Victims of Fashion : il lato oscuro della moda

LABA Libera Accademia di Belle Arti

Clara Gianquinto

VICTIMS OF FASHION i l l ato oscuro de l l a moda

Fashion Design Anno Accademico 2019 / 2020

LABA Libera Accademia di Belle Arti Diploma di primo livello in Fashion Design

VICTIMS OF FASHION Il lato oscuro della moda

Relatore: Marcello Gobbi Docente di corso: Silvia Casagrande Diplomando: Clara Gianquinto Matricola: n. 3766

Anno Accademico 2019 / 2020

VICTIMS OF FASHION Il lato oscuro della moda

Introduzione

Capitolo 1 – L’industria della pelliccia

.15

.17

1.1

Storia e sviluppo della pelliccia 1.1.1 Pellicce nella moda odierna 1.1.2 Pellicce nell’alta moda: quali stilisti le usano ancora?

.19 .25 .26

1.2

Pelliccia: definizione, tipologie, vittime 1.2.1 Tipologie di pellicce: le più utilizzate nella moda 1.2.1.1 Zibellino 1.2.1.2 Visone 1.2.1.3 Volpe 1.2.1.4 Cincilla 1.2.1.5 Lince 1.2.1.6 Agnello karakul e broadtail 1.2.2 Gli animali “da pelliccia”: numeri delle vittime

.32 .33 .33 .33 .34 .36 .36 .38 .39

1.3

Il bussiness globale dietro il commercio delle pellicce 1.3.1 La Federazione Internazionale delle Pellicce (IFF)

.39 .40

1.4

Fornitori di pellicce: le case d’asta 1.4.1 Metodi di vendita: le aste pubbliche 1.4.2 Analisi dell’azienda finlandese “Saga Furs” 1.4.2.1 Il lavoro di saga furs nella moda: saga furs design centre 1.4.2.2 Le collaborazioni di saga furs con le aziende di moda 1.4.2.3 Etichettatura SAGAFURS® 1.4.2.4 Certificazione e tracciabilità 1.4.2.5 Il programma “welfur” e le criticità nei protocolli 1.4.2.6 “Origine assicurata”: la strategia di vendita ingannevole

.40 .43 .45 .46 .47 .48 .48 .50 .52

1.5

Saga ed il lavoro di promozione della pelliccia in cina 1.5.1 La promozione dei mercati delle pellicce 1.5.2 La promozione degli allevamenti 1.5.3 Mercati ed allevamenti

.53 .54 .55 .55

1.6

Dentro gli allevamenti di volpi 1.6.1 Gli allevamenti delle volpi in finlandia 1.6.1.1 Indagini negli allevamenti finlandesi 1.6.1.2 Problemi di benessere negli allevamenti finlandesi 1.6.1.3 Volpi geneticamente modificate 1.6.1.4 Pellicce saga furs e marchi di moda 1.6.2 Indagini negli allevamenti cinesi 1.6.3 Allevamenti cinesi vs allevamenti Saga Furs

.56 .56 .57 .58 .61 .63 .64 .66

1.7

1.8

1.6.4 Saga Furs e marchi di moda: responsabilità aziendale

.67

Moda italiana e pellicce 1.7.1 L’industria della pelliccia in italia 1.7.2 Gli allevamenti di visone in italia 1.7.2.1 Le indagini di “Essere Animali” negli allevamenti italiani 1.7.2.2 Prigionia e stress dei visoni 1.7.2.3 Uccisione dei visoni: la prima documentazione in italia

.67 .69 .71 .72 .73 .74

Gli stilisti italiani che hanno detto stop alle pellicce

.75

Capitolo 2 – L’industria della pelle

.79

2.1

Storia ed evoluzione della “pelle” nel linguaggio moda 2.1.1 Stilisti e sfilate di alta moda: pelliccia no ma pelle si?

2.1.2 La verità su pelle e cuoio: sottoprodotti o coprodotti crudeli?

.81 .83 .90

2.2

Pellami: differenze tra pelle e cuioio 2.2.1 Tipologie di pellami: classificazione, caratteristiche, usi 2.3.1.1 Pellami di mammiferi allevati 2.3.1.2 Pellami provenienti da mammiferi selvatici 2.3.1.3 Pellami esotici 2.3.1.4 Pellami della famiglia dei pesci

.91 .92 .92 .95 .96 .99

2.3

Differenze tra ecopelle e finta pelle 2.3.1 Ecopelle 2.3.2 Finta pelle

.99 .100 .100

2.4

Il business globale dell’industria del pellame

.101

2.5

La verità sulla produzione della pelle 2.5.1 La mattanza degli animali in india: il commercio della pelle

.101 .102

2.6

Pelli esotiche: il business dei marchi di lusso 2.6.1 L’impatto sulla conservazione delle specie esotiche

.104 .105

2.7

L’industria asiatica delle pelli esotiche 2.7.1 Dentro gli allevamenti di coccodrilli 2.7.1.1 L’orrore nascosto dietro gli articoli di lusso in pelle di coccodrillo di LVMH 2.7.1.2 La pelle di coccodrillo di Hermes 2.7.2 Pelli di pitone ed altri serpenti esportati per la moda europea 2.7.3 Pelle di struzzi uccisi per l’industria della moda di lusso

.106 .107 .107 .109 .111 .113

L’industria conciaria

.115

2.8

2.9

2.8.1 L’industria conciaria in italia 2.8.2 Il distretto di santa croce: lo sfruttamento dei lavoratori 2.8.3 I distretti conciari del bangladesh: danni all’ambiente ed ai lavoratori 2.8.4 L’impatto ambientale delle concerie

.116 .117

L’industria della pelle non è sostenibile

.125

Capitolo 3 – Moda cruelty free ed ecosostenibile 3.1

3.2

3.2

Ecopelliccia e pelle vegetale: due alternative etiche e sostenibili 3.1.1 Pelliccia ecologica 3.1.2 Pelle vegetale 3.1.2.1 Wineleather: la pelle nata dagli scarti del vino 3.1.2.2 Muskin: la pelle che deriva dai funghi 3.1.2.3 Ligneah: il legno morbido che diventa pelle 3.1.2.4 Pelle dalle foglie di ananas: pinatex e la collaborazione con Hugo Boss 3.1.2.5 Biocouture: la nuova frontiera della moda sostenibile Elisabetta franchi: storia di una stilista di successo che ama gli animali 3.2.1 L’adesione al progetto animal free di LAV 3.2.2 L’adesione al Fur Free Program 3.2.3 Il circo magico di elisabetta franchi: un manifesto contro lo sfruttamento degli animali Stella McCartney: storia del brand di moda vegano ed ecosostenibile 4.3.1 Politica aziendale 4.3.2 La collezione ecosostenibile 2020 firmata stella McCartney 4.3.3 Koba® Fur-Free Fur: la nuova pelliccia ecologica e biologica

.120 .124

.129 .131 .133 .136 .136 .138 .140 .141 .144 .146 .150 .151 .152 .156 .159 .160 .168

Capitolo 4 – Victims of fashion: abiti scultura

.171

4.1

Net dress

.173

4.2

Skinned dress

.192

4.3

Bark dress

.211

Conclusioni

.231

Bibliografia

.233

Sitografia

.235

Ringraziamenti

.241

Introduzione

funziona il mercato della pelliccia? Quali sono gli anelli della catena di questo business? Con quali dinamiche commerciali operano? Come operano le certificazioni e la tracciabilità dei prodotti? A questi quesiti il mio elaborato darà risposta, rivelando ciò che il mercato internazionale della pelliccia è ben attento a nascondere, per tutelare i propri interessi economici. È stato dedicato ampio spazio a descrivere anche il ruolo della pelle animale, dalla sua entrata nel linguaggio della moda fino all’attuale sistema di produzione, il quale si avvale dello sfruttamento animale e non solo: anche di inevitabili danni alla salute dei lavoratori nel settore di lavorazione del pellame ed all’ambiente. Molti marchi che dichiarano ad alta voce la loro sensibilità “animalista”, continuano imperterriti ad usare nei loro manufatti la vera pelle; la giustificazione di tale apparente contraddizione risiede nel fatto che a differenza di animali allevati esclusivamente per produrre pellicce, altri animali come bovini, mucche e vitelli fanno parte di un sistema di allevamento appartenente all’industria alimentare, dalla quale la pelle sarebbe un importante ricavato destinato all’industria manifatturiera del pellame. Ma vi sono realtà che prevedono lo sfruttamento e l’uccisione anche di molte altre specie animali, dove crudeltà e sofferenza animale sono altrettanto evidenti, ma non agli occhi di molti stilisti che fanno sfilare sotto la luce dei riflettori i pellami trasformati in abiti, calzature ed accessori. Un capitolo importante del mio elaborato consiste nel rappresentare le prospettive del settore della moda, alla luce dei confortanti progressi tecnologici e del progressivo abbattimento dei costi di produzione dei prodotti alternativi a quelli naturali, sempre più vari e sofisticati, nonché dall’evoluzione del mercato della moda in forza del quale la pelliccia, ha da tempo perso la sua funzione di indumento che ripara dal freddo, rimanendo ormai solo un antiquato simbolo di affermazione sociale. Una progressiva e sempre maggiore sensibilità dei consumatori ha portato diversi Brand, un tempo convinti fornitori di capi in pelliccia, ad evolvere progressivamente la loro offerta commerciale verso prodotti cruelty free ed ecologici, stimolando la ricerca e lo sviluppo di nuovi metodi di lavorazione nel settore, grazie ai quali non solo pellicce ecologiche ma, anche nuovi tipi di pelle 100% vegan (cruelty free ed ecologiche), stanno divenendo la scelta di affermati stilisti per le nuove collezioni moda.

Il presente elaborato si propone di rappresentare i lineamenti fondamentali del mercato globale della pelliccia e del pellame: la struttura della relativa filiera, ovvero, dai metodi di allevamento e di uccisione degli animali, al sistema di produzione ed ai metodi di lavorazione, coniugando gli aspetti tecnici ad uno sguardo severamente critico su questo mercato, fatto di ipocrisia ed invisibile sofferenza nei confronti di coloro che ne sono i primi artefici, ovvero gli animali. Fatta questa necessaria premessa, per inquadrare quello che, per il mondo della moda, è un business di nicchia ma assolutamente rilevante in termini di fatturato, si vuole anche porre l’accento sulle profonde trasformazioni, tuttora in atto, all’interno di questo settore. Muovendosi in parallelo tra una sempre maggiore consapevolezza di vari Brand, che guardano all’eticità ed all’eco-sostenibilità dei loro materiali di produzione ed una continua ricerca tecnologica applicata al settore, diverse aziende consentono oggi agli stilisti di usufruire d’alternative sempre più qualitative, ecosostenibili ed eticamente significative. L’analisi e lo sviluppo di tali argomenti, è frutto dell’unione tra il mio interesse per gli animali, nonché la difesa del loro diritto alla vita e la moda ecosostenibile. In particolare, le argomentazioni a sostegno della critica contro l’attuale sistema moda, che prevede non solo l’abuso di essere senzienti come gli animali, ma anche lo sfruttamento della manodopera e l’inquinamento dell’ambiente, nascono dalla mia riflessione sui metodi estremi utilizzati per ottenere materiali di origine animale, destinati al settore moda, da cui i consumatori vengono tenuti all’oscuro. Un capitolo importante del mio elaborato è dedicato alla descrizione degli allevamenti di animali da pelliccia, appartenenti alle case d’asta più importanti del mondo, dove, a seguito di investigazioni promosse da associazioni per la tutela del benessere degli animali, non vengono garantiti i diritti fondamentali ed i bisogni etologici degli animali allevati. Ancor più dell’onnipresente pelle, che merita nello studio un capitolo a parte, per ragioni del tutto voluttuarie la pelliccia implica l’allevamento intensivo, superando il limite della decenza umana.

Nella logica puramente commerciale che informa la filiera della pelliccia, gli animali non sono infatti considerati esseri senzienti e sensibili bensì pura merce, materia prima. Come

15

1.

L’industria della pelliccia

17

1.1 Storia e sviluppo della pelliccia L’uso di rivestire il corpo umano di pelliccia animale risale all’epoca preistorica, quando l’uomo primitivo scoprì in fretta che poteva cacciare gli animali non solo per cibarsene, ma anche per indossare il loro manto. “La ragione è da ricercarsi sia nella necessità di coprire il corpo, nudo e fragile, per proteggersi dalle intemperie, sia perché indossare la pelle di un altro animale equivaleva a dimostrare la propria forza, con cui si era ucciso lo stesso”¹. Gli uomini primitivi agivano d’istinto, al pari di quello animale: cacciare, uccidere e indossare gli altri animali per loro era una questione di sopravvivenza nella natura. La loro successiva evoluzione ha loro permesso di scoprire il modo di “conciare” le pellicce per renderle più duttili, flessibili e resistenti nel tempo, evitando così la putrefazione ad alte temperature o che si irrigidissero a basse temperature.

Successivamente con l’invenzione dell’ago trovarono il modo di cucirle, creando così un vero e proprio abbigliamento. A questo punto dell’evoluzione umana, l’abbigliamento rudimentale non era più soltanto una necessità di sopravvivenza, ma era visto come un simbolo di appartenenza ad un gruppo. La pelliccia entrò a far parte del linguaggio della moda tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento: prima di questo periodo rappresentava semplicemente un segno distintivo di potere e di lusso, per le classi nobili. Questo capo ha subito molti cambiamenti determinati dal passaggio delle usanze, dalla scomparsa o dalla scoperta di diverse specie animali. “Per secoli, in Europa, è stato un indumento soprattutto maschile, mentre nei look femminili appariva per lo più come rifinitura, ovvero colli o bordi di maniche e gonne. La pelliccia è diventata elemento base del guardaroba femminile verso la fine dell’Ottocento, quando ha avuto inizio la moda delle pellicce indossate dalle donne”². Nonostante fosse un capo d’abbigliamento tra i più costosi, si è diffuso in breve tempo anche nella borghesia e la sua confezione ha cominciato a seguire i capricci delle mode. Negli anni Trenta e Quaranta la pelliccia è diventata un “nuovo simbolo del 1 http://achillecontedilavian.blogspot.com/2015/03/ritornera-la-moda-della-pelliccia.html 2 http://www.avrvm.it/la-pelliccia-va-di-moda/

Anni Quaranta, Katharine Hepburne indossa un ampio cappotto in pelliccia di volpe.

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l’anno seguente alla guida della direzione del Brand Fendi, attuando un lavoro di trasformazione del concetto di pelliccia, rendendo questo capo d’abbigliamento vissuto fino a quel momento come eccessivamente pomposo e difficile da indossare, in uno disinvolto e semplice da indossare.

“Anche Giuliano Ravizza, fondatore del Brand italiano Annabella”⁶, ha trasformato il concetto della pelliccia legato all’idea di distinzione sociale in un mito della società dei consumi. “L’idea dell’imprenditore era quella di abbassare i costi di produzione della pelliccia, presentandola come prodotto finito ad un prezzo abbordabile: è stato il primo a pubblicare pubblicità sui giornali che enfatizzavano prezzi accessibili”⁷. Negli anni Sessanta la pelliccia è diventata così un lusso accessibile ed un look da fashion show, ma al contempo l’esposizione mediatica ne ha fatto nascere un paradosso: nel preciso momento in cui la pelliccia è divenuta un capo d’abbigliamento quasi per tutti, sono cominciati a nascere dubbi e polemiche sulla legittimità delle pratiche sulle quali si basava la produzione.

“Il movimento per i diritti animali ha portato l’attenzione verso l’industria della pelliccia a partire dagli anni Settanta”⁸: molte organizzazioni hanno iniziato a protestare e lanciare campagne che esponevano la crudeltà dell’industria della pelliccia. È soprattutto fra gli anni Ottan-

Anni Trenta, Joan Bennett indossa un mantello asimmetrico in pelliccia di volpe.

1938, Bette Davis indossa una pelliccia di volpe.

Iconico cappotto con colletto e polsini in pelliccia di visone degli anni Quaranta.

lusso” e veniva utilizzata con maggiore frequenza, soprattutto sotto forma di grandi colli su tailleur e giacche; la pelliccia anteguerra è stata quindi trasformata in motivi per “abbellire” capi d’abbigliamento. “Ma è sul finire degli anni Quaranta che è esplosa la piccola pellicceria con guarnizioni studiate ed accessori”³, soprattutto perché in questo periodo erano ancora pochi coloro che potevano

permettersi il capo intero. “I dettagli in pelliccia hanno caratterizzato anche gli anni Cinquanta”⁴, quando il cinema ha reso ancora più popolare la pelliccia, poiché le donne comuni vedevano le celebrità adornarsi di cappotti in pelliccia: le star hanno assunto così, inconsapevolmente, il compito di promotrici della pellicceria. “Negli ultimi decenni, due brand di moda hanno contribuito a cambiare il modo di percepire la pelliccia”⁵: le sorelle Fendi, aprendo il loro primo negozio nel 1964 e Karl Lagerfeld, chiamato

3 https://www.amifur.it/blog/la-moda-e-gli-articoli-in-pelliccia-negli-anni-40

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Fine anni Quaranta: la pelliccia diventa una guarnizione per accessori.

4 https://weddingfur.it/blog/moda-pellicce-e-accessori-in-pelliccia-negli-anni-50 5 http://www.avrvm.it/la-pelliccia-va-di-moda 6 https://perfettamentechic.com/2019/10/10/annabella-by-ravizza/ 7 https://it.wikipedia.org/wiki/Giuliano_Ravizza 8 https://prezi.com/ly-uf_-uqwo2/la-pelliccia-attraverso-la-storia/

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ta e Novanta, che imponenti campagne di informazione contro la pratica dell’allevamento di animali da pellicce, sono state condotte in gran parte del mondo. Al loro apice, tali campagne hanno avuto effetti notevoli nel ridurre il volume d’affari del mercato delle pellicce; questo anche su influenza di top model di quegli anni. “Nel 1994 cinque top model, tra cui Naomi Campbell (attualmente sfila per pelliccerie di alta moda), sono state fotografate sedute a terra completamente nude: un poster ricavato da uno scatto poco costruito, rubato durante una pausa tra una sfilata e l’altra della Haute Couture parigina”⁹, ma che è servito come campagna pubblicitaria per l’organizzazione Peta contro l’utilizzo delle pellicce animali. “Parte del mondo della moda si sta ora riprendendo dalle proteste anti pelliccia del XX secolo: molti stilisti che ad un certo punto avevano dovuto abbandonare l’utilizzo della pelliccia nelle loro collezioni, hanno iniziato ad utilizzarla di nuovo”¹⁰. Molti stilisti infatti stanno incorporando sempre più pellicce nelle loro collezioni, le quali stanno ritornando sulle passerelle, aiutati in questo dalle industrie del settore che forniscono le pellicce alle case di moda.

Così, ogni anno nel mondo vengono barbaramente e violentemente uccisi milioni di animali, al fine di ricavarne pellicce da destinare al mercato della moda. “In Europa e

Verushka, leggendaria top model degli anni Ottanta è stata la prima testimonial del Brand “Annabella”.

Liz Taylor indossa un cappuccio in pelliccia nel film “Venere in visone”,1960.

Nel 1965 inizia la collaborazione di Karl Lagerfeld con le sorelle Fendi: viene reinventato il concetto di pelliccia, che viene sdrammatizzata e acquisisce morbidezza, disinvoltura e vestibilità divenendo “fun fur”, un prodotto base nel DNA del Brand che esiste ancora oggi.

Il primo store Fendi a Roma: un piccolo negozio di borse e pellicceria con annesso laboratorio, in via del Plebiscito.

Giuliano Ravizza, fondatore di Annabella: ha trasformato l’azienda del padre in un Brand specializzato nella pellicceria..

9 https://www.artribune.com/progettazione/moda/2019/05/fur-free-forse-e-la-volta-buona-anche-miuccia-prada-rinuncia-alle-pellicce-in-collezione/ https://prezi.com/ly-uf_-uqwo2/la-pelliccia-attraverso-la-storia/

L’attrice hollywoodiana Marilyn Monroe fotografata mentre indossa una lunga stola bianca in pelliccia di volpe.

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pellicce di cane, gatto e coniglio, le cui produzioni sono più economiche e permettono di realizzare grossi fatturati con numerose vendite a prezzi bassissimi, capaci di raggiungere un mercato più ampio rispetto a quello precedente. Una vera e propria strategia di mercato che sembra renda accettabile l’uso delle pellicce, spesso nascoste o ridotte a piccole guarnizioni o, rese accattivanti da colorazioni che mimetizzano la componente animale originale.

nei Paesi occidentali in generale, grazie anche alle campagne di sensibilizzazione delle associazioni per la difesa dei diritti animali, dopo il boom dei capi in pelliccia degli anni Ottanta e Novanta, il settore è entrato in crisi registrando cali fino al 30% delle vendite”¹¹. “Dal 2004 in poi, il boom economico della Russia e degli altri Paesi dell’Est hanno rilanciato il mercato della pelliccia ed una nuova domanda di prodotti di pellicceria, rialzando il fatturato di questa industria”¹². Nei Paesi Occidentali, a causa della crisi economico finanziaria iniziata nell’estate del 2008, la domanda di pellicce è scesa ulteriormente; “tuttavia si è sviluppato un mercato parallelo orientato agli inserti in pelliccia”¹³, che contempla soprattutto il commercio di

11 http://www.ilrespiro.eu/foto_eventi/DOC1482_2473.pdf 12 http://www.ilrespiro.eu/foto_eventi/DOC1482_2473.pdf 13 Volantino OIPA, La crudeltà non è più di moda-Boicotta il mercato delle pellicce, Italia, OIPA, 2009

Quattro top model, tra le quali Naomi Campbell, posano nude per la campagna di Peta nel 1994: “Andremmo nude piuttosto che indossare pelliccia”.

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1.1.1 Le pellicce nella moda odierna

come obbiettivo un mercato più giovane e conscio della moda, l’industria ha fatto sì che la pelliccia fosse inclusa in L’uso di pellicce nell’abbigliamento è un argomento molqualunque settore della moda: dai vestiti da sera all’abbito controverso da vari decenni, ma, con la diffusione di gliamento sportivo, dall’alta moda agli abiti prêt-à-porter. informazioni sulla crudeltà e le sofferenze che la proIn costante aumento, la compravendita di abbigliamento, duzione di una singola pelliccia comporta, è sempre più calzature e accessori con ornamenti in pelliccia, ha riporchiaro che l’allevamento e l’uccisione di animali selvatici tato l’uso della pelliccia nel quotidiano. La minaccia più per ricavarne pellicce, non è una pratica etica. La pelliccia consistente arriva da Oriente, dove il mercato ha infatè il capo che, purtroppo, più caratterizza l’essenza della ti attivato altre soluzioni per dare nuova vita al business moda: simbolo delle pellicce, di eleganza, stile importandole e distinzione per da Paesi caratmolti, di ricchezterizzati da norza ed ostentaziome facilmente ne per altri, ma schivabili come non di buon gula Cina, che forsto e nemmeno nisce circa l’11% di buon senso, in della produzione quanto la pellicmondiale di pelcia è per antonolicce di visoni, masia sinonimo oltre 1,5 milioni di sofferenza e di pellicce di volmorte.

Milioni pi, cani prociodi esseri viventi ni e un numero innocenti ogni incalcolabile di anno sono vittipellicce di cane me dell’industria e gatto. In questo internazionale Paese gli animali della pelliccia, la domestici vengoquale, tramite i no infatti uccisi suoi rappresenper diventare, ad tanti, ha intraesempio, la bor(Foto in alto a sinistra) Cina: questi cani intrappolati in gabbie metalliche strettissime sono destinati a diventare la bordura di capi d’abbigliamento preso per circa invernali, venduti sotto falsa etichettatura. (Foto in alto a destra) Anche i gatti in Cina vengono uccisi per la loro pelliccia, che viene mescolata al pelo di datura di un capun decennio una atri animali o a pelo sintetico. (Foto sopra) Cappotti invernali con rifiniture in pelliccia apparentemente sintetica, ma il pelo artificiale viene mescolato puccio, l’interno con quello di cani e gatti proveniente dalla Cina. campagna globadi una giacca o le coordinata, ben costituita, ma soprattutto finalizzata a di un paio di guanti. Infatti, il motivo del nuovo boom nascondere il problema morale collegato all’indossare una dell’industria della pelliccia sono le decorazioni: colletpelliccia. L’industria della pelliccia, lavorando a stretto ti, polsi e cappucci in pelliccia che decorano prevalentecontatto con le aziende di moda, ha associato la pelliccia mente abbigliamento invernale come giacche e cappotti, con altri materiali, impiegando nuovi processi di lavorai quali portano l’etichetta di famosi marchi di moda. Sono zione, nuovi colori alla moda e nuovi usi, aumentandone spesso i consumatori più giovani ad indossare capi d’abla versatilità e di conseguenza, anche l’attualità. Avendo bigliamento con inserti di pelliccia, senza porre riflessioni

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critiche su ciò che acquistano, forse nella convinzione che un ornamento in pelliccia non rappresenti alcun problema morale ed etico. La pelliccia commercializzata sotto forma di guarnizioni e decorazioni per capi di abbigliamento, calzature ed accessori non ha alcuna utilità, non è un prodotto funzionale a scaldare e riparare dal freddo.

colare il 2016, ha registrato la presenza significativa di pellicce sulle passerelle delle principali settimane della moda: “nell’insieme questi materiali hanno caratterizzato circa il 70% delle Collezioni Autunno Inverno 2015/2016”¹⁴. Anche nelle collezioni maschili presentate in precedenza, gli articoli in pelliccia hanno giocato un ruolo di grande rilievo, a chiara dimostrazione che molti stilisti continuano ad ignorare l’uccisione degli animali. “Le passerelle dell’Alta Moda che più hanno dominato la scena rispetto all’utilizzo di pellicce”¹⁵ sono quelle di:

1.1.2 Pellicce nella moda: quali stilisti le usano ancora?

• Alexandre Vauthier • Fendi • Giambattista Valli • Jean Paul Gaultier • Schiaparelli • Valentino

Sono ancora molti gli stilisti internazionali che incorporano pellicce nelle loro collezioni di alta moda: tra questi, vi sono stilisti di fama mondiale come Alexandre Vauthier, Elie Saab, Yves Saint Laurent, Louis Vuitton e Balmain. Ad ogni lancio delle nuove Collezioni Autunno Inverno, ci sono sempre stilisti che puntano a reintrodurre l’uso della pelliccia sotto forma di stole, mantelle, copri spalle, colli, cappelli, ma anche come accessori e calzature. Quella che altro non è se non la pelliccia di animali uccisi, viene così inserita nell’abbigliamento, di fatto normalizzandola, allontanando sempre più l’attenzione del consumatore dal percorso tragico che l’ha prodotta. In parti-

Cappotto in pelliccia di volpe rossa, Alta Moda Autunno Inverno 2016-17 Alexandre Vauthier.

Anche nelle collezioni prêt-à-porter 2016 Autunno Inverno molti stilisti hanno portato in passerella pellicce di ogni tipologia: 91 dei 156 stilisti (58%) presenti alla Settimana della Moda di New York, tra questi Michael Kors e Carolina Herrera. Fra Londra, Parigi, 14 http://www.businessoffur.com/it/le-sfilate/ 15 http://www.businessoffur.com/it/le-sfilate/haute-couture/fall-2016-haute-couture/

Cappotto in pelliccia di lince siberiana, Alta Moda Autunno Inverno 2016-17 Fendi.

Giambattista Valli Alta Moda Autunno Inverno 2016-17.

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Rifiniture in pelliccia di volpe, Alta Moda Autunno Inverno 2016-17 Jean Paul Gaultier.

Pelliccia di visone ricamata, Alta Moda Autunno Inverno 2016-17 Schiaparelli.

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Valentino Alta Moda Autunno Inverno 20162017

Milano e New York, 37 dei 79 stilisti (47%) hanno incluso pellicce nelle loro collezioni nel 2016. Si tratta senz’altro di un aumento rispetto alle precedenti Collezioni Autunno Inverno 2015 che, secondo un’indagine di “TNS”¹⁶, hanno visto l’utilizzo della pelliccia da parte del 20% dei Fashion Designer. Roksanda Ilincic, Christopher Kane, ma soprattutto ha dominato la scena a Londra Alexander McQueen, dopo 15 anni di assenza. Tuttavia è alla Settimana della Moda di Milano che le pellicce hanno prevalso: queste sono state presentate da 55 stilisti sui 65 presenti (85%) come elemento caratterizzante delle loro collezioni: Fendi, Roberto Cavalli e Gucci hanno presentato polsini, cappotti e accessori in pelliccia per un numero elevato di creazioni. La settimana conclusiva di Parigi ha presentato pellicce in tutta l’ampia serie di collezioni degli stilisti francesi: 52 designer su 92 (55%) le hanno portate sulla passerella, tra cui Lanvin. Pellicce di volpe, visone, cincillà, lince e di molti altri animali, vittime sacrificali che hanno la sola colpa di avere un pelo folto, lucente e purtroppo ricercato dall’in-

Carolina Herrera FW 2016-17 ready-to-wear: maglione in pelliccia a pelo corto e medio.

dustria della moda, diventati oggetti da indossare e far sfilare sotto i riflettori delle passerelle. Gli stilisti sono di fatto i principali responsabili della morte di milioni di animali, coloro che dettano stili di vita volti all’eleganza, stile e tendenza agevolandone di fatto il ritorno, dopo un lungo periodo di crisi del settore. “Fendi, tra le case di moda più specializzate nel settore della pellicceria, ha presentato la collezione Haute Fourrure per l’Autunno Inverno 2015-16 a Parigi, al Théàtre des Champs Elysèes, dove ha portato

in passerella le pellicce “più pregiate”, realizzate per elogiare i 50 anni di collaborazione di Karl Lagerfeld con la Maison italiana”¹⁷. “Pellicce di visone, lince e zibellino lavorate a motivi geometrici, ricamati con cristalli, intessuti su basi di tulle, doppiati e abbinati a piume o Swarovski, trasformati in jacquard, in bordature, in dettaglio o in applicazione”¹⁸: un elogio alla “creatività” ed all’alta artigianalità, ignorando totalmente il folle numero di animali uccisi per diventare “capolavori di sartoria”.

Roberto Cavalli FW 2016-17 ready-to-wear: scollo in pelliccia di volpe rossa.

Christopher Kane FW 2016-17 ready-to-wear: cappotto in pelliccia di visone e volpe.

16 TNS è un’azienda internazionale specializzata in ricerche di mercato e sondaggi di opinione nata nel 1997. Acquisita dal gruppo WPP nel 2008, è parte di Kantar Group, che raccoglie le aziende di insight e data management del gruppo.

17 https://www.welovefur.it/pellicce/fendi-haute-fourrure-karl-lagerfeld/ 18 https://www.vogue.it/sfilate/sfilata/alta-moda-autunno-inverno-2015-16/fendi

Fendi FW 2016-17 ready-to-wear: cappotto in pelliccia di visone con ricami floreali.

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Gucci FW 2016-17 ready-to-wear: cappotto in pelliccia di coniglio.

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Alexander McQueen FW 2016-17 ready-to-wear: scaldacollo in pelliccia nera di visone.

HAUTE FOURRURE FENDI: Cappottino in pelliccia di cincillà con bordure in volpe argentata tinta nera.

HAUTE FOURRURE FENDI: Rifiniture in pelliccia Swakara (agnello Karakul)

HAUTE FOURRURE FENDI: Cappottino in pelliccia di cincillà con bordure in volpe argentata tinta nera.

HAUTE FOURRURE FENDI: Maxi coat in pelliccia di zibellino nero, con sfumature argento.

HAUTE FOURRURE FENDI: Cappotto con rifiniture in pelliccia di zibellino.

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Abito da sposa con gonna asimmetrica in pelliccia di volpe e stola in pelliccia di lince siberiana.

HAUTE FOURRURE FENDI: Cappotto dalla linea svasata in pelliccia di lince siberiana

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1.2 Pelliccia: definizione, tipologia, vittime

utilizzate nel settore della pellicceria; “la loro classificazione fondamentale, si basa sulla specie animale che fornisce il grezzo”²².

In riferimento alla lunghezza del pelo si hanno: 1. Pellicce a pelo corto (es. persiani) 2. Pellicce a pelo medio (es. visone) 3. Pellicce a pelo lungo (es. volpe)

“Il termine pelliccia indica la parte di pelle più esterna di alcune specie di animali mammiferi, la quale si presenta fittamente coperta di peli più o meno lunghi a seconda della specie; può essere denominata anche mantello o più raramente vello”¹⁹. La pelliccia, che può avere un colore uniforme o essere variamente pigmentata, è costituita da due serie di peli: “la prima più esterna, è caratterizzata da peli più lunghi e robusti, mentre la seconda da peli più sottili e numerosi”²⁰; in genere i peli sono inclinati in una determinata direzione, oppure distribuiti in correnti opposte. È così definita la pelliccia dell’animale vivo, mutevole in relazione al sesso, all’età e all’ambiente dell’animale, ma più comunemente la pelliccia dell’animale ucciso, trattata in modo da conservare il pelo con le sue caratteristiche di lucentezza e morbidezza, per poter essere indossata come capo d’abbigliamento. Per pelliccia non si intende solo il capo intero, ma anche gli inserti che vengono applicati sugli indumenti. La qualità ed il valore di una pelliccia variano a seconda della specie di animale, della sua provenienza (selvatico o di allevamento), della stagione in cui l’animale viene abbattuto, dell’uniformità del pelo e da una serie di altri fattori; in generale, gli animali dei Paesi freddi forniscono pellicce considerate più pregiate rispetto a quelli dei paesi tropicali. “La definizione di pelliccia non si applica”²¹:

1.2.1 Tipologia di pelliccie: le più usate nella moda.

piccolo e più leggero”²⁷. Lo zibellino russo è detto anche sobol (da cui deriva il termine araldico “sable”, che indica il colore nero). “La pelliccia di zibellino canadese è meno pregiata ed è conosciuta anche con il nome di martora”²⁸.

Esistono diverse tipologie di pellicce utilizzate nel settore della pellicceria e dagli stilisti, per realizzare le loro collezioni di moda. Le più diffuse sulle passerelle di alta moda sono quelle di zibellino, visone, volpe, cincillà e lince.

1.2.1.2 Visone “La pelliccia di visone è la più conosciuta e venduta al mondo, caratterizzata da un pelo molto denso, lucido e resistente, che dura a lungo”²⁹. “Il colore del suo mantello può variare dal bruno chiaro, quasi fulvo, al bruno marrone, molto scuro e lucidissimo”³⁰; vi sono anche visoni bianchi. Esistono circa 100 tipi di colori di visone divisi in sottogruppi secondo i toni. Si tratta di una pelliccia molto versatile nella moda ed è prevalentemente usata per produrre cappotti, giacche ma anche accessori. Il pelo del visone si presenta più o meno folto a seconda della provenienza. Il visone è un mustelide lungo dai 50 ai 70 centimetri, dipende se si tratta di visone femmina o maschio; vive in Europa, Cina, Giappone ed anche in Alaska e Canada. I visoni maggiormente allevati per la loro pelliccia si trovano nei Paesi Nordici: in Norvegia il

1.2.1.1 Zibellino

Pelo persiano (agnello Karakul)

Pelo lungo (volpe)

1. ai manti usati per la loro conversione in pelle

La pelliccia di zibellino è considerata una delle più pregiate, per tutte le sue qualità: è molto calda ma leggera, luminosa e di rara bellezza. La pelliccia di zibellino è caratterizzata da peli lunghi e setosi, riconoscibili al tatto dalla morbidezza e leggerezza. “A seconda della provenienza, i colori possono essere più o meno scuri, andando dal quasi extra dark al giallo dorato chiamato appunto Zibellino Gold”²³. “I più preziosi sono gli zibellini Barguzinsky, Yakutsky e Enisejsky, tutti di provenienza russa”²⁴: il luogo di origine dello zibellino si trova infatti nelle regioni al Nord degli Urali, da dove provengono le pellicce più pregiate. “Lo zibellino Barguzinsky è l’unico ad avere un prezzo molto elevato ed è considerato il re delle pellicce”²⁵. Lo zibellino si trova anche nelle Americhe, dove purtroppo è molto cacciato per la sua pelliccia: “la maggior parte degli animali vengono cacciati in Canada (circa il 75%), i restanti nelle Maine, aree montuose degli Stati Uniti dell’Ovest e in Alaska”²⁶. “Il Canada del Nord e l’Alaska producono pellicce di zibellino più larghe e pesanti, il centro e sud del Canada producono invece pellicce di zibellino più

Visone americano

2. alla fibra ottenuta da tosatura o pettinatura, alla pelle di pecora e di montone 3. alle pelli tipicamente usate per ricavarne cuoio 4. alla pelliccia sintetica Visone bianco

Le pellicce provenienti da animali dal pelo abbondante, morbido, uniforme, lucente e di vario colore, vengono 19 https://it.wikipedia.org/wiki/Pelliccia 20 http://www.treccani.it/vocabolario/pelliccia/ 21 https://www.armani.com/cloud/armanif31wp/uploads/2017/12/PELLICCIAdefinizioneHSUS-ITA.pdf 22 https://www.amifur.it/blog/classificazione-e-produzione-pelli-da-pellicceria

Pelo medio (visone)

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Visone europeo

23 https://elpidioloffredo.com/it/tipi-di-pelliccia/ 24 Ibidem https://elpidioloffredo.com/it/tipi-di-pelliccia/ 25 http://www.pelliccecanali.com/faq/ 26 https://www.welovefur.it/pellicce/la-classificazione-delle-pellicce-la-guida/ 27 https://www.welovefur.it/pellicce/la-classificazione-delle-pellicce-la-guida/ 28 https://elpidioloffredo.com/it/pellicce/zibellino/ 29 http://www.pelliccecanali.com/faq/ 30 https://www.amifur.it/blog/caratteristiche-della-pelliccia-di-visone-gli-accessori

(Foto a sinistra) Zibellino canadese. (Foto adestra) Zibellino russo all’interno di un allevamento.

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visone è molto scuro e tende a riflessi di azzurro cupo. Le pellicce di visone considerate le più pregiate ma anche le più care, sono quelle appartenenti al marchio Blackglama: si tratta di pellicce di visoni che provengono dalla zona dei Grandi Laghi (USA e Canada); la loro caratteristica è il pelo corto che rende il manto quasi rasato. “Blackglama è tra i marchi più lussuosi e conosciuti al mondo: in particolare, è un marchio di lusso del Nord America prodotto da American Legend Cooperative. Solo il 2% delle pellicce di visone prodotte al mondo ottiene il marchio Blackglama”³¹

moda sono la Volpe Argentata (Silver Fox), la Volpe Artica (Arctic Fox) e la Volpe Rossa (Red Fox)”³³. Queste specie vengono allevate soprattutto nei Paesi Nordici ma anche in Cina.

La pelliccia di volpe nel tempo è cambiata molto, prima si acquistava un capo spalla molto “ricco” e praticamente inutilizzabile in quanto molto pesante ed ingombrante: essendo realizzato con molte pellicce aveva un prezzo altissimo, spesso ingiustificato soprattutto quando la qualità era molto bassa. Oggi invece il prezzo della pelliccia di volpe è totalmente cambiato, questo dovuto anche all’enorme produzione dei mercati cinesi, i quali hanno invaso il mercato con manodopera scarsa ed a basso costo. I prezzi dei cappotti di pelliccia di volpe sono poco più alti rispetto ai prezzi delle giacche di pelliccia di volpe, questo perché le giacche hanno meno pellicce dei cappotti di volpe.

1.2.1.3 Volpe La pelliccia di volpe, insieme alla pelliccia di visone, sono in assoluto quelle più conosciute ed utilizzate dagli stilisti, nonché le più indossate: la pelliccia di volpe viene utilizzata per fare i bordi di volpe sia in colori naturali che in colori tinti. La pelliccia di volpe negli anni ha subito numerosi cambiamenti: prima i modelli erano tutti molto ampi e quasi sempre lavorati con pellicce intere o con qualche disegno all’interno. Oggi invece vengono lavorate in modi eccentrici e addirittura, si prova a rendere la pelliccia molto più leggera e soffice bucando il cuoio. La pelliccia di volpe ha il pelo molto lungo, soffice

Volpe artica bianca (Vulpes Lagopus)

Cross fox, della specie Vulpes Vulpes

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Volpe argentata.

Volpe rossa (vulpes vulpes).

e lucente. I modelli più richiesti dai consumatori di pellicce sono le giacche di volpe ed il cappotto di volpe, solitamente lavorati con pellicce di volpe in colori naturali. Negli ultimi anni il mercato è stato invaso dai gilet di volpe, che si possono trovare in tutti i colori e a tutti i prezzi, perché quasi tutti prodotti in Cina. Nella moda sono tornate non solo per i bordi, ma anche per la creazione di giacche e cappotti di volpi colorate: “il colore di volpe più richiesto è solitamente il blu

o il rosa”³². Il colore della pelliccia tinta dipende soprattutto dalla colorazione naturale della volpe, spesso si tinge su colori di pellicce bianche per avere colori più luminosi o colori più chiari; si tinge invece la pelliccia di volpe che ha già subito la mutazione del colore, per ottenere bordi in diverse colorazioni che seguono le tendenze moda. I colori di volpe naturali (non tinte) sono veramente molte, ma non sempre utilizzati nel mondo della moda. “Le pellicce di volpi più utilizzate nella

31 http://www.pelliccecanali.com/faq/ 32 https://elpidioloffredo.com/it/pellicce-di-volpe/

33 file:///C:/Users/AppData/Local/Packages/Microsoft.MicrosoftEdge_8wekyb3d8bbwe/TempState/ Downloads/Bezeichnungen+Felle+IT_+17_03_14%20(5).pdf

Volpe rossa (vulpes vulpes).

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1.2.1.4 Cincillà

1.2.1.5 Lince

Il cincillà, conosciuto anche come Chinchilla, è un roditore originario del Sud America, in particolare delle Ande e viene allevato in Nord e Sud America ed in Europa; è molto richiesto per la sua pelliccia, tanto che la caccia e l’allevamento in cattività ne stanno decretando l’estinzione. La pelliccia di cincillà è considerata una delle più pregiate ed anche la più soffice, per via della morbidezza del pelo e soprattutto della lucentezza. “La pelliccia di cincillà è ricca di sfumature, definita principalmente dal colore grigio, nero e bianco”³⁴. Non tutte le pellicce di cincillà sono uguali, esse differiscono tra loro in base a numerosi fattori; gli indumenti più richiesti in pelliccia sono cappotti, giacche, gilet e mantelle.

Sul mercato sono presenti moltissime qualità diverse: molte aziende utilizzano pellami sudamericani ed ungheresi, per abbattere i costi di produzione ad avere un prodotto economico. “Le pellicce di cincillà danesi sono considerate di altissima qualità: il colore è naturale, non candeggiato e quindi azzurrato, molto deciso con tonalità di bianco e nero ben marcato, con sfumature grigiaCincillà stre”³⁵.

La pelliccia di lince è considerata la più pregiata in assoluto ed è anche la più costosa: “infatti la pelliccia di lince richiede una tipologia di lavorazione particolare ed una grande esperienza da parte di chi lavora le pellicce”³⁶; questa tipologia di pelliccia può essere lavorata in diversi modi. Le pellicce di lince sono utilizzate da molti famosi Fashion Designer, per la creazione di collezioni di abbigliamento invernale: il modello maculato negli ultimi anni ha inondato la passerella delle sfilate di moda.

Essendo una delle pellicce più costose e lussuose, i vestiti realizzati sono di conseguenza sempre costosi. “Vi sono tantissime tipologie di lince, le più conosciute ed utilizzate nella produzione sono”³⁷:

stanno andando in via d’estinzione”⁴¹. Infine, i capi realizzati con la pelliccia di Lince vengono utilizzati principalmente nella Haute Couture da molti stilisti anche italiani, tra cui le sorelle Fendi e Roberto Cavalli: possono essere assemblate a pelli intere, oppure possono essere assemblate utilizzando solo l’addome, quindi la parte bianca con le macchie scure.

• Pelliccia di Lince Siberiana (Russa) • Pelliccia di Lince Canadese “Nonostante le loro caratteristiche simili, differiscono significativamente l’una dall’altra: la differenza sta principalmente nel colore, nella lunghezza e nella densità del pelo”³⁸; ognuna di queste caratteristiche conferiscono alla pelliccia un certo aspetto e ne determinano il valore.

“La pelliccia di Lince Russa e quella Canadese sono molto simili: principalmente differiscono per la lunghezza e la colorazione del pelo”³⁹. La pelliccia di Lince Canadese ha un pronunciato colore marrone, quindi i prodotti di pelliccia hanno esattamente questa tonalità; l’addome invece si presenta bianco con macchie di colore più scuro.

Presenta una pelliccia molto corta e di piccole dimensioni, meno utilizzata per la produzione di pellicce rispetto alla Siberiana, in quanto più difficile da cucire. “La pelliccia di Lince Siberiana è caratterizzata da una tonalità bianco neve con macchie, il colore naturale di questo bellissimo animale, spesso vittima del bracconaggio, perché le licenze per uccidere questi animali vengono rilasciate raramente”⁴⁰. “I cappotti di Lince Siberiana hanno infatti un numero ristretto di pelli, in quanto questi animali 36 https://elpidioloffredo.com/it/pellicce/lince/ 37 Ibidem https://elpidioloffredo.com/it/pellicce/lince/ 38 https://confettissimo.com/it/stile-di-moda/stili-di-abbigliamento/pelliccia-di-lince-lusso-costoso.html 39 https://elpidioloffredo.com/it/pellicce-di-lince/ 40 https://confettissimo.com/it/stile-di-moda/stili-di-abbigliamento/pelliccia-di-lince-lusso-costoso.html 41 https://elpidioloffredo.com/it/pellicce-di-lince/

34 https://www.piazzapellicceriaroma.it/pelliccia-di-chinchilla 35 https://elpidioloffredo.com/it/pellicce/cincilla/

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Lince canadese

Lince siberiana

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1.2.1.6 Agnello Karakul e Broadtail

la Namibia. I principali consumatori sul mercato mondiale sono la Francia, l’Italia, la Germania, la Scandinavia e gli Stati Uniti. A metà degli anni Novanta, la produzione mondiale di karakul è stata di circa 4-5 milioni di pelli, rispetto ai 7 milioni degli anni Ottanta ed ai 10 milioni degli anni Settanta. I dati relativi al karakul sono tratti dalla relazione 1995 del Tashkent Business Communication Centre, Karakul Industry in Uzbekistan. Il Broadtail ed il Karakul sono diventati molto popolari negli ultimi anni: molti stilisti li incorporano nelle loro collezioni prêt-à-porter, poiché leggeri e confortevoli da indossare. Si presentano ovunque in sfilate di moda, non solo nei cappotti, ma anche in finiture, gonne e completi. Broadtail, agnello persiano, Astrakan e Karakul (tutti fanno riferimento allo stesso animale) vengono menzionati ovunque nella stampa di moda degli ultimi anni. Attualmente, tra i numerosi stilisti di fama mondiale che utilizzano questa pelliccia spiccano: Simonetta Ravizza, Fendi, Max Mara, Dolce & Gabbana e Dennis Basso. Nonostante una riduzione complessiva della produzione di Broadtail e Karakul dagli anni Settanta, la popolarità diffusa di questi materiali indica una ripresa della sua produzione. L’opinione pubblica è stata indotta in errore, nel credere che tali materiali siano interamente sottoprodotti dell’industria alimentare: in realtà questi animali vengono uccisi esclusivamente per la moda. L’indagine di HSUS ha documentato la sofferenza ed il massacro disumano dietro le mode del Broadtail e del Karakul: il rapporto dell’associazione è stato scritto per convincere i dettaglianti ed i consumatori più attenti, che l’abbattimento di questi animali d’allevamento è crudele, grottesco e ingiustificabile come quello di qualsiasi altro animale.

“La pecora karakul è una specie originaria del Turkestan ed è una delle razze più antiche, attualmente allevata per ottenere il manto degli agnelli, chiamato persiano ma commercializzato anche con il nome di pelliccia astrakan”⁴². “È una delle pelli maggiormente richieste dell’alta moda, poiché leggera, luminosa e caratterizzata da un’arricciatura particolare, che la rende preziosissima. Tuttavia, questa si modifica e perde valore se l’animale cresce di qualche giorno, motivo per cui gli agnelli vengono uccisi appena nati, pochi giorni o poche ore dopo la nascita oppure, tolti prematuramente dal grembo della madre con parto cesareo. Il manto considerato più pregiato è di colore nero, con bioccoli molto serrati e ricci”⁴³: per conservare queste caratteristiche, gli agnelli vengono scuoiati vivi invece che tosati, in modo da far restare integre le pelli. Gli agnelli uccisi prematuramente la nascita vengono chiamati “Broadtail” (in inglese significa “coda larga”), mentre il termine “Persian Lamb” (agnello persiano) viene utilizzato per descrivere la pelle del giovane agnello della razza Karakul di pecora appena nato.

Ogni anno in Afghanistan, Kazakistan, Namibia, Sud Africa, Uzbekistan ed altri paesi dell’Asia centrale, si allevano e uccidono dai quattro ai cinque milioni di agnelli karakul. La lana persiana è forse la più crudele e feroce prodotta: la stilista Stella McCartney l’ha paragonata al fatto di indossare un feto. La Humane Society of the United States ha avuto il merito, anni fa, di portare all’attenzione dell’opinione pubblica tutto questo, attraverso un’indagine sulla macellazione delle pecore Karakul a Bukkara, nell’ex repubblica sovietica dell’Uzbekistan. “Il risultato di un’accurata indagine effettuata dalla Humane Society of the United States (HSUS) sul commercio della pelliccia di agnello Karakul è dimostrativo delle dimensioni di questo fenomeno: gli investigatori hanno documentato l’uccisione di trenta agnelli per confezionare un unico soprabito”⁴⁴. Una pecora viene fatta partorire da tre a cinque volte, poi viene uccisa essa stessa per ricavarne il feto: ogni anno vengono macellate quattro milioni di pecore gravide in diverse regioni dell’Asia Centrale, Namibia e Sud Africa per produrre le rinomate e pregiatissime lane di astrakan. Le principali aree di maggiore produzione di Karakul e di Broadtail sono l’Asia centrale, l’Afghanistan e

Agnello karakul 42 http://animalistifvg.blogspot.com/2012/12/morire-per-moda-pellicce-di-astrakan.html 43 https://it.wikipedia.org/wiki/Karakul_(pecora) 44 https://www.humanesociety.org/sites/default/files/docs/investigation-report-karakul-sheep-lamb-fur-trade.pdf

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1.2.2 Gli animali da pelliccia: numeri delle vittime

dalla cattura di animali selvatici presenti in natura, nei casi consentiti dalle legislazioni nazionali”⁴⁷. I maggiori produttori di pellicce a livello globale sono l’Europa, soprattutto i Paesi Nordici ovvero la Svezia, la Finlandia, la Norvegia e la Danimarca, ma anche la Cina, la Russia, gli Stati Uniti ed il Canada. “L’Europa è la più grande consumatrice al mondo di pelliccia, con vendite fortemente aumentate dalla metà degli anni Novanta: le vendite in Europa di prodotti e ornamenti in pelliccia, nel periodo 2002-2003, si stima ammontino a 4.525 milioni di dollari statunitensi”⁴⁸. “La Cina svolge il ruolo di grande esportatore di capi di vestiario in pelliccia nel contesto globale, coinvolgendo collegamenti diretti con gli Stati Uniti dove infatti, più della metà della pelliccia proviene dalla Cina e con l’Inghilterra, dove, nonostante l’allevamento di animali da pelliccia sia proibito dal 2000, Londra rimane centro mondiale di acquirenti di pelliccia”⁴⁹. “Nel 2013-2014 sono state prodotte nel mondo 87,2 milioni di pellicce di visone per un valore totale di 3,7 miliardi di euro. A queste si sono aggiunte 7,8 milioni di pellicce di volpe pari a oltre 880 milioni di euro”⁵⁰. Nel 2014 in Europa, oltre 41 milioni di visoni e 2 milioni di volpi sono state allevate e uccise per la pelliccia. In tutta l’Europa vi sono circa 6.000 allevamenti di animali da pelliccia, dove viene prodotto il 63% delle pellicce di visone e il 70% di pellicce di volpe commercializzate in tutto il Mondo. L’allevamento di visoni è particolarmente concentrato in Danimarca, il Paese con la principale produzione di pellicce di visone, che con circa 17 milioni di visoni uccisi ogni anno fornisce il 28% della produzione mondiale, in Polonia con quasi 8 milioni e nei Paesi Bassi con 5 milioni di visoni. “La Finlandia (anch’essa produttrice di un consistente quantitativo di pellicce di visone) e la Cina sono attualmente le maggiori produttrici di pellicce di volpe, insieme rappresentano il 91% della produzione mondiale”⁵¹. “Altri produttori significativi a livello mondiale di pellicce di visone sono gli Stati Uniti, con 3,5 milioni nel 2014, il Canada con 2,8

Sono molte le specie di animali allevati ed uccisi per ricavarne pellicce: le più utilizzate dalle case di moda internazionali sono quelle di visone, volpe, zibellino, cincillà e lince. I manti di questi animali sono considerati i più pregiati in assoluto in termini di moda. La qualità e la versatilità di tali pellicce caratterizzano le lavorazioni di lusso nel settore moda: moltissimi stilisti hanno fatto di queste pellicce la linea guida delle loro collezioni moda, fin dalle origini dei loro Brand e continuano ancora oggi ad utilizzarle. Ma la lista degli animali uccisi per la loro pelliccia è molto più lunga: sono infatti moltissimi gli animali catturati ed uccisi in tutto il mondo. “Per realizzare una singola pelliccia deve essere ucciso ben più di un animale per specie; i numeri di animali uccisi per la produzione di singole pellicce sono riassunti nella seguente tabella”⁴⁵:

1.3 Il business globale dietro al commercio delle pellicce “Sono almeno 70 milioni nel mondo gli animali che vengono allevati per ricavarne pellicce: in tutto il mondo sono circa 50 milioni le pellicce animali che vengono prodotte ogni anno”⁴⁶ed altri 10 milioni di animali selvatici vengono catturati, tramite le trappole, per la loro pelliccia. “In percentuali, le pellicce vendute a livello globale rappresentano circa l’85% e provengono dagli allevamenti intensivi, mentre la restante percentuale, ovvero il 15%, deriva dalla caccia e

45 http://www.disinformazione.it/pellicce.htm 46 http://www.furcommission.com/news/newsF11q.htm 47 http://www.wearefur.com/about-fur/fur-farming-and-trapping 48 Hsieh-Yi, Yi-Chiao, Yu Fu, Mark Rissi, Barbara Maas, Rapporto sull’industria cinese della pelliccia, Zurigo Care for the Wild International in collaboration with Swiss Animal Protection and EAST International, 2005, p.4 Traduzione di Fun Fur? A report on the Chinese fur industry.

49 Ibidem H.Y, Y.C., Y.F., M.R., Rapporto sull’industria…, cit., p. 4 50 http://www.businessoffur.com/it/informazioni-sulle-pellicce/il-settore-industriale-delle-pellicce/ 51 International Fur Federation (IFF) New production figures show the growth of the global fur trade, 2015. http://www.wearefur.com/latest/news/new-production-figures-show-growth-global-fur-trade

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milioni nel 2013 e vicino a 8.000 pellicce di v olpe, infine la Russia con 1,9 milioni e 0,7 milioni di pellicce di altre specie, comprese quelle di volpi, rispettivamente pari al 4%, al 3% ed al 2% della produzione mondiale”⁵². Si tratta di uno dei settori produttivi di beni al dettaglio ed uno dei più robusti dal punto di vista economico: tra il 2012 e il 2013 l’industria mondiale delle pellicce è stata valutata oltre 40 miliardi di dollari da “PwC”⁵³ Italia.

mi di certificazione e tracciabilità sul benessere animale e l’ambiente. Si impegna inoltre a sostenere i giovani stilisti ed i rivenditori che intendono dedicarsi alla pelliccia ed alla moda. Insieme ai suoi membri nazionali, la Federazione ha lavorato negli anni per corteggiare i designer e le case di moda, attraendo gli allievi delle scuole di moda con competizioni di disegno moda usando la pelliccia, mirando ad una gamma più vasta di potenziali consumatori. “Della Federazione Internazionale delle Pellicce oggi fanno parte 56 associazioni, in oltre 40 Paesi del mondo”⁵⁷. I membri comprendono tutti i settori del commercio di pellicce, compresi gli allevatori, i cacciatori, i sarti, i produttori, i broker, le case d’asta, i dettaglianti ed i designer. Si tratta di organizzazioni che rappresentano le associazioni di categoria del loro Paese. Ognuno di questi membri ha firmato un rigoroso codice di condotta che li impegna a rispettare le leggi rilevanti per l’industria a cui sono soggetti nei loro Paesi d’origine.

1.3.1 La Federazione Internazionale delle Pellicce (IIF) L’organizzazione che rappresenta l’industria internazionale della pellicceria è la Federazione Internazionale delle Pellicce (IFF): fondata nel 1949, regola le pratiche ed il commercio delle pellicce”⁵⁴. “La IFF è strutturata a livello regionale e comprende IFF Americhe, IFF Asia, IFF Eurasia e Fur Europe”⁵⁵. “Dal 2011 l’amministratore delegato della Federazione è Mark Oaten, con il compito di rappresentare le associazioni e le organizzazioni nazionali del commercio di pellicce di 40 Paesi”⁵⁶; aderire alla Federazione significa entrare a far parte del settore mondiale delle pellicce. La Federazione promuove il business della pelliccia, stabilendo program-

1.4 Fornitori di pellicce: le casa d’asta

Marchio “Sobol” attraverso il quale vengono vendute le pellicce di zibellino russo.

Etichetta per le pellicce con il logo ufficiale di Kopenhagen Fur.

La maggior parte dei produttori, allevatori e cacciatori di pellicce, vendono le pellicce attraverso case d’asta internazionali. Le case d’asta svolgono un ruolo fondamentale nell’industria delle pellicce. Sono per lo più di proprietà degli allevatori ed hanno alle loro dipendenze esperti qualificati nel selezionare e classificare le pellicce e, nell’indicare standard per la valutazione della qualità. “Le case d’asta Etichetta ufficiale di Blackglama apposta sulle pellicce esclusivamente di visone nero.

LOGO ufficiale International Fur Federation

sono forti promotrici di continua innovazione nel settore del design, collaborando da vicino con stilisti e accademie di moda”⁵⁸. Le principali case d’asta, punto di riferimento per tutti i compratori di pellicce per le aziende di moda, sono quattro: Sojuzpushnina in Russia, “il cui prodotto principale che viene venduto è la pelliccia di zibellino, in particolare la tipologia Barguzinsky”⁵⁹; Kopenhagen Fur in Danimarca, “la quale vende all’asta 25 milioni di pellicce di visone, oltre alle migliaia di pellicce di volpe, cincillà, zibellino, foca, coniglio Rex e Swakara”⁶⁰; la Nafa (North American Fur Auctions) a Toronto in Canada, “la quale ha acquisito Blackglama, il Brand di pellicce più antico della pellicceria”⁶¹; Fur Harvesters Auction (FHA) di North Bay in Ontario (Canada), “la più grande fornitrice di pellicce esclusivamente selvatiche, è l’unica casa d’aste al mondo detenuta e gestita da cacciatori di pellicce”⁶² e Saga Furs Oyj, la casa d’asta di pellicceria più vicina ai Brand di moda europei, “specializzata

Mark Oaten, amministratore delegato della Federazione Internazionale della pelliccia; in inglese britannico Chief Executive Officer, CEO.

52 Statistics Canada, Supply and disposition of mink and fox on fur farms, annual, Canada, 2014, Table 003-0015 http://www.furcommission.com/wp-content/uploads/ 2014/07/NASSmink0714.pdf 53 PricewaterhouseCoopers, è un network internazionale operativo in 158 Paesi, che fornisce servizi di consulenza di direzione e strategica, revisione di bilancio e consulenza legale e fiscale.

54 https://www.wearefur.com/about-international-fur-federation/ 55 http://www.businessoffur.com/it/who-are-iff/ 56 https://www.wearefur.com/ceo-talks-mark-oaten/ 57 https://www.wearefur.com/about-international-fur-federation/

Logo ufficiale del Brand di proprietà Saga Furs Oyj Immagine pubblicitaria del marchio canadese Blackglama acquisito da Nafa , che vende le pellicce di visone nero più pregiate al mondo, prodotte esclusivamente in Nord America

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58 http://www.businessoffur.com/it/auction-houses/ 59 http://www.businessoffur.com/it/auction-houses/sojuzpushnina/ 60 http://www.businessoffur.com/it/auction-houses/kopenhagen-fur/ 61 http://www.businessoffur.com/it/action-houses/ nafa/ 62 http://www.businessoffur.com/it/action-houses/ fur-harvesters-auction-inc/

Immagine pubblicitaria della casa d’asta Kopenhagen Fur che commercializza prevalente pellicce di volpe norvegese, apprezzate per il pelo lungo e folto.

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Rex, Castor Rex”⁶⁵. Solo le pellicce “più pregiate” superano il sistema di classificazione, per soddisfare gli standard del marchio Saga Furs. Le pellicce Saga provengono dagli allevamenti situati nel Territorio finlandese ma non solo, anche da tutta l’Europa; vengono vendute ogni anno in occasione di quattro aste internazionali, e quindi commercializzate su scala mondiale. “Il contributo creativo è fornito dal Saga Furs Design Centre a Kopenhagen, nel nord della Danimarca: un centro di sviluppo prodotto con formazione per i designer emergenti e condiviso con gli stilisti di moda”⁶⁶.

nella vendita di pellicce di volpe, procione finlandese e visone”⁶³. La casa d’asta Saga Furs Oyj fondata nel 1938 dalla Finnish Fur Breeder’s Association, “ha sede a Vantaa in Finlandia, all’interno di un bosco di betulle a venti miglia da Helsinki ed ha più di cento anni di attività”⁶⁴. Le prime aste locali hanno avuto luogo negli anni Quaranta, ponendo le fondamenta del marchio internazionale e della casa d’aste di oggi. Con il nome commerciale Saga Furs, vende diversi altri tipi di pellicce di allevamento che soddisfano le richieste del mondo della moda, ovvero pellicce di karakul e cincillà. Saga Furs si sponsorizza per Logo della casa d’asta russa Sojuzpushnina, fondata nel 1931. offrire la più ampia selezione al mondo di pellicce di qualità superiore, prodotte esclusivamente in allevamenti europei “regolamentati”. La doppia valenza di prodotti di alta qualità ed il codice di responsabilità, fanno di Saga Furs la scelta dei designer di tutto il mondo. “Per completare collezione offre anche una grande varietà di pellicce di Cincillà, Cincillà

1.4.1 Metodi di vendita: le aste pubbliche

esposti i campioni di ogni lotto, contrassegnati dal relativo numero. Durante lo svolgimento dell’asta viene quindi solo segnalato il numero del lotto da vendere.

Alle aste possono partecipare solo i commercianti di pellicce, riconosciuti come proprietari o rappresentanti di ditte accreditate presso la compagnia che conduce l’asta. “Vi sono dei giorni di ispezione antecedenti alle aste detti “Inspection days”, durante i quali giornate intere sono dedicate al controllo ed all’analisi delle pellicce”⁶⁸. Questo incarico spetta ai broker, commis-

La forma più caratteristica e più diffusa di contrattazione della pellicceria è quella delle aste di vendita, le quali vengono sistematicamente organizzate nei maggiori mercati del grezzo. La prima asta di pellicceria ha avuto luogo a Londra nel 1671, per opera della Hudson’s Bay Company, che le organizzò regolarmente a determinati intervalli di tempo e nelle quali sono state vendute ben presto, oltre alle sue merci, anche quelle di altre compagnie nordamericane o di cacciatori privati. Il sistema delle aste si è sviluppato rapidamente ed in pochi anni, raccogliendo a Londra la maggior parte dei commercianti pellicciai d’Europa. Il lavoro delle aste, attualmente consiste nel vendere le pellicce provenienti dagli allevamenti e dai cacciatori ai broker ed ai commercianti di pellicce: si tengono circa quattro volte l’anno e solitamente avvengono una dietro l’altra, come le settimane della moda. “Le aste ricevono le pelli e le assortiscono: quelle non conformi vengono rispedite agli allevatori o ai cacciatori; una volta assortite le pellicce vengono analizzate, classificate e catalogate”⁶⁷. Durante le aste di pellicceria la merce non è visibile, ma viene divisa in lotti numerati e deposta in magazzini; soltanto in alcune sale aperte qualche giorno prima dell’apertura dell’asta, sono ordinatamente

Selezionatori di pellicce per verificarne l’effettiva qualità.

Immagine pubblicitaria accompagnata dal logo ufficiale della casa d’asta North American Fur Auctions (NAFA).

Magazzino dove vengono tenute le pellicce allo stato grezzo.

63 https://www.sagafurs.com/auction/products/karakul-and-others/ 64 https://www.welovefur.it/pellicce/la-classificazione-delle-pellicce-la-guida/ 65 https://www.sagafurs.com/auction/products/karakul-and-others/ 66 https://www.sagafurs.com/inspiration/design-centre/

Immagine pubblicitaria accompagnata dal logo ufficiale della casa d’asta Fur Harvesters che commercializza esclusivamente pellicce selvatiche.

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Sala azioni per le aste pubbliche tenute dalle principali case d’aste dove gli acquirenti comprano le pellicce per i più famosi Brand di moda.

67 https://www.welovefur.it/pellicce/la-classificazione-delle-pellicce-la-guida/ 68 https://www.welovefur.it/pellicce/la-classificazione-delle-pellicce-la-guida/

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1.4.2 Analisi “SAGA FURS”

sionati dai Brand di moda o dalle pelliccerie per i quali lavorano, ovvero di trovare il lotto di pellicce al prezzo migliore con la migliore qualità, che corrisponda alle esigenze del cliente. I broker si muniscono di un camice, per non sporcarsi nell’analizzare le pellicce allo stato grezzo (dure e sporche) e di un catalogo, nel quale sono classificate tutte le pellicce. I broker analizzano quindi le pellicce che vorrebbero comprare seguendo il catalogo con tutti i lotti di pellicce che verranno vendute in asta i giorni successivi. La commissione del Brand al broker si basa sul budget disponibile all’acquisto, sul numero di pellicce e sulle taglie; le pellicce sono assortite dalle aste in base ad il sesso, il tipo, il colore, la taglia, la qualità e per altre caratteristiche (dipende dal tipo di pelliccia e dal tipo di asta). I giorni di battito dell’asta sono gli “Auction days”, giornate dedicate alla vendita dei lotti di pellicce. Tutti i broker si radunano nella sala azioni detta “Auction Room”, ognuno con il catalogo delle pellicce per aggiudicarsi il lotto migliore. Le pellicce partono da un prezzo di solito molto basso, poiché le aste vendono sottocosto rispetto ad il prezzo di produzione; per aggiudicarsi il lotto i broker devono quindi alzare il prezzo.

Celle frigorifere dove vengono conservate le pellicce non ancora lavorate.

Campionari per tipologia e gradazione di colore delle pellicce.

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dell’azienda

finlandese

zione responsabile in Europa”⁷⁰. Saga afferma inoltre di offrire la più ampia selezione al mondo di pellicce di qualità superiore proveniente da allevamenti europei “rigorosamente regolamentati”⁷¹. L’azienda ha puntato a collegare attributi come il lusso, l’affidabilità e persino l’etica alla produzione di pellicce europee, in particolare nordiche, ma soprattutto al marchio stesso. Saga Furs pubblicizza una serie di elementi qualificanti tra cui la gestione degli animali in allevamento.

“Nel 2011 l’azienda finlandese Finnish Fur Sales ha acquistato il marchio Saga Furs e l’azienda è stata inclusa sotto questo marchio”⁷²; successivamente anche il Design Centre è stato acquistato. Finnish Fur Sales è stata originariamente fondata dalla Finnish Fur Breeders’ Association, la quale detiene ora la quota maggiore di Saga Furs; la Finlandia è quindi sia la proprietaria che la principale produttrice di pellicce vendute attraverso Saga Furs. Tuttavia, una parte considerevole della pelliccia Saga è venduta dalla Norvegia: tutte le pellicce di volpe ed il 25% delle pellicce di visone. “Nei suoi primi anni, Saga Furs mirava principalmente a migliorare l’immagine e la qualità della pelliccia nordica, che non era molto apprezzata in Europa centrale”⁷³. “Quando negli anni Ottanta e Novanta, l’industria della pelliccia ha iniziato a sviluppare nuovi modi di utilizzare la pelliccia ed a creare prodotti che

Saga Furs è un’organizzazione di marketing che si occupa di pellicce provenienti dai paesi nordici: Finlandia, Norvegia, Svezia, Danimarca e Islanda. Per decenni, l’allevamento di pellicce e le sue pratiche sono stati attivamente criticate in questi Paesi: mentre l’opposizione pubblica alla produzione di pellicce è cresciuta rapidamente in molti altri Paesi europei, la Finlandia e la Norvegia rimangono rappresentanti delle principali industrie della pellicceria in Europa occidentale, nonché principali Paesi di produzione per l’azienda Saga.

Anche in questi Paesi l’industria della pelliccia è sempre più criticata, ma allo stesso tempo l’industria nordica è diventata sempre più internazionale: il lavoro attuato da Saga Furs ha giocato un ruolo molto importante se non addirittura fondamentale, in questo processo di internazionalizzazione.

L’allevamento nordico non influisce più solo sulle decisioni politiche e sugli atteggiamenti dell’opinione pubblica nei Paesi nordici: Saga Furs è un’azienda globale che promuove a tutti gli effetti l’uso della pelliccia. L’azienda ha lavorato per costruire un’immagine “etica e responsabile” della pelliccia nordica e dell’allevamento di pellicce: questo lavoro di branding ha avuto parzialmente successo. Nelle lingue scandinave la parola “saga”, si riferisce a racconti basati sulla tradizione orale che sono più o meno fittizi; nel linguaggio contemporaneo, si riferiscono ad opere di finzione non realistiche o epiche. Come la maggior parte delle saghe, l’immagine dell’allevamento etico di pellicce creato da Saga Furs è un mito puro. Dal 1954 Saga Furs è divenuto un sistema di etichettatura avviato da allevatori finlandesi, per comunicare al consumatore la qualità e la tracciabilità della pelliccia. Attualmente, Saga Furs può essere definita un’organizzazione di sviluppo “prodotto”, cioè un vero e proprio marchio di pellicce con sistemi di etichettatura, così come una casa d’aste di proprietà dell’industria finlandese delle pellicce. “I mercati principali di Saga sono l’Estremo Oriente, la Russia, gli Stati Uniti e l’Europa: l’azienda ha una rete di rappresentanti in tutti questi mercati principali”⁶⁹. Saga Furs è anche uno schema di garanzia di qualità per la pelliccia: secondo la loro relazione sulla responsabilità aziendale, il marchio Saga “è la prova della qualità esterna delle pellicce e della loro produ-

Campionario di pellicce SAGA FURS. 69 Saga Furs Oyj Corporate responsibility report, Finlandia, 2014, p. 4.

70 Saga Furs Oyj Corporate responsability report, Finlandia, 2011.

71 https://www.sagafurs.com/auction/products/ 72 http://www.sagafurs.com/fi/News/Finnish-Fur-Sales-name-will-be-changed-to-Saga-Furs-Oyj 73 Maj-Britt Johansson e Leena Klemettilä, Fonte di dati economici-scritti sul giornale per la pelliccia dal 1929 al 2008, Finlandia, Associazione finlandese delle pellicce, 2008.

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sembravano diversi dai tradizionali cappotti di pelliccia (per ampliare l’attrattività della pelliccia), le autorità responsabili della regolamentazione della pubblicità ne hanno vietato l’uso: già nel 1993 in Finlandia e più recentemente nel 2012 in Gran Bretagna”⁷⁴. “Ciò ha portato all’attuale situazione in cui le questioni etiche ed il benessere degli animali sono al centro delle strategie di marketing dell’industria della pellicceria, Saga compresa”⁷⁵. Oltre ad aver lavorato per creare l’immagine di alta qualità, Saga si propone ora di affermare il marchio come garanzia di “elevati standard etici”⁷⁶. Questo cambiamento di marketing può essere considerato come una risposta alle principali minacce per l’attuale industria della pelliccia: il progresso della legislazione sul benessere animale in tutto il mondo, la crescente conoscenza delle esigenze comportamentali e fisiologiche degli animali, il crescente interesse globale per la protezione degli animali e la crescente opposizione ai metodi utilizzati negli attuali allevamenti di pelliccia. “L’industria della pelliccia spera inoltre che, pretendendo di garantire il benessere degli animali, possa aumentare il prezzo delle pellicce”⁷⁷.

pelliccia: la base di una strategia continuativa per sviluppare nuovi usi della pelliccia e condividerli con il mondo della moda, mirata nel riportare la pelliccia sotto i riflettori attraverso l’innovazione. “Dal giorno dell’apertura, circa 30.000 stilisti, studenti, insegnanti di design, editori di moda, pellicciai, produttori ed altri ancora che influenzano la moda sono stati al Saga Furs Design Centre: come risultato circa il 70% di tutte le collezioni di passerelle mostrano pellicce”⁸⁰. Il Saga Furs Design Centre ha usato l’innovazione per mantenere la pelliccia nel quadro della moda: oggi nel laboratorio lavorano artigiani del settore pellicceria per insegnare ai designer nuove tecniche di lavorazione ed aggiungere “valore” alle loro collezioni. “Le tecniche artigianali sviluppate sono diventate le fondamenta della moderna pelliccia “alla moda”: i designer costruiscono così i “pezzi di moda” mostrati sulle passerelle di tutto il mondo”⁸¹. Per Reinkilde è il padre fondatore del Saga Design Centre e ha diretto le attività di ricerca e sviluppo negli ultimi 30 anni: “Rendere interessante la pelliccia”, così Reinkilde ricorda la sua responsabilità

1.4.2.2 Le collaborazioni di SAGA FURS con le aziende di moda.

L’azienda Saga Furs si è fatta promotrice della scelta di marchi di lusso di alta gamma, nell’ambito della moda: molte famose case di moda hanno creduto alle affermazioni di marketing di Saga e continuano ad usare pellicce di vari animali, sostenendo che la pelliccia che utilizzano per le loro collezioni moda sia etica, in quanto proveniente da allevamenti certificati Saga e di origine assicurata. Burberry ci credeva, quando “durante una campagna che chiedeva di fermare la vendita di pellicce animali”⁸³, l’azienda ha così risposto: [“Burberry ritiene che qualsiasi materiale proveniente da animali, dovrebbe essere prodotto senza infliggere crudeltà. Non useremo pellicce naturali nel momento in cui temeremo che siano state prodotte senza tener conto del benessere degli animali. Per questo motivo non ci procuriamo tali materiali dalla Cina, ma ci approvvigioniamo di pellicce naturali con molta attenzione, salvaguardando i corretti standard etici e la tracciabilità. Le nostre pellicce sono Saga Furs, ben nota per il rispetto di elevati standard, riguardo il trattamento etico degli animali e condividiamo le nostre preoccupazioni per il benessere degli animali. Coerentemente con questo approccio, gli allevamenti che forniscono pellicce sono aperte in qualsiasi momento ad ispezioni da parte di terzi”]. Fino a quando, nel settembre 2018, “il direttore artistico dell’azienda Riccardo Tisci ha annunciato l’abbandono delle pellicce dalle collezioni di moda: in particolare, pellicce di coniglio, visone, volpe e cane procione”⁸⁴. Fendi è una casa di design Saga Furs, la quale utilizza pellicce nelle collezioni moda fin dalla nascita del Brand: “gli allevamenti finlandesi Saga Furs sono stati orgogliosi di presentarsi come loro cliente”⁸⁵. “Altri marchi di moda che hanno collaborato a lungo con Saga Furs sono Roberto Cavalli, Jean Paul Gaultier, Christopher Kane e Roksanda Ilincic”⁸⁶.

Designer lavorano sui campioni di pellicce, seguite da Per Reinkilde.

1.4.2.1 Il lavoro di SAGA FURS nella moda: SAGA FURS DESIGN CENTRE Saga Furs è stata originariamente creata con l’unico scopo di commercializzare la pelliccia di visone. “Nel 1980, la pelliccia di volpe è stata aggiunta al marchio e nel 2004 il cane procione è diventato la terza specie della gamma di pellicce Saga: quest’ultimo è stato rinominato “finnracoon” (procione finlandese), evitando così associazioni con i cani domestici, della cui specie questo animale fa esattamente parte”⁷⁸. Oltre ad impegnarsi nelle strategie di marketing, rivolte direttamente ai consumatori (come la promozione dell’uso della pelliccia), Saga promuove l’uso della pelliccia nelle scuole di moda, lavorando a stretto contatto con più di 23 scuole di design internazionali, così come tra gli stilisti e le aziende di abbigliamento; ha anche ricercato nuovi modi per sviluppare l’uso della pelliccia creando nuovi tipi di prodotti in pelliccia. “Nel 1988 ha aperto il Saga Fur Design Centre”⁷⁹, un laboratorio creativo mondiale per lo sviluppo di nuove idee in

Laboratorio di pellicceria all’interno del Saga Furs Design Centre.

Entrata principale all’esterno dell’edificio.

74 In Finlandia il difensore civico ha vietato la pubblicità della pelliccia come eco-prodotto nel 1993.

75 http://www.sagafurs.com/wps/portal/sagafurs/company/responsibility/social_responsibility 76 http://www.sagafurs.com/wps/portal/sagafurs/company/about_us/brand/Brand 77 Finnish Fur Sales, Annual Report Summary 01.09.2007 - 31.08.2008, 2008, p. 6.

78 http://www.sagafurs.com/wps/portal/sagafurs/auctions_home/Products/Fur+Selection 79 https://www.sagafurs.com/our-company/about-us/saga-furs-80-years-heritage/ 80 https://www.sagafurs.com/inspiration/design-centre/ 81 https://www.sagafurs.com/inspiration/design-centre/

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lavorativa nel 1988, quando Saga Furs lo ha assunto da un’importante casa di pellicce tedesca. Oggi circa il 70% di tutte le collezioni di passerelle di designer affermati e di nuova generazione mostrano pellicce, gli stessi designer che hanno studiato al Saga Fur Design Center. L’insegnamento che Reinkilde dà ai giovani designer, è più controverso di quanto si possa immaginare: “È importante non aver paura della pelliccia: tagliatela, ma trattatela con rispetto”⁸². Lo stesso rispetto che viene negato alla vita degli animali, secondo pellicciai come Reinkilde è importante venga dato al manto di un animale che non esiste più, in nome di una moda superflua e immorale.

82 https://choose.sagafurs.com/saga-furs-heritage/saga-design-centre-makes-fur-interesting/ 83 https://www.change.org/p/boycott-burberry-untilthey-stop-using-animal-pelts 84 https://www.ilpost.it/2018/09/06/burberry-merci-invendute-pellicce/ 85 http://www.sagafurs.com/fi/News/Milan-Fashion-Week-takes-fur-to-the-next-level 86 http://www.sagafurs.com/en/News/Copenhagen-Fashion-Week-opens-at-Saga-Furs-Design-Centre

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1.4.2.3 Etichettatura SAGAFURS®

1.4.2.4 Certificazione e tracciabilità

“Il programma di etichettatura SagaFurs è orientato al consumatore e consiste nei seguenti tipi di etichette”⁸⁷:

L’etichettatura del marchio non ha il solo fine di identificare il capo d’abbigliamento come prodotto SagaFurs®, ma certifica che la pelliccia proviene da allevamenti dove, oltre alla presenza di normative nazionali e comunitarie in materia di benessere animale, devono essere applicati anche gli standard etici e di qualità elaborati dal Gruppo Saga. In relazione alla qualità, certifica che ogni singola pelliccia è classificata in base a diversi parametri che ne determinano il valore: il tipo, il sesso, la taglia, il colore e la lucidità, indicatori che non sono effettivamente utili alla valutazione del benessere degli animali. Lo scopo del programma di certificazione finlandese per allevamenti di animali di animali da pelliccia, è quello di rassicurare i consumatori, il pubblico e le autorità che le pellicce provengono da allevamenti “certificati”, che operano seguendo i criteri di tutela e benessere richiesti dalla legislazione europea. Il materiale promozionale di Saga Furs mette in evidenza i diversi sistemi di certificazione utilizzati per le pellicce: con questi sistemi l’azienda afferma di fare la differenza per il benessere degli animali, quando in realtà il valore

• Etichetta Saga Furs da 5,5 x 5,0 cm Certified Farmed Fur-WelFur per indumenti ed accessori in pelliccia.

• Etichetta Saga Furs per pezzi di pelliccia più piccoli.

• Un cartellino da appendere per sostenere le etichette dei capi Saga Furs: il cartellino fornisce ai consumatori informazioni chiave su Saga Furs.

Sul sito web dell’azienda Saga Furs, vi è l’annuncio dell’introduzione di nuove etichette: Il nuovo cartellino è stato progettato per essere ordinato e per riflettere la “sostenibilità”. Il materiale è stato cambiato in una carta più resistente non sbiancato e non patinato in marrone chiaro, che si collega anche all’idea della pelliccia naturale. La certificazione WelFur è stata utilizzata e aggiunta alle nuove etichette ed ai cartellini”⁸⁸.

Etichettatura Saga Furs con la certificazione Welfur integrata.

Distribuzione delle etichette “Saga Furs distribuisce etichette e cartellini per garantire un alto livello di servizio, a stretto contatto con gli acquirenti dell'asta.

Le etichette vengono distribuite secondo il seguente sistema”⁸⁹:

87 https://www.sagafurs.com/auction/labels/ 88 https://www.sagafurs.com/auction/labels/ 89 https://www.sagafurs.com/auction/labels/

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di queste certificazioni è solo nella promozione stessa.

L’Associazione Finlandese degli Allevatori di Pellicce (Finnish Fur Breeder’s Association) ha istituito il sistema di certificazione per le aziende di allevatori nel 2005: “l’idea alla base del programma di certificazione di aziende di produzione è quella di porre gli standard al di sopra di quelli contenuti nella legislazione esistente”⁹⁰.

“La certificazione richiede, infatti, la documentazione ed il continuo sviluppo di standard di allevamento superiore a quelli contenuti nella legislazione europea riguardo agli allevamenti di animali da pelliccia”⁹¹. “Saga Furs incoraggia fortemente i propri fornitori ad impegnarsi nel sistema di certificazione e nel rapporto di responsabilità aziendale, parla della piena integrazione di questo sistema di certificazione nel marchio aziendale”⁹². “Ciò può riferirsi a requisiti del programma di certificazione che non riguardano direttamente il benessere degli animali, poiché Campagna pubblicitaria Saga Furs “Everlasting nordic beauty” in cui l’azienda di pellicce fa riferimento ad elevati standard di nel programma benessere animali, all’interno degli allevamenti certificati: strategia di marketing travestita da business responsabile, creata ad sono stati insehoc per attrarre i Brand di moda ad acquistare pellicce Saga. riti criteri di certificazione che riguardano tutti gli aspetti legati all’allevamento di animali da pelliccia, quali, oltre la salute degli animali ed il loro benessere anche: l’allevamento, le condizioni di allevamento, la manutenzione degli alimenti (gestione dei mangimi), l’igiene degli allevamenti, la gestione ambientale, la formazione e preparazione a situazioni eccezionali (condizioni anomale)”⁹³. “L’As-

Etichettatura Saga Furs con specifico riferimento alla certificazione dell’allevamento dal quale proviene la pelliccia.

sociazione veterinaria finlandese ha dichiarato che l’attuale legislazione in materia di benessere degli animali è una legislazione di livello minimo, che non garantisce pertanto l’effettivo benessere degli animali d’allevamento da pelliccia. Secondo la dichiarazione dell’associazione, la commercializzazione delle pellicce non dovrebbe dare l’impressione fuorviante che la certificazione garantirebbe un livello di benessere animale migliore del minimo richiesto dalla legislazione. Dal 2012, le norme norvegesi di certificazione sono state rese pubbliche e non superano in modo significativo le norme ufficiali in materia di benessere degli animali da pelliccia”⁹⁴. Un rapporto governativo norvegese del 2014 afferma che, indipendentemente dalla certificazione, il mercato delle pellicce lavora in realtà contro il benessere degli animali: un esempio significativo è che le pellicce più grandi raggiungono prezzi migliori di quelle più piccole, alcune specie di volpi vengono infatti sovralimentate e di conseguenza sono suscettibili di relativi problemi di benessere. “L’etichettatura SagaFurs® certifica la tracciabilità di tutte le pellicce vendute dalla Casa d’Asta: Saga Furs ha creato un sistema di tracciabilità denominato Saga 90 http://www.sagafurs.com/wps/portal/sagafurs/company/responsibility/social_responsibility 91 Il sistema di certificazione finlandese garantisce ai consumatori e alle altre parti interessate che le pelli da pellicceria provengono da un allevamento di pellicce che lavora secondo rigorosi criteri economici, ambientali e sociali che vanno oltre i requisiti stabiliti dalla legislazione, Volantino di Finnish Fur Sales e Saga Furs Oyj, L’allevamento di pellicce in Finlandia – una storia di successo per la campagna, Vantaa, Financial Statements Bulletin for the Financial Year, 2011 e Volantino di Finnish Fur Sales e Saga Furs, Saga Finnraccoon - 100% da allevamenti certificati.

92 https://www.sagafurs.com/auction/products/certified-collection/ 93 Certification Criteria https://www.sagafurs.com/auction/products/certified-collection/ 94 Norwegian Fur Breeders Association, Allevamenti. Standard dei requisiti per l’elenco di controllo dei sinistri, Norvegia, 2012.

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1.4.2.5 Il programma “WELF UR” le criticità nei protocolli

e

L’industria delle pellicce cerca di rafforzare la propria immagine con un progetto chiamato “WelFur”, “il quale è stato finanziato e avviato volontariamente da Fur Europe nel 2005 realizzato in collaborazione con Università ed Istituti di ricerca”⁹⁷ dei principali Paesi europei di allevamento di animali da pelliccia. “Il progetto Welfur è stato modellato sul progetto Welfare Quality”⁹⁸ della Commissione Europea, che ha sviluppato protocolli di valutazione di benessere per animali d’allevamento destinati al consumo alimentare; è stato poi lanciato dall’industria della pelliccia per sviluppare protocolli di valutazione del benessere di visoni e volpi negli allevamenti. Tramite questo progetto, ideato e finanziato dall’industria della pellicceria, gli allevatori di visoni e volpi sostengono di assicurare un “elevato livello di benessere agli animali”. A livello industriale, oltre al programma di salute e benessere degli animali, Saga Furs ha lanciato all’inizio del 2017 il WelFur come iniziativa europea, con linee guida basate sulla “ricerca scientifica sugli animali.” “La certificazione Saga include il WelFur come ulteriore valutazione scientifica del benessere animale, aggiunta al programma di certificazione Saga”⁹⁹. Il Gruppo Saga afferma che gruppi di scienziati hanno esaminato ricerche già esistenti sul benessere degli animali da pelliccia basate su misurazioni e che, da queste, hanno preso in considerazione misure specifiche di benessere per visone e volpe, scelte dagli scienziati per la loro “validità scientifica, affidabilità e fattibilità”. La certificazione Saga si basa quindi sui protocolli WelFur: “i primi protocolli sono stati elaborati per le specie allevate di volpe”¹⁰⁰ “e di visone”¹⁰¹, “pubblicati nel 2013 e 2014, successivamente testati in 10 diversi Paesi nel 2015 e nel 2016”¹⁰². Il protocollo per il finnraccoon (cane procione) è ancora in corso di elaborazione; i protocolli sa-

Certificazione apposta negli allevamenti Saga Furs: la stessa riportata successivamente nei capi in pelliccia.

Furs Traceability System (STS), a cui sono soggette tutte le pellicce etichettate, che dovrebbe consentire ai consumatori di rintracciare ogni prodotto fino alle aziende di origine, ovvero gli allevamenti, utilizzando un codice a barre presente sull’etichetta”⁹⁵. Questo perché i consumatori globali si aspettano di sapere da dove sono stati ottenuti i loro vestiti ed il modo in cui sono stati prodotti (luogo di produzione), così come essere sicuri che gli animali, da cui proviene la pelliccia, siano stati trattati “umanamente” (negli allevamenti). “Da un’indagine condotta in Finlandia e Norvegia nel 2012 e 2015 dalle associazioni per la difesa dei diritti animali Animalia e Noah, è emerso che nei negozi di pellicceria i clienti interessati all’acquisto di capi in pelliccia, non hanno avuto risposte in merito all’origine dei capi, in entrambi i Paesi, quando hanno cercato di scoprire l’origine dei prodotti Saga che stavano pensando di acquistare”⁹⁶.In pratica sembra che, almeno per un cliente privato, sia difficile trovare un venditore in grado di spiegare come identificare l’azienda di origine di un particolare prodotto Saga.

96 Noah and Animalia, Case Saga Furs, Nordic fur trade – marketed as responsible business, Finland, 2015, p.14.

97 University of Eastern Finland (Department of Biosciences), MTT Agrifood Research Finland (Animal Production Research), Aarhus University (Department of Animal Health and Bioscience), Norwegian University of Life Sciences (Department of Animal and Aquacultural Sciences), Swedish University of Agricultural Sciences (Department of Animal Environment and Health), University of Utrecht (Department of Animals in Science & Society), French National Institute of Agronomic Research.

98 https://www.wearefur.com/welfur-kickoff/ 99 https://www.sagafurs.com/sustainability/certification/science-based-welfur-assessment/ 100 https://www.sustainablefur.com/wp-content/uploads/2018/11/WelFur_fox_protocol_web_edition.pdf 101 https://www.sustainablefur.com/wp-content/uploads/2018/11/Mink_protocol_final_web_edition_light.pdf 102 Fur Europe, Welfur Certification Programme - Welfur_Briefing PDF, p.1. https://www.sustainablefur.com/wp-content/uploads/2018/12/WelFur_Briefing.pdf

95 https://www.sagafurs.com/sustainability/traceability-transparency-origin-fur/ 96 Noah and Animalia, Case Saga Furs, Nordic fur trade – marketed as responsible business, Finland, 2015, p.14.

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ranno finalizzati, rivisti e attuati entro il 2020. Questi protocolli funzionano come “manuali” su base scientifica per i terzi che valutano i singoli allevamenti di pellicce. Tuttavia, numerosi studi scientifici hanno già screditato i protocolli Welfur, dimostrando che tale sistema di certificazione non è in grado di offrire agli animali le condizioni ambientali e gestionali necessarie per il rispetto della loro etologia.

Inoltre, essendo finanziato dall’industria della pellicceria e guidato da Paesi con grandi interessi industriali, WelFur sembra più un progetto volto a convalidare l’allevamento di animali da pelliccia come mezzo per un fine economico e politico, più che a sviluppare un migliore benessere per gli animali. Di conseguenza, “Welfur non affronta i problemi di benessere associati all’ambiente delle gabbie confinate,

come evidenziato dal Comitato scientifico per la salute ed il benessere degli animali della Commissione Europea”¹⁰³.

Di fatto, “nella relazione annuale 2010 della Finnish Fur Breeder’s Association, sia il Welfur che la certificazione ed i servizi di consulenza sul benessere degli animali offerti dagli allevatori di pellicce, sono presentati come metodi per affrontare la pressione politica sull’allevamento di pellicce”¹⁰⁴. “La certificazione è uno dei modi chiave per l’industria della pelliccia per combattere l’immagine negativa creata dal lavoro delle organizzazioni per i diritti degli animali”¹⁰⁵. In Italia l’Associazione “LAV”¹⁰⁶ ha esaminato alcuni elementi specifici nei rispettivi protocolli WelFur visone e volpe, riscontrando alcuni punti critici riassunti nella seguente tabella:

Sistema di valutazione WELFUR: punti critici sul protocollo “visone” Riferimento

Punteggio assegnato

Nota LAV punto 3.2.2. “Buona sistemazione”

Pag.43 – 3.2.2.3 Facilità di movimento

In una valutazione da 0 a 2 (con 0 voto migliore, 2 voto negativo), ad allevamenti con gabbie con superficie di 1.000cmq è assegnato il punteggio intermedio 1.

Gabbie che misurano indicativamente 28cm per 35cm, cioè il 40% in meno dei 2.550cmq minimi previsti dalla Raccomandazione del Consiglio d’Europa del 1999 sull’allevamento di animali “da pelliccia”, non vengono disincentivate attribuendo il punteggio più basso.

Inoltre, non è previsto alcun punteggio (premiante) per allevamenti con gabbie di dimensioni maggiori di quelle previste dalla Raccomandazione.

punto 3.2.3 “Buona Salute”

Logo ufficiale Welfur come riferimento all’eticità del prodotto finale.

pag.44 – 3.2.3.1 Lesioni della pelle o ferite del corpo

In una valutazione da 0 a 3 (con 0 voto migliore, 3 voto negativo), per lesioni non cicatrizzate di 1cm, oppure assenza di parte di un orecchio o della coda ma con ferita cicatrizzata, è assegnato il punteggio di 1.

WELFUR ritiene accettabile che animali in allevamento subiscono amputazioni di parte della coda o dell’orecchio (per azioni di autolesionismo o a seguito di aggressione), assegnando un punteggio diverso dal più basso previsto qualora la ferita sia cicatrizzata.

Sistema di valutazione WELFUR: punti critici sul protocollo “volpe” Riferimento

Punteggio assegnato

Nota LAV Punto 3.2.3 “Buona Salute”

Pagg.40-41 - 3.2.3.1 Difficoltà di movimento Pag.41 - 3.2.3.1 Lesioni della pelle o ferite del corpo

In una valutazione da 0 a 3 (con 0 voto migliore, 3 voto negativo), per volpi che si muovono in gabbia ma con una deambulazione alterata e/o l’animale non usa tutti e quattro i piedi, è assegnato il punteggio di 1.

Il sistema di valutazione, oltre all’impossibilità per questi animali di scavare e correre, ritiene accettabile che un animale non sia in grado di deambulare in modo appropriato.

In una valutazione da 0 a 3 (con 0 voto migliore, 3 voto negativo), per evidenze di lesioni cutanee recenti o chiari punti glabri già cicatrizzati (ad es. incisione dell’orecchio), o una parte mancante del corpo (ad es. la coda), è assegnato il punteggio di 1.

Come per il protocollo “visoni”, anche per le volpi il sistema WELFUR ritiene accettabile che animali in allevamento possano procurarsi lesioni gravi come l’amputazione della coda.

103 European Commission, The Welfare of Animals Kept for Fur Production - Report of the Scientific Committee on Animal Health and Animal Welfare, 2001.

104 Finnish Fur Breeders’ Association, Annual report of Finnish Fur Sales 1.9.2007–31.8.2008, Helsinki, 2010 p.24.

105 Ibidem FFBA, Annual report of…, cit.., p. 26.

106 Lega Antivivisezione, è un’associazione animalista italiana fondata nel 1977 e riconosciuta dallo Stato Italiano come associazione di tutela ambientale, ente morale e organizzazione non lucrativa di utilità sociale.

Campagna pubblicitaria dell’allevamento tipo Saga Furs dal sito ufficiale dell’azienda, dove si vede un operatore occuparsi delle gabbie all’interno di un allevamento di animali da pelliccia. In basso a sinistra è stato riportato il logo Welfur, per rassicurare i consumatori sul benessere animale.

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1.4.2.6 “Origine assicurata”: la strategia di vendita ingannevole “Nel 2006 l’azienda Saga, insieme ad altre tre case d’asta ed all’International Fur Federation (IFF), ha avviato un’iniziativa congiunta ad altre industrie nordiche e nordamericane chiamata “Origin Assured”: un ulteriore sistema di etichettatura amministrato dall’IFF ed integrato nel marchio Saga”¹⁰⁷. “Tramite il sistema OA si sostiene di offrire garanzia sul trattamento “umano” nei confronti degli animali”¹⁰⁸, ma dietro le etichette che cercano di rassicurare i clienti sull’eticità dei prodotti in pelliccia, non vi è altro che una strategia ingannevole di marketing. “La stessa Finnish Fur Sales ha dichiarato, in un rapporto annuale, che l’Origine Assicurata fa parte della gestione della reputazione dell’azienda e della sua strategia per proteggersi dai danni alla sua immagine”¹⁰⁹. “La classificazione OA fu creata infatti dopo anni in cui le vendite di prodotti in pelliccia erano crollate, per risollevare il settore della pelliccia. Per diventare un Paese approvato OA, questo deve avere norme o standard che disciplinano la produzione di pellicce”¹¹⁰, ma non sono richiesti requisiti specifici per questi standard. “Le norme non devono essere giuridicamente vincolanti ed in alcuni casi, i codici di condotta non vincolanti, creati e gestiti dall’industria della pelliccia, sono considerati sufficienti affinché un Paese venga approvato di origine garantita OA”¹¹¹. “I Paesi che sono stati approvati per l’allevamento di pellicce di visone includono”¹¹²:

(Foto sopra) Etichettatura con il logo ufficiale OA (Origine Assicurata).

(Foto a sinistra) Cartellino con certificazione OA con specifico riferimento al benessere, alla sostenibilità ed alla tracciabilità del prodotto in pelliccia Saga Furs.

per sé basso. L’etichetta OA potrebbe essere fuorviante, in quanto la maggior la maggior parte dei consumatori non reputa tali condizioni di allevamento coerenti con il concetto di trattamento umano degli animali.

1.5 SAGA ed il lavoro di promozione della pelliccia in Cina

• Tutti gli Stati Membri della UE; • Altre nazioni Europee che hanno incorporato il Council of Europe Recommendations nella loro legislazione nazionale o nei codici di condotta;

Un aspetto essenziale e di lunga data del l a v o r o d i p r o m o z i o n e e m a r ke t i n g d i S a g a Furs, è stata la promozione dei prodotti in pelliccia in Asia, soprattutto in Cina, dove Saga è stata molto attiva data la legislazione limitata sul benessere degli animali. “Saga ha iniziato ad esplorare il mercato cinese nel 1978 e ha tenuto la sua prima sfilata di moda della pelliccia in Cina nel 1986: la sfil a t a è s t a t a a p e r t a d a G u n h i l d Ø y a n ge n , i l m i n i s t r o d e l l ’ a g r i c o l t u r a n o r v e ge s e d e l l ’e -

• Gli USA ed il Canada, dove i codici di condotta sono “in uso”.

Le nazioni con certificazione OA consentono generalmente l’allevamento dei visoni e di volpi in gabbia, attraverso sistemi di produzione standard, con un potenziale benessere di 107 http://www.originassured.com/index.php/initiative/whoisinvolved/ 108 http://www.originassured.com/index.php/initiative/ 109 Finnish Fur Breeders’ Association, Annual report of Finnish Fur Sales 1.9.2007–31.8.2008, Helsinki, 2010, p.24.

110 http://www.originassured.com/index.php/initiative/approvedcountries/ 111 http://www.originassured.com/index.php/initiative/approvedcountries/ 112 http://www.origin assured.com/images/oa/approved_countries_and_species_v4.pdf

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poca”¹¹³. Dagli anni Ottanta, Saga ha visit a t o r e go l a r m e n t e l a C i n a p e r p r o m u o v e r e l’uso della pelliccia presso le aziende ed i consumatori cinesi. L’azienda stessa afferma che la crescita del mercato cinese, rimane un elemento vitale nella strategia di espansione di Saga Furs: il lavoro di promozione in Cina può essere considerato come u n a c a m p a g n a d i m a r ke t i n g p e r c o m b a t t e r e la crescente consapevolezza etica e stimolare la domanda di pellicce a livello globale.

ratteristiche alla pelliccia per le loro linee di produzione o di vendita al dettaglio”¹¹⁷. “Nella primavera del 2011, all’asta Finnish Fur Sales (ora Saga Furs) di Helsinki, il gruppo più grande di acquirenti proveniva da Hong Kong”¹¹⁸. “Nel gennaio 2013, Saga Furs ha invitato un gruppo di redattori moda cinesi ad un tour esclusivo al Saga Furs Design Centre, durante la settimana della moda di Kopenhagen in Danimarca: il product development manager dell’azienda ha tenuto un briefing approfondito sulle tipologie di pelliccia e le tecniche Saga Furs, che sarebbero andate nella produzione di lusso ai loro ospiti cinesi; il responsabile del design e dell’innovazione ha invece spiegato come Saga Furs lavora con i migliori designer, per aiutarli a integrare le tecniche Saga Furs nelle loro creazioni”¹¹⁹. Al momento, le vendite in Asia rappresentano più di un terzo del totale globale e la Cina è descritta come vitale per il settore delle pellicce.

1.5.1 La promozione dei mercati delle pellicce “Nel 1992, la rivista dell’industria della pelliccia finlandese ha riportato che gli sforzi di marketing dell’azienda Saga Furs, hanno giocato un ruolo importante nel rendere i capi in pelliccia parte della scena della moda cinese e, la previsione futura di grandi sforzi di marketing per garantire il mercato dei prodotti di pelliccia degli allevatori nordici negli anni a venire”¹¹⁴. In un discorso alla riunione annuale dell’Associazione norvegese degli allevatori di pellicce nel 1999, il presidente ha dichiarato: [“I Paesi nordici stanno lavorando attivamente attraverso Saga, compiendo sforzi straordinari per aumentare la domanda di prodotti di pellicceria, soprattutto in Cina”]¹¹⁵. Nel 1997 la rivista dell’Associazione ha riportato: “La Cina è oggi il più importante mercato mondiale della pellicceria, senza l’apertura del mercato cinese delle pellicce, la produzione di pellicce nei Paesi nordici sarebbe oggi molto diversa”¹¹⁶. Nel 2008, la Cina è diventata il primo Paese consumatore mondiale di prodotti di pellicceria, a causa del calo della domanda europea e americana. Saga Furs ha condiviso le proprie innovazioni in pelliccia con pellicciai cinesi, scuole di design ed emergenti designer cinesi: esempi di questo lavoro sono i seminari per l’abbigliamento ed altre aziende tessili di moda organizzati a Pechino e Shangai nel giugno 2010. “Secondo un comunicato stampa di Saga Furs, i partecipanti cinesi ai seminari di presentazione di pellicce Saga, erano ansiosi di sapere come aggiungere nuove ca-

Evento di riunione delle maggiori case d’asta mondiali tenutosi in Cina: foto ottenuta dall’investigatore sotto copertura Frank Nervik, il quale ha girato un documentario nel 2014 sull’industria della pelliccia norvegese

113 NAPA (Norwegian Animal Protection Alliance), Estratti dalla rivista norvegese di animali da pelliccia dal 1995 114 Fur Economy Magazine, La Cina ha un’interessante area di mercato per la pelliccia, 1992.

115 NAPA (Norwegian Animal Protection Alliance), Estratti dalla rivista norvegese di animali da pelliccia dal 1995 al 2011, L’andamento del mercato in Cina autunno 1997, Norvegia, 1997 116 Ibidem, L’andamento del mercato…, cit.

117 http://www.efurmedia.com/index.php?option=com_fireboard&func=view&id=2197&catid=2, 118 Fur economy Magazine 3-2011, p. 23 119 http://www.sagafurs.com/en/News/Copenhagen-Fashion-Week-opens-at-Saga-Furs-Design-Centre

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1.5.2 La promozione degli allevamenti

rebbe cresciuta fino alle dimensioni attuali se non fosse stato per i continui sforzi di Saga e dell’industria nordica delle pellicce, per creare interesse in questo settore di attività. L’enorme domanda di pellicce nel mercato cinese è ancora fortemente incoraggiata e sostenuta da Saga: il rafforzamento di Saga significa anche un rafforzamento della domanda cinese nella produzione di pellicce. Allo stesso modo, l’eliminazione graduale della produzione di pellicce nei Paesi Nordici sarebbe un duro colpo per l’industria cinese della pelliccia e, metterebbe fine alla continua influenza sui consumatori cinesi da parte di Saga.

L’industria nordica delle pellicce ha contribuito a creare enormi mercati per i prodotti di pellicceria in Asia. Oltre a ciò, ha anche contribuito in modo più diretto all’espansione dell’allevamento di animali da pelliccia nella regione: il coinvolgimento dei paesi nordici in Cina ha svolto un ruolo chiave nell’espansione dell’allevamento e della produzione di pellicce in Cina. L’allevamento di pellicce ha avuto inizio in Cina nel XX secolo e ha avuto una rapida crescita negli anni Cinquanta del secolo scorso. In seguito, tuttavia, la crescita reale non ha avuto inizio fino all’apertura economica della Cina ed ai nuovi investimenti stranieri dalla fine degli anni Ottanta in poi. “La maggior parte degli attuali allevamenti di pellicce cinesi sono stati costruiti negli ultimi 15-20 anni”¹²⁰. I produttori finlandesi di pellicce hanno esportato animali da pelliccia per l’allevamento in Cina e, hanno istruito i produttori cinesi di pellicce ad usare metodi di inseminazione artificiale per gli animali da pelliccia. “All’inizio del Millennio sono state esportate dieci mila volpi blu vive dalla Finlandia alla Cina; nel 2002 e 2003 il 40% delle pellicce di volpe prodotte in Finlandia furono esportate in Cina e Hong Kong ed il 38% della produzione finlandese di pellicce di visone”¹²¹. Secondo la dogana finlandese, tra il 2004 ed il 2006 gli allevatori hanno esportato migliaia di animali in Cina: le condizioni degli animali trasportati hanno fatto inorridire i lavoratori nell’aeroporto finlandese e l’attività di esportazione sono state portate all’attenzione dell’opinione pubblica. Anche se l’Associazione finlandese ha ora condannato queste esportazioni, i singoli allevatori vogliono continuare l’attività. Oggi la Cina è la più importante area di produzione di pellicce nel mondo e, uno dei più grandi Paesi produttori di pellicce.

“Secondo rapporti della China Leather Industry Association, nel 2014 la Cina ha prodotto 60 milioni di pellicce di visone, 13 milioni di pellicce di volpe e 14 milioni di pellicce di cane procione. La Cina è oggi uno dei maggiori Paesi esportatori di prodotti di pellicceria, ma allo stesso tempo è anche un importante acquirente di pellicce di visone e di volpe, in particolare dai Paesi Nordici”¹²².

L’industria cinese delle pellicce, probabilmente, non sa-

1.5.3 Mercati ed allevamenti.

Sono molti i centri di commercio della pelliccia presenti sul territorio cinese: la Provincia di Shandong, situata a NordEst del Paese, più a Nord la Provincia di Heilongjiang e la Provincia di Jilin, gestiscono principalmente allevamenti di volpe. “Uno dei maggiori centri di commercio della pelliccia in Cina è la Provincia di Hebei, che oltre a gestire allevamenti di animali da pelliccia, funziona come uno dei perni principali del Paese per i mercati all’ingrosso. La Contea di Li e Shan Cuen della Contea di Su Lian, situati entrambi nella Provincia di Hebei, sono i più grandi mercati all’ingrosso e dettaglianti in Cina”¹²³; Il mercato a Shan Cuen è specializzato in pellicce di visoni, volpi, conigli Rex e cani procione, collettivamente conosciute come “pelliccia pregiata”. Sono presenti anche allevamenti più piccoli, spesso gestiti commercialmente a livello familiare; gli allevamenti di dimensioni medie impiegano tra i dieci ed i quindici operai, mentre quelli di dimensioni più grandi ne impiegano da cinquanta a parecchie centinaia. Le Province di Heilongjiang e di Shandong, sono le più grandi ed efficienti della Cina, per quanto riguarda l’allevamento ed il relativo commercio della pelliccia: in queste province i mercati ed i relativi allevamenti 120 White paper on the status of the Chinese fur industry by the State Forestry Administration, People’s Republic of China, 2009.

121 Finnish Fur Breeder’s Association, Annual Calendar 2002/2003.

122 Karhula, Latukka e Rekilä, L’economia e l’importanza degli allevamenti di pellicce e le prospettive per il futuro in Finlandia, Helsinki, Editoriale sulla rivista fur Economy, 2010, p.3.

123 China Livestock Products Circulation Association, China Fur Information Website http://www.fur. com.cn/wsff/bottom.htm.

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agiscono come imprese multifunzionali, comprendendo l’allevamento e l’abbattimento degli animali, la lavorazione delle pellicce e, si occupano dell’esportazione verso altri Paesi.

Nella Provincia di Hebei, molti allevamenti di volpe hanno aperto negozi nelle città e nei paesi vicini: la maggior parte di questi allevamenti vengono gestiti da individui privati. Gli allevamenti più piccoli invece, si concentrano principalmente sull’allevamento, per poi vendere le volpi ancora vive per l’abbattimento. Le pellicce vengono poi vendute ai commercianti di pelliccia ed ai conciatori per la lavorazione.

sono false e prive di fondamento scientifico. Sono animali timidi e temono gli uomini così come gli altri animali, di conseguenza le loro sofferenze mentali ed emotive sono aggravate in un ambiente di allevamento intensivo.

viene predisposta una piattaforma elevata per il riposo, comunemente realizzata in rete metallica ed un oggetto, ad esempio un blocco di legno) da poter rosicchiare. Un gran numero di gabbie vengono utilizzate per massimizzare il numero di animali che possono così essere allevati in un determinato spazio. “Il metodo più frequente di manipolazione di volpi adulte è quello di afferrare il collo con un paio di pinze metalliche e poi afferrarle per la coda”¹²⁹. “Le pinze utilizzate sono in acciaio, lunghe circa 50 centimetri, con una maniglia per aprire e chiudere le ganasce arrotondate che di solito hanno un diametro di 7,5 centimetri per le femmine e 8,5 centimetri per i maschi”¹³⁰. “Si possono verificare lesioni ai denti degli animali quando questi mordono le pinze per resistere alla presa”¹³¹. “Le pinze da collo continuano ad essere sempre utilizzate negli allevamenti da pelliccia, nonostante la dichiarazione nelle Raccomandazioni del Consiglio d’Europa ne vieti l’utilizzo”¹³²: [“Si deve evitare l’utilizzo abituale delle pinze da collo per la cattura delle volpi”].

1.6.1 Gli allevamenti delle volpi in Finlandia “Le volpi d’allevamento sono alloggiate in capannoni chiusi oppure aperti ai lati, che di norma reggono due file di gabbie, ma in alcuni casi fino a otto file di gabbie metalliche sollevate a 60-100 centimetri dal suolo”¹²⁸. Le gabbie sono generalmente spoglie eccetto che per l’inserimento temporaneo di un nido per una volpe con un piccolo e, spesso,

1.6 Dentro gli allevamenti di volpi “SAGA” “La maggior parte degli animali utilizzati per la produzione di pellicce vengono cresciuti in cattività in allevamenti intensivi”¹²⁴: “da qui proviene l’85% delle pellicce utilizzate dall’industria della pellicceria”¹²⁵. Questi allevamenti possono contenere migliaia di animali e le pratiche qui utilizzate nella gestione, sono notevolmente uniformi in tutto il mondo: “in tutti gli allevamenti di animali da pelliccia, i metodi utilizzati sono stati progettati per massimizzare i profitti, sempre a spese della salute e del benessere degli animali, considerati e trattati come fossero oggetti di produzione invece che esseri viventi”¹²⁶. Si tratta di strutture che in molti casi è già complicato definire tali: “sono realtà fatiscenti, costituite da centinaia di minuscole gabbie in cui vengono costretti a vivere per tutta la loro vita gli animali”¹²⁷ In Finlandia la specie più allevata è la volpe: in particolare, le specie di volpi allevate per la produzione di pellicce sono: la Volpe Artica bianca (Vulpes Lagopus), la Volpe Artica (Alopex Lagopus), la Volpe Argentata (Silver Fox) e la Volpe Rossa (Vulpes Vulpes). Le volpi non possono essere addomesticate, bensì sono animali selvatici che mantengono tutti i loro istinti e bisogni selvatici, all’interno delle gabbie in cui vengono costrette a vivere. Affermare che la loro natura sia cambiata o che i bisogni comportamentali siano stati modificati dall’allevamento in cattività per alcune generazioni

1.6.1.1 Indagini negli allevamenti finlandesi In Finlandia, l’organizzazione finlandese per i diritti degli animali “Oikeutta Eläimille”, ha rilasciato materiale dal 2010 al 2013 sulle condizioni degli animali in più di 100 aziende di allevamenti: • Nel 2010: 30 aziende • Nel 2011: 83 aziende • Nel 2013: 13 aziende, di cui 10 allevamenti sono stati filmati tra il 2011 ed il 2012.

In totale il gruppo Oikeutta Eläimille, ha filmato oltre il 10% degli allevamenti di pellicce fin-

124 https://www.animal-ethics.org/gli-allevamenti-di-animali-da-pelliccia/ 125 http://www.businessoffur.com/it/informazioni-sulle-pellicce/il-settore-industriale-delle-pellicce/ 126 https://www.peta.org/issues/animals-used-for-clothing/fur/ 127 https://www.agenpress.it/2018/01/13/mercato-delle-pellicce-numeri-tendenza-non-puo-piu-andare-moda/

Relazione di Animal Defenders International (ADI) in collaborazione con il gruppo di attivisti finlandesi Oikeutta Eläimille: “Un prodotto insanguinato – Il vero costo della pelliccia”.

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128 http://ec.europa.eu/food/animal/welfare/international/out67_en.pdf 129 SCAHAW (2001), The Welfare of Animals Kept for Fur Production, Report of the Scientific Committee on Animal Health and Animal Welfare adopted on 12-13 December 2001.

130 Ibidem SCAHAW (2001), The Welfare of..., cit.

131 Ibidem SCAHAW (2001), The Welfare of..., cit.

132 Council of Europe, Recommendation Concerning Fur Animals, adopted by the Standing Committee of the European Convention for the Protection of Animals kept for Farming Purposes on 22 June, 1999.

(Foto in alto) Allevamento finlandese a Malax, fotografato nel 2019.

(Foto al centro) Allevamento situato a Närpes in Finlandia, fotografato nel 2018.

(Foto in basso) Allevamento situato a Pedersöre, comune finlandese, fotografato nel 2014.

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1.6.1.2 Problemi di benessere negli allevamenti finlandesi

landesi. Secondo l’organizzazione, oltre il 30% degli allevamenti esaminati nel corso del 2010 sono stati certificati, dichiarando: [“In realtà, le aziende certificate presentano esattamente gli stessi problemi di quelle non certificate; a volte, anche problemi peggiori”]. Nella stessa indagine, gli allevamenti di pellicce appartenenti a tre figure chiave dell’industria finlandese della pelliccia, erano tra quelli esaminati e gli animali in cattive condizioni sono stati trovati in queste aziende. I risultati comprendevano animali con grandi ferite alla testa, gravi infezioni e lesioni alle zampe. “Nel 2010, Oikeutta Eläimille ha collaborato con il gruppo internazionale per la difesa dei diritti animali Animal Defenders International (ADI), il quale ha rilasciato la relazione “Bloody Harvest – the real cost of fur”, in merito ad indagini effettuate sotto copertura, sull’industria intensiva delle pellicce in Finlandia: questa rivela le condizioni e le sofferenze terribili degli animali da pelliccia in 30 allevamenti finlandesi”¹³³. Questi allevamenti, di proprietà dell’attuale presidente del consiglio di amministrazione dell’azienda Saga Furs, nonché vicepresidente dell’Associazione Finlandese degli allevatori di pellicce e uno dei proprietari privati di Saga Furs Oyj, in seguito all’esposizione mediatica del rapporto, sono stati inizialmente ispezionati dagli allevatori finlandesi. Successivamente, il veterinario dell’associazione degli allevatori ha ispezionato 28 dei 30 allevamenti di pellicce ed in sei di essi ha riscontrato carenze in materia di benessere degli animali. Tre delle aziende hanno ricevuto la revoca della certificazione di allevamento responsabile, perdendo tutti gli sconti a cui avrebbero avuto diritto sulle commissioni applicate dalla società d’asta Finnish Fur Sales (F FS), con conseguenti perdite di migliaia di euro.

Le indagini condotte dal gruppo “ADI”¹³⁴ in collaborazione con l’associazione finlandese Oikeutta Eläimille, hanno documentato le condizioni terribili in cui riversavano gli animali presenti nei 30 allevamenti finlandesi, tramite filmati e fotografie sconcertanti.

Nella relazione rilasciata, sono illustrati i gravi problemi di salute degli animali, di visoni ma soprattutto volpi, quali: malattie, deformità, mutilazioni e cannibalismo, tutti problemi dovuti a sistemi di alloggiamento non adeguati e soprattutto trascurati dagli operatori degli allevamenti. I problemi di salute sono infatti direttamente collegati alle gabbie in cui gli animali sono costretti a vivere: “le indagini effettuate sotto copertura hanno rivelato gabbie fatiscenti, con pavimentazioni e pareti fatte di reti metalliche, sulle quali gli animali faticano a poggiare le zampe e a camminare; i ripiani per le volpi, dove presenti, spesso crollati e la rete metallica rotta, sporgente

Allevamento di Pedersöre, 2014: le gabbie per gli animali sono ricoperte di sporcizia, segno di totale assenza di manutenzione da parte degli allevatori.

133 http://www.ad-international.org/fur/go.php?id=2641&ssi=19 134 http://www.ad-international.org/fur/go.php?id=2640&ssi=19

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e arrugginita”¹³⁵. Inoltre, le documentazioni rilasciate mostrano sistemi di erogazione dell’acqua vuoti o rotti, di conseguenza contenitori per l’acqua vuoti, sporchi ed in alcuni casi addirittura rotti, con pezzi sparsi dentro le gabbie; altri ancora pieni d’acqua contaminata da alghe e pelo. Queste condizioni indicano chiaramente che gli animali non vengono controllati, sono quindi trascurati dagli allevatori che dovrebbero occuparsi quoEsemplare di volpe rossa sul ripiano rialzato, costretta a stare in una gabbia strettidianamente di ciò che actissima dove a stento riesce a muoversi e a cade all’interno degli allesollevarsi. vamenti. È stato notato che le volpi sono sempre tenute in gabbie troppo piccole, sterili e trascurate, senza alcun elemento aggiuntivo se non, dove presente, un pezzo di legno o un osso buco vuoto; molte delle gabbie riprese sono ricoperte di pelo, feci e sporciEsempi di fornitura d’acqua inadeguata: zia, alcune con parti della a sinistra l’abbeveratoio contiene acqua rete rotte e danneggiate sporca e contaminata da alghe; a destra è invece completamente vuoto e ricoperto di con punte taglienti e sporsporcizia. genti, costituendo una possibile causa di ferite per gli animali. Inoltre, lo stato di cattività in gabbie così piccole, causa danni fisici agli animali molto gravi: osservazioni e registrazioni comprendono animali con fauci evidentemente deformate, incapaci di chiuderEsempi di “arricchimento ambientale”. Secondo i le; occhi infetti e lacrimaprotocolli Welfur è sufficiente riporre un pezzo di legno all’interno delle gabbie per giovare alla salute zione, spesso fino al punto degli animali: a sinistra una volpe adulta immobile, a destra cuccioli di volpe all’interno di una che non è chiaro se l’occhio

Esemplare di volpe argentata rinchiusa in una gabbia all’interno di un allevamento: il ripiano di rete metallica in questa gabbia angusta è piegato e rotto, una potenziale causa di lesione per l’animale.

dell’animale ci sia ancora. Alcuni animali sono ridotti in una condizione in cui le loro orecchie divengono avvizzite e deformi, al punto che alcuni animali sembrano non avere orecchie. “Le volpi presentano arti anormali e non riescono a restare sulle zampe sopra il pavimento a rete delle loro gabbie: invece di stare sulla punta delle zampe nella posizione cosiddetta “digitigrado”, tipica della loro natura, appoggiano il peso su tutta la pianta del piede”¹³⁶, posizione nota come “plantigrado”. Il problema della posizione degli arti è chiaramente dovuta al pavimento in rete metallica sul quale devono appoggiarsi per tutta la loro vita: le dimensioni dei fori della rete causano questa posizione atipica negli animali, che tentano di rendere più comodi i movimenti intorno alla gabbia. La re-

Esemplare di volpe artica filmato prima (foto a sinistra) e dopo 13 settimane (foto a destra): nel primo caso l’animale riportava segni di cattiva salute agli occhi ed alla bocca; nel secondo caso l’animale appariva in pessimo stato, con la testa inclinata (segno di un grave disturbo) la pelliccia macchiata intorno alla bocca ed orecchie avvizzite.

136 Nimon, A.J. and Broom, D.M., The welfare of farmed foxes Vulpes vulpes and Alopex lagopus in relation to housing and management: A review, Animal Welfare, 2001, pp. 223-248

gabbia piccolissima con un solo truciolato di legno.

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Alcune volpi sono affette da una crescita fuori dal normale delle gengive, una malattia chiamata “iperplasia gengivale”: questo problema è presente dagli anni Quaranta nelle volpi di allevamento, un disturbo alle gengive ereditario associato ad animali con pelliccia lunga e folta. La gengiva cresce fino alla corona dei denti e si ispessisce, causando danni ai legamenti ed alle ossa della mascella: se riscontrato, tale problema dovrebbe essere immediatamente risolto. Se non viene trattato, questo disturbo può portare ad allargamenti del tessuto estremi: nei casi avanzati, l’animale affetto non può chiudere la bocca senza evitare di masticare il tessuto in esubero. Anche prima che ciò accada, masticare il cibo o altro può causare traumi ai lembi della gengiva: il risultato di questo trauma è inevitabilmente il dolore.

Gli esemplari fotografati con un’estensione del tessuto gengivale estrema, al punto di impedire loro di chiudere la bocca, soffrono quindi di questo disturbo da un periodo di tempo considerevole. “Nelle fotografie dell’indagine”¹³⁹ sono presenti volpi prive

Le infezioni agli occhi sono ricorrenti negli allevamenti delle volpi Saga: a sinistra un esemplare di volpe argentata non riesce ad aprire l’occhio sinistro e quello destro è arrossato; a destra un esemplare di volpe con secrezioni dentro e intorno agli occhi.

lazione del comitato europeo “SCAHAW”¹³⁷, “conclude la sezione sul benessere delle volpi d’allevamento con le considerazioni seguenti”¹³⁸: [“In particolare, le gabbie impongono un ambiente fisico monotono, limitano l’esercizio fisico e comportamenti specifici della specie come scavare. Riguardo alla mancanza di esercizio fisico, le ossa degli arti sono significativamente più deboli rispetto a quelle delle volpi tenute in gabbie più grosse, in cui possono fare più movimento”]. Le volpi nelle gabbie sviluppano anche artigli lunghi, i quali possono causare notevoli problemi dato che possono incastrarsi nella rete della gabbia e rompersi, esponendo le volpi ad infezioni delle zampe le quali, hanno impatto sul benessere degli animali sia in termini funzionali che sensoriali. Molti animali presentano problemi ad uno od entrambi gli occhi: volpi con occhi opachi e le pupille tumefatte.

Queste condizioni possono peggiorare a causa della mancanza di igiene delle gabbie e a causa del fatto che gli animali hanno artigli eccessivamente lunghi, rendendo potenzialmente ancora più grave Infezioni alle orecchie: a sinistra una volpe con un orecchio l’irritazione se si tumefatto; a destra un altro esemplare in cui risulta difficile sfregano gli occhi. capire se l’orecchio ci sia ancora..

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Infezioni alle orecchie: a sinistra una volpe con un orecchio tumefatto; a destra un altro esemplare in cui risulta difficile capire se l’orecchio ci sia ancora..

Artigli anomali: le zampe di queste volpe presentano artigli troppo lunghi ed alcuni inevitabilmente spezzati, a causa dei fori nella pavimentazione metallica.

Esempio di moncone esposto in seguito alla perdita della coda.

Esempio di postura anormale dovuta alle condizioni di restrizione fisica: questa volpe ha la schiena incurvata e le zampe in una posizione atipica detta plantigrado, segno di distorsione degli arti.

Esempio di moncone esposto in seguito alla perdita della coda.

di coda, con monconi sanguinanti, aperti e sporgenti; animali con ferite aperte sul collo e in altre zone del corpo, nonché animali morti ed in parte mangiati dagli altri compagni di gabbia; cuccioli lesionati o addirittura uccisi dalle madri. Date le circostanze in cui si trovano gli animali in tali allevamenti, è inevitabile che questi soffrano terribilmente: la restrizione degli spazi, le gabbie di rete metallica prive di spazi riservati, la pavimentazione in rete metallica con fori troppo larghi per le zampe, l’insufficienza e/o la mancanza di elementi aggiuntivi che ricordino l’habitat naturale, non permettono agli animali di esprimere il loro comportamento naturale. I danni fisici, mentali e comportamentali sono anch’essi conseguenze inevitabili, soprattutto data l’incuria degli allevatori, i quali non tengono minimamen-

Segni di cannibalismo dovuti al sovraffollamento nelle gabbie: a sinistra una volpe argentata presenta una ferita aperta sotto il collo; a destra, un esemplare di volpe artica ha una ferita con pelle esposta e la pelliccia intorno completamente rovinata.

te in considerazione la salute degli animali, ma mirano solo ai loro interessi personali ed economici, così come i proprietari delle aziende per cui lavorano.

1.6.1.3 Volpi geneticamente modificate Il gruppo Oikeutta Eläimille ha rivelato nuovamente l’orrore dell’allevamento di animali da pelliccia in Finlandia nella sua ultima indagine investigativa, mostrando cosa si nasconde dietro le pellicce dei Brand di moda internazionali.

“Le nuove immagini che mostrano condizioni spaventose e animali gravemente feriti e in difficoltà mentale, sono state scattate durante l’estate e l’autunno 2019”¹⁴⁰. Quest’ultima inchiesta dimostra che l’industria della pellicceria non è mai stata disposta a migliorare le condizioni degli animali nelle sue aziende. A seguito dell’indagine dell’associazione finlandese per la protezione degli animali, sono state pubblicate immagini scioccanti delle terribili condizioni delle volpi artiche, in varie aziende dei 900 allevamenti di pelliccia del Paese. Le immagini e la relativa inchiesta pubblicate dall’associazione finlandese, hanno svelato che l’industria finlandese della pelliccia si avvale addirittura di stratagemmi scientifici pur di massimizzare i suoi profitti. Il servizio fotografico è stato effettuato in vari allevamenti finlandesi presenti sul Territorio: “per ottenere una maggior quantità di pelliccia da ogni singola volpe, le aziende hanno creato

137 SCAHAW è l’acronimo di Comitato scientifico per la salute e il benessere degli animali (Unione Europea), è stato istituito nel 1997 (decisione 97/579/CE della Commissione) con il mandato di consigliare la Commissione su questioni relative alla salute e al benessere degli animali. Il comitato è composto da due sottocomitati, uno per la salute degli animali e l’altro per il benessere degli animali.

138 SCAHAW (2001), The Welfare of Animals Kept for Fur Production, Report of the Scientific Committee on Animal Health and Animal Welfare adopted on 12-13 December 2001. http://ec.europa.eu/food/ animal/welfare/international/out67_en.pdf 139 https://www.flickr.com/photos/oikeuttaelaimille/

140 https://oikeuttaelaimille.fi/horrors-fur-farming-revealed-again

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zare la produzione di pellicce, di cui la Finlandia è attualmente uno dei maggiori produttori a livello internazionale.

Nonostante in questo Paese esistano leggi che vietano l’allevamento selettivo che provochi sofferenza agli animali, queste continuano tutt’ora a non essere rispettate. L’opinione pubblica inorridisce di fronte a questa realtà, ma una vera cultura dell’acquisto non è ancora stata sviluppata e i governi non sono disposti ad opporsi in maniera netta ai produttori di abbigliamento, in particolar modo ai marchi di lusso.

La pelliccia strabordante rende difficoltosa anche la vista, causando evidenti problemi agli occhi di questa volpe.

delle volpi geneticamente modificate”¹⁴¹, dotate di un manto innaturalmente abbondante. Le volpi artiche sono state selezionate e fatte accoppiare in maniera da accrescere la produzione della loro pelliccia: questi animali hanno strati di pelo superfluo e il loro peso gli rende difficile camminare o addirittura muoversi. Le modificazioni genetiche, derivanti da decenni di accoppiamenti selettivi, portano con sé altre conseguenze, come i problemi alla vista e la deformazione degli arti. “Kristo Murimaa, un portavoce di Oikeutta Eläimille, ha così spiegato i problemi di salute causati da questa eccessiva quantità di pelo”¹⁴²: [“Il primo problema riguarda le loro zampe: queste non sembrano fatte per sopportare tutto quel peso. In natura, la volpe artica pesa circa 4 kg, mentre questi animali superano i 20 kg. Schiacciate da questo peso, le loro zampe si deformano, creandogli difficoltà nei movimenti.”] Tutto ciò, al solo scopo di massimiz-

Mostri genetici: due esemplari di volpi con pelliccia in eccesso dovuta a grasso corporeo superiore al normale, causando difficoltà nel movimento.

141 https://www.curioctopus.it/read/14467/volpi-geneticamente-modificate:-svelata-un-orribile-verita-dietro-il-mercato-delle-pellicce 142 https://www.holidogtimes.com/it/questi-allevatori-creano-dei-mostri-per-vendere-piu-pellicce-e-nessuno-ne-parla/

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1.6.1.4 Pellicce SAGA FURS e marchi di moda Le volpi fotografate nelle indagini, condotte dai gruppi di interesse per gli animali, provengono tutte da allevamenti certificati Saga Furs: l’azienda fornisce le pellicce di volpe a grandi marchi di moda tra i quali Woolrich, Moncler, Loro Piana e Max Mara. “La stessa certificazione è riportata sull’etichetta di ogni capo d’abbigliamento venduto, con inserti di pellicce provenienti da allevamenti Saga, nelle boutique dei negozi di lusso”¹⁴³. Le aziende di moda acquistano le pellicce (già trattate, lavorate e tinte) da pellicciai i quali, a loro volta, le acquistano ad Helsinki, dove vengono vendute nelle aste pubbliche. Le aziende di moda si affidano al marchio Saga proprio per la certificazione di ogni pelliccia, ignorando che tale sistema si basa su protocolli Welfur che non rispettano le effettive esigenze degli animali. Secondo Kristo Murimaa, la società che deve rilasciare la certificazione agli allevamenti, è posseduta dagli stessi allevatori: in questo modo, tramite la certificazione dell’eticità delle pellicce, risulta che gli animali vengono trattati con rispetto, quando in realtà non è così. I marchi di lusso che acquistano pellicce Saga, hanno validi interessi economici per credere alle dichiarazioni dell’azienda Saga Furs, continuando ad utilizzare pellicce di animali che non possono certo essere definite etiche. Queste vengono acquistate soprattutto come bordure come ornamenti sotto forma di polsi, colli e cappucci per giacche e cappot-

Logo dell’Associazione finlandese ProFur.

Dall’inchiesta “L’etichetta” trasmessa da Report il 25 marzo 2019: Associazione Nazionale Finlandese che riunisce gli allevatori di “animali da pelliccia”.

L’associazione degli allevatori è il socio di maggioranza di Saga Furs, con il 73% delle azioni: l’industria della pelliccia certifica sé stessa.

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ti delle collezioni invernali, a prezzi stracciati. Di seguito alcuni esempi: i bordi Moncler in pelliccia, vengono acquistati dai pellicciai al prezzo di €31-35, rivenduti poi ai consumatori ad un prezzo che varia tra i €300 e i €500 euro; Loro Piana compra bordure in pelliccia di volpe Saga a €38, Max Mara invece compra bordure in pelliccia a €28 rivendendole ai consumatori rispettivamente a €235 per i polsi e €245 per i colli. Tutto ciò è emerso da una recente inchiesta realizzata da Emanuele Bellano di Report, programma televisivo italiano; il giornalista, dopo aver scoperto che le pellicce vendute all’asta, acquistate dai più lussuosi marchi di moda e rivendute ad un prezzo dieci volte maggiore, ha poi tentato di intervistare l’azienda Saga Furs. Tuttavia, l’azienda ha rifiutato di essere intervistata e si è difesa dicendo che non tutti i 900 allevamenti certificati sono come quelli visti nelle indagini. Il motivo per cui tutti gli allevamenti indagati hanno acquisito la certificazione, nonostante le condizioni terribili in cui si trovano gli animali, è che il socio di maggioranza di Saga Furs (con il 73% delle azioni) è ProFur, l’associazione nazionale finlandese che riunisce gli allevatori di pelliccia: di fatto, gli allevatori si certificano da soli. Le aziende produttrici di pellicce, Saga Furs in questione, tutelano i loro interessi economici a scapito della vita di milioni di animali: le aziende di moda non acquisterebbero pellicce Saga, se queste non venissero certificate.

143 https://www.msn.com/it-it/video/fun/letichetta-25-03-2019/ vi-BBVdGUD

1.6.2 Indagini negli allevamenti cinesi “Tra il 2004 ed il 2005, l’Associazione Svizzera per la Protezione Animale (PSA) si è unita ad altre associazioni internazionali di tutela e benessere animale e, in collaborazione con colleghi asiatici, i quali hanno effettuato video riprese nascoste, all’interno di vari allevamenti sparsi nelle province del Paese, per documentare le condizioni degli animali”¹⁴⁴; ha rivelato così la terribile realtà e mostrato al mondo i risultati delle ricerche compiute: l’orrore indicibile sulla detenzione da incubo degli animali e sui metodi di uccisione usati negli allevamenti orientali. “Le specie animali allevate per la loro pelliccia in Cina sono principalmente volpi rosse ed artiche (quest’ultime spesso importate dalla Finlandia per la qualità della pelliccia), visoni e cani procione (Murmasky). Le indagini effettuate si concentrano principalmente nella Provincia di Hebei, uno dei maggiori centri di commercio della pelliccia in Cina”¹⁴⁵. La Cina non ha disposizioni legali per il benessere degli animali d’allevamento, di conseguenza le condizioni in cui vengono tenuti gli animali non sono molto diverse da

Due esemplari di cane procione rinchiusi nelle gabbie di un allevamento.

Mercato cinese delle pellicce nella città di Shandong, Cina 2014.

quelle in cui si trovano gli animali d’allevamento finlandesi o norvegesi, anzi, la situazione peggiora in mancanza di normative che regolino i metodi di abbattimento. I metodi utilizzati per uccidere gli animali non prevedono soltanto l’elettrocuzione per le volpi ed il gas per i visoni: in Cina gli animali vengono picchiati, bastonati ed anche scuoiati vivi.

A dispetto dei più elementari standard del benessere animale, i milioni di esseri viventi da pelliccia prigionieri negli allevamenti, sono reclusi nelle stesse gabbie di rete metallica strette, tipiche degli altri Paesi produttori di pellicce. Dalle indagini effettuate è emerso che l’industria della pelliccia in Cina, sottopone quotidianamente gli animali a pratiche inaccettabili da una prospettiva veterinaria, di protezione degli animali e morale. In tutti gli allevamenti, mercati e macelli visitati, gli investigatori hanno ripreso animali maneggiati violentemente, confinati in piccole gabbie metalliche messe in fila, che mostrano segni di estrema ansietà e comportamenti patologici. Altri indicatori di cattivo benessere negli

animali osservati all’interno delle gabbie, includono alta mortalità dei cuccioli, auto mutilazioni e infanticidio. Anche le procedure di macellazione riprese sono brutali: milioni di animali forzati a subire una morte lenta, violenta, inconcepibilmente dolorosa. In Cina i metodi di macellazione utilizzati per gli animali allevati, implicano maneggiamento estremamente violento, intontimento, tentativi di stordimento con ripetuti colpi alla testa o ripetuto sbattimento della testa contro terra. Gli investigatori hanno ripreso animali trattati in questo modo, lasciati per terra accatastati uno sopra l’altro, i quali in preda a convulsioni cercano di trascinarsi per terra: a questo punto si vedono alcuni operai camminare sopra la testa o il collo degli animali, per strangolarli o tenerli giù. Gli operai ripresi nelle scene, non si accertano se gli animali siano effettivamente morti prima di procedere alla scuoiatura: in alcuni casi gli animali riacquistano coscienza mentre la loro pelle viene recisa e la pelliccia completamente rimossa dal corpo; così, per stordirli nuovamente, gli operai utilizzano il manico del loro coltello per battere ripetutamente la testa degli animali, fino a renderli incapaci di muoversi. Disperati e dimenati nell’agonia, gli animali ancora coscienti durante la procedura provano disperatamente a difendersi,

144 Hsieh-Yi, Yi-Chiao, Yu Fu, B. Maas, Morire per la pelliccia - Un rapporto sull´industria delle pellicce in Cina, Zurigo, EAST International/Protezione Svizzera degli Animali PSA, Mark Rissi, 2005, p. 1 145 Hsieh-Yi, Yi-Chiao, Yu Fu, Mark Rissi and Barbara Maas, Rapporto sull’industria cinese della pelliccia, Zurigo Care for the Wild International in collaboration with Swiss Animal Protection and EAST International, 2005. Traduzione di Fun Fur? A report on the Chinese fur industry.

La campagna dell’associazione italiana Animal Equality in seguito alle investigazioni condotte nei mercati cinesi degli animali da pelliccia: in primo piano la fotografia di un cane procione rinchiuso in gabbia.

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anche quando la loro pelle non c’è più. Gli investigatori hanno ripreso anche ciò che succede subito dopo: gli animali non muoiono subito, infatti, la respirazione, il battimento del cuore, i movimenti del corpo e delle palpebre sono evidenti dai 5 ai 10 minuti. “Nel 2014, un’altra associazione per la difesa dei diritti animali, Animal Equality”¹⁴⁶, “ha diffuso foto e video di un’investigazione sull’industria della pelliccia di cane procione e volpe, realizzata in due allevamenti ed in un mercato a Shandong, in Cina”¹⁴⁷. Il cane procione, insieme alla volpe, è uno degli animali più allevati in Cina, la cui pelliccia è destinata al mercato internazionale dell’abbigliamento: viene utilizzata soprattutto come bordura per i colli ed i polsi dei capi di vestiario. Gli investigatori di Animal Equality hanno filmato le tremende condizioni di vita di questi animali: hanno trascorso tre settimane osservando come i cani procioni e le volpi vengono trattati negli allevamenti e, presentandosi come possibili acquirenti, hanno avuto il permesso di filmare con una videocamera senza limitazioni. Hanno potuto così denunciare le condizioni orribili degli

Pellicce di cane procione pronte per essere vendute al mercato.

146 https://animalequality.it/?gclid=EAIaIQobChMI8rjHtKb25gIVieh3Ch3eeAtYEAAYASAAEgJpyPD_BwE 147 https://www.corriere.it/animali/14_novembre_17/scuoiati-vivi-la-pelliccia-cosi-cina-si-uccidono-cani-procione-d7b03d26-6e8d-11e4-8e96-e05d8d48a732.shtml

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allevamenti e, come questi animali vengono barbaramente torturati in assenza di norme che tutelino il loro benessere.

“Gli elementi principali emersi dall’investigazione sono i seguenti”¹⁴⁸:

nei Paesi Nordici dove invece sono state emanate delle legislazioni. Inoltre, quasi tutte le industrie nordiche di pellicce sono affiliate all’industria Saga Furs, la quale si considera superiore a qualsiasi altra azienda produttrice di pellicce, per la politica aziendale sul benessere animale, che è soltanto una mera strategia di marketing mirata al profitto economico, piuttosto che alla preoccupazione effettiva per il benessere e la salute degli animali nei suoi allevamenti “rigorosamente regolamentati”. “Le condizioni degli animali negli allevamenti cinesi non sono molto diverse dagli altri Paesi produttori di pellicce, in particolare nei Paesi Saga, dove sono stati riscontrati gli stessi problemi relativi alle condizioni di vita, alla salute ad al benessere degli animali”¹⁵². Le Raccomandazioni del Consiglio d’Europa 1999 hanno emanato chiare disposizioni in merito alle misure delle gabbie in cui gli animali devono essere tenuti: in entrambi i Paesi, Cina e Finlandia, è emerso dalle investigazioni che gli animali sono tenuti in gabbie che limitano seriamente i loro movimenti causando gravi problemi fisici e psicologici. “Secondo i rapporti sull’industria cinese delle pellicce, le volpi ed i cani procione negli allevamenti cinesi, dovrebbero essere tenuti in gabbie di circa 90 (L) X 70 (W) X 60 (H) centimetri, l’equivalente di 0,63m2 con ogni gabbia che ospita uno o due animali. Ciò significa che le gabbie, in Cina, hanno il 14% (10 cm) in meno di altezza inferiore, rispetto alle raccomandazioni del Consiglio d’Europa”¹⁵³. “Le investigazioni condotte nei mercati cinesi hanno portato alla luce il fatto che le gabbie non hanno alcun materiale di arricchimento o cassette di nidificazione, tranne quando gli animali hanno dei cuccioli”¹⁵⁴. “Lo stesso problema è stato riscontrato in Finlandia: gli unici materiali che gli animali hanno, negli allevamenti finlandesi, sono di solito rispettivamente un pezzo di legno per le volpi e della paglia per i visoni. Di fatto, le norme di certificazione non richiedono cassette di nidificazione o materiale di stimola-

• Cani procione rinchiusi in gabbie poco più grandi dei loro stessi corpi, tra cumuli di feci.

• Segni di malattia fisica e disturbi mentali in quasi tutti gli animali • Assenza di cure veterinarie • Cannibalismo a causa dello stress e del sovraffollamento.

Per ottenere la pelliccia, i lavoratori utilizzano due barre metalliche, una inserita nella bocca e l’altra nell’ano, collegate ad una batteria per automobili, per paralizzare gli animali tramite shock elettrico. Gli animali vengono poi scuoiati vivi. “Senza imposizioni legali riguardo il trattamento degli animali all’interno degli allevamenti, la Cina rende così più semplice i metodi di allevamento, abbattendo i costi di produzione e quindi i prezzi per le aziende che rivendono la pelliccia in Italia e altri Paesi”¹⁴⁹: la pelliccia di questi animali finisce nel mercato internazionale. Sono molte le aziende che commercializzano anche in Italia capi di abbigliamento aventi inseriti realizzati con la pelliccia di cani procione provenienti dalla Cina. “Leggendo le etichette è però difficile risalire a questa specie: nella maggior parte dei casi, infatti, viene identificata come asiatic raccoon, murmasky o semplicemente raccoon”¹⁵⁰.

1.6.3 Allevamenti cinesi VS allevamenti SAGA FURS “La Federazione Internazionale delle pellicce (IFF) sostiene che l’allevamento di pelliccia è ben regolamentato ed opera secondo i più alti standard di cura, in materia di benessere animale”¹⁵¹ Ma, la realtà documentata dai vari gruppi di interesse per le condizioni degli animali d’allevamento in alcuni Paesi membri della Federazione, hanno dimostrato il contrario, non solo in Cina, dove una legislazione adeguata in materia di benessere animale è ancora carente, ma anche

148 https://www.animalieambiente.it/news/153276_animal_quality_mostra_la_sofferenza_dei_cani_ procione 149 https://www.quotidiano.net/animali/animali-cani-procione-cina-1.413891 150 https://www.animalieambiente.it/news/153276_animal_quality_mostra_la_sofferenza_dei_cani_ procione 151 http://www.wearefur.com/our-trade/ethics/animal-welfare 152 Balaram Deepashre, Su F. Pei, ActAsia for Animals, Changing China – Country status report within the political and social context, 2011https://www.actasia.org/wp-content/uploads/2018/05/China-policy-context-report.pdf 153 EAST International and Swiss Animal Protection, Dying for fur, report on the fur industry in China, 2007 (SAP) http://www.animal-protection.net/furtrade/more/fur_report.pdf 154 Ibidem http://www.animal-protection.net/furtrade/more/fur_report. pdf 155 Finnish act on the protection of fur animals, Standards of certification, Finland, 2011 www.finlex.fi

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zione supplementare negli allevamenti finlandesi”¹⁵⁵. Questi esempi dimostrano che, anche a livello dettagliato, gli allevamenti cinesi e quelli Saga non differiscono nelle condizioni base adottate per gli animali da pelliccia. Questo fa chiaramente riflettere, sul fatto che le aziende di moda si affidino principalmente all’azienda Saga Furs per il rifornimento di pellicce, in quanto certificate e quindi indiscutibilmente “etiche”, proprio per evitare che le forniture arrivino dalla Cina, sotto etichettature false.

realtà dei fatti. In particolare, gli stilisti devono assumersi la responsabilità per le sofferenze inutili causate dalla loro scelta di prodotto. Quanto meno, ogni stilista che desideri utilizzare pellicce, dovrebbe controllare le condizioni degli animali allevati e uccisi per il prodotto che desiderano. Non vi è giustificazione per accettare le rassicurazioni dell’industria a scatola chiusa: questo è un problema di responsabilità personale, lo stilista crea una domanda per un prodotto che causa sofferenze orribili e una morte atroce a milioni di animali.

1.6.4 SAGA FURS e marchi di moda: responsabilità aziendale

1.7 Moda italiana e pellicce: Simonetta Ravizza e le proteste degli animalisti

“Saga Furs sostiene di essere socialmente responsabile, garantendo il benessere degli animali nei suoi allevamenti”¹⁵⁶.

Tuttavia, gli standard di allevamento approvati dall’azienda sono stati criticati da ricercatori e veterinari, soprattutto all’interno dei Paesi Saga (Paesi Nordici) e, molti allevamenti sono stati messi al bando in numero crescente di Paesi. I sistemi di certificazione, di tracciabilità (STS) e l’origine assicurata (OA), non sono in grado di garantire gli standard di benessere animale e rimangono fondamentalmente, iniziative di marketing: servono a garantire il mantenimento del settore per far sì che le grandi aziende di moda, continuino a fare domanda di pellicce di “alta qualità” nella convinzione che queste, provengano da animali allevati secondo “elevati standard etici” e, che soltanto aziende come Saga Furs possono fornire alle aziende. Inoltre, la strategia di marketing di Saga Furs è stata smascherata dalle organizzazioni per i diritti degli animali, le quali hanno documentato le condizioni in cui gli animali vengono costretti a vivere all’interno degli allevamenti, dimostrando che la certificazione non esclude la mancanza del rispetto delle regolamentazioni. La tutela del benessere animale di cui l’azienda Saga si fa garante non esiste, in quanto il benessere degli animali allevati non viene tutelato dagli allevatori. Le menzogne di Saga Furs ricadono sulle aziende di moda che acquistano le pellicce dai fornitori, così la responsabilità dei danni inflitti agli animali ricade sugli stilisti che scelgono di utilizzare pellicce, credendo nell’affidabilità dell’azienda piuttosto che guardare alla

Nonostante le continue campagne di informazione sulla crudeltà che la produzione di pellicce comporta, vi sono ancora stilisti italiani di fama mondiale che non intendono rinunciare all’utilizzo di pellicce provenienti da animali di ogni specie nelle loro collezioni. Questo rifiuto è dovuto principalmente al legame storico che certi stilisti hanno con la loro concezione di pelliccia: “un capo icona, uno status symbol”, quella che per altri stilisti è una definizione ormai superata e antica, che non rispecchia lo stile di vita della società di oggi. La moda è lo specchio del tempo in cui viviamo, ma stilisti come Simonetta Ravizza e le sorelle Fendi sembrano aver accantonato

La stilista Simonetta Ravizza intervistata a proposito dell’utilizzo delle pellicce nelle sue collezioni.

156 http://www.sagafurs.com/wps/portal/sagafurs/company/responsibility/social_responsibility 157 https://it.wikipedia.org/wiki/Giuliano_Ravizza

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questo principio, in nome delle loro radici storiche, che per loro sarebbe un affronto non rispettare. E così continuano a progettare capi in pelliccia di tutti i tipi, dai mille colori e dai mille usi; una pelliccia reinterpretata, rinnovata e modernizzata: le loro collezioni sono composte da pellicce tradizionali, lunghe dalla testa fino ai piedi, ma anche da capi con guarnizioni di pelliccia lavorate in vari modi e tinte in vari colori. “Simonetta Ravizza è figlia dello storico fondatore della pellicceria “Annabella”, Giuliano Ravizza”¹⁵⁷, il quale ha fatto entrare la pelliccia nel mondo del prêt-à-porter, rendendola un lusso accessibile.

Il Brand di moda della figlia, è nato dall’azienda della famiglia ed in poco più di 20 anni Simonetta Ravizza ha trasformato la pelliccia in un capo versatile e moderno.

La stilista è forte sostenitrice delle pellicce, le quali costituiscono tutt’ora le fondamenta del suo lavoro artistico. Sulle passerelle di Simonetta Ravizza domina una nuova idea di pelliccia vissuta come lusso accessibile che diventa accessorio, anche attraverso piccoli pezzi, gilet, copri spalle, stole, piccoli colli da portare per personalizzare il proprio look. Tuttavia è una delle stiliste più criticata proprio per questa scelta: Simonetta Ravizza oggi non si pone scrupoli nell’ammettere il suo amore per le pellicce, nonostante le numerose contestazioni che da anni non mancano in occasione delle sue sfilate di moda. I movimenti per la difesa dei diritti animali, infatti, organizzano manifestazioni per protestare contro il maltrattamento degli animali e l’uccisione di animali per ricavarne pellicce, destinate a sfilare sulle passerelle di moda più importanti. Secondo Simonetta Ravizza “la moda della pelliccia non è destinata a finire: da che mondo è mondo ha sempre avuto il suo fascino”¹⁵⁸. “Durante la settima della moda di Milano, nel febbraio 2016, alcuni movimenti di attivisti hanno protestato a Milano in occasione della sfilata di moda di Simonetta Ravizza”¹⁵⁹. I manifestanti hanno esibito striscioni e cartelli con immagini di animali sacrificati per le loro pellicce e con la scritta “Simonetta Ravizza la tua moda uccide gli animali” e “Questa passerella gronda sangue”. “Ma la La sfilata della collezione Autunno Inverno 2016-17 Simonetta Ravizza contro cui hanno protestato i gruppi di attivisti per la difesa dei diritti animali, a febbraio 2016: in passerella la modella indossa un lungo cappotto aperto, in pelliccia di volpe rossa.

158 http://www.ilgiornale.it/news/cronache/figlia-fondatore-annabella-amo-pellicce-e-non-temo-1498256.html 159 http://www.milanotoday.it/cronaca/protesta-animalisti-simona-ravizza.html

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1.7.1 L’industria della pelliccia in Italia

stilista ha difeso così la sua azienda”¹⁶⁰: [“Io sono tranquilla. Gli animali che utilizziamo sono tutti di allevamento, con la convenzione di Washington. Come per tutte le cose si fa rispettando tutte le leggi, con tutte le tutele. In tutte le cose ci vuole il buon senso, rispettando la natura”]. “Ed ha affermato”¹⁶¹: [“Uso vere pellicce e non temo gli “animalisti”.

Oggi i giovani vogliono mischiare fra loro materiali diversi, non funzionano più le stole ma piccoli intarsi magari sui polsi o sui colli”]. “Anche il Brand Fendi è stato criticato in questa occasione, dato che la storica casa di moda mostra collezione dopo collezione di voler rimanere assolutamente fedele alla sua materia prima preferita”¹⁶²: “la pelliccia di visone, che sin dal 1925 ha guidato le creazioni delle sorelle Fendi”¹⁶³. Gli stilisti che sostengono l’uso delle pellicce rivendicano la libertà dei consumatori di vestirsi come meglio credono, questo solo per trarne i propri profitti. Non vogliono adeguarsi al cambiamento, ma soprattutto non vogliono ammettere che la società sta cambiando, che sempre più consumatori diventano sensibili riguardo al trattamento nei confronti degli animali sfruttati per le pellicce. Con ipocrisia continuano a rivendicare la loro politica aziendale, affermando che l’industria della pelliccia si attiene a standard di benessere animali adeguati, severamente regolamentati.

In coscienza del fatto che gli animali vengono comunque uccisi per ricavarne pellicce, queste sono comunque etiche perché provengono da animali che sono stati allevati, nutriti ed uccisi in maniera “etica”. Se credono o non credono veramente nella veridicità della propaganda dell’industria della pelliccia, questo passa in secondo piano: per questi stilisti uccidere animali e indossarne la pelliccia è giusto, è etico, ma soprattutto è moda, la pelliccia è moda. Nell’era tecnologica in cui viviamo, in cui sono stati creati moltissimi materiali altrettanto caldi senza bisogno di commettere atrocità sugli animali, uccidere animali per usufruire della loro pelliccia non è elegante e nemmeno chic, come l’industria della pelliccia vuole far credere; è altresì una crudeltà inutile.

In Italia è l’Associazione Italiana Pellicceria (AIP) a rappresentare a livello nazionale, gli interessi di tutta la filiera del settore pellicceria: “allevatori, conciatori, importatori e grossisti di pelli, artigiani, dettaglianti, confezionisti, stilisti, modellisti e lavoranti, agenti e rappresentanti, aziende specializzate nella pulitura e custodia, aziende produttrici di macchinari, attrezzature e accessori per la pellicceria”¹⁶⁴. Strutturata in dieci organizzazioni regionali e interregionali, l’Associazione Italiana Pellicceria aderisce alla IFF, la Federazione Internazionale della pellicceria di cui è socio fondatore, con sede a Londra. Roberto Scarpella da anni è amministratore delegato dell’AIP presso l’International Fur Federation (la Federazione Internazionale del settore), nella quale ha ricoperto anche il ruolo di Membro del Consiglio Direttivo. “Nel 1996, AIP ha costituito l’Ente Fieristico Mifur, il salone internazionale leader nel mondo per la moda di settore”¹⁶⁵. La storia di Mifur è recente e strettamente legata allo sviluppo della pellic-

160 https://www.fortementein.com/2016/02/24/simonetta-ravizza-scalda-gli-animi-animalisti-con-la-sua-strage-degli-innocenti/ 161 http://www.ilgiornale.it/news/cronache/figlia-fondatore-annabella-amo-pellicce-e-non-temo-1498256.html 162 https://it.fashionnetwork.com/news/Fendi-sventola-il-vessillo-dei-pro-pellicce-nella-collezione-grandi-tasche-,1016086.html 163 https://www.fendi.com/it/fendi-roma/craftsmanship/fur-atelier 164 https://www.aip.it/chi-siamo 165 http://www.mifur.com/?id=MzAtei16LUlUQSAg

Logo ufficiale dell’associazione AIP.

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varne pellicce destinate all’abbigliamento; nonostante le proteste durante le settimane della moda di Milano, da parte di varie associazioni per la difesa dei diritti degli animali, molti stilisti italiani ancora introducono pellicce nelle loro collezioni. “Il presidente di AIP Roberto Scarpella si è espresso al riguardo, affermando”¹⁶⁶: [“Molti video o immagini sono stati creati ad hoc proprio per avere un effetto scioccante. L’uccisione dell’animale rappresenta di certo l’aspetto più cruento, ma ogni buon allevatore sa che è proprio questa la fase in cui deve dimostrare la sua vera professionalità per renderla il più indolore possibile. Non ha proprio senso usare violenza gratuita per la soppressione dell’animale. Questo non toglie che vi possano essere casi di imbecillità comportamentale: per combattere questi casi estremi sia l’Associazione Internazionale della Pellicceria (IFF) sia quella italiana (AIP) stanno facendo molto per un controllo sempre più attento”].

Ente fieristico Mifur, Milano.

ceria: nel 1995 gli operatori del settore si sono rivolti alla loro associazione di categoria (AIP), per chiedere di organizzare una Fiera a Milano, che li rappresentasse come parte del sistema dedicato alla moda inverno.

Nel 2018 Mifur ha cambiato forma giuridica passando da Ente Fieristico a Mifur Srl. Nel grande salone arrivano potenziali clienti, importatori e produttori di pellicce da tutto il mondo: i pellicciai comprano le pellicce alle aste, le trattano, le colorano e poi le rivendono ad importanti stilisti italiani. Le pellicce animali più trattate e vendute al salone sono soprattutto quelle di visoni e volpi; i prodotti più richiesti sono applicazioni e decorazioni su giacche e cappotti. In Italia è la provincia di Vicenza patria della pellicceria italiana: qui sono trovano molte aziende fornitrici di pellicce per grandi marchi di moda. Le aziende trattano per lo più pellicce importate dalla Finlandia, in quanto ogni singolo lotto di pelliccia è certificato e tracciabile: i prodotti che le grandi aziende di moda richiedono. Ma anche in Italia, come in Finlandia, vengono allevati i visoni per rica-

1.7.2 Gli allevamenti di visone in italia

levamento a terra, il quale prevedeva anche pozze d’acqua per gli animali; tuttavia, sono state reintrodotte nel gennaio 2008, attraverso una circolare del Ministero della Salute”¹⁷⁰. “In Italia vi sono una ventina di allevamenti di visoni, la maggior parte situati in Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna”¹⁷¹.

Queste aziende di allevamenti sono nascoste nelle campagne, rinchiudendo in totale circa duecentomila animali. “La produzione annuale è stimata intorno a 160mila pellicce di visone: il numero di queste attività è drasticamente calato dagli anni Novanta, in cui circa 125 allevamenti erano segnalati alla Camera di Commercio e la produzione era arrivata a 400mila animali uccisi ogni anno”¹⁷². Le motivazioni sono da ritrovarsi in parte nella crisi del settore della pellicceria ed in parte nelle continue campagne di pressione, informazione e sensibilizzazione da parte di organizzazioni animaliste; un altro fattore determinante sono state le decine di liberazioni di animali compiute da attivisti anonimi.

La specie allevata in Italia per la produzione di pellicce è il visone. “L’allevamento di volpi per la produzione di pellicce non è più praticato dalla fine degli anni Ottanta, mentre l’ultimo allevamento di cincillà ha cessato l’attività nel 2012”¹⁶⁷. In Italia, l’attuale sistema di allevamento dei visoni (in piccole gabbie di rete metallica, senza possibilità di nuoto, ammassati in migliaia in un unico complesso) secondo i parametri WelFur, corrisponde alla “migliore pratica attuale”. Eppure è provato che queste condizioni di vita non sono in grado di soddisfare tutte le “Cinque Libertà”: nel 1965 il “Rapporto Brambell”¹⁶⁸, un’indagine sul benessere di animali tenuti in sistemi intensivi di allevamento, ha dichiarato che gli animali devono avere la libertà di potersi alzare, sdraiare e di girarsi e sgranchirsi gli arti. “Questa lista è stata successivamente sviluppata dal FAWC (Farm Animal Welfare Council), organo consultivo del Governo Britannico in materia di benessere degli animali d’allevamento, nelle Cinque Libertà”¹⁶⁹: • Libertà dalla fame e dalla sete, attraverso l’accesso diretto ad acqua fresca e ad una dieta che li mantenga in piena salute e vigore; • Libertà dal disagio, fornendo un ambiente adatto che comprenda un rifugio ed un’area dove riposare; • Libertà dal dolore, lesioni e malattie, attraverso la prevenzione, una rapida diagnosi e trattamento; • Libertà di agire secondo il proprio normale comportamento, fornendo lo spazio sufficiente, delle strutture adeguate e la compagnia di un proprio simile;

fotografia scattata dagli investigatori di Essere Animali: tre visoni rinchiusi in una gabbia all’interno di un allevamento italiano.

• Libertà dalla paura e dallo stress, assicurando loro condizioni e trattamento che evitano sofferenze mentali.

Roberto Scarpella, presidente di AIP, intervistato da Emanuele Bellano nel documentario “L’etichetta”, a proposito delle condizioni degli animali registrate in Finlandia negli allevamenti.

166 Federico Rocca, “Pelliccia: sì, no... forse”, 2017. http://style.cnlive.it/moda/news/2012/11/5/pelliccia-si--no----forse.aspx

70

167 Meo, Mumolo, Paruolo, Sconciaforni, De Franceschi, Barbati, Manfredini, Malaguti, Piva, Monari, Naldi, Divieto di allevamento di animali per la produzione di pellicce, Oggetto assembleare n. 4884, Emilia-Romagna Italia, Repubblica Italiana Regione Emilia-Romagna, 2013, p.1.

168 Brambell, F.W. Rogers, Report of the Technical Committee to Enquire into the Welfare of Animals kept under Intensive Livestock Husbandry Systems (the Brambell Report), London, UK, HMSO, 1965.

169 Il Comitato per il benessere degli animali da allevamento (FAWC) è un organo consultivo indipendente istituito dal governo della Gran Bretagna nel 2011. Ha sostituito il Consiglio per il benessere degli animali da allevamento che era un organo consultivo indipendente istituito nel 1979.

FAWC updates the Five Freedoms, Veterinary Record, 1992, p. 357.

170 https://www.visoniliberi.org/allevamenti_italia.htm 171 Ibidem https://www.visoniliberi.org/allevamenti_italia.htm 172 Ibidem https://www.visoniliberi.org/allevamenti_italia.htm

Si tratta di un parametro scientifico utilizzato a livello internazionale che consente di valutare se un animale conduce una “vita degna di essere vissuta”. “Le gabbie erano state abolite nel 2007, a favore dell’al-

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1.7.2.2 Prigionia e stress dei visoni

1.7.2.1 Le indagini di Essere Animali negli allevamenti italiani “La vita dei visoni negli allevamenti italiani, si svolge all’interno di gabbie disposte in file piuttosto lunghe, che va dai 50 ai 100 metri (in alcuni casi fino a dieci file)”¹⁷³. Sono una attaccata all’altra e di poche decine di centimetri quadrati, fatte di rete metallica, elevate sopra il livello del suolo ed aperte ai lati, cosicché la pelliccia sia protetta dal sole che tende ad arrossarla, ma rimanga esposta al vento così da renderla folta.

Le gabbie sono larghe 36 cm, profonde 70 cm. ed alte 45 cm.

L’unico contatto che possono permettersi con l’acqua è attraverso un beverino che ne rilascia poche gocce. All’interno della gabbia di metallo c’è una scatola di legno che dovrebbe dare all’animale l’illusione di un rifugio dove nascondersi.

Più esemplari sono costretti a convivere nella stessa gabbia e le conseguenze di questa condizione innaturale sono terribili: gli animali provocano lesioni al loro stesso corpo, nel tentativo di porre fine al supplizio della prigionia; aggrediscono e spesso uccidono i loro compagni. Il cibo è l’unico stimolo che interrompe per un attimo la monotonia della reclusione.

In presenza dell’allevatore cercano di nascondersi ma non hanno scampo. Il vero prezzo di una pelliccia non si valuta in denaro, ma in sofferenza, quella patita da tutti gli animali che devono essere uccisi per la loro pelliccia. “Nelle gabbie degli allevamenti si nasconde un mondo orribile, che Essere Animali ha potuto vedere e documentare in prima persona”¹⁷⁴. Per diciotto mesi, tramite attivisti infiltrati e l’utilizzo di telecamere nascoste piazzate dentro gli allevamenti,

Visoni bianchi rinchiusi nelle gabbie all’interno di un allevamento italiano.

l’organizzazione ha mostrato ciò che succede agli animali in queste aziende di produzione. “Il visone americano, è l’unico animale allevato in Italia per la produzione di pellicce”¹⁷⁵: nasce in cattività all’interno di gabbie in cui trascorrerà tutta la vita, ma la sua indole è selvatica. Infatti, sono stati progettati metodi di manipolazione e contenimento per i visoni per tutelare l’operatore dalle lesioni ed aumentare l’efficienza delle procedure di manipolazione. “I visoni sono generalmente trattati con guanti pesanti e vengono presi dalla gabbia con pinze di metallo”¹⁷⁶: “queste hanno una coppia di ganasce appiattite che vengono utilizzate per afferrare il visone appena dietro le zampe anteriori”¹⁷⁷. Il visone, infatti, ha paura dell’essere umano e tende a mordere o graffiare. “In quattro anni Essere Animali ha diffuso tre indagini che documentano le condizioni dei 180mila visoni ancora richiusi nei venti allevamenti rimasti attivi in Italia”¹⁷⁸. L’ultima indagine mostra ancora una volta la presenza di animali con lesioni e di cadaveri all’interno delle gabbie. Le immagini sono state diffuse sui quotidiani durante le settimane della moda di Milano, ma anche attraverso azioni dimostrative in strada e petizioni per affermare nuovamente il bisogno di una legge che introduca, nel nostro Paese, il divieto di allevamento di animali da pelliccia.

173 Arke, Hovland, Bakken, Braastad, Risk assessment concerning the welfare of animals kept for fur production. A report to the Norwegian Scientific Committee for Food Safety, 2008.

174 https://www.visoniliberi.org/una_vita_in_gabbia.htm 175 https://www.lifegate.it/persone/news/indagine-essere-animali-pellicce-visoni 176 SCAHAW (2001), The Welfare of Animals Kept for Fur Production, Report of the Scientific Committee on Animal Health and Animal Welfare adopted on 12-13 December 2001. http://ec.europa.eu/ food/animal/welfare/international/out67_en.pdf 177 Ibidem SCAHAW (2001), The Welfare of Animals..., cit.

178 https://www.lifegate.it/persone/news/indagine-essere-animali-pellicce-visoni

Allevamento di visoni in Italia.

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una condizione che colpisce i visoni chiamata “Alopecia psicogenica”: è causata da un’eccessiva auto-pulizia del pelo ed è “La vita in gabbia e lo stress portano molti di questi animastata collegata allo stress. “I visoni con chiazze di pelo rado o li a mostrare segni di cedimento psicologico, evidenziati dai assente, in particolare sulla coda, si trovano in ogni allevamencomportamenti stereotipati, documentati da Esseri Animali to. Osservando attentamente si nota che sono causate dal fatto con una telecamera nascosta che gli animali si succhiano o vicino alle gabbie”¹⁷⁹. “Tra le si mordono. La pelliccia sulla varie forme di stereotipia nei parte posteriore della schiena e visoni l’andirivieni, chiamato sulla coda, può essere più corta anche “andamento pendolare”, o anche completamente priva è il più comune”¹⁸⁰. Altri comdi pelo: chiaramente leccata e portamenti anomali sono la morsa fino alla rimozione del masticazione del pelo e la morpelo”¹⁸². “In seguito a malattie o sicatura della coda, scientificaferite molti animali agonizzano mente chiamata “caudofagia”: “Libertà dallo stress”: i visoni sono costretti a vivere in sovraffollamento all’interno di gabbie strette. o muoiono nelle gabbie. Essere gli animali succhiano o morAnimali ha documentato alledono sé stessi ripetutamente, vatori che prendono in mano i di solito sulla coda, ma spesso visoni tenendoli per la coda”¹⁸³, anche sulla schiena o sugli arti. li portano così per diversi meIn ogni allevamento ci sono vitri e addirittura li scrollano, soni con chiazze di pelo corto modalità che potrebbe causare o mancante soprattutto sulla serie lesioni alla loro spina dorcoda; alcuni visoni hanno notesale ed è una evidente forma volmente accorciato la propria di maltrattamento. Nel caso in coda masticandola. La vita a cui i visoni scappino dalle gabstretto contatto di animali che bie, vengono catturati con uno sono in natura solitari porta a strozzo e sollevati da terra con gravi casi di aggressioni e ferite. “Libertà dal dolore e dalle lesioni”: i visoni che presentano ferite dovrebbero essere immediatamente curati da quest’ultimo, praticamente imveterinari specializzati. A sinistra, un visone bianco presenta una ferita aperta sulla testa ed infetta; a destra In particolar modo nel periodo un altro visone presenta una grave infezione alla zampa. piccandoli. in cui i piccoli, tenuti fino a cinque in una gabbia, iniziano a 178 https://www.lifegate.it/persone/news/indagine-essere-animali-pellicce-visoni crescere, questi fenomeni sono 179 https://www.essereanimali.org/2015/02/pellicce-nuova-indagine-visoni-uccisi-nelle-camediffusi ed evidenti. Nelle “imre-a-gas/ 180 SCAHAW (2001), The Welfare of Animals magini”¹⁸¹ vi sono visoni con Kept for Fur Production, Report of the Scientific Committee on Animal Health and Animal ampie ferite alla testa, alla coda, Welfare adopted on 12-13 December 2001. http:// alle zampe: la vita di prigionia ec.europa.eu/food/animal/welfare/international/ out67_en.pdf porta alcuni animali stressati 181 https://www.flickr.com/photos/essereanimali/ albums/72157632728768338/ ad auto mutilarsi. Alcune delle 182 International Fur Federation, New production figures show the growth of the global fur trade, ferite riscontrate, alle zampe o International Fur Federation, 2015. http://www. wearefur.com/latest/news/new-production-figualla coda, possono essere derires-show-growth-global-fur-trade a sinistra) “Libertà dalla sete”: gli abbeveratoi nelle gabbie dei visoni sono minuscoli, non consentono vanti dallo stress e siano auto (Foto 183 https://www.essereanimali.org/2015/02/pelagli animali di bere a sufficienza. (Foto a destra) “Libertà dal disagio”: questa femmina di visone è costretta licce-nuova-indagine-visoni-uccisi-nelle-camespazio troppo piccolo con i suoi cuccioli appena nati; questa è un’evidente condizione di disagio perché inflitte. Uno studio ha descritto innonunoè consentito re-a-gas/ alla mamma lo spazio necessario per muoversi senza schiacciare i suoi piccoli.

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1.7.2.3 Uccisione dei visoni: la prima documentazione in Italia

1.8 Gli stilisti italiani che hanno detto stop alle pellicce

“L’uccisione dei visoni prevede l’utilizzo di gas, anidride carbonica o monossido di carbonio; la normativa europea prevede che i gas di scarico vengano filtrati e raffreddati, prima di essere utilizzati per uccidere i visoni”¹⁸⁴: tuttavia ciò non è sempre rispettato. Viene utilizzata un’unità mobile (un contenitore) la quale fornisce il gas: questa viene spostata lungo il capannone dell’allevamento e gli animali selezionati per essere uccisi, vengono rimossi dalla loro gabbia e collocati nel contenitore, uno dopo l’altro. “Tra i 30 e i 100 visoni possono essere immessi nello stesso contenitore contemporaneamente”¹⁸⁵. “Molti animali non muoiono istantaneamente: alcuni muoiono per lo stress dovuto al confinamento ed altri schiacciati dagli altri animali a causa del sovraffollamento”¹⁸⁶. In Italia per la prima volta Essere Animali è riuscita a documentare l’uccisione dei visoni in uno degli allevamenti presenti sul Territorio. L’uso dei gas di scarico è legale, ma la difficoltà di creare concentrazioni sufficienti e precise di CO2 rende questo metodo insicuro, lento e doloroso per gli animali. I visoni, animali semi-acquatici ed evoluti per trattenere a lungo il fiato, restano minuti dentro queste camere a gas prima di morire: i graffi all’interno delle pareti della camera a gas documentati, provano i loro disperati tentativi di liberarsi. All’apertura della camera a gas gli allevatori sono tenuti a controllare

Quello degli animali da pelliccia è il sistema di allevamento maggiormente controverso, anche perché ha indirizzato il settore produttivo delle pellicce verso la sola valutazione economica, a scapito degli animali e delle loro caratteristiche etologiche. Lo sfruttamento degli animali per la produzione di pellicce ha fatto nascere una forte opposizione nei consumatori ed in particolare nelle giovani generazioni, con un conseguente inevitabile crollo di questo mercato. Oggi sempre più aziende del settore dell’abbigliamento e della moda, stanno inserendo tra gli elementi di “Responsabilità Sociale d’Impresa” che contraddistingue le loro politiche aziendali, anche la questione del trattamento degli animali; sempre più aziende si pubblicizzano per non commercializzare pellicce animali e sempre più persone chiedono di vietare l’allevamento di animali per l’unico e principale scopo di produrre pellicce. Di fronte a consumatori sempre più sensibili al benessere degli animali, sempre più stilisti italiani stanno abbandonando la pelliccia, con un danno ingente per la filiera italiana della pellicceria, secondo la quale si tratterebbe più di “operazioni di marketing”¹⁸⁸. Giunti ad una nuova epoca nel mondo del Fashion System, molte Maison di moda non guardano più soltanto ai loro interessi economici, ma sono consapevoli del cambiamento in atto nella sensibilità dell’opinione pubblica, la quale incide anche sui fatturati e quindi sul piano economico delle loro aziende. Sono molti gli stilisti italiani che hanno fatto delle scelte consapevoli per salvare gli animali, abbandonando definitivamente l’utilizzo delle pellicce dalle loro collezioni: tra questi vi sono Giorgio Armani, Miuccia Prada, Donatella Versace ed anche John Galliano.

Giorgio Armani ha dichiarato l’abbandono totale delle pellicce animali nel 2016: una decisione saggia ed impor-

I graffi sulle pareti del contenitore dimostrano che i visoni non muoiono subito in seguito alla liberazione del gas all’interno dell’unità.

uno ad uno che i visoni siano morti. Le immagini ottenute in uno dei più importanti allevamenti di visoni in Italia, provano che questo non accade e gli animali vengono gettati in un rullo con della segatura senza accertarsene. Gli animali senza vita vengono scuoiati il giorno seguente l’uccisione: con un coltello si provoca una lacerazione tra le zampe posteriori e si sfila la pelliccia. La carcassa viene gettata via ed ammucchiata in fosse comuni o bruciata, mentre il pelo viene trattato per conservarlo, prima di essere inviato alle aste di tutto il mondo e divenire un prodotto dell’industria della moda. Mentre sempre più Paesi europei vietano questa pratica, in Italia continuano ad essere uccisi 160.000 visoni ogni anno. Con la campagna “160mila visoni da salvare”, il cui nome ricorda il numero degli animali uccisi ogni anno in Italia per diventare pellicce, l’associazione chiede da anni al Governo di vietare l’allevamento di animali da pelliccia.

“L’associazione ha dichiarato”¹⁸⁷: [“Indagini realizzate in tutta Europa mostrano l’incompatibilità del visone, animale selvatico non addomesticato, con la vita in gabbia. Da anni chiediamo al Governo di vietare questi allevamenti. Diversi paesi lo hanno già fatto, ora è il turno dell’Italia”].

184 Council Regulation (EC) No 1099/2009 of 24 September 2009 on the protection of animals at the time of killing, Regulations, Official Journal L303/1, 18.11.09. https://eurlex.europa.eu/LexUriServ/ LexUriServ.do?uri=OJ:L:2009:303:0001:0030:EN:PDF 185 http://www.fawac.ie/media/fawac/ content/publications/scientificreports/FinalReport-Welfare-fur-producing-animals-Ireland.2.doc 186 SCAHAW (2001), The Welfare of Animals Kept for Fur Production, Report of the Scientific Committee on Animal Health and Animal Welfare adopted on 12-13 December 2001. http://ec.europa.eu/ food/animal/welfare/international/out67_en.pdf 187 https://ilsalvagente.it/2018/08/23/pellicce-insanguinate-le-immagini-terribili-degli-allevamenti-di-visone/

Unità mobile dove vengono inseriti i visoni per essere gassati.

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Donatella Versace e la rinuncia all’utilizzo delle pellicce a partire dalle collezioni 2019: “Pelliccia? Ho chiuso.”

188 https://it.fashionnetwork.com/news/Rinunciare-alla-pelliccia-e-piu-una-questione-di-immagine-,963552.html

L’annuncio LAV del passagio di Gucci a sviluppare collezioni moda fur free

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tante che ha fatto crescere ancora di più il nome del Brand.

Più tardi, anche “Donatella Versace ha annunciato la decisione di escludere le pellicce di animali dalle collezioni 2019 al settimanale The Economist”¹⁸⁹: [“Non voglio più uccidere animali per fare moda. Non è giusto”]. Versace monitora costantemente tutti gli aspetti del suo modello di business per soddisfare i clienti in modo innovativo e responsabile: ciò include prestare attenzione alla provenienza e alle condizioni di produzione di tutti i suoi prodotti, per assicurare la conformità ai più alti standard. “Donatella Versace si è definita orgogliosa di intraprendere questa iniziativa etica, nella speranza di promuovere l’innovazione e una maggiore sensibilizzazione”¹⁹⁰. “Miuccia Prada non utilizzerà più pellicce a partire dalle Collezioni Donna Primavera Estate 2020”¹⁹¹: [“La ricerca e lo sviluppo di materiali alternativi - ha spiegato - consentirà all’azienda di esplorare nuove frontiere della creatività e di rispondere, allo stesso tempo, alla domanda di prodotti più responsabili”]. “Ad essere definita una svolta epocale nel mondo della moda, è stata la decisione di Gucci (uno dei principali marchi di moda di lusso a livello mondiale) di non utilizzare più pellicce animali a partire dalla Collezione Primavera Estate 2018”¹⁹². “La notizia è stata data da Marco Bizzarri, Presidente e CEO di Gucci, nell’ottobre del 2017 durante l’evento “Kering”¹⁹³ Talk al London College of Fashion, il quale ha dichiarato”¹⁹⁴: [“Essere socialmente responsabili è uno dei valori fondamentali di Gucci e continueremo a cercare di fare di più per gli animali. Con l’aiuto di “HSUS”¹⁹⁵ e LAV, è entusiasta di compiere questo ulteriore passo e spera di poter contribuire a diffondere consapevolezza, cambiando l’industria della moda del lusso in meglio”]. Le decisioni di questi grandi nomi della moda italiani sono risultati epocali, che potranno ispirare molte altre firme della moda per lavorare nel rispetto degli animali, anche in risposta ad esigenze dei consumatori.

Campagna pubblicitaria di Fur Free Alliance in seguito all’annuncio nel 2016 dello stilista Armani, di non utilizzare più pellicce nelle collezioni del suo Brand.

189 https://www.nonsprecare.it/stop-pellicce-collezioni-moda?refresh_cens 190 https://www.dire.it/16-03-2018/184009-versace-basta-pellicce-uccidere-animali-moda/ 191 https://www.huffingtonpost.it/entry/prada-dice-basta-alle-pellicce-diventa-fur-free_it_5ce54882e4b0d513447d91d3 192 Comunicato stampa LAV, HSUS, Fur Free Alliance, Pellicce- Svolta epocale nella moda: Gucci passa al Fur Free!, Italia, LAV, 2017, p.1 193 Gucci fa parte del gruppo Kering, leader mondiale in abbigliamento e accessori che possiede un importante portafoglio di marchi di lusso, sport e life style.

194 Comunicato stampa LAV, HSUS, Fur Free Alliance, Pellicce- Svolta epocale nella moda: Gucci passa al Fur Free!, Italia, LAV, 2017, p.1 195 Humane Society for The United States (HSUS), è un’organizzazione americana senza scopo di lucro che si concentra sul benessere degli animali e si oppone alle crudeltà relative agli animali di portata nazionale. Utilizza strategie che vanno oltre le capacità delle organizzazioni locali.

Annuncio della Maison Gucci sulla piattaforma digitale Instagram.

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2.

L’industria della pelle

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2.1 Storia ed evoluzione della “pelle” nel liinguaggio moda La pelle ha sempre avuto una grossa attrattiva per il Fashion System e nel corso dei decenni, sono molti i capi e gli accessori ad essere diventati un “mito”; l’abbigliamento in pelle ha rappresentato, e rappresenta ancora, determinate tendenze di moda. “Alcune aziende hanno legato il loro marchio alla produzione di abbigliamento in pelle di elevata fattura, consolidando con stilisti e designer la loro produzione”²¹¹. La pelle nel corso degli anni ha subito numerosi cambiamenti: sono man mano aumentate le tipologie di pelle utilizzate, le lavorazioni ed i modelli realizzati. Gli abiti, le calzature e persino gli accessori in pelle hanno acquisito sempre più valore ed importanza, poiché indossati dalle modelle e dalle celebrità del momento resi pubblici dai media, ma anche e soprattutto in riferimento ai mutamenti delle società nel corso dei decenni ed agli stilisti di moda. “Negli anni Venti, il famoso calzaturiere Salvatore Ferragamo, ha dato alle calzature

Dopo la Seconda Guerra mondiale è il momento degli accessori in pelle, che diventano sempre più ricercati e preziosi. Le donne di tutto il pianeta impazziscono per i dettagli e per le borse in coccodrillo.

La Kelly di Hermès, resa famosa dalla principessa Grace di Monaco diventa un emblema del benessere dopo il periodo buio.

il ruolo di protagoniste, che prima era affidato solamente agli abiti: tramite l’utilizzo di pelli esotiche di canguro, di antilope e di pesce ha realizzato scarpe indossate dalle attrici più in voga dell’epoca”²¹². “A cavallo tra gli anni Quaranta e Cinquanta è esplosa la moda delle borse in pelle di coccodrillo di Hermès, ricercatissime dalle donne di quell’epoca, le quali venivano associate all’idea di lusso, a status symbol”²¹³. Negli anni Sessanta gli stilisti hanno sperimentato nuovi materiali e nuovi tipi di pelle: erano gli anni d’avanguardia in cui Pierre Cardin e André Courrèges hanno realizzato abiti ed accessori in pelle verniciata (vinile) e pelle di vitello laminato. “La pelle è stata trasformata in linee prettamente geometriche, volte all’avanguardia ed al futurismo, abbinata a materiali totalmente diversi: Paco Rabanne, lo stilista metallurgi211 https://www.af1.it/abbigliamento/abbigliamento-in-pelle.html 212 https://www.vogue.it/thinkcontent/lineapelle/fashion-avantgarde 213 https://www.vogue.it/thinkcontent/lineapelle/levoluzione-della-pelle-nei-look-che-hanno-fatto-la-storia

Negli anni Venti Salvatore Ferragamo rivoluziona il mondo della calzatura di cuoio inventando un nuovo tipo di concia, sottoponendo la pelle di pesce (detta anche cuoio marino) a speciali trattamenti. Le scarpe create con questa pelle diventano ben presto un must, spopolando ai piedi delle dive di Hollywood.

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2.1.1 Stilisti e sfilate di alta moda: pellliccia no, ma pelle si?

co, ha creato nel 1966 un coat in maglia e pelle”²¹⁴. Negli anni Settanta la pelle più utilizzata è stata quella di camoscio, in qualunque tipo di vestiario associato alla tendenza hippie di quell’epoca: dalle gonne ai gilet con le frange. Successivamente alla pelle sono stati attribuiti ulteriori connotati, per via del fenomeno Punk: un genere musicale ribelle e diretto, nato a metà anni Settanta in Inghilterra. “In questi anni ha preso piede lo stile del chiodo in pelle liscia e nera, generalmente indossato dai giovani della cultura musicale punk”²¹⁵. La stilista Vivienne Westwood, ispirata da questa cultura ed attenta alle idee provenienti dallo street style, ha scelto di trasformare il chiodo in pelle in capo d’abbigliamento di tendenza: così la giacca di pelle è entrata definitivamente nel mondo della moda. Poco tempo dopo Yves Saint Laurent ha avuto per primo l’idea di inserire la pelle nelle collezioni, quindi non solo giacche di pelle, ma anche gonne, pantaloni. Poco dopo, molti altri stilisti lo hanno seguito: tra questi Krizia, Dior, Versace, Gucci.

Sul finire degli anni Sessanta e per tutti i Settanta si assiste alla tendenza hippie ed il pellame più usato è il camoscio, che si ritrova in gonne con abbottonatura centrale e in gilet con le frange. Gli anni Settanta sono anche gli anni del Punk e del chiodo in pelle liscia e nera, che spopola per le nuove generazioni di giovani che vogliono rompere i legami con il passato.

La pelle è oggi il prodotto di origine animale più utilizzato nell’industria della moda. Negli ultimi quarant’anni, l’utilizzo della pelle ha avuto una continua crescita, declinata in tutte le possibili lavorazioni e colori: stampata, incisa o dipinta, tutto ora si adatta per la creazione di ogni tipo di abito, pantalone, scarpa, gonna, giacca o borsa, accessorio o rifinitura. “Questo perché la pelle permette di essere utilizzata in svariati modi, in quanto la sua struttura è forte e resistente e, dalla quale si possono ricavare un’infinità di forme, texture e colori”²¹⁶; è quindi ancora oggi la scelta di una grande maggioranza di stilisti, sia internazionali che italiani. Le lavorazioni dell’industria moda, la ricerca sulle nuove tecniche, hanno creato una nuova consistenza che rende la pelle più morbida e leggera.

“L’innovazione nella pelletteria, con nuove tecnologie e design è il principale motore del settore: LVMH Moët Hennessy Louis Vuitton SA, Coach Inc, Kering SA, Prada spa e Hermès International SCA sono alcuni dei principali produttori di pelletteria”²¹⁷. “I Brand storici di lusso come Tod’s, Hermès e Salvatore Ferragamo, che da sempre hanno

Pierre Cardin 1966, Space Age Look : cuissards, guanti lunghi e cappello in vinile.

Daisuke Ueda per Giorgio Armani, campagna pubblicitaria Autunno Inverno 2019.

Coat in vinile di André Courrèges: L’Officiel 1968

214 Ibidem https://www.vogue.it/thinkcontent/lineapelle/levoluzione-della-pelle-nei-look-che-hanno-fatto-la-storia 215 www.emanuelecurci.it/la-giacca-in-pelle-una-storia-di-ribellione-e-moda/

Gli anni Sessanta portano con sé una serie di rivoluzionarie novità. Sono un periodo di rinascita e di sperimentazione per molti stilisti come Paco Rabanne: uno dei capi più famosi del momento è il coat in maglia e pelle del 1966.

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216 https://touchofclassimage.com/blog-touchofclass/tutta-questione-di-pelle 217 https://www.fibre2fashion.com/industry-article/7739/emerging-global-trends-in-leather-and-fashion 218 www.streetfashionfood.it/pelle-su-pelle-il-total-look-tendenza-moda-direttamente-sfilate/

Nolan Funk per Versace: campagna pubblicitaria Primavera/Estate Uomo 2014. Look iconico in giacca e pantaloni neri di pelle.

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fatto della pelle il loro trademark, l’hanno resa ancora più in protagonista delle passerelle moda”²¹⁸: gli stilisti inseriscono la pelle in qualsiasi collezione di stagione, dagli abiti agli accessori, in tutte le forme e in tutti i colori; ormai la pelle è considerata un must have, anche per molti Brand italiani di lusso come Versace ed Armani. Nelle sfilate Autunno Inverno 2019-2020, gli stilisti hanno portato in passerella la pelle rivista in chiave total look: pelle su pelle, facendo di questo materiale il nuovo fashion diktat per la tendenza di stagione. “Una tendenza estremante ricercata quella proposta da

Coach IP Holdings LLC (noto anche come Coach New York e semplicemente Coach) è una società americana specializzata in accessori di lusso come borse.

Campagna pubblicitaria Fendi Primavera/Estate 2019, Adut Akech Kaia Gerber & Anok Yai by Karl Lagerfeld

Il gruppo LVMH è stato creato nel 1987 con la fusione di due società (da cui l’acronimo, ottenuto dalle iniziali): Louis Vuitton, impresa specializzata negli accessori di moda, fondata nel 1854 e Moët Hennessy, un’impresa specializzata nei vini ed alcolici creata nel 1971. LVMH Moët Hennessy Louis Vuitton SE è una multinazionale e conglomerata francese con sede a Parigi. È proprietaria di oltre settanta marchi divisi in aziende di alta moda come Christian Dior, Bulgari, DKNY, Fendi, Céline, Guerlain, Givenchy, Kenzo, Loro Piana e Louis Vuitton.

Kering S.A. è un gruppo internazionale che opera nel settore del lusso con sede a Parigi. Possiede marchi come Gucci, Yves Saint Laurent, Balenciaga, Alexander McQueen, Bottega Veneta, Boucheron, Brioni, Pomellato.

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molti stilisti, che suggeriscono di indossare la pelle molte Maison di lusso, è l’idea sbagliata sull’inducon la pelle, archiviando il look in stile aggressive, stria della pelle e su tutto ciò che accade al suo biker o rock on the road”²¹⁹. Look studiati i quainterno: dall’uccisione degli animali fino alla lavoli, secondo i loro canoni di stile, esalterebbero la razione della pelle, erroneamente considerata più “femminilità” di una donna. “Tra questi anche Tom etica, “perché derivante da scarti della lavorazioFord, con i tailleur total leather per riscrivere le rene alimentare”²²². Uno dei motivi principali per cui gole del completo formale, moltissimi consumatori soAlexander McQueen con i stengono l’acquisto di arvestiti in pelle con decori ticoli in pelle, è il pensielaser cut, Isabel Marant ro erroneo che gli animali con abiti longuette in pelle vengono comunque uccisi color latte e Louis Vuitton, dall’industria alimentare e, con capi in pelle colorata di conseguenza, il fatto che e grafica come un’opera la pelle non è altro se non pop degli anni Ottanta”²²⁰. un “sottoprodotto” di queTra le altre Maison di lussta industria, che andrebso ad aver proposto questa be disperso e non riutilizrivisitazione della pelle ci zato. Questa concezione sono Givenchy, Chanel, risulta purtroppo lontana Hermès è un’azienda francese di moda (alta moda e prêt-à-porter, accessori, pelletteria, borse, arredaHermès. Alcune di queste mento, accessori per la casa, gioielli, profumi e valigie di lusso). dalla verità, così come lo case di moda, purtropè la maggior parte degli po non tutte, hanno abstilisti e dei consumatori bandonato l’utilizzo delle dalla realtà sull’industria pellicce ma continuano della pelle. “Una portavoce evidentemente ad usare di “PETA”²²³ in Italia, Pala vera pelle senza porsi trizia Re, ha spiegato”²²⁴: problemi sulla produzione [“L’Industria della pelle e di tale materiale di origil’industria alimentare sene animale. Questo perché guono percorsi differenti. solo la pelliccia è stata riGli animali che vengono conosciuta come non etica uccisi per la produzione di e disumana, allontanando pellame non sempre sono di conseguenza molte case gli stessi che vengono madi moda dal suo utilizzo. cellati per la produzione di “Ma l’industria della moda Prada S.p.A. è una holding italiana che opera nel settore della moda. Originariamente nota come Fra- cibo. Il massacro, insomma, Prada, la casa di moda fu fondata nel 1913 dai fratelli Mario Prada e Martino, i quali aprirono un non riconosce che lo stes- telli è doppio”]. negozio di cuoio, borse, accessori da viaggio e di lusso. so si può dire di altri tipi di tessuti di origine animale”²²¹, tra cui appunto la 219 http://www.streetfashionfood.it/pelle-su-pelle-il-total-look-tendenza-moda-direttamente-sfilate/ 220 https://www.elle.com/it/moda/tendenze/g29536592/pantaloni-pelle-cappotti-moda-autunno-inverno-2019-2020/ pelle, in tutte le sue derivazioni animali, dimenti221 https://www.fibre2fashion.com/industry-article/7739/emerging-global-trends-in-leather-and-fashion 222 https://www.corriere.it/animali/12_febbraio_28/Peta-pellicce-Mccartney-moda_4c56c9dc-61f4-11e1-9e7fcando che esattamente come per la pelliccia anche 339fb1d47269.shtml 223 People for the Ethical Treatment of Animals, spesso abbreviato nell’acronimo PETA, è un’orgaper la pelle vengono uccisi degli animali. Il motivo nizzazione noprofit a sostegno dei diritti animali.

224 Ibidem https://www.corriere.it/animali/12_febbraio_28/Peta-pellicce-Mccartney-moda_4c56cper cui la pelle viene ancora molto utilizzata da 9dc-61f4-11e1-9e7f-339fb1d47269.shtml

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Collezioni Autunno Inverno 2019-2020 Ferragamo.

Dettagli dalla collezione Autunno Inverno 2019-2020 Tod’s.

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Collezioni Autunno Inverno 2019-2020 Tom Ford: tailleur donna.

Collezioni Autunno Inverno 2019-2020 Tom Ford: completo uomo total leather.

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Collezioni Autunno Inverno 2019-2020 Alexander McQueen: abito midi con decori laser cut.

Collezioni Autunno Inverno 2019-2020 Isabel Marant: abito longuette asimmetrico

Collezioni Autunno Inverno 2019-2020 Louis Vuitton

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Collezioni Autunno Inverno 2019-2020 Hermès

Collezioni Autunno Inverno 2019-2020 Chanel.

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2.1.2 La verità su pelle e cuoio: sottoprodotti o co-prodotti crudeli?

2.2 Pellami: differenze tra pelle e cuoio

Da una parte, molti stilisti stanno diventando sempre più consapevoli riguardo la crudeltà che si nasconde dietro alle pellicce, ma dall’altra la pelle gode ancora oggi, di una buona reputazione e viene ancora considerata un materiale nobile, naturale e duraturo per altrettanti stilisti. Ma l’industria della pelle, proprio come la pelliccia, causa grosse sofferenze agli animali. Gli animali sono le prime vittime dell’industria della pelle, tuttavia, vi è un equivoco frequente sul fatto che essa sia solo un sottoprodotto dell’industria della carne e, di conseguenza, che utilizzarla come materia prima sia solo una forma di recupero. Ma l’industria della pelletteria non riguarda il riciclo, la realtà è molto diversa: la pelle non è semplicemente un “sottoprodotto” dell’industria della carne, è piuttosto il principale “co-prodotto” di tale industria. La produzione del pellame per abbigliamento e accessori fa parte integrante dell’industria della carne e, per alcune tipologie, costituisce addirittura l’esclusiva ragione per cui milioni di animali vengono allevati ed uccisi. Pelle e cuoio vengono utilizzati per varie tipologie di indumenti ma anche per accessori moda, principalmente scarpe, borse e cinture. “Per le case di moda di lusso, gli articoli in pelle sono il motore della loro enorme espansione nell’ultimo decennio, un’ineguagliabile fonte di guadagno”²²⁴. “La produzione di pelle ha un giro d’affari diretto che vale 50 miliardi di dollari all’anno ed è intimamente legata all’industria della carne, che a sua volta ha un giro di affari intorno ai 100 miliardi di dollari l’anno”²²⁵. “La pelle ed il cuoio sono prodotti diretti dell’industria crudele degli allevamenti intensivi”²²⁶. “La gran parte della pelle utilizzata proviene da paesi in cui il benessere degli animali è in fondo alla lista delle priorità e dove le leggi sulla protezione degli animali sono inesistenti o, non completamente applicate”²²⁷.

“Infatti, la gran parte della pelle utilizzata per scarpe, borse e accessori, proviene da Paesi in cui l’allevamento e la macellazione degli animali vengono effettuati con modalità ancora più cruente che in Europa, al di fuori di qualsiasi sistema di vigilanza e tutela”²²⁸; inoltre le condizioni in cui gli animali sono trasportati ed uccisi sono estremamente violente. Anche nel caso in cui si tratti di prodotti secondari dell’industria alimentare, le condizioni in cui vengono allevati questi ani-

Stella McCartney nel video realizzato da Peta, per la campagna contro l’utilizzo del pellame nella moda (2012).

mali sono le stesse di ogni produzione intensiva: sovraffollamento, stress, torture di ogni genere e macellazione. Quindi, acquistare prodotti in pelle significa sostenere la continuazione e la prosperità di tale tipologia di allevamento, incentivando tutte le pratiche ad esso collegate. “Anche acquistando calzature con il marchio Made in Italy, non significa che la pelle e il cuoio siano prodotti da allevamenti italiani: significa solo che il prodotto finito è realizzato in Italia, mentre il pellame ed il cuoio di regola vengono importati da Paesi esteri”²²⁹. “La stilista Stella McCartney, ha preso da tempo le distanze da questo materiale di origine animale e, in occasione di una delle New York Fashion Weeks 2012, ha prestato il suo volto e la sua testimonianza all’organizzazione Peta per la realizzazione di un video, nel quale ha spiegato perché è doveroso prendere le distanze da pelli e cuoio” ²³⁰ : [“La pelle non è un sottoprodotto dell’industria alimentare, bensì il principale coprodotto. Questo significa che acquistare capi in pelle e cuoio contribuisce direttamente agli orrori di cui si macchiano gli allevamenti intensivi di animali”]. Lo scopo della stilista non è quello di dire ai consumatori cosa indossare, bensì dare informazioni, in modo che ognuno possa farsi una propria opinione e faccia scelte consapevoli, nel decidere se acquistare un capo in pelle.

224 https://www.theguardian.com/fashion/2016/mar/13/is-it-time-to-give-up-leather-animal-welfare-ethicallucy-siegle 225 https://veg-fashion.com/2019/05/20/pelle-e-cuoio-sottoprodotti-o-crudelta/ 226 http://oanimalista.altervista.org/modavestiti.htm 227 https://www.veganshoes.it/blog/2019/07/12/perche-evitare-di-acquistare-prodotti-in-pelle/ 228 https://veg-fashion.com/2019/05/20/pelle-e-cuoio-sottoprodotti-o-crudelta/ 229 https://veg-fashion.com/2019/05/20/pelle-e-cuoio-sottoprodotti-o-crudelta/ 230 https://www.corriere.it/animali/12_febbraio_28/Peta-pellicce-Mccartney-moda_4c56c9dc-61f4-11e1-9e7f-339fb1d47269.shtml

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“La differenza tra pelle e cuoio afferisce al processo di lavorazione a cui vengono sottoposte le pelli animali”²³¹, definito concia o conciatura; in realtà non esiste una vera e propria differenza, poiché il cuoio è il risultato di una trasformazione, più precisamente di una manipolazione della pelle degli animali tramite la concia, “la quale serve a rendere la pelle animale inalterabile, arrestando il suo processo di putrefazione”²³². L’origine della parola cuoio è strettamente correlata con il tipo di processo conciario utilizzato: il cuoio è il prodotto finale proveniente dalla lavorazione chimica o vegetale della pelle animale. “Vi è un ulteriore distinzione tra cuoio e cuoietto: si tratta di una sotto categoria del cuoio e sta ad indicare una pelle conciata al vegetale (più economica), che viene usata per realizzare la suola interna delle scarpe o dei sandali, il soletto”²³³. La parola pelle indica in maniera generica la macro categoria che include il derma degli animali a qualsiasi stadio esso si trovi; usata insieme alla sua variante “pellami”, può indicare un materiale di origine animale non ancora trattato (pelle grezza). Riassumendo, con il termine “pelle” si indica in maniera generica qualsiasi tipo di pellame conciato, pre-conciato o grezzo di origine animale, che deve essere sottoposto o, che si trova in uno stadio intermedio o ancora, allo stadio finale dei processi

di lavorazione, i quali vanno sotto il nome di concia, “ma che comprendono una numerosa serie di processi quali”²³⁴: • Lavori di riviera, operazioni preliminari chimiche e meccaniche; • La concia (vera e propria) per dare al derma le sue caratteristiche fisiche stabili; • Riconcia, tintura ed eventualmente ingrasso a seconda della destinazione d’uso del pellame e in base alle richieste del mercato; • Lavori di rifinizione, ritocchi che vengono dati alle pelli semi-terminate a seconda del prodotto che si vuole ottenere.

Tessuto in vera pelle.

Nello specifico, la parola cuoio sta ad indicare la pelle particolarmente rigida con uno spessore elevato (dai 3 millimetri fino ai 6 millimetri), con la quale si realizzano per esempio le suole delle scarpe. “I costi attuali sostenuti per la lavorazione del pellame, hanno portato questo materiale ad essere un bene di lusso, molto prezioso e molto costoso”²³⁵.

Dalla conciatura moderna della pelle si ottengono varie tipologie di accessori e articoli di abbigliamento: dai portachiavi ai portafogli, dalle cinture alle scarpe, dalle borse alle giacche.

Tessuto in cuoio.

231 https://www.artimondo.it/magazine/pelle-e-cuoio-differenza/ 232 https://ilchiodoarrugginito.blogspot.com/2017/01/differenza-tra-pelle-e-cuoio.html 233 https://buyleatheronline.com/it/blog/pelle-e-cuoio-differenza-n74 234 https://buyleatheronline.com/it/blog/pelle-e-cuoio-differenza-n74 235 https://www.latolfetana.com/la-differenza-tra-pelle-e-cuoio-la-tolfetana/

Suole in cuoio.

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2.2.1 Tipologie di pellami: classificazione, caratteristiche, usi Il commercio di borse ed accessori moda ha da sempre avuto un unico punto di riferimento: il pellame. Il pellame destinato alla produzione di cuoi e pelli sono classificati in base alla specie animale di provenienza; in commercio si trovano diversi tipi di pellame che provengono da altrettanti tipi di animali, raggruppabili in quattro categorie: pelli di mammiferi allevati, pelli di mammiferi selvatici, pelli di animali esotici e pelli della famiglia dei pesci. Altri criteri di classificazione sono: la grandezza, (in base alla quale le pelli sono classificate in grandi e piccole) ed il peso.

2.3.1.1 Pellami di mammiferi allevati

Vitello

Montone

Il secondo tipo di pelle più ricercata è quella di vitello: la pelle più morbida e lussuosa è quella dei giovani vitelli maschi, provenienti dall’industria del latte ed è molto cara. E leggermente più spessa della pelle di agnello e più rugosa, conferendole una maggiore resistenza. Per via delle sue caratteristiche viene utilizzata molto nella pelletteria e nell’abbigliamento.

La principale caratteristica della pelle di montone è la versatilità: infatti, è uno dei pellami più usati per i capispalla e fra i più comuni nella pelletteria. La pelle di montone possiede delle caratteristiche simili a quelle del vitello, come la morbidezza; però, il “vantaggio” del montone risiede nel fatto che il suo spessore, conferisce alla pelle ancora più resistenza e la rende ancora più calda. È molto utilizzata infatti dai brand di lusso, dalla creazione di vestiti fino ad accessori come le pochette da donna.

Pelle di vitello marrone scuro

Agnello

Bovino

“La pelle di agnello o Lambskin è considerata la pelle di migliore qualità in assoluto ed è anche la più commercializzata”²³⁶. “La pelle di agnello rappresenta uno dei pellami più usati per la sua qualità superiore, probabilmente per l’aspetto raffinato e la lucidità”²³⁷, è infatti tra le più costose. Ha la particolarità di essere molto setosa, sottile e morbide, infatti In Italia ha un particolare appeal: è spesso usata per confezionare molti articoli di moda, dai capi d’abbigliamento agli accessori (guanti soprattutto).

“La pelle bovina è sicuramente la più utilizzata per l’assemblaggio dei giubbotti in pelle, poiché molto resistente ed ha la particolarità di ammorbidirsi con il tempo; è meno costosa rispetto ad altri pellami considerati più pregiati”²³⁸. “Vi sono diverse varianti: lo Steerhide, utilizzato per la confezione del “Chiodo” ed il Bullhide, molto resistente”²³⁹. “È la più utilizzata nell’abbigliamento, sia comune che di alta moda, con il migliore rapporto qualità prezzo. È molto utilizzata anche nella realizzazione di borse, cinture ed altri oggetti che richiedono una certa rigidità; lo spessore può variare dai 3 ad 7 mm ed è disponibile in vari colori e trame”²⁴⁰.

Dettaglio tessuto in pelle di montone

Giaccone in pelle di montone Pal Zileri

Capra La pelle di capra è un materiale che viene ottenuto lavorando la pelle di capre e capretti. I processi di lavorazione, a partire dalla scamosciatura, rendono questo materiale “unico” nel suo genere. Una delle caratteristiche principali della pelle di capra è la morbidezza: gli accessori realizzati con questo materiale, infatti, si presentano estremamente vellutati al tatto. Nonostante si presenti molto sottile, è anche molto resistente. A seconda della tipologia e della lavorazione, la pelle di capra può essere utilizzata per realizzare tanti articoli di pelletteria diversi: tra i tanti, le tomaie per

Abito red lamb leather Collezioni Autunno Inverno 2010/2011 DSquared2

236 https://pelletteriafranciaitalia.wordpress.com/i-cuoi/ 237 https://pistolpocket.it/2013/11/21/differenze-pellami/

Lambskin (pelle di agnello)

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Pelle di bovino

Steerhide

238 https://www.italiapelle.com/concia-all-olio-pelli-scamosciate-o-camoscio/ 239 https://pistolpocket.it/2013/11/21/differenze-pellami/ 240 https://www.lavorazioneincuoio.it/blog-e-curiosita/i-materiali/18-i-materiali 241 https://buyleatheronline.com/it/blog/panoramica-sulla-pelle-di-capra-n38

Bullhide

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Cavallino

calzature. “Per via della sua morbidezza, questo materiale viene scelto dagli stilisti per creare principalmente borse, sia da uomo che da donna da donna. Ha la particolarità di ben resistere alle torsioni e piegature”²⁴¹, la pelle di capra viene utilizzata anche per la produzione di accessori di piccola pelletteria, a partire dai portafogli.

La pelle “cavallino” non deriva dal cavallo, bensì dalla pelle di bovino di origine prettamente europea. “Il riferimento al cavallo deriva esclusivamente dall’aspetto finale della pelle, che ricorda appunto, quella di cavallo”²⁴⁵. Ad esempio, per realizzare varie tipologie di accessori come scarpe, cinturini e borse, solitamente si utilizza la parte inferiore della pelle animale, ovvero quella più liscia. Per pelle cavallino s’intende invece la parte superiore, quella dove per l’appunto è presente il manto, caratteristica dello stile cavallino. “Nel cavallino il pelo è rasato e di conseguenza risulta molto corto; successivamente la pelle viene sbiancata e tinta serigrafia, riproducendo gli effetti pelo di vari animali quali: cavalli, tigri o leopardi”²⁴⁶.

A seconda del trattamento alla quale viene sottoposta, il prezzo di questo tipo di pelle può variare sensibilmente.

In ogni caso, a causa di un processo di lavorazione più complesso, il cavallino è mediamente più caro rispetto ad altri tipi di pellami. “È considerato un prodotto molto alla moda: la pelle cavallino viene sempre ricercata da stilisti di fama mondiale per la sua particolarità e unicità”²⁴⁷.

Infatti, con questo tipo di pelle, molti accessori vengono prodotti dalle più importanti case di moda italiane e non.

Pelle di capra.

Vacchetta La pelle di vacchetta è la pelle del “bovino quasi adulto”, ovvero sia la mucca che il manzo; “è una tipologia di pelle spessa e di conseguenza resistente”²⁴². “La vacchetta risulta molto morbida al tatto e, la particolarità di questa pelle, oltre allo spessore, è la mutevolezza: il colore che inizialmente è sempre chiaro, con il passare del tempo tende a scurirsi”²⁴³. “Viene conciata e colorata utilizzando tinte vegetali, per una finitura più opaca; ha una flessibilità e tenacità uniche se comparate ad altri tipi di pellami; più viene usata, più risulta progressivamente flessuosa”²⁴⁴. Viene utilizzata per la produzione di accessori che necessitano una lunga resistenza nel tempo, come borse e portafogli; talvolta anche nella confezione di vestiti per uomini.

2.3.1.2 Pellami provenienti da mammiferi selvatici

Viene utilizzata principalmente per la produzione di accessori come borse, guanti e scarpe. “La pelle scamosciata, detta anche suede o velours (velluto, in francese), è il risultato di una lavorazione complessa e articolata”²⁵⁰: “viene lavorata (conciata) al fine di ottenere pelle che ricorda, alla vista e al tatto, la morbidezza liscia del velluto”²⁵¹. Lo scamosciato non è la pelle di camoscio: viene infatti ottenuto di solito da pelli ovine o bovine. Il suede trova moltissime applicazioni nella moda, soprattutto negli accessori poiché si tratta di un materiale versatile e quindi molto apprezzato. “Le pelli di camoscio o scamosciate godono di un basso peso specifico, che viene appositamente stabilito durante la lavorazione per produrre una tipologia di pelle molto leggera utile soprattutto a produrre abbigliamento in pelle estivo”²⁵².

Tra i pellami provenienti da mammiferi selvatici vi sono il cervo, il camoscio, l’antilope ed il canguro.

Cervo È considerata una delle pelli più belle: “quella di cervo è una pelle con venature fitte facilmente riconoscibili, è elastica ma al tempo stesso morbida; viene utilizzata principalmente nella produzione di accessori come guanti”²⁴⁸. La pelle di cervo è soprattutto lavorata e commercializzata in Nuova Zelanda, dato il numero importante di cervi presenti sul Territorio. Viene utilizzato spesso perché poco caro, facile da lavorare e poco fragile. “La pratica della lavorazione della pelle di cervo è ancora poco diffusa in Europa, dato che la regolarità della produzione dipende dai periodi di caccia”²⁴⁹.

Pelle di camoscio

Borsa in pelle scamosciata Burberry Autunno Inverno 2015-16

Antilope “La pelle di antilope è a pelo raso, si presenta molto morbida al tatto e con delicate tonalità di colore: viene impiegata in pelletteria e nell’industria delle confezioni”²⁵³. “È però sempre meno utilizzata perché molto fragile (presenta un cuoio molto sottile) risultando quindi difficile da lavorare, ma anche perché si sporca velocemente”²⁵⁴. La pelle di an-

Pelle di cervo.

Camoscio e scamosciato (suède) Pelle di cavallino.

241 https://buyleatheronline.com/it/blog/panoramica-sulla-pelle-di-capra-n38 242 https://pelletteriafranciaitalia.wordpress.com/i-cuoi/ 243 https://www.lavorazioneincuoio.it/blog-e-curiosita/i-materiali/18-i-materiali 244 https://www.pierotucci.com/it/pages/76-materiali.html 245 https://www.meridioband.com/it/what-is-hair-calf-leather/ 246 http://blog.orvat.com/pelle-cavallino-lautenticità-incontra-il-fashion 247 http://blog.orvat.com/pelle-cavallino-lautenticità-incontra-il-fashion

Pelle di vacchetta.

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La pelle di camoscio è considerata una delle più pregiate e viene utilizzata principalmente nell’abbigliamento e nelle calzature. Nel vocabolario dei pellami per “camoscio” si intende la vera pelle dell’animale: questa tipologia di pelle viene resa morbida e vellutata da una concia particolare; dopo la lavorazione fa da effetto “scrivente”.

248 https://www.pierotucci.com/it/pages/76-materiali.html 249 https://pelletteriafranciaitalia.wordpress.com/i-cuoi/ 250 https://www.lavorazioneincuoio.it/blog-e-curiosita/i-materiali/18-i-materiali 251 https://www.stefania.it/12765/ 252 https://www.italiapelle.com/concia-all-olio-pelli-scamosciate-o-camoscio/ 253 http://www.sapere.it/enciclopedia/antìlope.html 254 https://pelletteriafranciaitalia.wordpress.com/i-cuoi/

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2.3.1.3 Pellami esotici

tilope proviene dall’India, dove vive questo animale; “tuttavia Il numero delle antilopi si è fortemente ridotto, infatti la specie è già scomparsa da molte regioni dell’India”²⁵⁵.

Tra i pellami esotici vi sono gli struzzi così come coccodrilli, alligatori e caimani, serpenti e pitoni. I pellami esotici vengono considerati i più pregiati dell’industria di trasformazione delle pelli e sono molto richiesti per la produzione di accessori di lusso per l’Alta Moda.

Struzzo “Lo struzzo rappresenta uno dei pellami esotici più utilizzati in pelletteria, in particolare nella produzione di accessori e scarpe”²⁵⁹. “I pellami di struzzo provengono soprattutto dai paesi africani, in particolare dal Sud Africa”²⁶⁰. Il primo elemento che contraddistingue lo struzzo dagli altri pellami è che la sua pelle è molto diversa dalla normale pelle di bovino. “Oggi, la pelle di struzzo africano è una dei pellami più costosi: essa è conosciuta da anni nel settore della pelletteria per le sue particolari caratteristiche, tra le quali la cosiddetta “perlatura”, ossia la punteggiatura della pelle (i punti vengono detti “follicoli”) dove sono state tolte le piume dell’animale”²⁶¹. La sua unicità dipende dal fatto che, nonostante il suo notevole spessore, essa rimane morbida e ha un enorme resistenza che dura nel tempo. Inoltre, questa pelle è flessibile, resistente all’umidità, all’acqua e può essere facilmente lavorata, tinta e cucita: tutto ciò rende la manifattura ben fatta, elemento che attira molti stilisti. Questo pellame è spesso equiparato alla pelle di coccodrillo, ma la pelle di struzzo è più impermeabile e anche più resistente. Un altro aspetto di questo pellame è la predisposizione alla tintura: i colori raggiungono circa 100 diverse tonalità. Queste caratteristiche rendono la pelle di struzzo pregiata e molto più particolare nel settore moda: i prezzi degli articoli realizzati con questa tipologia di pelle sono molto elevati, possono quindi essere al di fuori della portata ordinaria dei consu-

Pelle di antilope.

Canguro La pelle di canguro viene importata dall’Australia, dove è più facilmente accessibile all’acquisto: “il governo australiano stabilisce ogni anno il numero di animali che devono essere abbattuti, per monitorare la loro presenza sul Territorio”²⁵⁶; vengono quindi cacciati nelle regioni più interne da cacciatori. Il pellame ricavato viene conciato e lavorato per la produzione di manufatti, laddove sono richiesti particolari requisiti tecnici: “viene utilizzato soprattutto nella confezione di prodotti che necessitano di una buona tenuta”²⁵⁷, in quanto leggero e molto resistente. Infatti, tra le più importanti caratteristiche fisiche di questo tipo di pellame, che lo distinguono da tutti gli altri, vi è la resistenza alla trazione e allo strappo. “Viene utilizzato in particolar modo per la produzione di calzature classiche e sportive, ma anche per la produzione di guanti e capi d’abbigliamento più ricercati: questo perché, nonostante la sua resistenza, tende a rimanere morbido e intatto”²⁵⁸.

254 https://pelletteriafranciaitalia.wordpress.com/i-cuoi/ 255 http://www.sapere.it/enciclopedia/antìlope.html 256 http://www.conciariamondovi.com/canguro.php?l=1 257 https://pelletteriafranciaitalia.wordpress.com/i-cuoi/ 258 https://www.aziendainfiera.it/azienda/paccapelo-conceria 259 https://www.aziendainfiera.it/news/s/1486 260 https://pelletteriafranciaitalia.wordpress.com/i-cuoi/ 261 https://www.cobrapelletterie.com/pelli-pregiate/

Pelle di canguro.

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matori. Infatti, una borsa in pelle di struzzo può arrivare a costare diverse centinaia o anche migliaia di euro. Pur essendo molto costosi, sul mercato mondiale i prodotti in pelle di struzzo sono molto richiesti, soprattutto dall’Alta Moda. “Gli articoli in pelle di struzzo (in particolare le borse), insieme ai prodotti in pelle di coccodrillo e di serpente, hanno preso il primo posto nell’elenco mondiale dei beni di lusso”²⁶². I principali Paesi importatori di pelle di struzzo sono quelli aventi una moda altamente “sviluppata”, quali la Francia, la Germania, l’Italia, il Giappone e l’America. Marchi e società famosi in tutto il mondo, acquistano i pellami e producono borse, scarpe, cinture, giacche e tanti altri articoli.

Pelle di struzzo.

rettangolare e piuttosto uniforme nella sezione centrale del ventre, generalmente considerata la parte del coccodrillo più morbida e quindi anche più facilmente lavorabile”²⁶⁶. Tra le caratteristiche che lo rendono un pellame di preferenza rispetto ad altri, vi è la peculiarità estetica: “la morbidezza del pellame è più accentuata nella sezione della pancia dell’animale, che contribuisce un aspetto squamato dalle varie dimensioni. Infatti, le squame appiattite, si presentano più grandi e dalla forma rettangolare nella parte centrale del corpo del coccodrillo, ma si fanno via via più tondeggianti e di dimensioni minori alle estremità”²⁶⁷. “Data la somiglianza ad altre specie rettili, non è inusuale che la pelle di vero coccodrillo, venga scambiata per alligatore o caimano, che dai primi due presenta delle differenze, anche qualitative”²⁶⁸. A volte questo fraintendimento accade per motivi legati alle tante differenze culturali: in America, si tende a chiamare “coccodrillo” l’alligatore, mentre in Europa si tende a chiamare “alligatore” il coccodrillo.

Anche se questi due pellami si assomigliano molto, presentano molte differenze. Nel settore di Alta Moda la pelle di coccodrillo è considerata molto più pregiata rispetto a quella dell’alligatore o del caimano.

Borsa in pelle di struzzo Autunno Inverno 201718 Hermès.

Coccodrillo La pelle di coccodrillo viene considerata il pellame più prezioso tra i pellami esotici, nonché “il più prezioso al mondo”²⁶³ “e fa parte dei pellami più nobili”²⁶⁴. Viene utilizzata principalmente in pelletteria per la produzione di accessori quali borse, cinture, orologi, portafogli e molti altri, dato che si presenta spessa, robusta e poco fragile. “La pelle di coccodrillo viene lavorata esclusivamente a mano”²⁶⁵: si tratta di lavorazioni di lusso per marchi di Alta Moda ed i prezzi sono quindi molto elevati. “La particolarità della pelle di coccodrillo consiste nella naturale distribuzione delle squame, dall’aspetto

Pelle di coccodrillo.

262 http://www.gleni.it/it/struzzo.html 263 http://www.gleni.it/it/coccodrillo.html 264 https://pelletteriafranciaitalia.wordpress.com/i-cuoi/ 265 https://www.cobrapelletterie.com/pelli-pregiate/ 266 https://pelletteriafranciaitalia.wordpress.com/i-cuoi/ 267 http://www.gleni.it/it/pellami-pregiati.html 268 http://www.gleni.it/it/coccodrillo.html

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Serpenti

lavorare e per questo può essere adattata per la creazione di molti prodotti come cinture, portachiavi ed altri accessori fino alla piccola pelletteria.

Tra i serpenti si contano anche il pitone, l’anaconda ed il cobra. Le pelli di serpenti fanno parte delle pelli di animali esotici più rari, fanno dunque parte delle pelli più costose. “Queste pelli sono, nella maggior parte dei casi, usate nella pelletteria per la confezione di cinture, calzature e sempre più nell’alta moda per la produzione di indumenti”²⁶⁹. “Sono delle pelli molto delicate ma durevoli nel tempo, ogni specie presenta colori e/o motivi che li differenziano gli uni dagli altri. La pelle di serpente e di pitone, caratterizzate dalla squamatura naturale, sono tipologie di pelle molto ricercate, vengono generalmente utilizzate per creare piccoli oggetti di pelletteria”²⁷⁰.

2.3.1.4 Pellami della famiglia dei pesci

dell’Alta Moda”²⁷³. Le pelli, di piccole dimensioni, sono cucite una a fianco all’altra per ottenere superfici di lavoro più ampie da cui successivamente si ottengono i tagli desiderati.

Fanno parte della famiglia dei pesci le pelli di razza, chiamate galuchat e di anguilla.

Razza

Dettaglio pelle di pitone.

Anaconda Anche la pelle di anaconda fa parte delle pelli più pregiate. Questo pellame si distingue da un lato per la sua morbidezza e duttilità, dall’altro per la sua robustezza e resistenza. Le squame dell’anaconda hanno forme molto regolari e tutte della stessa grandezza, che creano superfici omogenee con giochi geometrici. Uno dei settori di applicazione di questo pellame è l’alta pelletteria.

Pelle di serpente

“La pelle di razza è molto dura ed è difficile da lavorare a causa della sua composizione ossea. Le tecniche di lavorazione sono quindi molto particolari ed interamente manuali, soprattutto per quanto riguarda la cucitura, che viene realizzata con tecniche ben specifiche”²⁷¹. “È un pellame particolarmente delicato da lavorare per la sua grana naturalmente perlata, in alcuni casi può essere sottoposta a lissatura per far risaltare tutta la sua brillantezza”²⁷²; è anche particolarmente durevole nel tempo. Questa pelle viene impiegata nella piccola pelletteria (portamonete, portafoglio) ed in gioielleria.

Pelle di anguilla.

2.3 Differenze tra eco-pelle e finta pelle.

L’ecopelle e le sue varie accezioni (cuoio ecologico, pelle vegetale, eco-leather e similari) è pelle di origine animale.

“Si differenzia dalla pelle e dal cuoio normalmente utilizzati nella produzione di scarpe e borse poiché viene prodotta seguendo un protocollo a basso impatto ambientale stabilito dalla norma Uni 11427-2015 Cuoio – Criteri per la definizione delle caratteristiche di prestazione di cuoi a ridotto impatto ambientale, risalente a marzo 2015”²⁷⁴.

La confusione tra i termini deriva dal fatto che, quando sono comparsi i primi prodotti cruelty free ed ecocompatibili, per distinguerli da quelli semplicemente in plastica, si adottò appunto il termine “ecopelle”. Ma poi tale termine è stato normativamente riservato al cuoio, lavorato a basso impatto ambientale. “Con i termini finta pelle, pelle sintetica, similpelle, vegan leather si intende invece un materiale che non contiene pelle animale”²⁷⁵.

Pitone La pelle di pitone è un materiale molto noto nel campo dell’abbigliamento e dell’alta moda: il pitone è un tipo di pelle molto pregiata. La pelle di pitone viene lavorata sfruttando la geometria delle squame: ogni pelle è diversa, poiché l’innesto delle squame rimane variabile. Le scaglie che si sollevano possono far pensare ad una pelle delicata e fragile ma in realtà nascondono un pellame molto resistente. Esistono due tipi di tagli per realizzare un prodotto in pelle di pitone: front-cut, in cui la pelle viene tagliata dalla pancia, e back-cut, in cui la pelle viene tagliata dalla schiena. La pelle di pitone è facile da

Pelle di razza.

Anguilla Dettaglio pelle di anaconda.

269 https://pelletteriafranciaitalia.wordpress.com/i-cuoi/ 270 https://www.pierotucci.com/it/pages/76-materiali.html

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“L’anguilla è un pellame delicato, ma molto resistente.

La sua naturale brillantezza ed eleganza, hanno reso questa pelle uno dei materiali più utilizzati per le creazioni

271 https://www.cobrapelletterie.com/pelli-pregiate/ 272 https://www.lavorazioneincuoio.it/blog-e-curiosita/i-materiali/18-i-materiali 273 https://www.lavorazioneincuoio.it/blog-e-curiosita/i-materiali/18-i-materiali

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2.3.2 Finta pelle

“Per molti anni le aziende, i Brand ed anche i marchi più prestigiosi hanno creato e diramato informazioni carenti circa la pelle ed i suoi derivati”²⁷⁶, spesso conducendo il consumatore ad acquisti poco consapevoli. La legge n.55 dell’8 aprile 2010, “obbliga l’industria della moda a garantire che l’indicazione Made in Italy, esposta sui cartellini, sia utilizzata solo se almeno due delle principali fasi di lavorazione si siano svolte sul territorio nazionale e, se abbiano rispettato la normativa ambientale e qualitativa del Paese”²⁷⁷.

La finta pelle è conosciuta anche come simil pelle e vinil pelle; non si tratta di vera pelle, non ha quindi origini animali, in nessun caso. Si tratta di un prodotto interamente industriale, ricavato da fibre sintetiche, sul quale viene applicato un rivestimento di materiale plastico come il poliuretano (sulle etichette “PU”). “Le rugosità tipiche della pelle vengono impresse appositamente ad arte per imitare le caratteristiche della vera pelle”²⁷⁹. Si tratta quindi di un materiale sintetico creato artificialmente, il quale richiama esteticamente l’aspetto della pelle vera o del cuoio. La finta pelle (similpelle o vinilpelle) viene principalmente creata tramite resine poliuretaniche: può essere totalmente sintetica, oppure comprendere una percentuale di tessuto. La finta pelle infatti non è sempre sostenibile: nonostante la finta pelle sia costituita, per lo più, da poliuretano, il quale è considerato un materiale a basso impatto ambientale, questo non è sufficiente a garantire l’eco-sostenibilità. Nella produzione di questo materiale possono essere utilizzati prodotti tossici, come colle, addensanti, tinture e prodotti chimici. Nonostante la volontà globale di imporre alcuni materiali ed alcune resine, spesso vengono utilizzati anche la plastica ed i suoi derivati nella produzione: “il PVC, che rispetto al

2.3.1 Ecopelle L’ ecopelle è la risposta ecologica della pelletteria al tema ambientale: l’ecopelle infatti è una vera pelle, ma il processo di concia utilizzato è quello “al vegetale”, avviene quindi seguendo dei protocolli che prevedono un impatto ambientale ridotto nella tutela dei lavoratori e del consumatore. Non esiste una composizione particolare per l’ecopelle: si tratta a tutti gli effetti di vera pelle o cuoio al 100%, “con l’unica differenza che le attività produttive legate ai processi di lavorazione, dalla concia al tannino (una sostanza chimica vegetale che si trova in molti alberi e piante) fino alla tintura ed allo smaltimento, avvengono minimizzando l’impatto sull’ambiente”²⁷⁸. I processi di lavorazione sono più lunghi, ma conferiscono al pellame un aspetto inconfondibile: la pelle, con il passare del tempo, assume un aspetto “vissuto” ma non consunto, può anche scurire con l’esposizione al sole o alla pioggia.

Texture Pelle sintetica (PU).

276 https://blog.ornellaauzino.it/ecopelle-similpelle-e-vegan-leather-conosci-le-differenze/ 277 https://www.veg-fashion.com/2019/03/11/ecopelle-similpelle-pelle-sintetica-attenzione-non-tutte-sono-cruelty-free/ 278 https://www.giglio.com/mystyle/ecopelle-e-pelle-sintetica-che-differenza-c-e.html 279 https://www.itamoby.com/blog/ecopelle-vera-pelle-o-similpelle/

Texture Eco-pelle.

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poliuretano è molto più dannoso per l’ambiente e non può essere considerata una scelta sostenibile”²⁸⁰. Il PVC è un materiale plastico di difficile riciclo, il quale si degrada solo dopo centinaio di anni e che purtroppo, ha un forte impatto negativo sull’ambiente. La pelle sintetica, anche se derivante dall’industria della plastica, grazie a normative sempre più stringenti, ha visto ridurre progressivamente il proprio impatto ambientale e l’uso di residui tossici: la plastica odierna è senz’altro più ecosostenibile rispetto a qualche decennio fa. Esistono diverse tipologie di finta pelle, con finiture lisce e generalmente molto lucenti o ruvide; inoltre, possono esservi impresse venature o caratteristiche superficiali simili alle tipiche pelli naturali, ma non uguali. Infatti, rispetto alle pelli naturali presentano una trama con un andamento omogeneo non tipico delle pelli naturali; i colori vanno dall’imitazione del naturale, sia in tinta unita che in sfumature e macchie ad imitazione del vero, o in colori e disegni che seguono i dettami della moda.

perché liberano da un rifiuto prodotto dall’industria della carne quasi fossero degli spazzini. Ma il giro di soldi che ruota attorno alla pelle è così imponente che rimane difficile concepirlo come un settore che si affida alla produzione di avanzi da parte di altri. Basti pensare che rappresenta la base su cui è costruito un impero industriale, fortemente connesso al lusso, per un giro d’affari complessivo stimato in oltre mille miliardi di dollari l’anno. In conclusione, senza la pelle crollerebbe un mondo. Sfogliando qualsiasi rivista dedicata alla pelle, emerge ovunque il lamento dei proprietari di concerie che denunciano la penuria di materia prima.

Per cui è più verosimile immaginare i due settori, l’industria della carne e quella della pelle, come due alleati che lavorano insieme per fare crescere l’industria dell’allevamento e della macellazione. Quasi il 90% della pelle grezza prodotta nel mondo proviene da quattro tipi di mammiferi: bovini, ovini, suini e caprini. Tuttavia la quota maggiore è ricavata dai bovini, che da soli forniscono i due terzi del prodotto mondiale.

2.4 Il business globale dell’industria del pellame

2.5 La verità sulla produzione della pelle

La plurimiliardaria industria della carne trae profitto da qualcosa di più della sola carne degli animali. Secondo un rapporto del Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti (ma lo stesso avviene in Europa e nel resto del mondo), la pelle degli animali rappresenta “il sottoprodotto economicamente più importante dell’industria dell’allevamento intensivo”²⁸¹. “Vale a dire che rappresenta un grosso guadagno per gli allevatori, non certo un prodotto di scarto”²⁸². “È stato calcolato che la vendita della pelle costituisca la metà dei profitti dei mattatoi che macellano bovini; poiché il margine di profitto sulla vendita di carne è relativamente basso, gran parte delle aziende che sfruttano i bovini, rimangono sul mercato proprio grazie alla vendita di pellame”²⁸³. La produzione di pelle ha un giro d’affari che vale 50 miliardi di dollari all’anno ed è intimamente legata all’industria della carne che a sua volta ha un giro di affari all’esportazione intorno ai 100 miliardi di dollari l’anno. Gli industriali della concia affermano di svolgere un ruolo benefico ai fini ambientali,

La maggior parte della pelle proviene quindi da mucche e bovini di vario genere allevati sia dall’allevamento intensivo da carne e latte, ma anche da allevamenti specifici per sottrarre la pelle agli animali, dove è la carne ad essere il prodotto secondario. Quando la produzione di latte delle mucche nelle aziende casearie diminuisce, le mucche vengono uccise per la loro pelle e le pelli dei vitelli allevati vengono trasformate in pellame di qualità. Il successo economico dei macelli e delle industrie di latticini, è direttamente legato alla vendita di pellami. “Ogni anno, l’indu280 https://blog.ornellaauzino.it/ecopelle-similpelle-e-vegan-leather-conosci-le-differenze/ 281 A. Severin Johnson, Packing House Byproducts, Agricultural Marketing Resource Center, Iowa State University, 2003.

282 Lydia Mulvany, Denitsa Tsekova, America’s Obsession With Beef Is Killing the Leather Industry, Bloomberg, 2019. https://www.bloomberg.com/news/features/2019-08-09/america-s-obsession-with-beef-is-killing-the-leather-industry 283 Care2, The truth about leather: wearing cruelty, 30 settembre 2010.

284 Food and Agriculture Organization of the United Nations, Producing Animals/Slaughtered 2013, FAOSTAT Database, 2019

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2.5.1 La mattanza degli animali in India: il commercio della pelle.

stria mondiale della pelle macella più di un miliardo di animali e ne concia le pelli”²⁸⁴. La pelle più morbida e lussuosa proviene dalla pelle di giovani vitelli maschi provenienti dall’industria del latte: i vitelli e le loro madri sono sottoposti ad atroci sofferenze e morte prematura a causa dell’industria del pellame. La maggior parte della pelle importata in Europa proviene dall’India e dalla Cina, i maggiori produttori mondiali di pelle ed esportatori, ma anche da altri Paesi i quali come Cina e India non dispongono di leggi sul benessere degli animali allevati per la produzione di pelle o, quelle esistenti non vengono completamente non applicate. Acquistare pelle significa sostenere direttamente la crudeltà dei macelli.

Secondo le statistiche del Ministero delle industrie alimentari e del Consiglio per le esportazioni di cuoio, il valore delle esportazioni di cuoio dall’India, uno dei maggiori produttori di cuoio al mondo, è dieci volte superiore al valore delle sue esportazioni di carne. “Risulta quindi evidente che le mucche e gli altri bovini soffrono e vengono crudelmente macellati, in modo che l’industria del pellame possa trarre profitto dalle loro pelli”²⁸⁵. “Anni dopo la realizzazione di un’indagine dell’associazione PETA sull’industria della pelle indiana, la quale aveva spinto il governo indiano a promettere di migliorare le condizioni di trasporto e macellazione delle mucche, così come di altri animali abbattuti per la loro pelle, gli investigatori PETA non hanno praticamente riscontrato alcun miglioramento”²⁸⁶. Gli animali sfruttati per la loro pelle vengono tutt’ora brutalmente maltrattati ed abbattuti, in modi che violano la legge indiana. In Cina la situazione non è molto diversa: qui, molte delle leggi presenti in altri Paesi, non esistono nemmeno. Anche il numero limitato di leggi presenti vengono regolarmente ignorate, riservando ad animali come cani e gatti, una morte tremenda e dolorosa, al solo scopo di ricavare profitti dalla confezione di accessori e calzature di poco valore, esportati in tutto il mondo.

Nonostante la convinzione che le mucche siano trattate bene in India perché sono venerate nella religione Hindu, sorprende scoprire come l’India, Paese a maggioranza Hindu, religione per cui la vacca rappresenta un animale sacro, sia in realtà uno dei maggiori produttori di pelle al mondo. Non solo, Il trattamento indiano riservato alle mucche ed ai bovini, è tra i più crudeli al mondo. In India le mucche sono state tenute in enorme considerazione fin dall’antichità, viste come simbolo di maternità e portatrici di vita; nonostante ciò, migliaia di questi animali vengono uccisi ogni settimana, non solo per la loro carne, che viene esportata per lo più negli Stati Uniti ed in Europa, ma soprattutto per la loro pelle. “La maggior parte delle famiglie povere nell’India rurale vende le proprie mucche, dopo aver ricevuto rassicurazioni sul fatto che gli animali continueranno a vivere in fattorie. I vitelli, molti dei quali troppo giovani per essere venduti legalmente, vengono comunque separati dalle madri e messi in vendita”²⁸⁷. Poiché le leggi indiane sulla protezione degli animali vengono

Mercato del bestiame a Dhaka, Bangladesh.

284 Food and Agriculture Organization of the United Nations, Producing Animals/Slaughtered 2013, FAOSTAT Database, 2019 285 https://www.petaindia.com/issues/animals-used-for-clothing/leather/ 286 https://www.peta.org/issues/animals-used-for-clothing/leather-industry/global-leather-trade/

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trasporto non possono fare a meno di schiacciarsi a vicenda e molti muoiono per soffocamento e ferite. Gli autocarri vanno a tutta velocità lungo strade dissestate, sterrate e ghiaiose e giù per i passi di montagna, causando ancora più morti e feriti. Per arrivare ai macelli vengono picchiati senza pietà durante le “marce della morte”, forzate per centinaia di chilometri: sono costretti a camminare, a volte per giorni interi, sotto il caldo soffocante ed attraverso la polvere; non viene dato loro né cibo né acqua. Molti di loro cadono a terra sfiniti e, invece che ricevere aiuto, gli viene strofinato del tabacco o del peperoncino sugli occhi; inoltre i lavoratori indiani, tentando di rimetterli in piedi, rompono loro ripetutamente la coda e le ossa. Bovini, mucche e vitelli arrivano così da ogni

In India, gli animali vengono costretti con estrema violenza a salire sui carri per il trasporto verso il macello.

costantemente ignorate, i macelli illegali e non autorizzati rimangono in funzione e persiste l’abuso nei confronti degli animali. Poiché in India è illegale uccidere giovani bovini sani e in buona salute, questi vengono spesso mutilati: le loro zampe vengono rotte per poter essere dichiarate idonee alla macellazione e comunque, molti lavoratori dei macelli non si preoccupano nemmeno di questa legge e macellano gli animali così come sono. Gli investigatori di PETA India hanno visto vitelli sani, ma anche mucche ancora in grado di produrre latte, venire abbattuti. Dal momento che il commercio della pelle dei vitelli è proibito in quasi tutta l’India, gli animali vengono costretti ad affrontare una lunga marcia verso i pochi stati in cui possono essere uccisi legalmente. Il trasporto dei bovini attraverso il confine è illegale, vengono quindi caricati di notte su camion, sfruttando la copertura del buio. “La legge non permette di trasportare più di 6 bovini per camion, ma in realtà ne vengono stipate 2 o 3 volte di più”²⁸⁸; i cuccioli ed i più deboli spesso cadono e rimangono intrappolati. Per preparare gli animali a questi viaggi i lavoratori inchiodano dei ferri sui loro zoccoli; gli animali vengono spronati a salire sui camion con bastoni e vengono legati tra loro con corde che passano attraverso il naso. Vengono trasportati in condizioni spaventose dopo essere stati stipati uno sopra l’altro, sotto il cocente caldo indiano. Durante il

Per preparare gli animali ai lunghi ed estenuanti viaggi attraverso il confine, i bovini vengono legati con cordame fatto passare attraverso il loro naso.

287 https://www.agireora.org/info/news_dett.php?id=88 288 Ibidem https://www.agireora.org/info/news_dett.php?id=88

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2.6 Pelli esotiche: il business dei marchi di lusso

parte dell’India in alcuni mattatoi oltre il confine. All’arrivo, metà di loro sono collassati a causa delle ferite e dello sfinimento, altri sono morti. Questi animali vengono lasciati sotto il sole cocente senza cibo, acqua o cure mediche, l’unico sollievo che viene dato agli animali è la macellazione. “Quando arrivano al mattatoio, alcuni animali sono così malati e feriti che i lavoratori devono trascinarli dentro, ancora una volta senza considerare i loro sentimenti o le sofferenze. Una volta fatti entrare, le loro gole vengono tagliate, spesso con coltelli sporchi e smussati sotto gli occhi degli altri animali, costretti a guardare ed aspettare il loro turno, su pavimenti ricoperti di sangue”²⁸⁹. Per legge i vitelli dovrebbero venir uccisi con un taglio netto alla gola, ma in realtà spesso gli addetti al macello utilizzano coltelli poco affilati, che rendono ancora più dolorosa la loro morte. “A volte le zampe di questi animali vengono tagliate mentre sono ancora coscienti, altri sopportano l’agonia di essere scuoiati vivi”²⁹⁰. Molti di questi macelli si trovano in Bangladesh, Pakistan o in altri stati in cui la mattanza di questi animali è consentita. “Per due anni l’associazione PETA Germania, con l’aiuto del giornalista Manfred Karremann, ha portato avanti delle indagini sull’industria del pellame in Bangladesh, pubblicando un nuovo video il quale denuncia ogni singola crudeltà”²⁹¹. La realtà è sempre la stessa: animali scuoiati vivi per la produzione di scarpe, cinture, giacche, borse ed altri prodotti che vengono esportati ovunque. Secondo le stime, ogni anno 2 milioni di mucche vengono stipate e trasportate in camion affollati e per migliaia di chilometri: dall’India, dove è illegale macellarle, fino ad arrivare al Bangladesh.

La domanda di pelli di animali esotici è considerevole: tra il 2008 e il 2017, l’Unione Europea ha importato più di 10 milioni di pelli: 6,3 milioni di pelli intere e più di 4 milioni di pezzi di pelle di serpenti, coccodrilli, lucertole, secondo i dati raccolti da “Pro Wildlife”²⁹² dalla “banca dati commerciale CITES”²⁹³.

Importazioni UE di pelli di rettili 2008-2017

La CITES, un trattato multilaterale che disciplina il commercio di piante e animali, vieta il commercio internazionale di specie minacciate di estinzione. Tuttavia, consente di monitorare attentamente il commercio con un permesso per le specie non a rischio di estinzione. Le pelli esotiche sono ancora considerate materiali di lusso per molte case di moda: nelle ultime stagioni hanno fatto ritorno sulle passerelle di Parigi, Londra e New York. Questi prodotti sono molto redditizi per i marchi di lusso: una borsa di design in pelle di serpente può fruttare tre volte di più di una borsa in pelle di mucca. “Con i soli pitoni asiatici, il commercio ha un fatturato annuo stimato ad 1 miliardo di dollari USA”²⁹⁴. A causa dei dubbi sulla sostenibilità dell’estrazione in natura, l’UE aveva cessato di importare pelli di pitone dalla Malesia dal 2004. Ma la Malesia non si è arresa, ha argomentato con la riduzione della 289 Indian Leather Trade https://www.peta.org/issues/animals-used-for-clothing/leather-industry/ global-leather-trade/ 290 https://www.peta.org.uk/issues/animals-not-wear/leather/ 291 https://www.greenme.it/informarsi/animali/industria-pelle-orrore-bangladesh-peta/ 292 https://www.prowildlife.de 293 https://www.cites.org/ 294 Millionen Reptilien sterben für den EU-Markt, https://www.prowildlife.de/hintergrund/reptilleder/

Mercato del bestiame a Dhaka, Bangladesh.

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povertà, così alla fine del 2016 l’UE ha ceduto: da allora le importazioni dalla Malesia sono di nuovo possibili, anche se gli ecologisti mettono in guardia contro la diminuzione delle popolazioni di serpenti e le conseguenti piaghe dei topi. “La ragione principale del ripensamento dell’UE è stata la presentazione di varie relazioni del gruppo Kering (tra cui Gucci, Prada, Alexander McQueen) che dovrebbero dimostrare la presunta sostenibilità del commercio del pitone”²⁹⁵. Dal 2010 le autorità americane per la protezione delle specie in via d’estinzione, hanno effettuato ripetute confische di etichette di lusso: “oltre 600 articoli di LVHM sono stati confiscati e sono state imposte multe. Il designer Tom Ford è stato sanzionato con 9.000 dollari per aver importato borse in pelle di rettile, senza i permessi richiesti. Alla fine del 2015, le autorità statunitensi hanno sequestrato 276 paia di scarpe a Manolo Blahnik”²⁹⁶ (le scarpe, fatte con la pelle di serpenti d’acqua asiatici, sono state dichiarate erroneamente). Nel 2016, l’autorità berlinese per la protezione delle specie ha sequestrato borse, cinture e borse in coccodrillo e pelle di serpente dalla rinomata galleria Lafayette ed alla fiera “Bazaar Berlin” alla fine del 2017. Anche qui i venditori non hanno potuto provare l’origine legale degli animali.

proteggere gli animali, così come con i marchi di moda di lusso in modo che si procurino le pelli in modo responsabile”]²⁹⁷.

Pro Wildlife non crede nell’argomentazione dell’uso sostenibile, sostenendo che i guadagni non arrivano ai cacciatori ed agli allevatori, ma ai marchi di lusso. Anche un monitoraggio accurato è una sfida. I permessi CITES, per esempio, dovrebbero fare riferimento alla provenienza di ogni animale e se questo proviene dall’allevamento o dalla cattura in natura, ma questo risulta difficile da verificare. “A causa del numero di pelli commercializzate e della preferenza per gli animali più grandi, la biologa di Pro Wildlife ritiene che la quantità di animali catturati in natura sia, infatti, maggiore rispetto a quanto registrato e probabilmente supera le quote ufficiali per gli animali che possono essere catturati annualmente”²⁹⁸. Al di là dei dibattiti sul problema della conservazione delle specie a rischio e del ruolo di responsabilità delle case di moda, gli attivisti per i diritti degli animali hanno documentato gravi problemi di benessere degli animali nel commercio di pelli esotiche. Un’esponente di PETA Germania, Johanna Fuoß, sostiene che le case di moda, così come i consumatori, siano in realtà all’oscuro di ciò che accade nel commercio di pelli esotiche: [“I consumatori conoscono molto bene la sofferenza degli animali da pelliccia, ma sono molto ciechi riguardo alle pelli esotiche. È più difficile mostrare alle persone che questi animali meritano un buon trattamento nei loro confronti, perché sono così diversi”]. IUCN collabora con gruppi industriali per organizzare seminari sul benessere degli animali e per monitorare gli allevamenti e gli impianti di trasformazione. Una di queste, la Southeast Asian Reptile Conservation Alliance (SARCA) con la casa madre di Gucci, Kering, che nel 2017 ha acquistato un allevamento di pitoni in Tailandia, per garantire che i serpenti vengano allevati secondo criteri “etici”. [Non esiste un modo gentile e umano di uccidere un animale], ha riferito l’esponente di PETA Germania, aggiungendo: [“Una pelle fornita in modo responsabile non significa nulla per l’animale ucciso. Milioni di animali muoiono ogni anno per il commercio di pelli esotiche e, ogni singolo animale sta attraversa lo stesso processo angosciante di uccisione”].

2.6.1 L’impatto sulla conservazione delle specie esotiche.

Secondo la biologa di Pro Wildlife, Sandra Altherr, l’utilizzo di pelli esotiche per la moda di lusso non è necessaria, inoltre danneggia gli ecosistemi selvaggi e causa molto dolore agli animali. Tuttavia, altri gruppi di conservazione, tra cui l’Unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN), organizzazione che classifica ufficialmente lo stato di pericolo di estinzione degli animali, non sono d’accordo. Sostengono che i marchi di lusso non dovrebbero essere “così veloci” nel liberarsi delle pelli esotiche delle loro collezioni: se fatto in modo “sostenibile”, l’uso di serpenti, coccodrilli e altri animali esotici può effettivamente proteggere le specie. Secondo Daniel Natusch di IUCN, [“il modo migliore per garantire che il commercio sia sostenibile è quello di gestirlo e monitorarlo, lavorando con le comunità in modo che abbiano interesse a

295 Luxuslabels unter Druck, https://www.prowildlife.de/hintergrund/reptilleder/ 296 Ibidem https://www.prowildlife.de/hintergrund/reptilleder/ 297 https://www.dw.com/en/conservation-and-fashion-what-is-the-impact-of-using-exotic-animal-skins/a-49156030 298 https://www.dw.com/en/conservation-and-fashion-what-is-the-impact-of-using-exotic-animal-skins/a-49156030

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2.7 L’industria asiatica delle pelli esotiche

in cui i prodotti più cari sono quelli che si vendono meglio ed il successo dei prodotti più chic, fa salire i prezzi delle materie prime e le pelli più belle vanno a ruba”³⁰¹. “Le due specie di coccodrillo più esportate per gli allevamenti sono Nei Paesi asiatici, milioni di animali selvatici ogni anno venl’alligatore americano dagli Stati Uniti e il coccodrillo del gono allevati ed uccisi negli allevamenti o, catturati allo stato Nilo dall’Africa, che insieme rappresentano l’80% del combrado per la loro pelle, per produrre pellami esotici: i metodi mercio totale di pelli esotiche condei massacri sono i più disparati per siderate classiche”³⁰². “Le indagini efferatezza e velocità, il tutto per alisotto copertura condotte da PETA e mentare senza sosta il mercato della da altre organizzazioni per il benesmoda di lusso. L’uso di pelli di anisere degli animali, hanno dimostramali esotici è molto diffuso nell’into l’immensa crudeltà della raccolta dustria della moda del lusso. Purdi questi rettili per il commercio di troppo i consumatori pensano più pelli esotiche e le povere condizioni all’aspetto e al prezzo del prodotto, di vita a cui sono sottoposti questi piuttosto che all’animale ucciso per animali selvatici, in attesa del loro produrlo. Negli Stati Uniti, i rettili destino nelle aziende”³⁰³. Vi sono sono esclusi dalla scarsa proteziopoche leggi per proteggere i rettili ne offerta dalla legge sul benessere dagli abusi, anche in questo caso animale. Oltre ad essere crudele, quelle esistenti spesso non vengono questo settore è estremamente diapplicate. Secondo i commercianti Alligatore americano o del Mississippi (Alligator mississippiensis). spendioso: “possono servire pelli di intervistati in uno studio di “Internaquattro coccodrilli, per fare una sola tional Trade Center”³⁰⁴, “l’estensione borsa”²⁹⁹. Aziende di lusso come del commercio illegale delle pelli di Hermès, LVMH e Kering (che pospitone è probabilmente pari all’estensiede Gucci, Saint Laurent e Alexansione del commercio legale di pelli der McQueen) si sono fatte avanti prelevate da pitoni selvatici, comunell’attività acquistando le proprie nemente mescolate in scorte di pelli aziende di allevamenti e concerie, prelevate da pitoni di origine legale per produrre le pelli. “Hermès posprima di essere esportate, rendensiede un allevamento di alligatori in do così praticamente impossibile la Louisiana, due allevamenti di coctracciabilità”³⁰⁵. codrillo in Australia e sei concerie, mentre Kering possiede allevamenti di pitone in Tailandia e Cina”³⁰⁰.

A fine 2012, Hermès ha comprato Coccodrillo del Nilo (Crocodylus niloticus) diffuso in Africa lungo il fiume Nilo. un altro allevamento australiano, 299 https://www.peta.org/issues/animals-used-forclothing/exotic-skins-animals/ nella cittadina di Cairns, senza fare 300 Safe, Luxury Brands Are Snapping Up Farms to Control their Supply Chains, Business of Fashion, Gealcun annuncio, perché secondo una fonte anonima vicina orgina, 2017 https://www.businessoffashion.com/articles/global-currents/how-luxury-brands-are-snapping-up-farms-to-control-their-supply-chains alla griffe francese, si tratterebbe di un tema molto sensi301 https://it.fashionnetwork.com/news/lvmh-ed-hermes-investono-in-allevamenti-di-coccodrilli,331251.html 302 Caldwell, World trade in crocodilian skins 2013-2015, UNEP-WCMC, 2017, p. 10. https://www.unebile, è quindi meglio che i concorrenti ne sappiano il meno p-wcmc.org/resources-and-data/international-alligator-and-crocodile-trade-study possibile. “La motivazione di questi investimenti è quella di 303 http://www.takepart.com/article/2015/06/24/crocodile-alligator-farming-abuse-skins-hermes-fashion/ 304 International Trade Center, The Trade in South-East Asian Python Skins, 4.2. Illegal trade, 2012 assicurarsi i rifornimenti, perché in un mercato del lusso in 305 Kasterine, A., Arbeid, R., Caillabet, O. and Natusch, The Trade in South-East Asian Python Skins, International

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2.7.1 Dentro gli allevamenti di coccodrilli

ambiente che li priva dei loro bisogni primari, come aria fresca, acqua pulita, ampio sole, spazio ed una corretta alimentazione. Le condizioni di sovraffollamento portano a tagli sanguinosi e graffi da combattimento causato dallo stress e, la mancanza di spazi asciutti disponibili lascia molti rettili bloccati in acqua sporca, con conseguenti ferite infette ed eruzioni cutanee”³⁰⁸. Gli allevamenti di coccodrilli sono situati principalmente in Asia, Africa, Australia e Stati Uniti, che poi ne esportano le pelli in tutto il mondo. La richiesta di pelle di coccodrillo è in crescita e viene impiegata da molti marchi dell’Alta Moda. Allevare e scuoiare un animale per creare accessori di moda è sbagliato, ma farlo utilizzando torture e sevizie è crudele. Ogni anno migliaia di coccodrilli e alligatori vengono uccisi, per fornire di pellami esotici le concerie di proprietà di marchi del lusso, come Hermès, Louis Vuitton e Gucci: nel corso degli anni, le pratiche di uccisione sono state oggetto di inchiesta da parte di Peta, organizzazione che lotta per i diritti di tutti gli animali, che ha potuto documentare ed in seguito ha denunciato le torture a cui vengono sottoposti i coccodrilli.

“Fino a poco più di trenta anni fa la pelle di coccodrillo sul mercato, proveniva da esemplari selvatici catturati in natura. Questo prelievo non regolamentato ha decimato numerose popolazioni di coccodrilli in Sud America e nel Centro America”³⁰⁶. L’entrata in vigore nel 1975 della Convenzione di Washington sul commercio internazionale delle specie di fauna e flora selvatiche minacciate di estinzione (Cites), contribuì a proteggere i rettili, ma contemporaneamente ha fatto nascere qualcosa di nuovo: l’allevamento di coccodrilli. In cattività le esigenze comportamentali ed etologiche di alligatori e coccodrilli possono essere facilmente trascurati, portando a condizioni di benessere estremamente scarse. Secondo il dottor Clifford Warwick, biologo rettile, medico-scienziato e membro del gruppo Bioveterinary di Londra, [“la biologia ed il comportamento dei coccodrilli non si prestano ad una vita in cattività”]³⁰⁷. Egli ha dichiarato: [“Ad un osservatore occasionale - anche alle persone che gestiscono gli allevamenti di coccodrilli, i quali di solito non sono scientificamente qualificati - gli animali possono sembrare tranquilli e rilassati. Ma un comportamentista animale può vedere che in realtà sono stressati”]. “Negli allevamenti, questi animali sono intrappolati in un

2.7.1.1 L’orrore nascosto dietro gli articoli di lusso in pelle di coccodrillo di LVMH Il gruppo LVMH Moët Hennessy, società madre di famosi marchi di moda di lusso, tra cui Louis Vuitton, Givenchy, Christian Dior, Marc Jacobs ed altri, si rifornisce di pelli di coccodrilli provenienti da allevamenti situati in vari Paesi del Sud Est asiatico: Vietnam, Indonesia, Tailandia e Colombia. “Nella sola Tailandia, vengono allevati 700.000 coccodrilli nel modo più disumano: stipati in putridi laghetti, prima di essere sottoposti alla più crudele delle pratiche di macellazione”³⁰⁹. Il Vietnam invece, esporta all’incirca 30.000 pelli di coccodrillo ogni anno.

306 https://www.lifegate.it/persone/news/la-moda-insanguinata-viaggio-nellinferno-dei-coccodrilli 307 O’Connell, Crocodile farms: is it cruel to keep these wild creatures captive?, The Independent, 2006 308 Gibson Kate, The price of luxury? Storied brand tied to animal abuse, CBS News, 2015. https://www. cbsnews.com/news/price-of-luxury-storied-brand-tied-to-animal-abuses/ 309 https://www.nonsoloanimali.com/dietro-la-pelle-peta-asia-apre-un-finto-terrificante-negozio-prodotti-pelle/

Alcuni coccodrilli confinati in sovrannumero all’interno di un recinto limitato con una vasca d’acqua troppo piccola.

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L’allevamento vietnamita, da cui si rifornisce anche Louis Vuitton, ospita migliaia di coccodrilli e ne macella 1.500 ogni tre mesi.

Circa cinquemila animali vivono in minuscole vasche di cemento, incapaci di contenerli e piene di acqua stagnante. I coccodrilli vivono in queste terribili condizioni per circa quindici mesi prima di essere macellati. Tali condizioni sono state definite dall’erpetologo Warwick eccessivamente restrittive, sotto-stimolanti e disumane per i grandi coccodrilli. Nel corso di un’inchiesta a telecamere nascoste in alcuni allevamenti del Vietnam, un team di investigatori ha ripreso le condizioni in cui vivono gli animali e la violenza a cui sono sottoposti durante la macellazione, per la produzione di borse di pelle vendute in tutto il mondo.

“I filmati girati da PETA coinvolgono Heng Long, società di compravendita di pellame nel Vietnam, con sede ad Hong Kong”³¹⁰, la quale è stata acquistata per il 51% nel 2011 da LVMH. I filmati di Peta mostrano come le aziende si procurano la pelle di coccodrillo e, come ciò purtroppo accade in modo orribile. Il video denuncia di PETA mostra i dipendenti far perdere i sensi ai coccodrilli con una scarica elettrica, praticare un’incisione nella testa a livello del collo, per poter infilare un filo di ferro da far scorrere lungo la spina dorsale, per paralizzarli prima della scuoiatura e farli morire dissanguati. Tuttavia la maggior

Questo coccodrillo è costretto in uno spazio troppo piccolo che non rispetta in alcun modo i bisogni etologici e comportamentali dell’animale.

La pratica più comune all’interno degli allevamenti è quella d’incidere con un coltello la testa dei coccodrilli e praticare un’incisione a livello del collo, per poter infilare un filo di ferro che scorre lungo la spina dorsale per paralizzare gli animali prima della scuoiatura.

Successivamente i coccodrilli paralizzati ma ancora coscienti, vengono scuoiati ancora vivi dagli operatori.

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parte dei coccodrilli non muore, gli animali rimangono paralizzati ma coscienti. Nel proprio sito, Peta riporta il commento dell’erpetologo Clifford Warwick, a cui è stato mostrato il video: [“L’incisione del collo è estremamente dolorosa. Non è possibile che l’animale sia morto all’istante”].

I lavoratori portano poi i coccodrilli in una stanza adiacente, dove lungo la loro schiena praticano un’incisione che permette di scuoiarli: tale processo richiede dai 15 ai 20 minuti per animale e, i coccodrilli spesso sono ancora coscienti mentre vengono scuoiati.

Le immagini mostrano un coccodrillo continuare a muoversi dopo essere stato scuoiato. La morte dei coccodrilli scuoiati può avvenire anche ore dopo la tortura, rimanendo sensibili a lungo allo stress ed al dolore di questa crudeltà.

“Gli animali infatti, continuano a muoversi anche dopo essere stati resi incoscienti: questo prova la mancanza di efficacia del metodo di soppressione”³¹¹. In un’intervista, il dottor Warwick ha dichiarato di aver visitato numerose aziende di coccodrilli nel suo ruolo di ispettore e, di essere stato testimone di sconvolgenti metodi di macellazione dei coccodrilli.

Questi comprendono l’uso di machete, asce o mazze che vengono utilizzate per cercare di rompere 310 https://it.fashionnetwork.com/news/lvmh-ed-hermes-investono-in-allevamenti-di-coccodrilli,331251.html 311 https://www.holidogtimes.com/it/ogni-anno-30-000-coccodrilli-muoiono-tra-atroci-sofferenze-per-lindustria-della-pelle/

il cranio dei coccodrilli. Warwick ha anche riportato casi in cui, nel tentativo di recidere il midollo spinale dell’animale, un martello e uno scalpello sono stati applicati fino a otto volte e, che anche in questo caso, hanno solo paralizzato gli animali. Tutto ciò allo scopo di realizzare borse, portafogli, cinture ed altri articoli “di lusso” in pelle di coccodrillo, venduti da Louis Vuitton e da altre marche. “Secondo le ultime dichiarazioni delle aziende, in ogni caso, LVMH non ha più niente a che fare ormai dal 2014 con gli allevamenti di coccodrilli denunciati da Peta”³¹². Tuttavia, rimane sconosciuta l’origine delle pelli delle borse e degli altri accessori in pelle di coccodrillo, prodotti negli anni precedenti. L’organizzazione Peta ha comunicato al Governo del Vietnam, che i maltrattamenti dei coccodrilli violano i regolamenti dedicati al rispetto dei diritti degli animali; si tratta di una campagna difficile da portare avanti, poiché in Vietnam la produzione pelli di coccodrillo fa parte dell’economia locale. L’unico modo per minare questo business, sarebbe contribuire al calo della domanda di beni di lusso realizzati in pelle di coccodrillo.

Padenga Holdings Crocodile Farms a Kariba, Zimbabwe: allevamento di coccodrilli che rifornisce il pellame all’azienda di lusso francese Hermès.

da un investigatore PETA Usa presso la Lone Star Alligator Farms”³¹⁴, in cui si vedono gli operai sparare in testa agli alligatori, anche molteplici volte, con pistole pneumatiche a bulloni e sgozzare gli animali con un taglierino. Alcuni degli animali sono sopravvissuti e possono essere visti in movimento in bidoni di acqua gelata nei minuti successivi. Nei casi in cui la pistola a bulloni è risultata inefficace, il responsabile della struttura ha istruito un operaio di incidere centinaia di alligatori senzienti, cercando di dislocare le loro vertebre, proseguendo poi a inserire un’asta metallica nelle loro colonne vertebrali per tentare di danneggiarne il cervello. Il responsabile nel video, si riferisce agli alligatori vivi come “cinturini per orologi”, visto che alcune delle loro pelli sono usate per le fascette di “lusso” degli orologi da polso Hermès.

Nello Zimbabwe opera uno degli allevamenti di coccodrilli del Nilo più grandi al mondo, responsabile per l’85% della fornitura globale di pelli di coccodrilli provenienti dal Nilo, per marchi di moda e lusso, con 43.000 animali uccisi solo nel 2014. “L’azienda de-

2.7.1.2 La pelle di coccodrillo di Hermès Anche Hermès, colosso dell’alta moda e del prêtà-porter, “si rifornisce di pelli di coccodrillo per la sua produzione direttamente dagli allevamenti di proprietà”³¹³: l’azienda Lone Star Alligator Farms di Winnie, nel Texas (Stati Uniti) e l’azienda Padenga Holdings Crocodile Farms a Kariba, nello Zimbabwe (Africa). Un’investigazione di PETA Usa ha svelato condizioni terribili, ma anche presunte infrazioni di leggi statali e federali degli Stati Uniti, nel caso dell’allevamento nel Texas. Questi allevamenti servono per la produzione di cinturini di orologi e delle famose borse Birkin di Hermès: queste borse sono finite nel mirino di Peta a causa del trattamento atroce riservato ai coccodrilli destinati a diventare pellame.

“L’organizzazione ha presentato una denuncia presso le autorità texane riguardo agli illegali atti di crudeltà verso gli animali: atti che sono stati ripresi in video

312 https://infofree.myblog.it/2019/04/10/pelle-di-coccodrillo/ 313 https://www.peta.org.uk/media/news-releases/orrore-hermes-video-mostra-rettili-sgozzati-presso-allevamento-del-fornitore/ 314 http://www.ilgiornale.it/video/cronache/cos-vengono-ammazzati-i-coccodrilli-herm-s-1169749.html 315 https://www.peta.org.uk/media/news-releases/orrore-hermes-video-mostra-rettili-sgozzati-presso-allevamento-del-fornitore/

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tiene anche il 50% del business in Texas”³¹⁵. Le videoriprese di PETA Usa presso le Padenga Holdings Crocodile Farms, le quali forniscono pellame per la produzione di borse Birkin, hanno svelato pozzi di cemento, in ognuno dei quali vengono stipati fino a 220 coccodrilli. “I filmati mostrano anche coccodrilli appesi ai muri gocciolanti di sangue”³¹⁶: segue un operatore dello Zimbabwe che conduce le videocamere in una stanza, in cui un piccolo di coccodrillo sta per essere scuoiato vivo con delle lame di metallo nella pelle. “La stessa mattanza è stata registrata nell’allevamento Lone Ranger, in Texas”³¹⁷. La Birkin bag realizzata da Hermès, rappresenta l’emblema del lusso e prende il nome dalla nota attrice Jane Birkin. Per realizzare una sola borsa Birkin, è necessario uccidere fino a 3 coccodrilli: la “pregiata” pelle di coccodrillo viene poi spedita in Francia e lavorata per finire poi nelle borse in vendita nei negozi. “Jane Birkin, una volta visto il filmato diffuso da Peta, ha chiesto a Hermès di rimuovere il suo nome dalla borsa”³¹⁸: [“Dopo essere stata avvisata delle pratiche crudeli subite dai coccodrilli durante la loro macellazione, per la produzione di borse Hermès che portano il mio nome, ho chiesto al gruppo Hermès di dare un altro nome alla Birkin bag fino a quando

Borsa Birkin di Hermès in pelle di coccodrillo.

Borsa Birkin di Hermès in pelle di coccodrillo.

Protesta di Peta contro l’azienda Hermès e la produzione di borse Birkin.

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l’azienda non implementerà migliori pratiche, che rispondono alle norme internazionali per la produzione di questa borsa”]. Immediata è stata la replica della Maison francese, la quale ha falsamente tenuto a precisare [“di non aver mai utilizzato le pratiche crudeli, per realizzare i suoi modelli in coccodrillo”]³¹⁹. Hermès ha reso noto di aver avviato delle sanzioni e di aver avviato un’indagine interna negli allevamenti di allevamento di coccodrillo in questione. Al contempo, una legale della Maison francese, ha tenuto a precisare che Hermès ha acquisito il marchio della borsa nel 1997, per cui può continuare ad utilizzarlo a suo piacere. “Il direttore di PETA Usa, Mimi Bekhechi, ha dichiarato espressamente: [“Le scoperte su quanto accaduto presso i fornitori Hermès, negli Stati Uniti ed in Africa, mostrano esseri vivi e senzienti che hanno vissuto una vita miserabile e subìto una morte orrenda; i consumatori spendono cifre elevate per questi accessori, ma sono gli animali a pagare il vero costo di questi allevamenti crudeli”]³²⁰.

316 https://www.youtube.com/watch?v=0xLIlituBCs&feature=youtu.be 317 http:// www.ilgiornale.it/news/cronache/borse-pelle-coccodrillo-herm-s-cede-agli-animalisti-li-uccid-1169750.html 318 Ibidem 319 https://www.amoreaquattrozampe.it/news/birkin-chiedeche-sia-tolto-il-suo-nome-da-un-modello-di-borsa-in-coccodrillo-hermes/1642/ 320 http://zoelagatta-d.blogautore.repubblica.it/2015/07/16/a-milano-in-difesa-dei-coccodrilli/

2.7.2 Pelli di pitone ed altri serpenti esportati per la moda europea “Quasi mezzo milione di pelli di pitone vengono esportate ogni anno dal Sudest asiatico, gli importatori principali sono le case di moda europee. È quanto ha scoperto uno studio condotto dall’International Trade Centre (ITC), in collaborazione con TRAFFIC International e l’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN)”³²¹. il commercio di pelli di pitone ha un valore stimato attorno ad un miliardo di dollari all’anno. Indonesia, Malesia e Vietnam sono le fonti principali delle esportazioni di pelli di pitone. E tra i principali importatori troviamo i paesi dell’Unione europea, ed in particolare Italia, Germania e Francia. Circa il 70% di tutte le pelli di pitone vengano riesportate via Singapore; il 20% di quelle esportate dal Sud Est asiatico sono dichiarate come provenienti da animali in cattività: questo dovrebbe essere un fatto positivo, visto che non

All’interno di un macello in Indonesia un lavoratore pulisce le pelli di serpenti catturati; sullo sfondo si possono intravedere le carcasse di serpenti scuoiati.

Pitone reticolato asiatico

causa della forma dell’animale, la pelle si arriccia naturalmente attorno a sé quando viene posizionata su una tavola e messa in un forno caldo per essere essiccata.

321 http://www.intracen.org/uploadedFiles/intracenorg/Content/Publications/The%20Trade%20in%20 Southeast%20Asian%20Python%20Skins%20for%20web.pdf

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vengono toccati animali che vivono in natura e che potrebbero rischiare l’estinzione. Ma è pur sempre l’uccisione di un essere vivente, a prescindere dal luogo in cui vive. Tuttavia il rapporto ha sollevato dei dubbi sul fatto che questo 20% provenga realmente da animali in cattività: i costi di allevamento sostenuti, affinché i rettili possano raggiungere la taglia adatta per essere uccisi, sono di gran lunga più elevati rispetto a quanto viene venduta una pelle sul mercato.

Un ulteriore problema riguarda il fatto che un gran numero di pitoni selvatici vengono macellati prima di raggiungere la fase riproduttiva, con una riduzione a lungo andare del numero di specie: in primis quella del pitone reticulatus asiatico. Il responsabile di TRAFFIC International ha spiegato: [“Una pelle di pitone reticulatus di 2,5 metri, che sul mercato in Indonesia costa circa 125 dollari, dopo la lavorazione può trasformarsi in cinque portafogli, due borse e due paia di scarpe, rendendo anche oltre diecimila euro”]. “Sono almeno 440.000 i pitoni catturati nelle giungle del Sud Est asiatico, dove vengono impiccati, decapitati, e poi scuoiati. Questi grandi serpenti vengono forzati ad aprire le mascelle, un tubo viene inserito nella cavità del

Questa foto mostra migliaia di carcasse di serpenti ammucchiate al sole sul pavimento del macello.

Pelli di serpente pronte per essere utilizzate per la produzione di borse, scarpe, portafogli e cinture.

corpo: vengono quindi pompati con acqua in modo che la loro pelle diventi più facile da rimuovere. La pelle viene poi strappata dal corpo dell’animale, spesso mentre sono ancora vivi e gli animali muoiono dopo sofferenze atroci”³²².

La maggior parte dei serpenti vive sottoterra o sotto le rocce, altri vivono negli alberi.

“Per uccidere i serpenti, i cacciatori invadono le loro tane: vengono comunemente inchiodati agli alberi”³²³“e i loro corpi sono aperti da un’estremità all’altra, scuoiandoli vivi, nella convinzione che tale metodo atroce mantenga la pelle elastica”³²⁴. I loro corpi mutilati vengono poi scartati gettandoli in un mucchio per morire: ma, a causa del lento metabolismo di questi animali, possono volerci ore prima che i serpenti soccombano allo shock o alla disidratazione. “Le pelli di serpente vengono spedite a concerie per essere lavorati e poi esportati dal Sud Est asiatico fino a case di moda occidentali, al fine di essere venduti nelle pelletterie di lusso, anche in Italia”³²⁵.

322 https://www.nonsoloanimali.com/dietro-la-pelle-peta-asia-apre-un-finto-terrificante-negozio-prodotti-pelle/ 323 https://www.peta.org/issues/animals-used-for-clothing/ exotic-skins-animals/ 324 https://www.nonsoloanimali.com/lindia-dice-stop-allimportazione-pellicce-pelli-serpenti/ 325 https://www.nonsoloanimali.com/dietro-la-pelle-peta-asia-apre-un-finto-terrificante-negozio-prodotti-pelle/

Borsa Prada in pelle di pitone light pink.

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2.7.3 Struzzi uccisi per l’industria della moda di lusso Peta, l’associazione internazionale per la protezione degli animali, ha svelato ancora una volta grazie ad un’indagine, cosa si cela dietro l’industria della macellazione di animali esotici: in questo caso gli struzzi, testimoniando il maltrattamento di questi animali negli allevamenti in Sud Africa. “Questi, forniscono il pellame a Maison di lusso come Hermès, Louis Vuitton, Prada ed altre famose case di moda, per realizzare borse, scarpe ed altri accessori vendute dai prestigiosi marchi”³²⁶. Nel settembre 2015 gli investigatori di PETA hanno viaggiato in Sudafrica, per riprendere un video inedito nei più grandi macelli di struzzi del mondo, incluso il fornitore esclusivo di pelle di struzzo per le costosissime borse Birkin di Hermès, realizzate non solo in pelle di coccodrillo, ma anche in pelle di struzzo. L’indagine, è stata condotta nei macelli sudafricani gestiti dai due più grandi produttori di struzzi al mondo, i quali forniscono più del 85% di tutti i prodotti di struzzo a livello globale. Negli allevamenti gli animali vivono in sporchi recinti costretti in gabbie molto strette, fino all’età di un anno, prima

Cuccioli di struzzo.

di essere spediti ai macelli per essere uccisi: in natura vivrebbero circa 40 anni. “Inoltre, alcuni lavoratori sono stati filmati mentre colpiscono gli struzzi sulla faccia durante il trasporto”³²⁷. “Il video dell’indagine mostra come una volta arrivati al macello, uno dopo l’altro gli struzzi vengono spinti in macchinari che li bloccano: gli operatori li stordiscono con scosse elettriche, li mettono a testa in giù per poi tagliargli la gola”³²⁸. “Inoltre, secondo la testimonianza di PETA, le piume di struzzo vengono strappate dagli animali quando sono ancora completamente coscienti”³²⁹. “Le immagini mostrano persino i cuccioli di pochi giorni, piccoli ma “pregiati”, le cui uova si sono schiuse da poco e che normalmente vivrebbero diversi anni, i quali vengono tenuti dentro recinti in precarie condizioni igieniche, fino a quando vengono caricati sui camion diretti al macello”³³⁰. “Una delle operatrici delle aziende in Sud Africa ha dichiarato”³³¹: [“Non direbbero mai da dove viene la pelle delle loro bor326 https://www.greenme.it/consumare/mode-e-abbigliamento/borse-struzzo/ 327 https://www.nelcuore.org/?p=16030 328 https://www.youtube.com/watch?v=IBHWd_57u4o&feature=youtu.be 329 https://www.greenme.it/consumare/mode-e-abbigliamento/borse-struzzo/ 330 https://guidominciotti.blog.ilsole24ore.com/2016/02/26/indagine-peta-sulla-macellazione-degli-struzzi-per-borse-di-lusso/ 331 https://www.lastampa.it/la-zampa/altri-animali/2016/02/28/news/cosi-vengono-uccisi-gli-struzzi-per-borse-e-scarpe-dell-alta-moda-internazionale-1.36570476

Struzzi allevati in Sud Africa: uno degli allevamenti dell’orrore di proprietà Hermès.

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2.8 L’industria conciaria

se, però siamo noi a fornire per i migliori gruppi del lusso come LVMH ed Hermès. Non vorrebbero che lo dicessimo, ma l’azienda produttrice di pelle di struzzo per la Birkin di Hermès, è sempre Klein Karoo, l’azienda sudafricana indagata]”. “Dopo quanto visto e documentato, Peta si è rivolta a Hermès, Prada ed agli altri Brand di moda, chiedendo di interrompere subito la produzione e la vendita di articoli che si servono di pelle di struzzo, nonché di altri animali esotici”³³² . L’esortazione è anche nei confronti dei consumatori che dovrebbero smettere di acquistare questi oggetti di cattivo gusto e che alimentano lo sfruttamento degli animali. Gli struzzi sono animali intelligenti, sensibili e capaci di interagire in un sistema sociale complesso, ma purtroppo vengono uccisi per soddisfare le richieste dei marchi di lusso che non guardano in faccia a niente e nessuno, per elevare i loro profitti e la loro fama internazionale relativa alla produzione di articoli di moda considerati “pregiati”, invece che crudeli.

Protesta di Peta in Inghilterra contro l’uccisione degli struzzi per le borse Hermès davanti al negozio di lusso.

332 https://www.greenme.it/informarsi/animali/pelle-di-struzzo-borse-portafogli/

Borsa Birkin di Hermès in pelle di struzzo.

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L’industria conciaria è il luogo in cui le pelli animali grezze, vengono trattate e trasformate in prodotti finiti, utilizzati dalle grandi aziende di moda per le loro produzioni. In particolare, in questo tipo di industria si attua il processo di concia, il quale serve a trasformare una pelle putrescibile ed inutilizzabile, in prodotto finito imputrescibile e duraturo per qualsiasi tipo lavorazione, dall’abbigliamento fino agli accessori. Il processo conciario è molto complesso: esso è costituito da un alternarsi di operazioni chimiche e meccaniche che portano alla conversione della pelle grezza in cuoio finito; tali operazioni servono ad eliminare l’epidermide ed il tessuto sottocutaneo dal restante derma, successivamente convertito in cuoio. La pelle grezza passa quindi da uno stato putrescibile, di poca resistenza e di forma irregolare, ad uno stato in cui assume una forma più definita, divenendo imputrescibile, flessibile, resistente alla trazione ed alla abrasione, assumendo una buona rifinizione estetica richiesta dal settore di lavorazione. L’industria conciaria presenta tuttavia una serie di problemi, comuni alla maggior parte delle fabbriche, situate in diversi Paesi: il primo problema è legato alla questione animale, in quanto l’industria conciaria è l’alleata principale dell’industria dello sfruttamento e della macellazione degli animali, sia d’allevamento a scopi alimentari, sia d’allevamento specifico per la sottrazione del manto ad animali di qualunque tipologia, anche a rischio di estinzione. Gli altri problemi sono legati a questioni ambientali e sociali: l’industria conciaria si avvale dell’utilizzo di componenti altamente tossici, i quali vanno ad impattare sull’ambiente ma anche sui lavoratori, soggetti a pericolo costante per la loro salute. Questi problemi sono comuni a tutte le industrie di Paesi UE, ma ricadono in particolar modo sulle industrie situati nei Paesi asiatici, dove la situazione ambientale e sociale si fanno ancora più allarmanti: le aziende di moda europee, sono ancora una volta le responsabili principali di tali problemi. Molte di queste aziende hanno acquisito le proprie concerie all’estero, per abbassare i costi di produzione ed aumentare la mano d’opera sottopagata e sfruttata.

Simbolo Vera Pelle.

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2.8.1 L’industria conciaria in Italia

ad un abbandono crescente della prima fase di concia, per concentrarsi sulle fasi terminali. Un cambiamento dovuto “L’industria conciaria italiana impiega circa 18 mila addeta due grandi fenomeni: da una parte l’introduzione di legti in oltre 1.200 aziende, per un fatturato annuo pari a 5 gi ambientali più severe, che hanno costretto le imprese miliardi di euro (75% destinato all’export); la produzione ad investimenti che in precedenza non volevano o potecomplessiva dell’industria conciaria italiana ammonta a vano sostenere; dall’altra, l’aumento di prezzo del pella128 milioni di mq di pelli finite e 10 mila tonnellate di cuome grezzo dovuto all’aumento dei dazi, da parte dei Paesi io, destinati principalmente a calzature (42%) e pelletteria produttori, come strategia di promozione della propria in(24%). Un ruolo essenziale per il settore viene giocato andustria conciaria. Infatti, “UNIC”³³⁵ parla sul proprio sito che dall’import di materia prima, dato che l’approvvigioweb, nella sezione “Prodotti e mercati”, della fondamentale namento estero, che ha origine da 119 Paesi, copre oltre il importanza di forniture dall’estero e, di come il “protezio90% del fabbisogno dell’industria”³³³. “Il settore è formato nismo di materia prima” da parte di Paesi extra-UE quali soprattutto da piccoBrasile, India, Argenle e medie imprese tina, Russia, Etiopia, per lo più familiari, le Nigeria e Pakistan sia quali si sono svilupun problema rilevanpate principalmente te: come conseguenall’interno di distretti za, circa la metà delle specializzati, per tipopelli grezze disponilogia di lavorazione e bili a livello mondiadestinazione merceole viene sottratta al logica”³³⁴. Da un punlibero mercato, attrato di vista geografico, verso l’imposizione in Italia l’attività di di dazi ed altre barconcia è sviluppata riere non tariffarie. principalmente in tre “L’Italia infatti, non distretti, nei quali si dispone di grandi alraggruppano le indulevamenti di animali strie, responsabili per Logo ufficiale Unione Nazionale Industria Conciaria. rispetto agli altri Paoltre il 90% di tutta la esi: con sei milioni produzione italiana; di capi di bovini alleper ordine di importanza sono: Arzignano in Veneto, lungo vati, rappresenta appena lo 0,36% del totale mondiale. Di la valle del Chiampo in provincia di Vicenza, Santa Croce conseguenza anche anche la produzione di pelli grezze è in Toscana, tra le province di Pisa e Firenze, infine Solofra ridotta: appena l’1% del totale mondiale riferito al 2013”³³⁶. in Campania, tra Napoli ed Avellino. Tra questi, è il distretMa il Paese ha una lunga tradizione conciaria e molti stato di Santa Croce che si caratterizza per una produzione di alta fascia più orientata alla calzatura e alla pelletteria, 333 https://unic.it/conceria-italiana/prodotti-e-mercato 334 https://unic.it/associazione/introduzione contribuendo al 28% del valore. Negli ultimi quarant’anni, 335 Unione Nazionale Industria Conciaria, è la più importante associazione mondiale degli industriali conciari. Opera dal 1946 a tutela delle aziende associate ed è rappresentativa di un settore strategico, l’industria conciaria italiana è andata incontro a profonde componente fondamentale del tessuto economico e manifatturiero italiano. Promuove gli interessi della categoria, la rappresenta ad ogni livello, ne favorisce l’innovazione, valorizza il suo ruolo sociale ed trasformazioni; tradizionalmente lavorava pelli grezze che ambientale, costituisce società commerciali funzionali al mercato settoriale. Aderisce a Confindustria, portava a pelli finite attraverso le varie fasi di concia, ma alla Confederazione Europea dei Conciatori (Cotance) e al Consiglio Internazionale dei Conciatori (ICT).

336 Elaborazione da dati Fao, World statistical compendium for raw hides and skins, Leather and leaa partire dagli anni Ottanta del secolo scorso, si è assistito ther footwear 1998-2014, 2015.

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bilimenti di lavorazione, tanto da riuscire a generare il 17% del valore della produzione totale mondiale di pelli finite (5,25 miliardi di euro) ed il 30% del valore delle esportazioni. “Il risultato è che oggi, di tutta la pelle bovina prodotta in Italia, solo il 25% è ottenuto dalla lavorazione interna di pelle grezza: tale quota, aggiunta alla pelle grezza, porta a concludere che il 97% della pelle prodotta italiana ha origine da pelle grezza di provenienza estera”³³⁷. La pelle grezza lavorata in Italia ammonta, per l’anno 2014, a 446.626 tonnellate di cui solo 54 mila (12%) di origine italiana. Questo significa che la materia prima con cui vengono realizzati la maggior parte dei prodotti di moda, dichiarati Made in Italy solo perché lavorati in Italia, ha in realtà origine da Paesi esteri, i quali non dispongono di leggi e le poche regolamentazioni esistenti non vengono rispettate: Paesi in cui gli animali “da pelle”, prima di essere brutalmente uccisi vengono torturati. Tutto ciò all’oscuro dei consumatori, che credono nell’affidabilità dei prodotti venduti dalle aziende di moda di lusso, le quali oltretutto si avvalgono in prima linea di pellami provenienti dalle proprie concerie estere, nonché dai propri allevamenti esteri, da dove possono ricavare non solo pelli di animali comunemente allevati, ma anche pelli di animali esotici selvatici o prigionieri degli allevamenti.

Logo della conceria italiana Santa Croce sull’Arno, in Toscana.

concerie del distretto, specializzate nella produzione di cuoio per suole, sono circa quindici, ma di queste solo nove aderiscono all’associazione di categoria, la quale utilizza il marchio “Vero cuoio”. Il cuoio si ottiene dalla concia al vegetale della “groppa”, la parte più spessa del manto degli animali; tuttavia, nel distretto quella al vegetale non è il metodo di concia principale delle imprese che producono cuoio per scarpe. Infatti, sono solo 22 le imprese aderenti all’associazione di categoria denominata “Consorzio vera pelle italiana conciata al vegetale”; fra tutte, è stimato che le imprese che conciano esclusivamente al vegetale siano cinquanta, ovvero il 16% del totale. Tutte le altre conciano al cromo e alcune, usano entrambi le tipologie di concia in base al prodotto da realizzare ed alle richieste dei clienti. Per quanto riguarda le fasi di lavorazione della pelle, sono quelle iniziali ad esporre i lavoratori a maggiore fatica, per via della manipolazione di pellame grezzo pesante, sporco, carico di residui di carne e di grasso: i lavoratori italiani, preferiscono infatti lasciare questo tipo di lavoro agli immigrati. Dato che gli impiegati devono alzare pelli molto pesanti, a causa dell’elevato contenuto di acqua, fra i lavoratori sono frequenti patologie di tipo muscolare e scheletrico. “Nel 2011, la sezione di Medicina del Lavoro, competente per il distretto di Santa Croce, ha condotto

2.8.2 Il distretto di Santa Croce: lo sfruttamento dei lavoratori.

L’Italia è un Paese rinomato per la sua produzione di borse in pelle di lusso, molto famose nel mondo della moda. Il distretto di eccellenza ben noto per la lavorazione conciaria, tanto da essere stato ribattezzato la Repubblica del Cuoio, è il centro produttivo di Santa Croce sull’Arno, in provincia di Pisa: qui, viene lavorata la pelle più “morbida e pregiata”. “Le concerie presenti nel distretto di Santa Croce sono 240, per la maggior parte di piccole dimensioni; si stima che la pelle conciata a Santa Croce è destinata per il 70% alle calzature, il 20% alla pelletteria ed il 10% all’abbigliamento”³³⁸. “Questo distretto contribuisce al 70% di tutto il cuoio per suole prodotte in Europa ed al 98% di quello prodotto in Italia”³³⁹. Le

337 Secondo i dati forniti da Unic, la materia prima bovina utilizzata dall’industria conciaria italiana nel 2014 risulta formata per 54.000 tonnellate da pelle grezza nazionale, 390.626 tonnellate da pelle grezza importata.

338 Polo Tecnologico Conciario, il Distretto del cuoio in Toscana, 2010.

339 Osservatorio nazionale distretti italiani, 2015.

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uno studio su 101 lavoratori addetti alle procedure iniziali: di tutti i lavoratori esaminati, 31 sono risultati positivi a disturbi alla colonna vertebrale”³⁴⁰. “Nell’intero comparto conciario di Santa Croce, dal 2009 al 2013 si sono registrati 720 infortuni: l’incidenza di infortuni fra i lavoratori italiani è risultata del 7,6%, fra gli immigrati del 14,4%”³⁴¹. Gli incidenti più gravi hanno rappresentato il 25%, di cui uno mortale avvenuto nel 2012: il titolare di un’impresa è stato urtato da un muletto ed è morto per emorragia cerebrale. Un altro incidente mortale si è verificato nel 2004, quando un lavoratore immigrato addetto al controllo nella fase di “piclaggio”³⁴², ha aperto un “bottale”³⁴³ dal quale è fuoriuscito acido solfidrico, un gas letale. L’avvelenamento da idrogeno solforato, detto anche acido solfidrico, è uno dei rischi più gravi per chi lavora nelle concerie, poiché si tratta di un gas incolore estremamente velenoso. Questo gas si forma all’interno dei bottali, a partire dai composti di zolfo, utilizzati nei processi di concia quali la decalcinazione ed il piclaggio, con un rischio più elevato di formazione in quest’ultima fase. La quantità di gas che si forma all’interno del bottale durante il piclaggio, dipende da vari fattori, fra cui i lavaggi inadeguati che lasciano nelle pelli un’alta quantità di solfuri, come residui delle lavorazioni precedenti. Per la prevenzione di tale rischio, i bottali in cui viene effettuato il piclaggio devono essere dotati di idonei impianti di aspirazione e di abbattimento, capaci di eliminare l’idrogeno solforato che si forma durante la lavorazione.

“In seguito al caso di decesso nel 2004, il sindacato CGIL ha dichiarato che l’impianto di aspirazione non era funzionante e che l’impiegato non indossava la mascherina di protezione dai gas, poiché probabilmente non era stato istruito adeguatamente”³⁴⁴. Oltre agli incidenti, nelle concerie sono comuni anche le malattie professionali, ovvero quei disturbi legati a determinati lavori che presuppongono il contatto con so-

stanze pericolose, la permanenza in ambienti insalubri e lo svolgimento di lavori logoranti. “Tra il 1997 e il 2014 sono stati riscontrati 493 casi di malattie professionali, suddivisi in cinque gruppi: malattie muscolo-scheletriche (44%), tumori (19%), dermatiti da contatto (dovute a sostanze chimiche utilizzate nel ciclo di lavorazione della pelle), ipoacusie da rumore e malattie respiratorie”³⁴⁵. È durante la fase di concia vera e propria, che vengono utilizzate sostanze chimiche tossiche che causano principalmente reazioni allergiche nella pelle dei lavoratori e malattie respiratorie, come l’asma bronchiale, tra queste vi sono: il cromo ed i suoi composti, formaldeide, coloranti e composti della gomma. Tra questi è il cromo che serve a trasformare la pelle da materia putrescibile a prodotto imputrescibile: l’80% della concia effettuata a livello mondiale avviene per mezzo di questo prodotto minerale. “Per la concia della pelle viene utilizzato comunemente il cromo “trivalente”, il quale non rappresenta fonte di rischio per la salute umana; tuttavia, in particolari condizioni, even-

340 Relazione USL 11 Empoli, Rischi ergonomici in alcune lavorazioni conciarie, convegno Sicurezza e Salute nelle concerie, 2011.

341 Pierpaolo Corradini, Stefano Gallo, Francesco Gesualdi, Report Change your shoes, Una dura storia di cuoio - viaggio nell’industria della concia tramite il distretto di Santa Croce, 2016, p.37 342 Il piclaggio è un processo che serve sostanzialmente a preparare i pellami per la vera e propria fase di concia attraverso la riduzione del pH da 7 a 4 (circa), oltre che garantire l’assorbimento dei sali concianti (composti di cromo, alluminio e zinco), permette ai pellami di essere conservati anche per lunghi periodi e blocca definitivamente la macerazione.

343 Tutte le operazioni chimiche, fino alla rifinizione, sono condotte con l’impiego di acqua ed in un reattore tipico della conceria detto bottale, sostanzialmente costituito da un cilindro ruotante intorno al proprio asse nel quale vengono immesse le pelli, l’acqua ed i prodotti chimici necessari.

344 Pierpaolo Corradini, Stefano Gallo, Francesco Gesualdi, Report Change your shoes, Una dura storia di cuoio - viaggio nell’industria della concia tramite il distretto di Santa Croce, 2016, p.38.

Conceria Bonistalli Stefanelli. Santa Croce. Vasche per la concia: le pelli vengono immerse per molti giorni in bagni di tannini vegetali che penetrano nella struttura della pelle e ne aiutano la trasformazione in cuoio.

345 Pierpaolo Corradini, Stefano Gallo, Francesco Gesualdi, Report Change your shoes, Una dura storia di cuoio - viaggio nell’industria della concia tramite il distretto di Santa Croce, p.39.

346 Pierpaolo Corradini, Stefano Gallo, Francesco Gesualdi, Report Change your shoes, Una dura storia di cuoio - viaggio nell’industria della concia tramite il distretto di Santa Croce, La questione cromo, p.42.

Pellame grezzo prima della lavorazione.

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tuali particelle di cromo trivalente rimasto allo “stato libero” nella pelle conciata, possono virare verso la forma di cromo “esavalente”, il quale risulta molto tossico ed estremamente pericoloso per gli esseri umani”³⁴⁶. “Esso è riconosciuto come agente cancerogeno: infatti, il regolamento UE 301/2014 vieta la vendita di prodotti in cuoio contenenti cromo VI (cromo esavalente), in concentrazioni superiori a 3mg/kg”³⁴⁷. Il passaggio da cromo trivalente ad esavalente, può avvenire sia nelle fasi di lavorazione della pelle (esponendo quindi i lavoratori ai composti irritanti per gli occhi, la pelle e le mucose) quando la mutazione è favorita dall’interazione con sostanze grasse utilizzate nella fase di rifinizione, sia nel prodotto finito, quindi borse o scarpe in pelle già lavorata, esposto ad elevate temperature ambientali. Questo problema deve essere prevenuto, all’interno delle concerie, osservando correttamente le migliori procedure conciarie; altrimenti, optando per alternative concianti più rispettose verso la salute umana, sia del lavoratore che del consumatore.

Tipica conceria in Bangladesh: i lavoratori inseriscono le pelli nei bottali pieni di sostanze chimiche pericolose per la salute a torso nudo.

po, ha documentato una crisi di salute e sicurezza sul lavoro per gli impiegati delle concerie: malattie della pelle e disturbi respiratori, causati dall’esposizione ad agenti chimici per la concia ed amputazioni di arti causati da incidenti con pericolosi macchinari per la lavorazione delle pelli. Le concerie ad Hazaribagh sono state al centro di rapporti, studi, indagini e persino inchieste del governo che risalgono agli anni Novanta e che hanno documentato un’ampia gamma di abusi di diritti umani e, condizioni problematiche che ruotano intorno a tali imprese. “Tra queste, vi sono l’inquinamento industriale non regolato di aria, acqua e suolo; malattie tra i residenti; condizioni di lavoro pericolose e lavoro infantile spesso in condizioni rischiose, per retribuzioni misere”³⁵⁰. Ragazze e ragazzi, alcuni solo di undici anni, hanno lavorato in queste concerie, per dodici o persino quattordici ore al giorno, considerevolmente oltre il limite delle cinque ore fissato dalla legge per gli adolescenti. “Nonostante l’esistenza di una legge che vieta ai bambini i lavori pericolosi, dallo studio è emerso che in Bangladesh maneggiano le pelli nei pozzi pieni di acqua e sostanze chimiche, tagliano la pelle con rasoi ed utilizzano macchinari pericolosi, il tutto senza formazione o supervisione”³⁵¹. “Secondo l’ultimo rapporto dell’Organizzazione mondiale della sanità, il 90% delle persone che hanno lavorato in queste fabbriche, moriranno prima di compiere cinquant’anni, mentre la metà di questi (circa 8mila), ha già sviluppato problemi respiratori”³⁵². Il rapporto del 2012 di HRW ha descritto la condizione delle acque di smaltimento, riversate dalle concerie nei canali di scarico verso il fiume, come contenenti cromo, piombo e altre sostanze tossiche, oltre a peli e carne di animali. “Il governo ha stimato che ogni giorno, ad Hazaribagh, sono stati liberati circa 21mila metri cubi di scarichi non trattati delle concerie, superando i limiti di scarico per concerie permessi in Bangladesh, rispetto ai livelli di concentrazione previsti”³⁵³. Gran parte della pelle prodotta in Bangladesh finisce nei paesi dell’Unione europea. Nell’anno finanziario 2011-2012, il Bangladesh ha esportato 81 milioni di dollari in pelle e prodotti in pelle (in-

Un lavoratore a piedi nudi si trova all’interno di un bottale alto 8 piedi, pieno di solfato di cromo (III) e altri prodotti chimici. I lavoratori devono spesso entrare all’interno dei bottali per rimuovere i pellami.

Immagine di Larry C. Price. Bangladesh, 2016.

2.8.3 I distretti conciari del Bangladesh: danni all’ambiente e ai lavoratori.

Il Bangladesh è l’area del mondo in cui si concentra in modo massiccio la lavorazione della pelle per l’industria della calzatura e degli accessori. “I motivi sono il basso costo del lavoro, l’assenza di obblighi legislativi a protezione dell’ambiente e dei lavoratori”³⁴⁸. Ogni anno il Bangladesh esporta pellame per milioni di dollari in almeno settanta paesi, tra cui l’Italia, gli Stati Uniti, il Giappone e la Cina. La maggior parte delle pelli sono state prodotte nel quartiere di Hazaribagh, alla periferia di Dhaka (capitale del Bangladesh), una piccola zona dove nelle concerie hanno lavorato circa 15 mila persone. “Nell’ottobre del 2012 un rapporto dell’associazione per i diritti umani Human Rights Watch sull’inquinamento e i rischi per la salute provocati dalle concerie di Hazaribagh”³⁴⁹, basato su nove settimane di ricerca sul cam347 https://www.minambiente.it/sites/default/files/regolamento_ue_301_25_03_2014.pdf 348 https://www.sustainability-lab.net/it/blogs/sustainability-lab-news/devono-preoccupare-anche-noi-le-concerie-del-bangladesh.aspx 349 Toxic Tanneries - The Health Repercussions of Bangladesh’s Hazaribagh Leather, October 8, 2012 https://www.hrw.org/report/2012/10/08/toxic-tanneries/health-repercussions-bangladeshs-hazaribagh-leather

Gli adolescenti lavorano al fianco degli uomini in alcuni dei lavori di conceria più pericolosi: un ragazzo lavoratore butta all’interno del bottale pieno di solfato di cromo e altri prodotti chimici del pellame grezzo. Immagine di Larry C. Price. Bangladesh, 2016.

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350 https://www.repubblica.it/solidarieta/equo-e solidale/2013/04/03/news/conciature_pelle_italia_acquirenti_di_pelle_attenzione-55895839/ 351 https://www.hrw.org/news/2012/09/10/pensateci-quando-comprate-la-pelle 352 http://www.vita.it/it/article/2017/03/21/le-pelli-lavorate-dagli-schiavi-bambini-che-finiscono-nei-nostri-negoz/142835/ 353 https://video.repubblica.it/mondo-solidale/bangladesh-21-mila-metri-cubi-di-veleno-al-giorno/124291/122779

Un lavoratore di conceria rimuove le pelli dal bottale, contenente una soluzione di solfato di cromo, senza protezioni per le mani ed i piedi. Immagine di Larry C. Price. Bangladesh, 2016.

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cluse calzature) in Italia, 52 milioni in Germania e 22 in Spagna. “In Italia viene organizzata tutti gli anni Lineapelle, una delle principali fiere internazionali della pelle, dove oltre un migliaio di espositori da più di quaranta paesi mettono in mostra i nuovi prodotti, dando un’idea di quelle che saranno le mode dell’anno a seguire per quanto riguarda calzature, abbigliamento e accessori”³⁵⁴. Human Rights Watch ha ripetutamente contattato gli organizzatori della fiera Lineapelle, per informarsi se avessero condotto alcun esame per assicurarsi che eventuali espositori attivi in Bangladesh, lavorino in conformità con gli standard internazionali e le leggi ambientali e di lavoro del Bangladesh. “Human Rights Watch ha incoraggiato gli organizzatori a promuovere una riforma delle concerie di Hazaribagh ed evitare di essere ricondotti agli abusi, ma Lineapelle non ha risposto”³⁵⁵. A seguito di forti pressioni internazionali, il Governo bengalese, nell’aprile del 2017, ha ordinato il ricollocamento delle concerie nel “Savar leather industrial park di Hemayetpur”, nella città di Savar, a poco più di 25 km dalla capitale; ma lo spostamento ha riproposto le criticità già presenti ad Hazaribagh. “Qui

Operai svuotano una vasca dai rifiuti di una conceria.

Un lavoratore rimuove le pelli a mani nude da un bagno alcalino.

Le piaghe aperte e la desquamazione della pelle sono comuni tra i lavoratori, che maneggiano sostanze chimiche per la concia senza guanti. Alcuni lavoratori affermano che le mani diventano così rigide, che non possono aprire le dita se la loro pelle non è bagnata.

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le concerie bengalesi, da cui proviene la pelle usata per produrre borse, scarpe, portafogli e cinture vendute in tutto il mondo, continuano a scaricare sostanze tossiche nelle acque del sistema fluviale del Paese ed a sfruttare la manodopera locale”³⁵⁶. A Savar la manodopera lavora senza alcuna protezione per dieci ore al giorno, con uno stipendio medio di 136 euro al mese, senza alloggi né strutture ospedaliere vicine.

Inoltre, come denunciato dalla ONG Save the environment movement, l’impianto di depurazione Common effluent treatment plant (Cetp) non sta funzionando e le concerie proseguono a smaltire ingenti quantità di rifiuti tossici nelle acque del fiume Dhaleshwari, direttamente collegato con il Buriganga. Inoltre le condizioni dei lavoratori non accennano a migliorare, nonostante i provvedimenti presi dal governo: secondo un recente studio, circa il 61% degli occupati nel distretto industriale di Savar, deve far fronte a problemi di salute e/o di sicurezza collegati alle condizioni lavorative. Lo studio si è basato su interviste fatte a 105 lavoratori, provenienti da vare industrie del distretto: tra i problemi di salute denunciati dagli intervistati vi sono mal di testa, bruciature, dolori alle mani, alle gambe, alle ginocchia ed alla schiena.

Lo studio ha additato come principali cause l’esalazione di agenti chimici tossici, l’emissione di gas nocivi, polvere e rumore eccessivi ed ambiente troppo inquinato. Le industrie che continuano a non rispettare gli standard ambientali e di sicurezza sul lavoro, incontrano poi maggiori difficoltà nel vendere i loro prodotti sul mercato globale: così, nonostante il trasferimento delle concerie da Hazaribagh a Savar, il settore della pelle in Bangladesh ha comunque risentito di un calo nelle esportazioni. Secondo i dati dell’agenzia governativa che monitora l’export del Bangladesh, il guadagno per il periodo annuale 2017-2018 è stato poco più di un miliardo di dollari, mentre per il periodo 2016-2017 era di 1,23 miliardi.

Ad oggi, i maggiori importatori di pelli dal Bangladesh sono gli altri Paesi asiatici: Corea del Sud, Hong Kong e Cina. In Europa invece i compratori principali sono Italia, Spagna e Portogallo: qui le pelli vengono utilizzate dalle aziende di alta moda, come Michael Kors, Coach, Burberry, Louis Vuitton e Hugo Boss.

Operai svuotano una vasca dai rifiuti di una conceria.

354 https://www.hrw.org/news/2012/09/10/pensateci-quando-comprate-la-pelle 355 https://www.repubblica.it/solidarieta/equo-e-solidale/2013/04/03/news/conciature_pelle_italia_acquirenti_di_pelle_attenzione-55895839/ 356 https://www.rsi.ch/news/oltre-la-news/Dalla-mucca-alla-borsetta-11450330.html

Impronte di mani in solfato di cromo si accumulano all’esterno di una parete di conceria. I lavoratori strofinano le pareti durante le pause per asciugare le sostanze chimiche dalle loro mani.

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2.8.4 L’impatto ambientale delle concerie L’industria conciaria svolge un ruolo importante nell’economia di un paese attraverso l’occupazione e i proventi delle esportazioni, ma con il conseguente inquinamento causato dal processo conciario che causa un grave degrado ambientale. L’intero ciclo di vita dei prodotti in pelle, dall’inizio alla fine della lavorazione del prodotto, coinvolge una serie di sostanze chimiche e materiali ed ha un impatto sull’ambiente. “L’industria conciaria è una delle principali fonti di inquinamento e, le acque ref lue delle concerie in particolare, rappresentano la principale preoccupazione ambientale”³⁵⁷. “I rifiuti dell’industria conciaria hanno un grave impatto sull’acqua (con la sua elevata richiesta di ossigeno, lo scolorimento e i componenti chimici tossici”³⁵⁸, i sistemi terrestri e atmosferici. La tecnologia conciaria convenzionale della pelle è altamente inquinante, in quanto produce grandi quantità di inquinanti organici e chimici. Queste sostanze inquinanti, per lo più contenute negli scarichi, rappresentano una grave minaccia per l’ambiente. “Per ogni dieci tonnellate di pelle salata e pelle lavorata, vengono rimosse dalle due alle tre tonnellate di sale”³⁵⁹.

Quando gli eff luenti di conceria non trattati vengono scaricati, questi vanno ad inquinare i corsi d’acqua e, quando viene permesso alle concerie di scaricare nelle acque sotterranee per un periodo prolungato, questo inf luisce gravemente sulle falde acquifere delle località. “Gli altri principali componenti chimici dei rifiuti della concia sono il solfuro e il cromo: queste sostanze chimiche, miscelate con l’acqua, inquinando le acque sotterranee in modo permanente, rendendole inadatte al consumo generale”³⁶⁰. “È stato stabilito che una singola conceria può causare l’inquinamento delle

Un cane in cima ad una catasta di ritagli di cuoio sulle rive di un grande canale effluente, che trasporta rifiuti tossici nel vicino fiume Buriganga. Immagine di Larry C. Price. Bangladesh, 2016.

Per decenni, Hazaribagh è stato l’epicentro dell’industria conciaria del cuoio in Bangladesh. Più di 150 concerie nel quartiere di Dhaka scaricano acque reflue non trattate in canali aperti, fiancheggiati da scarti di pelli in decomposizione. Immagine di Larry C. Price. Bangladesh, 2016.

Lavoratori scaricano i rifiuti di conceria nella zona industriale sulle rive del fiume Daleshwari a Savar, in Bangladesh. Più di 100 concerie di cuoio che sono state costrette a trasferirsi a causa del loro enorme inquinamento e stanno ora gettando rifiuti tossici in questo fiume, creando nuovi problemi ambientali e sanitari per i membri della comunità e per i lavoratori. (Foto AP / A.M. Ahad), 28 giugno 2018.

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2.9 L’industria della pelle non è sostenibile

acque sotterranee in un raggio di 7-8 km”³⁶¹.

La lavorazione delle pelli comprende una serie di operazioni, le quali possono essere classificate secondo tre fasi: pre-concia, ovvero fasi in cui le pelli grezze vengono pulite; processo di concia, il quale stabilizza permanentemente le pelli ed infine le operazioni di post concia o di rifinizione, in cui il valore finale di forma viene aggiunto alla lavorazione delle pelli.

La concia richiede enormi quantità di energia e sostanze chimiche pericolose, tra cui sali minerali, formaldeide, derivati del catrame di carbone e vari oli, coloranti e finiture, alcuni dei quali a base di cianuro. Inoltre, è stimato che tra l’80% ed il 95% di tutta la produzione mondiale, utilizzi la concia al cromo. “Nelle fasi di produzione sono necessari grandi quantità di macchinari e prodotti chimici per produrre prodotti in pelle. Per alimentare queste macchine sono necessari grandi quantità di combustibili fossili che, se bruciati, producono gas a effetto serra. Alla fine dell’intero ciclo di lavorazione della pelle, rimangono pezzi di pelle indesiderati: questi ultimi trovano la loro strada nelle discariche e nelle fonti d’acqua, finendo negli oceani. Prima di decomporsi possono passare dai cinquanta ai cento anni e, nel frattempo, i prodotti chimici usati per conciare e tingere la pelle si disperdono nell’ambiente”³⁶². Vi è dunque la necessità di rinnovare i metodi di lavorazione della pelle, per la sostenibilità dell’industria di tale lavorazione: per sostenibilità si intende il raggiungimento di un equilibrio ambientale, sociale ed economico.

A livello mondiale, l’India è il secondo più grande Paese produttore di calzature ed esportatore di abbigliamento in pelle. L’industria della pelletteria indiana è destinata a crescere in modo esponenziale nei prossimi anni, con un obiettivo di crescita del 50% delle esportazioni. Il consumo pro capite di calzature in India dovrebbe aumentare e il consumo interno totale dovrebbe raggiungere i 5 miliardi di paia entro il 2020. L’industria è ad alta intensità di manodopera e dà lavoro a circa 3 milioni di persone, di cui il 30% sono donne. “L’India produce circa il 18% della pelle mondiale ed è un grande fornitore di diversi marchi internazionali, ha un enorme mercato interno di calzature e prodotti in pelle”³⁶³. Nonostante l’India sia leader mondiale nella produzione di pelle, questo Paese sta guidando un movimento per abolire i prodotti in pelle di animali: “molte scuole chiedono ai bambini di non indossare scarpe in pelle e, nonostante l’economia non offra molte alternative, la visibile devastazione della nazione a causa dell’industria conciaria, ha reso la popolazione motivata ad agire”³⁶⁴. Alimentata dalla crescente domanda globale di pelletteria di lusso, si prevede che l’industria globale della pelletteria sarò cresciuta del 5% di “CAGR”³⁶⁵ entro il 2022, “raggiungendo un’enorme cifra di 289 miliardi di dollari”³⁶⁶. “Per tenere il passo con la domanda, l’industria dovrà macellare circa 430 milioni di vacche all’anno entro il 2025: per fare un confronto, nel 2016 il numero 362 Dr. V. G. Patel, Green insight, Leather and Environment, June 2017, p.3.

363 Dr. V. G. Patel, Green insight, Leather and Environment, Indian Policy for Leather Technology and Environmental Issues, June 2017, p.6.

364 https://i-d.vice.com/it/article/qv83d7/quello-che-forse-non-sapete-sulla-controversa-e-scomoda-questione-della-pelle.

365 C.A.G.R. (Compound Annual Growth Rate) o tasso annuo di crescita composto, è un indice che rappresenta il tasso di crescita di un certo valore in un dato arco di tempo.

366 Techavio, Global Leather Goods Market: 2018-2022, 2018.

367 Lucy Siegle, The Guardian, Is it time to give up leather?, 2016.

368 https://www.peta.org/issues/animals-used-for-clothing/leather-industry/leather-environmental-hazards/ 369 Lucy Siegle The Guardian, Is it time to give up leather?, 2016.

370 John Kerr, John Landry, Global Fashion Agenda and Boston Consulting Group, Pulse of the Fashion Industry, 2017. http://globalfashionagenda.com/wp-content/uploads/2017/05/Pulse-of-the-Fashion-Industry_2017.pdf

358 Song Z, Williams CJ, Edyvean RJ, Sedimentation of tannery watewater, Water Res, pp. 2171-2176.

359 Paul Basker, Tanneries in Dindigul District, Dossier of Tannery Pollution in Tamil Nadu, Peace Trust, 2000, pp.208-210.

360 N.C. Mondal, V.K., Sharma, U.S. Singh, Impact of pollution due to tanneries on groundwater, Groundwater Group, National Geographical Research Institute, Hyderabad, 2005.

361 Bhaskaran,T.R., Treatment and Disposal of Tannery Effluents, CLRI, Chennai, 1977.

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era di 290 milioni”³⁶⁷ e si tratta solo di mucche. La pelle proviene anche da molti altri tipi di animali, tra cui maiali, capre, pecore, alligatori, serpenti, canguri, razze, struzzi e persino animali domestici come cani e gatti; questa crescita è problematica sia dal punto di vista etico che ambientale. L’allevamento di animali richiede enormi quantità di mangimi, pascoli, acqua e combustibili fossili. In particolare, l’allevamento degli animali la cui pelle alla fine diventa cuoio, richiede grandi quantità d’acqua e ampi tratti di pascolo, che devono essere liberati della presenza degli alberi. Nell’ultimo mezzo secolo, infatti, il 70% della foresta amazzonica è stato abbattuto per far posto a pascoli: questa deforestazione di massa causa la perdita di habitat per milioni di specie, elimina la chioma degli alberi della Terra e determina il cambiamento climatico. Enormi quantità di combustibili fossili vengono consumate nella produzione della pelle, sia negli allevamenti che nelle concerie; inoltre la pelle di origine bovina, ha un impatto ambientale negativo quasi tre volte superiore a quello delle pelli sintetiche”³⁶⁸. La produzione di pelle ferisce gli animali, l’ambiente ed i lavoratori che la producono, gli unici a beneficiarne sono le aziende che traggono profitto dalla miseria e dalla sofferenza degli altri. “Gran parte dell’industria della pelle si distribuisce nei Paesi in via di sviluppo, come il Bangladesh e l’India dove, nonostante il continuo sfruttamento degli animali e dell’uomo, l’impressionante livello di inquinamento causato da concerie e trasformatori non regolamentati, vi è ancora pressione sulla necessità di produrre di più”³⁶⁹. Tuttavia, non si tratta di una questione di regolamentazione, poiché anche la migliore non può controllare efficacemente ciò che accade tutti i giorni agli animali uccisi per la loro pelle. Bensì, si tratta di una questione economica e culturale: se i consumatori decidessero di ridurre il consumo di abbigliamento in pelle, la produzione si ridurrebbe gradualmente. Ciò significherebbe meno animali uccisi, meno lavoratori sfruttati e meno

danni all’ambiente. “La pelle è il materiale più problematico dal punto di vista ambientale utilizzato nell’industria della moda e, ha un’impronta tre volte superiore a quella della pelle sintetica”³⁷⁰. I consumatori devono assumersi le loro responsabilità e articolare la loro domanda attraverso i loro obiettivi, facendo delle ricerche sui prodotti che acquistano, in modo da fare pressione agli stilisti ed ai fabbricanti, per ricercare soluzioni migliori.

Giganti della moda come Stella McCartney, hanno già dimostrato che è possibile dirigere un’impresa, mentre si partecipa in maniera responsabile all’industria tessile e di produzione.

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3.

Moda cruelty-free ed eco-sostenibile

129

3.1 Ecopelliccia e pelle vegetale: due alternative etiche e sostenibili

to la loro produzione risp etto a varie comp onenti di origine animale ed ora guardano anche alla sostenibilità dell’ambiente. Questo anche grazie ad un’organizzazione come la Lav, la più imp ortante asso ciazione p er la difesa dei diritti animali italiana, che nel 2015 ha stilato un rating etico che classifica le aziende di moda, in base alle p olitiche commerciali risp ettose dei diritti animali. Più un Brand s’imp egna a non utilizzare materiali di origine animale, più alto sarà il livello di rating, che è quindi una sorta di premio. Oggi le alternative ai materiali più utilizzati nel camp o della moda esistono e sono molteplici, stilisti e consumatori consap evoli non p ossono più ignorarle. Le alternative ai materiali di origine animale p ossono essere naturali, quindi provenienti dal mondo vegetale oppure sintetiche ed artificiali (man made). Grazie alla ricerca ed alle nuove te cnologie, nuovi materiali vengono realizzati a partire da fibre vegetali e dal riciclo di quelle sintetiche, diminuendo così anche l’impatto ambientale.

L’industria della moda è sempre più attenta ed in continuo aggiornamento: ogni anno le aziende producono materiali innovativi ed a ridotto impatto ambientale. Collaborando con diversi istituti di ricerca, le aziende di moda sono riuscite a trovare materiali eticamente ed e cologicamente più sostenibili, risp etto all’utilizzo delle classiche comp onenti di origine animale: ora è p ossibile parlare di p elle e p ellicce e cologice, ma soprattutto, è p ossibile utilizzare questi materiali p er la produzione di capi d’abbigliamento così come di accessori. Tutto ciò può garantire la sopravvivenza non solo di milioni di animali, ma anche dell’ambiente e della moda stessa, che p er sua natura tende a evolversi: così, la pratica di utilizzare qualunque fibra o sostanza di provenienza animale risulterà alquanto preistorica.

L’anno zero della rivoluzione vegana in ambito fashion è stato il 2018: a settembre di quest’anno, uno degli eventi moda più imp ortanti, la London Fashion We ek, ha bandito dalle sfilate le p ellicce vere. La capitale britannica dello stile p er prima e soprattutto in o ccasione di uno degli appuntamenti di moda tra i più imp ortanti al mondo, ha dato il via ad una nuova era nel Fashion System. Ma oltre le p ellicce, la missione di sempre più stilisti è quella di rendere capi e accessori sempre più orientati verso la p olitica animal free e ci stanno riuscendo. Non solo la p elliccia, ma anche altri materiali di origine animali come la seta, la lana e le piume p er abiti e accessori. Alcuni tra i più noti marchi di moda hanno dimostrato che la p olitica cruelty free e l’industria della moda si abbraccino sempre più: Armani, Gucci, Burberr y, Tommy Hilfiger, Michael Kors, Hugo Boss, Calvin Klein, Jean Paul Gaultier, Vivienne Westwo od e Stella McCartney, negli ultimi anni, hanno ov via-

Pelliccia faux fur di Gucci dalla Collezione FW 2018-19.

Mantella in finta pelliccia di Burberry color arcobaleno, foderata con il tessuto check della maison ed indossata dalla modella Cara Delevingne, tornata eccezionalmente in passerella dopo il suo abbandono nel 2006.

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3.1.1 Pelliccia ecologica La pelliccia ecologica è la versione cruelty free alla pelliccia animale: eco, poiché i metodi di produzione non vanno ad impattare sull’ambiente, al contrario delle “pellicce sintetiche” e perché viene prodotta con fibre naturali; cruelty-free (senza crudeltà, in inglese), poiché la sua realizzazione non prevede l’uccisione sistematica dei cosiddetti “animali da pelliccia”. Il termine fa riferimento ad una composizione materiale che va ad imitare la vera pelliccia animale, nel colore e nella texture: viene infatti tinta e stampata, a somiglianza dei manti naturali degli animali e con colori di fantasia che seguono i dettami della moda. “In Italia, l’utilizzo di questo tipo di pelliccia per la confezione di capi d’abbigliamento, borse e persino calzature è iniziato nel 1963”³⁷¹.

“La pelliccia ecologica ha infatti origine negli anni Sessanta, in concomitanza con le pressioni esercitate da gruppi di interesse per i diritti degli animali, i quali hanno fatto pressione per abolire l’utilizzo delle pellicce animali, essenzialmente per tre ragioni”³⁷²: innanzitutto, per le terribili condizioni in cui vengono allevati

Maxi coat in ecopelliccia dalla collezione Autunno Inverno 2017-18 Elisabetta Franchi, ispirata al carisma dell’attrice Evita Perón. Le diverse tonalità del rosa antico, il bianco ed il nero caratterizzano una trama ricercata.

Cappotto lungo in pelliccia faux fur di Versace dalle Pre-Collezioni Autunno-Inverno 2019-20.

Bella Hadid per Micheal Kors: pelliccia faux fur in stampa leopardo.

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Dalla collezione Autunno Inverno 2019-20 ispirata allo Space Age look degli anni Sessanta, due modelli di ecopelliccia firmati Elisabetta Franchi: a sinistra un cappotto lungo dalla forma più classica con un grande cappuccio, a destra un modello più corto bicolor con zip centrale.

371 https://it.wikipedia.org/wiki/Pelliccia_ecologica 372 http://www.greenews.info/prodotti/ecologia-e-moda-dalla-guerra-delle-pellicce-alla-riscossa-di-asia-eafrica-20140731/

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gli animali, destinati a morire per diventare pellicce da far sfilare in passerella; per ridurre l’impatto ambientale legato al processo di lavorazione delle pellicce di origine animale ed infine, per ridurre i costi (oggi come allora, le pellicce vere sono estremamente costose, rispetto alle pellicce ecologiche). Alla vera pelliccia è stato associato un aspetto austero, dai colori sempre uguali, come il bianco, il nero ed il marrone; oggi invece le pellicce ecologiche non solo sono più economiche, ma hanno caratteristiche diverse per quanto riguarda il formato ed i colori. Le vere pellicce di produzione meno recente sono per lo più lunghe; pellicce più corte, come quelle ecologiche, hanno fatto il loro ingresso nel mondo della moda solo in anni più recenti ed oggi sono diffusi formati e colori diversi. Ciò nonostante la produzione della classica pelliccia lunga, fatta per riscaldare tutto il corpo, non è stata del tutto abbandonata, ma è stata riadattata per un pubblico giovane grazie a colori vivaci e trame ricercate. Si tratta di pellicce prodotte con materiali del tutto ecosostenibili, come cotone biologico: ciò dimostra l’intenzione di salvaguardare non solo le specie animali, ma l’ecosistema nel suo complesso, includendo anche l’ambiente. Nonostante, quindi, non siano state del tutto bandite le fibre sintetiche, attualmente, l’obbiettivo dell’industria è quello di confezionare capi realizzati con materiali ottenuti senza impattare in maniera importante sull’ambiente. Grande promulgatrice di questa tendenza è stata Stella McCartney, che già nel 2015 ha portato le sulla passerella le pellicce ecologiche, spingendo da lì in poi altri stilisti a seguire la guida morale.

Gilet lungo e aperto in ecopelliccia dalla sfilata Autunno Inverno 2018-19 Elisabetta Franchi: per questa collezione la stilista ha preso come musa ispiratrice la Monica Vitti degli anni Settanta.

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Collezioni Autunno Inverno 2015-16 Stella McCartney: due modelli di pelliccia faux fur sfilano in passerella durante la settima della moda di Parigi.

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3.1.2 Pelle vegetale

3.1.2.1 Winelather : la pelle nata dallo scarto del vino.

Sono sempre di più le aziende internazionali di moda, che puntano a sostituire il cuoio di origine animale con alternative cruelty free ed eco-compatibili, in tutto e per tutto simili alla pelle nella resa. La pelle vegana è un’alternativa di origine vegetale al cuoio animale: grazie a processi di produzione innovativi, oggi è possibile realizzare il cuoio vegano partendo dalla lavorazione di materiali vegetali, spesso derivanti da scarti di lavorazioni. La pelle vegana è dunque un prodotto naturale ed anche ecologico che consente di ottenere scarpe, borse, cinture e persino abiti normalmente prodotti in cuoio animale. La pelle vegana può essere ottenuta da fibre vegetali, che vengono lavorate in modo tale da avere resistenza, aspetto e traspirabilità simili alla pelle animale. Negli ultimi anni, numerose aziende hanno investito nella produzione di pelle vegetale, offrendo diverse valide alternative ai classici indumenti ed accessori in pelle di origine animale. Generalmente la pelle vegana viene realizzata da aziende artigianali, le quali adottano sistemi di produzione a basso impatto ambientale, dalla forte impronta etica e sostenibile. La pelle commercializzata da queste aziende è un prodotto innovativo e di qualità, privo di sostanze tossiche o dannose, nel quale viene posta estrema attenzione durante l’intero processo produttivo.

Vinaccia, materia prima derivante dal processo di produzione del vino, costituita da bucce, semi e raspi dell’uva.

di essere utilizzati in diverse applicazioni. “Dallo studio è emerso che le fibre vegetali contenute nelle bucce e nei semi dell’uva, sono ideali per creare una pelle vegetale: si tratta di Wineleather”³⁷⁴, un biomateriale che si ottiene dalla lavorazione delle fibre e degli oli vegetali contenuti nella vinaccia, materia prima totalmente vegetale costituita dalle bucce, semi e raspi dell’uva ricavati appunto dalla produzione del vino. Per il processo di produzione della pelle si parte appunto dalla vinaccia, la quale viene essiccata in modo tale che non si biodegradi, che si conservi e possa essere utilizzata anche a distanza di tre anni a partire dalla data dell’essicazione. Grazie a questa procedura, la materia prima rimane sempre disponibile per la produzione di Wineleather senza dover attendere ogni anno il periodo della vendemmia. Successivamente vengono eseguiti dei trattamenti fisici e meccanici brevettati: si realizza una miscela che viene spalmata, fino a realizzare dei veri e propri teli. Il processo produttivo termina con trattamenti di finitura specifici, in modo tale da conferire alla pelle gradazioni di peso, spessore, elasticità, goffratura e colore differenti in base alle diver-

La prima collezione di abiti, calzature e borse interamente creati con Wineleather; la direzione creativa è stata affidata all’eco-designer Tiziano Guardini. La collezione creata da Tiziano Guardini racconta di una musa, creatura del giorno e della notte,legata alla terra ma anche alle stelle, la quale si muove con un passo sicuro perché avanza in armonia con la natura stessa. Una viaggiatrice nel mondo, che racconta di una nuova sensibilità, del risveglio ad un nuovo sentimento nella creazione di ogni cosa, di quell’essenziale raccontato con poesia e lucidità dalla volpe di Antoine de Saint-Exupéry.

“Nel 2016 è nata l’azienda milanese Vegea S.r.l.”³⁷³, produttrice di biomateriali da utilizzare nei settori fashion e design: la ricerca è incentrata sulle creazioni di biomateriali innovativi, compatibili con tutte le applicazioni dei settori precedentemente citati, per rispondere alla crescente esigenza di utilizzare prodotti ecocompatibili e cruelty free. I fondatori sono Gianpiero Tessitore e Francesco Merlino, rispettivamente architetto e chimico industriale: spinti dalla volontà di trovare alternative all’utilizzo di prodotti e materiali comunemente impiegati nel settore moda, hanno intrapreso un percorso di ricerca finalizzato allo sviluppo di tecnologie innovative, per la produzione di tessuti biologici. In particolare, l’azienda ha condotto alcuni studi sugli scarti della produzione vinicola: poiché ogni anno vengono prodotti circa 26 miliardi di litri di vino, vi è una tonnellata di rifiuti derivanti da questo processo produttivo, con il potenziale

Pelle vegetariana Stella McCartney: dal 2013 l’azienda utilizza l’alter-nappa per la produzione di calzature e borse, un materiale innovativo realizzato in poliestere e poliuretano, con un supporto in poliestere riciclato. Ciò riduce la quantità di petrolio utilizzata nella produzione ed il rivestimento alter-nappa è realizzato con oltre il 50% di olio vegetale, una risorsa naturale rinnovabile.

373 https://www.vegeacompany.com/company/

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se applicazioni. Il rapporto tra produzione di vino e la pelle Vegea è semplice: da ogni 10 litri di vino prodotti si ricavano 2,5 kg di vinaccia, con i quali si può produrre 1 metro quadro di Wineleather. Questa pelle vegetale è ecologica, in quanto nel processo di produzione non vengono impiegati derivati del petrolio ed è anche cruelty free, ovvero non comporta l’uccisione sistematica di animali. Wineleather si distingue quindi anche da quelle pelli, impropriamente chiamate “ecopelli”, in quanto sintetiche e per la cui produzione vengono utilizzati prodotScampoli di tessuto in pelle 100% vegetale Wineleather e Gianpiero Tessitore, fondatore dell’azienda Vegea S.r.l, startup innovativa che si occupa della produzione di materiali green e animal friendly per i settori moda, arredo, auto e trasporti.

374 http://it.materialconnexion.com/wineleather-la-pelle-100-vegetale-creata-dal-vino/

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ti chimici dannosi per l’ambiente. Gianpiero Tessitore ha dichiarato sul sito dell’azienda che questa pelle vegetale, presenta le stesse caratteristiche meccaniche, estetiche e sensoriali di una vera pelle: di grande qualità, facilmente lavorabile e con bassi costi di produzione. L’obbiettivo è quello di utilizzare questo nuovo prodotto in sostituzione alle pelli sintetiche, le quali vengono prodotte con derivati del petrolio e prodotti chimici inquinanti; “Wineleather rappresenta una valida alternativa anche alla pelle di origine animale, la cui produzione comporta l’uccisione di miliardi di animali ogni anno, nonché il forte impatto ambientale dovuto al processo di concia ed il dispendio di acqua”³⁷⁵. Si tratta della prima pelle al 100% vegetale derivante dalla produzione del vino: “il valore aggiunto di questo materiale, risiede nella possibilità di riciclare gli scarti del processo di vinificazione, i quali ammontano ogni anno a 13 milioni di tonnellate ed attraverso il terreno, sono destinate a raggiungere le falde acquifere”³⁷⁶.

Una tale quantità di vinaccia, è in grado di fornire 3 miliardi di metri quadri di pelle vegetale; ad oggi l’Italia,è il più grande Paese produttore di vino con circa il 18% della produzione mondiale, un territorio ideale per la produzione di pelle vegetale. Il progetto ideato e realizzato da Vegea, ha una forte impronta di sostenibilità a 360°, in quanto favorisce l’instaurazione di un efficiente sistema circolare, in grado di trasformare i rifiuti in risorsa: fino a pochi anni fa la vinaccia non è stata considerata nient’altro che un rifiuto, ma grazie all’azienda Vegea è stata trasformata in una preziosa materia di lavorazione per una pelle, che potrebbe essere in grado di rivoluzionare il mondo della moda. L’azienda sta già industrializzando il processo produttivo di Wineleather, in collaborazione con industrie tessili e aziende vinicole. “Dopo un breve periodo di messa a punto della similpelle, Vegea ha lanciato una prima collezione di prova per testare il materiale usato per creare prodotti come scarpe, borse ed abiti”³⁷⁷. “Nel 2017 la pelle vegetale prodotta da Vegea ha vinto il premio delcolosso della moda H&M, il Global Change Award”³⁷⁸, considerato il premio internazionale più importante dell’economia circolare e dell’innovazione nel Fashion business. Ogni anno la fondazione H&M sceglie cinque business innovativi e rivoluzionari, con

una forte potenzialità industriale nel campo della moda, provenienti da tutto il mondo: il Global Change Award viene assegnato ai prodotti con maggiori potenzialità commerciali, che si distinguono per il loro tratto innovativo. “L’azienda H&M è un partner globale della Ellen MacArthur Foundation, la decima più grande fondazione privata degli Stati Uniti, la quale ha lo scopo di innovare i processi produttivi puntando sull’economia circolare”³⁷⁹.

L’azienda svedese, ha recentemente dichiarato l’obbiettivo di diventare 100% circolare, impiegando sempre più materiali come la pelle vegetale Wineleather.

3.1.2.2 MuSkin : la pelle che deriva dai funghi Grado Zero Espace, start up italiana di Montelupo Fiorentino, ricerca e sviluppa nuovi materiali applicabili ai settori industriali più disparati.

“Partendo dalla lavorazione di una particolare specie di fungo, ha creato un tessuto vegetale che imita la pelle scamosciata tratta dagli animali, ma molto più morbida denominata MuSkin”³⁸⁰.

“Questa pelle vegetale viene realizzata utilizzando il cappello di una specie di grande fungo parassita, originario delle foreste subtropicali, che trae nutrimento dal tronco degli alberi”³⁸¹.

Una volta estratto il materiale viene sottoposto a trattamenti simili a quelli della concia ma totalmente naturali: questi prevedono l’utilizzo di prodotti ecologici come eco-cere, in grado di conferire alcune caratteristiche essenziali al pellame. MuSkin è un’alternativa al 100% vegetale alla pelle animale: la totale assenza di sostanze tossiche, rende questa pelle ideale per l’uso in applicazioni a contatto con la pelle. “Inoltre, questa pelle vegetale funge da isolante termico, che assorbe l’umidità e la rilascia in tempi bre375 Per produrre un metro quadrato di pelle animale, sono necessari 240 litri d’acqua.

376 https://www.greenme.it/consumare/mode-e-abbigliamento/ecopelle-scarti-vino/ 377 https://www.lifegate.it/persone/stile-di-vita/vegea-collezione-pelle-di-vino 378 https://globalchangeaward.com/

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vi, limitando così la proliferazione di batteri”³⁸²; è traspirante, idrorepellente e atossica, caratteristiche importanti per un futuro impiego nelle suole interne delle calzature, oppure per il cinturino di un orologio. Può essere quindi applicata in tutti quei prodotti, che vengono utilizzati a diretto contatto con l’epidermide poiché non provoca alcun tipo di reazione allergica. MuSkin si presenta al tatto molto simile alla pelle realizzata in camoscio, ma con una consistenza che varia dal morbido al rigido tipico del sughero.

Ad oggi viene prodotta e venduta in quadrati ed in piccola quantità, che sono comunque adatte per produzioni in serie limitata; la produzione attuale è ridotta poiché al momento, la capacità produttiva del materiale è ancora ridotta (circa 40-50 metri quadrati al mese). Tuttavia la pelle vegetale ottenuta dai funghi, è già stata utilizzata per produrre una piccola varietà di accessori: in particolare, borse e cappelli.

Modello di borsa realizzata con la pelle vegetale MuSkin

MuSkin – sezione di pelle 100% vegetale. La superficie morbida di MuSkin ha un “tocco” molto simile alla pelle scamosciata e la sua consistenza, va da morbida a leggermente più dura come il sughero.

379 380 381 382

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https://www.ellenmacarthurfoundation.org/circular-economy/concept http://www.amapola.it/muskin-il-fungo-che-si-puo-indossare/ https://www.gzinnovation.eu/material/21/muskin-the-mushroom-peel https://www.lifegate.it/persone/stile-di-vita/muskin-pelle-origine-vegetale-funghi

3.1.2.3 Ligneah: il legno morbido che diventa pelle

Ligneah, un innovativo materiale multistrato composto da tranciato in l egno naturale, inciso al laser ed accoppiato ad un tessuto, dalle sensazioni tattili e visive simili a quelle del cuoio, ma con le connotazioni del legno naturale.

Una valida alternativa cruelty free alla vera pelle, in grado di garantire l’assoluta riciclabilità e biodegradabilità, con le stesse caratteristiche proprie della pelle animale e della stoffa. La sua realizzazione, dall’inizio della filiera produttiva fino al suo smaltimento, lo rende un materiale altamente ecosostenibile: il legno adoperato proviene da foreste, gestite secondo criteri di sostenibilità e di rispetto per chi vi opera.

“La certificazione FSC® garantisce la tracciabilità e la provenienza del legno.

Inoltre grazie ad un accordo fatto con l’organizzazione Tree Nation”³⁸⁴, per ogni prodotto venduto viene piantato un albero in Niger, in un bosco creato Ligneah© linea Engrave effetto Raster appositamente per il progetto Ligneah.

La moda è il primo settore che ha raccolto le potenzialità di questo nuovo materiale: le sue caratteristiche tecniche quali morbidezza, flessibilità e resistenza, ne permettono l’applicazione nell’abbigliamento, negli accessori e nelle calzature. MyMantra fornisce inoltre il materiale brevettato a diverse case di moda e aziende: gli acquirenti Ligneah© linea Raster: trama pitonata ricevono un foglio con un codice, per seguirne la crescita online. “Attraverso le micro incisioni laser il pannello di legno aumenta la propria duttilità: più le linee di incisione sono vicine tra loro, tanto più il legno diventa morbido. Le principali linee che impiegano lavorazioni laser per sviluppare particolari tipologie di trame, sono”³⁸⁵:

“L’amore per gli animali e l’esigenza di diminuire l’impatto degli allevamenti intensivi così comedell’industria conciaria sull’ambiente, sono gli elementi che hanno spinto una giovane designer e suo padre, verso la ricerca di prodotti naturali in grado di sostituire i pellami: Marta Antonelli e Marcello Antonelli, che da sempre condividono la stessa passione per la natura e gli animali”³⁸³. L’idea del progetto Ligneah nasce quindi dall’esigenza di sostituire la pelle animale, con un prodotto totalmente naturale, utilizzabile nei settori moda e design: la pelle 100% sostenibile fatta di legno. Questo progetto è diventato realtà con la fondazione dell’azienda MyMantra Srl: un punto di incontro tra la sostenibilità ambientale, il design innovativo ed il rispetto per la vita degli animali. La sperimentazione, durata più di un anno, è iniziata con la soluzione di sottrarre la fibra al legno, creare un multistrato di legno e tessuto ed inciderne la fibra, senza intaccare la parte sottostante. In seguito, grazie alla tecnologia laser ed ai sistemi di scansione fotografica (insieme ad altre soluzioni tecniche), si è potuto creare un tranciato di legno in grado di flettersi e piegarsi come un tessuto: un legno morbido. È nato così il tessuto

Marcello Antonelli e la figlia Marta, inventori del materiale Ligneah e rispettivamente CEO E fashion designer presso l’azienda MyMantra S.r.l.

Modello di borsa marchio OOD Italy realizzata in tessuto Ligneah. Le borse che vengono realizzate mantengono tutte le venature tipiche del legno ma con la morbidezza della stoffa.

385 http://www.ligneah.com/ 386 La vulcanizzazione è un processo di lavorazione della gomma che consente di legarla chimicamente allo zolfo mediante riscaldamento. Questo provoca una modifica della conformazione molecolare del polimero con aumento di elasticità e resistenza alla trazione.

383 https://www.huffingtonpost.it/2017/03/15/my-mantra-legno-pelle_n_15380452.html 384 L’azienda MyMantra ha scelto Tree Nation perché è un’organizzazione internazionale indipendente che s’impegna a combattere il cambiamento climatico, la desertificazione e la povertà promuovendo e sostenendo progetti di riforestazione in diverse parti del mondo.

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Ligneah© linea Engrave effetto Total

3.1.2.4 Pelle dalle foglie di ananas: Piñatex e la collaborazione con Hugo Boss

·Ligneah Vector Engrave: Linea storica caratterizzata da incisioni vettoriali che ora vengono riprese ed accentuate, ma la novità consiste nello spessore del materiale e nella tipologia del collante utilizzato. “Le caratteristiche del nuovo collante consentono a Vector di essere utilizzato per tutti quei prodotti che vengono sottoposti a stress strutturali sia di lavorazione che di utilizzo quotidiano. Data l’estrema resistenza al calore, Vector può essere applicato in processi produttivi che prevedono fasi di vulcanizzazione”³⁸⁶, come nel caso delle calzature sportive. Ligneah Vector rimane sempre e comunque morbido, il che lo rende adatto ad un impiego per tutti i settori della moda (dell’abbigliamento e delle calzature).

“Piñatex è il nome brevettato dall’azienda Ananas Anam, il quale fa riferimento ad un materiale naturale non tessuto simile alla vera pelle, ma realizzato in fibra di foglia d’ananas”³⁸⁷. Le foglie sono il sottoprodotto dell’agricoltura e dell’industria frutticola esistenti, le quali normalmente vengono gettate via. Piñatex® è un materiale naturale, di origine sostenibile e privo di componenti di origine animale: questa pelle vegetale viene realizzata a partire da fibre delle foglie della pianta d’ananas. Queste foglie vengono scartate dalla raccolta degli ananas, quindi la materia prima non richiede risorse ambientali aggiuntive per essere prodotta. “Rispetto alla pelle animale ed alla pelle sintetica, ad esempio pelle PU”³⁸⁸, la pelle di ananas è molto più sostenibile ed ecologica: le emissioni di CO2 sono molto inferiori e l’impatto ambientale è molto più ridotto rispetto alla pelle tradizionale. Ciò è dovuto in parte al fatto che le foglie di ananas vengono riciclate, ma anche al fatto che il processo di produzione di pelli animali e sintetiche richiede molte sostanze chimiche. Al di là del processo produttivo, la pelle di ananas è molto più etica: nessun animale o uomo viene danneggiato. “Il Piñatex è stato sviluppato dalla Dottoressa Carmen Hijosa”³⁸⁹la quale, lavorando come consulente nelle Filippine negli anni Novanta, per conto di

·Ligneah Total Engrave: Tramite un processo di calibratura e marcatura laser Ligneah perde visivamente le sue incisioni vettoriali e si presenta con una superficie liscia; Può essere utilizzato nei settori dell’abbigliamento e delle calzature. Un’altra caratteristica è rappresentata dal collante totalmente a base acquosa, il quale che conferisce un profumo gradevole che caratterizza questo prodotto per tutta la sua durata. ·Ligneah Raster Engrave: Quest’ ultima linea è la sintesi filosofia iniziale dell’azienda, che ha ispirato a realizzare il primo materiale Ligneah: creare un materiale naturale ed ecosostenibile in tutto e per tutto simile alla pelle animale. Il prodotto riprende l’aspetto visivo e tattile delle più pregiate quanto ricercate pelli animali: serpente, coccodrillo e bovino. Inoltre, con questa linea, l’azienda è riuscita ad ottenere superfici naturali quali corteccia e foglie.

Alcuni modelli di pochette realizzati in Piñatex® metallic gold.

387 https://www.ananas-anam.com/ 388 È un materiale di chimica organica poliuretanica 389 https://www.ananas-anam.com/about-us/

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aziende del settore della pelletteria, ha osservato come raccolgono le foglie di ananas: l’azienda Ananas Anam la pelle prodotta fosse di scarsa qualità, insostenibile per utilizza queste foglie di ananas per estrarne le fibre: una l’ambiente e dannosa per le persone coinparte della pianta va ai negozi di alimentavolte nel ciclo di produzione. Partendo da ri e l’altra parte, invece di essere sprecata, queste osservazioni ed ispirandosi al “tagaviene trasformata in pelle. Le fibre lunghe log barong”, un indumento tradizionale invengono estratte attraverso un processo dossato sopra le camicie nelle Filippine (rechiamato decorticazione, che viene effetalizzato con le fibre delle foglie dell’ananas), tuato nella piantagione dalla com unità Carmen Hijosa ha trascorso sette anni di riagricola. Ananas Anam ha sviluppato una cerca per sviluppare un’alternativa naturapropria macchina per questo processo, conle e sostenibile per la pelle, sostenendo un sentendo agli agricoltori di utilizzare una dottorato di ricerca presso il Royal College maggiore quantità di foglie di scarto. Le fiof Art di Londra, sviluppando ulteriormenbre estratte vengono poi lavate, asciugate te Ananas Anam attraverso il programma e la “pectina”³⁹¹ viene rilasciata dalla fibra: di incubazione presso “InnovationRCA”³⁹⁰ la fibra delle foglie diventa così un mateed attraverso varie collaborazioni con alriale morbido e flessibile, una maglia non tri centri di ricerca tecnologica, tra i quali tessuta simile al cotone, la quale costituila “NonWoven Philippines” a Manila e la sce la base di Piñatex®. I rotoli di materiale “Bonditex SA”, un’azienda spagnola di figrezzo vengono successivamente spediti in La Dott.ssa Carmen Hijosa, fondatrice e Chief Crenissaggio tessile. Ispirata dall’abbondanza ative & Innovation Officer (CCO) di Ananas Anam S p a g n a , imprenditrice etica con una visione per un futudi risorse naturali, ha cercato di creare un Ltd, d o v e ro più sostenibile che colleghi persone, ambiente ed nuovo tessuto non tessuto che potesse esse- economia. vengore prodotto commercialmente, fornire un impatto sociano ulteriormente lale ed economico positivo e mantenere un basso impatto vorati attraverso un ambientale, durante tutto il suo ciclo di vita. L’industria particolare processo, dell’ananas produce a livello globale circa 13 milioni di trasformandoli in un tonnellate di rifiuti, di cui 40. 000 tonnellate sono foglie materiale simile alla di ananas, che di solito vengono lasciate marcire o brupelle: un tessuto morciare. Tutto inizia nelle Filippine, dove i contadini locali bido e flessibile, ma molto resistente. Il tessuto finito viene distribuito ai designer direttamente da Ananas Anam, come alternativa sostenibile alla pelle nelle calzature, negli accessori moda e nell’abbigliamento.

Nelle piantagioni delle Filippine i contadini locali raccolgono le foglie di ananas (figura a sinistra) ed attraverso il processo di decorticazione, le fibre lunghe vengono estratte dalle foglie (figura a destra).

“Sono sempre più numerosi i marchi che si Le fibre estratte dalle foglie vengono lavate e stese per 390 InnovationRCA è il centro per le imprese e l’imprenditoria del Royal College of Art, che fornisce rendono conto di que- essere fatte asciugare (figura in alto), la fibra delle foservizi di incubazione di start-up, con idee convincenti a generare rapidamente una prova tecnologiglie diventa così un materiale morbido e flessibile sica, di mercato o commerciale del concetto e a trasformarsi in imprese redditizie ed investibili. sta continua tendenza mile al cotone (figura in basso), il materiale base per 391 La pectina è la molecola che rende le foglie dell’ananas rigide.

una scatola di carta biodegradabile e composta al 100% da fibre riciclate. Hugo Boss introduce così nuove scarpe che fanno audaci passi avanti per un design responsabile: il risultato sono calzature da uomo e da donna che lasciano un’impronta minima sul pianeta ed offrono un elegante look in stile Boss.

I rotoli di materiale grezzo in fibra di foglie d’ananas (figura in basso) vengono successivamente lavorati, attraverso un particolare processo industriale (figura a destra), che li trasforma in un materiale simile alla pelle

392 https://www.ananas-anam.com/products/ 393 https://www.hugoboss.com/men-vegan-shoes/ Giacca corta in tessuto broccato con sezioni in Piñatex® di produzione H&M, dalla collaborazione con l’azienda Ananas Anam: colletto, borchie decorative con strass nella parte superiore e zip frontale, maniche lunghe con zip ai polsini. La fodera è in poliestere riciclato.

alla sostenibilità: comprendono la necessità di opzioni più sostenibili e iniziano ad offrire molte alternative alla pelle. Dato che Pinatex è così versatile, può essere utilizzato per molti articoli di moda, dai piccoli cinturini per orologi alle grandi giacche”³⁹². Al giorno d’oggi vi sono molti prodotti in pelle vegana e grandi marchi come Hugo Boss e Puma, hanno già iniziato ad utilizzare questo tessuto per ridurre il loro impatto di produzione sull’ambiente. Dal punto di vista del prodotto finito il è traspirante e flessibile, particolarmente adatto per creare borse, accessori e calzature; può essere trattato come una pelle vera, quindi tagliato, cucito, stampato in rilievo e ricamato. “Il noto Brand di moda Hugo Boss, ha lanciato una linea di sneakers vegane in versione uomo e donna”³⁹³, realizzate con l’innovativa pelle creata con le fibre delle foglie di ananas. Queste calzature in pelle cruelty free sono infatti create senza l’utilizzo di componenti di origine animale, oltre che ad essere tinte con componenti di origine vegetale; la suola delle scarpe è invece composta in poliuretano termoplastico riciclato (TPU). I modelli da uomo sono attualmente disponibili in tre varianti di colori: rosso, nero e blu. Le versioni donna si presentano invece in due modelli: black e silver. Ogni aspetto riguardante questi modelli in edizione limitata, è stato progettato per avere il minor impatto possibile sull’ambiente: le scarpe vengono infatti vendute all’interno di

Sneaker blu di Hugo Boss per uomo realizzata in Piñatex®.

il Piñatex®.

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3.1.2.5 BioCouture: la nuova frontiera della moda sostenibile.

batteri per realizzare un tessuto simile alla cellulosa ed il cui aspetto si avvicina molto alla pelle vegetale. In particolare, ha ideato un processo che, sfruttando la lievitazione messa in atto dai batteri che fermentano le bevande a base di caffeina, rende possibile ottenere fibre tessili.

BioCouture, il nome dato al progetto dalla designer, “sfrutta un processo per il quale vengono impiegati 30 litri di the Kombucha (realizzato dalla fermentazione di un the ricco di caffeina), ai quali si aggiunge del semplice zucchero: una volta che i micro-organismi iniziano a nutrirsi del glucosio, i batteri producono filamenti che formano sottili fogli di cellulosa batterica”³⁹⁷. Questi fogli vengono fatti asciugare, sovrapposti e saldati fra loro ottenendo una sorta di cuoio vegetale, il quale può essere tagliato, modellato e colorato con tinture vegetali; per ottenere capi d’abbigliamento, i fogli vengono modellati quando sono ancora umidi. La ricercatrice sta lavorando su questo processo naturale da circa dieci anni, con l’obbiettivo di instaurare una “green economy” di consumo ed incentivare l’eco sostenibilità dei prodotti. Il suo progetto sta ottenendo molti riconoscimenti, grazie all’utilità ed all’originalità di un processo che potrebbe davvero ribaltare il concetto che sta alla base della moda odierna, ovvero il consumismo. L’impiego di abiti 100% naturali il cui materiale risulta adattabile alle esigenze stilistiche più differenti e creative, acquistare sempre nuovi capi d’abbigliamento non andrebbe più ad incidere in modo permanente sull’ambiente: gli indumenti gettati via andrebbero a decomporsi in

Il mondo della moda punta da alcuni anni alla ricerca di nuovi materiali, che siano atossici e dall’impatto ambientale ridotto. L’ultima novità di questa ricerca arriva dal quartier generale di BioCouture, azienda britannica di counseling che sperimenta nuove frontiere della moda, sostituendo le fibre classiche con quelle derivate da micro-organismi viventi. Questa nuova prospettiva, nasce dalle ricerche condotte presso la University of the Arts di Londra da Suzanne Lee, ricercatrice ed autrice del libro “Fashioning the Future: Tomorrow’s Wardrobe”³⁹⁴, nel quale vengono esplorato il futuro della moda, con particolare attenzione ai materiali ai cui le nuove tendenze si dovranno presto adattare all’insegna di una maggiore sostenibilità dell’industria della moda.

“Suzanne Lee”³⁹⁵ è la designer inglese che ha dato vita al “progetto BioCouture”³⁹⁶, nel quale vengono sperimentati nuovi processi biologici fino a farli coincidere con le esigenze della moda. Secondo la ricercatrice londinese i materiali possono essere prodotti interamente in laboratorio: in particolare, una nuova pelle vegetale morbida e resistente, adatta alla produzione sia di tessuti che di capi d’abbigliamento. Suzanne Lee è arrivata a produrre un vero e proprio tessuto vegetale, battezzato “cuoio vegetale”: per la creazione di questo materiale ha impiegato una coltura di lieviti e

Suzanne Lee, stilista che lavora sulle nuove tecnologie nell’ambito fashion e direttrice del progetto di ricerca BioCouture.

394 395 396 397

https://v2.nl/archive/articles/fashioning-the-future https://en.wikipedia.org/wiki/Suzanne_Lee https://www.launch.org/innovators/suzanne-lee/ http://it.materialconnexion.com/cuoio-prodotto-dal-te-fermentato-una-vera-rivoluzione-nel-campo-dellamoda/

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modo naturale con impatto e costo vicini allo zero. “Questo nuovo materiale brevettato e sviluppato in laboratorio, è completamente sostenibile rispetto all’ambiente, in quanto prevede: l’utilizzo di sostanze naturali, quali thè e zucchero; un ridotto utilizzo e consumo dell’acqua; emissioni inquinanti vivine allo zero, rispetto ai comuni processi di manifattura dei tessuti e tinture vegetali”³⁹⁸.

Il progetto promosso dalla designer Suzanne Lee e dall’azienda britannica BioCouture, “è stato tra i protagonisti della London Design Week 2011”³⁹⁹, promuovendo un legame positivo tra il mondo della moda e la sostenibilità ambientale. BioCouture ha sede a Londra, ma collabora in tutto il mondo con diverse azienda di moda, design e sportswear. Secondo l’azienda il futuro è necessariamente bio: materie prime sostenibili, possibilità di migliorare le caratteristiche dei tessuti e la possibilità di “coltivare” i propri tessuti in piena autonomia. Sul sito ufficiale di BioCouture, è possibile scaricare una scheda con le istruzioni per produrre il proprio materiale organico dalla cellulosa batterica, fino ad ottenere un innovativo cuoio vegetale. Un’opportunità di grande rilevanza, per tutti quei giovani designer che vogliono sperimentare nuovi metodi affacciandosi alla moda sostenibile, con la possibilità di aggiungere la propria creatività nella realizzazione dei propri progetti.

Dopo due settimane dall’inizio del processo di fermentazione siottiene una sorta di cuoio vegetale che va tagliato, modellato ed infine può essere colorato.

Il processo naturale di fermentazione derivante dalla cultura in simbiosi di batteri, lieviti e altri microrganismi all’interno di the verde fermentato (Kombucha). I microrganismi si nutrono dello zucchero ed i batteri iniziano a produrre filamenti, minuscole fibre in pura cellulosa. Le fibre formano dei fiocchi che si alzano in superficie fino a formare una pellicola.

398 https://www.lavorazioneincuoio.it/blog-e-curiosita/20-i-materiali/41-pelle-vegetale-coltivata-nei-laboratoriil-futuro-dell-eco-fashion 399 https://www.greenme.it/consumare/mode-e-abbigliamento/cuoio-pelle-vegetale-coltivata-laboratorio/

Uno dei modelli del progetto BioCouture realizzato in cuoio vegetale.

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alla moda, proprio per l’architettura e l’eco-design. Dal 2012 la designer ha scelto di firmare con il proprio nome le sue creazioni, dando vita all’omonimo marchio: Elisabetta Franchi (EF). Nel 2013 è stata scelta Milano come location per l’apertura del suo primo showroom direzionale, un’intera palazzina di 950 mq sviluppata su 6 livelli. Artefice di un perfetto prêt-à-porter Made in Italy, che deve il suo grande successo allo stile e alla particolare strategia produttiva fatta di qualità, eccellenza e cura dei particolari: “così, in poco più di un decennio, il Brand Elisabetta Franchi ha raggiunto una distribuzione capillare in tutto il mondo, con oltre 1.100 multimarca e 80 Boutique monomarca, dislocate nelle città più

3.2 Elisabetta Franchi: storia di una stilista di successo che ama gli animali Elisabetta Franchi è una stilista e imprenditrice bolognese, che ha saputo dare vita a un vero e proprio impero: la sua passione per la moda l’ha portata infatti a creare il Brand omonimo. “Nel 1996 la designer ha aperto un piccolo atelier dove ha cominciato a dare forma alle sue idee ed a realizzare i primi capi, seguendo il suo istinto, con appena cinque collaboratori”⁴⁰⁰. Il marchio di abbigliamento per donna è stato fondato nel 1998 dalla stilista, la quale in poco tempo ha conquistato il pubblico con il suo stile iper femminile, moderno e sensuale. “Nel 1998 è nata la Betty Blue S.p.a. e nello stesso anno è stata lanciata la prima linea di abbigliamento, chiamata Celyn B: un nome che rievoca l’eleganza dello stile parigino ed in cui la lettera “B” sta per “Betta”, diminutivo della designer”⁴⁰¹. Nel 2006 la designer ha acquistato una vecchia ditta farmaceutica dismessa che, nel 2008, dopo due anni di progettazione e ristrutturazione, è diventato l’headquarter della Maison Franchi: la struttura, di oltre 6.000 metri quadrati è moderna e funzionale, immersa nella campagna bolognese. Il restyling, nel pieno rispetto dell’architettura eco-sostenibile, ha restituito nuovo splendore al building esprimendo pienamente la passione che Elisabetta Franchi ha sempre coltivato, accanto

400 http://www.lav.it/cpanelav/js/ckeditor/kcfinder/upload/files/files/EF%20IN%20PILLOLE.pdf 401 www.elisabettafranchi.it/wp-content/uploads/2012/11/EF_PROFILO-ELISABETTA-FRANCHI.pdf

importati del mondo, quali Parigi, Milano, Madrid, Mosca, Hong Kong e Dubai”⁴⁰². A conferma del posizionamento raggiunto sul mercato, la sua prima apparizione sulle passerelle della Milano Fashion Week risale al 2015 con la collezione Primavera Estate 2015, evento che ha attribuito ancora più immagine e notorietà al marchio. Oltre alla moda, Elisabetta Franchi ha da sempre una grande passione, che coltiva non solo nella vita privata, ma anche nel lavoro: la passione per gli animali. Da sempre attiva in prima persona nella difesa dei diritti degli animali, si è sempre impegnata per conciliare la propria passione alla missione aziendale. Oggi Due modelli di ecopelliccia dalla collezione Faux Fur Autunno Inverla famosa desino 2012-13 EF: a sinistra ecopelliccia corta blu con dettagli in catena golden; a destra mini coat con colletto e bottoni in ecopelliccia nera. gner di moda ha incorporato tutte le varie iniziative in un unico progetto: la Fondazione Elisabetta Franchi, intraprendendo un percorso sempre più ambizioso di salvaguardia degli animali con diverse tappe. Nel 2012, con il lancio della collezione Faux Fur Autunno Inverno 2012-2013, è iniziata la collaborazione con LAV: aderendo al Fur Free Retail Program, ha eliminato definitivamente la pelliccia animale dalla produzione. “Con questa adesione è stata ufficializzata una campagna, quella a favore dei diritti degli animali, che Elisabetta Franchi aveva già intrapreso da tempo con la T-shirt Naked Truth, della collezione Primavera Estate 2012, sulla quale appare lei stessa nuda, in bianco e nero, in compagnia dei suoi cani e con la scritta fucsia, che rappresenta un monito a favore delle pellicce ecologiche”⁴⁰³.

La stilista Elisabetta Franchi, fondatrice dell’omonimo marchio di moda italiano.

T-shirt Naked Truth Primavera Estate 2012, dove appare la stilista Elisabetta Franchi nuda insieme a due dei suoi cani, come monito contro lo sfruttamento degli animali da pelliccia, accompagnata dalla scritta “Choose faux fur, love their heart not their fur”: scegli la pelliccia finta, ama il loro cuore non la loro pelliccia.

402 https://www.elisabettafranchi.com/it/biografia 403 https://www.vanityfair.it/starstyle/style-news/2012/04/20/elisabetta_franchi_naked_truth#?refresh=ce

Headquarter della casa di moda Elisabetta Franchi nella campagna bolognese.

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La Faux Fur collection ha proposto dodici capi realizzati protagonisti: collarini, guinzagli, trasportino, ciotole e in ecopelliccia, dalla giacca al bolero, dall’abito alla gonna. cappottino, tutti ideati per donare ai quattro zampe lo stile La palette di colori è dominata dal blu, vero protagonista inconfondibile della maison. Il ricavato della vendita dei dell’Autunno Inverno 2012-2013 di Elisabetta Franchi: la prodotti viene devoluto in beneficenza, per iniziative in designer lo ha interpretato in chiave urban giocando con tutela e difesa degli animali. Il Brand Elisabetta Franchi è questa nuance. Nella collezione sono stati introdotti anche abiti e giacche con inserti di pizzo ed ecopelliccia maculata, cappotti e giacche con catene golden, per uno chic contemporaneo attento al rispetto dei diritti degli animali, con attenzione allo stile ma con responsabilità.

“L’impegno è proseguito nel 2014 con l’eliminazione della piuma d’oca e della lana d’angora a partire dalla collezione Autunno Inverno 2014-2015, in conformità al programma Animal Free Fashion” ⁴⁰³ promosso da LAV, al quale la stilista ha aderito con il secondo livello di “rating”⁴⁰⁴ (su quattro previsti) “VV”. “Da questo amore per gli animali è nata nel 2015 anche EF loves dog, una linea dedicata ai cani domestici”⁴⁰⁵: una selezione di prodotti realizzati secondo lo stile sofisticato Elisabetta Franchi e decorati dalle speciali illustrazioni di Megan Hess. L’illustratrice, che ha collaborato con i maggiori Brand del lusso, ha deciso di Le illustrazioni di Megan Hess per il progetto charity “EF LOVES DOGS”.

A sinistra la stilista Elisabetta Franchi in compaaffiancare la designer in quegnia di tre dei suoi cani per la campagna pubblicitaria “EF LOVES DOG”; a destra alcuni pezzi sta iniziativa, realizzando con della collezione per gli amici a quattro zampe, un trasportino ed una ciotola. il proprio tratto romantico e charmant i disegni che accompagnano i prodotti. Una grafica glamour definisce lo style di una serie di oggetti,

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dove i cani sono i veri compresi i gioielli, che sono sempre molto eleganti e raffinati. La donna Elisabetta Franchi seduce senza mai provocare troppo, indossando capi sinuosi, dalle linee morbide e al tempo stesso maliziose.

“Il Brand è fautore di uno stile moderno, urban chic che combina elementi moderni e retrò, come gli abiti bustier in raso e pizzo, abiti mini doll style dal punto vita alto, gonne a tubino o a ruota, le bluse leggere dalle maniche a sbuffo e blazer dal taglio maschile. Punto forte del marchio sono i tessuti bielastici, considerati una seconda pelle, con cui la stilista realizza gonne, giacche e pantaloni”⁴⁰⁶. Alcuni degli obbiettivi riguardanti l’eliminazione di prodotti di origine animale sono stati già raggiunti, con l’eliminazione di pellicce, piume e lana d’Angora, sostituendo questi materiali di origine animale con eleganti e sofisticate ecopellicce in pieno stile Elisabetta Franchi: [“il prossimo passo sarà eliminare del tutto la vera pelle dalle mie creazioni”], “ha dichiarato la stilista in un’intervista a LAV”⁴⁰⁷.

tra i più attivi nel raccogliere le tendenze della moda e non di rado ad anticiparle; le tendenze stesse vengono poi elaborate dalla stilista e dal suo team, per creare capi attuali ma classici, adatti a tutte le donne. Il marchio attualmente si occupa di realizzare abiti, borse, scarpe ed altri accessori

403 Animal Free Fashion è il progetto LAV nato per promuovere una moda etica, sostenibile, rispettosa di tutti gli animali. Accompagnando le aziende in un percorso di graduale eliminazione Dalla collezione Faux Fur 2012-13 EF giacca ed dei materiali animali dalle loro collezioni, LAV abito in pizzo nero ed ecopelliccia maculata. valorizza il loro impegno con il proprio rating etico: da V a VVV+.

404 Le aziende che si impegnano a rinunciare all’uso di materiali animali sono premiate con l’inserimento nel rating Animal Free. Rinunciando a pellicce, piume, pelle e filati di origine animale, ottengono rispettivamente la valutazione V, VV, VVV, VVV+.

405 https://www.elisabettafranchi.com/it/loves-animals 406 https://www.stilemagazine.it/brand/elisabetta-franchi/ 407 https://www.lav.it/news/40anni-elisabetta-franchi

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4.2.1 L’adesione al progetto Animal Free di LAV Proseguendo sulla strada di una moda animal free, il Brand continua a promuovere politiche di commercio che rispettino i diritti degli animali. Le politiche commerciali di Elisabetta Franchi prevedono infatti una continua collaborazione con LAV, per la definizione di scelte concretamente responsabili e sostenibili. Elisabetta Franchi è divenuta ufficialmente socia straordinaria della LAV, portando avanti il suo impegno a tutela degli animali. Essendo da sempre impegnata a sostenere iniziative a tutela degli animali, ha deciso di devolvere una parte del ricavato dei capi animal-friendly all’associazione, la quale si batte per l’affermazione dei diritti animali e per la lotta a qualsiasi forma del loro sfruttamento. La linea Animal Free comprende capi interamente realizzati senza il ricorso a materiali di origine animale: pellicce e piumini eco friendly, abiti e gonne in pelle sintetica, ma anche borse e piccoli Cartellino del brand Elisabetta Franchi con logo Animal Free, per indicare l’assenza di accessori. Tutti prodotti ilcomponenti di origine animale. creati nell’inconfondibile stile chic della Maison, ma che rispettano il mondo animale. Per ogni capo della linea, un euro viene devoluto in beneficienza alla LAV, per sostenere le importanti iniziative portate avanti dall’associazione. “Tutti i capi sono identificati da uno speciale cartellino, che riporta il logo Animal Free”⁴⁰⁸ ed una frase di accompagnamento

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che ricorda l’adesione al progetto: “Credo che ci sia ancora molto da fare per insegnare il rispetto e l’amore per gli animali, e spero che questo mio piccolo passo possa essere un piccolo esempio”. Solo le aziende che hanno raggiunto almeno il livello “V” possono utilizzare il marchio Animal Free per identificare prodotti moda, completamente privi di pelliccia animale.

Dal livello “V” agli step intermedi, all’azienda è riconosciuta la possibilità di utilizzare il marchio Animal Free per quei prodotti o linee di prodotto privi dei materiali di origine animale previsti dal rating. Con il progetto “Animal Free Fashion”⁴⁰⁹, LAV si confronta inoltre con tutte le altre aziende per far emergere le criticità delle produzioni animali e per trovare soluzioni sostenibili.

Elisabetta Franchi ha aderito al progetto consapevole Dal sito Animal Free, un progetto LAV per una moda etica e sostenibile. dell’impatto negativo, che l’utilizzo dellematerie prime di origine animale ha sull’intero ecosistema e risponde alla crescente richiesta di un’eco-moda animal friendly.

3.2.2 L’adesione al Fur Free Program

408 Il logo Animal Free è identificativo del progetto, che tutte le aziende (anche se ancora negli step intermedi) avranno la possibilità di utilizzare gratuitamente nei propri prodotti o linee di prodotto che sono già privi di materiali di origine animale, per comunicare il loro impegno etico.

409 https://www.lav.it/news/animal-free-moda-etica

(Foto a sinistra) 2012, incontro tra la stilista Elisabetta Franchi ed il responsabile LAV Simone Pavesi, per confrontarsi sulle ultime vittorie dell’associazione e capire come fornire un ulteriore importante supporto alla campagna internazionale a favore di una moda sostenibile e quindi senza pellicce.

(Foto a destra) Logo Associazione ONLUS italiana LAV (Lega Antivivisezione).

la politica “no fur”. Prendere una posizione etica e pubblica contro la moda della pelliccia, offre ad un’azienda la possibilità di promuovere una politica pubblica contro Seguendo la filosofia di una moda etica, Elisabetta Franla violenza e la crudeltà, nonché di chi non utilizza capi con pellicce dare il proprio sostegno agli sforzi animali nelle collezioni. “Un iminternazionali per porre fine alla pegno intrapreso e siglato, con crudele scelta di molte aziende, di la collezione Autunno Inverno includere le pellicce animali nelle 2012-2013, tramite l’autocertificacollezioni moda. “Il Fur Free Prozione al Fur Free Program, in colgram è supportato dalla Fur Free laborazione con LAV”⁴¹⁰. Si tratta Alliance (FFA)”⁴¹², la coalizione di un programma nato allo scopo internazionale che raggruppa oldi promuovere politiche di comtre 40 importanti organizzazioni mercio che rispettino i diritti degli di protezione degli animali, rapanimali, in primo luogo con l’elipresentata in Italia dalla LAV. Lo minazione di articoli che contenStandard Fur Free (seppur limitagono pellicce di origine animale. to all’esclusione dalle collezioni Il Fur Free Retailer Program è uno moda di pellicce ottenute dai soli sforzo internazionale per fornire ai animali appositamente allevati o consumatori informazioni accurate catturati), può essere un significasulla politica di un rivenditore di Logo Fur Free Retailer: realizzato a livello internazionale, è uno standard che tivo inizio di miglioramento delle pellicce, permettendo loro di fare permette di acquistare più facilmente abbigliamento senza pelliccia, informando i consumatori sulla politica adottata da ciascuna azienda di moda. 2012, politiche commerciali aziendali, una scelta informata quando fanverso soluzioni più etiche. L’obno acquisti. “Il programma mira a biettivo di Fur Free, è convincere Brand di moda ad utilizpromuovere lo spirito del consumismo etico ed a fornire zare materiali alternativi alle pellicce animali, per le quali agli acquirenti informazioni sui rivenditori più compasmilioni di animali, vengono torturati e uccisi in tutto il sionevoli”⁴¹¹. Inoltre, Il programma riconosce e sostiene mondo. A dimostrazione del fatto che l’industria tessile, irivenditori che si sono impegnati, per iscritto, a rispettare oltre ad essere la seconda più inquinante al mondo, occupa il gradino più alto del podio in materia di crudeltà verso il mondo animale. “Il Brand Elisabetta Franchi è stato inserito nell’elenco delle firme del programma, pubblicato sul sito ematico di LAV Animal Free e sul portale Fur Free Retailer”⁴¹³. “La designer ha dichiarato”: [“La mia priorità è da sempre il rispetto dell’ambiente e degli animali, anche rinunciando ad una parte importante del fatturato, soprattutto in quei Paesi dove la pelliccia è uno status symbol. Oggi il vero lusso è scegliere di salvaguardare il nostro pianeta e la sua natura, per questo porto avanti da anni il mio progetto di moda alternativa”].

410 https://www.lav.it/aree-di-intervento/pellicce/fur-free 411 https://www.furfreealliance.com/cause/fur-free-retailer/ 412 https://www.lav.it/aree-di-intervento/pellicce/fur-free 413 https://furfreeretailer.com/

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3.2.3 Il circo magico di Elisabetta Franchi: un manifesto contro lo sfruttamento degli animali

di specie protette e detenzione illegale. Consapevole di questa drammatica situazione e indignata per il silenzio delle istituzioni italiane, Elisabetta Franchi, come socia straordinaria LAV, è scesa in campo con l’associazione nella battaglia contro l’erogazione di finanziamenti pubblici alle strutture circensi.

“Da tutto ciò è arrivata l’ispirazione per la sfilata Autunno Inverno 2016-2017, dalla magia del circo senza animali: il Cirque du Soleil”⁴¹⁴ ed il suo mondo effimero, bello a vedersi con i suoi costumi e colori esagerati, mescolati ad il rigore delle uniformi.

Le modelle hanno portato in passerella bluse a frac con pantaloni azzurri, gonne corte dietro e lunghe davanti, abiti in stampa animalier (tanto cara alla designer ed onnipresente nelle sue collezioni) alternati a quelli con ricami dorati; abiti sparkling da grande soirée e pantaloni luminosi abbinati a giacche mini, impreziosite da lunghe frange dorate. Tra lurex, mostrine e frange il richiamo al circo ha incontrato lo stile gendarmerie, composto da alti cuissard e pantaloni aderenti a vita alta. Non sono mancate nemmeno le pellicce rigorosamente faux fur, vaporose, leggere e glamour. Il tema del circo ha contaminato non solo completi rigati rossi e blu, ma anche accessori quali nappine annodate in vita, come una cintura.

“Elisabetta Franchi, con questa sfilata ha portato in passerella non solo una collezione, ma un vero e proprio manifesto contro lo sfruttamento degli animali nei circhi”⁴¹⁵, mandando in passerella modelle con T-shirt dal titolo “Animals are not clown”: gli animali non sono pagliacci, meritano la loro libertà. Le T-shirt hanno sfilato sulla passerella con immagini forti, un evidente messaggio contro questo tipo di sfruttamento animale. “Circus is not fun for animals”, il circo non è divertente per gli animali: questo è il messag-

Dal rapporto della LAV è emerso che l’Italia continua a finanziare i circhi con animali e queste strutture di anacronistico spettacolo, veri e propri centri di sfruttamento commerciale e maltrattamento di animali. La LAV stima che solo nei circhi italiani siano detenuti circa 2000 animali. Il numero delle condanne ai circhi per i reati di maltrattamento aumenta ogni anno, pur tra le mille difficoltà legate alle indagini e ai lunghi tempi della giustizia. Le condanne ottenute negli anni sono testimonianza di quanto gravosa sia la situazione degli animali detenuti nei circhi, ma il percorso per arrivarci è molto lungo e nel frattempo i circhi continuano ad operare. Attualmente, sono aperte numerose indagini in tutta Italia per i reati di maltrattamento, traffico

Manifesti creati in occasione della campagna a favore della LAV contro lo sfruttamento degli animali nei circhi: a destra “Gli animali non sono pagliacci”, a sinistra “Il circo non è divertente per gli animali”.

414 https://www.vogue.it/sfilate/sfilata/collezioni-autunno-inverno-2016-17/elisabetta-franchi 415 https://it.fashionnetwork.com/news/mfw-la-sfilata-di-elisabetta-franchi-un-manifesto-contro-gli-animalinei-circhi,662519.html

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Elisabetta Franchi FW 2016-17 Fashion Show: a sinistra il look 55 composto da ampia gonna asimmetrica e stivali lunghi a righe rosse su sfondo blu; a destra il look 58 composto da abito con scollo a cuore a righe rosse e blu, sfrangiato e luccicante annodato in vita da una lunga nappina. In entrambi i look è evidente il richiamo al mondo del circo, divertente e colorato senza animali.

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devoluta in beneficenza all’associazione”⁴¹⁷. Il giorno seguente al Fashion Show, le due T-shirt presentate in passerella sono state disponibili all’acquisto presso la boutique di Via Manzoni a Milano e sul negozio digitale elisabettafranchi.com, un invito a tutte le clienti a sostenere la battaglia di Elisabetta Franchi e della LAV. 416 http://www.elisabettafranchi.it/ftp-share/OPUSCOLO%20ANIMALS_VERS_DEFINITIVA-ITA.pdf 417 Ibidem http://www.elisabettafranchi.it/ftp-share/OPUSCOLO%20ANIMALS_VERS_DEFINITIVA-ITA.pdf

Elisabetta Franchi FW 2016-17 Fashion Show: la stilista, fedele alla politica fur free ma senza rinunciare all’eleganza porta in passerella un modello di ecopelliccia in versione mantello (look 5, figura a sinistra). A destra chiude la sfilata il look 69, un abito da grande soirée trasparente con ricami in paillettes.

Elisabetta Franchi FW 2016-17 Fashion Show: i look 24 (figura a destra) e 46 (figura a sinistra) caratterizzano la sfilata mescolando il tema del circo all’eleganza della stampa animalier, pur sempre contaminata dal tema centrale con l’utilizzo di lunghe frange dorate ed allo stile gendarmerie composto da giacca con ricami d’oro, pantaloni aderenti e lunghi cuissards.

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gio che la designer ha voluto lanciare, per sensibilizzare l’opinione pubblica e svelare le crudeltà che si nascondono dietro uno spettacolo fatto di violenza e coercizione. [“Ho realizzato la mia collezione Autunno Inverno 2016-2017 ispirandomi alla magia del circo fatto di acrobati, giocolieri e ballerine: questo è il vero fascino dell’arte circense, niente a che vedere con l’abuso degli animali, costretti con la violenza ad eseguire azioni e pose per loro innaturali. Gli animali devono vivere seguendo i ritmi e le regole della natura”], ha dichiarato Elisabetta Franchi”⁴¹⁶.

Le T-shirt presentate in passerella, hanno fatto parte della linea Animal Free, la quale comprende i capi interamente realizzati senza il ricorso a materiali di origine animale. Un’unità rilevante delle collezioni, nata allo scopo di contribuire economicamente alle iniziative benefiche gestite dalla LAV: “per ogni capo della linea acquistato, una percentuale è stata

Durante la sfilata FW 2016-17 Elisabetta Franchi vengono presentati insieme i manifesti contro lo sfruttamento degli animali nei circhi, applicati rispettivamente a maglie versione longuette (look 56).

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3.3 Stella McCartney: storia del Brand di moda vegano ed ecosostenibile

Stella McCartney ha concluso una joint venture con il Gucci Group (attualmente Kering), il quale ha accettato di dare alla giovane stilista il suo marchio: Stella ha così aperto l’omonima Maison in collaborazione con Kering come joint venture al 50% ed ha presentato la sua prima collezione a Parigi nell’ottobre del 2001. Oltre a Gucci, McCartney ha collaborato con altre aziende, tra cui Adidas, stabilendo nel settembre 2004 una partnership a lungo termine con la società. “Vegetariana da sempre, il Guardian l’ha descritta nel 2015 come una forte sostenitrice dei diritti degli animali, coerente e che si fa sentire”⁴¹⁹. “Alcuni dei disegni di McCartney hanno un testo che elabora la sua politica no animal: per esempio, una delle giacche elaborate per Adidas, ha riportato sulla manica la scritta adatte ai vegetariani sportivi”⁴²⁰. La collezione, chiamata semplicemente Adidas by Stella McCartney, da allora è cresciuta fino a comprendere una vasta gamma di capi d’abbigliamento per diverse discipline sportive quali yoga, tennis, nuoto, ciclismo, golf e sport invernali. Nel maggio 2005 Stella McCartney ha progettato una capsule collection per il colosso della moda H&M: la collezione, composta da 40 pezzi, è stata lanciata il novembre successivo ed è stata subito esaurita. “Nell’inverno del 2010 Stella McCartney ha presentato la borsa Falabella”⁴²¹: caratterizzata da dettagli di catena intrecciata, è diventata negli anni uno dei pezzi della stilista più venduti. Si tratta di un modello iconico della maison: fin dalla sua prima apparizione in passerella è stata definita un It-bag e ad ogni stagione, il design chic ed allo stesso tempo

Una delle più schiette stiliste riguardo tematiche ambientali e sfruttamento di animali nel mondo della moda è Stella McCartney, in quanto convinta sostenitrice dei diritti degli animali, particolarmente nota per l’uso di alternative animal free nel suo lavoro. Nina Stella McCartney è nata e cresciuta in una famiglia vegetariana, attenta alla tutela degli animali e dell’ambiente circostante. Questo stile di vita ha sicuramente influenzato la stilista, tanto da portarla a maturare una forte volontà di orientare il suo settore lavorativo verso una moda etica, in grado di tutelare e rispecchiare in pieno i propri principi di vita. “Stella McCartney ha lanciato la sua carriera nel 1995, quando le modelle Naomi Campbell e Kate Moss hanno indossato gli abiti della sua collezione alla sua laurea, presso il Central St. Martins College of Art & Design di Londra”⁴¹⁸.

Il suo stile inconfondibile, improntato su un’elegante sartorialità e pensato per una donna sicura di sé, sexy e femminile allo stesso tempo, è emerso già dalla sua prima collezione e nel 1997, dopo due sole stagioni, è stata nominata Direttore Creativo della casa di moda parigina Chloé, dove ha riscosso un notevole successo. Nel 2000

14 luglio 2010 – Adidas, fornitore ufficiale di abbigliamento sportivo ai Giochi Olimpici e Paralimpici di Londra 2012, ha annunciato la nomina della celebre fashion designer inglese, Stella McCartney, come Direttore Creativo incaricata di curare ogni aspetto della realizzazione del kit da gara della Nazionale e dell’abbigliamento per i tifosi per il brand Adidas. L’idea base è stata disegnata per unificare gli atleti delle 26 discipline olimpiche e le 20 paralimpiche sotto un unico look; l’ispirazione è la Union Jack rivisitata e resa più glamour con quella che è l’iconografia di Londra 2012.

La stilista inglese Stella Nina McCartney, figlia dell’ex componente dei Beatles Paul McCartney e direttrice esecutiva dell’omonimo Brand di moda.

419 Hoskins Tansy, Stella McCartney’s fake-fur coats are worlds away from the brutal fur trade, The Guardian, 13 marzo 2015 420 https://en.wikipedia.org/wiki/Stella_McCartney 421 https://www.diredonna.it/stella-mccartney-storia-di-una-maison-3009067.html

(A sinistra) Campagna pubblicitaria Autunno Inverno 2011-12 Stella McCartney: presenta l’iconica Falabella bag portata dalla modella e amica Natalia Vodianova.

418 https://www.vogue.co.uk/article/stella-mccartney-biography

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3.3.1 Politica aziendale

rocker di questa borsa viene valorizzato da nuovi colori e tessuti, lasciandone immutata la linea. “A seguito della sua lunga relazione con Adidas, nel settembre del 2010 Stella McCartney è stata nominata direttore creativo delle gamme Olympic Team GB 2012 del marchio di abbigliamento sportivo, con l’incarico di creare il kit atletico del marchio sia per le squadre nazionali olimpiche che per le Paralimpiadi”⁴²²: è la prima volta nella storia dei giochi, che un importante stilista di moda ha disegnato l’abbigliamento per la squadra di un paese in tutte le competizioni.

McCartney ha continuato in questo ruolo per le Olimpiadi estive di Rio del 2016. “Nel dicembre 2018, la stilista ha collaborato con le Nazioni Unite per creare una nuova Carta dell’industria della moda per l’azione a favore del clima”⁴²³, “per aiutare le aziende del settore moda ad adottare pratiche commerciali sostenibili ed etiche”⁴²⁴. La carta completa contiene 16 impegni che stabiliscono un percorso di azione collettiva, per ridurre gli effetti dannosi per l’ambiente dell’industria, come i rifiuti, l’inquinamento, la deforestazione, le tossine nell’industria manifatturiera e le catene di approvvigionamento alimentate a carbonio.

Tra i firmatari della carta, vi sono diversi grandi marchi di moda, che non sono stati ancora annunciati. L’impegno di Stella McCartney in favore della sostenibilità, evidente in tutte le sue collezioni, è parte integrante della filosofia del marchio, che si propone di essere un’azienda responsabile, onesta ed al passo con i tempi. Il marchio Stella McCartney ha una qualità giovanile, a volte frivola, ma allo stesso tempo incorpora tessuti ecocompatibili e responsabili. Il Brand è ben noto per l’impegno ambientale e per la forte opposizione all’uso della pelliccia; lo stile del marchio può essere descritto al meglio come una femminilità androgina, spesso minimalista. “L’intelligente combinazione di consapevolezza ambientale e sottile femminilità del marchio, ha coniato l’espressione lusso funzionale”⁴²⁵: il Brand comprende una linea di abbigliamento femminile casual ma anche lussuosa.

Le modelle britanniche Kate Moss (a sinistra), Naomi Campbell (seconda a sinistra, sullo sfondo) e Jodie Kidd (a destra) con la designer Stella McCartney, al termine della sfilata all’Opera di Parigi per la sua collezione ready-to-wear Primavera Estate ‘98 per la maison francese Chloé, il 15 ottobre 1997.

422 https://www.telegraph.co.uk/sport/olympics/9159923/Team-GB-kit-for-London-2012-Olympics-designedby-Stella-McCartney-and-Adidas-launched.html 423 La Carta dell’industria della moda per l’azione per il clima, comprende un obiettivo di riduzione delle emissioni di gas serra del 30% entro il 2030 e l’impegno ad analizzare e stabilire un percorso di decarbonizzazione per l’industria della moda attingendo alle metodologie della Science-Based Targets Initiative.

424 https://vegnews.com/2018/12/stella-mccartney-launches-sustainable-fashion-charter-to-fight-climatechange 425 http://www.fashionintime.org/history-of-stella-mccartney/

In occasione dei Giochi Olimpici e Paralimpici è nata la collaborazione tra Adidas e Stella McCartney, per la realizzazione delle uniformi per il team nazionale della Gran Bretagna alle Olimpiadi di Rio 2016.

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stici in sostituzione a componenti animali, fino all’utilizzo di tecnologie all’avanguardia, spingendo verso la circolarità, proteggendo le foreste antiche ed in viadi estinzione, miStella McCartney ha dato vita ad un approccio sostenibile al surando costantemente l’impatto di produzione aziendale Fashion Design ineguagliabile: il suo è uno tra i primi marcon strumenti all’avanguardia. La politica aziendale si base chi di moda di lusso ad aver sposato la sostenibilità e l’eticità sull’economia circolare, che guarda oltre l’attuale modello di nella propria produzione stilistica. Fin dagli esordi, infatti, business “sottrarre, realizzare e disporre “ e mira a ridefinire la designer ha concentrato il proprio lavoro e quello del suo la crescita, concentrandosi sui benefici positivi per la società. team sulla ricerca di materiali innovativi, che permettessero Si basa su tre principi: progettare i rifiuti e l’inquinamento, di realizzare capi prêt-à-porter e di alta moda, senza dover rimantenere i prodotti ed i matecorrere a tecniche e lavorazioni riali in uso, rigenerare i sistemi nocive per gli animali e per l’enaturali. “Un’economia circocosistema. Sostenibilità, rispetlare richiede l’allontanamento to per la natura, rispetto per le dal consumo di risorse finite persone e per il loro lavoro, ri(non rinnovabili), progettanspetto per gli animali e soluziodo gli sprechifuori dal sistema: ni di economia circolare, sono l’utilizzo di materiali sostenii capisaldi della produzione stibili e di eco-tessuti, il favorire listica della Maison McCartney la rigenerazione dei materiali e sono gli impegni profusi daldi scarto. Quando si considela stilista. L’azienda di moda è rano i materiali attraverso la completamente cruelty free, in lente dell’economia circolaquanto nessun prodotto conMappa della catena logistica di nylon e poliestere riciclato ECONYL dal sito ufficiale Stella McCartney. re, essi sono suddivisi in due tiene pelle, pelliccia, pelli esocategorie: materiali tecnici e tiche o piume e nessuna delle biologici”⁴²⁶. I materiali tecnici, colle utilizzate nella produziosono materiali provenienti da ne di calzature e borse è di oririsorse non rinnovabili; sono gine animale. “Inoltre, dopo la inorganici o sintetici prodotti campagna dell’organizzazione dall’uomo, come il nylon, poPeta del 2013, che ha messo in liestere, plastica e metalli ma se evidenza la difficile situazione riciclati in modo ottimale, posdei conigli d’Angora, l’azienda sono essere utilizzati più volte ha deciso di interrompere ogni senza perdita di qualità, rimafuturo utilizzo dell’Angora nei nendo in un ciclo continuo. I prodotti firmati Stella McCarmateriali biologici sono invece tney” ⁴²⁵. Tutti i prodotti rea- Mappa della catena di approvvigionamento del cotone dal sito ufficiale Stella McCartney. materiali che provengono da lizzati dall’autunno 2013 sono fonti rinnovabili; sono materiali naturali che, se prodotti per privi di filato Angora e continueranno ad esserlo. Prendendo l’economia circolare, possono decomporsi in modo sicuro questa posizione, l’azienda dimostra che è possibile realizzanell’ambiente naturale, senza influire negativamente su di re prodotti che siano belli e lussuosi, ma anche migliori per esso. Alcuni dei modi attraverso i quali l’azienda favorisce tutti: animali, persone ed ambiente. Ogni decisione presa è un simbolo dell’impegno aziendale nel definire il futuro del425 https://www.stellamccartney.com/experience/us/sustainability/policies/ la moda: dall’utilizzo di nuovi materiali alternativi pionieri426 https://www.stellamccartney.com/experience/en/sustainability/circularity-2/

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il sistema circolare è l’utilizzo di specifici materiali lavorati con tecnologie innovative. Il nylon, materiale tecnico, è un materiale sintetico che dovrebbe essere riciclato perennemente alla fine dell’utilizzo: il Brand si avvale di ECONYL®, il risultato di una tecnologia innovativa per trasformare i rifiuti di nylon in filati di nylon di prima qualità, che offre la stessa qualità del nylon vergine, ma che può poi essere riciclato all’infinito rendendolo un materiale veramente circolare. La collezione di borse Falabella viene realizzata con filato ECONYL® e tutte le borse Falabella vengono foderate con questo tipo di filato. Affinché i materiali biologici, come il cotone e la cellulosa, soddisfino gli standard dell’economia circolare, non solo devono essere prodotti in modo da poter diventare nutrienti per il suolo in modo sicuro, ma devono anche essere coltivati in modo sostenibile e rigenerativo. Il passaggio all’uso di metodi rigenerativi in agricoltura è fon-

damentale e ne sono esempi l’agricoltura biologica, il pascolo riparatore e la silvicoltura sostenibile. Un sistema agricolo rigenerativo preserva l’integrità dell’ecosistema naturale di un’azienda agricola, aumentandone la salute, la biodiversità e la resilienza. “In particolare, non vengono utilizzate sostanze tossiche, le perdite di nutrienti sono ridotte al minimo e la salute del suolo non solo viene preservata ma anche migliorata”⁴²⁷. Il cotone utilizzato nella produzione non proviene dall’Uzbekistan, dalla Siria, dal Turkmenistan o da altri Paesi considerati ad alto rischio di lavoro minorile o di lavoro forzato. Viene invece rintracciato il Paese di origine per tutto il cotone e l’azienda sta lavorando per riportare la tracciabilità a livello di azienda agricola, per tutte le principali forniture di cotone. “Viene utilizzato anche il cotone biologico che promuove pratiche migliori nella catena di approvvigionamento e fornisce un migliore sostentamento ai contadini”⁴²⁶.

“Altri materiali sostenibili e prodotti innovativi sono le fibre che arrivano da foreste sostenibili, come la viscosa, che arriva da foreste certificate FSC della Svezia”⁴²⁸, che non sono né antiche né in pericolo, in modo tale da proteggere e arricchire le antiche foreste e le specie che vi abitano. La catena di approvvigionamento primario di viscosa è completamente tracciabile, trasparente e interamente europea. Stella McCartney è l’unico marchio che può far risalire la viscosa alla foresta da cui proviene: poiché si tratta di uno dei materiali chiave del Brand, l’azienda si impegna a garantire la conservazione degli ecosistemi di rifornimento.

3.3.2 La collezione ecosostenibile 2020 firmata Stella McCartney “La collezione Primavera Estate 2020 di Stella McCartney è stata presentata al Palais Garnier di Parigi”⁴²⁹, dove la stilista ha scelto un’installazione video del Project designer Dick Straker, in sostituzione alla musica di accompagnamento, come set per la sfilata della collezione estiva. Sono state inoltre collocate delle schede informative sulla sostenibilità, sulle sedute all’interno della sala: una 427 https://en.wikipedia.org/wiki/Stella_McCartney 428 https://www.vogue.it/sfilate/sfilata/stella-mccartney 429 https://www.lofficielitalia.com/fashion-week/stella-mccartney-primavera-estate-2020-ecosostenibile

Catena di approvvigionamento sostenibile di viscosa dal sito ufficiale Stella McCartney.

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Collezioni Primavera Estate 2020 Stella McCartney: l’effetto 3D a foglia è l’elemento centrale ricorrente nei vari look.

Dalla sfilata PE 2020 Stella McCartney: abito sensuale in pizzo a sottoveste.

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Collezioni Primavera Estate 2020 Stella McCartney: maglia scollata senza maniche e gonna in pizzo nero (figura a sinistra), poncho a stampa botanica (figura sopra). Entrambi i look sono caratterizzati da rifiniture a foglia ad effetto tridimensionale.

Sfilata PE 2020 Stella McCartney: a destra la modella Kaia Gerber indossa un completo a righe bianche con stampa micro floreale (look 50), a sinistra lungo abito con maniche in tessuto a contrasto ed abito in stampa floreale.

cronologia delle decisioni etiche e delle innovazioni del suo omonimo marchio, dalla genesi dell’uso del cotone biologico nel 2008, fino all’arrivo della collezione più consapevole di McCartney. La stilista ha così invitato i partecipanti al Fashion show ad unirsi a lei nella lotta per il cambiamento: [“il mondo chiede a gran voce un cambiamento ed è nostra responsabilità agire ora”]. Le scene illustrate nell’installazione visiva hanno mostrato specie di animali in via di estinzione come monito a celebrare la vita, in preludio alla presentazione della collezione più etica di sempre realizzata dal Brand. “Il 75% della collezione presentata è infatti eco-sostenibile”⁴³⁰, un livello mai raggiunto prima né dalla designer inglese, né da altri marchi: “questo è stato possibile grazie all’im-

piego di tessuti e materiali come l’eco alter nappa”⁴³¹, la viscosa sostenibile, il poliestere riciclato, il cotone organico, il tessuto rigenerato Econyl, la canapa e la rafia sostenibile. Le linee classiche ed i tessuti del guardaroba maschile sono il punto di partenza delle nuove proposte di Stella McCartney; una parte consistente della sfilata è prettamente sartoriale, con ispirazione agli anni Settanta. Il 90% del cotone nell’edizione Primavera Estate 2020 è organico ed il 100% del denim è organico o riciclato.

“La sartoria e la maglieria, inoltre, rientrano nella missione di McCartney di creare un prodotto che sia ancora sensuale, desiderabile e lussuoso, ma che non sia una discarica”, attraverso l’uso di poliestere riciclato e viscosa

430 https://www.lofficielitalia.com/fashion-week/stella-mccartney-primavera-estate-2020-ecosostenibile

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431 Materiale simile alla vera pelle a base di poliestere riciclato e poliuretano (a base acquosa, quindi privo di solventi chimici) caratterizzato da un rivestimento realizzato per il 50% con olio vegetale, una risorsa naturale rinnovabile, in modo da diminuire l’uso del petrolio.

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Sfilata PE 2020 Stella McCartney: a sinistra, l’attrice e modella Amber Valletta indossa un abito modello parka; a destra un completo genderless.

Sfilata PE 2020 Stella McCartney: a destra, abito lungo senza maniche a righe bianche e nere; a sinistra completo uomo camicia e pantalone, con motivi geometrici a scacchi e righe.

sostenibile. Per questa collezione la stilista ha proposto abiti leggeri e fluttuanti in versione monocromatica, ma anche abiti sensuali in pizzo a sottoveste e gonna a petali. L’effetto tridimensionale delle rifiniture a forma di foglia, ricorda quello dei centrini e delinea graficamente anche i caftani ed i poncho a stampa botanica. Le stampe micro floreali, presenti su abiti in crêpe de chine monospalla, scollati o con maniche in tessuto a contrasto, sono un adattamento delle foto scattate dalla stilista durante delle gite nella campagna inglese. Sulla passerella hanno sfilato anche abiti a righe bianche e nere, maglieria rigenerata, motivi a scacchi per l’uomo, completi genderless, T-shirt, parka, giacche militari, tute e completi realizzati con tessuti artigianali. In passerella hanno dominato anche gli accessori quali orecchini crochet, occhiali squadrati con catenella dorata e sandali gladiatore di diverse altezze. Le borse semicircolari in eco-nappa e le Logo

bag in rafia, sono state intrecciate a mano da donne artigiane in Madagascar, le quali utilizzano la rafia naturale nelle comunità dove si lavora per sostenere la conservazione e combattere la deforestazione. Il leitmotiv è un comfort eco e chic, per dimostrare che si può cambiare anche attraverso la moda, un mondo in cui c’è ancora molto da fare per l’ambiente e l’equilibrio climatico. La stilista è la prima a riconoscere che, fondamentalmente, un marchio di moda in un ciclo produttivo di creazione di novità, contribuisce al problema. Ma la stilista sostiene che la sua attività, sia spingere i confini ogni giorno per trovare soluzioni che esistono. Con questa collezione Stella McCartney ha voluto quindi lanciare un messaggio molto importante: la responsabilità di salvaguardare il pianeta parte anche dal fare moda e da come farlo, ovvero in maniera sostenibile. Questo è il futuro della moda, non è una tendenza, sostiene la stilista.

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Collezioni Primavera Estate 2020 Stella McCartney: sandali modello gladiator in eco nappa con tacco basso e squadrato (figura sopra) e tacco a cono (figura sotto).

Collezioni Primavera Estate 2020 Stella McCartney: ( foto sopra) occhiali squadrati con catenella dorata. (foto sotto) orecchini crochet richiama l’effetto delle rifiniture a foglia degli abiti.

Collezioni Primavera Estate 2020 Stella McCartney: (foto sopra) Logo bag bianca in eco nappa; a sinistra borsa semicircolare intrecciata a mano in rafia con logo.

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Conclusione

diritti degli animali, di conseguenza le suggestioni operate dalle aziende a livello pubblicitario fanno sempre meno presa sui consumatori. Di pari passo alla rinuncia da parte dei grandi marchi di moda, all’utilizzo di pelliccia e pellame, il progresso tecnologico e l’innovazione in campo tessile, consentono di offrire nuove prospettive creative, proiettando così il mercato della moda ad un’evoluzione positiva in campo etico e sostenibile. Ma non va dimenticato che la strada è ancora lunga: gli allevamenti di animali da pelliccia nei paesi tradizionalmente produttori, come Finlandia, Danimarca, Cina e Russia, sono ben lungi da conoscere crisi, di conseguenza ancora molte grandi case di moda si avvalgono dell’utilizzo di tessuti di origine animale. Ma grazie alle campagne di sensibilizzazione sulla sofferenza degli animali, sempre più stilisti si dichiarano contrari all’uccisione degli animali per fare moda: anche i maggiori brand, infatti, si sono accorti che la pelliccia non è più richiesta come un tempo e si stanno adeguando al cambiamento socioculturale, proponendo alternative etiche ed ecologiche. Ogni anno in Italia, nascono nuove ed ambiziose start-up legate ai nuovi materiali ecologici per una moda etica e sostenibile, nelle quali giovani imprenditori lavorano per creare prodotti che siano di alta qualità, naturali ed animal free. L’intento è quello di proporre una moda che sia lussuosa, ma al contempo rispettosa degli animali: oggi le alternative sono così numerose ed estese che non vi è alcun bisogno di ricorrere a derivati di origine animale, per poter realizzare tessuti ed abiti pregiati. Il settore moda guarda ora al futuro aspirando alle innovazioni ed ai cambiamenti, continua a fare passi da gigante verso alternative più etiche e sostenibili.

Nel corso degli anni sempre più campagne di sensibilizzazione hanno smosso animi e coscienze, spingendo brand e Paesi a modificare in modo parziale ed addirittura totale la propria visione di trend e di produzione.

Il cruelty free è un nuovo concetto di moda che mira ad una conciliazione rispettosa tra industria tessile, passerelle e mercato globale: una moda contro lo sfruttamento degli animali. In definitiva, il mondo della pelliccia e

Il presente studio si è posto l’obiettivo di evidenziare i limiti dell’attuale modello di mercato internazionale di moda, fondato su una percezione antiquata e moralmente sbagliata, secondo la quale, sia ancora accettabile sfruttare gli animali e, delineare nuove possibilità di valorizzazione del settore moda, il cui futuro si prospetta oltremodo interessante. È ormai sotto gli occhi di molti consumatori che il modello economico basato sullo sfruttamento indiscriminato degli animali e della manodopera, ai danni non solo di quest’ultimi ma anche dell’ambiente, sta mostrando da molto tempo criticità che le grandi case di moda non possono continuare ad ignorare. Dalla ricerca condotta è emerso che il conflitto tra sensibilità etica ed esigenze commerciali, ha portato il mercato della pelliccia a ricercare uno scudo etico alla propria filiera, mediante un sistema di certificazioni, rilasciate dalle più importanti associazioni di allevatori e distributori di pellicce: come la finlandese Saga Furs, che vende all’asta di Helsinki pellicce acquistate dai marchi più lussuosi a prezzi stracciati, per poi rivenderle a dieci volte tanto. Anche in questo caso, si è cercato di porre in evidenza l’ipocrisia del settore: il socio di maggioranza di Saga Furs è proprio l’associazione degli allevatori finlandesi, certificando quindi sé stessi. In questo modo, le pellicce vengono comunque “certificate” nonostante provengano da allevamenti per nulla etici. La cosiddetta “tracciabilità” del prodotto e la relativa certificazione cruelty free, non garantiscono dunque l’eticità del prodotto. Il sistema di tracciabilità e controllo della qualità fa riferimento a standard etici, circa la gestione degli animali, approntati da Saga Furs senza essere chiaramente esplicitati. I rappresentanti dell’industria della pelliccia animale sostengono che le intimidazioni degli attivisti siano il fattore determinante che ha contribuito al crollo del mercato, ma la probabile verità è che il progressivo aumento della sensibilità etico/culturale applicata ai consumi della popolazione, è accompagnato da un’accresciuta sensibilità riguardo i

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Bibliografia

del pellame sta attraversando una difficile transizione tra modelli produttivi tradizionali, ormai sempre meno accettati e modelli in divenire, che richiederanno ancora tempo e studi per potersi affermare, in un delicato equilibrio tra principi etici, rispetto dell’ambiente e dei lavoratori. Stiliste come Elisabetta Franchi e Stella McCartney, collezione dopo collezione, dimostrano che quando la moda rispetta gli animali il risultato è un successo assicurato. “È tempo che l’industria della moda si renda conto del fatto che la pelliccia è crudele, barbara, antiquata e fuori moda” ha detto Stella McCartney, una voce importante per la moda cruelty free. E ancora: “Ritengo che eliminare la pelle sia una scelta moderna, a tratti audace” ha affermato riguardo l’utilizzo della vera pelle nelle collezioni. “Sono fuori. Non voglio uccidere animali per fare moda” ha detto Donatella Versace, un’altra voce di rilievo del settore. Sono solo alcuni esempi di un cambiamento in atto nell’industria del settore, che pur attente ai loro modelli di business ed anzi, forse proprio per tutelarli, iniziano a capire che le future generazioni di consumatori saranno sempre meno interessate a materiali di origine animale, scegliendo di orientare la produzione verso quella che a tutti gli effetti potremmo definire “la moda del futuro”.

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Ringraziamenti Vorrei dedicare questo spazio a chi, con dedizione e pazienza, ha contribuito alla realizzazione di questo elaborato. Ringrazio il Prof. Gobbi, relatore della mia tesi, il quale ha saputo guidarmi fin dalla scelta dell’argomento (a cui tengo personalmente molto) nella stesura, ma anche e soprattutto nelle fasi di realizzazione dei lavori creativi, con suggerimenti pratici ed utili, con la sua disponibilità e professionalità. Un ulteriore ringraziamento va al mio relatore per avermi fatto esplorare diversi campi della moda, fatta non solo di tradizione ma anche di innovazione in campo artistico e scultoreo, dove ho potuto approfondire lo studio di tessuti e materiali diversi.

Ringrazio la docente di indirizzo, la Prof.ssa Casagrande, la quale per me è stata una figura fondamentale per lo sviluppo della mia maturità artistica: per i suoi preziosi consigli, per gli spunti creativi e per avermi fatto apprendere nuovi aspetti riguardanti il mondo della Moda. Uno speciale ringraziamento va anche alla docente di Design dell’Accessorio, la Prof. ssa Simoncelli, grazie alla quale ho potuto imparare a redigere progetti di disegno digitale. I miei ringraziamenti sono comunque rivolti a tutti i docenti del corso di Fashion Design, grazie ai quali sono riuscita ad entrare a far parte di un mondo che per me fino a cinque anni era del tutto sconosciuto, ma che da questo momento in poi sarà una parte fondamentale della mia vita. Per ultimi ma di certo non meno importanti, i miei ringraziamenti sono rivolti anche a chi mi è sempre stato vicino durante questo percorso: la mia famiglia, la quale ha saputo sostenermi anche nei momenti più difficili e che ora è orgogliosa dei traguardi ma me raggiunti. Infine, dedico questa tesi a me stessa, ai miei sacrifici e alla mia tenacia che mi hanno permesso di arrivare fin qui.

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