INGREDIENTI ALIMENTARI


A cura di:
Afro Ambanelli
Avvocato in Parma
A cura di:
Afro Ambanelli
Avvocato in Parma
La shrinkflation, termine ottenuto da “shrink” (restringere) e “inflation” (inflazione), nota talora in italiano con il termine “sgrammatura”, è una pratica commerciale che consiste nel ridurre la quantità di prodotto
all’interno di una confezione senza tuttavia modificarne il prezzo.
La pratica, di per sé, non potrebbe definirsi fraudolenta, visto che la quantità di prodotto contenuta in una confezione non è fissata in linea generale dalla
legge e può essere liberamente determinata dal venditore. Inoltre, il consumatore non può dirsi sprovvisto di informazioni: nell’etichetta dei prodotti preimballati figura infatti la quantità e sul punto vendita dev’essere indicato anche il prezzo per unità di misura, sia pure non direttamente in etichetta.
Questa pratica commerciale è comunque vista con sospetto e da molti giudicata in qualche modo furbesca e sostanzialmente scorretta. Le preoccupazioni dei consumatori hanno spinto alcuni Paesi europei, come l’Italia e la Francia, a introdurre norme specifiche per ridurne gli effetti distorsivi.
L’articolo 23, comma 1, della Legge 16 dicembre 2024, n. 193 ha modificato il Codice del Consumo inserendo l’art. 15bis
chiaro e proprio l’indeterminatezza del comando del legislatore si rivela un’insidia per gli operatori che devono adeguarsi alla norma. Sarà probabilmente necessaria una interpretazione, con la consueta circolare interpretativa, per definirne i contorni.
Nel complesso, sembra che la novella legislativa imponga alle imprese un compito alquanto gravoso, visto che si tratta di una modifica, per di più temporanea, delle etichette.
Il legislatore francese, come accennato, ha emanato una norma simile, che si rivela tuttavia notevolmente diversa, più flessibile e pratica in quanto attribuisce il compito informativo ai soggetti che operano nel settore della distribuzione e non alle imprese produttrici. In particolare, nella norma francese sono previste forme alternative per informare il consumatore: oltre all’apposizione di un’indicazione direttamente sull’imballaggio o su un’etichetta, è ammesso che l’informazione risulti da un’etichetta posta nelle vicinanze del prodotto. Nella norma italiana, invece, è contemplata solo l’alternativa tra un’indicazione in etichetta o con un adesivo nel campo visivo principale. Nemmeno i consumatori sembrano soddisfatti e da più parti sono state avanzate proposte di miglioramento. È stato suggerito di rendere obbligatoria l’indicazione della quantità di prodotto nel campo visivo principale o di segnalare esplicitamente di quanto è aumentato il prezzo per unità di misura.
In realtà nessuna di queste due proposte appare realmente praticabile.
L’indicazione della quantità è infatti oggetto di norme armonizzate ad opera del Regolamento 1169/2011 e quindi non vi sarebbe spazio per una modifica apportata dal legislatore nazionale.
Il produttore, infine, non necessariamente conosce il prezzo di vendita al dettaglio che sarà applicato al suo prodotto e dun-
Se lo Stato membro non provvedesse a conformarsi, la Commissione può adire la Corte di giustizia dell’Unione europea per ottenere una sentenza di condanna dello Stato membro.
Pur valutando importante l’informazione del consumatore, la Commissione ha ritenuto che gli obblighi imposti dal legislatore italiano non fossero proporzionati.
que nella maggior parte dei casi gli sarebbe impossibile comunicarne le variazioni in etichetta.
La Commissione ha di recente espresso una valutazione non favorevole della norma italiana e ha deciso di avviare una procedura d’infrazione.
La procedura d’infrazione ha inizio con una richiesta di informazioni chiamata “lettera di costituzione in mora” alla quale lo Stato membro deve rispondere entro un termine generalmente di due mesi.
Se la risposta dello Stato membro non fosse soddisfacente, la Commissione può procedere con una richiesta formale, detta “parere motivato”, nella quale ingiunge allo Stato membro di conformarsi al diritto dell’Unione.
I requisiti nazionali in tema di etichettatura possono rappresentare un ostacolo al mercato interno dell’Unione e compromettere la libera circolazione delle merci. Secondo la Commissione, il legislatore italiano avrebbe potuto preferire opzioni meno restrittive e gravose, per esempio imponendo di fornire le stesse informazioni in prossimità dei prodotti interessati, sulla falsariga del modello francese.
Secondo la Commissione, l’Italia avrebbe inoltre violato la direttiva sulla trasparenza del mercato unico perché il disegno di legge avrebbe dovuto essere notificato alla Commissione prima di essere adottato. Dopo la notifica, infatti, la Commissione avrebbe potuto valutare la nuova norma ed emettere un parere circostanziato in modo che la norma italiana fosse conforme al diritto comunitario.
Dopo la lettera di costituzione in mora, quindi, non resta che attendere la risposta dell’Italia e vedere se vorrà adeguarsi ponendo rimedio ai difetti segnalati dalla Commissione. Potrebbe essere una preziosa occasione per meglio formulare il testo della norma.
A cura di:
Manila Bianchi
Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta, S.C. Controllo Alimenti e Igiene delle Produzioni, Torino
S. aureus è un batterio gram positivo, non mobile e non sporigeno di grande interesse nel contesto della sicurezza alimentare. La sua presenza e la sua concentrazione sono utilizzate in molteplici settori e in diversi punti della filiera di trasformazione agroalimentare per valutare il livello d’igiene dei processi produttivi e dei prodotti stessi. Inoltre, la sua capacità di produrre tossine emetiche (SE) in determinate condizioni ambientali permette di definire un criterio di sicurezza, utile per valutare l’idoneità al consumo di un alimento. Alcuni ceppi di S. aureus possono infatti produrre enterotossine (una classe di almeno 24 sostanze di peso molecolare di circa 2030kDa di cui 5 con potere emetico ben documentato e confermato) durante la
fase logaritmica o nella fase di transizione dall’esponenziale alla stazionaria: esse sono in grado di produrre sintomatologia come nausea, vomito, dolori addominali e diarrea, in genere senza febbre, a partire da 1 a 6 ore dall’ingestione dell’alimento che le contiene. Nel settore della trasformazione lattiero-casearia, dal punto di vista normativo gli stafilococchi coagulasi positivi sono riportati tra i criteri d’igiene del processo per una grande varietà
di prodotti con limiti che variano da 10 a 105 ufc/g, in dipendenza del tipo di trattamento termico cui il prodotto è sottoposto. Parallelamente, le tossine stafilococciche sono riportate tra i criteri di sicurezza applicabili ai prodotti immessi sul mercato durante la loro shelf-life e devono risultare assenti in 25 grammi. Esse inoltre, devono essere indagate dal punto di vista analitico, ogni volta che un campione supera il criterio d’igiene di 105 ufc/g. Secondo i dati pubblicati da EFSA, nel mondo occidentale le tossine batteriche sono sul podio dei primi tre agenti responsabili di malattie a trasmissione alimentare, insieme con batteri e virus, seguiti, a una certa distanza, da parassiti e altri agenti causali.
A cura di:
Paolo Barichella Food designer
Il MENA (Middle East and North Africa) è un’ampia regione geografica e culturale che comprende l’Asia occidentale e l’Africa settentrionale. È un termine ampio che include una vasta gamma di culture, lingue, etnie e sistemi politici.
Il MENA è composto dai paesi in maggioranza musulmani che si affacciano sulle sponde del mediterraneo: Marocco, Algeria, Tunisia, Libia, Egitto, Palestina, Israele, Libano, Siria, Turchia (Perimetro Mediterraneo Musulmano) che parte da Tangeri (Stretto di Gibilterra) e arriva ad Istanbul (ex Costantinopoli e Bisanzio), sommato ai paesi GCC (Arabia Saudita, Kuwait, Qatar, Bahrain, Oman, Emirati Arabi Uniti) + Yemen, Giordania, Iraq e Iran.
Il complesso sistema di culture e civiltà che si sono alternate ha determinato una matrice culturale ai diversi tipi di cucina, unico nella storia e dato dalla molteplicità degli ingredienti reperibili e coltivabili nell’area. Gli influssi del dominio islamico hanno prodotto effetti anche sulle abitudini alimentari e le cucine che si sono generate nell’area. Il comune denominatore Halal (lecito/consentito) non ha impedito l’affermarsi e il diffondersi di grandi cucine come quella libanese, siriana, turca, magrebina, tunisina, egiziana, iraniana.
La zona è caratterizzata da ingredienti alimentari e prodotti di matrice storica antichissima: couscous, tabulè, pita, cereali an-
A cura di:
Marco Di Lorenzi
Chef consulente food & beverage
Come più volte ribadito nelle pagine di Ingredienti Alimentari, in Italia, come in tanti altri paesi, l’attenzione al cibo e ai suoi effetti sulla salute è sempre più alta.
Questo fattore, insieme al processo di digitalizzazione e all’introduzione di nuove tecnologie, sta contribuendo ai cambiamenti profondi del settore della ristorazione moderna a cui stiamo assistendo da anni.
Tra gli strumenti di vendita più importanti di ogni attività legata al cibo, c’è senza dubbio il menù: un venditore muto in grado d’influenzare le decisioni di acquisto del cliente, di trasmettere la visione e lo stile culinario del locale e, soprattutto, di rendere la scelta sempre più informata e consapevole.
È proprio di quest’ultimo aspetto che si occupa il menù parlante: non un semplice elenco di piatti e bevande, ma la descri-
zione della portata all’interno della lista delle vivande, in grado di fornire una serie di informazioni aggiuntive e dettagliate sui cibi, aumentandone la percezione del valore e, in certi casi, anche ottimizzandone i margini.
Tra le informazioni principali che il menu parlante fornisce troviamo ovviamente la lista degli ingredienti che compongono il piatto e la provenienza.
Soprattutto se si tratta di ingredienti pregiati, l’indicazione specifica contribuirà non solo a far capire al cliente tutti i sapori che incontrerà scegliendo quel determinato cibo, ma servirà a creare una vera e propria connessione emotiva, in grado anche di aiutare a giustificarne il prezzo correlato.
Per questo gli ingredienti a marchio DOP o IGP vengono segnalati nel menu: la certificazione di qualità di un prodotto, legata al territorio di provenienza, rappresenta la cura e il livello con cui vengono selezionati i cibi in un locale.
Parlando di provenienza degli ingredienti, il primo elemento da considerare è la distanza dalla fonte, i km percorsi dal luogo di produzione fino alle sedi di consumo. Ad esempio, il km 0 contraddistingue una filiera corta, cioè la provenienza di un prodotto dallo stesso territorio dove si trova il locale o da zone limitrofe; solitamente s’identificano i prodotti ortofrutticoli, facilmente deperibili e freschi, ma anche i prodotti caseari e di salumeria sono soggetti a tali denominazioni in quanto nascono e sono lavorati nelle vicinanze del luogo di produzione. Questo aspetto valorizza il prodotto locale di nicchia riducendo al contempo l’impatto ambientale a seguito di un trasporto breve e del packaging minimizzato.
L’acquisto locale va inoltre a sostenere l’agricoltura e l’allevamento su piccola scala, mantiene più denaro nell’economia del posto e aiuta l’azienda a rafforzare le proprie radici sociali ed economiche nella comunità. Pensiamo al pistacchio di Bronte o al formaggio di fossa di Sogliano al Rubicone, i quali hanno reso famosi piccoli borghi quasi sconosciuti grazie a prodotti eccellenti e produzioni limitate.
patate schiacciate” con sotto la descrizione degli ingredienti, la provenienza e la tecnica di cottura utilizzata, le salse, guarnizioni e ingredienti nascosti.
“Guancia di vitella piemontese CBT generalmente eseguita in sottovuoto con erbe aromatiche, servita calda con demiglace al Barolo ristretto, chiffonade di porro e zucca gialla croccante. Allergeni: - vino rosso anidride solforosa n.12, - sedano n. 09.”
Senza lunghi viaggi o settimane di refrigerazione, si ottengono prodotti il cui apporto nutritivo è eccellente, e spesso, a un prezzo più ragionevole.
Ma come si può descrivere un piatto di un menù parlante?
Un consiglio è quello di riportare un titolo breve e semplice del piatto, ad esempio: “Guancia di vitello CBT (cottura a bassa temperatura) al vino rosso e
Questo potrebbe essere un esempio di piatto di un menù parlante, descritto in maniera sintetica ma esaustiva dal punto di vista gastronomico: temperature, consistenze sono indicate come fattori importanti.
Altra caratteristica interessante è la presenza delle aziende fornitrici, la loro storia e le lavorazioni impiegate per i prodotti: anche la storia del locale, magari con qualche vecchia foto, racconta il passato e le evoluzioni, le persone interessate dagli esordi fino ai giorni nostri. In
A cura di:
Guangwei Huang, Associate Director, Food Research and Technology, Almond Board of California
Non tutti conoscono i più comuni benefici per la salute associati al consumo di mandorle.
Salute del cuore: le mandorle si stanno dimostrando un alimen-
to prezioso per il cuore. In una recente revisione sistematica e meta-analisi (837 partecipanti, 18 studi) di diversi gruppi geneticamente diversi e per persone con un’ampia gamma di BMI (Indice di Massa Corporea), il consumo di mandorle è stato associato a riduzioni significative del colesterolo totale e LDL (quello cattivo) e senza alcun effetto sul colesterolo HDL (quello buono). Le prove suggeriscono fortemente che il consumo di mandorle dovrebbe essere incoraggiato come parte di una dieta sana per aiutare a mantenere livelli sani di lipidi nel sangue e ridurre il rischio di malattie cardiache.
Recupero dopo l’esercizio fisico: il consumo di 57 g di mandorle al giorno per un mese è associato a un migliore recupero dopo l’esercizio fisico, tra cui la riduzione della sensazione di affaticamento e tensione post-eser-
cizio, la maggiore forza di gambe/ schiena durante il recupero e la riduzione del danno muscolare.
Salute della pelle: il consumo di mandorle riduce la gravità delle rughe, il tono della pelle e la resistenza ai raggi UV.
Glicemia: il consumo di una piccola porzione di mandorle (20 g) prima dei pasti principali può aiutare a controllare i livelli di zucchero nel sangue negli adulti (età 18-60) con prediabete e sovrappeso o obesità.
Il mallo di mandorla, un coprodotto della produzione delle mandorle, è oggi normalmente utilizzato come integratore per mangimi. I malli sono ricchi di fibre e sostanze fitochimiche e contengono il 36% di fibre alimentari, di cui il 6,5% di fibre so-
Le marche di alimenti e bevande per la prima colazione potrebbero essere la chiave per risolvere due dei più grandi problemi della generazione Z in Italia: lo stress e l’insonnia.
Questa generazione sta vivendo livelli di stress senza precedenti, con il burnout e le notti insonni che diventano un evento regolare per la metà dei giovani italiani dai 18 ai 24 anni. Queste sfide stanno fondamentalmente rimodellando il modo in cui questo giovane segmento demografico affronta le mattine, con poco meno della metà (44%) che cerca opzioni energetiche per la colazione: quasi il doppio del tasso medio delle altre generazioni. Per le aziende alimentari non si tratta solo di una tendenza, ma di un’opportunità inesplorata.
soluzione
A differenza delle generazioni più anziane, che tendono a considerare la colazione come un rituale fisso spesso incentrato sulla tradizione, la Gen Z si sta allontanando dai classici preferendo gli alimenti funzionali che
www.mintel.com
promettono energia sostenuta, stili di vita più sani e, soprattutto, praticità. Invece di alimentarsi semplicemente, questi consumatori vedono la colazione come uno strumento per ottimizzare gli orari frenetici.
In effetti, un terzo (33%) dei consumatori italiani della Gen Z di alimenti funzionali ora li include nella colazione.
Come detto, sono i fabbisogni energetici a determinare il passaggio agli alimenti arricchiti, poiché questi consumatori danno la priorità all’energia come principale driver.
Barrette di cereali, yogurt proteici e miscele di caffè alternative stanno diventando la base della prima colazione. Marchi come Biotiful Gut Health stanno sfruttando questa domanda con offerte
La rubrica presenta le novità più interessanti a livello internazionale ed è frutto di una collaborazione esclusiva fra “Ingredienti Alimentari” e Mintel gnpd (global new products database), la più importante agenzia-osservatorio nel mercato mondiale dei prodotti di consumo.
La crescente consapevolezza dei benefici di un’alimentazione naturale e la ricerca di esperienze nuove di gusto hanno portato i produttori a investire in soluzioni più raffinate: la richiesta di oli aromatizzati, con profili di gusto distinti come erbe aromatiche,
agrumi, bacche e spezie, sta crescendo creando un mercato in espansione e ricco di potenzialità. Gli aromi alimentari rappresentano un elemento strategico per la creazione di oli innovativi e di alta qualità, permettendo di valorizzare le caratteristiche sensoriali del prodotto e di offri-
re al consumatore finale un’esperienza di gusto più complessa e appagante. La possibilità di personalizzare le singole matrici di olio con aromi specifici consente ai produttori di differenziarsi sul mercato, rispondendo alle tendenze di consumo e alle esigenze di nicchie di mercato emergenti.
L’introduzione di oli aromatizzati rappresenta una vera e propria rivoluzione nel settore alimentare, aprendo a nuove opportunità di mercato e consentendo ai produttori di distinguer-
si in nuovi segmenti di clientela e consolidando la presenza sui mercati internazionali.
In questo scenario in evoluzione, Vi.Sa Aromi Mediterranei si distingue come partner affidabile e innovativo. Con anni di esperienza nel settore degli aromi alimentari, l’azienda lavora sulle singole matrici di olio, sviluppando aromi specifici e su misura, per prodotti unici e di forte appeal commerciale. Che si tratti di aromi di erbe mediterranee, agrumi freschi, bacche selvatiche o spezie esotiche, Vi.Sa è in grado di proporre gusti innovativi e risposte personalizzate, sostenendo la crescita di un mercato in espansione.
Il brand Fara Customized
Functional Solutions di Faravelli ottimizza texture, gusto e stabilità, aiutando i produttori a sviluppare prodotti innovativi in modo semplice ed efficiente.
È in questo contesto che le soluzioni funzionali personalizzate assumono un ruolo strategico: non si tratta di semplici miscele, ma di soluzioni smart che, attraverso l’ottimizzazione delle proprietà funzionali, permettono di ottenere prodotti finiti di qualità.
La proposta di Fara Customized
Functional Solutions, che offre soluzioni su misura per rispondere in modo mirato alle esigenze di ricerca e sviluppo dell’industria alimentare e nutraceutica, è frutto di un’approfondita conoscenza degli ingredienti e della loro interazione.
Il punto di forza è la versatilità. Le soluzioni possono essere utilizzate in una vasta gamma di applicazioni, quali confetture, creme spalmabili, maionesi, salse,
caramelle gommose, topping per gelati, bevande, emulsioni e proteine.
In ambito nutraceutico, sono impiegate per sviluppare formulazioni orientate al benessere cognitivo, al sonno, alla salute intestinale, al supporto immunitario, alla bellezza e alla salute cardiovascolare.
Particolare attenzione è rivolta al settore plant-based, nel
quale riprodurre le caratteristiche sensoriali e strutturali di latticini e carni tradizionali richiede un approccio tecnico preciso. Le soluzioni Fara intervengono, per esempio, per migliorare la cremosità delle alternative vegetali al latte, ottimizzare la succosità e la masticabilità dei meat analogue, garantire la stabilità di salse e condimenti e replicare consistenza ed elasticità nei formaggi vegetali.
Grazie alla sinergia tra innovazione scientifica e conoscenza del mercato, Fara rappresenta una risposta concreta alle sfide dello sviluppo prodotto. Il supporto del team R&D di Faravelli assicura un percorso di co-creazione efficace e orientato ai risultati.
Dai classici toni di burro, panna, cioccolato, alla freschezza degli estratti di agrumi, il mondo degli aromi per dolci è vasto e affascinante, capace di esaltare ogni dessert e regalare emozioni uniche.
Tra gli aromi più utilizzati troviamo la vaniglia, vera e propria regina della pasticceria. Estratta dai baccelli della pianta Vanilla planifolia, la sua fragranza morbida e avvolgente è perfetta per biscotti, creme e torte. Non meno iconico è il cacao, con il suo profumo intenso e irresistibile, che arricchisce impasti e farciture con note profonde e leggermente amare.
Gli agrumi, come il limone, l’arancia e il mandarino, portano freschezza e vivacità grazie ai loro oli essenziali, spesso utilizzati per aromatizzare impasti o glasse. La cannella, con il suo carattere speziato e caldo, è perfetta per dolci natalizi e preparazioni dal sapore più deciso.
Oltre agli aromi naturali, New Flavours ha lavorato su una nuova tecnica di produzione realizzando aromi impiegati per conferire un sapore più intenso in quanto altamente termoresistenti, particolarmente adatti ai prodotti da forno.
La gamma Tip-Top Ultra Clean di GoodMills Innovation offre una soluzione all’annoso problema delle polveri sottili per i panifici, anche industriali. Le farine sono sottoposte a trattamento idrotermico, un processo fisico durante il quale le frazioni fini sono aggregate in particelle più grandi che si depositano rapidamente, riducendo la quantità di polvere che producono, con vantaggi tangibili per la salute e la sicurezza dei dipendenti, l’igiene dello stabilimento e l’economia della pro-
duzione. Le misurazioni effettuate nei panifici hanno confermato che Tip-Top Ultra Clean produce fino all’80% di polvere respirabile in meno rispetto alla comune farina di grano, riducendo al minimo il rischio di esposizione a malattie respiratorie, beneficiando al contempo di una riduzione delle operazioni di pulizia e manutenzione e di un ambiente privo di muffe. Infatti, un ulteriore vantaggio del trattamento termico è che inattiva gli enzimi della farina e crea una struttura superficiale idrorepellente che impedisce la crescita microbiologica. Per un settore che da tempo accetta la muffa come parte integrante di un ambiente
di lavoro umido, questo rappresenta una svolta.
Tip-Top Ultra Clean consente, inoltre, di risparmiare sui costi grazie all’estensione degli intervalli di manutenzione e pulizia, alla riduzione dell’usura delle attrezzature e alla riduzione dei tempi di pulizia. Il basso carico di polvere protegge i cuscinetti a sfera e l’elettronica, inoltre le barriere luminose rimangono pulite più a lungo. Si riducono le costose riparazioni e i tempi di inattività non programmati e si prolunga la durata della manutenzione interna e della vita dell’apparecchiatura.
Infine, offre un grande potenziale di efficienza dei costi grazie a livelli di utilizzo inferiori. L’esclusivo processo di raffinazione consente di ottenere una struttura delle particelle che offre notevoli prestazioni di rilascio. Ciò significa che, sostituendo le farine per spolvero standard con le farine distaccanti Tip-Top, il consumo può essere ridotto fino al 70%.
La gamma Tip-Top Ultra Clean comprende varietà di farina a marchio pulito adatte a diverse applicazioni e prodotte con diversi cereali.
Trovare la giusta miscela e qualità di oli, specialmente nell’ambito dell’alimentazione per neonati, rappresenta una grande sfida, non solo perché si rende necessario bilanciare in modo ottimale il profilo degli acidi grassi, ma anche perché le materie prime devono soddisfare le più stringenti linee guida di qualità e specifiche per le sostanze nocive. Tali oli richiedono un trattamento individuale e un’attenzione maggiore rispetto agli oli tradizionali, in modo da poter preservare acidi grassi essenziali e micronutrienti, come le vitamine, durante la raffinazione.
I tocoferoli, conosciuti comunemente come vitamina E, sono suddivisi in quattro forme: i tocoferoli α e β offrono la massima funzionalità vitaminica, mentre i
tocoferoli γ e δ sono caratterizzati da un contenuto minore di vitamine, ma hanno forti proprietà antiossidanti. Tutte e quattro le forme sono presenti negli oli vegetali in concentrazioni diverse. Una percentuale rilevante di vitamine e antiossidanti naturali è degradata in misura variabile o rimossa durante le diverse fasi di raffinazione. Soprattutto, ha una forte ripercussione la raffinazione fisica tradizionale con distillazione in corrente di vapore per la separazione degli acidi grassi liberi. Dagli esperimenti è emerso che, sebbene i tocoferoli vengano persi durante il processo di raffinazione attraverso la scissione o l’ossidazione, in alcune fasi di processo è possibile la rigenerazione o addirittura l’aumento del contenuto di tocofero-
I semi di colza, che contengono fino al 40% di proteine e un profilo bilanciato di aminoacidi essenziali, rappresentano una promettente fonte proteica di origine vegetale. Tuttavia, l’estrazione delle proteine presenta delle sfide, soprattutto a causa degli effetti negativi dell’estrazione dell’olio sulle proprietà delle proteine stesse e sulla lavorazione successiva. In uno studio pubblicato su Future Foods (10, 100453, 2024), ricercatori danesi hanno esplorato l’uso di membrane filtranti ceramiche idrofile in carburo di silicio (SiC) per separare l’olio da un estratto ricco di proteine, producendo permeati ricchi di proteine e trattenuti contenenti oleosomi.
Per ottenere una varietà di estratti proteici e oleosi dai semi di colza interi, sono stati utilizzati diversi solventi, tra cui acqua, cloruro di sodio, solvente alcalino (pH 8,5) e un solvente complesso a base di sali alcalini. Il tipo di solvente ha influenzato significativamente la composizione e la struttura colloidale dell’alimento, con un impatto minore sulla separazione dell’olio, ma un effetto marcato sulle prestazioni di filtrazione e sulla composizione dei permeati e dei trattenuti.
Il processo di ultrafiltrazione a membrana ha consentito una
significativa separazione dell’olio, con permeati contenenti una percentuale minima di olio compresa tra lo 0,1% e l’1,3% (p/p), rispettivamente per acqua e solventi alcalini. La valutazione delle prestazioni di filtrazione ha rivelato flussi variabili tra 23 e 50 Lh1m-2 e rapporti di concentrazione volumetrica finale di 1,3, 1,4, 1,6 e 1,9 per i solventi salini, alcalini-salini, alcalini e acquosi.
Il retentato, contenente dal 11,8% al 19,8% di proteine e dal 23,6% al 28,7% di sostanza secca, rappresenta un ingrediente innovativo per le formulazioni di alimenti vegetali.
“Latti di riso” ottenuti da varietà pigmentate e aromatiche
Oltre agli allergici e agli intolleranti ai latticini, così come ai vegetariani e ai vegani, i consumatori flexitariani stanno contribuendo alla crescita del mercato delle alternative vegetali al latte. In questo contesto, varietà di riso di nicchia pigmentate (viola e rosse) e/o aromatiche (sia integrali che bianche) sono state impiegate per la formulazione di “latti di riso”. Questi prodotti sono stati
confrontati con un “latte di riso” commerciale ottenuto da riso bianco non aromatico.
Lo studio, pubblicato sul Journal of Food Science (89, (12): 8770-8783, 2024) da ricercatori americani, ha utilizzato un’analisi sensoriale descrittiva (condotta da 9 panelist addestrati) e test sensoriali affettivi (su 161 consumatori) per esaminare le percezioni dei diver-
Gli isolati proteici dei ceci, un’ottima fonte di proteine, sono ottenuti principalmente tramite estrazione alcalina o salina. Tuttavia, l’energia richiesta per questi processi può avere un impatto significativo sia sull’ambiente che sulla qualità del prodotto, influenzando la composizione nutrizionale e, di conseguenza, la salute umana. Per questo motivo, sono necessarie tecniche di estrazione più delicate ed efficienti.
In uno studio pubblicato su Food Technology and Biotechnology (62(4): 488-500, 2024) da ricercatori turchi, è stata esplora-
ta l’estrazione delle proteine di ceci mediante tecnologia assistita da ultrasuoni. I parametri del processo sono stati ottimizzati attraverso un disegno sperimentale a superficie di risposta Box-Behnken, con l’obiettivo di sviluppare un metodo più efficiente ed efficace.
Alle condizioni ottimali di estrazione (rapporto solido/solvente 13,42
g/100 mL, pH 8,8, tempo di estrazione 10 minuti, ampiezza degli ultrasuoni 70%) è stata raggiunta la resa massima del 66,1% con l’estrazione assistita da ultrasuoni, rispetto al 55,1% ottenuto con il metodo alcalino convenzionale. Il confronto tra i due metodi ha evidenziato che l’approccio assistito da ultrasuoni permette di ottenere oltre a una resa maggiore, un tempo di lavorazione sei volte inferiore e un consumo energetico molto più basso. Inoltre, l’isolato proteico ottenuto tramite ultrasuoni ha mostrato un miglioramento nelle proprietà di assorbimento di acqua e olio, nonché nelle proprietà schiumogene.
I consumatori tedeschi danno grande importanza alla freschezza dei prodotti da forno. Quando panini per hamburger o toast risultano poco morbidi, si verificano notevoli sprechi alimentari. Nelle ricette tradizionali, il saccarosio svolge diversi ruoli fondamentali, tra cui il prolungamento della shelf life del pane, ma aggiunge anche calorie indesiderate. L’allulosio rappresenta una promettente alternativa allo zucchero, offrendo diversi vantaggi tecnologici, fra i quali una maggiore doratura e freschezza. Uno studio tedesco pubblicato su LWT - Food Science and Technology (216, 117269, 2025) ha analizzato l’effetto dell’allulosio sulla freschezza dei prodotti
da forno a base di lievito rispetto al saccarosio e al fruttosio. Indipendentemente dal tipo di cereale o di farina utilizzati, l’impiego di allulosio ha anticipato la gelatinizzazione dell’amido, rallentandone la retrogradazione. I test di conservazione dei panini per hamburger, condotti a 20° e a 4°C, hanno dimostrato che i panini prodotti con allulosio presentavano la mollica più morbida, il contenuto di umidità più elevato e l’attività dell’acqua inferiore per l’intero periodo di conservazione. L’analisi sensoriale descrittiva ha confermato il miglioramento della freschezza.
Questi risultati suggeriscono che l’uso dell’allulosio può migliorare la freschezza dei prodotti da
forno a base di lievito e contribuire a ridurre gli sprechi alimentari causati dalla mollica troppo secca. Oltre a migliorare la consistenza, l’allulosio aiuta a ridurre l’impatto ambientale dei rifiuti alimentari, prolungando la freschezza del prodotto.
Il cacao (Theobroma cacao L.) è un frutto tropicale utilizzato principalmente per la produzione di cioccolato, mentre una gran parte dei suoi sottoprodotti, come il miele di cacao è scartata, contribuendo alle oltre 52.000 tonnellate di rifiuti generate dalla filiera.
Il miele di cacao è un liquido giallo che cola dai semi di cacao, ricco di zuccheri, acidi organici, vitamine e minerali, rendendolo altamente suscettibile alla fermentazione microbica. Uno studio brasiliano pubblicato su Food Research International (202, 115694, 2025) si propone di fornire un’analisi completa del profilo integrato del miele di cacao, valutandone le proprietà antiossidanti, i composti bioattivi, le vitamine, i minerali, le condizioni microbiologiche e le caratteristiche chimico-fisiche, con un’appendice sulle sue potenziali applicazioni alimentari.
Sono state impiegate tecniche analitiche quali la cromatografia liquida ad alte prestazioni (HPLC), la gascromatografia-spettrometria di massa (GC-MS), la risonanza magnetica nucleare (NMR), la spettrofotometria di assorbimento atomico alla fiamma (FAAS) l’analisi termica (calorimetria e termogravimetria a scansione differenziale, DSC/TGA), per identificare i composti bioattivi e nutrizionali ed esplorare le possibili correlazioni.
Le analisi hanno rivelato un contenuto di zuccheri di 17,68 g per 100 mL, con fruttosio (4,65 g per 100 mL) e glucosio (4,19 g per 100 mL) come predominanti. Inoltre, il miele di cacao è ricco di minerali essenziali, tra cui potas-
sio (157,1 mg per L) e magnesio (213,0 mg per L), con quest’ultimo che fornisce la metà della dose giornaliera raccomandata per un adulto. La risonanza magnetica nucleare (NMR) ha identificato tracce di aminoacidi essenziali, come leucina e treonina, insieme a vitamine come la biotina (0,16 mg per 100 mL), risultati ulteriormente confermati dall’HPLC. Il profilo strutturale del miele di cacao ha dimostrato una matrice complessa che comprende aminoacidi e metaboliti fermentativi, tra cui metilammina, etanolo e acido lattico. L’analisi GC-MS dei composti volatili ha rivelato sostanze chiave, tra cui alcoli ed esteri, che contribuiscono al caratteristico aroma fruttato e floreale. Il miele di cacao ha mostrato una notevole attività antiossidante, con un contenuto di fenoli di 251 mg GAE per 100 mL e di flavonoidi di 172,41 mg CE per 100 mL. I confronti hanno evidenziato il suo potenziale antiossidante rispetto ad altre polpe di frutta tropicale. Per garantire la stabilità e prevenire il deterioramento microbico, sono state identificate come ottimali delle temperature di trattamento di stabilizzazione inferiori a 75,9°C per l’eliminazione dei pa-
togeni, preservando nel contempo l’integrità strutturale del miele. In conclusione, il miele di cacao presenta una composizione distintiva, proprietà antiossidanti e caratteristiche nutrizionali e chimico-fisiche che ne suggeriscono il potenziale per diverse applicazioni nell’industria alimentare e lo rendono un candidato ideale come ingrediente funzionale in prodotti fermentati, nonché come agente aromatizzante o dolcificante naturale.
Poiché si prevede che la domanda mondiale di cacao supererà l’offerta nei prossimi anni, uno studio iracheno pubblicato su Food Chemistry (X. 25, 102166, 2025) ha l’obiettivo di trovare un sostituto del cacao in polvere nella formulazione del cioccolato fondente.
Nella prima fase, il panello di coriandolo, un sottoprodotto
cromatiche fra i trattamenti. I valori dell’attività antiossidante variavano tra 586,4-1775,5 ABTS
µM eq. di Trolox/g di salsiccia e 550,7-1764,0 µM eq. di Trolox/g di salsiccia, indicando un miglio-
ramento dell’attività all’aumentare della concentrazione di EF.
I prodotti contenenti EF al 2% (T2) e al 3% (T3) hanno ottenuto un punteggio medio di accettabilità vicino a 4 (“mi piace un po’”), dimostrando un buon equilibrio tra funzionalità e accettabilità sensoriale. Tuttavia, concentrazioni superiori hanno avuto un impatto negativo sul sapore e sulla consistenza.
L’inclusione della farina di melanzane rappresenta una strategia efficace e sostenibile per migliorare la qualità e la conservabilità dei prodotti a base di carne, aprendo la strada a opzioni alimentari più salutari e innovative.
Come noto, il formaggio vegano sta guadagnando popolarità, ma molti prodotti presentano ancora un contenuto proteico insufficiente, un valore nutrizionale limitato e delle proprietà di fusione non ottimali. È noto che il trattamento al plasma freddo possa modificare la struttura e le proprietà delle proteine, anche il suo impatto sulla produzione
di formaggi vegani non è ancora completamente compreso.
Uno studio pubblicato da ricercatori di Taiwan su Food Bioscience (65, 106017, 2025) ha analizzato le proprietà funzionali delle proteine vegetali trattate al plasma e lo sviluppo, la caratterizzazione e la valutazione sensoriale di un formaggio vegano funzionale a base di quinoa rossa (Chenopodium formosanum Koidz) e maltodestrina resistente. Sono state testate diverse proteine vegetali (soia, pisello, zeina e riso), evidenziando che la capacità di ritenzione dell’olio (OHC) influenzi significativamente le proprietà di fusione del formaggio vegano.
Tra le proteine analizzate, quella di pisello, trattata con plasma freddo a 130 W per 12 minuti, ha mostrato le migliori prestazioni grazie a modifiche strutturali, tra cui la scissione dei legami disolfuro.
Questi cambiamenti hanno migliorato le caratteristiche funzionali, aumentando la capacità di ritenzione dell’olio e dell’acqua, la solubilità, la capacità emulsionante.
Il formaggio vegano funzionale ottenuto con proteina di pisello trattata al plasma conteneva il 14,75% di amido, l’1,25% di farina di quinoa rossa e il 4% di maltodestrina resistente. Rispetto ai formaggi vegani commerciali presentava un contenuto inferiore di grassi e un apporto maggiore di proteine e calcio grazie all’integrazione di ingredienti funzionali e nutrizionali. Le valutazioni sensoriali hanno confermato che il grado di accettabilità del prodotto era comparabile a quello dei formaggi vegani disponibili sul mercato.
Lo sviluppo di ingredienti funzionali a partire da alghe brune coltivate può favorire un impiego più ampio di questi organismi nei prodotti alimentari, rispondendo alla crescente richiesta di etichette più pulite.
Uno studio norvegese propone un metodo semplice ed economico per ottenere un prodotto grezzo ricco di alginato da Saccharina latissima e Alaria esculenta. A differenza dell’estrazione convenzionale dell’alginato, il processo descritto su LWT – Food Science and Technology (222, 117643, 2025) mantiene l’alginato all’interno della matrice algale. Ciò avviene mediante un lavaggio della biomassa a basso pH per ri-
Sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea serie L del 9 aprile 2025 è stato pubblicato il Regolamento di esecuzione (UE) 2025/688 della Commissione del 9 aprile 2025 recante modifica del regolamento di esecuzione (UE) 2017/2470 per quanto riguarda le condizioni d’uso del nuovo alimento olio derivato da Schizochytrium sp. (FCC-3204).
(…)
Il 23 dicembre 2023 la società Fermentalg («richiedente») ha presentato alla Commissione, in conformità all’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento (UE)
2015/2283, una domanda di modifica delle condizioni d’uso del nuovo alimento olio derivato da Schizochytrium sp. (FCC-3204). La domanda riguardava l’estensione dell’uso del nuovo alimento olio derivato da Schizochytrium sp. (FCC3204) ai prodotti a base di proteine, esclusi i prodotti sostitutivi dei prodotti lattiero-caseari, destinati alla popolazione in generale.
Il 23 dicembre 2023 il richiedente ha inoltre presentato alla Commissione una richiesta di tutela dei seguenti dati protetti da proprietà industriale: un’analisi tassonomica, un’analisi delle cel-
lule vitali e un certificato delle analisi dei prodotti a base di proteine ai quali è stato aggiunto il nuovo alimento.
(…)
Il 24 settembre 2024 l’Autorità ha adottato un parere scientifico sulla sicurezza dell’estensione dell’uso dell’olio derivato da Schizochytrium sp. (ceppo FCC-3204) quale nuovo alimento a norma del regolamento (UE) 2015/2283, in conformità all’articolo 11 del regolamento (UE) 2015/2283.
Nel parere scientifico l’Autorità ha concluso che il nuovo alimento olio derivato da Schizochytrium sp. (FCC-3204) è sicuro alle condizioni d’uso proposte ed è pertanto opportuno modificarne le condizioni d’uso.
ADDING VALUE TO FRUIT WASTES - Extraction, Properties, and Industrial Applications (Valorizzazione degli scarti della fruttaEstrazione, proprietà e applicazioni industriali)
Sneh Punia Bangar, Parmjit S. Panesar - XX + 487 pagg. - Edito da Academic Press - www.elsevier.com - 2024 - Prezzo 148,75 € - ISBN: 9780443138423
Disponibile anche in eBook ISBN: 9780443138430 - Prezzo 148,75 €
I rifiuti alimentari si generano in ogni fase del ciclo di vita degli alimenti, inclusi la produzione agricola, la produzione industriale, la lavorazione e la distribuzione. Le attività domestiche contribuiscono fino al 42% dei rifiuti alimentari, mentre il 39% delle perdite avviene nell’industria di produzione, il 14% nel settore dei servizi e il 5% durante la distribuzione. Senza misure di prevenzione si stima che i rifiuti alimentari potrebbero raggiungere i 150 milioni di tonnellate entro il 2025. La lavorazione della frutta, che comprende l’estrazione di succo e polpa e la preparazione di confetture e polpa congelata, produce ingenti quantità di rifiuti. Questi scarti potrebbero essere valorizzati per creare prodotti a valore aggiunto, offrendo un significativo contributo all’industria e all’economia alimentare. Infatti, durante la lavorazione della frutta, si perdono preziosi componenti nutrizionali e funzionali, come proteine, amido,
fibre, composti aromatici e sostanze fitochimiche, che potrebbero essere riutilizzati come nutraceutici e ingredienti funzionali.
La crescente richiesta di amido per soddisfare il fabbisogno di una popolazione in aumento ha spinto a cercare nuove fonti con migliori proprietà funzionali. Utilizzare gli scarti della frutta per estrarre amido potrebbe aumentare la disponibilità di colture cerealicole per l’alimentazione e contribuire a prevenire l’insicurezza alimentare e nutrizionale. Inoltre, la transizione da proteine animali a proteine vegetali ha stimolato i ricercatori a esplorare nuove fonti proteiche. Con l’aumento della consapevolezza dei consumatori riguardo alla salute, cresce la richiesta di pigmenti e aromi naturali nelle applicazioni alimentari, spingendo gli scienziati a esaminare gli scarti della frutta per isolarli. Pertanto, un utilizzo efficiente degli scarti della frutta può offrire molte op-
portunità per estrarre componenti funzionali per applicazioni alimentari in modo sostenibile. Questo libro si propone di illustrare le ultime tecnologie per l’utilizzo degli scarti della frutta, inclusi i metodi di estrazione e isolamento di composti funzionali e attivi e le loro applicazioni in ambito farmaceutico, alimentare, agricolo e industriale. Composto da 17 capitoli scritti da esperti del settore, il libro offre a ricercatori, professionisti delle tecnologie alimentari, personale dell’industria alimentare e al mondo accademico conoscenze approfondite per promuovere la ricerca futura e sostenere un’economia circolare basata sulla gestione e valorizzazione degli scarti della frutta.