La stampa 28 maggio paillard al circolo champagne rari per stupire i mercati

Page 1

R

T1 T2

LA STAMPA MARTEDÌ 28 MAGGIO 2013

.

Cronaca di Torino .55

gg Dossier/la sfida dell’enogastronomia

g

Angelo Gaja durante la lectio magistralis di ieri

Alice e Bruno Paillard degustano champagne

Gaja al Politecnico: “Servono ingegneri per coltivare la terra”

Paillard al Circolo “Champagne rari per stupire i mercati”

ANDREA CIATTAGLIA

asse Italia-Francia che in questo 2013 prova a entusiasmare Torino vivrà stasera (ore 18) al Circolo dei Lettori la sua serata più spumeggiante, quella dedicata allo champagne. Per raccontare un vino la strada migliore è sempre soltanto una: far parlare il suo produttore. E oggi a svelare quello che resta senza dubbio l’imperatore dei vini ci sarà Bruno Paillard interrogato dal critico enogastronomico Antonio Paolini e dal giornalista della Stampa, Luca Ferrua. Paillard è un innovatore che ha saputo mettere in discussione un mostro sacro come lo champagne quando nel 1981 si è messo alla guida della maison che ora porta il suo nome. La sua storia assomiglia a quelBruno Paillard ha lo di molti cominciato la produzione piemontesi che nel 1981 puntando su negli stessi anni selezione e marketing hanno provato a cambiare la storia dei rossi di Langa e Roero. «Ho creato la mia Maison di Champagne perché avevo un’idea molto precisa del vino che volevo fare: un vino puro, complesso e elegante. Il Brut Première Cuvée è l’espressione costante di questa mia visione». Paillard ama svelare al pubblico vini rari e il suo racconto di solito diventare show che sa appassionare anche a dettagli tecnici. «Quando vengo in Italia mi piace sviluppare il soggetto della sboccatura. Qui, gli appassionati di champagne hanno una grande cultura relativa al dégorgement ed è divertente e interessante organizzare degustazioni su questo tema giocando sulle varie stagioni del Brut Première Cuvée ad esempio». L’appuntamento al Circolo dei lettori sarà l’occasione per scoprire la grande storia che siu nasconde in una calice di bollicine. [R. CRO.]

ino e tecnologia, binomio possibile. Anzi. «Anche la viticoltura scommette sull’innovazione». Parola di Angelo Gaja, 73 anni, il «re del Barbaresco» che ha rilevato negli anni Sessanta l’azienda di famiglia, portandola alla notorietà internazionale. L’ha detto chiaro ieri a studenti e ricercatori del Politecnico in un’affollata lectio magistralis dai contenuti insoliti per quelle aule: «Servono ingegneri creativi per la coltivazione della terra: investite le vostre conoscenze nel settore agricolo».La lectio è stata il pezzo forte della presentazione del nuovo progetto curato dal laboratorio iXem: l’installazione in un vigneto di l’azienda della famiglia Gaja di sensori Gaja è stata fondata wireless e all’epoca di Cavour ma si telecamere è adeguata ai tempi alimentate da minuscoli pannelli solari, capaci si trasmettere migliaia di dati tecnici per il «controllo» della produzione. Dopo una panoramica sulla storia della viticoltura locale dai tempi di Cavour (l’azienda Gaja nacque nel 1859) ai giorni nostri, l’oratore d’eccezione ha ripreso l’incitamento ai giovani: «Fino a vent’anni fa, ce ne volevano quaranta perché un viticoltore cedesse la sua attività, ora l’avvicendamento è molto più rapido. Tocca a voi approfittarne, il cambiamento è ora». Un esempio: «In oltre un centinaio di cantine tra le quattrocento che producono Barbaresco, i giovani sotto i trent’anni ricoprono ruoli di vertice: sono più bravi dei genitori col web e l’inglese e vendono meglio all’estero». Queste prospettive sono una sfida alla crisi economica: «L’antidoto è la passione – ha concluso Gaja -. È come avere un paio di tergicristalli: non fanno smettere di piovere, ma puoi continuare a percorrere la tua strada».

L’

V

1859

la fondazione

Con grandi vini e gli spazi adatti anche la degustazione può diventare uno spettacolo

Torino cerca luoghi da capitale del gusto Dopo il successo di Casa Cook Book al Salone anche il vino vuole uno spazio da protagonista LUCA FERRUA l successo dell’area Casa Cook Book all’ultimo Salone del Libro ha confermato che il cibo e il vino sanno aggregare come poco altro pubblico, istituzioni e investitori. Torino ha la fortuna di essere al centro di un territorio di straordinaria ricchezza non solo per i prodotti ma anche per l’intero sistema produttivo del comparto agroalimentare. Ovvero il Piemonte non è forte soltanto per quello che viene prodotto dalla natura, ma anche per quanto gli uomini hanno saputo creare. Riccardo Illy invita Fassino a non avere dubbi: «La

I

34 vini torinesi Le tipologie di vino della Provincia di Torino che sono state protagoniste all’ultimo Vinitaly

vocazione naturale di Torino è quella di essere la capitale italiana del gusto». Il vino ci aveva provato anni fa con un Salone al Lingotto poi schiacciato dallo strapotere del Vinitaly, ora i tempi sono cam-

biati e il pubblico ha voglia di assaggiare, di sentire le storie dei produttori come quelle degli chef. All’estero poi, diversamente da quanto accade in Italia, Torino è percepita come la capitale del Piemonte e quindi anche delle Langhe, del Roero, del Monferrato e gli stranieri si aspettano di trovare anche e soprattutto a Torino luoghi dove degustare i prodotti e incontrarne i produttori. Ma non ci sono se non ai Saloni o per qualche iniziativa privata. «E’ una lacuna del pubblico, è vero - spiega l’assessore regionale alla Cultura Michele Coppola -, una scelta su cui fare sinergia perché può creare ricadute e posti di lavoro».

500.000

la produzione

Scabin in scena

La cena a sorpresa

Lo chef del Combal di Rivoli ora è protagonista anche in televisione al fianco di Antonella Clerici

Dall’ostrica al Bloody-Mary Chef Scabin assaggia se stesso Emozionato per i suoi piatti interpretati da un altro cuoco ROCCO MOLITERNI

Nell’invito per la festa in programma domenica al San Quintino Resort di Busca c’era una foto di Davide Scabin un po’ corrucciato e dietro due cartelli stradali: «Almese 10» e «Rivoli 10». Che non sono però distanze chilometriche ma indicano gli anni che lo chef ha passato nei due locali che l’han-

no portato ad essere fra i 50 migliori del mondo, secondo la prestigiosa classifica dei San Pellegrino Awards. «Ma per me - spiega Giorgio Grigliatti, gran gourmet nonché ideatore della festa Scabin è il miglior chef italiano e fra i primissimi a livello internazionale perché a differenza di altri è in grado di realizzare ai massimi livelli la cucina classica, quella innovativa e quella creativa. Solo per fare un esempio Ferran Adrià che pure è il genio che ha rivoluzionato le tecniche della cucina contemporanea non è capace di giocare allo stesso livello in tutti e tre questi campi». E per rendersene conto bastava scorrere il menù del vero e proprio «banchetto» con dieci

dei piatti capaci di regalare emozioni che hanno fatto la storia dei suoi due locali, reinterpretati da Ivan Milani del San Quintino Resort. C’erano infatti classici della cucina piemontese come il vitello tonnato o il tonno di coniglio con salsa brusca astigiana e invenzioni di pura e grande fantasia come il carpaccio di astice, fonduta di gorgonzola e lattuga di mare o la pasta sushi (nata dal connubio di Scabin con la Felicetti: nei conchiglioni di pasta il pesce stile sushi) o ancora la zuppizza (una zuppa con gli ingredienti della pizza). E all’inizio non sono mancate l’ostrica e BloodyMary come aperitivo accanto alla Pasta Shake.

«Mi dà una strana sensazione - confessa lui - vedere arrivare i miei piatti realizzati da un altro. Sono anche un po’ emozionato. Peraltro io sono favorevole in generale al fatto che si rifacciano le mie invenzioni, trovo solo sgradevole quando qualcuno - e ovviamente non è il caso di oggi - ti copia senza dirlo ai suoi clienti». Dopo vent’anni alla guida del Combal0 prima ad Almese

e poi a Rivoli adesso è arrivata anche la consacrazione televisiva alla «Terra dei cuochi», il venerdì su Rai1 con la Clerici, dove fa il giudice, ma un giudice dal «volto umano» che vuole davvero correggere gli errori e non umiliare i concorrenti come la triade Cracco-Barbieri-Bastianich a Masterchef. «Lavorare con la Clerici - racconta - è un’esperienza che mi

ha sorpreso. Ho scoperto una donna di grande tempra e professionalità». Il banchetto è stato realizzato anche grazie ai prodotti del gotha dell’eccellenza enogastronomica non solo piemontese: i vini erano firmati Gaja e Bruno Rocca, Valter Massa e Velier, il riso (per un risotto ai funghi porcini e conserva di ricci di mare) era l’Aquarello della Colombara, c’era la pasta di Felicetti e il cioccolato di Guido Castagna. Peròneo propheta in patria : «In altre città - dice polemicamente Grigliatti - sarebbero felici di avere uno chef come Davide. Invece sembra che sia più apprezzato all’estero che non a Torino».


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.