DAL BICCHIERE AL MUSEO - Nuove prospettive per il design

Andrea Lovotti - Claudia Moreschi - Martina Bottaro

DAL B ICC H I E R E AL MU SEO

Nuove prospettive per il design

Nuove prospettive per il design

Università degli Studi di Genova - Scuola Politecnica dAD - Dipartimento Architettura e Design Corso di Laurea Magistrale in Design del Prodotto e dell’Evento A.A. 2017-2018 Relatrice: Professoressa Raffaella Fagnoni Correlatore: Professore Alessandro Valenti Candidati: Andrea Lovotti, Claudia Moreschi, Martina Bottaro

pag. 5

PREMESSA

1

ESSERE DESIGNER: IERI E OGGI

Introduzione

pag. 11

1.1 Il ruolo del designer nella storia 1.2 Il nuovo contesto del design 1.3 Prosev Strategy

pag. 13 pag. 17 pag. 23

2

ARTIGIANI E DESIGNER: NUOVO DIALOGO

Introduzione

pag. 35

2.1 2.2 2.3 2.4

pag. 37 pag. 43 pag. 53 pag. 59 pag. 62 pag. 69 pag. 72 pag. 95 pag. 102 pag. 106

Una nuova sinergia Collaborazione con Cinco La storia di Altare Altare oggi 2.4.1 I vetri di Sandro Bormioli 2.5 Il vetro Borosilicato 2.5.1 Casi studio: il vetro borosilicato nel design 2.6 La nuova collezione 2.6.1 Caleido 2.6.2

Plissè

3

DI-MOSTRARE: NUOVA CONCEZIONE DI MOSTRA

Introduzione

pag. 115

3.1 Idea di progetto 3.2.1 Alla scoperta di Palazzo Reale 3.2 Casi studio: nuova concezione di museo 3.3 La ricerca di Symbola 3.4 Rete contatti: artigiani, aziende, enti ed istituzioni 3.5 In-cón-tra 3.5.1 Il concept dell’allestimento 3.5.2 Grafica: elaborati e promozione 3.5.3 I giorni di In-cón-tra 3.5.4 Traguardi raggiunti

pag. 117 pag. 120 pag. 125 pag. 141 pag. 147 pag. 153 pag. 158 pag. 180 pag. 190 pag. 218

CONCLUSIONI

pag. 221

BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA

pag. 222

RINGRAZIAMENTI

pag. 229

PREMESSA

A

bbiamo faticato per trovare una nostra strada, quando ti ritrovi a dovere uscire fuori per quello che sei non sai mai quale sia il modo migliore.

Ci troviamo in un periodo storico in cui il mondo è in continua evoluzione, ma probabilmente non c’è mai stato un periodo di stallo. Abbiamo imparato che il mondo è cambiato e non il design, dal primo anno ad oggi sono cambiate molte cose e anche il nostro modo di progettare. Ci serviva quindi capire come inserirci in questo nuovo mondo, come presentarci e soprattutto su quale nostra qualità puntare.

gliaia di volte il progetto, ma abbiamo iniziato lì a crescere e a capire.

Volevamo puntare sulla valorizzazione del territorio, per questo ci siamo concentrati su due aspetti fondamentali di questa regione: il valore storico/ artistico e uno più tradizionale.

Questa tesi inizia con un’analisi del ruolo del designer, ci sentivamo di dover capire gli sviluppi di questa professione e verso che meta spingerci, avevamo bisogno di sicurezze, di cercare in tutti quei libri delle risposte alle nostre domande. Volevamo cercare un modo per placare le nostre preoccupazioni.

Il nostro Dipartimento da sempre punta sul rapporto tra Prodotto-Servizio-Evento, così abbiamo deciso di sperimentarlo in prima persona, partendo perciò dal prodotto, ormai la base di quello che è il lavoro di un designer. Ci siamo accorti delle difficoltà nel realizzare un piccolo oggetto, che dalla modellazione 3D alla realizzazione esiste un abisso, abbiamo modificato mi-

Questa tesi è un percorso, il nostro, ma quello di molti, è una ricerca, ma anche una sperimentazione, come dice il nome stesso passa al setaccio tutte le diverse scale di lavoro del progettista, le analizza con attenzione e le mette alla prova.

Abbiamo scoperto com’è lavorare con diverse figure professionali, ognuno ha una sua preparazione, un suo linguaggio e un suo mondo. Perché alla fine il nostro mestiere è proprio questo, mettersi insieme, comunicare, discutere e decidere, è trovare un modo per far andare tutti verso la stessa meta.

Lo sviluppo del prodotto ci ha permesso di stringere nuovi rapporti e relazioni con il mondo artigianale, ma volevamo anche raccontarlo all’esterno, abbiamo quindi deciso di inserirci in punta di piedi all’interno della storia e quindi in qualche modo dare nuovo valore al concetto di “mostrare”.

Presentiamo così la nostra tesi di Laurea Magistrale, illustrandone il percorso.

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1 ESSERE DESIGNER: IERI E OGGI

Introduzione 1.1 Il ruolo del designer nella storia 1.2 Il nuovo contesto del design 1.3 Prosev Strategy

9

INTRODUZIONE

L

a figura del designer è difficile da spiegare, da quando ci iscriviamo all’università la domanda è sempre la stessa: “Cosa studi?”. Come fai a spiegare questo mestiere a persone che non lavorano nell’ambito dei così detti “creativi”?

Immancabilmente finisci per spiegarlo come “un ramo dell’architettura”, che non sarebbe neanche così sbagliato se fossimo ancora nel Novecento.

Però effettivamente non è così semplice da spiegare come il lavoro del chirurgo, che viene identificato immediatamente come colui che salva le vite, ma in realtà tutti gli strumenti che utilizza, l’uniforme che indossa (dal materiale al colore) e la sala operatoria stessa sono stati progettati da designer.

Se il bisturi (oggetto identificativo del lavoro di un chirurgo, molto citato nelle numerose scene cinematografiche) non avesse uno studio così approfondito sull’ergonomia dell’impugnatura o su il suo dimensionamento e rapporto tra impugnatura e lama, il lavoro del chirurgo probabilmente sarebbe più complicato. Con questo non affermiamo che il designer salva le vite, ma probabilmente aiuta a facilitare alcuni gesti. Eppure siamo sempre identificati come progettisti di “cose” nell’ambito dell’arredamento.

Il designer viene identificato come il progettista di oggetti affascinanti e inutilizzabili come lo spremiagrumi Juicy Salif di Starck, ma in realtà lo spremiagrumi in sé nasce dal proget-

to di un designer, quello che Morrison e Fukasawa chiamano Super Normal. A questo si può aggiungere che se il progetto di Starck è desiderato come oggetto di arredo per una cucina minimal e sofisticata, lo spremiagrumi è necessario per un compito ben preciso, che poi, nell’epoca degli estrattori, può essere già considerato un oggetto vintage, quindi può diventare anche lui un oggetto essenzialmente di arredo. Però dentro di sé ha una storia, magari apparteneva ai nostri genitori o ai nostri nonni, che l’hanno conservato perché loro instauravano con gli oggetti un rapporto emozionale e intimo, quasi privato, rispettandolo come fosse un essere umano.

Non è che questo non accada oggi, ma nell’epoca dei social network dove tutto è veloce, dove sappiamo di essere visti per poche frazioni di secondi e dove quello che si ottiene è un like, non ci aspettiamo oggetti che funzionino o durino nel tempo, ma che sappiano emozionarci.

Questo porta che dalla comparsa di un desiderio alla sua realizzazione non passino neanche ventiquattr’ore (Amazon Prime), portando così alla perdita di quello che per la Campari ha rappresentato in un noto spot pubblicitario, “l’attesa del piacere è essa stessa il piacere”.

La figura del designer è complessa e articolata, il suo lavoro è un’emozione e il suo scopo è quello di trasmetterla.

11

Fig. 1 - Bruno Munari

CAPITOLO 1

1.1

12

1.1 - Il ruolo del designer nella storia

IL RUOLO DEL DESIGNER NELLA STORIA

“Il designer è un progettista dotato di senso estetico, che lavora per la comunità.

Il suo non è un lavoro personale ma di gruppo: il designer organizza un gruppo di lavoro secondo il problema che deve risolvere.”

13

CAPITOLO 1

Fig. 2 - Crystal Palace

Queste sono le parole di Bruno Munari, pittore, designer e sperimentatore di nuove forme d’arte, nel suo libro “Artista e designer” pubblicato nel 1971. Il designer si stava scostando dalla figura dell’artista, mostrava le sue qualità attraverso nuovi oggetti destinati all’industria nascente e forte di quel periodo storico. Inizia così la nostra storia, nell’ambito dell’oggettistica destinata ad un’ampia diffusione, da lì, però, il designer inizia a curare la grafica dell’oggetto, l’immagine dell’azienda produttrice e mano a mano la sua figura si delinea sempre di più.

Ma partiamo da cos’è un designer, semplice, un progettista. Non si delinea però in che ambito, un progetto

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può essere applicato su diverse scale dimensionali. La figura del designer nasce con l’arrivo dell’industrializzazione, infatti prima esisteva il prodotto artigianale, ovvero un artefatto progettato per rispondere ad una specifica mansione, che veniva realizzato completamente a mano e perciò con tempi lunghi di realizzazione. Invece il “prodotto industriale” non era molto costoso e risolveva in modo più rapido i problemi e le richieste della clientela. All’inizio questi prodotti, però, non erano ben rifiniti, in quanto i primi macchinari non erano precisi, per questo il prodotto che ne usciva era definito “rozzo”. Chi aveva una fabbrica non si curava dell’estetica dell’oggetto che fabbricava, ma della veloce produzione e, ovviamente, del ricavato. Il mondo conobbe tutto questo a Londra, nel 1851, alla prima Esposizione Universale, nel magnifico Crystal Palace di Joseph Paxton. Fu la più grande fiera mondiale dove tutti i produttori presentavano i propri oggetti ed invenzioni, però la qualità dei prodotti risultava alquanto scadente. Da qui il designer iniziò a curare l’estetica del prodotto cercando di creare nuovi stili appropriati al gusto dell’epoca, si occupa anche della sua comunicazione, ovvero la pubblicità, la grafica, il modo più rapido per far conoscere il nuovo prodotto su larga scala. Questo nuovo metodo e questa nuova professione iniziano ad essere insegnate a Weimar presso la prima scuola di design, la Bauhaus (Bau= costruire, Haus=

casa), fondata nel 1919. Si iniziano a sperimentare materiali e tecniche di lavorazione, il designer ha così la possibilità di risolvere i quesiti che la società gli pone con professionalità e dedizione e da lì la sua, la nostra, figura ha continuato ad evolversi.

Arriviamo perciò ai primi anni duemila, dove al designer veniva affidato il compito di interpretare, tramite il suo estro, le esigenze del suo committente, studiando una forma che potesse rispettare la funzione dell’oggetto, le logiche produttive dell’azienda, le tempistiche del mercato, ma cosa ancora più importante, che è già da considerarsi uno sviluppo nel ruolo iniziale del designer, la configurazio-

ne del marchio della casa produttrice nella mente dei consumatori.

Per questo doveva analizzare la storia dell’azienda e dei suoi prodotti, il cambiamento che ha avuto nel corso della storia, a chi fosse rivolto il prodotto e in base all’utilizzo dello stesso, i tempi di durata.

Si passava quindi dalla costruzione delle ipotesi per la forma, alla scelta dei materiali, alla costruzione di modellini per lo studio di ingombri e spazi, fino alle modalità di pubblicizzazione grafica.

Un lavoro quindi sempre più articolato e complesso, ma che non ha ancora smesso di svilupparsi e di allargare i suoi orizzonti.

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Fig. 3 - Bauhaus, Walter Gropius

1.1 - Il ruolo del designer nella storia

Fig. 4 - Ezio Manzini

CAPITOLO 1

1.2

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1.2 - Il nuovo contesto del design

IL NUOVO CONTESTO DEL DESIGN Tutti progettano!

Con “tutti” intendiamo le singole persone, i gruppi, le comunità, le imprese, le istituzioni, le città e intere regioni. Ciò vuol dire che tutte queste figure sono spinte a mettere in campo delle competenze progettuali per poter realizzare le loro strategie di vita. Viene definito design diffuso, dove l’intera società viene identificata come un grande laboratorio in cui si realizzano forme sociali, in cui si crea, cioè, innovazione sociale.

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Fig. 5 - Divisumma 18 e 28

CAPITOLO 1

18

1.2 - Il nuovo contesto del design

Con questa definizione però non stiamo affermando che i risultati che si ottengono siano per forza positivi, ogni atto che viene applicato a livello politico può essere considerata una forma di progettazione.

Il design per l’innovazione sociale è una capacità di riconoscere le dinamiche sociali più promettenti ed operare con esse, ovvero il design che promuove e supporta l’innovazione sociale.

Ormai il termine design è inflazionato, ovvero viene utilizzato in moltissimi ambiti dalla gastronomia, al look, alla nautica, alle automobili e a molto altro. Può sembrare un pericolo, ma in realtà bisogna prendere atto che è una trasformazione storica, il design cresce come qualità e si presenta in nuovi ambiti.

Andrea Branzi afferma che esistono tre generazioni di designer1: la prima quella dei Maestri (da Giò Ponti a Mario Bellini), i fondatori del design italiano, ovvero designer+imprenditori; la seconda è quella che nasce dalle sperimentazione e dalle avanguardie passate, come gruppo Memphis e Domus Academy; la terza che definisce “generazione di mezzo”, da Alberto Meda a Sfefano Giovannoni, fino ad arrivare a noi giovani progettisti.

Tutte e tre condividono l’idea che il design non è solo il made in Italy, ma è una cultura espressiva che risponde a domande precise della società attraverso la creatività. Data la costru-

zione industriale italiana, formata da piccole e medie imprese, la comunicazione con i designer è sempre stata semplice e flessibile. In altre parole, il fatto che l’Italia avesse un sistema industriale più debole rispetto agli altri Paese europei, ha permesso di creare la vera definizione di design, ovvero un ibrido tra cultura del progetto e industria.

Oggi il designer deve rispondere al cambiamento del mondo e quindi adattarsi e rispondere a nuove necessità. Le scuole ormai non formano più progettisti con un metodo di progetto ben definito, ma formano un progettista autodidatta, un freelancer. Sono tutte nuove idee che sono nate negli ultimi 10-20 anni che hanno modificato la vita quotidiana di un numero sempre crescente di persone. Troviamo esempi di nuovi ambiti di progettazione, nelle nuove forme di mobilità alternative all’uso dell’auto individuale, modelli residenziali e di vicinato che si adattano alla realtà attuale delle famiglie; tutte iniziative di ricostruzione della qualità ambientale e sociale della città.

Qui ci si potrebbe chiedere cosa c’entri il design, c’entra eccome!

Tutto questo può essere descritto come un intreccio di attività di co-progettazione.

Quindi tutte le figure citate inizialmente sono promotori di innovazione sociale, sono attori di processi di co-progettazione.

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Fig. 6 - Giò Ponti, Manifesto per Exhibition “Tutto Ponti.Giò Ponti Archi-designer”

CAPITOLO 1

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1.2 - Il nuovo contesto del design

Questi termini sono nati negli ultimi anni, proprio perché il design ha dovuto adattarsi al “nuovo mondo”, ora investe non solo sui prodotti, ma anche sui servizi, le organizzazioni e su un numero sempre crescente di am-

biti e attività quotidiane. Perciò non si può procedere “come si è sempre fatto” ma c’è bisogno di progettare, quindi si richiede l’intervento di esperti in questo campo. Se rimaniamo ancorati alla definizione di design del XX secolo non possiamo sperare che il design svolga un ruolo significativo per la società che lo circonda.

Se, invece, ci apriamo ad una nuova definizione del design del XXI secolo, scopriamo un design esperto che si presenta come un insieme di competenze, sensibilità e strumenti culturali applicabili ad ogni tipo di problema: dalla tradizionale concezione di un prodotto, alla co-creazione di un servizio sociale, alla proposta di nuove forme di rappresentazione democratica.

I primi che dovrebbero capire questa nuova definizione ed applicarla sono gli esperti del design, cioè i designer e le scuole in cui sono formati.

Fig. 7 - “Neo Memphis”, Elle Decor Italia

Possiamo costatare che in questi ultimi anni la necessità di adottare un approccio progettuale, si è molto diffusa; stiamo parlando del design thinking, un modello di progettazione utilizzato per rispondere a problemi complessi, ma anche del design dei servizi, che si occupa di ri-progettare molteplici attività sia nel settore pubblico che privato.Ma il punto più importante è che visto che abbiamo affermato che tutti progettano, c’è bisogno di qualcuno che aiuti a farlo, quello che Ezio Manzini definisce “design esperto”2.

Ovvero che disponga degli strumenti culturali e pratici che possano promuovere e guidare le capacità progettuali degli altri (i “non-esperti”).

21

Fig. 8 - Apple, caso studio Prosev Strategy

CAPITOLO 1

1.3

22

1.3 - Prosev Strategy

PROSEV STRATEGY

Termine nato dall’omonimo libro del Professor Carlo Vannicola.

Il Dipartimento Architettura e Design di Genova con la Laurea Magistrale in Design del Prodotto e dell’Evento forma noi futuri designer secondo un principio ben preciso, quello del Prosev, ovvero Prodotto-Servizio-Evento.

23

Fig. 9 - Peter Behrens

CAPITOLO 1

Correttamente viene definito Prosev Factory; un’azienda che lavora in un mercato “conosciuto”, dove le sue azioni portano a progettare contemporaneamente il prodotto, il servizio ad esso abbinato e gli eventi di relazione con il consumatore3.

L’evento e il servizio non vengono più intesi come semplici mezzi di comunicazione e di gestione del prodotto, ma sono vere e proprie attività connesse al prodotto stesso.

Il ruolo del progettista è quello di pensare e mettere in pratica tutto il ciclo Prodotto-Servizio-Evento; occuparsi di comunicazione, di sviluppo e gestione del servizio abbinato al pro-

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dotto, e infine, degli eventi come tramite tra il consumatore e il mercato.

Il Prosev designer, quindi, ha una formazione sia scientifica sia umanistica ed è in grado di indicare e coordinare nuovi modi di interpretare il concetto di azienda e di prodotto, di innovare i metodi e le fasi di sviluppo. Questo nuovo concetto è già stato messo in pratica da Peter Behrens, all’inizio del ‘900, che si occupò di definire marchio, immagine coordinata, prodotti e ambienti produttivi dell’AEG; possiamo quindi affermare che lui stesso ha aperto la strada a questo nuovo tipo di figura professionale, che potremmo definire multitasking.

1.3 - Prosev Strategy

Siamo in un ambito, tendenzialmente, materiale, tutto ciò che ci circonda è un prodotto, ovvero un oggetto in grado di svolgere una determinata funzione tramite un’azione che gli è stata programmata. Pertanto, un prodotto è sempre realizzato per uno specifico uso, che dev’essere però comunicato al futuro fruitore. Per fare questo bisogna tener conto delle informazioni che già si possiedono, i preconcetti, fattori che influenzano il giudizio che verrà dato al prodotto, come ad esempio la sua forma, che non deve scostarsi troppo da quella che già il cliente ha nella sua mente.

Se invece appartiene ad un determinato brand, il prodotto, si farà conoscere già per la sua fama, non verranno date troppe informazioni, perché già il consumatore conosce il lavoro, la qualità e la fama di quel marchio.

Siamo di fronte a un puro problema d’identità, di come un oggetto verrà percepito e di conseguenza di come sarà abbinata la sua immagine al suo modo di essere distribuito.

L’identità, infatti, nel campo della relazione tra oggetti, è tutto ciò che rende un prodotto definibile e riconoscibile, non è stabile ma si consolida e si trasforma nel tempo.

Quindi da sempre la storia del prodotto è incatenata alla sua comunicazione, alla pubblicità che veicola il messaggio che l’azienda vuol far passare. Nel corso degli anni è cambiata

Fig. 10 - Nike, esempio di brand identity

Prodotto

la tipologia di approccio dei clienti, ora la domanda principale non è più “l’oggetto che sto acquistando è in grado di svolgere la funzione che presuppone?” ma piuttosto “sarò in grado di farlo? cosa diranno vedendomi utilizzare questo prodotto?”.

Ormai conta solo l’apparenza, questo messaggio è quello che abbiamo “imparato” dai social network, ovvero il primo strato di approccio con chi ci circonda. È fondamentale quindi, che tutto ciò che possediamo sia coerente con il modo in cui vogliamo farci conoscere e questo status ingloba anche il mondo dei prodotti.

Questa condizione ha portato a rendere la comunicazione più rilevante rispetto al prodotto; quest’ultimo

25

Fig. 11 - Lettura su Tablet

CAPITOLO 1

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1.3 - Prosev Strategy

sembra non avere più importanza, non viene più valutata la qualità reale, il peso, il materiale, l’innovazione tecnica o tecnologica, ma deve appagare i sentimenti, le aspirazioni e poi deve rispondere anche all’uso che se ne vuole fare.

Quindi il nostro compito da progettisti è quello di far predominare il brand sulla funzione del prodotto.

Si tratta di un’azione applicabile ad un oggetto, ad un luogo fisico o virtuale, che trasforma il modo di raggiungere uno scopo. Oggi, un’azienda per promuovere il suo prodotto ha bisogno di collegarlo ad un servizio, in modo da aumentare la sua qualità effettiva.

Si tratta di un rapporto tra fornitore e cliente, utilizzando mezzi e spazi, sia propri o di strutture terze appositamente realizzati per l’esito richiesto.

Ormai il servizio è necessario, molti prodotti portano innovazione, ma questi hanno bisogno di creare uno scenario ad hoc per essere utilizzati, solo in questo modo potranno essere “accettati” dal futuro consumatore.

Questa innovazione però porta alla fine di un servizio per la nascita di uno nuovo. Potremmo prendere ad esempio la diffusione dei quotidiani o dei libri, con la loro nascita si crearono luoghi appositi dove acquistarli, edicole e librerie, ma nell’era del digitale questo prodotto cartaceo è

stato accantonato.

Sempre più spesso vediamo giornalai storici delle nostre città chiudere, lasciando così lungo le nostre strade gabbiotti verdi e abbandonati.

C’era chi sosteneva che, il lato emotivo dell’odore della carta stampata avrebbe in ogni caso prevalso sulla virtualizzazione della lettura, che comprare e leggere il giornale fosse parte di un rito che terminava al bar, eppure oggi si assiste a clienti che leggono, senza pregiudizio, le informazioni sulle pagine di tablet o di smartphone, i cui schermi nel tempo si sono adeguati ai nuovi usi. Basti pensare che sono stati creati appositi prodotti per rendere la lettura su di uno schermo più piacevole e agevole che sulla carta stampata (kindle).

Non è da prendere però come un lato negativo, questo ha permesso di diminuire l’uso della carta e perciò il concetto stesso di deforestazione, un esempio di come i pro-

27

Fig. 12 - Lettura cartacea

Servizio

CAPITOLO 1

Fig. 13 - Yves Klein

dotti e i servizi ad essi correlati si occupano anche di un argomento che per fortuna sta prendendo sempre più piede, la cura dell’ambiente.

Evento Parliamo di un’azione di relazione tra un promotore e un fruitore, progettata e programmata per un determinato scopo, in un luogo e in un tempo

definito. Anche in questo caso però esistono dei preconcetti di cui tener conto; il sito e il tempo sono sempre stati percepiti come fattori fondamentali nella progettazione di un evento, indicandone il carattere e il livello qualitativo, ad esempio cantare alla Scala di Milano ha un valore superiore rispetto al farlo in qualsiasi altro teatro, parteciparvi come spettatore corrisponde a far parte di una élite mondiale. Un rave party, invece, non può prescindere dall’essere svolto in un luogo e in un tempo inconsueto.

Occasione che impone regole che si estendono al modo di comportarsi, abbigliarsi, gestire la diffusione e il richiamo all’evento, tutto questo va a delineare quello che è l’identità di un evento.

Ma lo scopo di un evento è quello di fornire un diverso livello di conoscenza d’ingresso e di uscita dei partecipanti con esperienze assai differenti, permettendo a chiunque di ottenere un risultato concreto.

La diffusione ad ampio raggio di elementi culturali, assai diversi tra loro, che possano creare nuove forme di apprendimento, in altre parole, costruire opportunità di crescita culturale dei visitatori. Non esiste una partecipazione passiva o attiva, ogni evento è immersivo.

Ogni volta che partecipiamo ad un evento cambia la nostra percezione del luogo e del momento, modellando le nostre decisioni future, perciò

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Fig. 14 - Progetto Mind

1.3 - Prosev Strategy

oggi la visita non si esaurisce con l’uscita dal luogo, ma continua con approfondimenti successivi svolti in rete. La semplice condivisione delle proprie opinioni, permette che l’esperienza non venga dimenticata ma che possa continuare a creare dibattiti ed opinioni, come il noto caso di Yves Klein con Blue Women Art (1962).

L’evento non è solo legato alla comunicazione di un prodotto, può avere valenze strategiche e di trasformazione dei luoghi.

Troviamo esempi nei grandi eventi, come Olimpiadi ed Expo, questi si configurano come mezzi straordinari per riqualificare intere aree urbane, per la creazione di architetture temporanee e fisse nell’uso e nel-

la consistenza dimensionale. Basti pensare a tutta l’area attrezzata per Expo Milano 2015 che diventerà un parco tecnologico, il Mind (Milano Innovation District), un luogo dell’innovazione, della scienza e del sapere, nato per promuovere il nostro territorio e i nostri prodotti leader.

Un modo per dare nuova vita e per valorizzare una zona metropolitana.

Per finire, comprare un prodotto, ricevere un servizio o partecipare ad un evento, sono azioni concatenate, solo apparentemente divisibili, la loro progettazione è congiunta in modo che la comunicazione e il messaggio vengano veicolati in maniera corretta.

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CAPITOLO 1

NOTE TESTI

1 Branzi A., Una generazione esagerata. Dai radical italiani alla crisi della globalizzazione, Milano, Baldini e Castoldi, 2014 2 Manzini E., Design, When Everybody Designs. An Introduction to Design for Social Innovation, Cambridge, Massachussets, MIT, 2015 3 Vannicola C., La prosev strategy. Il design del prodotto, servizio, evento, Firenze, Forma ediz., 2017

30

2 ARTIGIANI E DESIGNER:

NUOVO DIALOGO

Introduzione 2.1 2.2 2.3 2.4

Una nuova sinergia Collaborazione con Cinco La storia di Altare Altare oggi 2.4.1 I vetri di Sandro Bormioli 2.5 Il vetro Borosilicato 2.5.1 Casi studio: il vetro borosilicato nel design 2.6 La nuova collezione 2.6.1 Caleido 2.6.2

Plissè

33

INTRODUZIONE

C

ome abbiamo già affermato nel capitolo precedente, inizialmente esisteva un rapporto tra progettista e artigiano, che molto spesso era la stessa persona. Abbiamo anche visto come la figura del progettista si è scostata da questo diventando di fatto designer e come l’industria abbia surclassato la figura dell’artigiano, ma verso la fine dell’Ottocento William Morris cercò di dare vita ad un cambiamento. Egli vedeva l’artigianato come espressione del lavoro dell’uomo e dei suoi bisogni, apprezzava i suoi prodotti in quanto durevoli, rispetto ai prodotti di bassa qualità dell’industria e per sostenere questa sua visione fonda un’associazione, l’Arts and Crafts (arti e mestieri). Un’innovazione dell’arte industriale, dove un oggetto doveva ispirarsi, per forme e decorazioni alla natura, in questo modo poteva essere definito bello.

Importante per Morris e i suoi sostenitori era che i prodotti fossero artigianali, con materiali ricercati e con tecniche di lavorazione innovative, inutile dire che dati gli elevati costi produttivi questo ideale non ebbe il successo tanto atteso.

Egli successivamente fondò anche un’industria, con lo stesso princi-

pio, non è l’uomo al servizio della macchina, ma la macchina che dev’essere al servizio dell’uomo; i prodotti dovevano essere progettati per essere altamente qualitativi per l’uomo, non per essere più facilmente realizzabili da una macchina.

Questo concetto non svanì del tutto, oggi ci troviamo ad un ritorno di questi ideali con la nascita del movimento Slow1; la crescente sensazione che il mondo stia diventando troppo veloce, lanciato all’inseguimento di richieste, obiettivi e ambizioni, ad avere tutto subito, quindi la necessità di riappropriarsi di un ritmo soft. I loro principi si fondano sulla volontà di mostrare l’ampiezza e la bellezza del mondo artigianale, rendendo il consumatore consapevole che quel prodotto è stato realizzato da una persona che svolge, con passione e dedizione, il suo lavoro e a cui interessa produrre oggetti che siano apprezzabili e che rappresentino al meglio il suo gusto.

Nel campo del design si stanno riconsiderando questi principi, vengono condotte molte ricerche su questo tema e anche il nostro Dipartimento si sta avviando verso una maggiore sensibilità nei confronti dell’artigianato locale.

35

Fig. 1 - Costantino Bormioli, artigiano

CAPITOLO 2

2.1

36

2.1 - Una nuova sinergia

UNA NUOVA SINERGIA

Nella seconda metà del secolo scorso abbiamo assistito ad un vero e proprio allontanamento dell’architettura e del design nei confronti dell’artigianato e, in generale, nei confronti di tutto ciò che non era stato progettato per essere prodotto in serie; oggi, invece, si assiste ad un nuovo interesse nei confronti del “fare”, seguendo tutte le fasi del processo, dall’ideazione alla realizzazione.

37

CAPITOLO 2

Una sorta di ritorno all’artigianato, visto come mix di tradizione, cultura e territorio coniugati dalle tecnologie dell’informazione e della comunicazione oggi disponibili.

Non si abbandona perciò la parte industriale e tecnologica, ma si crea un dialogo nuovo, dove l’artigiano sta riscoprendo la sua centralità confrontandosi con la grande industria in favore del “fatto a mano” unito alla cultura digitale.

Fig. 2 - La lavorazione artigianale della Sedia Chiavarina

Stanno nascendo prodotti realizzati su misura in base ad esigenze specifiche, creando un mercato di manufatti di successo in diversi settori, apprezzati e ricercati a livello planetario, in cui si va a valorizzare questo nuovo

tipo di unione. Questo va ad unirsi proprio con quello che è il concetto vero e proprio di Made in Italy, la nostra Nazione ha una forte impronta manifatturiera e affonda le sue radici nella tradizione della “bottega” dell’artigiano o dell’artista.

Stefano Micelli sostiene che la nuova figura dell’artigiano è pronta ad utilizzare nuove tecnologie per realizzare i suoi prodotti e per studiare i materiali, ma ha comunque dentro di sé una tradizione, una storia ed un rapporto con il cliente che è tipico di noi italiani; permettendo di creare oggetti con un’anima2.

Questo ritorno ha una spinta nel 2008 quando Richard Sennet, sociologo statunitense, pubblica il libro “The Craftsman” che promuove il saper fare bene le cose per il proprio piacere con lo scopo di tornare ad uno stile di vita semplice, basato sulla collaborazione tra mente e mani.

In quest’era tecnologica abbiamo dimenticato il valore delle nostre mani, sfruttandole soltanto per scrivere su di una tastiera o per digitare su di uno schermo. Il creare è stato associato soltanto alla mente e allontanato dalle mani, la scienza ci insegna che hanno 23 gradi di libertà, quindi, altrettante possibilità di movimento per svolgere un lavoro.

L’artigiano e il designer si stanno incontrando e confrontando; assieme stanno progettando questo ritorno al fare manuale, un incontro tra cul-

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tura del progetto e cultura del fare.

Il mercato ormai è saturo di prodotti industriali, qui si inserisce il design autoprodotto, caratterizzato da una naturale predisposizione all’innovazione e da un collegamento stretto con la cultura del fare tipica nel nostro Paese.

Anche la bottega artigiana si rinnova, ora viene definita “FabLabs”, laboratori creativi, luogo di socializzazione

e di condivisione di idee, conoscenze e competenze. Al suo interno troviamo attivisti al movimento Maker, un vero e proprio fenomeno culturale contemporaneo, risalente all’ultima rivoluzione digitale.

Utilizzano le tecnologie informatiche per sviluppare progetti e dare corpo alle idee, si avvalgono delle tecniche dell’e-commerce per dare concretezza economica ai progetti.

Vendono, comunicano e producono

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Fig. 3 - Operae

2.1 - Una nuova sinergia

2.1 - Una nuova sinergia

preservando la cultura italiana del prodotto-servizio e il rapporto con il cliente. Sono presenti in tutto il mondo e nonostante si esprimano grazie alla globalizzazione del design, applicano quella che viene definita la de-globalizzazione della produzione, ovvero la riscoperta di risorse, luoghi, materiali, mezzi di produzione e maestranze appartenenti ad una determinata cultura, dando quindi di nuovo vita all’identità dei luoghi.

Si è raccontato cosa le mani sanno fare, come possono superare qualunque macchina, non si sta, però, condannando la tecnologia, perché dall’artigianato non dev’essere vista come un nemico, ma come un alleato, che possa aiutarlo a crescere e a scoprire nuovi modi del “fare”.

Quello di cui si ha bisogno è più conoscenza; i giovani designer hanno il compito di acquisire tutte le competenze dai progettisti che gli hanno preceduti, coniugando il lavoro e il sapere dei grandi designer del secolo scorso con il valore emozionale e concettuale che per secoli ha contraddistinto il lavoro dell’uomo.

Fig. 4,5 - Homo Faber

La mostra-evento Homo Faber: Crafting a more human future, presentata a Venezia, negli spazi del complesso monumentale della Fondazione Giorgio Cini ha presentato questo ritorno al saper fare.

Un percorso lungo 4000 m2 espositivi dove 400 artigiani hanno mostrato il loro lavoro. Al suo interno sono state raccontate storie, tradizioni, saperi e culture provenienti da tut-

ta Europa, i visitatori hanno attinto a tutti i loro 5 sensi per poter apprezzare a pieno quegli oggetti e manufatti che con grande maestria sono stati realizzati.

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Fig. 6 - Cicno, collezione Frammenti

CAPITOLO 2

2.2

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2.2 - Collaborazione con Cicno

COLLABORAZIONE CON CICNO

Questa nostra volontà di approfondire il campo dell’artigianato ha avuto inizio durante l’evento Protési all’interno del nostro Dipartimento.

Protési, presentato a Maggio 2018, consisteva in un progetto di discussione delle possibili relazioni tra l’Università e il mondo del lavoro, degli sbocchi e delle prospettive future della professione del designer.

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CAPITOLO 2

laborazione con le piccole imprese artigiane liguri. Designer, territorio e artigiani, non devono essere considerati entità isolate, ma costituiscono un unico sistema produttivo che permette di realizzare simultaneamente diversi progetti, uniti in un’economia circolare e pensati per massimizzare il valore delle fonti culturali e materiche. Tre figure con gli stessi obiettivi: riportare alla luce le imprese artigiane liguri, creare reali collaborazioni con i designer, intercettare un pubblico sensibile al valore della produzione artigianale ed aprire nuovi canali di commercializzazione.

Fig. 7 - Cicno, collezione Scampoli

Il nuovo team

Lo scopo era quello di presentare le tesi appena concluse ad altri giovani progettisti, con la speranza di creare una sorta di concatenamento tra tesi e dare la possibilità di continuare idee e progetti meritevoli.

Così è stato, abbiamo conosciuto una giovane idea imprenditoriale, nata da Marco Repetto e Luca Parodi, due giovani designer con la passione negli occhi e la forza e la costanza di metterla in azione.

Cosa è Cicno?

Cicno, questo è il suo nome, vuole affermare il ruolo dei designer in col-

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Cicno così da due componenti si è allargato ad un vero è proprio team di cinque figure professionali, ci ha abbracciato ed accolto con entusiasmo credendo nel nostro lavoro e nelle nostre competenze, ci ha fatto credere di più in noi stessi e ci ha permesso di poterlo aiutare ad emergere all’esterno dell’ambito universitario.

Da questo momento Cicno ha partecipato a concorsi e bandi, come il Premio Nazionale delle Arti di Firenze e Smart Cup Liguria, vincendo in entrambi menzioni speciali, nello specifico “Dalla Liguria a Londra con I2I” messa a disposizione dalla Regione Liguria.

Grandi opportunità per la nostra filosofia di lavoro, che è stata apprezzata

Fig. 8 - Premio Nazionale della Arti di Firenze

2.2 - Collaborazione con Cicno

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CAPITOLO 2

in quanto promotrice di questo rinnovamento nei confronti delle tradizioni e del rapporto tra design e territorio.

Il nostro contributo ha permesso di aprire le porte a Cicno anche verso il mondo dei social network, fondamentali per presentarsi su di un ambito a livello globale, abbiamo notato come questi prodotti e questi saperi tradizionali siano molto apprezzati e quanta curiosità ci sia nel voler conoscere nuovi aspetti dell’artigianato e del suo rapporto con la temporaneità. Per mostrare al meglio i nostri prodotti abbiamo organizzato uno shooting mettendo assieme diverse figure professionali; l’estro e la professionalità della stylist Elisa Repetto con la maestria e la tecnica del fotografo Riccardo Delfanti.

La nuova collaborazione Luca e Marco avevano già stretto contatti con diversi artigiani liguri, che con gioia e tanta forza di volontà hanno accettato questa idea.

Noi abbiamo stretto un nuovo rapporto, con una realtà situata in un piccolo borgo nell’entroterra ligure, Altare.

Qui la storia ha collocato la lavorazione del vetro, un prodotto di tanta bellezza quanta fragilità. Partecipando all’inaugurazione dell’edizione 2018 di Altare Vetro Design siamo

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Fig. 9 - Elisa Repetto, stylist

Il nostro intervento

2.2 - Collaborazione con Cicno

rimasti affascinati da questa lavorazione e stupiti dalla quantità di prodotti presenti all’interno del Museo dell’Arte Vetraria Altarese.

Fig. 10 - Instagram, promozione social

Abbiamo così deciso che per tre giovani progettisti come noi fosse necessario lanciarsi in questa sfida, progettare e lavorare con un materiale così plastico ma anche molto complesso, abbiamo conosciuto i suoi punti deboli e li abbiamo fatti nostri trasformandoli in punti di forza.

Fig. 11 - Facebook, promozione social

La fragilità non, necessariamente, dev’essere considerato un punto debole.

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CAPITOLO 2

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Fig. 12,13,14 - Ph. Riccardo Delfanti

2.2 - Collaborazione con Cicno

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Fig. 15 - Ph. Riccardo Delfanti

Fig. 16 - Museo dell’Arte Vetraria Altarese

CAPITOLO 2

2.3

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2.3 - La storia di Altare

LA STORIA DI ALTARE

Altare è un piccolo borgo, di poco più di 2000 abitanti, che sorge nell’entroterra di Savona, in Val Bormida nella zona di incontro tra Alpi e Appennino ligure. Politicamente faceva parte fino al X secolo del marchesato del Monferrato, vanta una storia lunga e complessa, per gran parte segnata da una grande attività artigianale, la lavorazione del vetro, che ha coinvolto da sempre l’intera popolazione.

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CAPITOLO 2

Non si hanno molte testimonianze riguardo le origini dell’attività vetraria ad Altare ma, alcune importanti conferme arrivano da dei documenti del X secolo che attestano i primi rapporti degli altaresi con il mondo del vetro. Risulta infatti che l’abate Bernardo, che si era formato presso l’abbazia provenzale di Saint Honorat, nelle isole di Lerins lungo la Costa Azzurra, in quegli anni inviti alcuni monaci francesi, nell’isola di Bergeggi, di fronte alle coste savonesi. Fu proprio grazie a questi, che invitarono degli artigiani della Francia tra cui dei maestri vetrai, che per la prima volta questa lavorazione arrivò in Liguria.

Non si possiede alcuna indicazione che precisi chi e in quale momento ha dato l’avvio a questa attività; probabilmente a questo primo periodo risalgono lavorazioni secondarie legate al riutilizzo di vetri rotti e alla preparazione della fritta (miscela di silice, calce e soda utilizzata per formare la massa vetrosa).

Certo è che sul territorio ligure questa produzione era diffusa in diverse località e probabilmente dal XIII secolo Altare si trova a soddisfare, grazie ad alcuni aspetti favorevoli legati alla sua posizione geografica e alla sua condizione politica una richiesta crescente di manufatti vitrei. In poco tempo infatti divenne lo snodo principale di questa produzione e molti vetrai per ridurre i costi di trasporto

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decidono di trasferirsi là dove sono maggiormente richiesti i loro manufatti; si assiste a una vera e propria espansione degli artigiani altaresi in località non troppo lontane, ma anche in città come Milano, Pavia e Piacenza.

Gli statuti dell’arte vitrea La tradizione di fare vetro ad Altare viene tramandata per numerosi secoli ma la prima conferma ufficiale si ha con l’attestazione dell’esistenza di una Corporazione di Vetrai. Risale al 15 febbraio 1495 l’approvazione da parte della comunità altarese dei primi Statuti dell’Arte Vitrea, nati per

Fig. 17 - Isola di Bergeggi

Altare e l’arte vitrea

regolare rapporti tra i vetrai e le famiglie, che si sono unite a gestire una fornace. Nella realtà altarese, la fornace non è nè gestita nè di proprietà di un singolo vetraio, bensì appartenente a un gruppo familiare, proprio per le caratteristiche della struttura stessa; infatti necessita di una continua attività articolata in due turni di lavoro da dodici ore ciascuno, sia per tenere sempre accesi i forni sia per l’organizzazione del lavoro stesso, che richiede la collaborazione del personale con differenti qualifiche personali.

Successivamente si affiancano agli statuti delle nuove norme, un documento di 152 articoli che regola la vita sociale della comunità; si appesantiscono i vincoli a cui i vetrai sono legati, limitandone la libertà. Questo porta ad un enorme problema per la circolazione della manodopera, che incontra maggiore difficoltà a fruire di eventuali nuove metodologie e quindi a migliorarsi; fu proprio questa prima tappa del processo di decadenza della Corporazione che troverà invece riscatto dalla seconda meta del XIX secolo con la costituzione della S.A.V.

Espansione e crisi I primi problemi politici risalgono al XVIII secolo dove una serie di scelte, da parte del sovrano sabaudo, infliggono gravi danni alla produzione e all’economia vetraria altarese.

Il culmine arriva nel 1823, il re Carlo Felice sopprime gli Statuti, abrogando tutti i privilegi ad essi connessi; è questo uno dei fattori che determina una grave crisi e induce molti maestri vetrai a emigrare all’estero. La crisi è attestata dal numero di fornaci attive in Altare, nel 1822 ne erano in funzione undici, nel 1839 solo quattro.

Molti vetrai impiantano nuove fornaci in zone prossime ad Altare: Carcare, Montenotte, Ferrania e Mallare, ma la crisi le rende antieconomiche e ne decreta la chiusura.

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Fig. 18 - Società Artistico Vetraria, Altare

2.3 - La storia di Altare

CAPITOLO 2

Fig. 19 - S.A.V

Vetrerie altaresi del XIX secolo del lavoro era articolata su quattro Per delineare il panorama della situazione di Altare nel 1807 risultano operanti in paese cinque fornaci; si tratta delle vetrerie delle famiglie Bormioli, Saroldi, Lodi e Massari. Il XVIII secolo è quello che più di ogni altro ci ha preservato accanto a esemplari più raffinati, una grande quantità di vetri di uso quotidiano. La produzione vitrea settecentesca perciò era piuttosto diffusa e in questo materiale, pregevole per la lavorazione, ma non particolarmente costoso venivano realizzati sia a Murano che ad Altare, gli oggetti più svariati per soddisfare le esigenze di ogni giorno. Nel XIX secolo con la S.A.V l’organizzazione

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turni di sei ore ciascuno, svolti da due gruppi di lavoratori, in modo da tenere sempre a temperatura costante i forni. La struttura operativa è la “piazza”, un insieme di operatori i cui compiti e ruoli si articolano in maestri, terzi e garzoni. I maestri possono avere differente specializzazione e in particolare sono soffiatori che forgiano l’oggetto facendo uso della canna da soffio, e apritori che ne modellano e rifiniscono la bocca.

La produzione Le piazze principali ad Altare erano tre: la prima, la più prestigiosa, de-

2.3 - La storia di Altare

Fin dalle sue origini ciò che ha caratterizzato Altare è la produzione di vetro d’uso, con articoli spesso personalizzati a seconda delle esigenze del mercato di destinazione o imitanti le caratteristiche di particolari aree.

Questi prodotti sono difficilmente identificabili e questo è senz’altro uno dei fattori che ha determinato lo scarso riconoscimento dell’attività di Altare in questo campo. Ciò di cui invece si ha molta testimonianza, soprattutto come reperti, è la produzione di apparecchi e articoli per laboratori chimici e per farmacia. Sui cataloghi dei primi anni del Novecento si contano più di cento articoli per la farmochimica, tra cui emergono apparecchi complessi di Witt e di Kipp, essiccatori di Fresenius, di Scheibler, di Fruhling, imbuti di Meyer, bottiglia di Woulff, mescitori di essenze, barili per soluzioni ecc.

dedicato proprio ai bicchieri che non sono registrati nei cataloghi successivi e quello del 1913, particolarmente completo e ricco di prodotti come bottiglie, caraffe con o senza tappo, stancate o arrotondate, lisce, incise e più frequentemente scannellate secondo una lavorazione tipica di Altare.

Quindi la straordinaria specificità della produzione altarese e della S.A.V. fu rappresentata dagli oggetti per gli usi più disparati, che trova nel vetro un materiale malleabile, asettico, facilmente ripulibile e riciclabile.

Fig. 20 - Apparecchio di Kipp, M.A.V

dita principalmente alla produzione di vetri artistici e di oggetti di farmochimica; la seconda dedita alla realizzazione di oggetti per lo stesso settore di dimensioni minori ed infine la “piazza bastarda” pronta a soddisfare le diverse esigenze della produzione. A queste piazze se ne aggiungono altre con incarichi specifici, quali la piazza da albanelle, da vasi e flaconi con tappo smerigliato, da bicchieri, calici, da gazzose, da tubi e ancora la piazza da bottiglie.

Per quanto riguarda i cataloghi di vendita il primo risale al 1886 ed era

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Fig. 21 - Museo dell’Arte Vetraria Altarese

CAPITOLO 2

2.4

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2.4 - Altare oggi

ALTARE OGGI

Ad oggi, di quello che era il fulcro dell’arte vetraria è rimasto molto poco, tra le strade non si respira la storia che per secoli ha caratterizzato Altare. Della potenza produttiva nel campo vetrario che, un tempo, Altare sapeva esprimere, resistono solo due botteghe appartenenti a due rami differenti della famiglia Bormioli e l’incombente struttura di quello che era l’Antica Vetreria Rachetti, spenta nel 1967.

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Oggi, è un reperto di archeologia industriale, in attesa di un recupero architettonico, che contiene al suo interno due antichi forni fusori, probabilmente risalenti al XVII secolo.

La produzione artigianale altarese rimanente sopravvive grazie a due piccole botteghe del centro storico, da un lato la “Soffieria Artistica di Amanzio Bormioli” e dall’altro “I Vetri di Sandro Bormioli”, entrambe caratterizzate dalla produzione di oggetti in

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vetro borosilicato soffiato a lume.

La storica lavorazione a fornace invece rimane in vita grazie al Museo dell’Arte Vetraia (MAV) che dagli anni ‘80, sotto la gestione dell’Istituto per lo studio del Vetro e dell’Arte Vetraria (I.S.V.A,V.), conserva elementi in grado di rappresentare la millenaria storia della produzione vetraria di Altare: opere d’arte di valore artistico, oggetti di uso quotidiano, materiale in uso dalle industrie farmochimiche, attrezzature per la produzione, libri e riviste.

Villa Rosa, edificio liberty costruito a inizio ‘900, è la sede del museo e ospita all’interno del suo giardino una fornace dimostrativa per la produzione di vetro soffiato. La struttura, di circa 70 metri quadrati, comprende due forni fusori, un forno di tempera e diverse attrezzature per lo svolgimento del lavoro.

Dal 2000 viene attivata frequentemente nel corso dell’anno per assistere dal vivo alla produzione di maestri vetrai provenienti anche dall’estero; inoltre organizza attività e mostre finalizzate alla creazione di una sezione di arte contemporanea con il coinvolgimento di artisti e designer di livello internazionale.

Nonostante il Museo abbia promosso numerosi eventi ed iniziative è importante sottolineare come, ad oggi, ad Altare siano presenti solo due maestri vetrai altaresi che, sia per anzianità che per motivazioni economiche, non possono riportare allo splendore la storica lavorazione.

Fig. 23 - Vanessa Cavallaro, artigiana altarese

Fig. 22 - Antica Vetreria Rachetti

CAPITOLO 2

2.4 - Altare oggi

Fig. 24 - Sandro Bormioli

Per concludere la presentazione del panorama artistico vetraio è importante citare anche Vanessa Cavallaro, artigiana del vetro specializzata in incisioni a ruota realizzati a mano su cristallo e vetro. Lavorazione che si esegue con una rotella verticale di rame, che varia in spessore e dimensioni, saldata ad un tornio, un tempo azionato da una pedaliera oggi da un motorino elettrico.

Come abbiamo detto il tipo di produzione altarese è cambiato, le botteghe rimaste non solo sono poche ma risentono anche del cambiamento di produzione e richiesta di mercato dell’ultimo secolo.

L’avvento delle industrie e la grande distribuzione hanno permesso di avere oggetti in vetro ad un costo e con tempistiche inferiori rispetto a quelli realizzati a mano; perciò le botteghe presenti ancora oggi si trovano costrette a concentrarsi su di una vetreria artistica adatta alla vendita turistica, accantonando quella che era la vera e propria produzione di questo piccolo borgo.

Se ad un primo impatto sembra che le botteghe si siano adattate a questo cambiamento, in realtà scavando a fondo si scopre la volontà, la tenacia e la forza di una rivalsa.

Per questo dopo tanta diffidenza siamo riusciti a stringere con loro un rapporto di fiducia mostrando il nostro desiderio di dargli una nuova possibilità rispettando e valorizzando la loro storia.

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CAPITOLO 2

2.4.1

I VETRI DI SANDRO BORMIOLI La bottega con cui abbiamo deciso di collaborare è quella di Sandro Bormioli (1937-2003), ad oggi gestita dal figlio Costantino Bormioli il quale, anche lui rapito dal fascino della lavorazione del vetro, ha lavorato insieme al padre, imparandone l’arte ed i segreti, fin dal 1994. La scelta è ricaduta su questa bottega perchè racchiude in sè una storia diversa, di sfide, di sperimentazioni, di collaborazioni, che rappresentano al meglio il fine del nostro progetto e della nostra collaborazione con Cicno.

Sandro Bormioli era un vetraio altarese indirizzato all’arte vetraia fin dall’età di quattordici anni e diventato maestro vetraio delle migliori “piazze” a soli vent’anni. Le sue grandi capacità tecniche erano ben note fin dall’inizio della sua carriera ma, il fattore più interessante della sua produzione, era l’attenzione e la sensibilità che poneva nei confronti

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del mondo dell’arte e del design. Affascinato dal design nordico e desideroso di avvicinarsi a questo nuovo stile apre, nel 1972, proprio ad Altare, suo paese di nascita, un piccolo laboratorio, nel quale mettere a frutto la sua articolata esperienza professionale, consolidata in molti anni di attività, e il suo estro creativo.

Da questo momento inizia il massimo periodo di sperimentazione, Sandro Bormioli dedica anni di studio ad un nuovo modo di lavorare il vetro borosilicato, vetro con il quale produceva già da molti anni oggetti per il campo chimico-farmaceutico.

Lui intuisce che questo materiale, per caratteristiche tecniche ed estetiche, può consentire nuove realizzazioni per il panorama artistico-creativo del tempo; dà vita così ad un’ampia produzione di pezzi unici o piccolissime serie di oggetti in vetro borosilicato dalla linea purissima ed inedita, di ispirazione nordica, che suscitano un notevole interesse nel mondo del

2.4 - Altare oggi

Inizia il periodo di massimo splendore per la bottega “I vetri di Sandro Bormioli”, è il periodo delle grandi collaborazioni soprattutto con diversi architetti e insieme ad altri artisti di diversa formazione (ceramisti, pittori...). Dal 1973 al 1980 le sue collezioni di vetri vengono proposte in importanti show-rooms milanesi (D.I.D.,

Maxform, Arteka), che ne curano la distribuzione in punti di vendita selezionati; le sue creazioni sono fotografate sulle migliori riviste specializzate del settore e richieste per realizzare ambientazioni con arredi esclusivi. In questi anni di grande successo e di cambiamenti è importante menzionare il 1981, anno in cui Sandro apre al pubblico il proprio laboratorio ad Altare, ricalcando il modello della vecchia bottega artigiana, in omaggio alla cultura e tradizione del paese d’origine. Il restyling prevede infatti

Fig. 25 - La bottega “I Vetri di Sandro Bormioli”

design, dove il vetro, ad eccezione di alcune note “firme” di Murano, si trascina da tempo in forme ripetute e stanche.

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l’unione del laboratorio stesso con uno show room dove poter esporre i prodotti realizzati a stretto contatto con il loro luogo di creazione.

Nel 1996 avviene una delle collaborazioni più famose e prestigiose, Sandro e Costantino sono onorati di essere protagonisti della prestigiosa iniziativa “Absolut Vodka”, realizzando una collezione di bicchieri taste-vodka, disegnati da architetti e designer di fama internazionale.

Il loro nome approda così in eventi importanti del settore, infatti nell’autunno dello stesso anno verrà organizzata una mostra di questi oggetti presso il Castello Sforzesco di Milano. Si passa poi al 1997 dove il laboratorio è chiamato a fornire una dimostrazione tecnica “dal vivo” ai visitatori della Fiera di Primavera a

Bologna. Segue il 1999, anno dell’iniziativa “Artigianato e Palazzo”: Sandro e Costantino partecipano a questa iniziativa dello Studio Torrigiani di Firenze ospitata nei giardini di Palazzo Corsini. Nello stesso anno sono invitati a partecipare ad un workshop sul vetro artistico organizzato dall’Arch. Tiziana Secchi presso il Macef di Milano.

Dopo la morte del padre Sandro Bormioli, come abbiamo già accennato, la bottega rimane nelle mani del figlio Costantino il quale cerca di portare avanti la produzione storica del padre, introducendo anche nuove lavorazioni come una nuova linea di oggetti e gioielli in vetrofusione disegnati e realizzati dall’architetto e moglie Francesca Ghigliotto.

Fig. 27 - I Vetri di Sandro Bormioli

Fig. 26 - Lavorazione a lume

CAPITOLO 2

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Fig. 28 - Costantino Bormioli, artigiano

Fig. 29 - Il vetro borosilcato

CAPITOLO 2

2.5

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2.5 - Il vetro borosilicato

IL VETRO BOROSILICATO

Il vetro borosilicato è il materiale chiave della storia e della fama di Sandro e Costantino Bormioli, un materiale resistente e affascinante che incarna in sè l’eleganza e la malleabilità del vetro.

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CAPITOLO 2

Fig. 30 - Bacchette di vetro borosilicato

Abbiamo quindi deciso di metterci alla prova con questa lavorazione per tradurla in qualcosa di nuovo, moderno che potesse riportare alla luce la bottega e il suo spirito di collaborazione.

Per approcciarsi a questo progetto era importante conoscere i limiti e le qualità del materiale di partenza e della sua lavorazione.

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Le caratteristiche Nasce per usi farmaceutici, per la realizzazione di apparecchiature per la chimica, ad opera del chimico tedesco Otto Schott fondatore della Schott AG nel 1893, che lo chiamò “Duran”. Successivamente la statunitense Corning Incorporated, 22 anni dopo, commercializzò i propri pro-

2.5 - Il vetro borosilicato

dotti in vetro borosilicato con il marchio Pyrex.

Il vetro borosilicato, chiamato per questo motivo erroneamente Pyrex, è un materiale robusto, noto per le sue qualità di resistenza agli sbalzi termici e per il suo basso coefficiente di dilatazione. Viene prodotto mediante sostituzione degli ossidi alcalini da parte dell’ossido di boro nel reticolo vetroso della silice, ottenendo così un vetro con un’espansione minore.

Dal punto di vista tecnico, il vetro si comporta come un ideale mezzo elastico, questo significa che, se si superano i limiti di elasticità, tensione e stress di compressione, non fornisce una deformazione plastica ma una rottura. Grazie alla sua resistenza agli agenti chimici e la trasparenza è stato introdotto anche in altri ambiti come ad esempio la costruzione di telescopi, lenti, strumenti medici e ottici, inclusa la componentistica di apparecchi d’illuminazione.

Ad oggi viene anche largamente impiegato nell’oggettistica da regalo e in altre applicazioni (ad esempio recipienti per usi specifici in cucina) che sfruttano tra l’altro la trasparenza del vetro per rendere più funzionale lo strumento.

La lavorazione La lavorazione a lume può essere al banco o al tornio e seguono le medesime fasi ovvero: soffiaggio, curvatu-

ra, foratura e formatura a mandrino.

Per generare il calore necessario si brucia una mescola di gas e ossigeno dove il vetro borosilicato si presenta molto flessibile ad una temperatura compresa tra 800 e 1200° C.; per evitare eventuali incrinature le diverse parti dell’oggetto devono essere mantenute alla medesima temperatura. Successivamente la superficie può essere decorata con filamenti di vetro colorato o foglie metalliche e poi il vetro può essere introdotto in un forno di ricottura che parte da 570°C fino a temperatura ambiente.

La lavorazione a lume è la sola possibile per la produzione di apparecchiature scientifiche specializzate e vetri di precisione. Unita alla fusione e alla smerigliatura può produrre qualunque oggetto, dai tubi per provette alla cristalleria più complessa.

Architetti e artisti la applicano anche all’illuminazione, alle sculture e altre parti funzionali dei propri progetti.

Invece la lavorazione al tornio è utile per la realizzazione di pezzi simmetrici intorno a un asse di rotazione.

Si possono utilizzare anche tubi di diametro maggiore rispetto alla lavorazione al banco (fino a 415 mm).

Con il tornio si realizzano pezzi grandi e piccoli molto precisi. Ha inizio riscaldando gradualmente un’ampia sezione di tubo fino a portarlo alla temperatura di lavoro, la modellazione avviene ruotando il pezzo per garantire una distribuzione uniforme del calore.

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CAPITOLO 2

2.5.1

I CASI STUDIO: IL VETRO BOROSILICATO NEL DESIGN

Il vetro è un materiale che da oltre 3000 anni incarna dentro di sè eleganza e leggerezza. È il materiale che più risponde all’attuale tendenza del design d’interni, grazie alle sue caratteristiche rende ogni oggetto non solo unico nel suo genere ma anche sostenibile e riciclabile al 100%.

Elegante, sinuoso, ricco di riflessi e bagliori: i complementi d’arredo più comuni diventano piccole opere d’arte che raccontano tradizione e modernità.

Negli ultimi anni ha preso piede il vetro borosilicato che ha permesso di realizzare prodotti di design per la vita quotidiana grazie alla sua incre-

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dibile leggerezza e plasticità.

Abbiamo analizzato la sua produzione in tutte le sue forme e attraverso il lavoro di tre categorie differenti: i designer che hanno prodotto e realizzato per la propria attività, i maestri artigiani che hanno continuato a sperimentare e innovare il proprio mestiere e le aziende che hanno stretto collaborazioni con giovani e famosi designer del nostro secolo.

Nello specifico abbiamo selezionato prodotti che fossero rivolti al mondo del dining e del living, questo in quanto l’idea di progetto prevedeva il completamento degli ambienti a cui Cicno si rivolge.

Fig. 31 - Olfattorio, Cristina Celestino

2.5 - Il vetro borosilicato

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CAPITOLO 2

DESIGNER

Agustina Bottoni CALICI MILANESI

Matteo Cibic ROUTINE

Un trio di bicchieri da cocktail, che richiamano la forma del design di una villa milanese costruita negli anni ‘30.

La collezione comprende tre pezzi di vetro increspato, modellati sull’opera dell’architetto italiano Piero Portaluppi, che progettò edifici modernisti a Milano negli anni Trenta e Quaranta.

Routine è una collezione fresca e contemporanea di bicchieri e caraffe in vetro borosilicato, tutti i pezzi sono realizzati artigianalmente e caratterizzati da un morbido plissé alla base dei bicchieri e all’imboccatura delle caraffe.

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2.5 - Il vetro borosilicato

Michele De Lucchi KADO

Tom Dixon BUMP

Collezione di tre vasi in vetro borosilicato di tre diverse altezze e capacità. Ogni vaso ha due coperchi impilabili che ne cambiano la funzione a seconda dell’esigenza.

Comprende una serie di vasi e un servizio da tè. È un omaggio al mondo scientifico. Realizzata artigianalmente in vetro borosilicato, prende in esame forme elementari come coni, sfere e cilindri, tra vetri a doppia parete e giochi di trasparenze.

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CAPITOLO 2

DESIGNER

Moises Hernandez ORGANO

Lanzavecchia + Wai COBALT BLUE GLASSWARE

I vasi Organo sono realizzati in vetro borosilicato sottile, dando loro un aspetto delicato e pulito.

Ogni vaso comprende piĂš contenitori cilindrici di diversi diametri e altezze, disposti per creare una sensazione di equilibrio e armonia.

Soffiati a mano, realizzati in borosilicato trasparente o blu. I decantatori hanno corpi arrotondati e distintivi colli tubolari, riprendendo le forma delle provette.

Inoltre una delle caraffe include un tappo di vetro a forma di T.

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2.5 - Il vetro borosilicato

Piero Lissoni TRANSFORMER

Matteo Thun THE SHERRY NETHERLAND

Collezione di vasi in vetro borosilicato con forme cilindriche e coniche, deformate in modo casuale e irregolare in modo che ogni pezzo è una tantum e non può essere riprodotto.

Questa produzione artigianale rende ogni vaso unico.

Collezione di vasi, dalla particolare forma, realizzati con la tecnica “soffiatura a lume”. Sembrano in piedi come orgogliose sentinelle.

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CAPITOLO 2

DESIGNER - Cristina Celestino

CRISTINA CELESTINO

Cristina Celestino è un architetto, designer e collezionista di design del Novecento.

Laureata in architettura allo IUAV di Venezia nel 2005, inizia a collaborare con prestigiosi studi di progettazione e dedica la sua attenzione all’architettura d’interni e al design. Nel 2009 fonda il suo marchio “Attico” e disegna progetti esclusivi per una clientela privata e per aziende. Il suo stile è caratterizzato da un mix di eleganza e delicatezza che la contraddistinguono in ogni progetto.

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2.5 - Il vetro borosilicato

DERIVA

GEMMAZIONE

Una collezione di totem contemporanei, in vetro borosilicato, ispirati alle forme dei galleggianti da pesca.

Il materiale viene esaltato grazie all’utilizzo di colori saturi, come il nero e l’ambra, insieme a colori più tenui. Deriva inoltre può essere utilizzato non solo come totem ma anche come vaso o piccolo acquario.

Collezione di piatti da portata e vassoi decorati con una particolare graniglia di vetro. Le gemme sono ottenute dalla frantumazione di vetri colorati di scarto e fuse all’interno del cilindro della base.

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CAPITOLO 2

DESIGNER - Cristina Celestino

LAGUNA

LUMINARIE

Set di bicchieri e brocca caratterizzati da un gioco di liquidi colorati. Il progetto Laguna nasce dal desiderio di mettere in stretta relazione contenuto e contenitore; la trasparenza del vetro permette di ricreare, al proprio interno, delle delicate tracce di luce e colore.

Una collezione di portacandele realizzata in vetro borosilicato che si ispira alla forma delle mongolfiere; la leggerezza di tale immagine viene sottolineata dalle caratteristiche del materiale.

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2.5 - Il vetro borosilicato

OLFATTORIO

PERLAGE

Collezione di vasi in vetro borosilicato realizzati con la tecnica “lume”.

Ogni vaso è caratterizzato da due volumi: una base cilindrica decorata con trattamento a filigrana e una bolla perfetta e trasparente che esalta, nella sua semplicità, la bellezza del fiore.

Vetro soffiato e trasparente, graniglia di vetro. Perlage è un progetto che nasce da una riflessione sul processo di spreco di vetro e sull’azione che la natura e il tempo fanno su ciò che la gente butta via. I frammenti vengono trasformati in gemme lisce e levigate, grazie a un’innovativa tecnica di lavorazione artistica.

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CAPITOLO 2

ARTIGIANO - Massimo Lunardon

Massimo LUNARDON

Massimo Lunardon è tra quei personaggi che chi è nel mondo del design conosce ma, dell’immensità del suo lavoro, poi, si sa poco. È il genio del vetro, nasce autodidatta poi inizia a frequentare la bottega di un mastro vetraio. Successivamente lascia la bottega e decide di aprire la sua attività. Avviata la relazione con il mondo dell’arte, nel 1991, consegue il Master di Industrial Design alla Domus Academy di Milano, capendo di voler sperimentare la combo spensieratezza-precisione di cui è dotato.

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2.5 - Il vetro borosilicato

Massimo Lunardon GESTO LIBERO

Sam Baron POIGNESS

Realizzato in vetro soffiato trasparente, il vaso si presenta come un sottile elemento tubolare che si avvolge su se stesso e svincolato da forme precostituite si appropria dello spazio.

Esplora il contrasto tra contenitori base con funzioni semplici e ovvie e varie forme particolari di maniglie.

La differenza tra il vetro trasparente e il vetro a coste facilita la lettura del modo in cui sono destinati ad essere utilizzati.

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CAPITOLO 2

ARTIGIANO - Massimo Lunardon

Andrea Branzi VASO MEDUSA

Formafantasma PINCH

Set di vasi e contenitori a matrioska ispirati al mondo marino.

La malleabilità del vetro traduce al meglio l’idea dell’acqua e del suo movimento.

Collezione di oggetti per la tavola e la casa, dove il vetro è fatto a mano senza stampi o tornio.

La fluidità del materiale è controllata da pinze industriali che diventano parte dell’oggetto finito.

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2.5 - Il vetro borosilicato

Martino Gamper ACQUA NATURALE, ACQUA MINERALE, ACQUA PER I FIORI

Martì Guixe BLUR VASE

Collezione di vasi e caraffe in vetro borosilicato trasparente lavorato a lume. La particolarità sta nella sua imperfezione, nella modellazione delle forme.

Vaso realizzato in vetro trasparente, la parte superiore è caratterizzata da una lavorazione puntellata che rende il vaso particolare nella sua semplicità.

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CAPITOLO 2

AZIENDE - Blueside

GENNARO

TEARS

Spettacolare sfera in vetro borosilicato dotata di insenature nelle quali è possibile posizionare una fantasia di pasticceria o di piccoli antipasti finger food.

Tear è un vaso per fiori particolarmente originale. E’ composto da una campana di vetro che al suo apice ha un foro nel quale si colloca una vera e propria “lacrima” di vetro. Al suo interno è possibile porre uno o più fiori sia secchi che freschi.

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2.5 - Il vetro borosilicato

AZIENDE - Ichendorf

Mist-O BOUQUET

Mist-O TEQUILA SUNRISE

Collezione di vasi disponibili in due misure e diversi colori, realizzati in vetro borosilicato. La particolarità consiste nell’unione di due vetri differenti tramite una particolare tecnica di fusione.

L’obiettivo era utilizzare il colore come elemento fondamentale del prodotto e trovare un motivo per utilizzarlo come concetto principale e non solo come tocco finale. Usando i tubi di vetro borosilicato, sia il colorati che trasparenti, il risultato è una giustapposizione di elementi.

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CAPITOLO 2

AZIENDE - Kanz

AQUA

IRIDE

Una scenografia per le composizioni floreali di antica tradizione giapponese. Minimale, trasparente, discreto ma ben presente. Realizzato in vetro borosilicato.

Set di bicchieri, è un vero e proprio elemento di arredo per la tavola. Il fenomeno della rifrazione della luce viene utilizzato per amplificare la colorazione del fondo, trasformando l’acqua in vettore di cromie e luminosità . Realizzato in vetro borosilicato lavorato e colorato a mano.

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2.5 - Il vetro borosilicato

AZIENDE - Fabrica

Da Vetro FABRICA

Fondata nel 1994 da una visione di Luciano Benetton e Oliviero Toscani, segue un approccio che si basa sull’imparare facendo; accoglie talenti curiosi e ambiziosi. Fabrica disegna il secondo capitolo di Da Vetro, una collezione in edizione limitata prodotta da Please Do Not Enter, un negozio di Los Angeles. Realizzati in vetro borosilicato, i pezzi della collezione giocano con forme, equilibri e scale diverse.

Da Vetro è disegnata da un team internazionale di designer.

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CAPITOLO 2

AZIENDE - Fabrica

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2.5 - Il vetro borosilicato

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CAPITOLO 2

AZIENDE - Fabrica

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2.5 - Il vetro borosilicato

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Fig. 32 - Ph. Riccardo Delfanti

CAPITOLO 2

2.6

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2.6 - La nuova collezione

LA NUOVA COLLEZIONE “Le competenze dell’artigiano si esprimono al meglio quando sono messe al servizio dell’immaginazione.

La magia si sprigiona quando la forza della mano si unisce alla forza della mente.

Da questo incontro può nascere solo la bellezza” (India Mahdavi)

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Fig. 33- La produzione di Caleido

CAPITOLO 2

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2.6 - La nuova collezione

Il risultato finale Arriviamo così a Gennaio, dove le nostre collezioni presero finalmente forma, dopo mesi di lavoro.

Costantino ha potuto apprezzare per la prima volta il colore come protagonista e non come accessorio decorativo, come alcune decorazioni potessero essere applicate anche ad altre categorie rispetto a come si è sempre fatto; ha potuto sperimentare l’unione di diverse bacchette tra di loro, sia per colore che per dettagli, una sfida per il suo lavoro.

La nostra collaborazione ha dato alla luce prodotti nuovi, freschi, eleganti e moderni, ma con una grande sinergia con la tradizione della bottega dove sono nate. Ed è proprio in questa definizione che si colloca il nostro lavoro, un dialogo tra noi, giovani e vivaci ed un luogo denso di storia, tradizione e emozione.

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Fig. 34 - Gli attrezzi della lavorazione a lume

Iniziamo il racconto del nostro percorso con questa citazione, che riassume al meglio il rapporto che abbiamo intrapreso con Costantino Bormioli. Siamo entrati nella sua piccola ma elegante bottega nel mese di Settembre, abbiamo incontrato una persona introversa ed insicura che inizialmente non vedeva grandi sbocchi in questo progetto. Era capibile, doveva fidarsi di tre giovani studenti ed affidare a loro la sua sapienza e tradizione. Alla fine siamo riusciti a superare questo blocco, a superare le sue paure e farci raccontare la storia della sua famiglia, tutto quello che lungo il corso della sua vita ha visto fare all’interno della bottega.

Presi dall’entusiasmo e dalla creatività abbiamo iniziato a proporgli molti schizzi di progetti con stili differenti, ci ha insegnato le proprietà e i limiti del vetro borosilicato (come ad esempio la grandezza massima raggiungibile), ma soprattuto i limiti della sua lavorazione. Dovevamo tenere conto che per molti anni ha dovuto adattarsi alle nuove richieste di mercato, dimenticandosi le tecniche di lavorazione che hanno caratterizzato la loro arte negli anni più produttivi.

Dopo una fase di analisi su quello che viene prodotto oggi, abbiamo lavorato assieme, sperimentando, fallendo e gioendo nel ritrovare tecniche di lavorazioni ormai dimenticate. Il nostro entusiasmo ha permesso a Costantino di ritrovare l’amore e la passione per il suo mestiere, lo spirito di collaborazione che stavamo cercando.

Fig. 35 - Sketches progettuali

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2.6 - La nuova collezione

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Fig. 36 - Ph. Riccardo Delfanti

CAPITOLO 2

2.6.1

CALEIDO Una collezione da tavola composta da bicchieri e brocca, realizzati in vetro borosilicato soffiato a lume.

Si inserisce in un ambiente semplice, ma anche ricercato, è leggera ed elegante. Se guardiamo il mondo attraverso il bicchiere lo vediamo distorto e con colore e luce differente, come se ci rapisse trasportandoci in un universo parallelo, come guardando attraverso un caleidoscopio.

I bicchieri si caratterizzano per la presenza di piccoli ed eleganti tocchi di colore sul piedistallo abbinati alla parte superiore. Sono due cupole che si uniscono per dare vita ad un calice che possa essere utilizzato sia per l’acqua che per il vino. Nella vita frenetica di oggi non esiste più una rigida percezione della mise en place, i nuovi prodotti devono semplificare la percezione che abbiamo dei pasti, il compito di Caleido è proprio quello di alleggerire gli oggetti sulla tavola, non passando, però, inosservato.

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Fig. 37 - Ph. Riccardo Delfanti

2.6 - La nuova collezione

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Fig. 38,39 - Ph. Riccardo Delfanti

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2.6 - La nuova collezione

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2.6. 2

PLISSĂˆ

Una collezione di vasi realizzati in vetro borosilicato con lavorazione a lume.

Elegante come una dama all’interno del suo abito dove la gonna sinuosa viene accarezzata dal vento.

I vasi sono caratterizzati dall’insieme di due tipologie di vetri, uno colorato e uno rigato, inoltre il loro design permette di utilizzarli sia come candelabro che come vaso, il tutto semplicemente capovolgendoli.

Il fascino vintage permette a questa collezione di presentarsi ed adattarsi ad ogni ambiente, in modo da mantenere su di lei l’attenzione.

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Fig. 40 - Shooting di Plissè

2.6 - La nuova collezione

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Fig. 41,42 - Ph. Riccardo Delfanti

CAPITOLO 2

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NOTE TESTI

1 Gauntlett D., La società dei Makers, Venezia, Marsilio Editori, 2013 2 Micelli S., Fare è innovare. Il nuovo lavoro artigiano, Venezia, Il Mulino, 2016

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3

DI-MOSTRARE: NUOVA CONCEZIONE DI MOSTRA

Introduzione 3.1 Idea di progetto 3.2.1 Alla scoperta di Palazzo Reale 3.2 Casi studio: nuova concezione di museo 3.3 La ricerca di Symbola 3.4 Rete contatti: artigiani, aziende, enti ed istituzioni 3.5 In-cón-tra 3.5.1 Il concept dell’allestimento 3.5.2 Grafica: elaborati e promozione 3.5.3 I giorni di In-cón-tra 3.5.4 Traguardi raggiunti

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INTRODUZIONE

M

ostrare è un termine che descrive la nostra volontà di far vedere qualcosa che ci circonda, da questa parola deriva la mostra, che ci da la possibilità di scoprire nuove visioni ed interpretazioni del mondo.

Storicamente le mostre nascono nel Seicento qui in Italia, a Roma, dove le grandi famiglie nobili mostravano i loro dipinti in occasione di feste religiose. Da lì prendono piede in tutta Europa con cadenza annuale.

A Parigi, nel così detto Salon, all’interno del Louvre, gli allievi dell’Accademia Reale avevano la possibilità di esporre le proprie opere; enormi pareti venivano tappezzate di dipinti, senza lasciare spazi vuoti. Molte cose sono cambiate, ora i musei hanno un allestimento più leggero, ci consentono di apprezzare le opere nella loro totalità, dando loro respiro. La sensazione che abbiamo visitando un museo è quella di una passeggiata che non ha limiti di tempo, perché ognu-

no di noi ha un suo modo di guardare ed apprezzare l’arte; di studiarla, comprenderla, amarla e giudicarla.

Questa passeggiata che compiamo attraversa i secoli, le guerre e diversi personaggi, ci fortifica nell’anima.

Una volta usciti dal museo sentiamo una sorta di malinconia, per un attimo sentiamo un vuoto lasciato dall’arte che subito si riempie con il ricordo, la nostra mente ripercorre quelle sale e ci permette di mantenere vivo e forte quel ricordo; in questo modo usciamo più maturi e “saggi”.

Quello a cui stiamo assistendo adesso è un cambiamento della concezione dell’allestimento museale, il museo non è più dato per “scontato”, ma sorprende, confonde e si modernizza. Troviamo esempi in alcuni musei europei e non, di mostre con oggetti contemporanei che entrano di fatto in relazione con la collezione già presente; un modo per presentare al visitatore come in fondo non esista una crepa tra passato e presente.

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Fig.1 - Galleria degli Specchi, Palazzo Reale, Genova

CAPITOLO 3

3.1

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3.1 - Idea di progetto

IDEA DI PROGETTO

Una volta sviluppato il prodotto volevamo toccare l’altro punto fondamentale per il ciclo Prosev, l’evento, un modo per presentare il lavoro svolto e per comunicare il nostro messaggio prioritario che segue tutte le fasi della nostra tesi.

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CAPITOLO 3

Realtà a confronto

Fig. 2 - Le Ceramiche di Pierluca, Albisola

L’idea dell’allestimento nasce, appunto, dalla volontà di promuovere il territorio attraverso due caratteristiche tipiche quali l’artigianato, per quanto riguarda il valore tradizionale, un sapere antico che si è trasmesso di generazione in generazione, di famiglia in famiglia e di mani in mani.

L’altra caratteristica è il valore storico e artistico presente in questa regione.

Lo scopo era proprio quello di intro-

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dursi in questo territorio progettando e realizzando un nuovo scenario che potesse caratterizzarsi in un incontro tra diverse figure, permettendo di farle dialogare e confrontare. In una regione così lunga e dislocata esistono molte realtà, piccole, che caratterizzano questo territorio, esistono prodotti leader, profumi, colori e sapori che non riescono ad emergere.

Occorreva dare il via alla loro riscoperta, attenta e meticolosa; che il mondo così globalizzato desse im-

3.1 - Idea di progetto

portanza e voce a queste tradizioni che sono la base delle nostre regioni e della nostra Nazione.

Approccio progettuale

Valorizzazione La nostra volontà di dare un valore aggiunto al territorio ligure ci ha portato a riscoprire ed ad osservare in maniera differente il patrimonio artistico che ha da offrirci. Molte figure professionali ci hanno permesso di conoscere la storia e le tradizioni del passato e ci siamo trovati di fronte alla consapevolezza che non eravamo i primi a credere ed ad investire nell’artigianato.

Tramite le ricerche storiche effettuate abbiamo appreso come in passato le grandi famiglie genovesi investivano sulle botteghe locali

per arricchire le sale dei loro palazzi, ma anche e soprattutto per aumentare la fama e la potenza della Repubblica. Venivano spronati gli artigiani a realizzare prodotti che potessero soddisfare i gusti estetici dell’epoca, sperimentando nuovi materiali e tecniche di lavorazione.

Le famiglie Balbi e Durazzo hanno contribuito molto a rafforzare e valorizzare il territorio in cui vivevano e operavano.

Abbiamo scoperto così la loro opera architettonica più grandiosa, Palazzo Reale, una splendida dimora che ora si presenta come una casa museo, il Museo di Palazzo Reale di Genova.

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Fig. 3 - Sala delle Battaglie, Palazzo Reale, Genova

Consapevoli della difficoltà di intraprendere questo viaggio abbiamo iniziato piano piano, informandoci ed imparando, ascoltando e proponendo, non imponendoci mai come “salvatori” ma come “servitori”. Da cosa nasce cosa ed è così che ha iniziato a delinearsi nelle nostre menti il percorso da seguire.

Qui si inserisce il ruolo del designer, accompagnare, guidare, organizzare e progettare quest’avventura; unione potremmo considerarla la parola chiave di questo percorso.

CAPITOLO 3

3.1.1

ALLA SCOPERTA DI PALAZZO REALE La prima volta che siamo entrati dentro il portone del Palazzo avevamo appuntamento, per poter avere un confronto, con la Direttrice di alcuni musei archeologici della Liguria, Antonella Traverso. Avevamo già lavorato con lei per la realizzazione di un evento presso la Villa romana del Varignano (SP), assieme ad altri nostri compagni, durante il nostro ultimo anno di Magistrale. Ci fidavamo del suo giudizio e delle sue competenze e così le abbiamo raccontato del nostro progetto di tesi, si è presa del tempo per riflettere, dandoci dei suggerimenti ed indirizzandoci verso alcuni suoi colleghi del Museo.

del museo di Palazzo Reale. Abbiamo trovato in lei una persona disponibile e attenta che ha saputo spiegarci le difficoltà di realizzare un evento all’interno di un museo, ma credendo nelle nostre capacità e nella nostra idea ha contattato diverse figure e quindi quella che pensavamo fosse una riunione più informativa si è trasformata in una vera e propria tavola rotonda con la presenza di Laura Cattoni, ufficio mostre, Simone Frangioni, ufficio documentazione storica ed archivio del museo e con Luca Leoncini, Direttore delle collezioni.

La scelta della location Le figure professionali di Palazzo Reale La prima figura con cui siamo entrati in contatto è Anna Manzitti, funzionario promozione e comunicazione

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In quella giornata si era così consolidata la decisione della location del nostro evento, ma abbiamo avuto anche la possibilità di scoprire la storia di questa grande dimora patrizia edificata attorno alla metà del ‘600.

3.1 - Idea di progetto

alle sale in cui sono presenti, sono realizzati da diverse botteghe liguri, che all’epoca si presentava sparse per tutta la lunghezza della Liguria.

Fu Carlo Alberto, successivamente, negli anni 40 dell’800 a trasformare interni di rappresentanza, appartamenti nobili e ambienti di servizio adeguandoli ai protocolli e ai riti di un Palazzo Reale, dandogli l’aspetto che possiamo ancora oggi visitare.

Con il museo è stato deciso, che dato il concept del nostro progetto, fosse interessante concentrare il nostro allestimento alle sale che hanno interessato meno il rinnovamento dato dall’arrivo della famiglia reale.

Fig. 4 - Stampa di Palazzo Reale

Il suo nome completo, Palazzo Balbi Durazzo Reale, riassume una storia lunga trecentocinquanta anni. È il più vasto complesso architettonico sei-settecentesco a Genova che abbia conservato tutti gli interni di rappresentanza, completi sia delle decorazioni fisse, sia di quelle mobili. Le volte dei salotti e delle gallerie sono affrescate da alcuni dei nomi più importanti della decorazione barocca e rococò. I saloni interni mostrano la grandezza e ricchezza delle famiglie che lo hanno abitato. Visitare questo palazzo ci riporta indietro nel tempo, mostrandoci decorazioni tipiche di questa città.

Gli arredi, perfettamente coordinati

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Fig. 5 - Museo di Palazzo Reale

Fig. 6 - Constance Guisset, ACTIO!

CAPITOLO 3

3.2

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3.2 - Casi studio: nuova concezione di museo

CASI STUDIO: NUOVA CONCEZIONE DI MUSEO La location non è un ambiente qualsiasi, si tratta di un museo, un luogo pubblico. Inserirsi in un ambiente che possiede già un allestimento permanente aveva bisogno di uno studio accurato su come procedere, ma soprattutto su come rispettare e far dialogare epoche differenti. Abbiamo così selezionato diversi casi studio di mostre avvenute nel corso degli anni sia in Europa che non, per imparare il metodo di approccio per un così importante luogo storico e artistico.

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CAPITOLO 3

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3.2 - Casi studio: nuova concezione di museo

25 Marzo - 24 Luglio 2011

Madame Grès, La Couture à l’Oeuvre di Madame Grès

Musée Bourdelle, Parigi

È il Musèe Bourdelle di Parigi che accoglie, nel 2011, gli abiti senza tempo di Madame Grès, una delle principali couturier francesi della sua generazione. Le sue creazioni sono come delle sculture fresche e moderne che entrano in relazione con le opere scultoree del museo, è un connubio perfetto quasi drammatico in cui i colori accesi degli abiti si fondono con la bianca scenografia creata dallo stucco delle statue. Per la prima volta la collezione privata della Maison Grès è stata riunita al di fuori del Musèe Galliera, infatti il percorso espositivo viene decorato e valorizzato da fotografie originali e da un centinaio di bozzetti della collezione di Maison Grès che ne esaltano la storia, la artisticità e la bellezza.

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CAPITOLO 3

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3.2 - Casi studio: nuova concezione di museo

15 Aprile - 12 Giugno 2011

Cruciale di Giulio Iacchetti

Museo Diocesano, Milano

L’esposizione nasce da un progetto di ricerca che Giulio Iacchetti, noto designer italiano di fama internazionale, ha cominciato partendo dallo studio del simbolo cristiano più noto: la croce. Il percorso espositivo è caratterizzato da un perfetto dialogo tra la croce, protagonista della mostra declinata in più versioni, e i capolavori della collezione permanente del Museo. Ogni opera vuole sottolineare al meglio le caratteristiche tipiche dell’oggetto di studio, dalla sua bellezza grafica alla sua essenzialità. Si creano così per l’occasione 20 opere ottenute attraverso varie tecniche e materiali, come ad esempio il ferro battuto, l’acciaio e il vetro soffiato.

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CAPITOLO 3

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3.2 - Casi studio: nuova concezione di museo

9 Aprile-30 Aprile 2013

2.0 di Rossana Orlandi

Palazzo Bagatti Valsecchi, Milano

Palazzo Bagatti Valsecchi è una villa neorinascimentale, trasformata, nel 1994, in museo per mostrare i suoi interni e la sua magnifica collezione di antichi manufatti.

La mostra 2.0 curata da Rossana Orlandi ospita le opere di 15 artisti e studi aprendo la strada ad un dialogo tra tendenze passate e presenti, un fil rouge tra passato e presente. Secondo il pensiero che gli oggetti belli non si scontrano, ma si nutrono l’un l’altro, ogni pezzo entra in diretto contatto con la collezione della casa in modo semplice ma d’impatto senza filtri o particolari interventi.

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CAPITOLO 3

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3.2 - Casi studio: nuova concezione di museo

5 Luglio 2017 - 7 Gennaio 2018

Christian Dior, Couturier Du Rêve di Florence Muller

Musée des Arts décoratifs, Parigi

In occasione dei 70 anni di Dior, una delle più celebri maison di moda, è stata organizzata una delle più grandi esposizioni di moda mai tenuta a Parigi. L’esposizione, allestita in ordine cronologico dal 1947 al 2017, mette in mostra tutto il materiale prodotto in questi anni dai bozzetti agli abiti veri e propri. L’intento è quello di mostrare al pubblico la stretta connesione che c’è tra la moda, l’arte e la cultura dei paesi di tutto il mondo. Christian Dior aveva una forte passione per qualsiasi forma d’arte e questa si riflette su tutte le sue creazioni spesso ispirate a quadri e movimenti artistici e letterari. Questo legame viene sottolineato nel percorso espositivo inserendo i suoi abiti in un sistema di mimesi con le opere d’arte d’ispirazione, sia appartenenti al museo che inedite. È un tripudio di bellezza, storia e passione.

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CAPITOLO 3

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3.2 - Casi studio: nuova concezione di museo

11 Ottobre 2017 - 11 Febbraio 2018

Beau doublé, Monsieur le marquis! di Sophie Calle

Musée de la Chasse et de la Nature, Parigi

L’arte di Sophie Calle incontra, in questa occasione, le sculture di Serena Carone in un luogo suggestivo, affascinante e malinconico che incarna perfettamente l’essenza della mostra. Si parla infatti di assenza, di morte e amore. È una mostra ironica, intima e autobiografica, che reinterpreta il senso delle opere del museo dal punto di vista dell’artista; l’arte entra in contatto con le domande esistenziali e personali di Sophie Calle, si parla di amicizia, di relazioni e della morte del padre. L’esposizione vuole incuriosire e lo fa con la riscoperta di opere dell’artista in un contesto singolare, come quello delle collezioni museali, e con la presentazione di opere inedite realizzate appositamente per l’occasione.

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CAPITOLO 3

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3.2 - Casi studio: nuova concezione di museo

14 Novembre 2017 - 11 Marzo 2018

Actio! di Constance Guisset

Musée des Arts décoratifs, Parigi

Mostra curata da Constance Guisset per celebrare i dieci anni di attività del suo studio, è un omaggio alle sue creazioni. Il percorso espositivo si può suddividere essenzialmente in due parti: la prima, più scenografica e originale, è caratterizzata da un dialogo sorprendente tra oggetti di design e le collezioni permanenti del museo, sia medioevali che rinascimentali; la seconda parte invece è dedicata interamente alle oltre 200 creazioni, è un racconto dettagliato di tutto il lavoro svolto dallo studio in questi anni. Le relazioni sono il tema alla base della mostra, Constance Guisset le mette in scena sia a livello visivo ma soprattutto in modo realistico creando delle vere e proprie conversazioni tra i mobili in esposizione. È un nuovo modo di esporre, di raccontare, si vuole andare oltre la semplice funzione degli oggetti presentando invece la loro componente più emotiva; per questo motivo ogni stanza è contrassegnata da un verbo d’azione (“per affascinare”, “per vivere”, “per ballare”...), queste parole evocano la vita e le intezioni delle sue creazioni.

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CAPITOLO 3

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3.2 - Casi studio: nuova concezione di museo

10 Maggio - 8 Ottobre 2018

Heavenly Bodies: Fashion and the Catholic Imagination di Andrew Bolton

The MET, New York

Al MET di New York vengono esaminati con Heavenly Bodies i legami tra la moda e la chiesa cattolica. La mostra, organizzata dal Costume Institute del museo in collaborazione con il dipartimento di Arte Medievale, esplora il modo in cui la religione e il suo simbolismo hanno influenzato lo stile delle più grandi icone di moda contemporanei come: Alexander McQueen , Yves Saint Laurent, Jean Paul Gaultier e John Galliano. Vengono così esposte le vesti papali e alcuni accessori della sacrestia della Cappella Sisitina, per la prima volta visti al di fuori dei Musei Vaticani, e le creazioni dei designer stessi. L’esposizione colloca i costumi e le opere d’arte nei contesti più appropriati e scenografici per relazionare al meglio moda e cattolicesimo.

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Fig. 7 - Fondazione Symbola

CAPITOLO 3

3.3

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3.3 - La ricerca di Symbola

LA RICERCA DI SYMBOLA

Una volta decisa la location e identificato il tipo di metodo con il quale dovevamo approcciarci al museo, il passo successivo era quello di capire come poter dare maggiore eco al progetto.

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CAPITOLO 3

Abbiamo quindi deciso di porre una solida base partendo dalla ricerca sviluppata da Symbola, associazione noprofit con 15 anni di esperienza, il cui obbiettivo è quello di promuovere la soft economy, un modello di sviluppo orientato alla qualità in cui tradizioni e territori sposano innovazione, ricerca, cultura e design.

Racchiude in sè la stessa filosofia che abbbiamo voluto sposare con tutto il nostro progetto di tesi.

Symbola, con la sua ricerca, sostiene che il panorama italiano, sia economico che artistico e sociale, debba puntare ad un nuovo modo di produrre valore, le imprese devono essere in grado di coniugare innovazione e responsabilità sociale per essere più competitive. È necessario quindi produrre visioni in grado di inidirizzare sulla strada giusta le energie migliori del Paese, a partire dai nostri tanti talenti: l’innovazione che sposa le nostre tradizioni, la creatività, la sostenibilità e la bellezza che danno nuovo valore ai prodotti, le nuove tecnologie e l’economia circolare che rinnovano il modo di produrre; la coesione sociale, i legami coi territori.

“Coesione è Competizione” Questo è il loro motto, è ciò che deve essere alla base di un buon progetto. Si parla delle cosiddette imprese coesive, che intrattengono relazioni con le altre imprese, le co-

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munità, le istituzioni, i consumatori e il terzo settore. Competere, infatti, significa “andare assieme”, convergere verso uno stesso obiettivo, ossia il generare valore. Fanno parte di questa categoria tutte le imprese la cui attività principale non è di natura sociale, ma che, a fronte della necessità di incrementare la propria capacità imprenditoriale e di innovazione, hanno fatto ricorso a strategie volte a potenziare le relazioni con i propri lavoratori nonché con i soggetti che fanno parte del loro mondo (altre im-

3.3 - La ricerca di Symbola

Un collegamento forte della presenza di imprese coesive si ha in particolare con il tema del paesaggio e

patrimonio culturale (visto molto dal punto di vista della cura e tutela del territorio), con quello delle relazioni sociali (soddisfazione delle relazioni, partecipazione sociale, partecipazione civica e politica, volontariato), della qualità dei servizi (assistenza per anziani e bambini, mobilità, servizi vari), del lavoro e conciliazione tempi di vita (livelli occupazionali, equità e regolarità del mercato del lavoro) e della politica e istituzioni (fiducia nella politica, nel sistema giudiziario, nelle istituzioni).

Fig. 8 - La Creazione di Adamo, Michelangelo Buonarroti

prese e consumatori, organizzazioni non profit, istituti di credito, scuola, Università e Istituzioni). Fondamentale è appunto il legame che instaurano con la comunità di appartenenza e al territorio in cui operano, è l’investimento nel benessere economico e sociale, nelle competenze e nella cura dei propri lavoratori, nella sostenibilità, nella qualità e bellezza.

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CAPITOLO 3

Clienti, consumatori e community

Scuola, UniversitĂ e Ricerca

Lavoratori e famiglie Imprese

Imprese coesive

Mondo del terzo settore Istituzioni ed Enti Locali

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Banche e istituzioni finanziarie

Associazioni di categoria

3.3 - La ricerca di Symbola

Abbiamo cercato di portare nel nostro progetto la filosofia d’azione di Symbola andando a costituire una nuova rete di contatti nel panorama territoriale ligure. Abbiamo quindi deciso di porci come ponte che potesse dare vita a nuovi legami e relazioni tra realtà diverse che fino ad oggi non avevano collaborato fra di loro.

La Ligu­ria, secondo i dati di Symbola, è una regione con una medio-alta coesione sociale (si trova al pari di regioni come Lombardia, Piemonte e Toscana). In sociologia, coesione sociale, è il fattore che indica l’insieme dei comportamenti e dei legami di affinità e solidarietà tra individui o comunità, tesi ad attenuare in senso costruttivo disparità legate a situazioni sociali, economiche, culturali ed etniche. Per esempio, in Italia, la Valle D’Aosta, il Veneto, il Trentino Alto Adige ed il Friuli Venezia Giulia sono le regioni con il valore di coesione sociale più alto sul territorio italiano.

della regione non permette alle varie realtà del territorio di poter dialogare nel miglior modo possibile.

Secondo un’indagine dell’Unioncamere sulle PMI manifatturiere svolta nei mesi di maggio e giugno 2018 su un campione di 1.300 imprese, la rete di contatti da creare per avere un alto tasso di coesività è quella di creare strette connessioni con i seguenti ambiti: imprese, banche e istituzioni finanziarie, associazioni di categoria, Istituzioni ed Enti locali, mondo del Terzo Settore, Scuola, Università e Ricerca, Clienti, consumatori e community, lavoratori e famiglie.

Non sempre però un’elevata coesione sociale è direttamente proporzionale ad un valido panormana econocomico coesivo, ossia la presenza di imprese sul territorio stesso. Ne è un esempio appunto la Liguria, la quale, passa dalla fascia medio-alta della coesione sociale alla fascia più bassa per la presenza di imprese coesive.

Non è un caso. La forma a mezza luna

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Fig. 9 - Manifattura Italiana

Applicazioni al progetto

Fig. 10 - GIOBAGNARA, collezione Scala

CAPITOLO 3

3.4

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3.4 - Rete contatti: artigiani, aziende, enti ed istituzioni

RETE CONTATTI: ARTIGIANI, AZIENDE, ENTI ED ISTITUZIONI

Considerando le informazioni apprese da Symbola, siamo partiti cercando figure nel campo dell’imprenditoria e dell’artigianato che potessero affiancarsi a noi per la realizzazione di questo allestimento.

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CAPITOLO 3

Fig. 11 - Gabriele e Paolo Levaggi

Siamo partiti da aziende artigianali e storiche di questa regione, come la Tessitura DeMartini di Lorsica e i Fratelli Levaggi di Chiavari, ma volevamo presentare anche due aziende importanti per questo territorio, che nascono dal rapporto tra design e tradizione, Giobagnara e Officinanove. Abbiamo pensato anche di presentare in questo contesto Cicno, in quanto giovane azienda portatrice, anch’essa, di questi ideali. Infine il marchio Artigiani in Liguria che da sempre protegge e valorizza l’artigianato locale, mostrando all’interno di Palazzo Reale, attraverso i loro video, il lavoro e le mani di questi artigiani.

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Aziende con storie, stili e idee differenti, ma che come filo comune hanno l’amore e la passione per questo territorio e le sue tradizioni.

Artigiani in Liguria Un marchio per riconoscere l’Artigianato Ligure di qualità. La Regione Liguria ha voluto promuovere e tutelare le lavorazioni artigianali artistiche; la Commissione Regionale per l’Artigianato in collaborazione con il Sistema delle Camere di Commercio Liguri e le Associazioni di categoria, C.N.A Liguria e Confartigianato Li-

3.4 - Rete contatti: artigiani, aziende, enti ed istituzioni

guria, ha quindi realizzato quindici disciplinari di produzione, documenti tecnici concernenti un prodotto o una lavorazione artigianale artistica, tradizionale, tipica di qualità e contenente disposizioni relative alla zona di produzione, alla caratterizzazione del prodotto ed alle modalità produttive.

Una famiglia di artigiani altamente specializzati e professionali, dal 1963 costruiscono le autentiche sedie artigianali di Chiavari, con metodi e materiali tradizionali, ma con una continua attenzione alla sperimentazione e alla ricerca formale. Eleganti, robuste e leggerissime, queste sedie sono lavorate e rifinite interamente a mano con cura e passione. Il legno è di provenienza locale, Paolo e Gabriele ne seguono tutte le fasi di preparazione, dal taglio alla naturale stagionatura. Tutto ciò per raggiungere la solida certezza che ogni sedia prodotta nel loro laboratorio rappresenti la massima espressione in fatto di qualità e sostenibilità.

GIOBAGNARA Un marchio che si distingue per creazioni dal design elegante capaci di esprimere il lusso senza ostentazione, utilizzando pelli da colori particolari, realizzate secondo i più alti standard utilizzando sia il know-how

tradizionale che la tecnologia all’avanguardia. Questo approccio dalla tradizione alla modernità ha portato Giorgio Bagnara a sperimentare; spinge costantemente i limiti tecnici nella sua ricerca di oggetti che siano allo stesso tempo belli e rilevanti, e facendo così affidamento sulle abilità degli artigiani dell’azienda.

Molto rapidamente, Giobagnara divenne famoso per le sue competenze e il suo fondatore fu scelto come partner per un gran numero di decoratori di interni e progettisti di yacht e jet che invocavano il suo know-how per commissioni speciali.

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Fig. 12 - Giorgio e Lorenzo Bagnara

Fratelli Levaggi

OFFICINANOVE Creano elementi innovativi per la vita contemporanea. Progettano luci, accessori e oggetti che stimolano la voglia di bellezza e funzionalità in un mondo che cambia costantemente. I loro prodotti si trovano al confine tra la produzione manifatturiera e quella industriale. Esse sono il risultato delle due categorie stilistiche che governano questi due mondi: l’efficienza, da un lato, e la dimensione emotiva,

dall’altro. La lamiera viene lavorata e sagomata in modo da seguire forme eleganti e sofisticate, fornendo ai loro prodotti una leggerezza senza tempo.

Tessitura De Martini Lorsica Nasce nel 1500, periodo in cui l’arte tessile rappresentava una delle principali attività economiche della Repubblica di Genova. Ancora oggi si producono damaschi, lampassi e tele per il macramé, tipici del territorio ligure, ma anche tessuti in cashmere e lino, per cui vengono impiegati telai progettati dalla stessa famiglia De Martini.

Tessuti affascinanti che per secoli hanno rivestito pareti e mobili dei più sontuosi Palazzi genovesi, vengono ancora riprodotti ai giorni nostri.

Rotoli di tessuto capaci di catturare l’attenzione e far volare l’immaginazione.

Università e Partners Avevamo bisogno anche di figure professionali che potessero sostenerci e aiutarci in questo percorso.

Già potevamo contare sul nostro Dipartimento, sull’Università degli Studi di Genova, ma anche su Palazzo Reale che non ci ha mai abbandonati.

Possiamo dire che questa ricerca ha avuto inizio con Sara Di Paolo, Presidentessa dello spazio di coworking Condiviso, che ci ha aiutato nel pren-

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Fig. 14 - Stefania De Martini, Lorsica

Fig. 13 - OFFICINANOVE, Artù e Ginevra

CAPITOLO 3

3.4 - Rete contatti: artigiani, aziende, enti ed istituzioni

dere le prime decisioni nel campo della comunicazione e che ci ha anche presentato l’architetto Stefania Toro, la quale facendo parte di ADI Liguria, ha permesso di far conoscere la nostra idea ad altre figure professionali appartenenti al nostro settore.

Il Presidente Mauro Olivieri, entusiasta della nostra tenacia, ha voluto investire su noi giovani progettisti e questo, ci teniamo a sottolineare, è stato un motivo di grande orgoglio.

Fig. 15 - Sara Di Paolo, Condiviso

Enti Istituzionali Alla fine abbiamo contattato le istituzioni locali sia per far conoscere il nostro progetto, sia per avere un loro riscontro costruttivo. Regione Liguria, Comune di Genova e Municipio I Genova Centro-Est hanno appoggiato la nostra mostra, dimostrandosi cordiali e disponibili anche nel sostenere la pubblicizzazione, come ad esempio il marchio Genova More Than This, parte del reparto comunicazione del Comune di Genova.

CosĂŹ dopo diversi mesi tre ragazzi si sono trovati a dover dialogare e gestire diverse figure che non si conoscevamo e che dovevamo essere trattate ognuno in maniera differente.

Abbiamo ascoltato le loro esigenze e prioritĂ , assecondandoli per quanto possibile, ma riuscendo anche a gestire tutto per la realizzazione effettiva della nostra mostra.

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Fig. 16 - Sedia Chiavarina della collezione museale

CAPITOLO 3

3.5

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3.5 - In-cón-tra

IN-CÓN-TRA

Analizzati i casi studio abbiamo così deciso di realizzare un vero e proprio incontro tra antico e moderno, tra manifattura d’epoca e contemporanea.

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CAPITOLO 3

Fig. 17 - Elementi dell’archivio di Palazzo Reale

Un nuovo modo, dunque, di apprezzare gli oggetti, portandoli al centro dell’attenzione facendo notare particolari della loro lavorazione, apprezzando, così, l’evoluzione del gusto estetico e della manifattura ligure.

Il progetto poteva definitivamente iniziare. Con Simone Frangioni siamo stati i primi ad entrare negli archivi del museo dopo il recente restauro.

Abbiamo potuto ammirare con profondo stupore la bellezza del “dietro le quinte” di un museo, conoscendo aneddoti ed abitudini dell’epoca.

Simone, con professionalità, ci ha presentato i prodotti più interessanti della collezione, ma soprattutto ci ha saputo fornire maggiori informazioni sullo stato degli oggetti e sulla loro produzione.

Oltre ad un viaggio tra oggetti d’epoca è stato anche un viaggio per la Liguria, con i suoi prodotti iconici.

Da lì abbiamo iniziato a selezionare oggetti mai mostrati al pubblico meritevoli di esserlo, prodotti da artigiani locali. Da quel giorno visitare l’archivio è diventato una routine e forse in maniera anche un po’ ingenua, non ci accorgevamo di avere la possibilità di toccare con mano e di studiare da vicino prodotti con una così importante storia alle spalle.

Siamo passati poi a selezionare e studiare i prodotti leader delle aziende che avevamo coinvolto, oggetti che raccontassero al meglio il lavoro, lo studio e la passione dei loro “genitori”. Abbiamo così visitato negozi, show-room e botteghe, compiendo così un vero e proprio viaggio per la Liguria, da Ponente e Levante. Oggetti che potessero sposarsi al meglio con gli ambienti del palazzo, capaci di attrarre il visitatore incuriosito dalla presenza di colori e materiali differenti da quello che si sarebbe aspettato.

Articolazione progetto Con il museo sono state scelte le date adatte alla mostra, dal 28 febbraio al 3 marzo, intercettando così la prima domenica del mese, ingresso gratuito ai musei statali. Mostrando così ad un più ampio pubblico questo nuovo scenario per il museo e per il territorio.

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Fig. 18 - Soffitto della Sala del Veronese, Palazzo Reale

3.5 - In-cón-tra

Dal quel momento è iniziato il conto alla rovescia verso la giornata d’inaugurazione. Abbiamo studiato a fondo le sale del museo, gli spazi e le luci in modo da progettare al meglio gli allestimenti. Abbiamo progettato su pianta e usato alcuni escamotage, come quello dei fotomontaggi, per avere una suggestione visiva del risultato da mostrare a tutti i nostri collaboratori ed aiutanti. Ma abbiamo soprattutto lavorato molto sul campo, sporcandoci le mani, spostando gli oggetti del museo dai piani più alti, dove sono presenti gli archivi, fino alle sale del

piano nobile che avrebbero dato loro ospitalità per quattro giornate.

Ci mancava qualcosa, volevamo che questi allestimenti non passassero inosservati ai visitatori, volevamo l’effetto di un “cazzotto”, ipnotizzando l’attenzione verso questa nostra reinterpretazione della bellezza.

Abbiamo così deciso di inserire un’isola sull’immenso mare di quei meravigliosi pavimenti alla genovese.

Un colore forte e moderno, un materiale semplice ma d’impatto, una moquette, che potesse assolvere anche alla funzione di delimitare lo spazio di avvicinamento per i visitatori.

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CAPITOLO 3

Nascita del nome

Fig. 19 - Ph. Chiara Scabini

Palazzo Reale incontra il design.

Per molto tempo ci ripetemmo questa frase nella nostra mente come nome della mostra, senza sapere che già dentro quella frase si celava il nome perfetto.

La parola incontra descrive al meglio il concept della nostra mostra; una nuova concezione di museo, visto non come contenitore, ma come luogo storico e artistico da rispettare e da valorizzare.

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Incontrare [dal latino incontra: v. incontro] - trovare per caso, o senza deliberato proposito, una o più persone davanti a sé o sulla propria strada (può includere l’idea del solo vedere o anche quella del fermarsi a conversare, talora anche del far conoscenza con qualcuno).

Il Museo di Palazzo Reale si sarebbe fermato a conversare e a conoscere la realtà contemporanea, gli arredi del museo avrebbero intrapreso un

3.5 - In-cón-tra

Allestimento Dalla progettazione alla realizzazione effettiva qualcosa è cambiato, abbiamo modificato, spostato e ragionato su come potessero essere maggiormente apprezzati questi arredi. Perché in fondo è questa la bellezza del nostro lavoro, lavorare sul campo per far dare forma alle idee. Mente e braccia unite per il risultato finale.

Dal 26 Febbraio è iniziato l’allestimento effettivo e mano mano che le sale prendevano forma ci siamo accorti di come il nostro messaggio si stesse palesando. Perché infondo gli oggetti belli non hanno epoca, sono fatti per comunicare tra di loro per unirsi in uno sposalizio unico e perfetto.

Abbiamo lavorato con i visitatori che, incuriositi, seguivano i nostri ragionamenti e le nostre perplessità, siamo stati così incoraggiati a continuare ed a velocizzare il tutto in modo che potessero vedere il risultato finale in anteprima. Il 27 l’allestimento

era completato, aspettavamo solo il parere del Direttore Leoncini, che una volta sceso dal suo ufficio, restò subito entusiasta di aver accettato l’idea di tre ragazzi che mesi prima avevano bussato alla sua porta.

Così la mostra era pronta per essere invasa da curiosi e scettici.

Nello specifico il percorso espositivo lungo le sale del Palazzo presentava alcuni elementi della collezione museale messi in relazione con arredi contemporanei, realizzati da artigiani e da aziende liguri. Incontra ebbe, così, lo scopo di creare nuovi scenari per scoprire lo sviluppo delle lavorazioni tradizionali ai giorni d’oggi.

Il design e la storia devono avere un dialogo per dare vita a nuove opportunità utili per la crescita e la valorizzazione del territorio e non devono essere due mondi separati. Un incontro, una relazione, un confronto è questo quello che ha presentato questa mostra.

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Fig. 20 - Ph. Chiara Scabini

vero e proprio dialogo con gli arredi contemporanei, si sarebbero scambiati opinioni e punti di vista, come sono cambiate le abitudini dei proprietari e come i materiali potessero cambiare la percezione di un oggetto.

Ma si sarebbero comunque riconosciuti, apprezzati e sostenuti, nell’idea di entrare in stretta comunicazione.

CAPITOLO 3

3.5.1

IL CONCEPT DELL’ALLESTIMENTO

Le sale a nostra disposizione erano sei, disposte in un percorso espositivo ben delineato e definito, tranne una, la sala del tempo, che resta scostata rispetto al resto del percorso.

Data la sua posizione favorevole ad un’illuminazione abbondante venne sempre utilizzata come quadreria.

Fra i 23 dipinti esposti, si contano opere di autori veneti, dal Tintoretto al Bassano. L’affresco di Domenico Parodi che ricopre la volta ha dato fin dalle origini il nome alla sala: vi si rappresenta “La verità svelata dal tempo”. Abbiamo deciso di inserire

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qui un altro “dipinto” che potesse raccontare il lavoro che viene svolto all’interno delle botteghe, con l’ausilio di video realizzati da Artigiani in Liguria. Qui si può apprezzare il lavoro manuale, ma soprattutto i suoni che differenziano le varie lavorazioni tra di loro.Restava così da allestire le altre sale. Avevamo la nostra moquette fucsia e tutti gli arredi sparsi come tanti pezzi di un puzzle; abbiamo iniziato così a cercare di incastrare tra di loro le varie tessere raggiungendo il risultato presente sulla scatola, la nostra mente.

Fig. 21 - Sala del Tempo, Palazzo Reale

3.5 - In-cรณn-tra

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CAPITOLO 3

SALA DELLE BATTAGLIE

Qui i valletti aspettavano il sovrano per scortarlo durante le sue uscite ufficiali. La sala era nota come “Sala degli staffieri”; la sua denominazione moderna si deve invece alla presenza delle due enormi tele attribuite ad Antonio Carlo Tavella, raffiguranti due battaglie navali. Ci troviamo di fronte ad una tavola apparecchiata, divisa a metà, come se a dividerla fosse lo scorrere del tempo. Da una parte possiamo apprezzare la mise

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en place con alcuni prodotti della collezione del museo, dall’altra abbiamo prodotti contemporanei.

Nelle pareti intorno, sulle console, ci sono altri oggetti contemporanei mimetizzati con quello che era già presente nella sala. Da qui si nota la presenza della moquette fucsia, che si ritroverà in tutte le sale allestite, utile per evidenziare l’allestimento centrale e per riprendere la grafica di questa mostra.

Fig. 22 - Sala delle Battaglie, Palazzo Reale

3.5 - In-cรณn-tra

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Fig. 23 - Fotomontaggio Sala delle Battaglie

CAPITOLO 3

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3.5 - In-cón-tra

Collezione museale

GIOBAGNARA

Tavolo H. T. Peters (1792 – 1852): tavolo rotondo a cestello in mogano, quattro gambe ricurve con traversa a croce poggiante su piedi a voluta, colonnina centrale; due cassetti funzionali e due finti.

Tovaglietta americana Giobagnara: Tovaglietta realizzata in pregiata pelle di vitello traforata con cucitura in tinta.

Bicchiere vetro colorato verde: bicchiere appartenuto ad un servizio da camera composto da bicchiere, bottiglia a fiasco con tappo, bottiglia ad anfora. Risalente al XIX secolo.

Tovaglietta: realizzata in cotone con la scritta “Servizio Real Casa”, destinata alle cucine del Palazzo.

Risalente al XIX secolo.

Cicno

Collezione Tabou: totem contemporaneo in grado di creare una connessione tra l’astrazione e la figurazione. Realizzato in legno rivestito in pelle scamosciata e con aste in bronzo.

OFFICINANOVE Demì Table: lampada da tavolo in lamiera inconfondibile grazie al fascino delle sue forme, dai colori sgargianti.

Frammenti: sottopiatto in ardesia con incisione a motivo damasco, realizzato tramite la macchina a controllo numerico in collaborazione con la ditta Nerardesia di Cicagna (GE).

Frammenti: piatto in vetro opale dove viene riportato il motivo del damasco, realizzato in collaborazione Vetreria Artigiana Bottaro di Genova.

Caleido: bicchiere verde in vetro borosilicato soffiato a lume caratterizzato dall’unione di due vetri e dalla presenza di vetri colorati sulla parte finale, realizzato con la ditta “I vetri di Sandro Bormioli” di Altare (SV).

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CAPITOLO 3

SALOTTO DELLA PACE

Il salotto è noto con l’attuale titolo sin dalle descrizioni più antiche, per la presenza dell’affresco di Domenico Parodi “Abbraccio tra Giustizia e Pace” che ricopre l’intera volta. Protagonisti tuttavia i tre grandi dipinti su seta che occupano le pareti senza finestre.

Data la presenze di queste tele si è deciso di ricreare qui il lavoro di

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cucito che dilettava le dame delle famiglie aristocratiche. Anche qui si riscontrano pezzi contemporanei e d’epoca mischiati tra di loro.

La poltroncina è l’oggetto che meglio racconta l’idea di questa mostra, la struttura è originale del XIX secolo mentre il rivestimento è stato realizzato recentemente su scampolo originale dalla ditta Rubelli.

Fig. 24 - Salotto della Pace, Palazzo Reale

3.5 - In-cรณn-tra

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Fig. 25 - Fotomontaggio Salotto della Pace

CAPITOLO 3

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3.5 - In-cón-tra

Collezione museale Poltrona: poltroncina da camera rivestita in seta (riprodotta dalla ditta Rubelli su scampolo originale) con motivo a cineseria. Struttura risalente alla seconda metà del XIX secolo.

Scampolo tessuto: seta operata con decorazione a cineseria.

Scampolo dell’apparato tessile del Bagno della Duchessa dell’Appartamento Nuziale. 18411842.

Tavolino: tavolino da lavoro, destinato al cucito, con gambe a lira, ripiano apribile con scomparto.

Risalente al XIX secolo.

GIOBAGNARA YOYO: in un collegamento tra Art Deco e Odissea nello spazio di Kubrick. Il motivo scolpito evidenzia la perfezione di artigianalità ed esecuzione.

OFFICINANOVE Demì: lampada sagomata da lamiere adatta per angoli e per pareti, inconfondibile grazie al fascino delle sue forme, dai colori sgargianti.

Tessitura De Martini Damaschi: disegno della Rosa colo rosa e champagne, disegno Luigi XV color rosso e ocra, disegno Roma color azzurro strie e écru.

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CAPITOLO 3

SALA DEL VERONESE

La sala rappresenta, per sfarzo e raffinatezza, uno dei più importanti ambienti rococò a Genova.

Resta una fondamentale testimonianza di quella fortunata stagione artistica che gli storici hanno battezzato barocchetto genovese. Lo spazio è immaginato quale scrigno prezioso per contenere la maestosa “Cena di

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Cristo in casa di Salomone il fariseo” del Veronese, quella che possiamo ammirare oggi è una copia di David Corte.

Qui sono gli arredi già presenti nella sala che si spostano per realizzare un salotto, quasi una pausa pomeridiana, dove ogni elemento esposto ha un forte valore emozionale e storico.

Fig. 26 - Sala del Veronese, Palazzo Reale

3.5 - In-cรณn-tra

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Fig. 27 - Fotomontaggio Sala del Veronese

CAPITOLO 3

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3.5 - In-cón-tra

Collezione museale Divano: divano corbeil in legno intagliato e dorato.

Risalente attorno al 1750.

Poltrona: poltroncina corbeil legno intagliato e dorato.

Risalente attorno al 1750.

in

Cuscini: serie di cuscini in velluto rosso con gallone e passamaneria dorato.

Risalenti al XIX secolo.

Cicno Scampoli: cuscino che coniuga l’eleganza con la modernità, nato dall’unione di un damasco con taffetà realizzato in collaborazione con la ditta Tessitura DeMartini di Lorsica (GE).

Plissè: candelabro in vetro borosilicato soffiato a lume caratterizzato dall’unione di un vetro colorato con un vetro rigato, progettato per rispondere a due funzioni, vaso e porta candele.

Realizzato con la ditta “I vetri di Sandro Bormioli” di Altare (SV).

Collezione Tabou: un totem contemporaneo in grado di creare una connessione tra l’astrazione e la figurazione. Realizzato in legno rivestito in pelle scamosciata e con aste in bronzo.

Collezione champagne: vassoio e scatole con sfere dorate, in un gioco di riferimenti tra l’architettura di Etienne-Louis Boullée e le sculture surrealiste di Pol Bury.

OFFICINANOVE Demì Table: lampada da tavolo in lamiera inconfondibile grazie al fascino delle sue forme, dai colori sgargianti.

Collezione Artù e Ginevra: tavolino fucsia formato dall’assemblaggio di due lamiere sagomate e dal successivo appoggio del piano.

GIOBAGNARA Scala coffe table: vincitore dell’ambito premio Wallpaper design Award 2018.

Riprende la forma “accatastata” spesso vista alla base di alcuni edifici famosi in Italia, così come il celebre tacco di Salvatore Ferragamo.

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CAPITOLO 3

GALLERIA DEGLI SPECCHI

Questo è certamente uno degli ambienti più celebri del palazzo e ne rappresenta in un certo senso l’emblema. Anche questa sala deve il suo fascino all’abilità di Domenico Parodi. Il modello è quello della galleria sei-settecentesca dei palazzi di tutta Europa, troviamo esempi a Palazzo Colonna a Roma e naturalmente alla Galleria degli specchi di Versailles. In questa sala si può apprezzare l’evoluzione estetica della sedia chiavarina, icona dell’omonima città ligure. Si parte dai primi tre modelli appartenenti alla collezione del museo messi a confronto con tre modelli della ditta Fratelli Levaggi. Data l’importanza

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della sala si è qui voluto usare l’escamotage degli specchi come gioco di riflessioni. Portare lo sguardo del visitatore al suolo dandogli comunque la possibilità di apprezzare la bellezza del dipinto sulla volta. Ma lo specchio permette anche di notare il fondo della seduta, metodo che utilizzano gli storici per studiare la ditta produttrice e nel caso della prime tre sedie del numero di matricola in archivio. Infine lo specchio non è un unico pezzo, è composto dall’unione di quattro specchi, questo riprende i classici pavimenti genovesi dove tanti piccoli pezzi si uniscono per formare un’unica superficie.

Fig. 28 - Galleria degli Specchi, Palazzo Reale

3.5 - In-cรณn-tra

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Fig. 29 - Fotomontaggio Galleria degli Specchi

CAPITOLO 3

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3.5 - In-cón-tra

Fratelli Levaggi Suarez: vincitore del 1° Concorso Europeo di Progettazione della Sedia di Chiavari nel 2004, questo modello rappresenta la sintesi tra la secolare tradizione chiavarese e la costante ricerca formale, da sempre prerogativa della F.lli Levaggi.

Un design essenziale e minimale dove tutti gli elementi sono indispensabili al funzionamento della seggiola.

Chiavarina Supercolor: rivisitazione stilistica della classica chiavarina giocando con cromatismi di forte impatto per irrompersi negli ambienti più giovani e dinamici, dipinta a mano con colori che lasciano trasparire la naturale venatura del legno.

Sefora: questa sedia nasce dall’intento di condensare in un unica seduta un design contemporaneo con il massimo comfort ergonomico.

Il disegno della spalliera segue la naturale curvatura della schiena al fine di garantire una postura corretta e riposante. Sefora è un nome che in greco indica i piccoli volatili come le rondini, questa sedia segue la stessa leggerezza ed eleganza.

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CAPITOLO 3

SALA DEL CASTELLO

È l’unico ambiente che abbia conservato pressoché intatta la primitiva decorazione a fresco su commissione di Giovanni Battista Balbi, che mostra “La Fama” (della famiglia Balbi appunto).

L’autore delle pitture della volta e delle pareti è Valerio Castello (da qui il nome della sala) uno degli spiriti più alti della pittura genovese del Seicento. Qui ha voluto ricreare un’architettura interna affacciata verso uno spazio esterno. Ci troviamo

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nell’ultima sala di questa mostra, qui siamo difronte ad un salottino di conversazione, dove a confrontarsi sono due epoche, diversi materiali che dal passato ad oggi costituisco e abbelliscono l’ambiente living.

Si conclude qui la nostra mostra in quanto valore simbolico e di rispetto della famiglia Balbi, i primi ad aver dato vita a questo Palazzo ed i primi ad averlo abbellito con questi arredi credendo fortemente nel potere artigianale di questa Regione.

Fig. 30 - Sala del Castello, Palazzo Reale

3.5 - In-cรณn-tra

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Fig. 31 - Fotomontaggio Sala del Castello

CAPITOLO 3

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3.5 - In-cón-tra

Collezione museale Poltrona: poltroncina da camera con rivestimento in seta a rigoni rossi e dorati. Risalente alla seconda metà del XIX secolo.

Tavolino G. Descalzi (1767 - 1855): tavolo rotondo con piano reclinabile in radica con rifiniture dipinte, colonna di supporto scanalata, tre piedi a zampa di leone. Risalente alla metà del XIX secolo.

riferimenti tra l’architettura di Etienne-Louis Boullée e le sculture surrealiste di Pol Bury.

OFFICINANOVE Collezione Artù e Ginevra: tavolino giallo formato dall’assemblaggio di due lamiere sagomate e dal successivo appoggio del piano.

Bottiglia e zuccheriera vetro colorato: appartenuti ad un servizio da camera composto da bicchiere, bottiglia a fiasco con tappo, bottiglia ad anfora. Risalente al XIX secolo.

Cicno Caleido: bicchiere e brocca in vetro borosilicato caratterizzato dall’unione di due vetri e dalla presenza di vetri colorati sulla parte finale, realizzato con la ditta “I vetri di Sandro Bormioli” di Altare (SV).

Fratelli Levaggi Poltrona Campanino Classica: la tipica poltrona chiavarina con braccioli lavorati e ricavati da un unico pezzo di legno massello. Dalle forme sofisticate ed accattivanti.

GIOBAGNARA Collezione champagne: vassoio con sfere dorate, in un gioco di

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CAPITOLO 3

3.5. 2

GRAFICA: ELABORATI E PROMOZIONE

Il nome della mostra era chiaro per noi, ma questa chiarezza andava palesata anche ai visitatori. Così abbiamo deciso di presentare il nome Incontra rappresentata graficamente frammentata come da dicitura del dizionario, intervallata da un punto, l’inizio di tutto, la base di ogni progetto. Ogni singolo frammento descriveva una parte di questo progetto, rispondeva alle domande che solitamente ci si pone su di una mostra; dove si svolge? Cosa vedrò? Chi partecipa?. In questo modo avevamo la possibilità di adattarlo alle diverse risposte che potevamo incontrare in queste domande.

Il colore La scelta del colore rappresenta un’unione tra il design e il museo; il blu

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Savoia è il colore che identifica e rappresenta il Museo di Palazzo Reale e ci tenevamo a mostrarlo affiancandolo ad un colore fresco, acceso e vivace, in poche parole contemporaneo.

Nasce così una grafica semplice e pulita.

Studio grafico Avevamo bisogno anche di raccontare di più di quello che si sarebbe visto all’interno del museo, così abbiamo affiancato al logotipo della mostra un fotomontaggio che rappresentasse l’antico e moderno.

Abbiamo rappresentato questo lampadario che illumina e concentra l’attenzione verso questo allestimento che, con un gioco di associazioni, i visitatori avrebbero ritrovato all’interno del museo.

Fig. 32 - Il logo di In-cรณn-tra

3.5 - In-cรณn-tra

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CAPITOLO 3

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Fig. 33,34 - Elaborati grafici

3.5 - In-cรณn-tra

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Fig. 35,36 - Promozione cartacea

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3.5 - In-cĂłn-tra

Promozione Abbiamo pensato di promuovere questa mostra con poco materiale cartaceo e molta promozione digitale, tramite social network, mail e siti web di valorizzazione del territorio.

Abbiamo contattato anche la stampa locale per avere una rapida diffusione della mostra.

Ci siamo affidati all’esperienza di Anna Manzitti, che da anni tratta questi argomenti, che ha saputo indirizzarci ed aiutarci in questo nostro

percorso di comunicazione. Siamo stati intervistati da TG3 Liguria, Il Secolo XIX, La Repubblica e siamo stati inseriti in altri siti dedicati alla promozione degli eventi della cittĂ .

Infine utilizzando i colori e la grafica del manifesto abbiamo realizzato dei pannelli che potessero accompagnare il visitatore per tutta la lunghezza del percorso espositivo, spiegando la filosofia di Incontra e guidandolo nelle sale alla scoperta dei prodotti esposti, lasciando a lui la soddisfazione di individuare il loro posizionamento nell’ambiente.

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CAPITOLO 3

Risposta I giornalisti hanno risposto positivamente all’evento. La conferenza stampa d’inaugurazione di Giovedì 28 Febbraio ha dato il via alla pubblicazione di numerosi articoli su i siti web delle maggiori testate giornalistiche liguri. Hanno parlato di In-cón-tra: La Repubblica, Il Secolo XIX, Ansa e Genova Post. Infine La Repubblica ed Il Secolo XIX hanno dedicato dei veri e propri articoli per la divulgazione cartacea.

Incontra ha però raggiunto anche realtà al di fuori della Liguria, intercettando testate e siti web giornalistici come Novi Online, Quattro Pagine e La Sicilia.

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Fig. 37 - Articolo su In-cรณn-tra, Secolo XIX

3.5 - In-cรณn-tra

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Fig. 38 - Ph. Claudia Moreschi

CAPITOLO 3

3.5. 3

I GIORNI DI IN-CÓN-TRA

Giovedì 28 FEBBRAIO Tutto ha avuto inizio Giovedì 28 Febbraio alle ore 11 con la conferenza stampa, alla quale hanno presenziato Elisabetta Piccioni, Direttrice di Palazzo Reale, Luca Leoncini, Direttore delle collezioni di Palazzo Reale, Niccoló Casiddu, Direttore Dipartimento Architettura e Design di Genova, Enrico Dassori, facente veci del Rettore Paolo Comanducci dell’Università degli Studi di Genova, Alessandro Valenti, Professore di Exhibit Design presso Dipartimento Architettura e Design di Genova e Mauro Olivieri, presidente di ADI Liguria. In questo modo è stato possibile presentare in anteprima ai giornalisti il risultato finale della mostra intercettando, allo

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stesso tempo, i commenti di tutti i collaboratori del progetto e di noi studenti curatori.

Alle 16.30, dello stesso giorno, si è tenuta una conferenza di presentazione, su invito, ad un più ampio pubblico. La conferenza è stata tenuta da: Elisabetta Piccioni e Luca Leoncini, in rappresentanza di Palazzo Reale; Raffella Fagnoni, coordinatrice del Corso di Laurea Magistrale in Design del Prodotto e dell’Evento, e Alessandro Valenti, in rappresentanza del Dipartimento Architettura e Design di Genova, ed infine noi tre studenti come curatori e organizzatori di Incontra.

Fig. 39 - L’intervista con Tg3 Liguria, ph. Chiara Scabini

3.5 - In-cón-tra

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Fig. 40,41 - Conferenza Stampa, ph. Chiara Scabini

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Fig. 42,43 - Presentazione di In-cรณn-tra, ph. Chiara Scabini

3.5 - In-cรณn-tra

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Fig. 44,45,46 - Presentazione di In-cรณn-tra, ph. Chiara Scabini

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3.5 - In-cรณn-tra

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Fig. 47,48 - Presentazione di In-cรณn-tra, ph. Chiara Scabini

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Fig. 49,50 - Presentazione di In-cรณn-tra, ph. Chiara Scabini

3.5 - In-cรณn-tra

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CAPITOLO 3

Venerdì 1 Marzo Venerdì è stato possibile visitare la mostra dalle ore 9 alle ore 14, come da orario del museo. Nonostante il giorno feriale l’affluenza di visitatori

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è stata molto buona grazie alla visite guidate e alla promozione televisiva del Tg Regionale andata in onda il giorno precedente.

Fig. 51,52 - La Sala del Veronese e La Sala del Castello di In-cรณn-tra

3.5 - In-cรณn-tra

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Fig. 53,54,55 - In-cรณn-tra

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3.5 - In-cรณn-tra

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Fig. 56 - La Galleria degli Specchi di In-cรณn-tra

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CAPITOLO 3

Sabato 2 Marzo Sabato l’ingresso era previsto dalle ore 13.30 alle ore 19, come da orario del museo. Anche in questa giornata l’affluenza è stata superiore

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alle nostre aspettative, importante da sottolineare la grande presenza di giovani rispetto alle giornate precedenti.

Fig. 57,58 - La Sala del Veronese e Il Salotto della Pace di In-cรณn-tra

3.5 - In-cรณn-tra

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Fig. 59 - Chiavarina Supercolor nella Galleria degli Specchi

CAPITOLO 3

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Fig. 60,61 - In-cรณn-tra ed i suoi visitatori

3.5 - In-cรณn-tra

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Fig. 62 - Visite guidate nei giorni di In-cรณn-tra

CAPITOLO 3

Domenica 1 Marzo Ingresso gratuito dalle ore 13.30 alle 19.00. Affluenza altissima, piĂš di 1000 visitatori; bambini, giovani e adulti, il museo era colmo di persone.

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Ăˆ stata una giornata intensa, ma piena di soddisfazioni. Tutto il pomeriggio abbiamo coordinato delle visite guidate ad hoc per gli allestimenti.

Fig. 63,64 - Scorci di In-cรณn-tra

3.5 - In-cรณn-tra

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CAPITOLO 3

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Fig. 65,66,67 - Scorci di In-cรณn-tra

3.5 - In-cรณn-tra

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Fig. 68,69 - La Sala della Pace di In-cón-tra e Plissè

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3.5 - In-cรณn-tra

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Fig. 70 - La Sala del Veronese di In-cรณn-tra

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CAPITOLO 3

3.5. 4

TRAGUARDI RAGGIUNTI Abbiamo riscontrato una buona risposta da parte della stampa, che ha promosso in maniera meticolosa Incontra. La nostra strategia comunicativa ha permesso di attrarre molti visitatori incuriositi verso il museo e ha permesso anche di portare all’interno delle sale una fascia di età compresa tra i 25 e i 35 anni, che solitamente non frequentano il palazzo.

Circa 2000 persone hanno visto, apprezzato e fotografo il nostro risultato finale. Hanno lasciato recensioni positive e grande incoraggiamento per il nostro lavoro futuro. Questo ci ha fatto ragionare su come il design possa cambiare volto in base a come viene presentato. Molti dei visitatori non appartenevano a questo settore, ma hanno comunque compreso il messaggio di Incontra. Molto spesso il termine “design” viene percepito come una parola straniera e quindi lontana, non sempre è stata spiegata ad un più ampio pubblico, è sempre

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rimasta chiusa in unacerchia di élite.

Ma il design è progettazione, ci circonda, ci aiuta; questo è stato mostrato, il suo uso comune, la sua evoluzione nei secoli.

Dato il successo della mostra, la Dirigenza di Palazzo Reale ha così deciso di far diventare Incontra un formato espositivo annuale, affidandoci così l’allestimento del 2020. Speriamo che questo possa permettere al museo e a tutto il fascino di questa città e regione di emergere e di essere riscoperta a livello Nazionale. Crediamo molto in questo nostro risultato e vorremmo riuscire a coinvolgere sempre più persone all’interno della nostra rete di contatti, perché più siamo e più riusciremo nel nostro intento.

Ci piace pensare che Incontra sia una grossa nave rompighiaccio, che in mezzo ad un freddo terreno gelido abbia aperto così la strada a qualcosa di nuovo.

2000!

VOLTE GRAZIE

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CONCLUSIONI

P

ossiamo dire che non siamo più tranquilli adesso, abbiamo comunque “paura” di uscire fuori.

Però abbiamo le idee più chiare, non ci sono risposte adatte a tutti e che possono essere giuste per tutti, in realtà la risposta ce la costruiamo da soli (da bravi progettisti). Non abbiamo una sola qualità, ma abbiamo imparato che ne abbiamo molte, sappiamo lavorare su diversi ambiti, non saremo specializzati in un settore ben preciso, ma sappiamo “fare di tutto un po’”, ci specializzeremo ogni volta sul settore che ci sarà richiesto, come abbiamo fatto in questa tesi.

Abbiamo presentato un modo diverso di progettare, come affrontare e risolvere lo sviluppo di diverse problematiche, lo abbiamo fatto mettendoci in gioco, cercando di attingere da quello che abbiamo imparato in questi mesi.

“Dal bicchiere al museo” sottolinea le capacità di un designer; dalla progettazione in campo oggettistico, che per secoli ci ha visto operanti, all’organizzazione di un evento, con annesse tutte le fasi di gestione.

Da questo percorso progettuale emerge il cambiamento che è in atto nella società contemporanea e le modalità per affrontarlo. Se ci concentriamo in ambito territoriale possiamo affermare come una soluzione possa essere quella di puntare sulla qualità, sulle tradizioni e sui prodotti leader di questa Regione, questo veicolando nuove idee e lanciando nuovi messaggi. La società, oggi, è aperta

a sempre nuovi stimoli ed idee, per questo le aziende che vogliono guardare al domani devono sia mantenere un forte rapporto con le loro radici culturali (capacità manifatturiere e artigianali) sia essere spinte verso un rinnovamento in campo tecnologico.

Proprio facendo questo ne usciranno fuori prodotti pronti per l’export, pronti a mantenere una concorrenza a livello globale, intensificando così la produzione di aziende con una grande impronta tradizionale. Ed ecco che quindi si inserisce qui il design, che per secoli ha guidato e seguito i grandi cambiamenti della società. Con il compito e lo scopo di dare nuova vita al “bello” che ci circonda, aiutando e supportando le tradizioni e le peculiarità di questo nostro territorio; questo discorso non è applicabile solo a livello regionale, ma anche e soprattutto a livello nazionale. L’Italia ha un grande valore storico e artistico che merita di essere protetto e valorizzato con conoscenza e competenza.

Orientarsi verso il design è un percorso impervio che richiede umiltà e coraggio da parte delle aziende, che devono affidarsi al designer per un percorso di progettazione completo. Sta al progettista essere mediatore tra la cultura dell’azienda e il linguaggio del design.

Il ruolo del designer continuerà a cambiare, perché il mondo continuerà a farlo, perché ci saranno nuove necessità e nuove problematiche da risolvere.

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RINGRAZIAMENTI Iniziamo questi ringraziamenti partendo dalla persona che ci ha più sostenuto e aiutato in questo nostro percorso, la nostra relatrice, la Professoressa Raffaella Fagnoni.

Ogni volta che ci siamo presentati in ufficio, rigorosamente senza appuntamento, ha ritagliato comunque del tempo per ascoltare le nostre domande e per affrontare con noi gli ostacoli. Non ci ha mai trattato da studenti, ma da professionisti ed è per questo che la ringraziamo, per aver dato a noi gli strumenti per seguire la scia della nostra tesi.

Vorremmo incoraggiarla a continuare la sua sfida all’interno della nostra Laurea Magistrale, perché forse lei non se ne accorge ma è la sua dedizione e determinazione a spronare noi studenti a dare il massimo, per non deludere né noi stessi né lei e i suoi colleghi. Forza!

Questa stessa determinazione la troviamo nel Professor Alessandro Va-

lenti, il nostro correlatore, che con professionalità ci ha aiutato a realizzare una mostra che ha contribuito ad aumentato la nostra esperienza da designer.

Nel nostro primo incontro ci ha sottolineato che sarebbe stato pignolo e attento allo sviluppo di una tesi, possiamo dire che i suoi consigli hanno reso così “importante” Incontra. Grazie.

Tra le prime persone vanno ringraziati anche Luca e Marco, i “genitori” di Cicno. Ragazzi, dal primo momento che ci siamo incontrati avete creduto in noi e nelle nostre qualità, siete andati oltre e avete deciso di includerci, creando un team. Adesso non ci resta che “partire a bomba” (come diresti tu Luca) per continuare la nostra filosofia di progetto. Ce la metteremo tutta.

Palazzo Reale, beh un po’ difficile ringraziare le famiglie che lo hanno posseduto e fatto arrivare fino a noi, quin-

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di iniziamo ringraziando la Direttrice, la Dottoressa Elisabetta Piccioni, che come primo incarico da Direttrice ha dovuto inaugurare la nostra mostra, usando parole delicate e lusinghiere.

Ringraziamo il Direttore delle Collezioni, Dottor Luca Leoncini, che dal primo incontro ha letto nei nostri occhi la passione e il rispetto verso il Palazzo, non smettendo mai di farcelo notare.

Ringraziamo Anna Manzitti, Laura Cattoni e Simone Frangioni che sono stati per noi delle guide eccezionali, non ci avete mai abbandonato, ci avete sostenuto, spronato e aiutato, non sapremo mai come ringraziarvi abbastanza per il vostro lavoro, è bellissimo vedere delle persone così appassionate e innamorate del proprio mestiere, speriamo di avere anche noi lo stesso sentimento per quello che sarà il nostro futuro lavoro.

Ma vorremo anche ringraziare Chiara Scabini (la nostra fotografa ufficiale) e Irene Crosta, ci avete sempre fatto sentire dei grandi, aiutandoci e spronandoci a continuare.

Infine ringraziamo le persone che ci hanno fatto conoscere tutte queste figure, la Dottoressa Antonella Traverso e la Dottoressa Valentina Fiore, senza il vostro intervento non saremmo mai entrati in questo meraviglioso mondo.

Ringraziamo Costantino Bormioli, il produttore delle nostre collezioni.

Inizialmente ci hai aperto le porte della tua bottega e successivamente

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ci siamo trovati all’interno della tua famiglia.

Ci hai insegnato la storia e i segreti di questa bellissima arte e hai avuto la pazienza di testare con noi le proposte che giorno per giorno ti presentavamo.

A questo aggiungiamo il ringraziamento al Museo dell’Arte Vetraria di Altare che è stato il primo a mostrarci il lavoro che per secoli è stato compiuto da questo piccolo borgo.

Ma se siamo arrivati lì dobbiamo ringraziare il Professor Niccolò Casiddu che, una volta messo a conoscenza del nostro progetto di tesi, si è subito reso disponibile ad aiutarci ad arrivare ad Altare, attraverso le persone più giuste.

La ringraziamo anche per essersi sempre interessato con molto ardore al nostro progetto di tesi fase dopo fase.

Ringraziamo anche il Professor Paolo Bensi che ci ha permesso di prendere informazioni da una tesi, che seguì lui, che trattava delle vetrerie di Altare e delle loro peculiarità.

Ringraziamo il Professor Vito Nesta che ci ha consigliato su come iniziare ad affrontare un progetto vero e proprio. Ti auguriamo di continuare ad insegnare con la stessa forza e passione che hai negli occhi.

Tra tutti questi professori dobbiamo ringraziare per forza anche la Professoressa Chiara Olivastri che si è sempre sorbita le nostre revisioni con la Professoressa Fagnoni. Non sappiamo come tu abbia fatto, ma ti ringra-

ziamo per averci sempre sopportato e per esserti sempre resa disponibile.

Ringraziamo tutti i partecipanti ad Incontra, mai avremmo pensato di incontrare persone disponibili come voi, ci avete dato carta bianca su tutto e avete donato una bella spinta alla nostra mostra.

Ringraziamo quindi: Simonetta Porro per Artigiani in Liguria, Paolo Levaggi per Fratelli Levaggi, Lorenzo Bagnara per Giobagnara, Roberto Orfeo per OFFICINANOVE, Stefania DeMartini per Tessitura DeMartini Lorsica.

Ringraziamo Regione Liguria, Comune di Genova, Genova More Than This e Municipio I Genova Centro Est per i vostri patrocini e supporto pubblicitario.

Ringraziamo Sara Di Paolo e Stefania Toro per la loro professionalità e il loro sostegno.

Infine ringraziamo il Dottor Mauro Olivieri, Presidente di ADI Liguria, per aver creduto ed investito sul nostro progetto, per noi giovani progettisti è stato un motivo di grande orgoglio.

Ringraziamo tutti i giornalisti che hanno presenziato alla nostra conferenza stampa, grazie per aver investito molto sulla nostra mostra permettendo così di farla conoscere ad un grande pubblico che è accorso a visitarla.

Uniamo così a questo il ringraziamento per i circa 2000 visitatori che hanno speso parte del loro tempo per venire a vedere Incontra.

Ringraziamo adesso due professionisti, Elisa Repetto e Riccardo Delfanti, stylist e fotografo dello shooting di Caleido e Plissé. Siete stati di una precisione e di una disponibilità enorme, avete permesso a queste due collezioni di essere presentate nel migliore dei modi e su questo penso che chiunque le vedrà non potrà che essere d’accordo. Grazie di tutto cuore.

Finiamo ringraziando Martina Caprari, Giulia Chiodi, Linda D’Amico, Valentina Efero, Marco Gaggini, Katerine Goicochena, Marta Guggiani, Marisol Melis, Anabelle Piras, Sofia Roba, Tommaso Schenone, Gaia Vecchi e Eleonora Vinacci che con tanta pazienza e professionalità hanno presenziato e controllato i nostri allestimenti.

Ragazzi vi auguriamo di ricevere le stesse soddisfazioni, da questa università, che noi abbiamo raggiunto.

Ringraziamo anche tutte le persone che in qualsiasi modo hanno contribuito a questa tesi, perché come avete visto l’unione fa la forza.

Andrea, Claudia e Martina

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