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DICHIARAZIONE ANTICIPATA DI TRATTAMENTO SANITARIO UN VADEMECUM PER IL FINE VITA DA UNA PROSPETTIVA CRISTIANA

Un sussidio della Chiesa Evangelica Luterana in Italia (CELI)

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I Introduzione .................................................................................................................................................... 3 II. Fondamenti biblici e orientamento teologico ............................................................................................... 4 III Aspetti della diaconia .................................................................................................................................... 6 IV Aspetti medici................................................................................................................................................ 9 V. Aspetti giuridici delle dichiarazioni anticipate di trattamento in Italia ....................................................... 11 VI Passi concreti ............................................................................................................................................... 18 VII Formulario Disposizioni per il mio trattamento sanitario .......................................................................... 21 VII A Preferenze di trattamento e dichiarazioni anticipate di trattamento ................................................ 21 VII B Spazio per disposizioni supplementari ................................................................................................ 23 VIII Registrazione delle direttive anticipate di trattamento presso il comune locale, i cosiddetti “SPORTELLI� dei comuni ....................................................................................................................................................... 25 IX Approfondimenti ......................................................................................................................................... 25 IX.1 La cura spirituale .................................................................................................................................. 25 IX.2 La cura palliativa e la medicina palliativa ............................................................................................. 26 IX.3 La donazione di organi.......................................................................................................................... 28 X Alcuni quadri clinici....................................................................................................................................... 29 X.1 Sindrome locked-in................................................................................................................................ 29 X.2 Il coma ................................................................................................................................................... 30 X.3 Sindrome apallica .................................................................................................................................. 31 XI. Glossario ..................................................................................................................................................... 33 XII Bibliografia .................................................................................................................................................. 35

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I Introduzione L’autodeterminazione, una vita vissuta e piena è diventata una caratteristica fondamentale dei tempi moderni, ma la sofferenza fa parte della vita e al più tardi al momento della presa di coscienza dell’invecchiamento, della malattia e del decesso, propri o di altri, ognuno di noi viene messo a confronto con essa: prima o poi, più o meno. La maggior parte delle volte questa sofferenza viene vissuta come mancanza o furto di libertà, come qualcosa che mi succede e che mi sconvolge. Questo significa una fine di tutto ciò che viene decantato nella nostra società e che è protetto da diritti inalienabili, possibilmente addirittura rivendicabili per vie legali.

Appartiene in modo particolare allo spirito del nostro tempo dire “dopo così tanta vita vissuta con autodeterminazione, vorrei dire la mia anche nella sofferenza e nella morte”. È una novità assoluta nella storia dell’umanità che le persone possano contribuire a dare una forma al decorso del morire.

La rivendicazione di autodeterminazione si rivela problematica, poiché negli ultimi istanti della nostra vita falliscono tutti gli sforzi di condizionamento e di controllo; l’essere umano rimane abbandonato a se stesso.

Nelle persone che si occupano della vita dopo la morte e che hanno una concezione di Dio, possono diventare importanti la fede e la speranza verso un Tu amorevole nell’aldilà. Non tutti, neanche chi è credente, ne è davvero profondamente pervaso e convinto, bensì in questo momento, nel quale si può contare soltanto su se tessi, in molti sorgono pensieri e domande per le quali non esistono risposte precostituite e chiare, anche perché forse non ci si era posti tali domande impellenti prima nella vita: Quando muoio, muoio o soccombo indifeso alla morte? La morte mi porta via brutalmente o entro piano piano nella morte? Non ho paura della morte, ma del morire sì. Ho paura della morte, ma di quello che viene dopo ancor di più. Alcuni vogliono la morte, ma non vogliono morire; altri vogliono morire finalmente, così da non dover più vivere; ma in realtà non si augurano la morte, ma un’altra vita.

In realtà sappiamo poco sul processo del morire e niente sulla morte. Niente è più misterioso e incerto, ma allo stesso tempo proprio e personale del morire, del mio morire. E quando questo si concretizza e diventa personale, l’essere umano ne è facilmente sopraffatto: l’andare via, il ridursi, lo smettere, la perplessità e la confusione, la paura e i dolori diventano onnipresenti e minacciano di coprire e di cancellare tutto il resto, anche il passato e il futuro.

Inoltre si aggiunge il fatto che chi se ne è andato non torna indietro per raccontarci, spiegarci, consolarci. I familiari e i testimoni rimangono indietro, rimangono da soli nell’addio, nella perdita; vengono confrontati con la conoscenza inevitabile che noi – come disse Lutero – siamo “avvolti dalla morte nel bel mezzo della vita”. Eppure i momenti del morire e della morte per chi rimane sono spesso anche punti di svolta nei quali inizia qualcosa di nuovo; diventano fonti di forza, di 3

rafforzamento e di senso, che prima o poi iniziano a scorrere. Il morire è un Essere in condivisione con il prossimo e Parte della vita, viene condiviso e comunicato e si innalza al di là del momento: nell’andarsene di una persona nasce in chi rimane qualcosa di speciale che non se ne va; questo ha sovente un altissimo valore qualitativo.

Si può anche pensare che il modo come muoio io avviene dall’esperienza del morire di altri di cui ho potuto essere testimone. Eppure sarà alla fine il mio personale ed esclusivo morire, diverso e unico. Il morire guadagna una qualità profondamente individuale e attiva: io muoio. Non succede soltanto, lo FACCIO anche. Per questo ne possiamo parlare ed esprimere dei desideri finché ne siamo in grado.

Di fronte a una tale incertezza, alle paure e alle sfide, alcuni vogliono chiarezza, delle regole, delle cose da leggere, altri preferiscono non saperne niente e nemmeno pensarci o che gliene si parli. In questo vasto campo, il nostro opuscolo sulle direttive anticipate di trattamento desidera dare orientamento per quanto riguarda la teologia, l’etica, la medicina e il diritto.

II. Fondamenti biblici e orientamento teologico L’ineludibilità della morte come elemento della vita umana e la speranza cristiana oltre la morte.

La morte traccia un inevitabile confine della vita terrena. Essa spezza tutti i legami diretti con i vivi.

Sebbene cristiane e cristiani professino la resurrezione di Gesù si sono sempre interrogati su cosa Dio abbia previsto per loro nella morte (1 Tessalonicesi 4,13).

Il credo nel Signore crocifisso e risorto è il centro della fede cristiana e la base della nostra speranza oltre la morte. “Ma Cristo è veramente risuscitato dai morti, primizia di risurrezione per quelli che sono morti” (1 Corinzi 15,20). Secondo Paolo la fede rimane senza contenuto e senza effetto se non è sostenuta da questa speranza. “E se Cristo non è risuscitato la nostra predicazione è senza fondamento e la vostra fede è senza valore” (1 Corinzi 15,14).

La speranza cristiana non è importante soltanto in relazione alla morte. Poiché il battesimo crea un legame indissolubile con Cristo, gli uomini trovano nella fede già una relazione con Dio qui e ora, che non può essere distrutta dalla morte. Questo rapporto improntato sull‘amore e sullo spirito di Dio viene chiamato nel Nuovo Testamento “Vita Eterna”. Gesù Cristo dice: “Io vi dichiaro: chi ascolta la mia parola e crede nel Padre che mi ha mandato ha la vita eterna.” (Giov. 5,24). Ciò vuol dire che nella fede la vita eterna è già realtà nel presente e viene enunciata nel battesimo. Tramite il battesimo, peccato e morte non hanno più potere ultimo su di noi, poiché, in quanto battezzati, apparteniamo al Cristo risorto. (Romani 6,3).

Siamo nella luce di Dio e possiamo sperare, come Gesù Cristo, di essere tenuti nel suo amore oltre la morte.

Paolo lo dice nella Lettera ai Romani in questo modo: “Io sono sicuro che né morte né vita né angeli né altre autorità o potenza celeste né il presente né l’avvenire, né forze del cielo né forze della terra, niente e nessuno ci potrà strappare da quell’amore che Dio ci ha rivelato in Cristo Gesù, nostro Signore” (Romani 8,38) 4

Così la morte ci separa dai vivi ma non spezza la relazione con Dio. Nella morte veniamo trasformati in una nuova comunione con Lui. Non si tratta, quindi, della prosecuzione di una realtà biologica o di un ritorno, prima o poi, a una vita terrena ma di un diverso e immortale essere. Rimaniamo nelle mani di Dio senza perdere la nostra identità. Questo è il vero senso della confessione di una risurrezione dei corpi. La fede cristiana determina l’approccio alla vita, all’ultima fase della vita e alla morte.

L’approccio alla vita, all’ultima fase della vita e alla morte.

“Facci capire che abbiamo i giorni contati, allora troveremo la vera saggezza.” (Salmo 90,12) Dal punto di vista biblico l’essenza della vita umana è la considerazione della morte, affinché la consapevolezza determini la sua vita, il fin di vita e la morte. “...che abbiamo i giorni contati”. I cristiani ritengono che vita e morte sono compresi nella decisione di Dio e sottratti alla volontà dell’uomo. “...che abbiamo i giorni contati”, anche quando l’importanza della morte viene negata quale elemento essenziale della vita, o laddove vi è il rischio che l’ultima fase della vita venga ridotta a funzioni tecniche, cristiane e cristiani devono portare la loro fede e la loro speranza.

Riceviamo la nostra vita e il nostro tempo dalle mani di Dio e allo stesso modo possiamo nuovamente rimettere con speranza la nostra vita nelle sue mani. La fine della vita è ancora parte della vita stessa e per questo sia il morente sia chi lo accompagna devono affrontare la morte con dignità. Nessuno al di fuori di Dio dovrebbe disporre il momento della propria morte. Un aiuto attivo alla morte e l’aiuto al suicidio sono pertanto esclusi. La speranza, che si fonda sulla fede in Gesù risorto oltre la morte, può aiutare ad accettare la morte come limite della vita terrena e accompagnare, consolare e rassicurare il morente e coloro che sono in lutto. “...allora troveremo la vera saggezza”. La morte e la condizione di compromissione della capacità di esprimere il proprio consenso alle cure può essere preventivata attraverso le direttive anticipate di trattamento, possibilmente vincolanti dal punto di vista legislativo. Al confine della vita il morente, i familiari, i medici e gli operatori di cura devono spesso prendere decisioni di grande importanza. Nessuno dovrebbe essere lasciato solo e ad ognuno dovrebbe essere offerto ogni possibile sostegno, anche in relazione alla fede.

La morte di una persona non si può programmare. L’esperienza mostra che neanche attraverso le direttive anticipate di trattamento è possibile regolamentare tutti gli aspetti. Per questo è importante ricordare che nella fase di fine vita sono sempre coinvolte altre persone: familiari, amici, amiche, operatori di cura, medici, pastori e pastore. L‘autodeterminazione e la cura si integrano e si condizionano reciprocamente nell’ultima fase della vita. Ciò può avvenire nella reciproca, possibilmente cresciuta fiducia delle persone coinvolte e nell’incondizionato rispetto della dignità della vita.

Il processo dell’attraversamento, il momento della morte, dovrebbe essere accettato da tutti coloro i quali ne sono partecipi; anche le fasi empiricamente rilevanti del processo del morire: il non-voler riconoscere il fin di vita, la depressione e l’accettazione, dovrebbero essere accolte cristianamente.

Chi sta per morire non dovrebbe essere lasciato solo con la sua fede e i suoi dubbi, nella paura e nella disperazione. Dovrebbe essere previsto, invece, un intenso sostegno cristiano all’ultima fase della vita che 5

includa i familiari, i partner, e gli amici e vada oltre la consueta cura d’anime nella comunità e cura d’anime ospedaliera.

Quando la morte è inevitabile, è preferibile anteporre una morte dignitosa rispetto a un artificiale prolungamento della vita. Non è possibile né ammissibile una discussione riguardo al valore di una vita umana. L’uomo non ha un valore, prerogativa delle cose materiali, ma ha una sua dignità. Qualsiasi calcolo costi-benefici, ogni potenziale soluzione di comodo, ogni omissione non può avere spazio di fronte alla morte. Con sollecitudine ed empatia bisogna rispettare le esigenze del paziente, soprattutto quando lo stesso non si può più esprimere verbalmente. Poiché anche in questa condizione ha priorità la dignità umana concessa da Dio nella Sua eterna grazia e misericordia. La supremazia della grazia prevale sull’agire.

Ogni necessità del paziente deve essere riconosciuta attraverso l’empatia e, se lo stesso è ancora in grado, deve essere concordata, per rendere possibile qualsiasi sollievo.

La Chiesa Evangelica Luterana in Italia (CELI) ritiene suo compito contribuire, con la propria concezione fondata sulla bibbia, alla discussione pubblica sulle direttive anticipate di trattamento in Italia. Lo fa perché convinta che la fede cristiana può dare aiuto e orientamento all’uomo nella fase di fine vita e nel momento della morte.

La tradizione cristiana conosce il significato dell’esercizio, della preparazione di una vita consolata al suo termine e alla morte. É un processo che inizia in mezzo alla vita: “Facci capire che abbiamo i giorni contati, allora troveremo la vera saggezza.” (Salmo 90,12). Da ciò deriva un’attitudine che accetta il limite della vita e che integra il poter- dover lasciar andare. Questa modalità di vivere cresce nella fiducia in Gesù Cristo, nella fiducia di essere accolti, anche nel dolore e nella perdita, nell’amore di Dio.

III Aspetti della diaconia Visione cristiana: vivere nelle relazioni Dalla prospettiva evangelica la vita umana è fondamentalmente una vita di relazioni con Dio e gli uomini.

Essere uomo significa essere creato, giustificato e rinnovato tramite l’amorevole agire di Dio. La vita è, quindi, un dono e non una proprietà privata della quale si possa fare ciò che si vuole.

Relazioni salde con la famiglia, con parenti, amici, vicini di casa, colleghi, con altre persone vicine e lontane, e la comunicazione con essi, sono essenziali per la vita umana e per la sopravvivenza; sono fonte di piacere, gioia, gratitudine, riconoscimento e sicurezza, ma anche di problemi, frustrazioni, lutto e dolore di separazione.

Quando si tratta di malattia incurabile e di fine vita è importante tenere presente questo ruolo fondamentale delle relazioni e della dipendenza. In situazioni estreme l’uomo dipende completamente dalla sollecitudine, dalla cura e dall’assistenza di altre persone.

Tutelare e curare la vita L’agire amorevole di Dio verso il mondo e verso la vita umana costituisce per l’uomo la responsabilità per la vita, la responsabilità di tutelare la vita con rispetto, amore e attenzione.

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Questo compito di tutelare la vita umana da danni e distruzione, non riguarda soltanto la vita fisica e la sopravvivenza, ma riguarda l’uomo nella sua interezza, nella sfera psichica, emozionale e sociale, come persona con la propria e individuale storia di vita.

Il dovere di curare l’uomo in condizione di sofferenza e vulnerabilità è particolarmente importante nella fase di fine vita.

Sollecitudine ed empatia - un dovere cristiano e diaconale Premura ed empatia, soprattutto verso colui che soffre, sono costitutivi per una vita cristiana e, pertanto, elemento essenziale dell’agire diaconale. Le lettere di Paolo descrivono in diverse occasioni come dovrebbe essere la vita cristiana e come inseguire questi ideali; nella vita di Gesù si trovano esempi di sollecitudine e di empatia per gli uomini in sofferenza, poveri, malati, vedovi/e ed emarginati. L’agire di Gesù mostra chiaramente le diverse dimensioni della sollecitudine: la dimensione fisica quando Gesù offre da mangiare agli affamati e guarisce i malati, la dimensione relazionale nell’invito e nella reintegrazione degli esclusi, la dimensione spirituale nella consolazione dei disperati.

Per l’opera cristiana e diaconale vi è una specifica responsabilità di assistenza per le persone gravemente malate e per i morenti, la cui vita è particolarmente vulnerabile e in pericolo. Ciò è da sempre una parte fondamentale dell’etica cristiana e, a differenza del mondo ellenico circostante, il cristianesimo si era dedicato alla cura del malato anche quando guarigione o lenimento non erano possibili.

Cura palliativa e cura spirituale Negli ultimi anni sono stati fatti grandi sforzi in termini di ricerca, formazione, istruzione, collaborazione interdisciplinare per ambiti che conosciamo sotto il nome di “Palliative Care” e “Spiritual Care” (cura palliativa e di cura spirituale), al fine di consentire una cura olistica che affronta le diverse dimensioni della vita umana.

L’assistenza a persone in fin di vita richiede di prendersi cura delle esigenze fisiche, psichiche e sociali, anche quando non vi è speranza di guarigione o di un miglioramento con ulteriori interventi sanitari. Ciò comprende il trattamento efficace del dolore, il sollievo di altri sintomi e disturbi quali vomito, prurito, decubito; il lenimento di sofferenze psichiche come angoscia, paura, depressione, il sostegno nell’ambito sociale per mantenere relazioni con familiari, parenti, amici e, in generale, il contatto con il mondo esterno all’ospedale o alla casa di cura, la soddisfazione dei bisogni spirituali che riguardano la fiducia ultima e la speranza nella vita e oltre la vita.

Le chiese possiedono un grande tesoro di contenuti di fede, di riti e un linguaggio liturgico, che possono offrire ai malati assistenza e accompagnamento oltre le esigenze fisiche o mediche.

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Tramite preghiere, salmi, testi biblici e inni, i malati e morenti possono trovare speranza, consolazione e forza spirituale nella loro percezione del dolore e nel loro stato d’animo di disperazione e di perdita del senso.

Rispetto amorevole nei confronti di ogni persona Coloro che prestano assistenza si dovrebbero adoperare al rispetto amorevole di ogni singola persona. Ciò significa, non ridurla alla sua condizione attuale, alla sua storia di malattia, alla sua previsione di vita, al suo stato familiare e sociale, ai suoi sentimenti di paura, solitudine, abbandono. Significa, invece, avere attenzione alla personalità del paziente, al riconoscimento della sua biografia, dei suoi legami, dell’immagine di se stesso, al rispetto per la sua unicità, ad es.

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le persone si rassegnano in modo diverso, o non si rassegnano, alla loro sofferenza e alla morte che si avvicina; rendono partecipi la famiglia e amici della loro situazione o la omettono; si confrontano in vari modi con la vulnerabilità causata dalla grave malattia e con l’avvicinamento all’ultima fase della loro vita

Il rispetto dell’altro prevede quindi di astenersi da una visione generalizzata e standardizzata della biografia personale e di ciò che significa affrontare una grave e mortale malattia con sofferenza fisica, mentale e spirituale. Si dovrebbe porre attenzione all’individuo concreto e a come la vita della persona è influenzata da legami esistenti o inesistenti, e a come tale condizione determini le possibilità di affrontare la propria malattia e morte.

Ciò significa anche percepire e tenere seriamente in considerazione le emozioni contraddittorie come la disperazione, la paura, la tristezza, la speranza, il dispiacere, la rabbia e forse qualche volta anche la gioia di vivere, e aiutare ad esprimerli. Significa anche essere vicini alla persona, accompagnarla e non abbandonarla.

Il problema della solitudine e l’impossibilità di verbalizzazione Un problema importante nella situazione di grave malattia e la fase di fine vita può essere la solitudine e l’impossibilità di esprimersi verbalmente, quando la comunicazione è resa difficile o addirittura impossibile o unidirezionale, oppure vi è una discrepanza tra le relazioni desiderate e quelle realmente esistenti. La solitudine viene percepita anche quando un vivace intelletto è imprigionato in un corpo che non ha più le sue funzioni e che non può più organizzare autonomamente i suoi bisogni (letture, comunicazione umana, televisione, musica ecc.).

La conseguente sofferenza può far nascere o rafforzare il desiderio di terminare una vita che non viene più percepita come degna di essere vissuta.

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IV Aspetti medici La medicina è complessa nell’attività di ricerca, nella pratica e nella dimensione morale, va in profondità, ha un’ampia portata ed è talvolta contraddittoria nelle sue cognizioni e vedute.

Un lavoro medico e paramedico oggi non è più attuabile senza un’informazione approfondita e senza un consenso informato documentato; ogni “negligenza” può comportare delle conseguenze gravi dal punto di vista del diritto sia civile, sia penale. Per questo motivo è anche nell’interesse dello stesso personale del servizio sanitario procedere informando, in maniera trasparente e nel rispetto e consenso di comune accordo con i pazienti e i familiari, e ogni cittadino che si rivolge ai servizi sanitari con la preghiera di ricevere una consulenza/un trattamento lo può verificare ed esigere direttamente.

D’altro canto la quantità delle informazioni, la complessità delle interazioni e il numero delle grandezze dell’influsso e delle disfunzioni in medicina e i suoi sistemi di comunicazione digitali sono diventati così incalcolabilmente grandi che vanno al di là delle capacità di ogni singolo profano proprio perché tutti i dati e le vie di collegamento sono essenzialmente accessibili e comprensibili.

Per orientarsi i medici specialisti che operano sul campo e il personale devono fare in modo che vi sia tra di loro e nei confronti dei pazienti una disponibilità alla cooperazione reciproca, sincera e costruttiva, che – sembra un paradosso – proprio per le disposizioni sulla privacy stabilite dalla politica e dalla burocrazia viene intralciata invece che agevolata.

Quindi c’è invece bisogno in questo campo d’incontro apparentemente così sicuro dal punto di vista giuridico e informatico di doti fondamentali nei rapporti con il prossimo come la consensualità, la comunione sociale e l’affidabilità. Queste non si presentano però da sole o vengono versate dall’alto come lo Spirito Santo a Pentecoste, bensì devono essere osate e provate: oggigiorno il rapporto tra paziente e medico è lo stesso di sempre, ma forse con una nuova chiarezza e gentilezza verso la disponibilità a fidarsi e con incontri che creano fiducia, intese e gesti.

Dall’esperienza clinica, ma anche dalle direttive anticipate di trattamento già redatte e in uso si possono dedurre alcuni punti essenziali intorno ai quali orbitano le preoccupazioni delle persone in particolare quando pensano a stati patologici gravi o al momento della morte: - dolori che non si possono tenere sotto controllo - sete tormentosa - troppo caldo, troppo freddo, troppo stretto - situazioni piene di vergogna riguardanti i propri bisogni e la cura del corpo - una materializzazione o denaturalizzazione delle proprie funzioni del corpo e stato dovuto a provvedimenti tecnico-artificiali come vie di entrata/uscita artificiali, respirazione dovuta 9

a macchinari e stabilizzazione cardiocircolatoria, il mantenimento in vita artificiale contro il processo di morte con farmaci, apporto di liquidi e di nutrimento per via parenterale - incapacità di muoversi e di comunicare - cambiamenti psichici incontrollabili come annebbiamento della coscienza e confusione, cambiamento dell’essere e perdita della personalità - solitudine.

In tutto questo in realtà non si esprimono paure verso particolarità della moderna tecnologia medica, bensì si tratta di disturbi dello stato d’animo innato che appartengono alla nostra natura.

Soltanto dopo – e, cosa degna di nota, non menzionata nemmeno nelle direttive anticipate di trattamento cristiane – sembra che sia il turno della paura della morte e di quello che viene dopo.

Il fatto che queste paure primordiali vitali siano di nuovo venute all’attenzione della donna e dell’uomo postmoderni in maniera che non si può ignorare può essere recepito come effetto collaterale dello spirito del tempo terreno con la sua immagine dell’essere umano troppo organizzata nel campo dei numeri e delle scienze naturali; soltanto nel movimento in senso opposto della cura palliativa e nel movimento degli hospice è di nuovo venuta presa in considerazione e portata all’attenzione la dimensione della vita, della sofferenza e dell’assistenza del prossimo della persona malata e che sta morendo.

Eppure non si tratta di una ovvietà, non è un atteggiamento automatico o che avviene in maniera spontanea, bensì la “cura” viene osservata, riflettuta e vissuta laddove il soggetto che soffre o i suoi intercessori si esprimono in maniera chiara, poiché l’empatia e l’accompagnamento benevolo del processo di morte che ne consegue al di là dei limiti di quanto è fattibile tecnicamente sono delle doti, che nell’attuale spirito del tempo dei servizi sanitari moderni si possono sviluppare soltanto difficilmente.

Questo non va ricercato soltanto nelle peculiarità dell’evoluzione della medicina orientata verso le scienze naturali, bensì va ricercato anche nelle condizioni generali giuridiche, politiche e amministrative nelle quali questa si trova e che i medici non possono assolutamente cambiare con le proprie forze. Senza dubbio il servizio alla salute, l’aiuto in caso di malattia e l’accompagnamento nel decorso del morire erano e sono anche un affare economico e vengono deviati come tale dalla strada della loro destinazione, da una parte dalle regole dell’economia e dall’altra dalle visioni (e ossessioni) soggettive di protagonisti politici.

Per questo è tanto più importante che le istituzioni morali, di volontariato e spirituali non soltanto non tacciano in proposito, bensì che agiscano. Per questo motivo sono sensate delle direttive anticipate di fine trattamento cristiane di impronta luterana per il contesto italiano. Queste sono efficaci però se non ci si perde nel contrasto, ma si impara a comprendere gli oppositori della moralità cristiana.

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Dal punto di vista della medicina palliativa tra l’altro si deve dire con la massima chiarezza che i disturbi degli stati d’animo elencati sopra si possono tutti ridurre con un modesto dispendio di medicina organica. Anche gli stati confusionali e di disorientamento si possono trattare in vario modo. La solitudine invece è un grande problema per tutti i servizi di competenza.

In relazione al tema del coma vigile, grazie ai valori esperienziali crescenti della medicina palliativa e della cura palliativa, ci sono non pochi esiti che contrastano chiaramente i cliché correnti e le paure eccessive dei profani e dei media: la qualità della vita soggettiva delle persone colpite dal di fuori è tutto tranne che indovinabile o addirittura definibile; in questo la loro dignità umana e unicità e il senso della loro esistenza rimangono GRAZIE A DIO al di fuori da qualsiasi definizione generalizzante.

V. Aspetti giuridici delle dichiarazioni anticipate di trattamento in Italia Quali sono i fondamenti giuridici validi per me?1

Chi riflette su cosa potrebbe accadere alla propria persona se venisse a trovarsi in uno stato in cui non può più né formare né esprimere la propria volontà, sarà forse portato a voler definire, con delle dichiarazioni anticipate di trattamento, quali saranno i trattamenti a cui vuole essere sottoposto.

Come prima cosa bisogna essere consapevoli del fatto che è la legge italiana che regola l’efficacia e la vincolatività delle dichiarazioni anticipate in Italia, quindi è la legge italiana che dà una risposta alla domanda se, ad esempio, un medico italiano debba, secondo il diritto italiano, attenersi alle preferenze di trattamento che sono state messe per iscritto. A questo riguardo, la nazionalità del paziente è irrilevante.

Diversamente da altri paesi di cui ad esempio la Germania, in Italia la situazione giuridica concernente il carattere vincolante delle dichiarazioni anticipate di trattamento e la loro attuazione non ha ancora trovato una regolamentazione normativa. Nonostante il fatto che negli ultimi anni siano stati presentati diversi disegni di legge, non è ancora prevista l’approvazione di una legge che ne regoli il carattere vincolante.

La Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia con la Legge regionale del 13.03.15 n.4 ha fatto un passo in avanti per promuovere la vincolatività giuridica delle dichiarazioni anticipate di trattamento. L’art. 1 della suddetta legge stabilisce che la Regione riconosce e promuove il diritto della persona di disporre con certezza giuridica a quali trattamenti sanitari nell'ambito del 1

Questa esposizione tiene conto della legislazione fino al 31.10.2015.

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Servizio sanitario regionale intende essere sottoposta, e ciò in tutte le fasi della vita, ivi compresa quella terminale, ed anche nell'ipotesi in cui la persona stessa non sia più in grado di intendere e di volere. Per questo motivo viene istituito un Registro regionale delle dichiarazioni anticipate di trattamento e alle persone con residenza o domicilio nella regione viene data la possibilità di nominare un fiduciario che deve controllarne l’attuazione.

Questa legge regionale potrebbe tuttavia ben presto essere dichiarata incostituzionale, dato che il 26.05.2015 il Presidente del Consiglio dei Ministri ha presentato ricorso per il controllo della legittimità costituzionale alla Corte Costituzionale, con la motivazione che la Regione non ha competenze legislative in materia e che la legge viola anche il principio d’uguaglianza della Costituzione2.

Definizione di eutanasia attiva e di suicidio assistito

Questo sussidio intende fornire un aiuto per le questioni legate al tema delle dichiarazioni anticipate di trattamento. Per comprendere l’estensione del nostro tema è utile fare una distinzione fra altre questioni riguardanti l’autodeterminazione alla fine della vita, dato che nel dibattito pubblico regna talvolta una tremenda confusione terminologica.

Attualmente le tematiche legate all’eutanasia attiva e al suicidio assistito sono al centro del dibattito politico in Germania e anche in Italia sono oggetto di dibattito pubblico ad intervalli regolari. Queste tematiche non vengono trattate dal nostro sussidio ma vengono qui di seguito brevemente definite solo allo scopo di distinguerle.

Per quanto concerne la terminologia italiana vorremmo far notare che il termine “Sterbehilfe” in italiano viene tradotto con il termine “eutanasia”. Il termine “eutanasia”, in tedesco “Euthanasie”, risale etimologicamente ai termini del greco antico “bello/buono” e “morte”. Tuttavia il lettore di lingua germanica associa spontaneamente la parola “Euthanasie” al cosiddetto “Euthanasieprogramm” (programma di eutanasia) del regime criminale nazionalsocialista, nel cui ambito in maniera atroce e con disprezzo nei confronti del genere umano è stata uccisa una moltitudine di persone. Definire gli omicidi dei nazionalsocialisti come “Euthanasie” era allora una scelta lessicale eufemistica utilizzata intenzionalmente per nascondere avvenimenti reali. Le questioni legate all’eutanasia nell’ambito dell’autodeterminazione alla fine della vita devono essere chiaramente distinte da tutto questo. Nella versione italiana di questo sussidio utilizzeremo comunque il termine “eutanasia”, di uso corrente nella lingua italiana, come traduzione del termine tedesco “Sterbehilfe”.

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Soprattutto in vista della possibilità di nominare un fiduciario, va tenuto conto che la Corte Costituzionale Italiana già in un altro procedimento (sentenza n. 253 del 04.07.2006) ha dichiarato costituzionalmente illegittima una norma di una legge regionale toscana, in cui veniva data la possibilità di nominare liberamente un fiduciario che in caso d’emergenza potesse accettare o rifiutare i trattamenti terapeutici per il diretto interessato, nel caso in cui questi non fosse più in grado di prendere una tale decisione. La Corte Costituzionale con questa sentenza ha stabilito che la Regione non può emanare una tale norma, perché a tale riguardo la competenza legislativa è esclusiva dello Stato e non della Regione.

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1. Eutanasia attiva Nell’eutanasia attiva la morte viene procurata su richiesta del paziente in modo mirato attraverso un terzo (es.: somministrazione di un’iniezione letale). La morte subentra per l’intervento di un terzo, non a causa della malattia. L’eutanasia attiva in Germania, così come in Italia, è punibile come omicidio del consenziente (art. 579 codice penale).

2. Eutanasia passiva L’eutanasia passiva include i casi del “lasciar morire”, quindi la rinuncia o la sospensione di terapie per il prolungamento della vita, o perché queste non siano più indicate dal punto di vista medico (dato che il paziente si trova già nella fase immediatamente precedente alla morte) o perché la rinuncia o la sospensione corrispondono alla volontà del paziente. La volontà può essere stata espressa in maniera esplicita prima della perdita della capacità di consenso (ad esempio nelle dichiarazioni anticipate di trattamento) o può essere solo presunta (i tribunali in questo caso la subordinano a condizioni molto rigide). La morte viene provocata dalla malattia.

A volte a livello terminologico non si differenzia in maniera sufficientemente precisa fra eutanasia attiva e passiva e il termine “eutanasia” viene spesso utilizzato in maniera da intendere solo l‘eutanasia attiva. Per evitare difficoltà di comunicazione e d’interpretazione invece di eutanasia passiva sarebbe meglio parlare di “rifiuto delle terapie medico-chirurgiche”.

3. Suicidio assistito (aiuto a morire) La morte viene procurata dallo stesso interessato attraverso l’aiuto di un terzo (che ad esempio gli porge una bibita avvelenata che può bere con la cannuccia). In Germania il suicidio assistito nel rispetto di determinate condizioni non è passibile di pena.

In Italia l’aiuto e anche l’incitamento al suicidio è passibile di pena (art. 580 codice penale).

Dichiarazioni anticipate di trattamento: definizione e contenuti

Fondamentalmente ogni persona può decidere liberamente da sola, se e in quale misura approva dei trattamenti sanitari. Nel caso in cui un giorno non possa decidere liberamente o non possa più esprimere la propria volontà, può mettere prima per iscritto le proprie volontà in delle dichiarazioni anticipate di trattamento. Si tratta di una dichiarazione scritta in cui indica le Sue preferenze di trattamento sanitario in una tale situazione.

Può ad esempio mettere per iscritto che nella fase terminale di una malattia che conduce alla morte Le vengano somministrate delle medicine per il lenimento e la sedazione terminale, anche se queste medicine a causa dei loro effetti collaterali possano eventualmente accelerare il momento della morte (cosiddetto suicidio assistito indiretto).

Inoltre nelle Sue dichiarazioni anticipate di trattamento può decidere che non devono essere avviati o devono essere sospesi trattamenti d’importanza vitale, cosicché la morte venga provocata dalla malattia, anche se si sarebbe potuto eventualmente prolungare la vita. Esempi a riguardo possono essere il non praticare o l’interrompere una dialisi o la sospensione dell’alimentazione artificiale di un paziente in coma.

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Le dichiarazioni anticipate di trattamento in Italia non hanno una regolamentazione normativa e di conseguenza è controverso Il carattere vincolante delle stesse. La giurisprudenza tende a considerarle vincolanti a determinate condizioni, che a breve approfondiremo più in dettaglio.

Chi decide per me quando non sono più in grado di farlo?

Nel momento in cui qualcuno, a causa di una malattia o di un incidente non sia più in grado di formare e/o esprimere la propria volontà, può essere nominato al suo posto un rappresentante legale. Questi può essere un amministratore di sostegno o anche un tutore, per quanto attualmente si ricorra sempre più alla figura dell’amministratore di sostegno. In Alto Adige l‘amministrazione di sostegno viene tradotta con il termine “Sachwaltschaft”, termine che useremo anche noi nel testo tedesco. Nella terminologia giuridica in Germania l’“amministrazione di sostegno” corrisponde a una “Betreuung”.

Contrariamente ad un’opinione molto diffusa, il rappresentante legale non è automaticamente il coniuge, un figlio, un parente stretto o un amico. Questa persona viene piuttosto designata su richiesta dal tribunale competente, per quanto il tribunale tutelare dia la precedenza in linea di massima alla nomina di parenti, del coniuge, di amici e conoscenti del paziente. L‘art. 408 del codice civile afferma che il Giudice tutelare nella scelta dell’amministratore di sostegno debba considerare il coniuge (convivente), la persona stabilmente convivente, il padre, la madre, il figlio, il fratello o la sorella, il parente entro il quarto grado del paziente ovvero il soggetto designato come amministratore di sostegno dal genitore superstite, con atto formale. 3 Questo elenco non rappresenta tuttavia un ordine di preferenza a cui deve essere legato il Giudice tutelare. Il criterio decisivo per la scelta dell’amministratore di sostegno è la convinzione del giudice che una persona sia adatta a garantire la migliore assistenza e tutela degli interessi della persona che necessita di cure. Il giudice può nominare anche terzi estranei come amministratori di sostegno.

L’amministratore di sostegno viene nominato dal tribunale solo nel momento in cui sia subentrata la necessità di un’assistenza e non prima, quando la persona che necessita le cure è ancora nel pieno possesso delle sue facoltà fisiche e mentali. (vedere sotto più dettagliatamente). Mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata, lo stesso interessato può designare anticipatamente un amministratore di sostegno in previsione della propria eventuale futura incapacità di agire, o dell’incapacità di prendersi cura autonomamente di se stesso. (art. 408 paragrafo 1 codice civile).

Il Giudice tutelare assegna all’amministratore di sostegno determinati compiti nel decreto di nomina che deve assolvere per l’interessato. Questi compiti possono riguardare sia aspetti economici che l’assistenza alla persona. Affinché possano essere date all’amministratore di sostegno le relative autorizzazioni, è necessario che gli vengano elencati i compiti che gli spettano il più precisamente possibile nel decreto di nomina.

3

La designazione attraverso il genitore deve avvenire attraverso testamento, atto pubblico o scrittura privata autenticata.

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La Corte di Cassazione con la Sentenza sul caso Englaro del 16.10.2007 ha stabilito espressamente che il paziente che non è in grado di esprimere il proprio consenso, mantiene la possibilità, attraverso il suo rappresentante legale, di accettare o rifiutare le cure raccomandate dal medico.

In questo il tutore è il giusto interlocutore per il medico ma lo è anche l‘amministratore di sostegno, sempre che sia stato annotato nel decreto di nomina del Giudice tutelare.

Efficacia giuridica delle dichiarazioni anticipate di trattamento in Italia

1. Nessuna disciplina normativa delle dichiarazioni anticipate di trattamento Diversamente dalla Germania in Italia le questioni legate alla tematica delle dichiarazioni anticipate di trattamento, chiamate testamento biologico, non hanno una disciplina normativa.

All’epoca del governo Berlusconi questa tematica era una questione politica molto dibattuta. Nel 2011 un disegno di legge a riguardo, il cosiddetto “ddl Calabrò”, con cui si sarebbe dovuto evitare il più possibile il carattere vincolante delle dichiarazioni anticipate di trattamento, stava quasi per entrare in vigore come legge, quando il cambiamento di governo non permise di realizzarlo.

Attualmente ci sono alcuni disegni di legge pendenti, tuttavia non si può prevedere se e quando si arriverà all’emanazione di una legge a riguardo.

2. Consenso Informato Anche se in Italia non esiste una regolamentazione legale specifica sul tema delle dichiarazioni anticipate di trattamento, nella Giurisdizione italiana si trovano tuttavia delle norme, che possono essere utilizzate per motivare il diritto del singolo a ”lasciar morire”. Così ad esempio anche in Italia si può eseguire un trattamento sanitario solo se esiste il previo consenso del paziente informato (il cosiddetto consenso informato), a meno che non si tratti di un caso d’emergenza. Il medico quindi non può imporre i propri valori, decidendo contro la volontà del paziente cosa sarebbe meglio per lui. La libertà di ognuno di decidere da solo riguardo alla propria terapia, come ha stabilito la Corte di Cassazione (sentenza Englaro del 16.10.2007), nella Costituzione italiana si basa su: -

art. 2 (“La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo”), art. 13 paragrafo 1 (“La libertà personale è inviolabile”) così come anche nell‘ art. 32 paragrafo 2 (“Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.”)

Inoltre la volontarietà delle terapie è affermata anche da altre fonti di diritto nazionale, internazionale e europeo.

Risulta tuttavia incerto cosa deve valere quando non si può più ottenere il consenso del paziente, perché questi non è più in grado di esprimere la propria volontà. L’Italia in questo contesto ha 15

sottoscritto la Convenzione di Oviedo del Consiglio d’Europa del 4 aprile 1997 e proclamato una legge (legge del 28.03.2001 n. 145) con cui il Parlamento italiano autorizza il Presidente della Repubblica a ratificare la Convenzione; tuttavia questo non è ancora avvenuto. Pertanto la Convenzione in Italia non ha ancora un valore di legge formale. Ciononostante viene impiegata come ausilio interpretativo4. In questo documento, che è vincolante per l’Italia almeno secondo il diritto internazionale, l‘art. 9 stabilisce che: “I desideri precedentemente espressi a proposito di un intervento medico da parte di un paziente che, al momento dell’intervento, non è in grado di esprimere la sua volontà saranno tenuti in considerazione.”

3. Codice di deontologia medica In Italia non esiste una legge che stabilisca un valore legale vincolante delle dichiarazioni anticipate di trattamento. Nel codice italiano di deontologia medica del 18.05.2014 all‘art. 38 tuttavia è stabilito come il medico deve comportarsi dal punto di vista deontologico in presenza di Dichiarazioni anticipate di trattamento. Qui si legge: “Il medico tiene conto delle dichiarazioni anticipate di trattamento espresse in forma scritta, sottoscritte e datate da parte di persona capace e successive a un’informazione medica di cui resta traccia documentale.

La dichiarazione anticipata di trattamento comprova la libertà e la consapevolezza della scelta sulle procedure diagnostiche e/o sugli interventi terapeutici che si desidera o non si desidera vengano attuati in condizioni di grave o totale compromissione delle facoltà cognitive o valutative che impediscono l’espressione di volontà attuali.”

“Il medico, nel tener conto delle dichiarazioni anticipate di trattamento, verifica la loro congruenza logica e clinica con la condizione in atto e ispira la propria condotta al rispetto della dignità e della qualità di vita del paziente, dandone chiara espressione nella documentazione sanitaria.“ “Il medico coopera con il rappresentante legale perseguendo il miglior interesse del paziente e in caso di contrasto si avvale del dirimente giudizio previsto dall’ordinamento e in relazione alle condizioni cliniche procede comunque tempestivamente alle cure ritenute indispensabili e indifferibili.”

Certamente l’inserimento di una norma sulle dichiarazioni anticipate di trattamento nel nuovo codice di deontologia medica (2014) rappresenta un importante passo in avanti per il carattere vincolante delle dichiarazioni anticipate di trattamento. Non va tuttavia scordato che in questo caso si tratta “solo” di deontologia, vale a dire del diritto di autogestione del corpo medico. Per creare una certezza definitiva del diritto in questo campo è indispensabile l’intervento del legislatore.

4. Giurisdizione italiana 4

Come confermato dalla Corte di Cassazione nella Sentenza Englaro.

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Anche i Tribunali italiani hanno dovuto occuparsi della problematica del “lasciar morire”. In mancanza di una base giuridica per le dichiarazioni anticipate di trattamento attualmente si fa riferimento piuttosto alla giurisdizione per avere orientamenti su ciò che è fattibile da un punto di vista legale.

La giurisdizione, qui descritta solo in maniera molto sintetica, lascia riconoscere una certa tendenza all’approvazione dell’ammissibilità, a determinate condizioni, di questo tipo di autodeterminazione alla fine della vita. a) Sentenza Englaro della Suprema Corte di Cassazione del 16.10.2007 Questa sentenza rappresenta la base di ogni riflessione. La sentenza riguardava il caso di una ragazza, Eluana Englaro, che dopo un incidente si trovava nel cosiddetto stato permanente vegetativo da quindici anni; suo padre, in quanto tutore aveva presentato un ricorso volto a chiedere l’emanazione di un ordine di interruzione dell’alimentazione forzata di sua figlia. La Corte di Cassazione ha esposto che un tribunale può emanare un ordine d’interruzione dell’alimentazione artificiale quando: (1) la condizione di stato vegetativo sia, in base ad un rigoroso apprezzamento clinico, irreversibile e non vi sia alcun fondamento medico, secondo gli standard scientifici riconosciuti a livello internazionale, che lasci supporre che la persona abbia la benché minima possibilità di un qualche, sia pure flebile, recupero della coscienza e di ritorno ad una percezione del mondo esterno; e (2) sempre che tale istanza sia realmente espressiva, in base ad elementi di prova chiari, concordanti e convincenti, della voce del rappresentato, tratta dalla sua personalità, dal suo stile di vita e dai suoi convincimenti, corrispondendo al suo modo di concepire, prima di cadere in stato di incoscienza, l'idea stessa di dignità della persona. b) Decreto del Giudice tutelare del Tribunale di Modena del 05.11.2008 In questo caso si trattava della questione se qualcuno che si trova ancora in uno stato in cui è capace di dare il proprio consenso possa designare in maniera vincolante una persona di fiducia che nel momento in cui l’interessato non possa più esprimere la sua volontà faccia valere le dichiarazioni anticipate di trattamento redatte precedentemente. Dato che in Italia non esiste la figura di un fiduciario autorizzato per tali casi, attualmente si cerca perlopiù di risolvere la problematica applicando le disposizioni legali sull’amministrazione di sostegno in conformità con l’art. 404 ss. del Codice civile.

Il Giudice tutelare del Tribunale di Modena ha accolto un relativo ricorso, nominando la moglie del richiedente come amministratrice di sostegno e autorizzandola, in caso subentrino le condizioni indicate nelle dichiarazioni anticipate di trattamento a non dare il consenso agli interventi dei medici curanti, che il paziente ha rifiutato nelle dichiarazioni anticipate di trattamento.

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Il cammino intrapreso dal Giudice tutelare del Tribunale di Modena tuttavia dopo la sentenza della Corte di Cassazione del 20.12.2012 potrebbe non essere più percorribile, dato che la Corte di Cassazione ha stabilito che la possibilità di nominare “ora per allora” un amministratore di sostegno, non è ammissibile secondo le norme vigenti, dato che l’art. 404 ss. del cc per la nomina di un amministratore di sostegno presuppone che sia già subentrata la condizione dell’incapacità di prendersi cura di se stessi (vedi sotto). c) Sentenza della Corte di Cassazione del 20.12.2012 Con questa sentenza la Corte di Cassazione ha deciso che il procedimento dell’amministrazione di sostegno in conformità con l’art. 404 ss. cc può essere avviato soltanto se esistono i presupposti per un’amministrazione di sostegno, quindi l’impossibilità per l’interessato di tutelare i propri stessi interessi. Pertanto una nomina da parte del Giudice Tutelare –ora per allora- non è ammissibile. Niente impedisce la designazione secondo il diritto privato di un amministratore di sostegno da parte dell’interessato (attraverso un atto pubblico o una scrittura privata con autenticazione della firma), questa possibilità è prevista espressamente dall’art. 408 par.1 cc anche in vista del futuro (ora per allora) (la cosiddetta designazione dell’amministratore di sostegno). Nella candidatura secondo il diritto privato (designazione) si tratta tuttavia soltanto di una dichiarazione d’intenti, che stabilisce i desideri dell’interessato, e che il Tribunale tutelare deve fondamentalmente tenere in considerazione più tardi al momento della scelta del curatore (il giudice se ne può discostare solo in presenza di gravi motivi). La vera e propria nomina dell’amministratore di sostegno avviene tuttavia in un secondo momento attraverso il giudice.

VI Passi concreti Qual è il modo migliore di procedere?

Come si è cercato di mostrare qui in precedenza, in Italia non c’è (ancora) nessuna certezza del diritto sul fatto che delle dichiarazioni anticipate di trattamento nel giorno in cui subentrino i loro presupposti vengano anche applicate e che il medico debba attenersi alle indicazioni stabilite dal paziente nelle dichiarazioni anticipate di trattamento. Una tale certezza del diritto si potrebbe avere soltanto con l’entrata in vigore di una relativa legge. Ciononostante nella giurisprudenza sembra delinearsi una tendenza a riconoscere il diritto di un paziente a dare o rifiutare preventivamente il suo consenso a determinati trattamenti sanitari, così come accade con le dichiarazioni anticipate di trattamento.

Se Lei dovesse quindi giungere alla decisione di voler redigere delle dichiarazioni anticipate di trattamento, attualmente dal nostro punto di vista Le raccomandiamo il seguente modo di procedere:

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1. Decida quali fra i diversi modelli che vengono proposti in Italia per le dichiarazioni anticipate di trattamento corrisponda maggiormente ai Suoi desideri e alle Sue convinzioni. In allegato trova un modulo per delle dichiarazioni anticipate di trattamento, raccomandato anche dalla CELI, elaborato e pubblicato dalla Conferenza Episcopale Tedesca e dal Consiglio della Chiesa Evangelica in Germania in unione ad altre Chiese membro e Chiese ospiti del Gruppo di Lavoro delle Chiese Cristiane (ACK) in Germania.

2. Abbia un colloquio esauriente con un medico di Sua fiducia sulle possibilità e le conseguenze delle dichiarazioni anticipate di trattamento, in cui il medico Le esponga le diverse possibilità di trattamento sanitario a cui Lei debba dare o rifiutare il consenso. Preghi il Suo medico di rilasciarLe un certificato su questo colloquio in considerazione dell’art. 38 del codice di deontologia medica.

3. Rediga le Sue dichiarazioni anticipate di trattamento secondo le Sue convinzioni in tranquillità e con attenzione.

4. Scelga una persona di fiducia a cui vuole dare l’incarico di far valere ed attuare le Sue dichiarazioni anticipate di trattamento nel giorno corrispondente. Rifletta sulla persona a cui vuole affidare questo compito di responsabilità. Questa persona di fiducia in caso di dubbio si troverà in conflitto fra l’incarico di eseguire le Sue direttive e il desiderio di fare tutto il possibile, per mantenerLa in vita. Scelga anche un sostituto per la persona di fiducia e discuta in tutta tranquillità con entrambi le Sue preferenze.

5. Faccia redigere da un notaio una dichiarazione autenticata, in cui designa un fiduciario e un sostituto per il fiduciario come Suo amministratore di sostegno (curatore) ai sensi dell’art. 404 cc (amministratore di sostegno) nel caso in cui subentri uno stato in cui non Le sia più possibile formare e/o esprimere la Sua volontà, spiega le Sue preferenze o le Sue direttive di trattamento (in conformità con le dichiarazioni anticipate di trattamento che ha compilato, queste dovrebbero essere state consegnate in anticipo al notaio, e diventeranno parte dell’atto notarile oppure il loro contenuto verrà riportato nell’atto notarile); spiega che conferisce già ora al Suo fiduciario (e al sostituto del Suo fiduciario) l’incarico e che lo autorizza a attuare le dichiarazioni anticipate di trattamento il giorno in cui si realizzino i loro presupposti e a dare a Suo nome i relativi consensi e rifiuti a trattamenti sanitari; spiega che nel caso non fosse più in grado di formare o esprimere la Sua volontà, è Suo desiderio che il giudice tutelare competente in conformità con questo atto notarile nomini il fiduciario da Lei disegnato come amministratore di sostegno e gli affidi i compiti e le competenze necessari per poter attuare le Sue dichiarazioni anticipate di trattamento.

6. Il punto precedente si riferiva solo all’attuazione delle dichiarazioni anticipate di trattamento.

Nell’atto notarile tuttavia può accordare al Suo fiduciario anche competenze più ampie. Un 19

amministratore di sostegno/curatore non viene nominato dal tribunale soltanto quando Lei non è più in grado di esprimere il Suo parere (quindi in quei casi su cui si basano le dichiarazioni anticipate di trattamento), ma può già essere nominato molto prima, ovvero quando Lei non è più in grado di rappresentare i propri interessi da solo e in maniera indipendente. Nel caso voglia provvedere preventivamente già oggi per una tale evenienza, stabilendo la persona che dovrà essere nominata, lo può inserire nello stesso atto.

7. Si faccia redigere varie copie dell’atto notarile. Dovrebbe averne una Lei, una il Suo fiduciario e una il sostituto del fiduciario.

8. Porti sempre con sé un’indicazione (ad esempio nel portafoglio) dell’esistenza delle Sue dichiarazioni anticipate di trattamento e del amministratore di sostegno da Lei designato (dando il numero di telefono al quale è raggiungibile la Sua persona di fiducia).

9. Dato che in Italia non esiste alcuna legge sulle dichiarazioni anticipate di trattamento non esiste nemmeno una regolamentazione formale sulla durata della loro validità. Raccomandiamo ugualmente, per ragioni di sicurezza, di sottoscriverle regolarmente (con la data), preferibilmente ogni anno come segno di conferma.

10. In caso si verifichi la necessità di un amministratore di sostegno, deve essere presentato un ricorso al tribunale tutelare per la nomina dello stesso. Le persone autorizzate a presentare un tale ricorso sono: il coniuge, la persona stabilmente convivente, i parenti entro il quarto grado o altre persone nominate nell’art. 406 in relazione con l’art. 417 del codice civile. Al ricorso per la nomina di un amministratore di sostegno deve essere allegato l’atto notarile con cui (l’attuale) paziente ha scelto la persona che desidera come amministratore di sostegno (vedi sopra al punto 5). Per il ricorso e il procedimento giudiziario si raccomanda di ricorrere all’aiuto di un avvocato.

Un amministratore di sostegno ha solo le competenze stabilite dal tribunale. Di regola questa competenza include la gestione delle questioni patrimoniali di un paziente. In caso l’amministratore di sostegno debba decidere anche sui trattamenti sanitari, il tribunale deve attribuirgli espressamente questa competenza. Deve essere quindi assolutamente richiesto che l’amministratore di sostegno possa esprimere il suo consenso o rifiuto delle terapie secondo le dichiarazioni anticipate di trattamento.

11. Quando il fiduciario sarà stato nominato ufficialmente amministratore di sostegno dal tribunale tutelare, presentando il decreto di nomina del tribunale e l’atto notarile, in cui sono incluse le dichiarazioni anticipate di trattamento (vedi sopra al punto 5), dovrebbe far rispettare le indicazioni di trattamento dal medico curante.

Certamente si raccomanda di fissare un colloquio con il medico prima della nomina di un amministratore di sostegno e di metterlo al corrente il prima possibile delle dichiarazioni anticipate di trattamento.

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Vi preghiamo di considerare che questo sussidio offre soltanto una prima panoramica del nostro punto di vista su una materia molto complessa. Il presente sussidio non può e non deve essere considerata una consulenza legale la quale non può sostituire.

VII Formulario Disposizioni per il mio trattamento sanitario VII A Preferenze di trattamento e dichiarazioni anticipate di trattamento (dal: Formulario della Dichiarazione anticipata cristiana) 1. Nel caso io sia un giorno nell’impossibilità di formare o esprimere le mie volontà e mi trovi in un diretto processo di morte secondo tutte le apparenze irreversibile o nello stadio finale di una malattia inguaribile e mortale dispongo quanto segue barrando le caselle: □ l’accompagnamento e trattamento medico, nonché la cura, devono essere finalizzati a lenire i disturbi come ad esempio dolori, irrequietezza, paura, insufficienza respiratoria o nausea, anche se mediante le cure necessarie non si può escludere un abbreviamento della vita; □ non si deve praticare alcuna alimentazione artificiale mediante interventi medici (ad esempio, né mediante un sondino naso-gastrico o addominale né endovena). La fame deve essere placata in modo naturale, eventualmente con un aiuto nell’assunzione di cibo; □ si deve ridurre in base al giudizio del medico l’idratazione artificiale. Il senso di sete deve essere placato in modo naturale, eventualmente con un aiuto nell’introduzione di liquidi e inumidimento delle mucose della bocca; □ si devono tralasciare trattamenti di rianimazione; □ si deve rinunciare alla respirazione artificiale, ma si devono somministrare medicine per alleviare l’affanno. Accetto la possibilità che queste medicine riducano il livello della mia coscienza o provochino una riduzione involontaria della mia vita; □ non si deve praticare alcuna dialisi o si deve interrompere una dialisi già avviata; □ non devono essere più somministrati antibiotici; □ si deve rinunciare alla trasfusione di sangue o di suoi componenti; □ trattamenti diagnostici o ricovero in ospedale devono avvenire solo se servono a un maggiore lenimento dei disturbi e non possono essere effettuati a domicilio; □ se possibile, vorrei restare a casa e ivi ricevere le cure necessarie; □ se non posso restare a casa, vorrei essere ricoverato nell’ospedale/ospizio/luogo di cura 21

2.Sono in possesso di una dichiarazione di donazione degli organi in cui ho dichiarato la mia disponibilità a donare i miei organi e i miei tessuti: □ Sono consapevole che gli organi possono essere donati solo dopo la constatazione della morte cerebrale e con la conservazione della circolazione del sangue.

Pertanto in maniera eccezionale e solo nel caso possa venir presa in considerazione la donazione dei miei organi, autorizzo un breve trattamento di medicina intensiva (della durata di alcune ore o al massimo alcuni giorni) per constatare la morte cerebrale secondo le direttive vigenti e per il successivo prelievo degli organi.

3. Vorrei avere l’assistenza □ della seguente persona (ad. es. appartenente a una Chiesa): Nome: ……………………………………………………………………………………………………………………………

Via, numero civico: ……………………………………………………………………………………………………

CAP, città: ……………………………………………………………………………………………………………….

Telefono / Cellulare: ……………………………………………………………………………………………………………. di un servizio palliativo e di ospizio ………………………………………………………………………………………………..

4. Spazio per disposizioni supplementari: (cfr. le precisazioni per il caso del coma vigile VII B) Per ulteriori precisazioni ti preghiamo di allegare un foglio a parte corredato di luogo, data e firma.

Firme 1. Firma di chi ha compilato il formulario (obbligatoria) ………………………………………………………………………………………………………………………………………..

Luogo, data…………………………………………………Firma………………………………………………………….

2. Per stabilire la mia volontà qui espressa mi sono fatto/a consigliare da (non obbligatorio) ………………………………………………………………………………

Nome Cognome

……………………………………………………..

Data di nascita

………………………………………………………………………………..

Via, numero civico CAP, Città

…………………………………………………….

Telefono / Cellulare

……………………………….

Professione Ti preghiamo di considerare quanto segue: 22

Le tue opinioni e la situazione possono mutare. Puoi cambiare la tua dichiarazione anticipata cristiana in qualsiasi momento o ritrattarla del tutto. Ti preghiamo pertanto di rivedere a intervalli regolari quanto da te stabilito nella tua dichiarazione anticipata cristiana.

Togli la scheda informativa dal retro del tuo formulario personale e uniscila alla tua carta d’identità.

Sul davanti della scheda è scritto: Dichiarazione anticipata cristiana. Consegnare al medico in ospedale Il contenuto della scheda informativa: Il sottoscritto / La sottoscritta Nome, Cognome Data di nascita Via Città Telefono / cellulare Nel caso io non possa più esprimere la mia volontà ho depositato un formulario della Dichiarazione anticipata cristiana nella mia documentazione personale ………………………………………………………………………….. un secondo esemplare dalla persona da me autorizzata …………………………………………………….. delle copie da parenti ………………………………………………………………………………………….. dal medico di mia fiducia ………………………………………………………………………….. al tribunale tutelare …………………………………………………………………………………………

.

Luogo data

Firma

VII B Spazio per disposizioni supplementari (dal: Formulario della Dichiarazione anticipata cristiana) Nel formulario della Dichiarazione anticipata cristiana trovi uno «Spazio per disposizioni supplementari». Lì hai la possibilità di formulare altri desideri. L’intenzione di usare lo «Spazio per disposizioni supplementari» può dipendere da varie ragioni. Un formulario può sempre indicare solo situazioni tipiche e deve quindi lasciare spazio per precisazioni individuali. Puoi, ad esempio, aggiungere una disposizione – se soffri di una malattia particolare e hai di conseguenza determinate preferenze sui trattamenti; – se vuoi accettare determinate forme di trattamento solo per un tempo limitato; – se vuoi estendere le tue preferenze sui trattamenti e le tue direttive anticipate a situazioni diverse da quelle contenute nel formulario.

Questi ampliamenti possono essere redatti anche in un foglio a parte e poi corredati di luogo, data e firma.

Non dimenticare che le disposizioni supplementari devono essere espresse nel modo più concreto possibile 23

per poter essere tradotte in pratica. In questi casi ti consigliamo di coinvolgere un medico di tua fiducia e – possibilmente – di formulare insieme a lui le tue disposizioni supplementari, per evitare contraddizioni fra le singole formulazioni e raggiungere la necessaria precisione.

Lo «Spazio per le disposizioni supplementari» è particolarmente importante per la questione del cosiddetto coma vigile. Il paziente in coma vigile è una persona, la cui costituzione fisico-psichico-mentale è compromessa in grado più o meno elevato da un grave danno al cervello. Il cosiddetto «stato vegetativo», che viene attribuito ai pazienti in coma vigile, non può essere considerato in linea di principio come stabile e immutabile. I pazienti in coma vigile possono conservare la capacità percettiva e una comunicazione non verbale; non si può certamente escludere un risveglio da questo stato, anche se, a seconda della causa, del decorso e della durata, esso è improbabile. I pazienti in coma vigile continuano ad aver bisogno del contatto e del coinvolgimento nelle relazioni fra le persone, ad esempio, attraverso le cure corporali.

Questo vale anche nel caso in cui il «coma vigile» si dimostri sempre più irreversibile nel suo decorso.

Esistono, anche fra i cristiani, due esperienze molto diverse di relazione con i pazienti in coma vigile. a. Da una parte vi sono esempi sorprendenti di parenti e/o amici che accompagnano e curano per molti anni una persona che si trova nel cosiddetto stato di coma vigile. A partire da una tale esperienza, le persone possono provare un vivo interesse ad affermare con forza, nello «Spazio per le disposizioni supplementari», che nel caso del cosiddetto coma vigile dal punto di vista del trattamento vale esattamente ciò che vale per ogni altro paziente. Per i pazienti in coma vigile, solo quando si verifica una situazione in cui la morte sopraggiungerà in un tempo prevedibile o interviene una seconda malattia acuta è giustificato un cambiamento dello scopo della terapia, rimpiazzando la terapia finalizzata al prolungamento e alla conservazione della vita con una terapia mirante al lenimento del dolore (medicina palliativa) e alla cura generale. In questo caso non si tratta di una provocazione attiva della morte, ma di un’accettazione della morte, nel senso che non si può più opporre nulla alla morte e si rinuncia all’uso di «mezzi straordinari». Naturalmente bisogna mantenere una cura di base. Nel caso in cui tu voglia disporre riguardo a questo ti offriamo qui un canovaccio di testo che puoi riprendere in «Spazio per disposizioni supplementari»: «Le disposizioni indicate sotto VII A 1. devono valere in misura corrispondente, al di là delle situazioni lì indicate, anche nel caso in cui, in seguito a un danno cerebrale, la mia capacità d’intendere e decidere, a giudizio di due medici esperti, secondo ogni probabilità, è irreversibilmente venuta meno e sopraggiunge una seconda malattia acuta, che potrebbe provocare la mia morte. Ciò vale per un danno cerebrale sia diretto, ad esempio in seguito a incidente, colpo apoplettico o patologia infiammatoria, sia indiretto, ad esempio in seguito a rianimazione, shock o insufficienza polmonare». b. Dall’altra parte c’è l’esperienza di coloro che, coinvolti nell’accompagnamento di pazienti in coma vigile per uno o anche molti anni, si chiedono se non sia assolutamente compatibile con la fede cristiana il fatto di far spazio alla morte mediante una limitazione delle cure mediche e/o la sospensione dell’alimentazione artificiale, pur continuando a soddisfare le sensazioni della fame e della sete. Nel caso in cui tu voglia disporre anche riguardo a questo, ti offriamo qui un canovaccio di testo che puoi riprendere in «Spazio per disposizioni supplementari»: «Le disposizioni indicate sotto VII A 1. devono valere in misura corrispondente, al di là delle situazioni lì indicate, anche nel caso in cui, in seguito a un danno cerebrale, la mia capacità d’intendere e decidere, a giudizio di due medici esperti, secondo ogni probabilità è irreversibilmente venuta meno e questo stato dura da (ad esempio, un anno) o sopraggiunge una seconda malattia acuta, che potrebbe provocare la mia morte. Ciò vale per un danno cerebrale sia diretto, ad esempio in seguito a incidente, colpo apoplettico o patologia infiammatoria, sia indiretto, ad esempio in seguito a rianimazione, shock o insufficienza polmonare».

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VIII Registrazione delle direttive anticipate di trattamento presso il comune locale, i cosiddetti “SPORTELLI” dei comuni Sempre più comuni offrono la possibilità di depositare le direttive anticipate di trattamento in siti creati appositamente (i cosiddetti “sportelli”) o di registrarne in un altro luogo il loro deposito. Lo scopo è quello di tenere memoria della volontà del paziente in caso di bisogno. Un secondo scopo potrebbe anche essere quello di fare pressione sul legislatore in modo che le direttive anticipate di trattamento vengano finalmente regolate giuridicamente e vengano predisposte in maniera certa giuridicamente.

Si deve far notare che il deposito non cambia niente alla mancanza di certezza legale menzionata sopra. La registrazione non è un atto sovrano e non ha un effetto giuridico proprio.

IX Approfondimenti IX.1 La cura spirituale Il termine “cura spirituale” deriva dall’inglese “spiritual care” che non è semplice da tradurre in italiano; “care” è traducibile con “assistenza”, “accompagnamento”, “attenzione” e deve essere distinto dal termine “cure”, più usato in medicina, che è da intendersi piuttosto come il trattamento professionale e tecnico in senso stretto. Quando però queste sono arrivate alla fine e la prognosi per la persona in trattamento non ha nessuna prospettiva di miglioramento o guarigione, allora rimane ancora molto da fare e da provare: il restare accanto al prossimo in modo attento, scrupoloso, rispettoso e confortante.

In tali situazioni limite della vita umana, della facoltà e dell’assistenza, da sempre in tanti casi entrano spesso in gioco degli elementi spirituali con una tale importanza e forza che nemmeno la scienza e la politica della sanità moderne, terrene hanno potuto fare a meno dagli anni Ottanta di riconoscere la spiritualità come una quarta colonna della salute oltre alle componenti fisiche, psichiche e sociali.

Stare al passo con esso veniva sì richiesto negli ordini professionali e nei codici etici del personale medico e paramedico già prima, ma oggi continua a trovarsi in posizione marginale della formazione e del perfezionamento professionale nelle scienze sanitarie: il peso principale negli sforzi fatti dal servizio sanitario si trova chiaramente nell’ottimizzazione del trattamento professionale e nell’impiego efficiente dei mezzi a disposizione. Soltanto di rado rimane elemento di assistenza dato per scontato e annoverato in modo vincolante nel portfolio delle prestazioni di un’azienda sanitaria.

Ciò che invece in molti luoghi viene stabilito e garantito è la possibilità della delega di tali prestazioni di assistenza umana a psicologi/psicologhe dell’ospedale e a pastori/e di anime; non di 25

rado vengono anche consultati psichiatri/e in tali situazioni per un parere medico professionale e per una visita. In realtà la cura spirituale è però una richiesta al di là di una specifica confessione religiosa e persegue d’altro canto una visione del mondo e dell’essere umano di tipo salutogenetico, cioè orientata verso risorse e orientamenti sani: non si tratta di aprire un ulteriore fronte nel campo della lotta alla malattia, nemmeno di un’ulteriore conoscenza specifica diagnostica e/o terapeutica e di un procedimento tecnico, bensì di un atteggiamento interiore della singola persona verso il prossimo malato o morente, verso i suoi familiari, verso i colleghi/le colleghe e verso sé stessi.

In Europa ci sono pur sempre due cattedre di lingua tedesca per la cura spirituale, e piano piano l’idea si sta diffondendo laddove la medicina palliativa ottiene dei campi di assistenza propri.

In Italia in proposito molto dipende dalla situazione e dalle iniziative locali; per questo è assolutamente consigliabile cercare dei gruppi di interesse e delle reti già esistenti sul posto, così come progetti all’interno dei servizi sanitari e di assistenza pubblici locali o regionali.

IX.2 La cura palliativa e la medicina palliativa Rispetto alla cura spirituale la cura e la medicina palliative sono più di lunga data e si trovano in una posizione già più chiaramente delineata istituzionalmente e per quanto riguarda la specializzazione formativa. Gli inizi risalgono agli anni Sessanta in Inghilterra e sono legati ai nomi di Cicely Saunders e Balfour Mount.

La cura palliativa (dal verbo latino palliāre, “coprire con un pallio”) in realtà è il termine generico che comprende tutti e tre i campi; comprende tutta la tematica dell’assistenza a malati incurabili e morenti, indipendentemente dal fatto che avvenga in un hospice o nella medicina o nell’assistenza palliativa stazionaria o ambulante. Nel 2002 è stata approvata l’ultima definizione valida secondo la quale la cura palliativa è un approccio volto al miglioramento della qualità di vita dei pazienti e delle loro famiglie che sono confrontati con problemi che accompagnano una malattia che mette a repentaglio la vita. L’attenzione per il significato degli aspetti spirituali può e dovrebbe essere offerta in ogni momento, in qualsiasi luogo e affluisce come atteggiamento non soltanto nei processi palliativi, bensì naturalmente anche in quelli terapeutico-curativi.

Nella comprensione cristiana questo atteggiamento è contenuto soprattutto nei concetti di caritas e di diakonía, per di più visto che in origine la cura praticata nei monasteri verso gli anziani, i malati e i morenti non era una cura medica o infermieristica professionale in senso moderno, bensì derivava dall’essere il ritratto vivente di Dio delle persone sofferenti che quindi avevano bisogno dell’aiuto cristiano del prossimo. La diakonía come spirito vissuto sia individualmente, sia in modo comunitario e come atto del servizio verso il prossimo era ed è una delle colonne delle comunità cristiane.

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Nel frattempo in molti Paesi ci sono delle compagnie professionali nazionali, dei curricula medici e paramedici di specializzazione e delle cliniche specializzate o dei reparti specializzati negli ospedali.

Dal 2010 anche in Italia la cura palliativa e la terapia del dolore sono delle realtà ancorate giuridicamente; in tutte le regioni cresce una rete di assistenza ambulante e stazionaria, che collabora storicamente e realmente in modo stretto con il movimento degli hospice.

La medicina palliativa secondo la definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e secondo quella della Società Tedesca per la Medicina Palliativa è il trattamento attivo e olistico di pazienti con una malattia che progredisce o che è molto avanzata e con un’aspettativa di vita limitata nel momento in cui la malattia non reagisce più a un trattamento curativo e ha la massima priorità il controllo del dolore, di altri disturbi patologici e di problemi psicologici, sociali e spirituali.

Essa va al di là di una terapia puramente palliativa o una palliazione, poiché non è il prolungamento del periodo di sopravvivenza ad ogni costo ad avere la priorità nel trattamento, bensì la qualità di vita, cioè i desideri, gli obiettivi e lo stato del paziente.

I compiti della medicina palliativa sono secondo il suo stesso modo di vedere - il controllo lenitivo dei disturbi (parola chiave: controllo dei sintomi) - il mantenimento e la cura dei collegamenti con il prossimo e sociali esistenti o la creazione di una tale rete (parola chiave: competenza psicosociale) - l’inclusione e la cooperazione rispettosa sia di tutti i gruppi professionali utili e che partecipano attivamente in modo sensato, sia dei volontari e dei familiari (parola chiave: teamwork) - l’accompagnamento attraverso tutto il decorso del morire fino all’elaborazione del lutto con i familiari (parola chiave: accompagnamento alla morte).

Il principio guida nel controllo dei sintomi, esemplare nella lotta al dolore, è la garanzia o il recupero di uno stato di salute che non sia dominato dalla sofferenza, bensì che permetta l’attenzione verso altre qualità del vivere e interessi, e che dia al periodo di vita rimanente una forma sensata.

Per questo nell’assistenza è necessaria da una parte la competenza professionale: ci sono quindi delle linee guida chiare e scale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità per la descrizione non soltanto dei dolori e per la loro lotta, ma anche per la nausea e l’insufficienza respiratoria; dall’altra viene rispettato e compiuto ciò che aiuta il paziente nella sua particolarità e unicità, appunto e soprattutto anche nel campo spirituale.

Le differenze dei singoli gruppi professionali, i loro propri modi di affrontare le cose e le preferenze dei pazienti devono essere rispettati e integrati il più possibile; d’altro canto deve essere evitata l’alta tecnologizzazione della cosiddetta medicina strumentale. La medicina 27

palliativa e la cura palliativa lavorano dunque in maniera molto centrata sull’individuo e nel farlo non temono nessun genere di dispendio, né di tempo né personale.

Principi generali della medicina palliativa I principi della medicina palliativa vengono resi chiari in alcuni punti qui di seguito, perché su questa base si può argomentare bene anche nel campo dei servizi sanitari pubblici e nelle strutture paramediche quando singole persone redigono delle direttive anticipate di trattamento e manca loro la base giuridica per la loro accettazione.

Chi si richiama ad esse non esprime un punto di vista personale, ma un concetto diffuso a livello mondiale e riconosciuto anche dall’OMS sulla qualità di vita e la sua conservazione anche in caso di malattia grave e nel decorso del morire.

- La medicina palliativa non è una medicina della morte: i suoi metodi e il suo spirito sono richiesti anche nei primi stadi di una malattia, in parte già non appena è nota la diagnosi.

L’obiettivo è quello di permettere al paziente un’esistenza senza disturbi (per esempio senza dolore).

- La medicina palliativa ha un atteggiamento positivo verso la vita ed è contraria a una sua riduzione, ma è anche contraria a tentativi terapeutici insensati che gravano sul paziente e che impediscono che la/il paziente possa sfruttare in modo ottimale il periodo di vita che le/gli rimane.

- La medicina palliativa rispetta il diritto di autodeterminazione della malata/del malato che ha il diritto di rifiutare dei trattamenti, cosa che può portare alla morte.

IX.3 La donazione di organi La donazione di organi in Italia è possibile senza problemi. Le disposizioni in proposito si trovano soprattutto nella legge n. 91 del 01-04-1999 così come nell’ordinanza legislativa del Ministero della Salute del 08-04-2000.

Decisivo per la possibilità di prelievo e la donazione di organi è la volontà del potenziale donatore.

Se in vita questi ha dichiarato che non desiderava una donazione di organi, allora questa non avviene in nessun caso. Se il donatore ha dichiarato di desiderare questa donazione, allora – nei limiti del possibile – questa avverrà. Se non esiste nessuna dichiarazione di volontà del potenziale donatore, allora si può chiedere ai suoi familiari (coniuge che non vive in separazione, partner, figli maggiorenni, genitori) quale volontà aveva presumibilmente il potenziale donatore in proposito.

Se i familiari rifiutano una donazione, non viene estratto alcun organo.

Chiunque, purché maggiorenne, ha la possibilità di dichiarare il proprio consenso o rifiuto alla donazione di organi. In proposito ci sono le seguenti possibilità:

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- compilazione e deposito di un relativo modulo con il quale viene data l’approvazione/viene espresso un rifiuto, presso l’ASL di competenza o presso il proprio medico di base. I moduli sono anche a disposizione online sulla homepage del Ministero della Salute italiano. Queste dichiarazioni vengono registrate nel registro centrale informativo per i trapianti (SIT: Sistema Informativo Trapianti) che è a disposizione dei medici di competenza 24 ore su 24; - compilazione di un documento di donazione (Tesserina blu) del Ministero della Salute (disponibile anche online) o di uno delle organizzazioni per la donazione degli organi (per esempio dell’AIDO – Associazione Italiana Donatori di Organi) che dovrebbe essere sempre portato con sé (per esempio nel portafogli); - stesura di uno scritto in carta semplice che contenga nome, cognome, data e luogo di nascita, la propria volontà (consenso/rifiuto a donare organi) così come la data e la firma completa, e che preferibilmente va portato con sé nel portafogli; - presso l’AIDO (Associazione Italiana Donatori di Organi) si possono inoltre consegnare dichiarazioni di volontà scritte a mano che verranno tenute in considerazione presso il registro centrale informativo per i trapianti (informazioni più dettagliate presso l’AIDO).

Anche in alcuni comuni (presso l’anagrafe) è possibile consegnare e far registrare la propria dichiarazione di intenti su un consenso o un rifiuto a donare gli organi. La base giuridica in proposito è l’art. 3, comma 8 bis della legge n. 25 del 26-02-2009, l’art. 43 del decreto legge n. 69 del 21-06-2013 nella versione della legge n. 98 del 09-08-2013. Anche le dichiarazioni che vengono consegnate qui sono registrate nel registro centrale informativo per i trapianti.

Naturalmente la dichiarazione riguardo le intenzioni sulla donazione dei propri organi può essere revocata in qualsiasi momento.

X Alcuni quadri clinici

X.1 Sindrome locked-in La sindrome locked-in (sindrome del chiavistello o dell’uomo incatenato) definisce uno stato nel quale una persona è cosciente, ma quasi totalmente paralizzata fisicamente ed è incapace di farsi capire con il linguaggio o con dei movimenti. Le possibilità di comunicazione verso l’esterno sono date nella maggior parte dei casi dai movimenti oculari mantenuti sul piano verticale e, quando anche questi sono andati persi, attraverso una misurazione della dilatazione delle pupille. L’utilizzo di una Brain-Computer-Interface, un’interfaccia cervello-computer, è un’ulteriore possibilità di permettere di comunicare a chi è colpito da questa sindrome. Il senso dell’udito è assolutamente intatto. Alle domande alle quali si può rispondere con “sì” o “no” alcuni malati rispondono con movimenti degli occhi o con degli ammiccamenti.

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È difficile distinguere la sindrome locked-in da altre forme di paralisi con perdita di coscienza.

L’assistenza richiede particolari misure di cura. È necessario un trattamento delle cause, sono necessarie la psicoterapia e la fisioterapia, così come l’ergoterapia e la logopedia per sostenere l’autonomia di nuovo crescente. La malattia è grave e presenta un alto tasso di mortalità. Un miglioramento almeno parziale dello stato è possibile.

Distinzione dal coma vigile La sindrome locked-in deve essere distinta dal coma vigile perché la coscienza del/della paziente rimane in gran parte conservata ed è quindi ricettivo/a esattamente come una persona sana; può udire e capire tutto quello che avviene, ma non si può esprimere nella maniera tradizionale.

X.2 Il coma In medicina un coma che si manifesta appieno (greco κῶμα, sonno profondo) è la forma più grave di un disturbo quantitativo della coscienza. In questo stato l’individuo non può essere svegliato neanche da stimoli esterni forti, come per esempio ripetute stimolazioni dolorose. Il coma è quindi un sintomo (un segno patologico) e non è una malattia. Il coma è l’espressione di un disturbo grave della funzione cerebrale ed è quasi sempre una minaccia per la vita. Lo sviluppo successivo (la prognosi) di chi è in coma dipende dalla malattia che è alla base del coma e dall’assistenza medica. Le cause sono tra l’altro delle malattie cerebrali primarie, dei disturbi del metabolismo (coma metabolico) e gli avvelenamenti. La profondità del coma: la suddivisione avviene secondo degli aspetti clinici, cioè in base alla reazione a stimoli specifici. A seconda della classificazione utilizzata si distinguono in genere tre o quattro gradi di coma.

Termini derivati I “Coma artificiale”, “sonno profondo artificiale”: sedazione Questi termini, utilizzati soprattutto nei media, definiscono una riduzione della coscienza provocata artificialmente, che dopo la sospensione dei farmaci è reversibile. Per questo motivo qui si dovrebbe evitare di usare il termine “coma”, poiché il coma in senso medico descrive una perdita della coscienza non regolata. Sono più appropriati i termini “sedazione” o “narcosi prolungata”. La sedazione è uno stato controllato; le/i pazienti che vengono anestetizzate/i in fasi difficili ricevono allo scopo dei farmaci in dosaggio dipendente dall’effetto. La maggior parte dei farmaci impiegati hanno effetto su più prestazioni cerebrali. Anche le/i pazienti con respirazione artificiale a volte non vengono tenute/i tutto il tempo in anestesia profonda, ma – se possibile – vengono soltanto sedate/i.

II Il coma vigile Si tratta di un grave danno cerebrale nel quale la funzione dell’encefalo è fortemente pregiudicata, è assente in parte o del tutto. Per questo motivo viene anche chiamata sindrome apallica (senza la 30

corteccia cerebrale). Le funzioni vitali vengono mantenute dal tronco encefalico rimasto intatto; le/i pazienti non acquisiscono però la coscienza a causa della mancanza delle funzioni cognitive.

Come conseguenza le persone che ne sono colpite si svegliano, ma non possono entrare in contatto con l’ambiente esterno in nessun modo (né attivo né passivo). In maniera esatta scientificamente il coma vigile viene chiamato stato vegetativo permanente (SVP). Dal 2009 i medici la chiamano sindrome di vigilanza senza reazione.

Le/I pazienti in coma vigile – se l’encefalo non è fortemente danneggiato – hanno buone possibilità di risvegliarsi. Si sente in continuazione parlare di casi di questo tipo in tutto il mondo. Il lasso di tempo può però variare molto, così come nel coma tradizionale: da pochi giorni a molti anni. Con delle misure di riabilitazione adeguate il processo di risveglio può essere supportato considerevolmente in particolare se la persona colpita mostra già segni di regressione del coma.

X.3 Sindrome apallica La sindrome apallica è un quadro patologico nella neurologia causato da un danno estremamente grave del cervello. Si arriva alla perdita di tutta la funzione dell’encefalo o di gran parte di essa, mentre le funzioni del diencefalo, del tronco encefalico e del midollo spinale rimangono conservate. Per questo le persone che ne sono colpite sembrano essere vigili, ma con ogni probabilità non hanno alcuna coscienza e hanno soltanto possibilità molto limitate di comunicare con il loro ambiente circostante.

In Germania si pensa siano almeno 10.000 le persone colpite, con minimo 1.000 nuovi pazienti ogni anno. Sinonimi sono il coma vigile e lo stupor.

Definizione secondo la Multi-Society-Task-Force sull’SVP, 1994: - perdita totale della coscienza di sé o dell’ambiente circostante e della capacità di comunicare - perdita della capacità di attuare cambiamenti del comportamento volontari o sensati in seguito a stimolazione esterna - perdita della comprensione del linguaggio e della sua produzione (afasia) - incontinenza vescicale e/o intestinale - il ritmo sonno-veglia è disturbato - i riflessi del tronco encefalico, quelli spinali, dell’ipotalamo e autonomi sono in gran parte conservati.

Diagnosi La constatazione di una sindrome apallica avviene innanzitutto clinicamente, cioè con una visita personale e con l’osservazione del/della paziente. Il periodo di osservazione va da settimane a mesi.

Importante è in primo luogo la distinzione da quadri clinici simili all’apparenza come il coma, la sindrome locked-in o altre malattie neurologiche o psichiatriche curabili. Se si è esperti, è difficile 31

distinguere soltanto un cosiddetto minimally conscious state poiché con quest’ultimo non c’è un passaggio netto. Anche in questo caso si tratta di un danno cerebrale grave, ma nel quale delle reazioni consapevoli semplici (per esempio il riconoscimento di familiari) funzionano.

Diagnosi sbagliate non sono però rare: uno studio britannico (Andrews e altri, 1996) con 40 pazienti ha rilevato che al 43% di loro era stata diagnosticata erroneamente la sindrome apallica.

Tra questi si trovavano 7 pazienti che dimostravano tutti una funzione cognitiva sufficiente per comunicare al personale paramedico ciò che desideravano.

Terapia Il trattamento è orientato alle fasi della riabilitazione neurologica precoce. Innanzitutto ha la priorità il trattamento d’urgenza (la fase A); in questo periodo si pratica in genere una tracheotomia, viene introdotto un sondino alimentare attraverso la parete addominale (PEG) e spesso anche un catetere urinario soprapubico per assicurare le funzioni vitali e al fine di permettere un’assistenza paramedica ottimale (compresa l’alimentazione).

Già durante questo periodo dovrebbero però essere proposti trattamenti orientati verso la riabilitazione per mezzo di fisioterapia. Dopo la conclusione del trattamento d’urgenza, si fa seguire la riabilitazione precoce.

Se si arriva a un miglioramento sensibile delle prestazioni fisiche e psichiche, allora si possono far seguire altre fasi della riabilitazione. Se però il/la paziente rimane senza conoscenza, si deve passare alla cura specializzata con l’obiettivo di migliorare la funzione neurologica (in Germania chiamata fase F, trattamento attivante duraturo). Se non avviene prima, un miglioramento è escluso con quasi assoluta certezza dopo tre mesi in caso di danno cerebrale non traumatico, dopo dodici mesi in caso di danno cerebrale traumatico.

Interruzione della terapia o modifica dell’obiettivo terapeutico Fondamentalmente chiunque ha il diritto di rifiutare in parte o del tutto una tale terapia e in un caso del genere di voler morire. La persona colpita dalla malattia non può rappresentare la sua propria volontà, perché non è in grado di esprimerla. Potrebbe però aver fissato la sua decisione nelle direttive anticipate di trattamento in un momento nel quale era ancora in grado di formarsi e di esprimere la sua volontà.

Altrimenti per la persona colpita si deve stabilire una curatela (un tempo tutela). Il compito della curatrice/del curatore consiste nel capire qual è la presunta volontà della persona in causa, per esempio in colloqui con familiari stretti e amici o con terapeuti che avevano in cura la/il paziente fino a quel momento per poi presentarla ai medici che sono addetti alla cura attualmente.

Il termine “interruzione della terapia” dovrebbe essere evitato. Nel caso di persone con malattie incurabili il trattamento curativo passa in secondo piano rispetto all’assistenza palliativa. Per questo è meglio parlare di un cambiamento dell’obiettivo terapeutico.

Aspetti sociali I familiari Fino al 70% dei pazienti in coma vigile viene curato a casa in famiglia. Questo sembra essere tanto più auspicabile in quanto la distinzione dal minimally conscious state non può essere 32

fatta con sicurezza assoluta e ci si potrebbe aspettare con più probabilità delle reazioni emotive in questo ambiente. Con il sostegno professionale dovuto (servizi sanitari ambulanti) spesso questa situazione può essere affrontata dalle famiglie sia dal punto di vista fisico che psichico.

La comunicazione Anche se il coma vigile in realtà è caratterizzato dalla mancanza di coscienza e possibilità di espressione, negli ultimi anni si sommano le diagnosi di ricercatori, che riferiscono di accessi comunicativi verso questi pazienti.

Delle ricerche di un gruppo britannico di recente hanno potuto addirittura portare delle prove che in alcuni pazienti in coma vigile esiste una coscienza di sé e del loro ambiente circostante (Owen e altri, 2006). Niels Birbaumer (2005) negli anni passati con il suo gruppo di lavoro potette trovare delle prove del fatto che la qualità di vita delle persone in coma vigile probabilmente è migliore di quanto non si pensi “dall’esterno”.

XI. Glossario Accanimento terapeutico Rappresenta un atteggiamento verso i pazienti morenti che comprende l‘impiego di tutti i mezzi diagnostici e terapeutici finalizzato al mantenimento in vita, senza tenere in considerazione la situazione individuale e clinica specifica di una persona, il cui processo del morire abbia assunto un decorso inarrestabile.

Amministrazione di Alimentazione enterale Si effettua applicando una sonda nel tratto gastrointestinale (sonda gastrica, sonda PEG, vedi sotto) Alimentazione parenterale Non avviene attraverso il tubo digerente, ma con somministrazione diretta dei nutrimenti nel sangue (ad esempio per via endovenosa o con catetere venoso).

Amministrazione di sostegno Con la legge n° 6 del 9 gennaio 2004, il legislatore ha introdotto una nuova forma di tutela: le persone totalmente o parzialmente incapaci di affrontare la loro quotidianità possono essere assistite da un amministratore di sostegno.

La differenza sostanziale rispetto al precedente istituto giuridico dell’interdizione, consiste nel fatto che il diretto interessato non viene privato/a dei suoi diritti, ma limitato nella misura minore possibile.

Collasso cardiaco Il problema viene contrastato farmacologicamente. In casi rari, in attesa di trapianto, la circolazione può essere supportata dall’applicazione di una pompa intraortica o di un cuore artificiale.

Coma vigile (sindrome apallica, stato vegetativo) 33

Stato di coma in seguito a danni cerebrali di origine patologica o traumatica; perdita parziale o totale della funzionalità cerebrale. Restano inalterate la funzionalità diencefalica, corticale e del midollo. Stato vegetativo persistente: protratto nel tempo con possibilità di recupero parziale.

Stato vegetativo permanente: protratto nel tempo e irreversibile senza possibilità di recupero.

Consenso informato E’ l‘accettazione che il paziente esprime in maniera volontaria e nel pieno possesso delle sue facoltà mentali in merito a un trattamento sanitario dopo essere stato informato dal medico su benefici e rischi.

Direttive anticipate di trattamento Sono la dichiarazione di volontà di una persona nel pieno possesso delle sue facoltà mentali in merito alle terapie che intende accettare nel caso in cui dovesse trovarsi nella condizione di incapacità di esprimere il suo consenso o dissenso informato.

Fase finale Stadio patologico che precede la morte (della durata di pochi giorni o poche ore, ca. 72).

Fase terminale Stadio patologico che precede la morte (della durata di giorni o settimane).

Il concetto di hospice.

A prescindere dalla loro provenienza e dalla loro concezione del mondo, le persone gravemente malate e morenti vanno prese in seria considerazione fino all’ultimo giorno della loro vita affinché possano continuare a vivere e possano morire con dignità. Il concetto di hospice è fondato sui principi di cura e assistenza al malato e ai suoi familiari basati sulla centralità della persona: non si allunga la vita artificialmente, non si pratica l’eutanasia attiva, ma si offre un dignitoso e umano accompagnamento verso la fine della vita.

Medicina palliativa Si tratta di “… un approccio che migliora la qualità della vita dei malati e delle loro famiglie che si trovano ad affrontare le problematiche associate a malattie inguaribili, attraverso la prevenzione e l’alleviamento della sofferenza per mezzo di una identificazione precoce e di un ottimale trattamento del dolore e delle altre problematiche di natura fisica psicosociale e spirituale”. (OMS, 2002) Morte cerebrale Perdita irreversibile di qualsiasi funzione cerebrale (cervello, cervelletto e tronco encefalico) con mantenimento dell’attività cardiocircolatoria mediante ventilazione controllata. Oggi giuridicamente la morte cerebrale definisce il momento del decesso.

Morte clinica Interruzione dell’attività cardiocircolatoria e polmonare: il massaggio cardiaco e la rianimazione consentono il ripristino temporaneo di queste funzioni.

Nutrizione artificiale 34

La nutrizione artificiale consente di alimentare i pazienti che per varie ragioni non sono in grado o si rifiutano di assumere cibi liquidi o solidi per via orale. La nutrizione artificiale è un trattamento medico che sostituisce il percorso del cibo dal cavo orale, all’assunzione dei nutrimenti da parte dell’intestino e del sangue.

PEG E’ la tecnica che utilizza l’accesso endoscopico con l’applicazione diretta di una sonda gastrica per consentire l’alimentazione per periodi anche prolungati di pazienti che non sono in grado di nutrirsi autonomamente.

Sedazione palliativa Si tratta di un intervento terapeutico per il controllo dei sintomi che non rispondono ad altri trattamenti. Essa consiste nella somministrazione di sedativi per contrastare i sintomi insopportabili mediante il sonno o una riduzione dello stato di coscienza. Sono trattamenti che richiedono il consenso informato del paziente (o dei familiari).

Sonda Gastrica Dispositivo medico utilizzato per la somministrazione di alimenti, liquidi e farmaci di persone che non sono in grado di nutrirsi mangiando normalmente, nelle quali il transito normale (attraverso il cavo orale, la gola, la laringe e l’esofago) è compromesso da difficoltà di deglutizione, barriere meccaniche come tumori, ecc. Usata anche per drenare il contenuto gastrico, la sonda gastrica è di facile applicazione e viene utilizzata soprattutto per applicazioni temporanee.

Terapie di sostegno vitale Fanno parte delle terapie di sostegno vitale la rianimazione (cardio-polmonare), la ventilazione artificiale, e in senso più lato la terapia farmacologica, l’emotrasfusione e l’emodialisi, la somministrazione di ossigeno, l’alimentazione e l’idratazione artificiali.

Terapia sostitutiva renale E’ più comunemente nota come lavaggio renale. Nelle patologie gravi l’insufficienza renale è una conseguenza relativamente frequente. Oggi la tecnologia consente il ripristino delle funzioni renali e la sostituzione renale anche temporanea mediante pompe e filtri. A tale scopo nella medicina di urgenza si interviene con le tecniche di emodialisi e più frequentemente di emofiltrazione.

Ventilazione forzata Con l’ausilio di moderni respiratori, un polmone compromesso (in seguito a danni polmonari, lesioni toraciche, intossicazioni...) può essere sostituito per un tempo anche prolungato garantendo al paziente un livello di confort accettabile.

Nei grandi centri il sangue può essere ossigenato anche esternamente al corpo con una macchina cuore-polmone.

XII Bibliografia

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Conferenza episcopale tedesca, Chiesa evangelica tedesca, Chiese cristiane in Germania. Il biotestamento cristiano, in: Il Regno, documenti 9/2011, Libreria online del Centro Editoriale Dehoniano Consiglio della Comunione di chiese protestanti in Europa. Un tempo per vivere e un tempo per morire, ed. italiana a cura di Luca Savarino, in: Nostro tempo; 118, Claudiana 2012 Pianificazione preventiva dei trattamenti sanitari. Direttive anticipate di trattamenti. Ufficio Formazione del personale sanitario. Comitato etico provinciale. Provincia autonoma di Bolzano – Alto Adige 2010 Salito, Gelsomina: Autodeterminazione e cure mediche, il testamento biologico, G. Giappichelli Editore, Torino, 2012

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