Rassegna stampa Torino Spiritualità 2012

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VENERDÌ 3 AGOSTO 2012

CULTURA RELIGIONI TEMPO LIBERO SPETTACOLI SPORT

AGORÀ

A N Z I T U T TO

E D I TO R I A L E

HERMANN HESSE,

Il sorriso tema di «Torino spiritualità»

UNO DEI PIÙ AMATI DA RATZINGER MARCO RONCALLI

«L

a morte diviene dolce se le andiamo incontro annuendo, se la consideriamo una delle forme grandi ed eterne della vita e delle trasformazioni del cosmo». Tra pochi giorni, nel cimitero di Sant’Abbondio, nel Canton Ticino, qualcuno, innanzi alla sua tomba ricorderà così il suo congedo di cinquant’anni fa. Il 9 agosto 1962, infatti, lassù, a Montagnola moriva Hermann Hesse, uno degli scrittori più popolari del ’900, nato ottantacinque anni prima a Calw, in Germania, in una famiglia fervidamente pietista (entrambi i genitori erano stati missionari in India), ma poi vissuto quasi sempre in Svizzera. E mentre l’anniversario da mesi suscita conferenze e mostre (fu anche pittore), vien spontaneo reinterrogarsi su questo autore dai molti registri, premio Nobel per la letteratura nel 1946. Per più d’un motivo. Innanzitutto perché come dimostra Ralph Freedman nella sua biografia edita da Lindau "Herman Hesse. Pellegrino della crisi" - pochi scrittori del XX secolo hanno esercitato sui giovani un’influenza così estesa e penetrante, quasi che i suoi romanzi indicassero risposte alla crisi spirituale che da un secolo travaglia l’Occidente schiacciato dal materialismo. Poi perché Hesse resiste ancora bene in libreria dove spesso ha il suo scaffale: diversi i titoli usciti anche negli ultimi mesi, per i tipi di Mondadori, Reverdito, Cambi, Guanda, Newton Compton, con la sorpresa della biografia giovanile dedicata dopo un viaggio ad Assisi a San Francesco, appena uscita con le edizioni Piano B. Inoltre perché la sua fortuna editoriale pare sempre legata a libri che, a giudizio di alcuni critici, sono da considerarsi "minori" (quelli che hanno affascinato generazioni di giovani dagli anni Trenta all’era di internet passando per il ’68 o le stagioni del riflusso: "Demian", del 1919; "Siddharta", del ’22; "Il lupo della steppa", del ’27; "Narciso e Boccadoro", del ’30; "Il pellegrinaggio in Oriente", del ’32). Infine perché prescindendo dalle divisioni della critica sul valore delle sue opere, ne resta sempre da spiegare il segreto del successo. Oltre il generico riconoscimento delle capacità di captare i bisogni di massa. Oltre i clichés che ne hanno fatto, nel tempo, una specie di guida con cui iniziare il proprio viaggio: sui sentieri dell’interiorità o le strade del mondo. Lettore appassionato di Hesse è stato anche Joseph Ratzinger. E se fra le sue preferenze giovanili - come confidò a Peter Seewald nel libro "Il sale della terra" (San Paolo) spicca il classico "Lupo della steppa", che lo colpì per il nichilismo del protagonista facendolo riflettere sull’esaltazione dell’io, destinata, all’estremo, a capovolgersi nella sua distruzione, definì in altra occasione questo romanzo «un ritratto molto chiaro di come dall’uomo che vive in modo solipsistico deriva alla fine un’intera sala degli specchi di figure contrapposte». Ma si trovano citazioni di Hesse in opere della Queriniana come "Introduzione al cristianesimo", ove Hesse appare poeta solo «in apparenza così conciliante e di animo sollevato», o "Dogma e predicazione", dove l’autore commenta l’arrivo dell’anno nuovo con le parole che Hesse fa dire al protagonista del "Gioco delle perle di vetro": «In ogni inizio si trova, infatti, un incanto che ci protegge e ci aiuta a vivere». Tre anni fa, nell’incontro novembrino con gli artisti nella Sistina, Benedetto XVI ricorreva ad una frase di Hesse (dal racconto "Klein und Wagner" del ’19) per definire il significato dell’arte. E cioé: «Arte significa: dentro a ogni cosa mostrare Dio». © RIPRODUZIONE RISERVATA

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IDEE. L’uno politico, l’altro sacerdote: entrambi esempio dell’opposizione

alla mafia in nome della fede cristiana. Due forme diverse di martirio

Mattarella e Puglisi, R l’altra Sicilia

DI ANDREA RICCARDI

igenerare la politica non è partire da un moralismo astratto. Per me, per la tradizione da cui vengo, è riconnettersi alla memoria di chi ha fatto politica nella speranza di cambiare. Infatti troppo forte è stata la cesura con il nostro passato: l’impoverimento della politica è fatto proprio dall’oblio, mentre siamo appiattiti sul presentismo della cronaca. Abbiamo troppo dimenticato. In questo quadro, la memoria di Piersanti Mattarella è stata troppo dimenticata, nonostante siano passati solo trent’anni dalla sua morte. Si colloca in un altro mondo politico, in una Sicilia così particolare, nel confronto con Cosa nostra. Ma non di mafie vorrei parlare, bensì di una politica che si rigeneri partendo dall’esempio. Esempio non è parola retorica o moralistica, ma quella catena di umanità a cui ci si lega, che costituisce un saldo orientamento verso il futuro. La morte di Mattarella mette in rilievo il valore della sua politica e dell’essere politico. Non sarebbe morto in questo modo se non ci fosse stata una radice particolarmente preziosa nel suo essere politico, nascosta nel pudore. Piersanti Mattarella è stato assassinato per la sua politica. La sua morte, cioè, getta luce sulla sua politica, sulla pericolosità della sua politica per la mafia. Sì, sembra che siano passati tanti decenni, ma solo trent’anni. Eppure si avverte, proprio oggi, in questa delicata transizione, in questa crisi economica che non cessa, il bisogno di uomini e di donne saldi come lui. È l’ora che uomini di questo tipo ritornino, ritornino alla politica. Perché questi uomini e queste donne ci Don Pino Puglisi (15 settembre 1937 - 15 settembre 1993) Piersanti Mattarella (24 maggio 1935 - 6 gennaio 1980) sono. Sono ancora aperte le fonti a cui si sono abbeverati. Si vede in Piersanti un Uccisi tutt’e due da Cosa nostra, divenire un reclutato dalla mafia. cambiare un quartiere di Palermo. Eppure percorre un’altra strada e Mattarella e Puglisi rappresentano coraggio personale che furono figli del Concilio: ritorna parroco nel suo quartiere. due storie diverse, combattono la viene dalla fede - stava Don Pino, ucciso, quando sorgeva mafia con strumenti diversi, in andando a Messa rappresentano un modello la Seconda Repubblica, mostra quadranti diversi. Ma c’è una quando fu ucciso -, ma e una speranza per una politica che in Sicilia, in Italia, la forza di speranza nella loro anche la solidità di una testimonianza cristiana sia stata azione, che germina dal terreno cultura politica e onesta a servizio degli altri sempre una fonte a cui cristiano. L’uno è un modello di umanistica, giuridica, abbeverarsi per vivere una vita politico ispirato dalla fede, l’altro che lo portava lontano In questo senso, l’idea di martirio umana, al servizio degli altri, in è un prete: entrambi manifestano dalle furberie dell’azione e da una - espressa pudicamente per un onestà. la speranza che il mondo, pur concezione privatistica uomo come Mattarella - mi ha Stabilire un legame tra Puglisi, il quando sembra impossibile, si dell’interesse personale. Non si fatto pensare ad un’altra figura, prete, e Mattarella, il politico laico, può cambiare. Ma per cambiarlo, dovrebbero usare toni alti con quella di Pino Puglisi, della cui può sembrare forzato. Li unisce sembrano partire da sé: da una Mattarella, anche per la beatificazione è stata data recente Palermo, la lotta alla mafia, la vita intensa, profonda, dedita, che discrezione del suo parlare e notizia. Siamo, nel caso del prete morte violenta; ma diverse erano non pone limiti al servizio, quella della sua famiglia. Ma il suo di Brancaccio, in un altro periodo, le loro azioni, le loro condizioni, la nemmeno quello della salvezza è un caso di martirio di un ucciso tredici anni dopo, sempre qualità del loro impegno. Puglisi della propria esistenza. politico. Certo non un martirio di fronte a Cosa nostra pur in mostra che le sorgenti cristiane, a Puglisi è morto a cinquantasei come quello di don Pino Puglisi, un’altra stagione. Puglisi non è un cui Mattarella stessa con tanti altri anni nel giorno del suo colpito per la sua attività religiosa borghese come Mattarella. Sono si era abbeverato, non si sono mai compleanno. Mattarella a e pastorale nel quartiere di però - non lo si dimentichi - due seccate e non sono secche. Sono quarantaquattro, pagando di Brancaccio. Ma credo che bisogna figli del Concilio Vaticano II, l’uno sorgenti di umanità. In entrambi, persona e indicando - in modi avere il coraggio di usare questa nato nel 1937 e l’altro nel 1935, con funzioni diverse, tra Puglisi e diversi - la via per un mondo espressione. Il martire è colui che rinnovatisi alla luce del messaggio Mattarella c’è un terreno cristiano nuovo. Restano sorgenti a cui non abbandona il suo posto, il suo conciliare. che fa germinare la speranza: si abbeverarsi per chi vuole oggi servizio, anche quando dinnanzi a Puglisi è nato ragazzo di può cambiare il mondo, si può sperare in un futuro dell’Italia. lui si profila la minaccia della © Brancaccio che avrebbe potuto cambiare la Sicilia, si può morte

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◆ «Un giorno senza un sorriso è un giorno perso» (Charlie Chaplin). Torna da mercoledì 26 a domenica 30 settembre Torino Spiritualità con un’ottava edizione dedicata a «La sapienza del sorriso». Ideato e diretto da Antonella Parigi e coordinato dal Circolo dei lettori, Torino Spiritualità si propone come spazio privilegiato di riflessione al riparo dalla frenesia del quotidiano. Ad accompagnare il cammino del pubblico oltre 100 voci capaci di offrire una pluralità di idee e prospettive: filosofi, teologi, storici, scrittori, artisti, personalità della politica e dell’economia. Tra questi: George Steiner, Elio (al secolo Stefano Belisari), Edoardo Nesi, Gustavo Zagrebelsky, suor Giuliana Galli, Alessandro Bergonzoni, Enzo Bianchi, Aharon Appelfeld, Moni Ovadia, Massimo Cacciari, Michela Marzano, Francesco Piccolo, Vito Mancuso, Adriana Cavarero, Massimo Recalcati, Gabriella Caramore, Gianni Vattimo, Michele Serra, Armando Massarenti, Roberta De Monticelli, Sergio Givone.

Umorismo, un concorso a Tolentino ◆ Fare umorismo in tempo di crisi è segno di intelligenza o di incoscienza? Per qualcuno è la gentilezza della disperazione, per altri un istintivo meccanismo di difesa. C’è chi lo definisce antidoto contro il fanatismo e chi un semplice non prendersi troppo sul serio. Lontano dall’evasione sognante, affonda le sue radici nella natura umana. Più che una disposizione dell’animo, è una visione del mondo. Da qui prende spunto il tema proposto dal Premio letterario “Tullio Colsalvatico”: «L’umorismo, un modo di guardare la realtà». Il concorso è organizzato dal Centro culturale Colsalvatico presieduto da Franco Maiolati, in collaborazione con il Comune di Tolentino. Le novelle devono essere inviate via mail entro le ore 24 del 5 settembre 2012 a: premio@colsalvatico.it Informazioni sul bando: www.colsalvatico.it. Le opere vincitrici saranno pubblicate a stampa dall’editore Raffaelli.

Nuovo libro di testimonianze sul Concilio ◆ L’eredità del Vaticano II letta con gli occhi di oggi e vissuto come patrimonio per le future generazioni. È la prospettiva con cui si deve prendere in mano e leggere con cura e senso di curiosità il testo (Effatà editrice, pagine 140, euro 10) «Il futuro del Concilio. I documenti del Vaticano II: un tesoro da scoprire», curato dal giornalista ed esperto di informazione religiosa Luca Rolandi per il quotidiano «La Stampa». Il pregio di questo volumetto è quello di raccogliere in un grande balzo generazionale le testimonianze e i contributi di giornalisti come La Valle, Gennari, Galeazzi, Mastrofini ma anche parroci come Militello o appassionati e studiosi di teologia come Maria Teresa Pontara o il teologo Repole. Viene poi riproposta l’attualità dei documenti conciliari e fatti conoscere al grande pubblico testi spesso poco conosciuti, a 50 anni esatti dall’inizio dell’assise ecumenica. (F.Riz.)


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