federico CRESTAN


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185° Le origini REGGIMENTO PARACADUTISTI RICOGNIZIONE ACQUISIZIONE OBIETTIVI “FOLGORE”

L’attuale 185° Reggimento Ricognizione e Acquisizione Obiettivi (meglio noto come RRAO), con sede a Livorno, è l’erede del 1° Reggimento Paracadutisti costituitosi alla scuola di Tarquinia (VT) nell’aprile del 1941. Il 1° Reggimento Paracadutisti era costituito inizialmente da 3 Battaglioni dei quali il I° è l’unità di origine dell’attuale Reggimento “Tuscania” dell’Arma dei Carabinieri. Il 27 luglio del 1942 il Reggimento cambiò numerazione e assunse il nome di 185° Reggimento Fanteria Paracadutisti “Folgore” con alle dipendenze il II°, III° e IV° Battaglione. Con l’invio della Divisione “Folgore” in Nord Africa (luglio-ottobre 1942), il II° e il IV° Battaglione furono impiegati nella battaglia di El Alamein, mentre il III° Battaglione e il resto del Reggimento rimasero in Italia per dar vita alla Divisione “Nembo” in via di formazione. Pertanto il Reggimento cambiò nuovamente denominazione in 185° Reggimento Fanteria Paracadutisti “Nembo” con alle dipendenze sempre il III° Battaglione a cui si aggiunsero il X° bis e l’XI°. Nel periodo fra marzo e maggio del 1943, Il 185° Reggimento inizialmente con il III° Battaglione e nel mese di maggio con l’XI° fu impiegato in un’operazione di antiguerriglia nell’area di Gorizia e Lubiana contro i partigiani di Tito. In questo particolare frangente gli uomini del 185° perfezioneranno delle innovative procedure per l’epoca che gli torneranno utili nella Guerra di Liberazione. Il 30 maggio 1943 nella città di Firenze vengono consegnate ai Reggimenti della Divisione “Nembo” e quindi anche al 185° le Bandiere di Guerra che sfilarono per la città. A Firenze il 185° ebbe sede nelle casermette di Rovezzano, appena fuori la città. La cittadinanza li soprannominò i “Cala Mai”, 18 C O M F O S E M A G A Z I N E

perché non furono ancora impiegati in lanci di guerra. Situazione imbarazzante ma che non scalfiva l’animo intrepido dei paracadutisti che avranno modo di riscattarsi. Intanto nel periodo fra luglio e settembre del 1943, il 185° Reggimento fu inviato prima in Puglia e poi in Sicilia per contrastare lo sbarco degli angloamericani. In particolare, l’ VIII° e l’XI° Battaglione i primi di settembre si trovarono in Sicilia mentre il III° Battaglione si imbarcò da Messina per la Calabria dove fu ingaggiato in combattimenti molto ardui sull’Aspromonte al fianco dei tedeschi assolvendo a compiti di retroguardia. Tra i paracadutisti, per gli attacchi aerei subiti dagli alleati, ci furono un numero importante di perdite. L’ufficializzazione dell’armistizio, come si può immaginare, destò sgomento ed una grandissima confusione. Il 185° è un emblema di tale momento critico. L’ VIII° Battaglione, ignaro di quanto stava per avvenire a Cassibile (SR), nella notte dell’ 8 settembre si imbatté in aspri combattimenti contro il 2° Reggimento della Divisione Canadese subendo gravissime perdite sul Monte Zillastro contro chi da qualche ora sarebbe dovuto essere il nuovo alleato. Il III° Battaglione all’apprendimento dell’avvenuto

armistizio si divise. Essendo il Battaglione più a contatto con i tedeschi, non senza difficoltà, prese decisioni differenti. La 7a e 9a Compagnia, quasi in blocco, seguirono il Capitano Carlo Francesco Gay che si allineò alla decisione dello Stato Maggiore, mentre l’ 8a Compagnia seguì il Capitano Edoardo Sala (già Comandante del Battaglione), che restò al fianco dei tedeschi con meno di un centinaio di paracadutisti. Da sottolineare che la diffusione dell’avvenuto armistizio non fu immediata ed anche quando divenne concreta suscitò reazioni contrastanti. Oltre ai menzionati scontri che provocarono inutili sacrifici, prima i tedeschi (il 10 settembre) e poi i canadesi (l’11 settembre) intimarono ai paracadutisti del 185° Reggimento la consegna delle armi che puntualmente fu respinta. Il Capitano Gay, proveniente dall’arma di cavalleria, darà vita allo Squadrone da Ricognizione “Folgore”, mentre il Capitano Sala con elementi vari del III° Battaglione, contribuirà a costituire il Reggimento Arditi Paracadutisti “Folgore” della Repubblica Sociale Italiana (RSI).


Inoltre, il 185° Reggimento cedeva aliquote di personale alla Divisione “Piceno” e al Servizio Informazioni Militari (SMI).

Lo Squadrone “F” fin da subito è stato un’unità “regolarizzata” e autonoma, che ha risalito la penisola italiana alle dipendenze del XIII° Corpo Britannico durante la Campagna d’Italia, operando in azioni di sabotaggio, ricognizioni oltre le linee nemiche e colpi di mano, allo scopo di reperire informazioni necessarie all’avanzata alleata. Pertanto, ancor prima della formazione del Corpo Italiano di Liberazione (CIL), il nucleo iniziale dello Squadrone “F” (nominato dagli inglesi Recce Squadron) operò da subito in combattimento. Da sottolineare quindi, che lo Squadrone “F” rimase alle dipendenze del XIII° Corpo Britannico, mentre a partire da febbraio 1944 fu riorganizzato il 185° Reparto Paracadutisti Arditi “Nembo” alle dipendenze del 1° Raggruppamento Motorizzato che una volta consolidato ed ingrandito darà vita al CIL comandato dal Generale Utili. Intanto lo Squadrone “F” fu protagonista in diverse vicende belliche lungo lo stivale. Svolse le sue prime operazioni in Abruzzo, ai piedi della Maiella. I suoi uomini si spostarono fino in Ciociaria, prendendo parte a quella che sarà l’ ultima battaglia di Cassino, entrando per primi ad Arpino il 29 maggio ‘44. L’8

agosto del 1944 gli uomini dello Squadrone F, indossando abiti borghesi, svolsero attività di raccolta informativa a Firenze, la città che li aveva ospitati nel ‘42. Lungo le strade, al mattino, apparivano alcuni manifesti improvvisati su cui erano riportate queste testuali parole: “ I Cala-Mai sono calati per liberarvi, o fiorentini”. Oltrepassato l’Arno raggiunsero la zona di Monte Pomponi nel comune di Pratovecchio-Stia (AR), dove in particolare persero la vita le Medaglie D’Oro al Valor Militare Tenente Eldo Capanna e il Sergente Otello Boccherini. I due uomini appartenenti allo Squadrone da Ricognizione “Folgore”, stavano conducendo una pattuglia informativa con lo scopo di individuare le postazioni tedesche dalle quali si dirigeva il fuoco dell’artiglieria contro l’avanzata angloamericana per lo sfondamento della linea Gotica. I due paracadutisti furono individuati dal nemico e dopo uno scontro a fuoco furono catturati. Nonostante l’appartenenza alle forze regolari del Regio Esercito, furono torturati e trucidati barbaramente a bastonate contro ogni etica militare. Le atroci sofferenze cui furono sottoposti, non scalfirono però la fedeltà giurata al Re e al governo legittimo nei quali gli uomini dello Squadrone “F” riconoscevano il valor di Patria, pertanto non rivelarono alcuna informazione che invano i tedeschi cercarono di estorcere. Nell’inverno del ‘44, lo Squadrone raggiunse l’appennino Tosco-Emiliano dove affrontò in combattimento i bersaglieri del “Battaglione Mameli” appartenente alla Repubblica Sociale Italiana di Salò. Proprio in questa vicenda gli

uomini dello Squadrone assaporarono per la prima volta l’amarezza di dover combattere contro altri militari italiani. Lo spettro della guerra civile si era ormai tramutato in realtà. Gli uomini dello Squadrone “F”, riuscirono a guadagnarsi estrema fiducia da parte del Corpo d’ Armata Britannico, il quale decise di affidargli una missione delicata e gravosa.

Fu chiesto al Capitano Gay di raccogliere 100 volontari e 5 ufficiali per condurre l’Operazione Herring: un aviolancio contro il ripiegamento tedesco in Pianura Padana, svolto insieme ad altri paracadutisti italiani della Centuria “Nembo”. Lo Squadrone “F” si stabilì nei pressi di San Vito dei Normanni nel Salento, dove fu equipaggiato e addestrato con materiali inglesi forniti dagli istruttori del SAS (Special Air Service). In particolare lo Squadrone “F” fu dotato del pugnale commando dagger (oggi adottato dal RRAO nelle cerimonie solenni).

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185° REGGIMENTO PARACADUTISTI RICOGNIZIONE ACQUISIZIONE OBIETTIVI “FOLGORE”

Il 20 aprile 1945, tra le 20.45 e le 21.15, 14 aerei americani modello C-47 decollarono dall’aeroporto di Rosignano Marittimo (LI) trasportando 226 paracadutisti in direzione delle provincie di Bologna, Modena, Ferrara e Mantova (in particolare nel comune di Poggio Rusco) dove circa 7.000 soldati e 200 veicoli tedeschi erano attestati sulla Linea Gotica 2. L’operazione si completò con successo il 23 aprile con la conquista di 3 ponti, la distruzione di una polveriera e 44 veicoli, il taglio di 77 linee telefoniche, l’uccisione di 481 tedeschi e la cattura di 2083 prigionieri contro la perdita di 12 paracadutisti dello Squadrone F insieme a 19 paracadutisti della Centuria “Nembo”, oltre ai feriti. Nell’Operazione Herring morì il più giovane dello Squadrone F, il paracadutista Medaglia D’Oro al Valor Militare Amelio De Iuliis, caduto in combattimento a San Pietro in Casale (BO) a soli 18 anni. Al termine del Con itto Mondiale, il Reparto fu sciolto. Nella sua breve storia, risultano un totale di poco più di 300 militari effettivi, a cui sono state concesse singolarmente 194 onori cenze al Valor Militare e 4 promozioni per merito di Guerra, risultando quindi, essere una delle unità maggiormente decorate dell’ Esercito Italiano.

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Vicende di cui si era persa la memoria perché hanno vissuto una rapida successione di eventi dal 1943 no ad aprile del 1945, quando in quel periodo storico “era, per i fratelli smarriti, vanità sperare e follia combattere”, come troviamo scritto

all’ingresso del cimitero di guerra di Monte Lungo. Al termine della Seconda Guerra Mondiale lo Squadrone F fu sciolto e con esso per anni le sue gesta furono dimenticate.


Dal dopoguerrra ai giorni nostri. I Il 1° gennaio 1963 nacque la Brigata Paracadutisti e, nel suo ambito, fu ricostituito il 1° Reggimento Paracadutisti erede del 1° Reggimento Paracadutisti nato a Tarquinia nel 1941. Il 1° Reggimento fu poi sciolto nel 1975 con la ristrutturazione dell’Esercito. La sua Bandiera fu assegnata al 3° Battaglione Paracadutisti “Poggio Rusco”, il reparto di addestramento di tutta la specialità paracadutisti dell’Esercito Italiano. Il 3° Battaglione Paracadutisti fu poi trasferito a Firenze nel 1996, passato alle dipendenze del Comando Regione Tosco Emiliana nel 1998 e definitivamente sciolto nel giugno 1998 tant’è che la bandiera fu custodita a Roma presso la “Sala delle Bandiere” del Vittoriano. Mentre la memoria e i simboli del 185° Reggimento Fanteria Paracadutisti furono messi da parte, bisogna sottolineare che gli eredi del 185° Reggimento Artiglieria Paracadutisti che combatté a El Alamein, mantennero una loro collocazione all’interno della nuova Brigata “Folgore”. Già durante la Seconda Guerra Mondiale esistevano due reggimenti paracadutisti con la numerazione 185 ma rispettivamente appartenenti a diverse armi: Fanteria e Artiglieria. La Brigata “Folgore” ha sempre avuto la componente di Artiglieria, rappresentata dalla 1a Batteria, poi dal Gruppo da Campagna Paracadutisti e quindi dal 185° Gruppo Artiglieria da Campagna Paracadutisti “Viterbo”, dal 1991 divenuto 185° Reggimento Artiglieria Paracadutisti “Folgore” con sede a Livorno. Nel 2000 il 185° Reggimento Artiglieria Paracadutista si trasformò in 185° Reggimento Ricognizione Acquisizione Obiettivi (RRAO) che ne ereditò la Bandiera. Nel gennaio del 2013 il 185° RRAO fu inserito alle dipendenze del Comando Forze Speciali dell’Esercito (ComFoSE). Nel giugno del 2013 il RRAO ha ricevuto la storica bandiera di guerra del 185° Reggimento Fanteria Paracadutisti custodita al Vittoriano, cedendo al neocostituito reparto di artiglieria paracadutisti di Bracciano la bandiera del 185° Reggimento Artiglieria Paracadutista “Folgore”. Nel settembre del 2013 il RRAO ottenne le nuove mostrine di specialità dismettendo quelle degli artiglieri paracadutisti. Il 19 giugno 2015 verrà assegnato al 185° RRAO il fregio con il simbolo dello Squadrone “F”, concludendo così la fase di trasformazione che lo vede come degno erede degli eroi della Guerra di Liberazione.

Gli Acquisitori Obiettivi del 185° RRAO sono gli eredi dello spirito che ha contraddistinto l’azione dello Squadrone “F” e del 185° Reparto Arditi Paracadutisti “Nembo” i quali si distinsero per le ricognizioni speciali e le azioni di sabotaggio durante la guerra di Liberazione.

riconoscimento, nonostante sia stato sin da subito impegnato in combattimento lungo tutta la penisola nella Guerra di Liberazione. E’ stato l’unico Reggimento Italiano di Paracadutisti la cui Bandiera è rimasta priva di decorazioni a causa dell’immediato scioglimento del reparto, non rendendo il giusto onore alla fatica e al sangue del gruppo di soldati che, costantemente, tenacemente, audacemente, risalendo da Sud a Nord, operarono in tutta Italia. Gli Acquisitori Obiettivi hanno riportato in vita i risultati di quel “gruppo di soldati” di cui leggevamo poco fa, e il 3 novembre 2018, proprio nei giorni in cui il reparto è stato elevato al rango di Forze Speciali (FS), dopo un lungo trascorso come unità di Forze per Operazioni Speciali, è stata concessa la medaglia di Cavaliere dell’Ordine Militare d’Italia alla Bandiera di Guerra del 185° RRAO. Curiosità storiche:

Sulle orme dei loro predecessori, gli Acquisitori, con coraggio e abnegazione hanno condotto e conducono ancora oggi missioni in teatri operativi diversi quali i Balcani, l’Afghanistan, il Libano e l’Iraq con la capacità di assicurare la pianificazione e condotta di compiti tipici delle Forze Speciali, ovvero Special Reconnaissance (Ricognizione Speciale), Direct Action (Azioni Dirette con particolare focus alle Terminal Guidance Operations (Operazioni di Guida Terminale del fuoco) e al fuoco di precisione degli sniper, e Military Assistance (Assistenza Militare). Al termine del 2° conflitto mondiale, alla bandiera del 185° non fu conferita alcun

Nel libro “Squadrone Folgore” scritto da Daniel Battistella, è riportata una foto del cane “Dieci”, la mascotte dello Squadrone “F” donata dal principe Julio Valerio Borghese comandante della Xa Flottiglia MAS. Restano irrisolte le circostanze in cui fu donato il cane poiché dopo l’8 settembre Borghese aderì alla RSI di Salò, pertanto non è ancora chiaro come e soprattutto perché l’ufficiale della Regia Marina abbia fatto un tale omaggio ad un’unità, lo Squadrone “F”, in teoria contrapposta. E’ pur noto, però, che a parte alcuni eventi come quello che vide lo scontro dello Squadrone con i Bersaglieri del “Battaglione Mameli”, molti reparti militari appartenenti ai due schieramenti contrapposti oltre a evitare di fronteggiarsi mantenevano segreti contatti nel reciproco rispetto. Testimonianza di ciò sono stati negli anni le manifestazioni di affetto fra paracadutisti di ogni schieramento presso l’Ara di Poggio Rusco in occasione delle celebrazioni della liberazione.

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28° REGGIMENTO COMUNICAZIONI OPERATIVE “PAVIA”

Il 1° marzo 1860, nelle lande di San Maurizio presso Torino, si costituisce il 28° reggimento fanteria e forma, con il 27° reggimento, la Brigata “Pavia”. La sua prima sede stanziale è Parma. Il 2 giugno 1861 riceve la Bandiera di Guerra dalle mani di Adelaide CAIROLI, madre degli eroici fratelli caduti per l’unità d’Italia, il cui drappo tricolore viene confezionato dalle donne della città di Pavia. Nel 1866 il reggimento partecipa alla Terza Guerra di Indipendenza e, nella notte del 23 luglio, i fanti del 28° assaltano alla baionetta bianca le truppe austriache, strappando loro l’abitato di Borgo e, dopo circa cinquanta ore di marcia e combattimento, irruppero in Levico. La “bravura, il sangue freddo e la disciplina ammirabili” dimostrata dai fanti del 28°, consegnano sua Bandiera la Medaglia d’Oro al Valore Militare e numerose onorificenze individuali. La conclusione del primo ciclo del Risorgimento annovera tra i suoi protagonisti il 28° reggimento che, nel settembre 1870, partecipa alla presa di Roma combattendo aspramente presso la Porta Salaria e, successivamente, nel 1896 in Abissinia. Nel 1911 il “Pavia” viene schierato in Libia e partecipa alla guerra italo-turca. Il 25 maggio 1915, schierato sul confine

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Storia del 28° Reggimento “PAVIA”

con l’Impero Austro-Ungarico, viene subito immesso in combattimento distinguendosi fino a ottobre in virtuosi combattimenti, talvolta all’arma bianca, contro gli austriaci sul Podgora, il Sabotino e l’Isonzo per riattestarsi, vittoriosi ma numericamente ridotti dalle numerose battaglie, nei pressi del fuime Isonzo. L’8 agosto 1916, i fanti del 28° reggimento per primi issano il tricolore nella città di Gorizia liberata conquistando una medaglia d’Argento al Valore Militare e guadagnando l’appellativo di “Verdi di Gorizia”, in omaggio al colore delle mostrine appuntate ai baveri delle uniformi. Al termine della Grande Guerra, a cinquant’anni dalla sua costituzione, il 28° reggimento “Pavia” aveva combattuto e vinto la sua più bella battaglia. La sua Bandiera viene

decorata dell’Ordine Militare d’Italia. Nel corso della campagna di Etiopia del 19351936, il reggimento fornisce Ufficiali e Soldati alle unità mobilitate in Africa Orientale. Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, il “Pavia”, già dislocato in Africa Settentrionale sul fronte Libico-Tunisino, si distingue per sette mesi di combattimento a Tobruk, Bengasi muovendo verdo El Alamein, dove infuria la battaglia. Qui, accomunati dallo stesso coraggioso destino di altre unità, privi di mezzi e di viveri, i resti gloriosi del 28° Reggimento, vengono circondati dal nemico e annientati nel corso di aspre battaglie che si svolsero dal 4 a 9 novembre 1942. Tra tanto sangue ed eroismo si conclude l’opera del reggimento che in ottanta anni di vita, primo ad accorrere in difesa della Patria, ha immolato con alto senso del dovere e magnanimo spirito di abnegazione, la vita di tanti suoi soldati. Per i lunghi ed estenuanti mesi di lotta, la Bandiera del reggimento viene decorata con la seconda medaglia d’Argento al Valore Militare. Lo stato Maggiore dell’Esercito, nell’intento di


mantenere vivo il retaggio di gloria affidato alle Bandiere dei reggimenti nel ricordo dei valori incarnati nella condotta di numerose campagne militari, decide di ricostituire a Pesaro, il 1° luglio 1958, il 28° reggimento fanteria “Pavia”, preposto all’addestramento delle reclute perché, fedele alle sue tradizioni ed al suo vecchio motto «Ardeam dum luceam» - «Che io arda purché risplenda», svolga l’ importantissima missione di temprare e formare i nuovi soldati d’Italia. Nel 2004, nell’ambito della riorganizzazione della componente operativa dell’Esercito, il reggimento viene riconfigurato quale unità specialistica deputata alle Comunicazioni Operative ed è inquadrato nel Comando delle Forze Speciali dell’Esercito con sede a Pisa. Si compone di un Comando di reggimento, un battaglione articolato su tre compagnie specializzate nella produzione televisivi e radiofonici e nella loro disseminazione, una compagnia comando e supporto e il Centro di pianifianificazione, sviluppo delle comunicazioni operative (CPSCO). Tali capacità convergono nel dominio delle “comunicazioni operative”, ovvero le attività condotte principalmente allo scopo di creare, consolidare o incrementare il consenso della popolazione locale nei confronti dei contingenti militari impiegati in operazioni all’estero. Utilizzando gli “strumenti di comunicazione” e rappresentando una capacità non letale, esse trovano applicazione in tutto lo spettro delle operazioni militari. Le comunicazioni operative impiegano i più moderni e sofisticati mezzi di comunicazione

di massa ma operano anche attraverso canali tradizionali, quali: la comunicazione face to face (faccia a faccia), la diffusione di messaggi per mezzo di altoparlanti e la disseminazione di volantini da bordo di velivoli. Il personale del reggimento è attualmente impiegato in Afghanistan, Libano, Kosovo, Somalia e Iraq e partecipa, inoltre, all’Operazione “Strade Sicure” a supporto della sicurezza e dell’ordine pubblico sul territorio nazionale e nel controllo delle misure restrittive connesse all’ emergenza legata alla diffusione del COVID19. Il reggimento è dotato di materiali peculiari quali stazioni radio/TV, tipografie stanziali e proiettabili oltre che dei più moderni e avanzati

sistemi di comunicazione. Fornisce, attraverso il così detto reach-back e per mezzo dei collegamenti satellitari, il supporto alle Task Forces dispiegate all’estero pervenendo in tal modo a una sensibile riduzione degli oneri logistico-finanziari e ad un’ottimizzazione delle risorse umane. Per quanto concerne la formazione, il 28° reggimento “Pavia” sviluppa una proposta formativa ampia e diversificata che va dalla formazione tecnico-specialistica nel settore delle comunicazioni operative a quella specifica nel settore dell’engagement. Magg. Ettore RUIU

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28° REGGIMENTO COMUNICAZIONI OPERATIVE “PAVIA”

“Intrepid Knight 2019” e Digital Cell Il 4th US Army Psychological Operation Group (POG) si addestra con il 28° “Pavia”

A partire da quella che Thomas Elkjer Nissen1 definisce la prima “guerra di Internet”, ovvero il conflittoin Kosovo nel 1999, I social media hanno registrato una crescita continua di pari passo con lo sviluppo di strumenti tecnologici all’avanguardia, permettendo loro di affrancarsi dalla mera concezione di mezzi di intrattenimento e trasformarsi in uno strategico strumento di influenza, capace di creare effetti sia nel domino virtuale che fisico dei conflitti armati. In particolare, è nei conflitti asimmetrici e nello specifico nell’ambito dell’ Hybrid Warfare che i social network esprimono la loro massima

dedicata, la Digital Cell, finalizzata a proiettare nel mondo virtuale le capacità che gli operatori del comparto esprimono sul campo di battaglia. Agli specialisti PSYOPS che operano in questo ambiente sono quindi richieste tre azioni: monitorare i Social Media in tempo reale per identificare possibili minacce o reperire informazioni utili per la missione, analizzare l’enorme flusso di informazioni ottenuto per supportare le altre funzioni (come Intelligence, Cyber e Targeting) e utilizzare in maniera attiva i Social Media (attraverso il

efficacia, indispensabili sia come strumento per estendere la propria influenza che per ottenere effetti nella dimensione fisica del campo di battaglia, influenzando percezioni, attitudini e atteggiamenti della popolazione locale e, sopratutto, del nemico. Per essere in grado di sfruttare questo nuovo dominio, gli specialisti nel settore Influence hanno concepito una cellula appositamente

virtual engagement) pubblicando messaggi e contenuti che mirano ad avvicinare il Target Audience e, allo stesso tempo, ad allontanarlo dalla sfera di influenza dell’avversario. Per fare ciò il 28°reggimento per le comunicazioni operative “Pavia” ha puntato sull’elemento cardine di questo sistema, il proprio personale, creando figure ad elevata specializzazione, fondamentali per

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l’assolvimento di queste tre funzioni. Tra queste figure, riveste un ruolo fondamentale il personale del “plotone internet” del 1° Battaglione per le Comunicazioni operative dove vengono formati i programmatori, tecnici in grado di creare script (pezzi di codice di programmazione) che costituiscono l’ interfaccia con le piattaforme social e il modo attraverso cui vengono estratte le informazioni necessarie. Gli sviluppatori, tramite l’ausilio di appositi linguaggi di programmazione, creano programmi che raccolgono materiale dalla rete che viene poi passato agli analisti per la successiva lettura. Le capacità tecniche del personale necessitano, però, del costante mantenimento e aggiornamento e, sopratuttto, di essere continuamente addestrate a livello nazionali e internazionale, sia nell’ambito del comparto COMFOSE che in quello prettamente specialistico dedicato alle comunicazioni operative. Con questa ottica si è svolta lo scorso dicembre l’esercitazione “Intrepid Knight 2019” che fa parte di un progetto di collaborazione bilaterale (ITA-USA) in atto dal 2016 tra il 28° reggimento “Pavia” e le omologhe unità americane inquadrate nel 4th Psychological Operation Group (POG). In particolare l’esercitazione in parola ha visto l’impiego di 2 team appartenenti


rispettivamente al 6th Psyops Battalion (6th POB) e al 7th Psyops Battalion (7th POB) di stanza a Fort Bragg in North Carolina, che hanno partecipato all’attività contribuendo sia alla costituzione dell’EXCON Centre (EXCEN) che all’alimentazione della Primary Training Audience. L’esercitazione ha avuto quale scopo principale quello di addestrare e testare la capacità di una Psychological Operations Task Force (POTF) nella conduzione di operazioni psicologiche in scenari caratterizzati da “hybrid warfare”, con focus sull’impiego dei new media e l’obiettivo di: -consolidare l’interoperabilità tra le unità Psyops italiane e americane attraverso l’interscambio di TTPs e “best practices”;

informativo e verificarne i limiti giuridici di impiego; - verificare la coerenza e l’efficacia delle procedure in uso ed esplorare l’opportunità di sviluppo di nuove TTPs congiunte. Durante l’esercitazione è stata verificata la capacità di generare ed impiegare una Digital Cell che integra personale italiano ed americano ad integrazione delle tradizionali capacità di un POTF, con lo scopo di sfruttare le peculiarità e le opportunità offerte dai social media e dai media digitali tramite l’assolvimento delle tre funzioni fondamentali: monitoring, analysis e virtual engagement. Per creare l’ambiente virtuale su cui il personale si è addestrato si è provveduto a generare una serie di servizi che si sono

a monitorare il traffico generato dai diversi utenti collegati e a selezionare i contenuti ritenuti rilevanti per l’assolvimento della missione. La funzione “analysis” è stata assicurata attraverso la produzione di report giornalieri denominati Social Media Analysis, orientati ad evidenziare modalità, quantità e qualità delle interazioni al fine di capire chi diceva cosa, quando, come e perchè, e formulando proposte per sfruttare queste informazioni a vantaggio della missione. Questo è stato possibile grazie all’utilizzo degli strumenti messi a disposizione che hanno permesso di profilare gli utenti in base alle parole chiave (words alert) utilizzate durante le conversazioni, analizzare l’attitudine dei gruppi (sentiment analysis),

- verificare la capacità di pianificare ed operare congiuntamente in ambienti convenzionali/ non convenzionali esplorando, in particolare, le potenzialità di impiego in scenari di tipo ibrido; - testare l’impiego dei new media quale strumento principalmente dedicato al monitoraggio e all’analisi dell’ambiente

concretizzati in una piattaforma social denominata “faceblu.net”, una replica fedele di un noto social, e nell’applicazione“analista. net”, un tool in uso agli operatori della Digital Cell che ha replicato gli stessi strumenti di analisi utilizzati in Internet. Relativamente alla funzione “monitoring”, ai fini esercitativi gli specialisti hanno provveduto

tracciare gli hashtag più utilizzati (wordcloud) e visualizzare i tracciati giornalieri delle attività condotte. Ciò ha contribuito ad aumentare la comprensione dell’ambiente informativo, ad identificare con maggiore precisione i target audiences, e a orientare la successiva attività di virtual engagement; Quest’ultima funzione, indiscutibilmente più impegnativa e condotta in un ambiente virtuale in cui decine di utenti si sono confrontati in differenti discussioni e topics ha richiesto, agli operatori esercitati, reazioni efficaci e rapide, strategia vincente nel mondo dei Social Media. L’esercitazione “Intrepid Knight 2019” ha posto in evidenza come, nei moderni scenari operativi, la capacità di operare efficacemente nei Social Media non sia più un opzione, ma una scelta obbligata per affrontare quelle battaglie che sempre di più sono combattute anche nell’ambiente virtuale. Mar. Ord. Pasquale BRANCALE C O M F O S E M A G A Z I N E 25


28° REGGIMENTO COMUNICAZIONI OPERATIVE “PAVIA”

La rapida diffusione dell’epidemia di Coronavirus in alcune regioni italiane e le potenziali prospettive operative per le Forze Armate non hanno colto impreparato il 28° reggimento per le comunicazioni operative “Pavia”. Il reggimento, infatti, già individuato dal COMFOP-N quale unità di riferimento in caso di eventi calamitosi dalla Prefettura di PesaroUrbino con competenze sui Comuni di Urbino e di Ancona, dispone di un’unità in prontezza da impiegare sul territorio anche con minimo preavviso. Inoltre, al di là degli allarmanti dati di cronaca provenienti dalle regioni del nord est nazionale, la comunità militare del 28°, forte di una solida integrazione nella realtà locale, ha immediatamente percepito e vissuto in prima persona lo sviluppo dell’epidemia anche all’interno della provincia di Pesaro-Urbino, una delle prime interessate dopo i focolai di contagio della Lombardia e del Veneto. In tale contesto, già dalla fine di febbraio, il Comando del 28° “Pavia” ha agito con prontezza e metodo, pianificando in costante aderenza e coordinamento con le istituzioni governative l’attivazione di un supporto immediatamente fruibile, modulabile e

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In azione contro il Coronavirus: il contributo del 28° “Pavia” nell’emergenza sanitaria nazionale.

aderente alle necessità legate all’epidemia, inizialmente non ben delineate. Pertanto, il 25 febbraio la Prefettura di PesaroUrbino e la Protezione Civile di Pesaro, in coordinamento con il GORES (Gruppo Operativo Regionale Emergenza Sanitaria) delle Marche, in ottemperanza del D.L.n.6 del 23 Febbraio 2020 recante “Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19” e del relativo Decreto attuativo del Presidente del Consiglio

dei Ministri, hanno anticipato l’inserimento della provincia Pesaro-Urbino nella lista dei comuni e delle province interessati a misure restrittive di contenimento. Il giorno seguente il Comando delle Forze Terrestri COMFOTER COE, per il tramite del COMFOSE, ha diramato il preavviso d’ordine di impiego degli assetti dell’Esercito per l’emergenza epidemiologica disponendo, contestualmente, il distaccamento degli ufficiali di collegamento presso le locali Prefetture. Il Comando del reggimento ha conseguentemente elaborato un primo pacchetto d’ordini interno finalizzato ad attagliare l’unità di intervento per le pubbliche calamità (Pu. Ca.), già operativa a mente delle normative militari e civili a legislazione vigente, alla particolare missione assegnata. I successivi Decreti del Presidente del Consiglio del 1° marzo e del 4 marzo, in considerazione dell’accelerazione della diffusione del COVID19, hanno esteso al territorio nazionale i divieti e le restrizioni già previste dai precedenti decreti, contemplando alcune specifiche limitazioni per i comuni e


le province destinatarie. Restrizioni queste, principalmente applicabili agli spostamenti dei cittadini, obbligati alla produzione della autodichiarazione (ai sensi degli artt. 46 e 47 del D.P.R.n. 445/2000) inerente le ragioni del movimento e la conseguente applicabilità delle previste sanzioni in caso di violazione dell’articolo 650 del C.P ( (Inosservanza dei provvedimenti dell’autorità). Contestualmente, grazie al costante coordinamento dell’Ufficiale di collegamento con la Prefettura e a seguito delle ricognizioni congiunte effettuate con il personale della Questura, venivano individuati gli itinerari e i punti di controllo da attivare per l’implementazione delle prescrizioni contenute nei Decreti del Presidente del Consiglio. L’assetto di pronto intervento approntato in concorso alle autorità nazionali in caso di pubbliche calamità, ha mantenuto in questa fase iniziale i requisiti standard di prontezza previsti per le varie figure del dispositivo permettendo contestualmente al Comando del 28° di impostare ex novo un complesso minore dedicato alla specifica emergenza che potesse

assicurare, in tal modo, il ripristino delle forze in riserva, fondamentale atto a garanzia della sostenibilità dell’operatività in un’ottica di impiego degli assetti a medio e lungo termine. Il neo istituito Complesso “VICTOR” è stato inserito nel dispositivo di “Strade Sicure”, al quale il reggimento già contribuisce, con altra unità di livello Compagnia dislocata ad Ancona. Sotto TACON del Raggruppamento “UmbriaMarche” di Foligno su base 132° rgt. carri, il Cpls. VICTOR, di stanza nella Caserma “Del Monte” di Pesaro è costituito da 20 militari dell’aliquota operativa e 4 dell’aliquota di C2. Tale dipendenza gerarchica, assicura il costante contatto delle pattuglie con la Sala Operativa della Questura di Pesaro-Urbino attribuendo agli operatori lo status di “agente di pubblica sicurezza”. La missione assegnata è la conduzione, in concorso con le Forze dell’Ordine, di posti di controllo mobile e attività di pattugliamento nelle aree della provincia di Pesaro-Urbino identificate dalle autorità di Pubblica Sicurezza competenti in ragione degli stati di emergenza sanitaria determinati con appositi Decreti del Presidente del Consiglio.

Il Cpls. “VICTOR” è diventato operativo il 12 marzo ed è stato dislocato secondo le modalità e turnazioni concordate con la Prefettura, sul territorio comunale di Pesaro, Urbino, Fano e relativi snodi ferroviari mediante l’impiego di pattuglie autonome e altre in concorso alla Polizia Ferroviaria. I numeri dell’attività, seppur variati dall’avvio del servizio a oggi, parlano di una media di un centinaio di identificazioni giornaliere sui vari siti e diverse decine di veicoli controllati; le Forze dell’Ordine, inoltre, hanno denunciato, diversi cittadini conseguentemente alla violazione del citato articolo 650 del Codice Penale. Il personale del 28° reggimento, specialista in comunicazioni operative, continuerà ad assolvere la missione assegnata con i previsti assetti ed è, qualora richiesto, in grado di mettere a disposizione le proprie competenze tecniche e i propri materiali peculiari qualora ritenuti utili per affrontare in maniera ancora più efficace l’emergenza . Magg. Giovanni MINISTERI

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CE. ADD. OS.

La scuola “Centro Addestramento Operazioni Speciali”

CENTRO ADDESTRAMENTO OPERAZIONI SPECIALI

1. INTRODUZIONE In queste pagine si presenta la neo costituita scuola CE.ADD.OS, ovvero il Centro di Addestramento per Operazioni Speciali, un nuovo reparto inquadrato all’interno del Comando delle Forze Speciali dell’Esercito. Il CE.ADD.OS è il risultato di un brillante progetto che ha trovato realizzazione grazie all’impegno e alla determinazione di persone e di Comandanti che, facendo tesoro degli insegnamenti e dell’esperienza di chi li ha preceduti, lo hanno reso fattibile. Questo centro d’addestramento rappresenta, quindi, una chiave di volta all’interno di un iter formativo che prevede che un allievo cresca da una quasi inesistente formazione militare per divenire un “Operatore Basico” in grado di condurre e portare a termine un’operazione in ambienti ostili, capace di sopravvivere in condizioni di avversità climatiche e ambientali eccezionalmente impervie. 2. LE FORZE SPECIALI Reparti dedicati alle Operazioni Speciali sono sempre esistiti: già nel 500 a.C. l’Impero Persiano addestrava soldati per unità scelte. Continuando a rivolgere lo sguardo all’antichità, gli antichi romani, e gli etruschi prima di loro, intuirono quanto fosse importante suddividere i settori di competenza delle varie Armi e le funzioni all’interno di esse. Il passaggio alla costituzione di reparti preparati a espletare missioni ad alto rischio fu immediato, e si iniziò quindi a selezionare elementi atti ad assolvere missioni che richiedevano peculiarità psico fisiche fuori dal comune. Questi uomini sono 28 C O M F O S E M A G A Z I N E

divenuti determinanti in scacchieri bellici sempre più complessi e articolati; nel corso del tempo, le azioni svolte dai reparti delle Operazioni Speciali hanno potuto salvaguardare i confini nazionali, controllare la popolazione, tenersi al passo con gli sviluppi politici internazionali e garantire la sicurezza interna. Con l’aumentare dei successi ottenuti, i reparti di appartenenza coinvolti in operazioni speciali hanno accumulato sia il consenso tra la popolazione che il prestigio tra le alte sfere degli stessi Comandi. Ma l’evento che ha portato ad una crescita significativa e ad un’organizzazione professionale delle Forze Speciali è stato la Seconda Guerra Mondiale, durante la quale diversi paesi si impegnarono a formare e addestrare personale che doveva intervenire oltre le linee nemiche con compiti specifici e ad alto rischio. 3. CE.ADD.OS: COMPITI E MISSIONI Tornando al neonato CE.ADD.OS, il punto di partenza da cui tutto ha avuto inizio è il RAFOS, Reparto di Addestramento delle Forze per Operazioni Speciali. Questo reparto, inquadrato all’interno del 9° Rgt d’Assalto Paracadutisti “Col

Moschin”, è stato il referente e il responsabile per lo svolgimento di tutti i corsi OBOS fino ad ora svolti. Successivamente, a seguito di una sempre più forte richiesta di “Operatori Basici” qualificati, la loro formazione era stata devoluta ai singoli reparti; per garantire che la formazione svolta all’interno dei diversi reparti fosse il più possibile omogenea, il RAFOS aveva prodotto una Direttiva nella quale descriveva esattamente gli argomenti da affrontare e sviluppare durante il corso. Oggi il CE.ADD.OS nasce come progetto che ha il preciso compito di unificare le modalità addestrative ed elevare la preparazione di base degli allievi, con lo scopo di portarli a proseguire il loro iter formativo successivo nei reparti di assegnazione fino al conseguimento del brevetto Incursore o delle qualifiche Acquisitore o Ranger. Il domani è altrettanto ambizioso: oltre alla formazione iniziale degli operatori basici, si punta a sviluppare in un prossimo futuro anche iter di approfondimento dedicati alla formazione in servizio di operatori già brevettati o qualificati, al fine di aggiornare ed estendere le loro competenze e aree di specializzazione. Per quanto tutto sia ancora in fase di studio e definizione, si nutrono quindi mire di innalzamento e/o mantenimento della ormai comprovata preparazione degli operatori, che


hanno incarichi e specializzazioni già delineati. La formazione in servizio dovrebbe essere garantita da una Compagnia di addestramento avanzato, già prevista nell’organico fornito dallo Stato Maggiore Esercito. 4.CHI HA RESO IL CE.ADD.OS UNA REALTA’ Il primo ad avere la lungimiranza di accentrare i reparti capaci di gestire le Operazioni Speciali è stato il Gen. B. Nicola Zanelli; nel 2014 egli fece convergere gli sforzi e le attività di quattro reparti; questi erano il 9° Rgt Col Moschin, il 185° Rgt Ricognizione e Acquisizione Obbiettivi, il 4° Rgt Alpini Paracadutisti, e il 28° Rgt Operazioni Psicologiche all’interno di una nuova brigata, il COMFOSE. I quattro reparti, ognuno nella sua specialità e competenza, si sono impegnati e coordinati per realizzare il progetto. A seguito di un’intervista rilasciata l’11 novembre del 2019 dal Gen. B. Nicola Zanelli, il giornalista Stefano Vespa della rivista “Formiche” aveva così descritto l’eccezionale

impegno richiesto agli allievi: “Addestramento durissimo, selezione ferrea: in media passa il dieci per cento degli aspiranti. Il mondo delle Forze speciali è a sé, riservato per definizione [...] Passione, determinazione, altruismo, senso del dovere, desiderio di difendere la Patria: è un insieme di motivazioni che spinge giovani militari a chiedere di far parte di reparti così qualificati. Tanto per capirci, gli istruttori (il Generale fa chiaro riferimento alla fase formativa dell’addestramento) puntano a distruggerli fisicamente e psicologicamente prima ancora di sottoporli ai test veri e propri: solo chi ha una motivazione eccezionale supera prove indicibili.” Al Gen. B. Ivan Caruso si deve invece il merito di aver spinto fortemente perché venisse formato un centro unico in grado di formare, in modo paritario per tutti i reparti costituenti, allievi in possesso delle caratteristiche psico fisiche necessarie per poter svolgere i compiti speciali. L’idea è stata quindi fin dall’inizio quella di preparare e addestrare personale in grado di sostenere la successiva dura fase di

specializzazione che gli aspiranti sono tenuti ad affrontare e superare, una volta che hanno acquisito la qualifica di Operatore Basico per Operazioni Speciali (O.B.O.S.) e sono stati trasferiti ai Reggimenti a loro assegnati. Molto esplicative sono state le parole del Gen. B. Ivan Caruso - tutt’ora Comandante della Brg COMFOSE - che il 1° aprile 2019 rispondeva alla giornalista Giusy Criscuolo della rivista “Report Difesa”: “Credo che da una parte possiamo migliorare i nostri sistemi di arruolamento, possiamo ottimizzare le selezioni […] Non è semplice trovare una persona, e parlo soltanto delle attività pratiche, che sappia: che si lanci con il paracadute, che sia capace di stare per aria in caduta libera, che sappia arrampicare, sciare, nuotare, fare il sub, che abbia un quoziente intellettivo tale da potergli affidare dei compiti, anche delicati e magari in isolamento, con la capacità di iniziativa in assenza di ordini, per cui in grado di prendere la decisione giusta e non quella sbagliata, non è facile. La selezione è e sarà per forza di cose elevatissima. C O M F O S E M A G A Z I N E 29


CE. ADD. OS. CENTRO ADDESTRAMENTO OPERAZIONI SPECIALI

L’asticella non si abbasserà mai.” Ed è in questo contesto che la nostra scuola, il CE.ADD.OS, trova giustificazione e specificità: questo reparto neocostituito rappresenta infatti la realizzazione di un percorso formativo che mira ad affinare la cultura militare di un allievo che intende fare della sua carriera un’esperienza della quale essere orgoglioso. Il Ten. Col. Tommaso Astorino, messo a capo del centro, rappresenta una scelta quasi obbligata non solo a fronte dell’esperienza maturata in comandi di vertice sia in territorio nazionale, quali il COFS, Comando Operazioni per Forze Speciali, sia in ambito internazionale NATO, quali il NATO SOF HEADQUARTERS, sia in teatri operativi in cui il nostro Paese è chiamato ad intervenire, ma anche a fronte dell’indiscutibile esperienza pluriennale ottenuta nel comando del RAFOS, Reparto Addestramento delle Forze per Operazioni Speciali, inquadrato nel 9° Rgt Col Moschin. Il Ten. Col. Astorino, quindi, rappresenta una figura in grado di focalizzare in modo chiaro e sicuro i concetti cardine che portano alla formazione del buon operatore. – Domanda: Comandante, che significato ha per lei avere la responsabilità di questa nuova scuola? •Risposta: Sono pienamente cosciente del fatto che sia necessario dare il giusto indirizzo a chi cresce in questa famiglia unica per le sue peculiarità; l’operatore di Forze Speciali deve essere dotato di doti psico fisiche non di facile 30 C O M F O S E M A G A Z I N E

riscontro, ci sono qualità e competenze che sono determinanti per l’assolvimento di una Operazione. Nell’ambito del CE.ADD.OS mi sto impegnando perché venga fornita agli allievi quella giusta struttura mentale che possa consentire loro di affrontare con equilibrio e competenza situazioni tecniche, fisiche e psichiche di difficile soluzione. –Domanda: Quindi è giusto dire che ciò che lei propone è un percorso difficile ma di grossa soddisfazione? •Risposta: Si, credo sia corretto; il percorso di formazione di un operatore di Forze Speciali non è assolutamente facile; credo però che questo sia un punto fondamentale: spesso quel che fa la differenza è lo stato motivazionale che ha l’allievo, e la sua predisposizione al sacrificio. La formazione iniziale è il momento giusto per dare una risposta ai loro “perché”, per costruire la spinta che permetterà di proseguire fino alla qualifica finale. –Domanda: Qual è la sfida più grande di fronte a quest’impegno? •Risposta: Io non lavoro mai sui piani “B”, per quanto ritenga che non sia sbagliato averne uno, per cui non sono preoccupato di un possibile fallimento del progetto o della possibilità che non sia possibile definire le linee guida di questo reparto; ho ben chiaro

quale deve essere l’orientamento da seguire, e so che l’impegno che questa strada comporta è molto arduo. Per fortuna posso contare su un team di istruttori validi e preparati. –Domanda: Come si pone il nostro concetto di formazione in un contesto internazionale europeo? Lei crede che le nostre qualità potranno portarci a fare un altro passo in avanti? •Risposta: Si, faremo certamente un altro passo in avanti. Non vi è dubbio che i nostri operatori hanno sempre spiccato per le loro capacità tecniche e fisiche; la determinazione dimostrata dai nostri ragazzi nei vari teatri in cui siamo chiamati ad operare non è mai stata seconda a nessuno. Non è possibile parlare di un operatore dotato di certe qualità senza pensare ad un lungo ed estenuante periodo di formazione alle spalle. Se il periodo formativo dona all’allievo delle basi forti e sicure, non vi è dubbio che il risultato sia eccellente. È su questo principio che si basa la nascita del CE.ADD.OS. 5. I CORSI CE.ADD.OS Questo importante centro è dislocato in Camp Derby, poco distante da Pisa. A Camp Derby infatti è stata creata una nuova base che potesse essere potenzialmente capace di soddisfare la maggior parte delle esigenze addestrative


del CE.ADD.OS. Di particolare utilità ed interesse è la vicinanza dell’aeroporto militare utilizzabile per attività aviolancistiche; inoltre l’area circostante alla caserma è facilmente sfruttabile per diverse attività sportive e di addestramento: all’interno della caserma, il CE.ADD.OS può contare su estese aree verdi attrezzate per attività ginniche, su una palestra ben equipaggiata, un’aula dedicata alle lezioni, ambienti studio e, ovviamente, i dormitori degli allievi. Nelle strutture e aree appena descritte gli aspiranti dovranno superare una fase iniziale chiamata “Tirocinio”, vincolante per accedere al corso OBOS. Durante questa fase, che ha una durata di due settimane, gli allievi dovranno dimostrare predisposizione fisica attraverso molti esercizi ginnici, corse e impegnative marce zavorrate che metteranno a dura prova le loro capacità.

per gli allievi, costruita non solo intorno ad una indiscutibile e necessaria prestanza fisica, ma anche su una preparazione teorica e pratica riguardo alle materie afferenti alle specialità delle Operazioni Speciali. Quello che si è evinto col passare degli anni dall’esperienza del COMFOSE nato nel 2014 era che la preparazione dei reparti costituenti al termine della formazione di base mancava in alcune aree di omogeneità, e quindi non sempre garantiva una base di conoscenze e competenze totalmente condivisa da tutti gli operatori basici; la creazione del CE.ADD. OS costituisce la soluzione al problema emerso: il CE.ADD.OS rappresenta oggi il tassello catalizzante tra i tre reparti in merito all’addestramento. Più a lungo termine, considerato il tipo d’impegno che questa specializzazione richiede, il fattore psicologico ed emotivo risulta centrale nella fase formativa

Coloro che riescono a terminare con successo il Tirocinio hanno accesso al corso vero e proprio: il corso OBOS. Questo ha una durata di dodici settimane durante le quali attitudine caratteriale, determinazione e forza di volontà vengono addestrate quotidianamente. Accanto alla preparazione fisica e pratica si aggiungono ore di formazione in aula e di studio su materie militari attinenti alla specialità. Il primo corso OBOS gestito dal CE.ADD.OS è iniziato ad ottobre 2019 ed è terminato a dicembre scorso, ed ora sono già partiti i corsi successivi.

che questo reparto neocostituito propone. Il fattore motivazionale è fondamentale per chiunque intraprenda una strada impegnativa e piena di imprevisti quale quella dell’operatore di Forze Speciali. Un allievo che si accinge ad intraprendere una vita sicuramente ricca di tante soddisfazioni ma anche contraddistinta da innumerevoli sacrifici - siano essi fisici, professionali ma anche legati alla vita quotidiana e familiare - non può essere lasciato a se stesso. Quello che il CE.ADD.OS. persegue nelle settimane di addestramento è quindi anche instillare negli allievi la consapevolezza dei valori che andranno a rappresentare, l’atteggiamento propositivo e collaborativo nei confronti delle persone circostanti, la fiducia in sé stessi e nelle proprie capacità, l’altruismo e la determinazione.

6. UN UNICO CENTRO PER TRE REPARTI La finalità a breve termine del centro è quella inerente ad una efficace formazione di base

7. CONCLUSIONI Gli obiettivi e i traguardi che si pone la scuola sono quindi rendere il COMFOSE capace di preparare in modo omogeneo operatori basici per i reggimenti di cui è composto. Uno degli aspetti che fin da subito è necessario curare è legato alla comunicazione e alla diffusione della proposta formativa del CE.ADD.OS. Risulta infatti oggi fondamentale trasmettere il messaggio che definisce e caratterizza il CE.ADD.OS tra tutte le scuole e accademie di formazione, in modo che i potenziali allievi possano venire a conoscenza anche di questa opportunità. Particolare importanza in merito va riposta nei R.A.V. (Reggimento Addestramento Volontari) dislocati sul territorio nazionale, che rappresentano il bacino di arruolamento più importante. È necessario in questo senso far leva non solo sulle motivazioni personali che possono muovere un potenziale allievo, ma anche su ragioni più immediate e oggettive che possono spingere un VFP1 a chiedere di entrare nelle Forze Speciali: infatti, superato il corso di Operatore Basico per Operazioni Speciali si acquisisce un canale preferenziale per diventare VFP4; inoltre chi riesce ad acquisire il brevetto di Incursore o la qualifica di Acquisitore o Ranger passa direttamente da VFP4 al servizio permanente. Siamo certi che anche il “Radio Esercito”, iniziativa del 28° Reggimento “Pavia”, avrà un ruolo importante nella diffusione, nelle varie caserme d’Italia, delle informazioni che permetteranno la crescita di questo nuovo reparto, destinato sicuramente rappresentare un fiore all’occhiello della formazione militare di base delle Forze Speciali. 1° Lgt Edgardo SANSONETTI

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RSOS REPARTO SUPPORTI OPERAZIONI SPECIALI

TAGLIO DEL NASTRO NELLA BASE DI CAMP DARBY PER COMFOSE, RSOS E CEADDOS SUPPORTO LOGISTICO: CHE COS’E’ “Chi può viver senza mangiare, esca in campagna senza le vettovaglie necessarie…” (Raimondo Montecuccoli, Della guerra col turco in Ungheria). La logistica militare tratta le attività e le dottrine organizzative intese ad assicurare alle Forze Armate quanto necessario per vivere, muovere e combattere nelle migliori condizioni di efficienza possibili. Occupandosi di tutta la vita dei materiali, a partire dalla progettazione fino alla radiazione, comprendendo quindi anche il relativo acquisto ed immagazzinamento, lo scopo della logistica militare si estrinseca lontano dal campo di battaglia. La difficoltà è infatti intrinseca nella sua definizione, dovendo essere aderente agli obiettivi rimanendo seppur distante dal fulcro dell’azione. Quando le forze da supportare sono le Forze Speciali, la logistica diventa ancor più fondamentale e necessaria per assicurare ad unità che lavorano con tempi e modi peculiari la possibilità di esprimere al meglio il proprio potenziale.

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Una nuova dinamica realtà a Camp Darby Per far fronte a questa necessità, è stato creato, il 30 aprile 2019, un primo Nucleo Iniziale di Formazione del Reparto Supporti alle Operazioni Speciali (NIF-RSOS), reparto nato proprio con lo scopo di supportare inizialmente le esigenze delle unità facenti parte del Comando delle Forze Speciali dell’Esercito (COMFOSE). IL REPARTO SUPPORTI ALLE OPERAZIONI SPECIALI Il 30 ottobre 2019 nasce ufficialmente il RSOS, unità deputata al supporto logistico (CSS) e delle trasmissioni (CIS) per l’addestramento e la formazione comune del Comparto Operazioni Speciali dell’Esercito, l’addestramento del Comparto Operazioni Speciali Interforze e la condotta di Operazioni Speciali da parte del COFS (Comando Operativo Forze Speciali), in Patria e all’estero. Per quanto attiene alla componente CIS, il supporto fornito dal RSOS è circoscritto al livello “tattico-operativo” tra lo Special Operations Component Command e gli Special Operations Task Group. Composto, inizialmente da una piccola unità, nel breve tempo ha visto accrescere il numero di personale arrivato da molteplici realtà lavorative della Forza Armata, figure professionali specifiche per completare la “scacchiera” che costituisce il Reparto Supporti alle Operazioni Speciali. La vasta e diversificata preparazione

professionale del personale del RSOS ha permesso al Battaglione di diventare presto protagonista nel trasferimento del COMFOSE presso la base americana di Camp Darby, ulteriore passo in avanti di un progetto, cominciato nel 2011, che intende accentrare sotto un unico comando le Forze Speciali dell’Esercito. Il neo-reparto ha infatti concentrato le sue forze sul nuovo comprensorio, mettendo in campo tutto il suo personale per l’ammodernamento e rimessa in opera di locali, accorciando giorno dopo giorno, i tempi prefissati di conclusione di lavori. Gli operatori del Reparto, nei primi mesi di formazione, hanno provveduto alla ristrutturazione e rifacimento delle infrastrutture a Camp Darby, rientrando pienamente nelle tempistiche prefissate al fine di garantire l’insediamento non solo del COMFOSE e del RSOS ma anche del CEADDOS (Centro Addestramento Operazioni Speciali), garantendo ai frequentatori del corso OBOS (Operatore Basico Operazioni Speciali) di poter operare al massimo dell’efficienza e dell’efficacia. Il CEADDOS, reparto anch’esso costituito nel recente periodo, si occupa della selezione e l’addestramento delle unità di Forze Speciali. Congiuntamente ai lavori infrastrutturali e di mantenimento della nuova base, la squadra C4 (Comando, Controllo, Computer e Comunicazione) specializzata nella creazione


di reti telematiche, ha installato decine di chilometri di cavi ad alta connettività, garantendo da subito la gestione della sicurezza delle informazioni e postazioni operative idonee al disbrigo di pratiche connesse alle normali incombenze gestionali. Gli operatori tramat del Reparto hanno provveduto al recupero di mezzi e materiali, su tutto il territorio Nazionale, indirizzati alle unità che operavano alla ristrutturazione degli edifici destinati ai Reparti neo costituiti e contemporaneamente fornendo il Supporto Logistico al CEADDOS per lo svolgimento delle sue attività addestrative. Ogni appartenente al Reparto per Operazioni Speciali deve quotidianamente affrontare cinque sfide che contraddistinguono l’importanza di un supporto logistico aderente alle aspettative ed esigenze di un comparto che opera in modalità non convenzionali: 1) APPROVVIGIONAMENTI: le procedure devono essere improntate, nel rispetto delle leggi vigenti e della normativa comunitaria, ai principi di tempestività, trasparenza, correttezza e

semplificazione per garantire pienamente e in ogni circostanza un sostegno logistico aderente, efficiente ed efficace. 2) RIFORNIMENTI: devono essere gestiti secondo l’ottica del “processo”. Quest’ultimo si svolge coinvolgendo in modo sincrono e unitario, nei tempi prestabiliti, l’insieme degli assetti interessati e dei responsabili della sua effettuazione, dal punto di stoccaggio iniziale all’utilizzatore finale. 3) MANTENIMENTO: si continua sulla linea di una politica tendente alla massima valorizzazione e ottimizzazione delle risorse umane e delle capacità tecniche esistenti, migliorando le infrastrutture specifiche, con priorità per gli aspetti della sicurezza degli ambienti di lavoro. 4) TRASPORTI: in merito alla movimentazione del materiale, al fine di ottimizzare il rapporto costo/efficacia tra l’utilizzo di container militari e il ricorso al noleggio di quelli civili, la forza armata dovrà continuare gli sforzi già intrapresi tendenti ad acquisire un’autonoma capacità, in termini di container militari disponibili. 5) SANITA’: l’implementazione e il costante aggiornamento dei protocolli sanitari e vaccinali, la sorveglianza epidemiologica, il censimento e la catalogazione dei dati di interesse statistico, la capillare attività di

informazione e formazione, assumono carattere di priorità in relazione all’esigenza istituzionale di garantire al personale in qualsiasi condizione d’impiego, specie in Teatri Operativi, un supporto sanitario aderente, tempestivo ed efficace. CERIMONIA DI INSEDIAMENTO A CAMP DARBY Alla presenza del Console Generale degli Stati Uniti Benjamin Wohlauer, il 13 Marzo 2020 è avvenuto l’insediamento nella Base Militare Americana Camp Darby del COMFOSE, del RSOS e del CEADDOS. La bandiera americana ha ceduto il posto alla bandiera italiana in una cerimonia semplice nella forma ma profonda nel significato. Il Generale di Brigata Ivan Caruso, Comandante delle Forze Speciali dell’Esercito Italiano ha voluto ufficializzare con questo momento simbolico il trasferimento dalla Caserma Gamerra di Pisa, sede tuttora parzialmente condivisa con il Centro Addestramento di Paracadutismo, alla nuova sede. Alla cerimonia, ristretta visto il periodo di crisi causato dal virus Covid-19, ha partecipato il poco personale presente in base, il Col. f. par. Renato Vaira, Comandante del Comando Italiano a Camp Darby e una piccola delegazione di soldati dell’Esercito Americano a testimonianza del legame profondo tra i due Paesi e tra le due componenti militari che insistono sulla base. SFIDE FUTURE In questo momento così delicato, in cui lo strumento Esercito è chiamato a fronteggiare una minaccia subdola come il virus denominato “Covid-19”, anche il RSOS si adopererà per supportare i Reparti del COMFOSE alla lotta senza confini con misure straordinarie e speciali. Il Battaglione, seppur impegnato in questo scontro virtuale, rimarrà comunque presente al fianco delle unità delle Forze Speciali prestando fede agli impegni già programmati sia nell’ambito degli addestramenti nazionali sia oltre i confini della Patria nelle missioni estere, aumentando i già alti i livelli di sicurezza al fine del contenimento del diffondersi del virus stesso. CMS Luigi DELL’AQUILA CM Sefore PENSA C O M F O S E M A G A Z I N E 33


CENTRO ADDESTRAMENTO

OPERAZIONI SPEC I A L I Rivolgiti alla tua linea di Comando. La scadenza per la presentazione della domanda è il 30 GIUGNO 2020. Incursore

Acquisitore

Ranger

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COMPARTO OPERAZIONI SPECIALI DELL'ESERCITO CAMPAGNA DI ARRUOLAMENTO ANNO 2020

L’arruolamento per l’alimentazione delle unità di Forze Speciali dell’Esercito 9° rgt. d’ass. par. “Col Moschin”, 185° rgt. par. RAO “Folgore” e 4° rgt. alp. par. è rivolto a tutto il personale in servizio ovvero, per le specifiche categorie: Ufficiali: è normalmente rivolto agli Ufficiali del RN delle ‘’Armi Varie” (Fanteria, Cavalleria, Artiglieria, Genio e Trasmissioni) in uscita dai corsi di formazione di base. Ove si presentino particolari carenze contingenti, in via straordinaria, può essere esteso agli U. del RN e del RS già effettivi agli EDRC della Forza Armata; Sottufficiali (ruolo Marescialli): è normalmente rivolto ai Marescialli in uscita dai corsi di formazione di base. Ove si presentino particolari carenze contingenti, in via straordinaria, può essere esteso ai Marescialli già effettivi agli EDRC della Forza Armata; Sottufficiali (ruolo Sergenti): è rivolto, sia ai Sergenti in uscita dai corsi di formazione di base sia ai Sergenti già effettivi agli EDRC della Forza Armata; Graduati e Militari di Truppa: è rivolto ai Graduati (VSP) e ai Militari di Truppa - VFP4 già effettivi agli Enti della Forza Armata, oltre che ai Militari di Truppa VFPl che: • durante la frequenza della fase formativa di base presso i RA V, presentano istanza di partecipazione agli Iter selettivi/formativi per Operatori del Comparto Operazioni Speciali; • all’atto della domanda di rafferma per il secondo anno, indicano la preferenza d’impiego nell’ambito del Comparto OS; • entro il secondo anno di rafferma, aderiscono alla “Ricerca di Personale” emanata annualmente, presentando la domanda attraverso la propria linea di comando. Alla luce della rilevanza del percorso formativo per Operatore delle Forze Speciali, il personale VFPl che acquisisce la qualifica Operatore Basico Operazioni Speciali al termine del Corso OBOS, può partecipare al Bando di Concorso Straordinario per “Volontario in Ferma Prefissata di 4 anni” (VFP4) nelle Forze Speciali dell’Esercito, secondo le tempistiche sancite dalla Direzione Generale per il Personale Militare. Successivamente, una volta terminata la ferma dei 4 anni, il personale meritevole che avrà completato l’intero Iter OS acquisendo il brevetto di “Incursore” o la qualifica di ‘’Acquisitore Obiettivi” o di “Ranger”, potrà accedere agli specifici posti riservati per il transito in “Servizio Permanente” (ovvero “a tempo indeterminato” ) nei ranghi del Comparto OS dell’Esercito.

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ascoltala sulla rete INT RANET all’indirizzo: www.sme.esercito.difesa.it C O M F O S E M A G A Z I N E 35



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