Il venerdì 21 giugno la milanesiana

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INTERVISTA DAI ROMANZI (IMPEGNATI) È PASSATO ALLA POLITICA, CON UN LIBRO SULLA TRAGEDIA DEL SUO PAESE.

Petros Markaris. SPIEGA PERCHÉ L'EUROPA NON CAPISCE CHE COSA STA ACCADENDO

I giovani greci non hanno più futuro. E vanno a destra dal nostro inviato Brunella Schisa

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TENE L’appuntamento con Petros Markaris è nella caffetteria del suo editore, in Agias Irinis street, a due passi da piazza Monastiraki. Lo scrittore è già lì che aspetta, tranquillo, con la sua pipa accesa e un enorme bricco di caffè davanti. Tranquillo solo all’apparenza, però, perché la crisi che sta strozzando la Grecia non accenna a finire. Markaris si sgola a scriverlo, non solo nei romanzi ma anche nei saggi. Tempi bui, la raccolta di articoli pubblicati negli ultimi anni sulla grave situazione del Paese, l’ha scritta direttamente in tedesco, che maneggia con maestria. «In Germania non l’hanno accolto bene. Sono stato critico anche con il mio Paese, ma i torti non sono soltanto nostri. Se loro hanno un’economia solida non significa che non abbiano commesso degli errori». Cominciamo dai vostri errori. «Il disastro non è figlio solo della politica degli ultimi trent’anni, ma di chi ci ha governato dal dopoguerra a oggi. Il mostruoso apparato statale che paralizza il Paese è stato costruito fra la fine degli anni 40 e i primi anni 50». Lei però ha fissato la data di nascita del disastro nel 2004: le Olimpiadi, madre di tutte le corruzioni. «Sì, quando lo Stato ha distribuito a pioggia appalti a cifre astronomiche e i costi delle opere Petros Markaris, si sono gonfiati a suon di tangenti; nato a Istanbul dai due miliardi e mezzo si è arrivati a nel 1937, vive in Grecia oltre undici. Soldi presi a credito, e a dagli anni indebitarsi non è stato solo lo Stato Sessanta. I suoi ma tutti i greci». libri sono tutti Eppure la responsabilità non pubblicati può essere solo della politica. da Bompiani

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«Infatti, di quel flusso abnorme di denaro abbiamo goduto un po’ tutti. Le famiglie, nonostante i debiti, hanno continuato a mantenere uno stile di vita alto». Forse perché la Grecia non è mai stata un Paese ricco. «Aveva quella che io chiamo “la cultura della povertà”. Da ragazzo se chiedevo soldi a mia madre dovevo giustificare come li spendevo, altrimenti erano botte. Vivevamo la povertà in modo dignitoso, sapevamo essere parsimoniosi. Poi, è arrivata mamma Europa, ha portato sogni e soldi senza però creare una nuova cultura della ricchezza. Adesso che la mamma ha stretto i cordoni è il disastro, il dramma. Le nuove generazioni non sono abituate ad affrontare i problemi e si sentono perdute. Per questo votano Alba Dorata. Penso che oggi diventerebbe il terzo partito alle urne. Era dal 1974, dalla caduta della dittatura militare, che la Grecia non aveva un partito di estrema destra in Parlamento». L’ascesa del partito neonazista non è dovuta al voto degli immigrati? «Non solo, il 30 per cento è il voto dei giovani. Ma bisogna capirli, uno su due non ha lavoro, sono disperati, cercano una via d’uscita. Qualcuno che proponga una politica diversa dai tagli e dalle tasse. Con la recessione non si esce dalla crisi. E l'Europa, nei periodi bui, si sposta tradizionalmente a destra. Colpa dei partiti. I nostri non hanno mai detto la verità. Mai nessuno che abbia avuto il coraggio di dire che il momento era drammatico e sarebbe durato a lungo. Il Pasok ha cercato di tranquillizzare i cittadini assicurando ogni volta che i tagli 21 GIUGNO 2013


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