Supplemento Private Banker - Speciale Fine anno - Dicembre 2019

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UN SUPPLEMENTO DI CITYWIRE ITALIA DICEMBRE 2019 . citywire.it

E R A F G N I K N A B O V I T I S O P Ã t i l i g a r f i ant

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O I R A M SoM riccardo barbarini pag. 4

UN SUPPLEMENTO DI CITYWIRE ITALIA DICEMBRE 2019 . citywire.it

RITRATTO DI RICCARDO BARBARINI (UBI TOP PRIVATE)

p. 4

IL PAESE REALE: PAOLO AGNELLI (ALLUMINIO AGNELLI)

p. 6

RITRATTO DI ELENA GOITINI (BNP PARIBAS PB)

p. 8

PLANISFERO

p. 14

VISIONI: IL PRIVATE BANKING NEL 2020

p. 18

CAMBI DI CASACCA

p. 23

LE ESPERIENZE DEGLI ALTRI: HONG KONG

p. 24

RITRATTO DI GIORGIO VIO (CREDIT SUISSE)

p. 26

elena goitini pag. 8

IL PAESE REALE: VINCENZO FERRIERI (CIOCCOLATITALIANI) p. 28

io giorgi.o26v

RITRATTO DI FEDERICO TADDEI (ERSEL)

p. 30

GESTORI E FONDI: MULTIASSET BIL. E AZIONARIO GLOBALE

p. 32

HANNIBAL LECTOR

p. 34

GRANDI PORTAFOGLI: CARLO VEDANI (OREFICI)

p. 36

LA STORIA DEL PRIVATE BANKING: MEDIOBANCA

p. 38

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federico tad pag. 30

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SENZA PIETRE NON C’È ARCO Marco Polo descrive un ponte, pietra per pietra. “Ma qual è la pietra che sostiene il ponte?” chiede Kublai Kan. “Il ponte non è sostenuto da questa o da quella pietra” risponde Marco “ma dalla linea dell’arco che esse formano”. Kublai Khan rimane silenzioso, riflettendo. Poi soggiunge: “Perché mi parli delle pietre? È solo dell’arco che m’importa”. E Polo risponde: “Senza pietre non c’è arco”. Sulla stessa filosofia – espressa ne “Le città invisibili” di Italo Calvino – si basa da sempre la linea editoriale di Citywire, volta a mettere al centro le donne e gli uomini dell’industria del risparmio gestito, con le loro

storie personali, i percorsi di carriera, i timori e i sogni con cui affrontano il proprio lavoro. Fedele a questo spirito, la squadra di Citywire Italia ha deciso di rinnovare e migliorare la pubblicazione che avete davanti, concentrandosi sulla visione strategica dei responsabili dell’industria della tutela e dello sviluppo dei grandi patrimoni. La risposta dell’industria è stata entusiasmante, con la partecipazione di molte delle figure più rappresentative. Nelle prossime pagine troverete infatti analisi e spunti inediti di professionisti del calibro di Saverio Perissinotto (Intesa Sanpaolo Pb), Salvatore Pisconti (UniCredit Pb), Gian Maria

Mossa (Banca Generali Private), Riccardo Barbarini (Ubi Top Private), Elena Goitini (Bnl-Bnp Paribas Pb), Paolo Federici (Ubs Global Wm), Eugenio Periti (Deutsche Bank Pb), Alessandro Varaldo (Banca Aletti), Giorgio Vio (Credit Suisse), Angelo Viganò (Mediobanca Pb), Gianluca Rondini (Credem Pb) e Federico Taddei (Ersel). Perché, per raggiungere l’eccellenza, bisogna saper fare, fare e far sapere.

DANIELE BARZAGHI REPORTER

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A N E R G A ’ N I K BAN NELL RITRATTO

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RITRATTO

di

FRANCESCO COLAMARTINO

“La mia avventura nel mondo della finanza inizia nell’ultimo anno delle grida a Piazza Affari, prima dell’avvento della Borsa telematica. Io lavoravo lì”. Se le grida dei trader sono ormai un ricordo, quelle dei tifosi della Juventus riecheggiano tutt’oggi nelle domeniche di Riccardo Barbarini, responsabile di Ubi Top Private (gruppo UBI Banca) e fervente sostenitore dei bianconeri. E se, oltre al tifo calcistico, aggiungiamo tra le sue passioni i viaggi in luoghi esotici e i racconti di viaggio di Bruce Chatwin, le vacanze in barca a vela, le moto e tre figli piccoli, è chiaro che l’amore per le sfide scorra nelle sue vene. “La vera casa dell’uomo non è una casa, ma la strada”, scriveva Chatwin. “L’arena nel settore del wealth management è e sarà sempre più competitiva” pronostica Riccardo “e lo sarà soprattutto per quelle banche che non riusciranno a raggiungere la giusta dimensione, in tempi in cui gli aspetti regolamentari hanno inciso in maniera importante sui costi. Certo è un settore che assorbe poco capitale, in un momento in cui il capitale è un valore di gran lunga più imporante rispetto a prima”. Ma anche su questo tema una battuta se la lascia scappare. “Se oggi sommassimo tutti gli obiettivi sul wealth management che le banche hanno nei loro piani industriali, dovremmo raddoppiare il numero di ricchi in Italia!”. Pesarese, classe 1966, Riccardo si laurea in Scienze economiche e bancarie e, nel 1991, entra in Andersen Consulting (oggi Accenture) nella divisione Strategic services. Dopo 7 anni assume in Comit il ruolo di responsabile dei nuovi canali “e non nel migliore dei periodi, visto che Banca Commerciale era al centro di un braccio di ferro tra la Mediobanca di Enrico Cuccia e Banca Intesa di Giovanni Bazoli”. Nel 2000 viene nominato nel gruppo Banca Lombarda, oggi Ubi Banca, prima come responsabile del marketing strategico e dopo 3 anni come responsabile dell’area commerciale, per poi fondare nel 2004 Banca Lombarda Private Investment, oggi IW Bank, di cui diventa amministratore delegato.

“Quando sono andato via da quella che oggi si chiama IW Bank c’erano circa 800 promotori finanziari e 50 banker. Nel 2009 sono stato nominato direttore generale della Banca Regionale Europea, la banca del gruppo Ubi per il Nord Ovest, un incarico che ho ricoperto fino al 2016. Erano i tempi delle crisi bancarie, tempi duri ma avvincenti. Certo posso dire che le due esperienze, quella nel wealth management e quella in una banca universale, hanno reso più completo il mio percorso professionale”. A seguito dell’operazione di tre anni fa che ha visto la fusione per incorporazione delle 7 banche rete in Ubi e l’acquisizione di Nuova Banca delle Marche, Nuova Banca dell’Etruria e del Lazio e Nuova Cassa di Risparmio di Chieti, Barbarini torna, nelle sue parole, “al vecchio amore del private banking con la responsabilità di Ubi Top Private”. Quando ha messo prima un piede e poi tutti e due nel mondo della finanza, erano tempi in cui nel mondo degli investimenti riuscivano un po’ tutti a guadagnare senza rischiare. “Oggi, con il 30% del debito pubblico mondiale a tassi negativi, è diventato tutto più complicato”. Ma per affrontare le nuove sfide, Ubi Top Private ha già due assi nella manica: investimenti tecnologici e assunzioni. “Nei prossimi tre anni prevediamo di fare circa 50 assunzioni di giovani neolaureati attraverso i nostri percorsi formativi. E intendiamo la tecnologia come un supporto per semplificare la vita di tutti: il 60% delle operazioni con i clienti già oggi avviene senza la necessità di una firma fisica”. Di recente, con la creazione di una struttura dedicata ai grandi patrimoni, Ubi Top Private ha anche potenziato le attività nell’ambito della clientela di fascia più alta, spesso costituita da imprenditori, “nei confronti dei quali offriamo servizi e soluzioni a 360 gradi, per soddisfare tutti i bisogni che esprimono e che riguardano sia l’azienda sia la famiglia, sia anche aspetti relativi al patrimonio finanziario e immobiliare. Un risultato raggiungibile grazie alle nostre strutture specialistiche, di Consulenza Evoluta e di Family Business Advisory, oltre alle sinergie cui possiamo attingere, in ambito corporate e investment banking, appartenendo a una banca universale quale è Ubi Banca”.

“In tre anni prevediamo di fare circa 50 assunzioni di neolaureati ”

“Se sommassimo i target wealth delle banche italiane dovremmo raddoppiare il numero dei ricchi ” CITYWIRE.IT 5


IL PAESE REALE

RESPIRARE

A D N E I L’AZ di CAMILLA CONTI

“IL PASSAGGIO GENERAZIONALE è UNA QUESTIONE DI EDUCAZIONE” PER PAOLO AGNELLI, AGNELLI PRESIDENTE DI ALLUMINIO AGNELLI E DI CONFIMI INDUSTRIA 6

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Lo chiamano il “re dell’alluminio” ma anche “il signore delle pentole”, perché fa un milione di pentole all’anno. Di certo Paolo Agnelli (in foto), 67 anni, imprenditore bergamasco di quarta generazione – se si mette nel conto anche il bisnonno, che aveva due ristoranti – è presidente di Alluminio Agnelli, gruppo fondato nel 1907 dal nonno Baldassare (con una erre), orafo e cesellatore. “Quando aveva vent’anni lo mandarono a far pratica in Montenegro per imparare i disegni che arrivavano dall’Islam. Là scopre questo particolare metallo, mai visto prima, e comincia a lavorarlo. Nel 1905 torna a casa e lo propone alla Pirelli, che ne resta incantata, e gli commissiona subito la costruzione di tubi in alluminio. Arriva la prima guerra mondiale e con essa il sequestro delle pentole in rame, in

aiuto alla Patria. “Lì mio nonno ha l’intuizione di farle in alluminio, che è un ottimo conduttore e che, a differenza del rame, non necessita di alcuna manutenzione. Si fa su le maniche e dà il via alla storia del nostro gruppo. Il vero re dell’alluminio è stato lui”, racconta Agnelli. Oggi il regno della Alluminio Agnelli si estende tra Lallio, Brescia e la Val Chiavenna, comprendendo 13 aziende, 350 dipendenti e 150 milioni di fatturato aggregato. Copre il 75% del mercato italiano delle pentole professionali, quelle usate dai più grandi cuochi ai fornelli, e il 30% di quello mondiale. Eppure, pentole e padelle rappresentano solo il 12% del fatturato complessivo. Negli anni, infatti, gli Agnelli hanno diversificato la loro produzione con i serramenti, le intelaiature per auto,


IL PAESE REALE

i materiali per il settore ferroviario e diversi componenti industriali: sono oltre 25.000 le tonnellate di profili estrusi. Non solo, il gruppo industriale ha anche un’anima green: sono infatti 30.000 le tonnellate da economia circolare. Da sette anni è anche presidente di Confimi Industria, l’associazione che rappresenta la manifattura privata italiana (con 40.000 imprese, 495.000 dipendenti e 80 miliardi di fatturato). In passato è stato anche consigliere di amministrazione di Ubi, eppure il suo rapporto con banche e finanza è complicato: “Le banche sono come ospedali che non ti curano perché hai le analisi sballate. Il problema è che ti valutano solo in base a fatturato e debito: non se sei una persona perbene, se fai un bel prodotto, se fai delle belle pentole. Intendo dire che la finanza e le autorità di Vigilanza hanno imposto metodologie alle banche o alle assicurazioni che non sono quelle dell’industria; regole che non possono funzionare nel nostro mondo, dove per vendere prodotti, fare business, non può reggere un bilancio costruito

sulla base di un algoritmo. Ci sono variabili che dobbiamo considerare che sono diverse”. Fare industria, sottolinea Agnelli, è complicato. E ciascun imprenditore, ciascuna impresa ha il suo metodo per superare gli ostacoli creati dal mercato che dipende dal settore in cui opera, dal livello di tecnologia utilizzata, dal fatto che la produzione sia tutta Made in Italy oppure no. “Per valutare lo stato di salute di un’azienda, non ci si può solo basare sulla differenza tra posizione finanziaria e MOL. Nell’industria, in caso di ‘malattia’, non esiste un antibiotico a largo spettro”. Il rischio, se non viene raggiunto un compromesso, è quello di fermare l’economia. “Devi essere sano per essere aiutato, ma se sei sano allora non hai bisogno di un prestito o di una consulenza e non vai in banca. Molti imprenditori hanno messo i loro i soldi in azienda piuttosto che fare investimenti finanziari e alcuni hanno cominciato a portare i capitali, legalmente, fuori dai circuiti europei. Così anche le banche ci perdono”. Ma cosa è cambiato nelle relazioni tra banca e industria rispetto a quando Agnelli ha iniziato a lavorare? “Io mi ricordo quando ero ragazzo e vedevo entrare in azienda un signore ben vestito parlare con mio padre Angelo e guardare i campioni dei prodotti. Sembrava un nostro cliente e invece era il direttore della banca, che insieme a mio padre decideva se prestare i soldi per lanciare un nuovo prodotto oppure no. Una volta il direttore di banca conosceva l’imprenditore, la sua famiglia, le sue abitudini. ‘Respirava’ l’azienda, che non era solo un numero. Quel tipo di

“LA FINANZA E LE BANCHE DEVONO DECIDERSI AD ALLARGARE LA LORO VISIONE”

direttore di banca sapeva se un momento di difficoltà per l’impresa sarebbe stato passeggero o meno, se il rating assegnato dall’istituto corrispondeva alla reale capacità dell’azienda di riprendersi e di ripartire”. Anche l’assist della nuova normativa europea non è stato sfruttato, secondo Agnelli: “Finora non viene usata Basilea per fare le analisi del rating. Le Pmi, in base alle regole, devono essere valutate all’80% dal punto di vista qualitativo e al 20% da quello quantitativo. Ma queste percentuali non vengono di fatto applicate. Il risultato è che negli ultimi anni l’Italia ha perso 80 marchi storici. La finanza e le banche devono decidersi ad allargare la loro visione per assimilare come funziona davvero l’industria, capendo che le nicchie che caratterizzano il nostro tessuto produttivo vanno amministrate con la pinza, e non con la falce”. Paolo Agnelli ha due figli, il fratello ne ha uno, e tutti e tre sono già inseriti in azienda con ruoli diversi. “Il passaggio generazionale è una questione di educazione, ovvero di come sono stati educati i propri figli, che devono ‘vivere l’impresa’, ma anche avere come esempio un imprenditore che ci crede, che porta avanti l’azienda con passione e non solo per fare soldi. Sono cresciuto con un esempio così e l’ho trasferito ai miei figli. Ricordo che una volta volli comprare un macchinario usato: mio papà era contrario, ma me lo lasciò fare. Installò in azienda quella macchina che non ha mai funzionato. ‘La macchina del Paolo’, la chiamava, come un monumento al mio errore. Ma la lezione è stata davvero importante”.

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STORIA DI COPERTINA

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STORIA DI COPERTINA

di

G N I K AN

O V I IT

DANIELE BARZAGHI

“Finalmente il viaggio conduce alla città di Tamara. Ci si addentra per vie fitte d’insegne che sporgono dai muri. L’occhio non vede cose ma figure di cose che significano altre cose: la tenaglia indica la casa del cavadenti, il boccale la taverna, le alabarde il corpo di guardia, la stadera l’erbivendola”. Rileggere “Le città invisibili” di Italo Calvino aiuta a comprendere come Elena Goitini, di recente nominata responsabile della neo divisione Bnl-Bnp Paribas Private Banking e Wealth Management in Italia, intenda declinare il proprio mandato. Lei che è l’unica donna a dirigere nel nostro Paese un’importante struttura di wealth management: per la precisione, la quinta per masse gestite. Appassionata lettrice del padre della letteratura postmoderna italiana, nell’ottica delle “cose che significano

BNL-BNP PARIBAS PRIVATE BANKING E WEALTH MANAGEMENT IN ITALIA:

OLTRE

100 335 33MLD

PIAZZE ECONOMICO-FINANZIARIE RUOLI COMMERCIALI

OLTRE

100

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tra centri e presidi private banking organizzati in 10 regioni commerciali

DI ASSET IN GESTIONE

PUNTI FISICI SUL TERRITORIO

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2 sedi “grandi patrimoni” con 25 relationship manager

hub wealth management su roma e milano

2 sedi “key client” con 7 professionisti senior

altre cose”, Goitini racconta la propria investitura “al femminile” come valorizzazione delle differenze da parte di Bnp Paribas, ovvero della diversity (da non intendersi soltanto come doveroso equilibrio uomo-donna nelle società, ma anche come elemento inclusivo di storie e percorsi differenti); perché, come lei stessa ha evidenziato durante la sua prima presentazione nel nuovo ruolo, “senza inclusione sociale, non ci può essere crescita sostenibile”. Al 27° piano della Diamond Tower, quartier generale milanese del primo gruppo bancario di Francia, Goitini racconta come “entrata per caso nell’industria bancaria, ci sia rimasta per scelta”. “Il mondo delle banche era in effetti l’ultimo posto dove avrei pensato di lavorare”, inizia a raccontare, guardando oltre le vetrate la Milano in cui è nata e cresciuta. “Studio Economia e Commercio in Bocconi, con specializzazione in analisi di bilancio, convinta di occuparmi di analisi creditizia, di revisione e consulenza. E così faccio. Mi avvicino al mondo del lavoro nel contesto dei primi anni 90, quando uscire bene dall’università significava poter scegliere. Eravamo profili molto attraenti”. “Entro in PriceWaterHouse [la fusione con Coopers avverrà del 1998, ndr] già da laureanda, con una tesi applicata sulla IV e V direttiva Cee, convinta di rimanerci ma, come spesso accade, le scelte sono dettate anche dal caso. E, mentre mi trovavo in Germania a seguire una start-up, un problema di salute in famiglia mi impone di decidere di riavvicinarmi a casa”. “All’epoca il Credito Italiano cercava profili di neolaureati da inserire in un percorso per professionisti con alto potenziale. Si era appena trasformata da banca di interesse nazionale per divenire una spa con testimonial una signora in doppiopetto grigio molto anticipatoria di una logica di femminilizzazione del banking”, sorride la responsabile Private, nel suo tailleur pantalone. “Mi presento alle selezioni e vengo scelta e inserita a Milano, dove mi assicuravano una permanenza di almeno

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STORIA DI COPERTINA

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rdi o i f sui a r ie croc

viaggio in tre anni prima di valutare spostamenti. Per me era perfetto: mi dissi che vi sarei rimasta il tempo necessario a gestire le priorità personali”. “Il caso diventa passione per un settore con cui, poi, ci siamo scelti per i successivi 25 anni. L’industria bancaria mi ha catturata in un momento in cui stava mutando i propri connotati, sia sul fronte delle banche commerciali, sia per i primi esempi di istituti specializzati”. “Tale trasformazione mi ha permesso di fare tre macro-esperienze, che tuttora mi contraddistinguono come professionista e, parzialmente, come persona: la prima è costituita da sette anni di banca commerciale, spaziando dal puro retail al corporate banking e passando per i primi accenni private di una banca universale; la seconda è quella della direzione generale, agli inizi degli anni 2000, che mi consentì di capire cosa vi fosse dietro la frontline e di approcciare realmente il mondo del private banking attraverso la gestione del nascente brownfield [i vecchi insediamenti industriali, ndr] già di UniCredit; la terza, prima di arrivare alle posizioni esecutive, è stata proprio l’esperienza internazionale, che forse più delle altre mi ha plasmata come persona”. “Nel 2005, infatti, con l’acquisizione di Bank Austria da parte di UniCredit, mi viene offerta l’opportunità di seguire Alessandro Profumo [l’allora a.d., ndr] già come business integration manager su Monaco e, da lì, la possibilità di partecipare a selezioni come capo Retail e Private banking del franchising

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patago nia

del gruppo in Europa centro-orientale” racconta. “Come si nota sono una persona curiosa. Ma la mia è una curiosità legata ai fatti, non frivola”. Nelle “Lezioni americane” del 1998, d’altronde, proprio Calvino distingueva tra leggerezza e frivolezza, cesellando la prima come “il planare sulle cose dall’alto, senza macigni sul cuore”. Una leggerezza associata niente affatto a vaghezza, ma a determinazione e precisione. “Leggeri come un uccello che vola, non come una piuma”, diceva Paul Valéry. “Quella internazionale è stata un’esperienza qualificante, durata un po’

meno di 10 anni, che mi ha consentito di conoscere l’industria a tuttotondo e di sfatare alcuni luoghi comuni”, riflette Goitini. “Penso ad esempio alla Polonia, dove sono stata dal 2008 al 2011, scoprendo come quella che nella nostra percezione appare la tristezza di fondo

ADVISORY TEAM

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financial advisor

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credit specialist

Un team di Asset manager per le gestioni patrimoniali e un coverage specifico di structured finance

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Advisory Desk

con esperti per Mercati finanziari, Asset Class, Temi di Investimento

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wealth planner

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specialisti di consulenza finanziaria evoluta


RIPETI SEMPRE LE STESSE VECCHIE STRATEGIE D’INVESTIMENTO? RIPETI SEMPRE LE STESSE VECCHIE STRATEGIE D’INVESTIMENTO? RIPETI SEMPRE LE STESSE VECCHIE STRATEGIE D’INVESTIMENTO? RIPETI SEMPRE LE STESSE VECCHIE STRATEGIE D’INVESTIMENTO? RIPETI SEMPRE LE STESSE VECCHIE STRATEGIE D’INVESTIMENTO? RIPETI SEMPRE LE STESSE VECCHIE STRATEGIE D’INVESTIMENTO? RIPETI SEMPRE LE STESSE VECCHIE STRATEGIE D’INVESTIMENTO? RIPETI SEMPRE LE STESSE VECCHIE STRATEGIE D’INVESTIMENTO? RIPETI SEMPRE LE STESSE VECCHIE STRATEGIE D’INVESTIMENTO? RIPETI SEMPRE LE STESSE VECCHIE STRATEGIE D’INVESTIMENTO? RIPETI SEMPRE LE STESSE VECCHIE STRATEGIE D’INVESTIMENTO? RIPETI SEMPRE LE STESSE VECCHIE STRATEGIE D’INVESTIMENTO? RIPETI SEMPRE LE STESSE VECCHIE STRATEGIE D’INVESTIMENTO? RIPETI SEMPRE LE STESSE VECCHIE STRATEGIE D’INVESTIMENTO? RIPETI SEMPRE LE STESSE VECCHIE STRATEGIE D’INVESTIMENTO? RIPETI SEMPRE LE STESSE VECCHIE STRATEGIE D’INVESTIMENTO? RIPETI SEMPRE LE STESSE VECCHIE STRATEGIE D’INVESTIMENTO? RIPETI SEMPRE LE STESSE VECCHIE STRATEGIE D’INVESTIMENTO? RIPETI SEMPRE LE STESSE VECCHIE STRATEGIE D’INVESTIMENTO? RIPETI SEMPRE LE STESSE VECCHIE STRATEGIE D’INVESTIMENTO?

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STORIA DI COPERTINA

del Paese sia in realtà consapevolezza e disciplina messa al servizio di un fare, spesso accompagnata da scelte estremamente creative. La Polonia è un Paese dalla grande dignità, composta nel ricordare e nell’utilizzare il passato come risorse per far meglio in futuro”. “Più che resilienza ho visto lì applicata l’antifragilità teorizzata dal filosofo e matematico Nassim Nicholas Taleb, ovvero una resilienza che ti consente però di evolvere. Una dinamica che ho sperimentato sulla mia stessa pelle, in Argentina, durante un’esperienza di volontariato che ho svolto in un momento di aspettativa di qualche mese, per gestire una fase personale complessa. Quel vissuto mi ha regalato prospettiva e mi ha aiutato a togliermi di dosso l’autoreferenzialità delle visioni negative e a dare spazio all’approccio positivo”. “La scelta del cambiamento e l’ingresso in Bnp Paribas è stata dettata da tre

RETE PRIVATE BANKING lombardia

triveneto

4 CENTRI 43 BANKER

4 CENTRI 30 BANKER emilia romagna e marche

piemonte, liguria e valle d’aosta

4 CENTRI 35 BANKER

4 CENTRI 27 BANKER

toscana e umbria

sardegna e lazio

3

CENTRI

16

14 BANKER + 1 responsabile

grandi patrimoni roma oltre i 5 milioni di euro

9 BANKER + 1 responsabile

key client group

oltre i 25 milioni di euro

7 BANKER

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4 CENTRI 35 BANKER

campania e basilicata CENTRI

RETE WEALTH MANAGEMENT oltre i 5 milioni di euro

roma

BANKER

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grandi patrimoni milano

4 CENTRI 25 BANKER

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BANKER

puglia, abruzzo e molise

3 CENTRI 21 BANKER

sicilia e calabria

3 CENTRI 17 BANKER elementi: l’interesse per il mondo del private banking e del wealth management, uno dei settori bancari con più margini di crescita; la consapevolezza che si trattava di un ruolo coerente con il mio percorso; e il valore del brand sul mercato private internazionale – 1° a livello europeo e 8° nel mondo – con un potenziale in Italia soltanto parzialmente catturato”. “Il gruppo Bnp Paribas ha un’ambizione forte sull’Italia e ciò che vorrei instillare durante il mio mandato è il concetto di positive banking, ovvero la capacità di intensificare all’interno di un contesto complesso ciò che funziona facendolo crescere, senza trascurare ciò che non funziona e che crea disagio nel cliente. Nel definire il mondo come ‘inferno dei viventi’, Calvino indicava due modi per non soffrirne: accettarlo e diventarne parte, oppure – ma è più rischioso ed

esige attenzione e apprendimento continui – cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno e farlo durare, dandogli spazio”. “Il private banker deve tradursi pertanto in inclusione: un incredibile motore di crescita soprattutto in un Paese come il nostro, caratterizzato da importanti differenze sociodemografiche”. “In queste settimane in cui stiamo portando avanti la definizione della struttura, sto attribuendo grande valore alla diversità nel guardare, nel sognare e nel sentire. Sono molto incuriosita dalle carriere crossborder o dai background poco convenzionali. La diversità, che comprende la ‘diversa abilità’, aggiunge valore. Porsi domande differenti porta a formulare risposte differenti e, in un contesto volatile, rappresenta un vantaggio”.


COSA STANNO FACENDO I VOSTRI FONDI PER IL PIANETA? Il Liontrust Sustainable Investment team ricerca aziende che contribuiscono a creare un mondo più sicuro, più sano e più sostenibile, generando contemporaneamente rendimenti interessanti per gli investitori. Le performance passate non sono garanzia di quelle future. Non è da considerarsi un consiglio all’investimento. Non dimenticare che il valore dell’investimento e i possibili ritorni potrebbero aumentare o diminuire anche al di sotto del capitale investito.

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Emesso da Liontrust Fund Partners LLP (2 Savoy Court, London WC2R 0EZ), autorizzato e regolamentato nel Regno Unito dalla Financial Conduct Authority (FRN 518165) per intraprendere attivitĂ  di investimento regolamentate.


PLANISFERO

NOTIZIE

DAGLI

ESTERI

CITI PRIVATE BANK NOMINA DAVID BAILIN COME NUOVO CIO

Citi Private Bank ha un nuovo direttore degli investimenti e capo economista. David Bailin, attualmente responsabile globale degli investimenti, è stato nominato chief investment officer, mentre Steven Wieting, chief strategist di investimento, assumerà il ruolo di chief economist. “In qualità di CIO, David fungerà da unico punto di riferimento per la gestione degli investimenti, la ricerca e le pratiche di investimento dei clienti”, ha affermato la portavoce di Citi. “Garantirà la migliore integrazione dei team di asset allocation, ricerca e gestione del portafoglio di Citi Private Bank e continuerà a offrire le sue prospettive sui mercati”.

STATI UNITI

BANCA LEONARDO È ASSORBITA DA CA INDOSUEZ WEALTH (ITALY) SPA

Il gruppo Credit Agricole ha creato la società CA Indosuez Wealth (Italy) Spa, ultimando il percorso di acquisizione di Banca Leonardo iniziato nel 2018. La nuova controllata, guidata dal chief executive officer Marco Migliore (in foto) e dal presidente Ariberto Fassati, opererà sotto il brand internazionale “Indosuez Wealth Management”, che conta 3.150 dipendenti in 14 Paesi e 130 miliardi di euro di masse in gestione (al 30 giugno 2019). La struttura conta in Italia circa 200 banker.

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ITALIA


PLANISFERO

SEB PRIVATE BANKING: IL CIO ÖBERG SI DIMETTE

SVEZIA

Fredrik Öberg si è dimesso dal ruolo di chief investment officer di SEB Private Banking dopo quasi cinque anni all’interno del gruppo svedese, ha appreso Citywire Selector. Öberg è entrato in Dnb nel 2014, dove era stato responsabile dell’asset allocation. In SEB, aveva supervisionato un team di 25 persone che gestivano circa 70 miliardi di euro di attività gestite. Un portavoce di SEB ha fatto sapere che al momento non ci sarà alcuna sostituzione formale, ma che sono in corso sforzi per reclutare un successore nel lungo periodo.

CINA DIMINUISCONO I MILIARDARI IN ASIA

I miliardari asiatici sono scesi l’anno scorso a 754, con un significativo calo del 7,4% secondo il Billionaires Insight Report di Ubs e Pwc. In particolare si sono ridotti i numeri in alcune delle più importanti economie della regione: Cina, Giappone, India, Corea del Sud e Malesia. “Le ragioni più comuni di questa riduzione sono le crescenti controversie familiari che stanno generando frequenti separazioni di società e della ricchezza, oltre a più tradizionali divorzi o, semplicemente, a performance negative delle società possedute” dichiara Marcel Tschanz, responsabile di Pwc Svizzera per la consulenza alle società di gestione patrimoniale.

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PUBBLIREDAZIONALE

FASE DI DEBOLEZZA Negli ultimi mesi gli investitori sono stati impegnati ad affrontare cambiamenti dirompenti come l’escalation della guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina, oltre agli avvicendamenti di governo nel Regno Unito e in Italia, le critiche mosse dal presidente statunitense alla Federal Reserve e il crollo dei rendimenti obbligazionari ad agosto. Come abbiamo illustrato nelle nostre ultime Prospettive Cicliche, l’economia globale sta per entrare in una fase di debolezza, caratterizzata da bassa crescita, che a nostro avviso si protrarrà al 2020 e il cui esito, ripresa o recessione, è difficile da prevedere.

RECESSIONE O RIPRESA? Il nostro scenario di base prevede che il periodo di vulnerabilitĂ  a bassa crescita dei prossimi trimestri sfoci in una moderata ripresa della crescita statunitense e mondiale nel corso del 2020 a seguito di politiche fiscali generalmente favorevoli e ulteriore allentamento monetario sia nei mercati sviluppati sia in quelli emergenti. Tuttavia, considerato il contesto di elevata incertezza politica e di possibili svolte estreme (sia positive che negative), lo scenario di base ci convince meno del solito. A nostro parere sono due i principali catalizzatori in grado di smentirlo, in meglio o in peggio.

FATTORI IN GRADO DI SEGNARE UNA SVOLTA IN UN SENSO O NELL’ALTRO Il primo fattore in grado di produrre una

svolta in un senso o nell’altro è rappresentato dalla politica commerciale. Da un lato, un’ulteriore escalation della guerra commerciale rischia di trascinare facilmente in recessione un’economia globale già rallentata. Dall’altro, un accordo commerciale esaustivo tra Stati Uniti e Cina che rimuova una parte considerevole degli aumenti dei dazi già imposti e di quelli prospettati potrebbe tradursi in una riaccelerazione sincronizzata della crescita globale nel 2020. Pur contemplando la possibilità di un accordo commerciale circoscritto, il nostro scenario di base prevede verosimilmente il persistere delle tensioni tra Washington e Pechino in uno stato di lenta ebollizione anziché una distensione duratura. Le politiche monetarie e fiscali sono il secondo fattore capace di spingere l’economia e i mercati verso scenari estremi positivi e negativi. In linea di massima, crediamo che la Fed, dopo i due tagli dei tassi di giugno e settembre, opererà ulteriori allentamenti nei trimestri a venire, rinvertendo così la curva dei rendimenti dei titoli di Stato americani e riducendo i rischi di recessione. Sussiste tuttavia il rischio che la Fed disattenda le aspettative dei mercati e ciò possa provocare una significativa correzione degli attivi rischiosi e un inasprimento delle condizioni finanziarie. Al contrario, il principale elemento che potrebbe imprimere slancio alla crescita economica, oltre a un accordo commerciale completo ed esaustivo, è una politica fiscale più espansiva nelle economie principali.

JOACHIM FELS MD, Consulente economico globale PIMCO

IMPLICAZIONI PER GLI INVESTIMENTI Durante questa fase di debolezza, ci sembra prudente concentrarci sulla conservazione del capitale, evitare un’eccessiva esposizione ai rischi macro top-down, adottare cautela sui mercati del credito societario e azionari e attendere maggiore chiarezza, cogliendo le opportunità che di volta in volta si presenteranno.


PUBBLIREDAZIONALE

I rendimenti passati non sono una garanzia né un indicatore attendibile dei risultati futuri. Tutti gli investimenti comportano rischi e possono subire perdite di valore. L’investimento nel mercato obbligazionario è soggetto a taluni rischi, tra cui il rischio di mercato, di tasso d’interesse, di emittente, di credito, di inflazione e di liquidità. Il valore della maggior parte delle obbligazioni e delle strategie obbligazionarie varia in funzione delle fluttuazioni dei tassi d’interesse. Le obbligazioni e le strategie obbligazionarie con duration più lunga tendono a evidenziare una maggiore sensibilità e volatilità rispetto a quelle con duration più breve. Di norma, i prezzi delle obbligazioni diminuiscono in caso di aumento dei tassi d’interesse e i contesti di bassi tassi d’interesse fanno aumentare tale rischio. Le attuali riduzioni di capacità delle controparti obbligazionarie possono contribuire al calo della liquidità del mercato e all’aumento della volatilità dei prezzi. Al momento del rimborso gli investimenti obbligazionari possono avere un valore superiore o inferiore al costo iniziale. I titoli di Stato sono di norma garantiti dal governo emittente. Gli obblighi delle agenzie federali e delle autorità statunitensi sono sostenuti in varia misura, ma in genere non beneficiano della piena garanzia del governo degli Stati Uniti. I portafogli che investono in tali titoli non sono garantiti e possono subire fluttuazioni di valore. Gli MBS e gli ABS possono essere sensibili alle fluttuazioni dei tassi d’interesse o esposti al rischio di rimborso anticipato. Sebbene di norma beneficino di garanzie private, pubbliche o emesse da agenzie federali, non è possibile assicurare che i garanti facciano fronte ai loro obblighi. Le obbligazioni indicizzate all’inflazione di emittenti governativi sono titoli a reddito fisso la cui quota capitale viene modificata periodicamente in funzione del tasso di inflazione; il valore di tali titoli diminuisce in caso di aumento dei tassi d’interesse reali. I TIPS sono obbligazioni indicizzate all’inflazione emesse dal governo statunitense. L’investimento in titoli domiciliati all’estero e/o denominati in valute estere può comportare elevati rischi dovuti alle fluttuazioni valutarie, nonché rischi economici e politici che possono risultare più accentuati nei mercati emergenti. I tassi di cambio possono registrare fluttuazioni significative nel breve periodo e possono ridurre i rendimenti di un portafoglio. Le materie prime sono caratterizzate da un rischio maggiore, in termini di rischio di mercato, politico, regolamentare e connesso ad eventi naturali e possono non essere idonee per tutti gli investitori. Il valore delle azioni può diminuire a causa delle condizioni di mercato, economiche e industriali sia reali che percepite. L’investimento socialmente responsabile ha carattere qualitativo e soggettivo e non vi è alcuna garanzia che i criteri utilizzati o i giudizi espressi da PIMCO rifletteranno le convinzioni o i valori di un particolare investitore. Le informazioni sulle pratiche responsabili vengono ottenute mediante dati forniti su base volontaria o da parte di terzi che potrebbero non essere accurati o completi; PIMCO fa affidamento su tali informazioni per valutare l’impegno di un’azienda sul fronte delle pratiche responsabili o l’implementazione delle stesse. Le norme in materia di pratiche responsabili variano da paese a paese. Non è possibile assicurare che le tecniche e le strategie d’investimento socialmente responsabile consentano di conseguire risultati positivi. Non sussiste alcuna garanzia che le suddette strategie di investimento si rivelino efficaci in tutte le condizioni di mercato o che siano idonee a tutti gli investitori. Ciascun investitore è tenuto a valutare la propria capacità di investimento a lungo termine, in particolare nei periodi di flessione del mercato. Si consiglia agli investitori di rivolgersi al proprio professionista degli investimenti prima di prendere qualsiasi decisione di investimento. PIMCO Europe Ltd (Società n. 2604517) e PIMCO Europe Ltd - Italy (Società n. 07533910969) sono autorizzate e regolamentate dalla Financial Conduct Authority (12 Endeavour Square, Londra E20 1JN) nel Regno Unito. La filiale italiana è inoltre regolamentata dalla Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (CONSOB) ai sensi dell’Articolo 27 del Testo Unico Finanziario italiano. I prodotti e i servizi offerti da PIMCO Europe Ltd sono destinati unicamente a clienti professionali come da definizione contenuta nel manuale della Financial Conduct Authority, e non agli investitori individuali, i quali non devono fare assegnamento sulla presente comunicazione. | PIMCO Deutschland GmbH ( (Società n. 192083, Seidlstr. 24-24a, 80335 Monaco di Baviera, Germania), PIMCO Deutschland GmbH Italian Branch (Società n. 10005170963), PIMCO Deutschland GmbH Spanish Branch (N.I.F. W2765338E) e PIMCO Deutschland GmbH Swedish Branch (SCRO Reg. No. 516410-9190) sono autorizzate e disciplinate in Germania dall’Autorità di vigilanza finanziaria federale tedesca (BaFin) (Marie-Curie-Str. 24-28, 60439 Francoforte sul Meno) ai sensi della Sezione 32 della Legge sul sistema creditizio tedesco (KWG). La filiale italiana, spagnola e quella svedese sono inoltre rispettivamente vigilate dalla Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (CONSOB) ai sensi dell’Articolo 27 del Testo Unico Finanziario italiano, la Comisión Nacional del Mercado de Valores (CNMV) in conformità gli obblighi previsti dagli articoli 168 e da 203 a 224, nonché gli obblighi contenuti nella piastrella V, sezione I della legge sul mercato dei valori mobiliari (LSM) e negli articoli 111, 114 e 117 del regio decreto 217/2008 e dall’autorità di vigilanza finanziaria svedese (Finansinspektionen) ai sensi del Capitolo 25 Sezioni 12-14 della legge svedese sui mercati mobiliari. I servizi offerti da PIMCO Deutschland GmbH sono destinati unicamente a clienti professionali come da definizione contenuta alla Sezione 67, Comma 2, della Legge sulla negoziazione di titoli tedesca (WpHG) e non agli investitori individuali, i quali non devono fare assegnamento sulla presente comunicazione. Il presente documento riporta le opinioni del gestore, che possono essere soggette a variazioni senza preavviso. Questo materiale viene distribuito unicamente a scopo informativo. Le previsioni, le stime e talune informazioni contenute nel presente documento sono basate su ricerche proprietarie e non devono essere considerate alla stregua di una consulenza di investimento o di una raccomandazione in favore di particolari titoli, strategie o prodotti di investimento. Le informazioni contenute nel presente documento sono state ottenute da fonti ritenute attendibili, ma non si rilascia alcuna garanzia in merito. Nessuna parte della presente pubblicazione può essere riprodotta in alcuna forma o citata in altre pubblicazioni senza espressa autorizzazione scritta. PIMCO è un marchio depositato di Allianz Asset Management of America L.P. negli Stati Uniti e nel resto del mondo. ©2019, PIMCO.


VISIONI

UN EFFICACE SCAMBIO INFORMATIVO, CONSAPEVOLEZZA DEL PIANO E DIVERSIFICAZIONE CUSTOM-MADE SONO ALCUNI DEGLI ELEMENTI CHIAVE NELLA CORRETTA GESTIONE DEGLI INVESTITORI di

CAMILLA CONTI

Il private banking italiano vale 844 miliardi di euro di masse gestite, più dei 750 delle compagnie assicurative e dei 250 dei fondi pensione e delle casse private. Numeri che AIPB, l’associazione di settore, stima possano salire a circa 920 miliardi nel 2021. L’industria italiana del private banking si colloca al quinto posto nel mondo, precedendo concorrenti come la Germania e la Francia. E per crescere ancora, si prepara alle sfide del 2020. Quale scenario si aspettano per il prossimo anno i protagonisti del mercato? E come cambierà la figura del private banker per fare da bussola alla pianificazione? “Ci lasciamo alle spalle un 2019 positivo per i mercati ma non senza complessità per l’industria del risparmio”, risponde Gian Maria Mossa, amministratore delegato di Banca Generali. “Il rally dei listini e il recupero del credito innescato dalle politiche accomodanti delle banche centrali hanno riportato, in parte, il sereno nel mondo delle gestioni, che tuttavia non sono immuni dallo spettro dei tassi negativi e dalle distorsioni nella percezione del rischio. Abbiamo davanti a noi un lungo anno elettorale negli Stati Uniti con la Borse sui massimi, ma ancora molte incognite su crescita e geopolitica. La sfida del private banking è di accompagnare i risparmiatori nelle scelte di pianificazione di lungo periodo, privilegiando la protezione del patrimonio”. Mossa vede ancora spazi di sviluppo per il settore: “L’analisi dei

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AFFRONTARE CON L

GIUSTA V


VISIONI

“Finalmente il viaggio conduce alla città di Tamara. Ci si addentra per vie fitte d’insegne che sporgono dai muri. L’occhio non vede cose ma figure di cose che significano altre cose: la tenaglia indica la casa del cavadenti, il boccale la taverna, le alabarde il corpo di guardia, la stadera l’erbivendola”. Rileggere “Le città invisibili” di Italo Calvino aiuta a comprendere come Elena Goitini, di recente nominata responsabile della neo divisione BNL-BNP Paribas Private Banking e Wealth Management in Italia, intenda declinare il proprio mandato. Lei che è l’unica donna a dirigere nel nostro Paese un’importante struttura di wealth management: per la precisione, la quinta per masse gestite. Appassionata lettrice del padre della letteratura postmoderna italiana, nell’ottica delle “cose che significano Il

ARE IL 2020 ON LA

VISIONE

paradigmi rischio-rendimento invita all’individuazione di nuovi ambiti di investimento, riscoprendo ad esempio le opportunità di strumenti alternative anche nella sfera delle soluzioni meno liquide, che, se ben indirizzate, per una piccola parte del portafoglio possono rappresentare un’opportunità interessante”. In uno scenario di tassi bassi, altri operatori del settore invocano cautela. “Il contesto è complicato, anche se non crediamo che ci sarà una recessione. Diventa strategico cercare motori di performance diversi, aprirsi a nuove asset class, in primis nell’equity e nell’high yield”, commenta Saverio Perissinotto, direttore generale di Intesa Sanpaolo Private Banking. Oggi, anche a causa di un livello basso dei tassi di interesse, mantenere un elevato livello di liquidità in giacenza non è fare una asset allocation strategica. Un patrimonio liquido deve restare investito nel medio periodo, tenendo conto del fatto che si può anche convivere con un minimo di volatilità. “Per quanto ci riguarda, proponiamo ai clienti alternative di investire la liquidità in modo coerente con i loro obiettivi, ragionando su un arco temporale di ampio respiro, e offrendo disciplina nelle scelte di investimento. La vera sfida” aggiunge Perissinotto “non è fare benchmark, ma permettere agli investitori di beneficiare delle performance che registrano degli indici. Anche per il 2020 suggerisco tre elementi: controllo del rischio, buon senso e diversificazione del portafoglio”. Angelo Viganò responsabile della divisione Private Banking di Mediobanca sottolinea che “ancora di più il prossimo anno l’industria del private dovrà cambiare approccio passando dall’asset allocation alla gestione del rischio. In scenari sempre più complessi è necessario diversificare il portafoglio ampliando la gamma di prodotti anche con soluzioni illiquide che investano nell’economia reale. Ma per farlo tutto passa da quanto rischio si vuol allocare. Siamo in un mercato sempre più legato all’integrazione tra le funzioni di banche d’affari, investment banking e private.

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VISIONI

DISTRIBUZIONE GLOBALE DELLA RICCHEZZA PRIVATE $ TRN, 2018-2022 (STIMA)

ITALIA

NORD AMERICA

EUROPA

+6%

+8%

Fonte: Economist Intelligence Unit

AMERICA LATINA

MEDIO ORIENTE E AFRICA

+11%

+11%

Il private banker, come consulente, deve supportare l’imprenditore anche nelle tematiche finanziarie legate all’azienda. Ciò significa essere motore di un circolo virtuoso tra grande ricchezza privata e capitale necessario ad accelerare lo sviluppo. Per questo – conclude Viganò i club deal sono il nostro punto di forza”. Secondo Gianluca Rondini, responsabile Private Banking di Credem, “il 2020 si prospetta moderatamente favorevole alle classi di attivo rischiose, ipotizzando che l’espansione monetaria del 2019 impatti positivamente l’economia reale e che si riducano i rischi geopolitici. Il focus sarà sul recupero della crescita globale: questo dovrebbe favorire i mercati azionari non-Usa e promuovere un indebolimento del dollaro. I rendimenti governativi dovrebbero risalire dai livelli compressi del 2019, seppure in modo contenuto. Si prospettano rendimenti contenuti per tutte le asset class. Le elezioni presidenziali Usa assumeranno progressiva rilevanza”. Con questo scenario a fare da sfondo, “i principali player continueranno a rafforzarsi mediante il reclutamento di private banker di esperienza, o acquisendo

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+4%

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ASIA-PACIFICO

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piccole reti distributive. La ricerca di rendimenti e una nuova sensibilità verso i temi della sostenibilità spingeranno l’industria ad aumentare l’offerta di strumenti illiquidi o ESG compliant”. Sui servizi offerti punta l’attenzione anche Eugenio Periti, responsabile del Private Banking di Deutsche Bank Italia: “La figura del banker deve trasformarsi sempre di più in quella di un manager di competenze multidisciplinari, per poter rispondere alle richieste di un segmento di clientela che, per definizione, ha bisogni diversificati e complessi non solo di natura finanziaria, ma che spaziano dai temi del passaggio generazionale nelle aziende familiari ai servizi di consulenza nelle più ampie aree del bisogno delle famiglie”. Secondo Periti, il vero fattore critico di successo sarà un approccio con il cliente sempre più di tipo “high touch”, basato su valori primari come fiducia e partnership a 360 gradi. Per Salvatore Pisconti, capo del Private Banking Italy di UniCredit, ci troveremo in un contesto di mercato del tutto nuovo, nel quale “sarà necessario perseguire scelte di investimento differenti e innovative, tenendo in conto la possibilità di accettare una quota di

ANGELO VIGANÒ

ALESSANDRO VARALDO

GIANLUCA RONDINI SALVATORE PISCONTI


VISIONI

rischio maggiore. “Allo stesso tempo, queste condizioni offrono un’opportunità all’industria del private banking, poiché sarà necessario disporre di un servizio di consulenza e difesa dal rischio di assoluta eccellenza”. La figura del private banker – aggiunge Pisconti – resterà centrale e si rafforzerà perché ha ormai assunto un ruolo sociale, contribuendo da un lato alla gestione della ricchezza e dall’altro a guidare le scelte d’investimento verso soluzioni sostenibili. “Le organizzazioni che si occupano del segmento Private in questi ultimi anni sono molto cambiate. Le reti di promotori finanziari sono cresciute, sia in termini di asset che di competenze. Le sinergie con le divisioni corporate, tipicamente presenti

PAOLO FEDERICI

GIAN MARIA MOSSA

SAVERIO PERISSINOTTO EUGENIO PERITI

nelle banche tradizionali, faranno la vera differenza anche per il futuro”. Anche Alessandro Varaldo, a.d. di Banca Aletti, pone l’attenzione sul nuovo scenario dei tassi e sulla sempre maggiore preparazione dei clienti che, inoltre, sono più esigenti grazie alle esperienze di acquisto e di caring in altri settori. “Sono un convinto sostenitore della MiFID 2 e credo fermamente che la trasparenza porti a un miglior dialogo tra chi consiglia gli investimenti e l’investitore, che deve essere consapevole e ben informato. È un lavoro che va fatto con qualità e con costi coerenti con i tassi di interessi attuali”. Il private banker di oggi dunque, secondo Varaldo, deve essere formato costantemente in un’ottica di consulenza patrimoniale, avere capacità di relazionarsi con team di specialisti e con gli strumenti tecnologici, ed essere in grado di costruire e seguire il cliente nel suo piano – evitando i tipici errori comportamentali di tassi e volatilità, ancor più negativi in questo contesto”. Nuove sfide si giocheranno, dunque,

durante il prossimo anno ma anche nel prossimo decennio, che, sottolinea Paolo Federici, Ubs Gwm market head Italy “offrirà opportunità senza precedenti che gli investitori potranno cogliere costruendo un solido piano finanziario che rifletta attentamente il mix da dedicare alle esigenze a breve termine e quelle più di lungo periodo. Ubs ha evoluto il focus della conversazione con i suoi assistiti dal parlare del singolo prodotto al progetto di vita, unico per ciascuno di noi” – progetto che include un mix di esigenze di liquidità (1-3 anni), longevità (oltre i 3 anni) e investimenti da lasciare alle generazioni future. “Attraverso una piena consapevolezza del piano e un adeguato livello di delega si possono così aiutare gli investitori a raggiungere gli obiettivi, riducendo eventuali ansie per le fluttuazioni di breve termine e consentendo loro di trarre vantaggio dalle opportunità di lungo periodo”, prosegue Federici, ricordando infine che “per la maggior parte degli investitori la migliore scelta da fare nel 2020 è non lasciarsi troppo influenzare dal clamore proveniente dalla politica”.

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UFFICIO DEL PERSONALE

A C C A S i A d C CAMBI MARTINI DIRETTORE WEALTH MANAGEMENT DI MEDIOLANUM Alberto Martini (in foto a sinistra) è stato nominato direttore wealth management di Banca Mediolanum, mentre il precedente responsabile, Vittorio Gaudio, si focalizzerà sulle attività di asset management. “L’arrivo di Alberto Martini ci permetterà di imprimere un’accelerazione a un settore, quello della cura dei grandi patrimoni, su cui stiamo investendo molto impegno e risorse”, afferma Massimo Doris, amministratore delegato di Banca Mediolanum. Nell’ambito del private banking internazionale da oltre trent’anni, Martini ha maturato in Ubs gli ultimi vent’anni di esperienza professionale. L’ultimo ruolo ricoperto da Alberto Martini nel gruppo elvetico è stato quello di head of growth, in particolare con responsabilità dello sviluppo del business in Italia.

DEUTSCHE BANK WM SCEGLIE HIRT Deutsche Bank Wealth Management ha reclutato un veterano dei fondi multiasset come nuovo global head of wealth discretionary. Gregor Hirt (in foto sopra), in arrivo da Vontobel Asset Management, dove era responsabile della strategia e delle soluzioni multiasset, sarà ora responsabile dell’attività di gestione dei portafogli a livello globale. Basato a Francoforte, Hirt riporterà a Christian Nolting (in foto a destra), responsabile investimenti di Deutsche Bank Wealth Management.

DONATONI È RESPONSABILE ADVISORY FINANZIARIO PER BANCA GENERALI Fa il suo ingresso tra i manager di Banca Generali il 57enne veronese Massimo Donatoni, molto noto in area milanese per i suoi otto anni impegnato come responsabile della divisione UHNWI di Ubs (e per i sei come head of advisory e investimenti di Azimut). Donatoni, a diretto riporto del vice direttore generale Marco Bernardi (in foto), sarà resposabile dell’advisory finanziario della rete e si occuperà in particolare dello sviluppo del servizio di consulenza a pagamento, arrivato a pesare oltre 2,2 dei 4,5 miliardi di euro di nuove masse da inizio anno.

BANCA EUROMOBILIARE INGAGGIA NUOVI WEALTH MANAGER

Banca Euromobiliare punta sullo sviluppo delle reti di wealth management. In particolare, sono 17 i professionisti inseriti nel primo semestre dell’anno dall’istituto guidato dal direttore generale Matteo Benetti (in foto). Nel dettaglio sono stati inseriti sia private banker, sia consulenti finanziari di comprovata esperienza: Alessandro Barreca da Banca del Fucino a Roma, Camillo Bianchi da Banca Intermobiliare a Varese, Adriana Casanova De Marco da Banca del Fucino a Roma, Loris Fantinato da Ubi Banca a Gallarate, Franco Garrone da Fideuram a Vicenza, Emanuele Giubasso da Banca Intermobiliare a Torino, Sabrina Lentini da Azimut a Milano, Francesco Lucatello da Allianz ad Ivrea (To), Riccardo Mazzoni da Banca del Fucino a Roma, Massimo Michelotti da Monte dei Paschi di Siena a Napoli, Claudia Narducci da Banca del Fucino a Roma, Monica Nessim da Banca Generali a Milano, Ester Alessandra Nicolardi da Bnl a Taranto, Alessandro Palaggi da Banca del Fucino a Roma, Sabina Petrignani da Ubi Banca a Roma, Simone Pierotti da Banca del Fucino a Roma e Leonardo Seri da Ubi Banca a Roma.

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LE ESPERIENZE DEGLI ALTRI

HONG KONG: UNA CRESCITA ESPONENZIALE a cura di GIANLUCA BALDINI

La presenza di molte importanti società finanziarie di livello mondiale continua ad attirare nella città-Stato abitanti particolarmente affluenti, come indicano i dati Hong Kong è da sempre un ponte tra due mondi. Si tratta di fatto del mercato che, più di tutti, unisce Oriente e Occidente: una peculiarità che ha reso la città-Stato più famosa al mondo una piazza invidiabile per il mondo del private banking. Nell’ultimo anno, spiega l’Hong Kong Private Wealth Management Report 2018, il numero di miliardari (in dollari statunitensi) è aumentato molto, passando da 72 a 93; appena dietro New York. E il numero di High net worth individual (Hnwi) a Hong Kong – ovvero le persone con un patrimonio netto superiore ai cinque milioni di dollari – è aumentato del 15%, passando da 148.000 a 170.000. Chiaramente, i clienti offshore costituiscono una parte importante del settore e il numero di Hnwi nelle località vicine dell’Asia del Pacifico (escluso il Giappone) è aumentato del 13% nell’ultimo anno, passando da 1,8 a 2 milioni. I private banker che operano su Hong Kong, secondo i dati della Securities and

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Futures Commission, gestiscono masse per 7.800 miliardi di dollari di Hong Kong, pari a circa 900 miliardi di euro (dati 2018). Un valore in aumento del 26% rispetto agli 800 miliardi del 2017. Il merito è in gran parte dovuto alla presenza di molte delle principali società private di portata mondiale, di importanti istituzioni regionali e della Cina continentale, oltre a una serie di attori locali. Oltre il 26% di questi ha oltre 100 private banker a Hong Kong, con il numero di professionisti del settore in aumento del 12% – da 2.500 nel 2016 a 2.800 nel 2017. Il numero totale di addetti del private banking, tra cui consulenti per gli investimenti, specialisti di prodotto e altri clienti, è di circa 3.800 individui. Il bello è che il private banking di Hong Kong è destinato a crescere in futuro. Secondo un sondaggio di Kpmg, il 58% degli intervistati prevede una crescita annuale delle masse nell’ordine del 10-20% nei prossimi cinque anni, il 24% prevede una

crescita annuale tra il 5 e il 10%, mentre l’11% prevede una crescita del 20-30%. Come spiega Kpmg, un tasso di crescita del 10-20% all’anno equivale a un raddoppio approssimativo delle masse del settore nei prossimi cinque anni. Ma con tutte queste masse in crescita, è molto probabile che anche il numero di private banker nella regione aumenterà considerevolmente. Secondo Kpmg il numero di gestori patrimoniali aumenterà dell’1-5% per arrivare a una crescita del 10-20% entro il 2023. Hong Kong sta diventando anche un hub per un certo numero di aziende wealthtech che stanno servendo o collaborando con player esistenti o che stanno andando direttamente sul mercato. Molte realtà fanno uso di robo-advisor e tecnologie legate all’intelligenza artificiale per offrire a prezzi competitivi servizi a Hnwi o a clienti più o meno ricchi. Complessivamente, si prevede che gli attori del mondo wealthtech si prenderanno il 15-30% delle masse entro il 2023.


PUBBLIREDAZIONALE

ESG MATTERS QUANTO SONO IMPORTANTI I FATTORI ESG PER LA PERFORMANCE? Considerare le implicazioni che derivano da problemi ESG non è una tendenza nuova. A nostro avviso, l’impatto ambientale di un’azienda, gli standard con cui viene amministrata ed il modo in cui le sue attività influenzano la società, sono sempre stati fattori importanti nella decisione di investire in quell’azienda. I cambiamenti strutturali a lungo termine, tra cui globalizzazione, disuguaglianza e cambiamenti climatici, hanno aumentato la complessità delle problematiche ESG a livello di azienda, settore e industria, rendendo più difficile per alcuni investitori l’identificazione dei rischi finanziari (e delle opportunità di mercato). In quanto investitori fondamentali bottom-up, i nostri oltre 275 professionisti sono responsabili dell’identificazione dei rischi e delle opportunità ESG e della loro integrazione nel processo di investimento. Nell’ultimo anno, abbiamo implementato un sistema trasversale che integri sistematicamente la valutazione delle questioni ESG più pertinenti in ciascun settore.

IN CHE MODO LAZARD INTEGRA I FATTORI ESG NEL PROCESSO DI INVESTIMENTO? L’analisi ESG è condotta dai nostri professionisti ed è integrata nel processo di investimento. Pertanto, la responsabilità di identificare i rischi e le opportunità ESG spetta ai nostri specialisti di settore, piuttosto che essere delegata ad un team ESG separato. Infatti, i nostri analisti conoscono a fondo il proprio ambito e sono in grado di identificare meglio quali fattori ESG influenzano maggiormente le aziende operanti in quel determinato settore e la loro possibile evoluzione nel tempo. Le questioni relative all’ESG sono diventate sempre più complesse, interconnesse ed in alcuni casi sfumate.

F U N D

M A N A G E R S

Analisti e gestori di portafoglio collaborano attraverso la nostra piattaforma di ricerca globale condividendo le loro ricerche ed approfondimenti. Ciò garantisce che le questioni ESG siano considerate in modo olistico, portando ad una valutazione più accurata del loro impatto sul fair value di un titolo. La nostra ricerca proprietaria a lungo termine ci differenzia dai gestori che si affidano esclusivamente a valutazioni e ricerche esterne perché siamo convinti che senza una conoscenza granulare ed approfondita di un’azienda e del contesto in cui opera, sia difficile cogliere appieno le implicazioni dei grandi cambiamenti in corso.

COME FUNZIONA LA MAPPATURA DELLA MATERIALITÀ E COME SI EVOLVE NEL TEMPO? La mappatura della materialità è parte integrante del nostro processo di investimento. Abbiamo ulteriormente sviluppato il framework settoriale del Sustainability Accounting Standards Board (SASB), includendo le nostre ricerche proprietarie per mappare il modo in cui i problemi di sostenibilità influenzano diversi settori. Conduciamo seminari specifici per ciascun settore durante i quali i nostri team azionari e obbligazionari discutono gli aspetti più rilevanti per i loro settori. Sfruttando tutte le nostre capacità di ricerca interne, inclusa, ad esempio, la nostra piattaforma dedicata ai mercati emergenti, siamo in grado di avere uno scambio di idee veramente globale ed integrato a beneficio della nostra piattaforma quantitativa azionaria attiva. La mappatura della materialità è un processo dinamico e cambierà nel tempo. Aiuta i nostri analisti a ideare schemi che identificano sistematicamente e tengono traccia dell’impatto delle problematiche ESG che colpiscono le aziende di un determinato settore in modo coerente e ripetibile e, infine, consente loro di

JENNY ANDERSON Co-Head of Sustainable Investment and ESG Lazard Asset Management incorporare questi risultati nella loro ricerca e di adeguare le valutazioni delle societĂ  per rispecchiarle.

QUANTA ATTIVITÀ DI ENGAGEMENT FATE? Incontriamo regolarmente i quadri direttivi per comprendere meglio la strategia, l’utilizzo del capitale degli azionisti e le pratiche ESG di un’azienda. Facciamo attività di engagement per conoscere a fondo l’operatività di un’azienda, sia da sola che rispetto ai suoi peers, e per capire se è strategicamente ben posizionata per gestire eventuali cambiamenti strutturali, come quelli a seguito dell’introduzione di una nuova regolamentazione o tecnologia. Nel 2018 abbiamo partecipato a quasi 4.000 incontri con aziende di tutto il mondo. In oltre i due terzi dei nostri incontri, abbiamo discusso dell’impatto di un problema ambientale, sociale e/o di governance.

Disclaimer: Lazard Asset Management (Deutschland) GmbH, Neue Mainzer Straße 75, 60311 Francoforte sul Meno, Germania. Tutti i diritti riservati. L’articolo non costituisce né un’offerta, né una sollecitazione, né una raccomandazione per l’acquisto o la vendita di titoli, derivati, ecc. Serve esclusivamente come informazione non vincolante. Nel caso di citazioni, si prega di citare la fonte. Le informazioni contenute in questa pubblicazione si basano su fonti accessibili al pubblico che riteniamo affidabili. Non possiamo garantire l’accuratezza o la completezza delle informazioni e nessuna dichiarazione in questwo documento deve essere interpretata come garanzia. Le opinioni espresse in questa pubblicazione sono soggette a modifiche senza preavviso. Né Lazard né le sue consociate si assumono alcuna responsabilità per l’uso fatto di questa pubblicazione o dei suoi contenuti. Né questa pubblicazione né i suoi contenuti né alcuna copia di questa pubblicazione possono essere modificati, distribuiti o trasmessi in alcun modo senza la previa autorizzazione esplicita di Lazard. L’accettazione della presente pubblicazione costituisce consenso al rispetto delle disposizioni di cui sopra.


RITRATTO

I L L E D O M UOVI

S S E N I S U B I D N

RECENTE I D O T A T S oè giorgio vi RATORE T S I N I M M A ITALY e NOMINATO s s i u s t i d I cre DELEGATO D

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CI TY WI RE ITAL IA . DICEMBR E 20 19


S

RITRATTO

di

GIANLUCA BALDINI

Giorgio Vio è un uomo nato e cresciuto nel mondo del private banking. Subito dopo la laurea in Economia e commercio all’Università di Genova non ha avuto dubbi e ha subito iniziato a lavorare nel settore della consulenza per grandi patrimoni. Gran parte della sua vita professionale Vio l’ha passata in Svizzera. Entrato nel 2015 in Credit Suisse, dal 2017 è membro del cda di Credit Suisse Italy e dallo scorso 31 luglio è diventato amministratore delegato di Credit Suisse Italy, dove guida il private banking del gruppo in Italia. Vio è sposato con Paola e ha tre figli: Nicolò, Carola e Luca (due gemelli). È un grande appassionato di sport, segue da sempre il Genoa e ripete, spesso sorridendo, che la sua scuola di vita è fatta di perseveranza e resilienza, all’insegna del “non mollare mai”. Vio è entrato in Credit Suisse perché la ritiene una banca diversa dal solito, dove è possibile portare avanti servizi realmente private. “Il servizio è quello che più ci differenzia”, spiega. “Il nostro advisor porta tutta Credit Suisse al cliente. Operiamo in modo sinergico tra divisioni e siamo globali. Siamo impegnati ad affinare progressivamente e continuamente il metodo di investimento con una cultura che permea sempre di più tutte le attività del gruppo e quindi coinvolge il wealth management, l’asset management, l’investment banking e la ricerca”, dice. Prima di entrare in Credit Suisse, Giorgio Vio ha lavorato per parecchi anni in Ubs, prima della fusione del gruppo con Swiss Bank Corporation, ed in precedenza ha collaborato con il Banco di Lugano e con il Banco di Roma. “Competenze e sinergie permettono progressi accelerati in questo ambito”, ricorda Vio. “Sono convinto che i fattori esg aiutino ad individuare sia le opportunità per creare alfa, sia pure i segnali di rischio difficilmente

rilevabili. I millennial mettono pressione alle aziende con approcci sociali ed ambientali inopportuni, e questo porta alla nascita di nuovi modelli di business”. Investire in modo responsabile, dice Vio, non risponde alla domanda: “Come posso investire il mio denaro?”, ma a un quesito molto più strutturale: “Che significato ha il patrimonio per me e per la mia famiglia, e quale responsabilità riveste verso il contesto con cui mi relaziono?”. “Questo approccio”, continua, “ha ricevuto una straordinaria attenzione a tutti i livelli: è quindi naturale che ciascuno li rifletta nella propria situazione finanziaria personale. Un approccio di questo tipo permette di affrontare questi temi anche con una responsabilità per le generazioni future”. La vera domanda è se gli investimenti responsabili siano più una richiesta da parte del cliente o se rappresentino più una nuova offerta da parte delle banche. “È una spinta che arriva da entrambi ed è anche frutto del contesto. La popolarità del settore degli investimenti esg sta aumentando così come l’offerta. Una ricerca recente di Credit Suisse mostra come gli investimenti sostenibili siano più che duplicati negli ultimi cinque anni, grazie al traino di investitori istituzionali. I privati oggi sono il 14%, ma raddoppiano ogni anno grazie al contributo della nuova generazione, che inizia ad occuparsi del patrimonio di famiglia e che sente con maggiore urgenza la necessità di rispondere alla domanda iniziale, quella riguardante il fine della propria ricchezza”, dice. Vio su questo non ha dubbi: “Credit Suisse oggi vuole proporre servizi e consulenza a professionisti, imprenditori e famiglie con un patrimonio disponibile significativo (superiore al milione di euro). Negli anni ci siamo allontanati dalla clientela affluent e vogliamo sempre di più proporre servizi che vadano oltre la semplice gestione del patrimonio”, conclude.

STA I V R E A INT MINA

NO IM LA PRIRLASCIATA DALLA

“I millennial mettono pressione alle aziende che hanno approcci inopportuni” C I T Y W I R E . I T 27


IL PAESE REALE

CREAZIONE DI VALORE

PER VINCENZO FERRIERI DI CIOCCOLATITALIANI IL SUCCESSO DERIVA DA UNA CHIARA IDENTITÀ DEL BRAND, MA ANCHE DAL CORAGGIO D’INVESTIRE SENZA ECONOMIZZARE

di DANIELE BARZAGHI “La storia di CioccolatItaliani inizia 10 anni fa, in un periodo in cui la moda del cibo gourmet iniziava a diffondersi in Italia. Grom faceva i primi passi, Eataly iniziava a essere una grande realtà, e la nostra idea originaria era lavorare sull’immaginario del gelato, mantenendo una certa artigianalità, ma aggiungendo processi più moderni e ingegnerizzati. Fin da subito vedemmo però un rischio: non riuscire a ricavarne corrette marginalità. Un viaggio in Australia e alcuni esempi americani ci diedero però lo spunto giusto: un format basato sul cioccolato, da declinare nei percorsi di gelateria, pasticceria, caffetteria e cucina”. Vincenzo Ferrieri (in foto), oggi trentacinquenne, aveva appena 25 anni quando lanciò CioccolatItaliani. Figlio di pasticceri, lascia Napoli per frequentare l’Università Bocconi di Milano e, una volta laureato, sceglie inizialmente una via profondamente diversa: “Con una specializzazione in finanza, l’obiettivo mio e dei miei compagni era entrare in una banca d’affari o in una grande società di consulenza. Altrimenti eri un disadattato!” spiega, ridendo, Ferrieri, oggi al timone di un’impresa da 550 lavoratori tra punti vendita diretti e franchising (25 dipendenti

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CI TY WI RE ITALIA . DICEMBR E 20 19

Vincenzo Ferrieri e suo padre Giovanni

in azienda), 40 milioni di fatturato (di catena) previsti per il 2019 e una quarantina di punti vendita. “E così a 22 anni entrai prima in Credit Suisse, occupandomi di M&A, e poi in Cape Natixis, dedicandomi al private equity. Due esperienze che mi hanno formato tantissimo” prosegue, sorseggiando un caffè. “All’inizio della carriera lavorare sotto altri, in una società dove non sei nessuno, è fondamentale. Impari come dire sì e no, a confrontarti con colleghi e superiori, a farti valere, notare e, perfino, a subire ingiustizie”. “Io sono figlio di commercianti, non di imprenditori, ma la mentalità che respiravo in casa era la stessa. Ogni sera a cena si mangiava ‘pane e problemi della pasticceria’.

E quando ti trasmettono quella mentalità è difficile sopprimerla. Così, quando a Milano mi accorsi delle opportunità di un settore sul punto di esplodere, coinvolsi mio padre nell’impresa. E lui ne fu entusiasta. Accettò di vendere la pasticceria e, con i nostri risparmi e un finanziamento, aprimmo il primo punto vendita a Milano nel febbraio 2009”. “L’idea, finora perseguita, era innestare in questo progetto tutte le competenze di famiglia, con un posizionamento e una identità del brand molto curati: un concetto ora diffuso ma non allora; e questo ci diede uno sprint da first mover di cui godiamo ancora oggi”. “Per finanziarci, inizialmente, utilizzammo un canale ordinario: la Banca Popolare di


IL PAESE REALE

“è LA TUA ATTIVITà A FARTI RICCO. ma è la diversificazione proposta dal banker che ti mantiene tale”

Bari, che ci consentì di stipulare contratti di leasing per l’acquisto delle attrezzature, e di inaugurare a Milano i primi due punti vendita”. “L’azienda iniziò a crescere e la nostra banca di riferimento divenne il Creval, dove ogni giorno andavamo a versare gli incassi. Era nato anche un rapporto con i dirigenti, che erano anche nostri clienti, e vennero aperte nuove linee di credito”. “Dalle linee di finanziamento tradizionali passammo alle operazioni di finanza strutturata e, quando cominciammo ad avere un brand riconosciuto, ci rivolgemmo a Banca Ifis. E mi fa piacere sottolineare che una banca importante come la loro accettò di montare un’operazione complessa per una piccola azienda, con un finanziamento di cinque milioni di euro, per un’azienda che aveva un ebitda di forse di un milione. Facemmo quindi un contratto impegnativo, con covenant importanti legati agli indici di bilancio, con obblighi sulle singole semestrali”. “Di poche settimane fa è invece la prima apertura di capitale, con Mir Capital. Ed è stato un passaggio molto impegnativo da punto di vista tecnico ma anche psicologico: per un’azienda familiare rappresenta un’operazione invasiva, ma è un’esperienza che ci sta facendo crescere molto, figlia di ben sei mesi di negoziazioni. Si tratta di un partner importante, con due sottoscrittori unici come Intesa Sanpaolo e Gazprombank.

Due nomi pesanti, in Italia e in Russia”. “Il passaggio era necessario: era il momento di accelerare. L’azienda non è più piccola, ma non è ancora grande. Quindi ha la struttura da grande azienda, ma non ne ha ancora i numeri” puntualizza. “Ma va bene così: io credo molto nella managerializzazione aziendale e non ho lesinato, assumendo fin da subito un direttore generale, un responsabile delle operazioni e un direttore finanziario. La visione aziendale dell’imprenditore costituisce il 3% del successo; il 97% deriva dalla messa a terra, grazie al lavoro di collaboratori competenti”.

“E i frutti si vedono. Nel momento dell’apertura del capitale, infatti, mi ha dato particolare soddisfazione la forte volontà del fondo nel confermare nei propri ruoli tutti i manager e i componenti della famiglia: mio padre (in foto) alla produzione, mia sorella alla gestione degli acquisti e mia madre alla componente visual dei punti vendita. Dal fondo hanno commentato che raramente entrano nel capitale di un’azienda senza metter mano alla prima linea, mentre da noi hanno voluto soltanto mettere una persona in consiglio di amministrazione”. “Significa che abbiamo sempre guardato l’azienda in un’ottica di creazione di valore, non di massimizzazione, anche a scapito delle performance sul conto economico e sul bilancio. Ma noi vogliamo diventare grandi e, per farlo, devi essere strutturato. E la struttura costa”. “Avevamo valutato anche una Ipo sull’Aim ma è faticosa: il mercato è volatile e, vivendo di percepito sullo stato di salute delle aziende, premia invece la massimizzazione del valore e non la sua creazione”. “Come gestione del patrimonio personale diciamo che sono molto concentrato sull’economia reale, nel senso che sto investendo tutto nell’espansione della nostra società” ironizza il fondatore di CioccolatItaliani, “ma certamente non credo nel fai-da-te e ritengo che anche in quel campo sia necessario affidarsi ai professionisti. E, potendoselo permettere, ai migliori. La tua attività ti fa ricco, e nessun gestore potrà mai eguagliare i risultati della tua impresa, ma è la diversificazione proposta da un consulente che ti mantiene tale”.

C I T Y W I R E . I T 29


RITRATTO

e r a f o at c i l n p o c m o g c in è k i n o” a r gg b u e “O e t i a d v i i r d r p a vero i 10 mili d o n e m

E R A R E P SU INI F N O IC “con gli scudi fi scali del 2001-20 02 , era arrivata im provvisamente un’ondata di clie nti e di masse: l’industria avev a i banker ma non le direzion i strut turate” ricorda federico tADDEI

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CI TY WI RE ITALIA . DICEMBR E 20 19


RITRATTO

di

DANIELE BARZAGHI

Il ponte non è sostetuto da questa o da quella pietra, ma dalla linea dell’arco che esse formano. “Nelle aziende si lavora in gruppo e non amo personalizzare. Credo molto nel lavoro di squadra e mi dispiacerebbe che dalla nostra conversazione uscisse un’immagine diversa, da one-man show” spiega, cortese, Federico Taddei che, in qualità di direttore commerciale e marketing, guida i circa 80 private banker e wealth manager del gruppo Ersel. Il suo pensiero è in linea con quello di Ryszard Kapuscinski, da lui apprezzato, che in “Ebano” elogiava l’Africa dove, a differenza di Stati Uniti ed Europa, l’individualismo è sinonimo di disgrazia e di maledizione. Milanese, sposato, con due figli adolescenti di 11 e 14 anni, laureato in Economia Aziendale in Bocconi, con specializzazione in International Management all’Université Catholique de Louvain, in Belgio, racconta: “Ho cominciato a lavorare in consulenza, tra la metà degli anni 90 e quella degli anni 2000” accenna Taddei (dal 1997 al 2003, prima in Andersen Consulting e poi in McKinsey, per l’esattezza). “Ho seguito progetti di corporate finance, marketing e sviluppo per società finanziarie, assicurazioni e, negli ultimi anni, istituti di private banking”. “Si veniva dal decennio delle privatizzazioni e delle fusioni degli anni 90 e ovunque c’era un grande ricambio generazionale del management. Così, mi sembrò una sfida interessante fare il passaggio e andare a lavorare direttamente nell’industria della tutela dei grandi patrimoni”. “Sono entrato in Banca Euromobiliare, l’istituto specializzato del Credito Emiliano, nel 2004, come responsabile del marketing e del business development. La banca, come tutte in quell’epoca, stava strutturando la propria struttura manageriale perché, con gli scudi fiscali del 2001-2002, era arrivata improvvisamente un’ondata di clienti e di masse da gestire: c’erano i banker ma mancavano le direzioni strutturate, gli specialisti di investimenti, marketing, tecnologia. E, quindi, li si prendeva sul mercato; in grande misura proprio dalle società di consulenza”.

“Vi rimasi fino alla fine del 2009. Col nuovo anno entrai in Ersel, già allora nome storico del private banking italiano, che in quel momento aveva la necessità di dotarsi di un marketing e di un business development strutturati. Mi ci dedicai immediatamente così come, quasi subito, mi dedicai a Online Sim, la società fintech del gruppo, di cui sono amministratore delegato dal 2011. Per tre anni mi occupai poi del polo delle fiduciarie acquisite sul mercato e del loro rilancio attraverso il concentramento nel polo di servizi di wealth planning, consulenza fiscale e family office. E dal 2017, infine, assumendo la direzione commerciale del gruppo, divenni soprattutto responsabile del private banking di Ersel e [dal 2018, ndr] di Banca Albertini”. “Ersel e Banca Albertini godevano da sempre del comune dna delle ‘boutique’ di estrazione familiare, figlie dell’ex mondo degli agenti di cambio e, grazie anche a una complementarietà geografica molto forte, imperniata su Piemonte, Lombardia ed Emilia Romagna, sono realtà ormai già profondamente integrate. Con reciproci rafforzamenti: il mondo delle fiduciarie e dei servizi digitali portato da Ersel contro

alle cascate vit toria lungo Il fiume z am

besi

la possibilità di attivare credito lombard e una più ampia gestione della tesoreria da parte di Banca Albertini. E consentendo, insieme, il raggiungimento di una dimensione adeguata [pari a 18,4 miliardi di masse a fine 2018, ndr]: oggi con meno di 10 miliardi di euro fare vero private banking è complicato”. “Il nostro lavoro ci consente una grande esposizione a tematiche diverse, a un contesto internazionale fatto di mercati finanziari ma anche di molto altro, in una logica di competizione mondiale, e questo mi rispecchia: il senso dell’internazionalità, dei 24 fusi, fa parte del mio spirito, così come lo sport. Da viaggiatore seriale ho toccato finora 70 Paesi dei circa 200 nel mondo. Mi piacciono le nazioni un po’ particolari, dal Botswana alla Micronesia, dalle Svalbard alla Bolivia, dove ahimè abbiamo visto compiersi una sorta di colpo di Stato. Mi piace insomma cercare posti lontani, vivendo il senso dell’altrove”. Girare il mondo, scriveva in fondo Kapuscinski, significa passare da una provincia all’altra, ognuna delle quali è una solitaria stella che brilla di luce propria.

C IT Y W I R E . I T 31


GESTORI E FONDI

AAA FILIPPO GARBARINO (LEMANIK):

“NELLA GESTIONE NON TRADIRE MAI IL TUO STILE” Non rincorrere strategie differenti, rimanere fedeli al proprio stile, riconoscere i propri pregiudizi e rispettare con umiltà il verdetto del mercato: sono queste le quattro regole d’oro per riuscire a gestire con successo un fondo comune di investimento. Parola di Filippo Garbarino, che con il fondo multi-asset bilanciato Lemanik Sicav – Global Equity opportunities Cap R ha fatto il suo ingresso tra gli AAA Citywire di novembre, registrando a tre anni una performance del 61%, primo in classifica in un settore che ha segnato il +7,3%. “L’universo investibile del fondo sono i listini azionari globali, anche se di recente la concentrazione del fondo è stata negli Usa, dove si sono riscontrate le opportunità più interessanti”, racconta il gestore a Citywire Italia. Le aziende in cui il fondo investe sono

quelle più promettenti in termini di generazione di cassa, crescita di ricavi/margini e solidità del business model, senza fare trading tattico e senza adottare strategie di market timing. Il range abituale è di circa 25-30 posizioni in portafoglio e allo stato attuale sono 28. Il fondo tende a non avere posizioni che superano l’8% di peso e non si supera mai il 10% per limiti UCITS. Oggi le prime tre sono rappresentate da Sherwin Williams (vernici), SS&C Technologies (servizio di contabilità finanziaria) e Hca Holdings (operatore di ospedali). “Il nostro fondo è uno strumento di diversificazione ideale per un investitore italiano, tipicamente esposto ai titoli presenti nell’indice delle blue chip nazionali. Gli investitori devono tenere presente che sono già investiti in Italia attraverso le loro proprietà immobiliari”, conclude Garbarino.

I MIGLIORI 10 GESTORI PER RENDIMENTO A 3 ANNI NEL MULTI-ASSET BILANCIATO IN EURO IN ITALIA GESTORE

RATING

FONDI GESTITI

RENDIMENTO A 3 ANNI

FILIPPO GARBARINO

Lemanik Sicav - Global Equity opportunities Cap R

61%

GABRIELE MONTALBETTI E MASSIMO VERZANI

IGM FdF Bilanciato Azionario B

34%

NON INDICATO

GP & G Fund - Dinamico R

21,10%

NICOLAS BUDRY E RENATO IVERSSON

JPM Access Balanced EUR A Acc

21,10%

Capital Group Global Allocation (LUX) B USD

20,70%

Raiffeisenfonds-Wachstum R VTA

20,10%

Kames Global Diversified Income B Acc EUR

19,60%

ADAM PETRYK, THOMAS PICCIOCHI E ELLEN TESLER

Legg Mason QSI MA Euro Perf Fd A Acc EUR

18%

SELIM BOUGHALEM

Groupama Bilanciato N C

17,30%

KLAUS HIRN

Raiffeisen-Portfolio-Balanced R VTA

17,30%

ROBERT NEITHART, MARK BRETT PAUL FLYNN E HILDA APPLBAUM

(tranne Applbaum)

EVA POLLY VINCENT MCENTEGART E JACOB VIJVERBERG

32

CI TY WI RE ITAL IA . DICEMBR E 20 19

(solo McEntegart)


GESTORI E FONDI

AAA IN ITALIA CITYWIRE ANALIZZA LE PERFORMANCE DI OLTRE 3.000 FUND MANAGER CHE GESTISCONO PIÙ DI 3.600 PRODOTTI REGISTRATI PER LA VENDITA NEL NOSTRO PAESE a cura di FRANCESCO COLAMARTINO

JOHAN SWAHN (NORDEA):

“IL NOSTRO APPROCCIO ESG PIACE AI FONDI PENSIONE” Lo scorso 25 ottobre il fondo Nordea 1 – Global Ideas Equity Fund è stato incorporato nel Nordea 1 – Global Stars Equity Fund, pur mantenendo lo stesso gestore. Si tratta di Johan Swahn, nuovo AAA Citywire da ottobre (confermato a novembre), che con il fondo ora incorporato ha messo a segno una performance del 51,6% a tre anni, contro una media del 28,7%. “Siamo impegnati negli investimenti responsabili e per questo motivo abbiamo un responsible investment team dedicato composto da 12 analisti, creato un decennio fa e tra i più grandi d’Europa. L’engagement su questi temi è una componente chiave del modello Stars”, racconta Swahn a Citywire Italia. “La ricerca bottom-up, inoltre, ci permette di identificare le

inefficienze fondamentali del mercato su un intero ciclo di investimento, in particolare la differenza tra la nostra valutazione del valore dell’azienda e il prezzo di mercato”. L’universo di investimento del fondo è costituito da circa 2.800 società quotate a livello mondiale e con sufficiente liquidità. Attualmente il portafoglio ha 71 titoli rispetto a una media di 70 posizioni negli ultimi 12 mesi, e le prime tre posizioni sono rappresentate da Alphabet, Rotork e Medtronic. Aggiunge Swahn: “Stiamo ricevendo una maggiore attenzione da parte dei gestori dei fondi pensione che stanno integrando i fattori esg nelle loro allocazioni patrimoniali, per adempiere al loro dovere fiduciario senza rinunciare ai rendimenti”.

I MIGLIORI 10 GESTORI PER RENDIMENTO A 3 ANNI NELL’AZIONARIO GLOBALE IN ITALIA GESTORE

RATING

FONDI GESTITI

RENDIMENTO A 3 ANNI

MARK URQUHART

Baillie Gifford Wldwd Lg Trm Glo Gro B EUR Acc

69,50%

MICHAEL FAHERTY

Seilern World Growth USD U I

66,30%

MICHAEL BOYD E GILES WARREN

GuardCap Global Equity I USD Acc

62,90%

KRISTIAN HEUGH

MS INVF Global Opportunity A USD

62,50%

BERTIE THOMSON E MICK DILLON

Brown Advisory Global Leaders C USD Acc

61,60%

ALEX GUNZ

Heptagon Future Trends Equity C USD Acc

60,70%

KEITH CREVELING E BRENT PUFF

American Century ConcRtd Glbl Gro Eq A USD Acc

MARK PHELPS E DEV CHAKRABARTI

AB SICAV I-Concentrated Global Equity Pf I USD

57,70%

Echiquier World Equity Growth I

57,4%

DAVID ROSS E ROLANDO GRANDI MARK FERGUSON E MIGUEL NOGALES

(solo Ross)

LO Funds - Generation Global (EUR) N A

60%

56,60%

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LETTURE

ANTIFRAGILE.

PROSPERARE NEL DISORDINE Autore: Nassim Nicholas Taleb Editore: Il Saggiatore Prezzo: 24 euro La nostra incapacità di comprendere a fondo i fenomeni umani e naturali ci espone al rischio di eventi inaspettati. Ma l’incertezza non è solo una fonte di pericolo da cui difendersi: possiamo trarre vantaggio dalla volatilità e dal disordine, persino dagli errori, ed essere quindi anti-fragili. Medicina, alimentazione, architettura, tecnologia, informazione, politica, economia, gestione dei risparmi: sono solo alcuni dei campi di applicazione pratica in cui Nassim Nicholas Taleb ci accompagna, con l’ironia e la verve polemica che lo hanno reso celebre ai tempi della pubblicazione del suo testo più noto: “Il cigno nero”.

PARTIRE DAL PERCHÉ.

COME TUTTI I GRANDI LEADER SANNO ISPIRARE COLLABORATORI E CLIENTI Autore: Simon Sinek Editore: Franco Angeli Prezzo: 25 euro Perché alcune persone e alcune organizzazioni sono più innovative, più influenti e più profittevoli di altre? Perché alcune riescono a portare alla fedeltà i propri clienti e altre no? Studiando il comportamento dei leader e delle aziende vincenti di oggi (e non solo di oggi), l’autore ha scoperto che tutti pensano, agiscono e comunicano esattamente nello stesso modo. Steve Jobs, Martin Luther King e i fratelli Wright, pur in campi tanto diversi, condividevano lo stesso segreto: erano tutti “partiti dai perché”. Saper partire dai perché non richiede particolari doti innate, ma richiede metodo e disciplina: elementi irrinunciabili per saper guidare e ispirare le persone.

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CI TY WI RE ITAL IA . DICEMBR E 20 19

H a n n i b a l

IL NUTRIMENTO NECESSARIO PER CHI SI OCCUPA DELLA CURA DEI GRANDI PATRIMONI

LE CITTÀ INVISIBILI Autore: Italo Calvino Editore: Mondadori Prezzo: 12 euro A distanza di quasi mezzo secolo dalla sua pubblicazione, “Le città invisibili” ha collezionato traduzioni in una trentina di lingue, conquistando il pubblico dei cinque continenti, e contribuendo alla fortuna mondiale di Italo Calvino. Portabandiera della letteratura postmoderna italiana, il romanzo fa parte del periodo combinatorio dell’autore, quello in cui il lettore gioca con il narratore nella ricerca delle combinazioni nascoste nell’opera e nel linguaggio. Il punto di partenza e la conclusione di ogni capitolo è il dialogo tra Marco Polo e l’imperatore dei Tartari Kublai Khan (nella realtà discendente di Gengis Khan, imperatore dei Mongoli), che interroga l’esploratore sulle città del suo immenso impero.

MARIO DRAGHI

Autore: Jana Randow, Alessandro Speciale Editore: Rizzoli Prezzo: 20 euro “Mario Draghi avrà un successore, non verrà sostituito”.Pierre Moscovici, commissario europeo per gli affari economici e monetari, sintetizza così quanto importanti e decisivi siano stati gli anni trascorsi al timone della Bce dal governatore italiano e quale portata abbiano avuto le iniziative da lui promosse a difesa dell’euro. Il racconto di Jana Randow e Alessandro Speciale prende avvio da quel “whatever it takes” con cui il governatore annunciò che la Bce avrebbe fatto “tutto il necessario” per proteggere la moneta unica. È quello che è accaduto, di fatto: Mario Draghi è stato “l’artefice” di un salvataggio a detta di molti impossibile.


LETTURE

FACTFULNESS.

DIECI RAGIONI PER CUI NON CAPIAMO IL MONDO. E PERCHÉ LE COSE VANNO MEGLIO DI COME PENSIAMO Autore: Hans Rosling, Ola Rosling, Anna Rosling Rönnlung Editore: Rizzoli, Prezzo: 20 euro Come possiamo far fronte alla valanga quotidiana di notizie deprimenti che ci arriva dai media, dai social e dalla politica? Attraverso un attento studio dei dati, Hans Rosling dimostra che le cose non stanno andando così male e che, anzi, siamo di fronte a un radicale miglioramento. Per capirlo dobbiamo però imparare a guardare ai fatti con curiosità, a metterli in prospettiva e a saperci stupire. Abbiamo tutti la possibilità di usare la forza dei fatti a nostro vantaggio, per capire e non lasciarci accecare dalla rabbia, dall’ignoranza, dalle semplificazioni.

SCARCITY.

PERCHÉ AVERE POCO SIGNIFICA TANTO Autore: Sendhil Mullainathan, Eldar Shafir Editore: Il Saggiatore Prezzo: 22 euro Per combattere la povertà, la scarsità cronica di denaro, occorre cogliere il filo che la lega a tanti altri esempi di scarsità: dalla mancanza di tempo di chi è oberato dagli impegni lavorativi alla solitudine di chi si trasferisce in una nuova città. Sendhil Mullainathan e Eldar Shafir dimostrano che tutte le forme di scarsità creano uno stato mentale simile: la scarsità influenza, a un livello subconscio, incontrollabile, le capacità cognitive e i comportamenti individuali e collettivi. Diventiamo meno intuitivi, meno lungimiranti, meno controllati. In quest’ottica non solo la povertà globale, ma anche i problemi della nostra vita quotidiana acquistano nuova luce.

EBAnO

l e c t o r a cura di DANIELE BARZAGHI

Autore: Ryszard Kapuscinski Editore: Feltrinelli Prezzo: 9,50 euro Ryszard Kapuscinski si cala nel continente africano e se ne lascia sommergere, rifuggendo tappe obbligate, stereotipi e luoghi comuni. Va ad abitare nelle case dei sobborghi più poveri, brulicanti di scarafaggi e oppresse dal caldo; si ammala di malaria cerebrale; rischia la morte per mano di un guerriero. Kapuscinski non perde mai lo sguardo lucido e penetrante del reporter e non rinuncia all’affabulazione del grande narratore. L’autore ha viaggiato per quasi trent’anni in vari Paesi africani, tra i quali Kenya, Ruanda, Nigeria, Etiopia, raccogliendo una vasta messe di esperienze in qualità di corrispondente.

L’ECONOMIA ITALIANA DAL 1945 A OGGI Autore: Patrizia Battilani, Francesca Fauri Editore: Il Mulino Prezzo: 16 euro La ricostruzione postbellica, il miracolo economico, la deindustrializzazione e l’invenzione del made in Italy, il rallentamento negli anni della terza globalizzazione, la grande crisi del 2008 mai conclusasi: questo libro – presentato in una nuova edizione aggiornata e ampliata – ripercorre la storia dell’economia italiana collegandola al contesto economico internazionale e al processo di integrazione europea. Viene seguita l’evoluzione dei consumi, delle specializzazioni settoriali, delle politiche economiche, del sistema di welfare.

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GRANDI PORTAFOGLI

LA FITTA RETE DEI

FAMILY OFFICE VEDANI (OREFICI SPA): “LA MIA FAMIGLIA AVEVA L‘ESIGENZA DI BYPASSARE LA FORTE INEFFICIENZA DEL SISTEMA BANCARIO NEL GESTIRE GLI ASSET FAMILIARI E VEDEVA UN FAR WEST NEL MONDO DEGLI AGENTI DI CAMBIO“

di LAURA MAGNA

CARLO VEDANI 36

CI TY WI RE ITALIA . DICEMBR E 20 19

Il family office? È come correre una maratona. Alla base ci sono allenamento e disciplina, che danno forma a competenze tecniche e fisiche, ma anche soft skill. Così la pensa Carlo Vedani (in foto), imprenditore di terza generazione e amministratore delegato di Orefici Spa, fiduciaria della famiglia nata per curarne il patrimonio e poi allargatasi alla gestione del risparmio. E le maratone, Vedani, le conosce bene. Ne corre almeno una all’anno: “Durano intorno alle quattro ore. Ma sono gli ultimi 7-8 chilometri che fanno la differenza. Quando le gambe non vanno più, se non ci metti la testa sei finito, non arrivi al traguardo”. Carlo Vedani, classe 1966, ha lo stesso nome della prima azienda fondata da suo nonno nel 1902. Oggi la Intals Spa, con sede a Parona (nella provincia pavese),

continua a fare il lavoro di sempre, ovvero la produzione di leghe secondarie in alluminio. La fiduciaria invece ha cambiato pelle più volte dopo essere stata fondata nel 1986 da Edoardo e Vincenzo Vedani, rispettivamente padre e zio di Carlo. “L’idea originaria era pioneristica: ai tempi non esisteva neppure la locuzione family office. La mia famiglia aveva l’esigenza di bypassare la forte inefficienza del sistema bancario nel gestire gli asset familiari e vedeva un ‘far west’ nel mondo degli agenti di cambio. Molti fallivano causando danni ingenti ai risparmiatori. Questo era l’assunto di base da cui tutto è nato”, spiega Vedani. A lui, che all’epoca era uno studente ventenne della Bocconi con in mente l’idea di entrare in azienda, fu offerta la possibilità di occuparsi invece di questa componente finanziaria.


GRANDI PORTAFOGLI

MASSE GESTITE

2,4 MILIARDI DI EURO

3 FAMILY ADVISOR SOGLIA MINIMA D’INGRESSO

30 MILIONI DI EURO “Il primo approccio è stato molto soft, in punta di piedi, mentre facevo l’università. Prima di riceve le deleghe operative, nel 1997, ho fatto due anni di esperienza tra Londra e New York, con Banca Sarasin, Deutsche Bank e Emcor Securities, e altrettanti di gavetta interna”. Poi la società è cresciuta e oggi è una holding al cui interno coesistono la fiduciaria statica Fidor e Alicanto Capital Sgr. I capitali amministrati ammontano a 2,4 miliardi di euro e quelli in capo alle sgr sono 290 milioni. Ma quello che distingue questo family office è proprio la capacità di gestire il patrimonio di famiglia con un’ottica di asset allocation. “A inizio anni Duemila mi sono avvicinato anche agli hedge fund, partecipando a una sgr speculativa, la Private wealth management, di cui Orefici possedeva il 20% e di cui sono stato presidente e amministratore delegato.

Ne uscii nel 2007, al picco del ciclo”, ricorda l’imprenditore. La strategia di costruzione di portafoglio adottata per il patrimonio della propria famiglia da almeno 20 anni è sempre stata improntata alla prudenza. Nelle sue parole: “Abbiamo sempre scelto di privilegiare il controllo della volatilità e del rischio piuttosto che andare a inseguire i mercati. A differenza di molti altri abbiamo sempre considerato la nostra azienda come il nostro private equity e quindi abbiamo limitato moltissimo l’esposizione al settore. Anche perché tutti gli investimenti del private equity nei materiali non ferrosi, la storia lo insegna, sono stati disastrosi, in termini di industrie comprate e prezzi pagati”. Replicare per i patrimoni terzi quello che la fiduciaria faceva per i Vedani è stato quasi automatico. “Accade spesso che alla fiduciaria statica siano altri family office ad appoggiarsi per individuare strumenti che proteggano i patrimoni di altre famiglie”. I clienti del gruppo sono circa 600, molto diversificati: “Dalla srl che intesta 10.000 euro di capitale a chi ci affida l’intero patrimonio” – e circa 35 di essi ha una soglia di portafoglio superiore ai 30 milioni di euro. Un valore aggiunto che Vedani offre è la fitta rete di contatti maturata negli anni con altri family office e con gestori di alto standing: “Fund manager di nicchia e contrarian che riescono a creare valore perché non seguono mode e grandi trend, spesso inefficienti dal punto di vista del rendimento”. Separare il buono dal cattivo nel mondo variegato e colmo di prodotti in cui ci muoviamo è molti difficile, non bastano i numeri e la preparazione. “È impossibile che un solo familiy office abbia accesso ai migliori investimenti e a due diligence fatte in maniera perfetta su milioni di titoli analizzabili. La rete aiuta a costruire un asset allocation più efficiente. E sono convinto che in portafoglio debba sempre esserci un 40-50% di strategie decorrelate che tengano al riparo dagli errori di psicologia comportamentale; come vendere quando il mercato perde”. Basterà tutto questo per affrontare il passaggio della ricchezza alla prossima

Replicare per terzi ciò che la fiduciaria faceva fu quasi automatico

generazione di millenial, i nati tra il 1980 e il 2000 che, secondo le stime di Pwc, nel 2030 erediteranno 30mila miliardi di dollari dalla generazione precedente? “Io non vedo l’ora che arrivino i millenial: hanno una cultura finanziaria superiore, rispetto ai cinquanta, sessantenni di oggi che, anche gli Hnwi, sono legati ancora alla mera logica dei Bot e solo ora iniziano a realizzare che il mondo obbligazionario gli darà ritorni negativi per almeno cinque anni”, dice Vedani. “La vecchia guardia considera l’acquisto di azioni come un atto speculativo e non come quello che è: una strategia con dietro studio e matematica, che si applica per attualizzate gli utili futuri. Io faccio ancora fatica a far capire che è più importante, per esempio, che un asset allocation protegga dall’inflazione che guardare allo zero. Nel lungo termine di dieci anni, l’inflazione si muoverà intorno al 2% (che è l’obiettivo della Bce): per conservare il potere di acquisto attuale è necessario con questi numeri avere rendimento pre-tax del 3-4% annuo, il che non è banale. Ma è un lavoro che richiede molto tempo. Ed è difficile che questi interlocutori riconoscano a pieno la professionalità del consulente finanziario. La finanza è come il calcio: tutti sono allenatori e tutti fanno tredici al lunedì. Ma, per fortuna, il mister sta sul campo e la partita si gioca di domenica”.

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LA STORIA

a cura di FRANCESCO COLAMARTINO

Piazzetta Enrico Cuccia

™Il blitz del fondatore di Luxottica Leonardo Del Vecchio in Via dei Filodrammatici (e l’uscita di scena di UniCredit da uno dei crocevia del potere finanziario in Italia e non solo) segna l’avvio di una nuova fase per Mediobanca, istituto storicamente associato al nome di Enrico Cuccia. Discreto tessitore e nume tutelare dei più segreti e scottanti accordi delle grandi famiglie del capitalismo italiano all’ombra del “salotto buono”, Cuccia è sempre stato celebre per la sua ritrosia a parlare davanti

Nasce Compass, dal 1960 societĂ  pioniera sul mercato italiano del credito al consumo

Mediobanca nasce su iniziativa di Raffaele Mattioli (allora Presidente della Banca Commerciale Italiana) e di Enrico Cuccia

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ai microfoni o in pubblico. “Il peccato veniale di un banchiere è fuggire con la cassa, quello mortale è parlare” è uno dei suoi più celebri aforismi. Cuccia, di origine siciliana, nasce a Roma il 24 novembre del 1907. Dopo gli studi in legge e un’esperienza come giornalista per il Messaggero, nel 1931 viene assunto nella sede londinese della Banca d’Italia e, nel 1934, dall’Istituto per la Ricostruzione Industriale. L’Iri sarà in un certo senso il suo primo grande amore, visto che nel 1939 sposa Idea Nuova Socialista, una delle tre figlie di Alberto Beneduce, creatore proprio dell’Iri. Dal loro matrimonio nascono tre figli: Benianimo, Auretta Noemi e Silvia Lucia. Negli anni della Seconda Guerra Mondiale, la copertura di alto funzionario di banca consente a Cuccia di fare la staffetta tra Italia e Svizzera con un obiettivo: sostenere la Resistenza. Poco dopo, in

È costituita Reconta, la prima società italiana di revisione (poi ceduta nel 1981)

Mediobanca è ammessa alla quotazione in Borsa

Nasce Selma, tra le pioniere del leasing in Italia

Mediobanca dirige l’intervento in Olivetti per ridefinirne gli ambiti strategici e la struttura finanziaria


LA STORIA

un Paese profondamente segnato dalle ferite del conflitto bellico, riesce a cogliere l’urgenza di creare un ente specializzato nei finanziamenti a medio termine. Così, nel 1944, intavola le prime discussioni con Raffaele Mattioli (allora presidente della Banca Commerciale Italiana, di cui Cuccia è condirettore centrale) sull’idea di fondare una nuova realtà bancaria, con l’intervento di tre banche controllate dall’Iri: Banca Commerciale Italiana, Credito Italiano e Banco di Roma. Di lì a due anni Enrico Cuccia terrà a battesimo Mediobanca, attraverso cui tesserà le sorti del Paese per molto tempo a venire. Da quel momento in poi la prima e a lungo unica vera banca d’affari italiana è al centro delle più importanti operazioni industriali e finanziarie che si ricordino nella storia del Paese. Mediobanca inizia ad accumulare importanti pacchetti azionari, tra cui Montecatini, Sade, Bastogi, Assicurazioni Generali, Fondiaria, Finsider e Finelettrica, Pirelli, Fiat, Snia e Sip, diventando così il perno di un sistema di alleanze che, attraverso partecipazioni incrociate, garantisce la stabilità degli assetti proprietari dei maggiori gruppi industriali italiani. Nella stessa logica rientra anche la partecipazione dei maggiori gruppi industriali nella compagine proprietaria di Mediobanca, sancita dall’ingresso in consiglio di Leopoldo Pirelli nel 1958 e di Giovanni Agnelli nel 1962. Nel 1956 Cuccia imprime una svolta alla struttura dell’istituto, con l’ammissione alla quotazione a Piazza Affari delle azioni di Mediobanca e con l’allargamento della proprietà a soci stranieri e privati come Lazard Frères, Lehman Brothers, Berliner Handels-Gesellschaft, Sofina e la Lazard Brothers di Londra.

Negli anni Settanta l’ingresso in Fiat di Lafico – la finanziaria del governo libico di Muammar Gheddafi – porta la firma di Cuccia, così come negli anni Ottanta l’impegno a sostegno di Olivetti (superata l’iniziale diffidenza del banchiere nei confronti di Carlo De Benedetti) oltre che di Pirelli. Ma la storia e la vita insegnano che anche i più bei sogni possono, talvolta, tramutarsi in incubi. E uno degli incubi di Cuccia è Montedison, che lui stesso definirà “il mio Vietnam”. Nel 1966 è proprio Cuccia a orchestrare la fusione tra Montecatini, azienda chimica in difficoltà finanziaria, ed Edison, ricca di disponibilità derivanti dalla nazionalizzazione dell’energia elettrica; ma tra il 1986 e il 1987 non riesce a impedire a Raul Gardini di prendere il controllo di Montedison, che nel 1993 verrà travolta da una valanga di debiti per 30.000 miliardi.

Mediobanca diventa uno tra i principali operatori del processo di privatizzazione delle grandi imprese pubbliche italiane

Avviene la privatizzazione del gruppo

Carlo De Benedetti e Romano Prodi

Enrico Cuccia insieme a Gianni Agnelli

È operativa Banca Esperia in joint venture con Mediolanum. La società è attiva nel private banking

A giugno muore Enrico Cuccia, il fondatore della banca le cui sorti aveva guidato fino a quel momento. Gli succede Vincenzo Maranghi

Inizia l’espansione all’estero del gruppo. La prima sede ad aprire è stata quella di Parigi nel 2004

Alberto Nagel e Renato Pagliaro succedono a Vincenzo Maranghi alla direzione del gruppo

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LA STORIA

anche un attentato a scopi intimidatori sulla porta del proprio appartamento in via Maggiolini a Milano, ma ugualmente nel processo sull’omicidio di Giorgio Ambrosoli testimonierà contro Sindona. Nel 1982, mentre viene svelata l’esistenza dei fondi neri dell’Iri depositati in Mediobanca, Cuccia lascia la carica di direttore generale, rimanendo però consigliere Enrico Cuccia insieme a Salvatore Ligresti d’amministrazione, prima come rappresentante delle banche di interesse L’aver lavorato gomito a gomito con nazionale e poi su designazione di Lazard, poche grandi famiglie imprenditoriali dopo il veto opposto alla sua riconferma da ha attirato su Cuccia varie accuse dei Romano Prodi in qualità di presidente dell’Iri. detrattori, soprattutto quella di aver fatto solo Cuccia mantiene ben salde nelle sue mani le l’interesse delle prime e di aver ostacolato lo redini di Via Filodrammatici e, tra il 1984 e il sviluppo di un moderno mercato finanziario, 1985, si trova a respingere diversi tentativi di prediligendo strumenti di controllo come i insidiare l’autonomia della banca da parte di patti di sindacato. E oggi, ironia della sorte, esponenti politici della Democrazia Cristiana. è proprio il patto di sindacato che reggeva le sorti di Mediobanca a essersi sciolto. Ma con Del Vecchio ormai primo azionista di Mediobanca, davanti a Vincent Bollorè, BlackRock e Mediolanum, anche la nuova versione del patto in versione “light” – senza Bolloré e i Pesenti – sembra essere in bilico. La storia di Cuccia è fatta anche di pagine rimaste avvolte nell’ombra, come quella dei rapporti con il faccendiere Michele Sindona. Dopo uno scontro tra i due sulla fallita scalata alla Bastogi Finanziaria, il banchiere viene difatti accusato dal faccendiere di essere il mandante di un complotto nei suoi confronti e di controllare segretamente il tribunale di Milano. Cuccia arriva a subire

A giugno è presentato il piano strategico 2014-2016 che prevede l’uscita da tutti i patti di sindacato partecipati dalla banca

Nasce CheBanca!, la prima banca nativa digitale che opera su un modello di distribuzione multicanale

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Mediobanca, attraverso la controllata Che Banca!, acquisisce le attivitĂ  retail di Barclays in Italia

Mediobanca acquisisce il controllo della londinese Cairn Capital

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L’indipendenza di Mediobanca è garantita, alla fine, dalla sua privatizzazione nel 1988, che comporta la riduzione delle quote detenute dalle banche di interesse nazionale e l’ingresso nel patto di sindacato di nuovi soci privati: De Benedetti, le Assicurazioni Generali e La Fondiaria, i Ferrero, i Ferruzzi, i Pesenti, i Ligresti, Pecci, i Marzotto, Stefanel. Ma intorno alla metà degli anni Novanta la visione del mondo con cui Cuccia aveva plasmato un’epoca inizia a tramontare. Nel 1997 Cuccia incassa il “no” dell’azionista Pietro Marzotto al progetto di fusione tra la sua società e Hdp, la ex Gemina, episodio seguito dall’insuccesso delle Generali nella scalata all’Agf e dalla rottura con Gerardo Braggiotti, segretario generale di Mediobanca. Dopo aver investito il presidente della Rcs, Cesare Romiti, del ruolo di suo successore, Cuccia affronta l’ultima sua battaglia, quella per il controllo della Banca Commerciale Italiana, uscendone sconfitto da Giovanni Bazoli di Banca Intesa. Dopo tutto era stato proprio Cuccia a dire che “il potere va maneggiato con cura, se non vuoi rimanerne vittima.”

Raul Gardini insieme a Bettino Craxi

In agosto Compass annuncia l’acquisizione del 19,9% dell’indonesiana BFI Finance

In dicembre Mediobanca inaugura Mediobanca Private Banking, il nuovo brand a servizio della clientela High Net Worth Individual (HNWI)

Ad aprile il Gruppo Mediobanca stringe una partnership di lungo termine con la boutique francese Messier Maris & AssociĂŠs


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DICEMBRE 2019

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