Mondo_Paghe_10_2025

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RIVISTA SPECIALIZZATA NELLA GESTIONE DEL PERSONALE

Anno 2025

EDITORIA LAVORO

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SOMMARIO

Direttore Responsabile: Giovanni Bort

Responsabile Normativa del Lavoro: Federico Clappa

Comitato di redazione esterna: Beniamino Gallo, Fabrizio Vazio, Studio Legale Proia & Partners

Centro Studi Normativa del Lavoro: Alessia Altieri, Giulia Ballardini, Laura Borsi, Francesca Caresia, Federico Clappa, Andrea Condini, Alessandra Corradini, Oumou Kaltoum Konate, Deborah Profetto, Angela Puecheri, Lorenza Tava, Simona Virgilio, Maria Chiara Volpi

Grafica e impaginazione: Luisa Agostini, Giulia Baldessari, Anatolie Bunduche, Monica Gozzer, Matteo Tabarelli Stampa: Litografia Seac

SEAC S.p.A - 38121 TRENTO - Via Solteri, 74

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SSCADENZE CONTRATTUALI

Amministratori di condominio (H475)

Indennità di vacanza contrattuale (IVC)

Il CCNL 16 luglio 2022 per i dipendenti degli studi professionali che amministrano condomini o immobili e delle società di servizi integrati alla proprietà immobiliare, prevede che, in caso di disdetta contrattuale, dal primo giorno del quarto mese successivo alla data di scadenza del CCNL ai lavoratori va riconosciuta un’indennità retributiva provvisoria denominata indennità di vacanza contrattuale (IVC). È altresì previsto che le Parti, entro l’ultimo giorno del secondo mese successivo alla scadenza del CCNL, predispongano la tabella delle indennità mensili di vacanza contrattuale per ciascun livello d’inquadramento, in applicazione dei criteri fissati dal CCNL.

Autoferrotranvieri (I022)

Una tantum

Il CCNL 11 dicembre 2024 Autoferrotranvieri-Internavigatori (Mobilità TPL) ha previsto, a favore del personale in forza alla data di sottoscrizione dell’accordo di rinnovo (11 dicembre 2024), a integrale copertura del periodo 1° gennaio 2024 - 31 dicembre 2024, l’erogazione, con la retribuzione del mese di febbraio 2025, di un importo a titolo di una tantum pari a 500,00 euro lordi per il parametro 175, da riparametrare secondo la scala parametrale vigente (100-250).

Per il personale impiegato nei servizi commerciali non soggetti a obblighi di servizio pubblico, in ragione delle particolari condizioni del settore, l’una tantum verrà erogata con la retribuzione del mese di ottobre 2025.

Gli importi dell’una tantum, calcolati redazionalmente, risultano i seguenti.

Si sottolinea che l’una tantum:

Q verrà rapportata ai mesi di effettiva prestazione (computando come mese intero la frazione superiore ai 15 giorni e non considerando le frazioni inferiori) svolta nel periodo 1° gennaio 2024 - 31 dicembre 2024;

Q sarà riproporzionata nei casi di part-time, sulla base dell’orario fissato nel contratto individuale;

Q verrà erogata anche al personale a tempo determinato in forza alla data di sottoscrizione dell’accordo (11 dicembre 2024). Per tali lavoratori, l’una tantum viene rapportata ai mesi di effettiva prestazione (computando come mese intero la frazione superiore ai 15 giorni e non tenendo conto delle frazioni inferiori) svolta all’interno del periodo 1° gennaio 2024 - 31 dicembre 2024 nell’ambito del contratto a termine ivi comprese eventuali proroghe;

Q non ha alcun effetto (essendo comprensiva di ogni incidenza) su tutti gli istituti contrattuali e legali e non rientra nella base di computo del TFR e della contribuzione al Fondo Priamo.

Cemento - Aziende industriali (F032)

Nuovi minimi tabellari

Il CCNL 8 maggio 2025 per i dipendenti dalle aziende esercenti la produzione del cemento, della calce e suoi derivati, del gesso e relativi manufatti, delle malte e dei materiali di base per le costruzioni, nonché la produzione promiscua di cemento, calce, gesso e malte, ha ridefinito gli incrementi retributivi, comprensivi del recupero dello scostamento inflattivo relativo agli anni 2022, 2023 e 2024.

Per effetto dei suddetti incrementi, i nuovi importi del minimo tabellare mensile, a decorrere dal 1° ottobre 2025, calcolati redazionalmente, risultano i seguenti.

Contributo rinnovo del CCNL

Con riferimento al CCNL 8 maggio 2025 per i dipendenti dalle aziende esercenti la produzione del cemento, della calce e suoi derivati, del gesso e relativi manufatti, delle malte e dei materiali di base per le costruzioni, nonché la produzione promiscua di cemento, calce, gesso e malte, con apposito allegato al verbale di accordo 8 maggio 2025, le Parti hanno convenuto che le aziende, entro il 31 luglio 2025, informeranno i lavoratori che in occasione del rinnovo del CCNL, le OO.SS. stipulanti Feneal - Uil, Filca - Cisl e Fillea - Cgil chiedono ai lavoratori non iscritti al sindacato, una quota associativa straordinaria a titolo di “contributo per rinnovo contratto” di 30,00 euro.

Nei confronti dei lavoratori iscritti alle suddette Organizzazioni sindacali, non si dovrà procedere ad alcuna trattenuta. Entro il 10 settembre 2025 sussiste la possibilità di manifestare la non accettazione della trattenuta stessa, da comunicare all’azienda per iscritto. Le aziende effettueranno la trattenuta ai lavoratori non iscritti alle OO.SS., che non abbiano manifestato espressamente la non accettazione, sulla retribuzione corrisposta nel mese di ottobre 2025.

Centri elaborazione dati (CED) (H601)

Assistenza sanitaria integrativa

Il CCNL 28 luglio 2025 per i lavoratori dipendenti dei centri elaborazione dati (CED), imprese ICT, professioni digitali e STP, ha previsto che, a partire dal 1° ottobre 2025, il contributo annuale al Fondo EASI, per ogni dipendente a tempo indeterminato o determinato con durata superiore a 12 mesi e per gli apprendisti, venga fissato in 234,00 euro (prima 204,00 euro) suddivisi in 12 rate mensili, di cui:

Q 17,00 euro a carico del datore di lavoro;

Q 2,50 euro a carico di ciascun lavoratore iscritto al Fondo.

In caso di omesso versamento il datore deve corrispondere al lavoratore un elemento distinto della retribuzione (EDR) pari a 40,00 euro (prima 36,00 euro) mensili (per 14 mensilità), utile ai fini di tutti gli istituti contrattuali, compreso il TFR.

Comunicazione - Aziende artigiane (G016)

Una tantum

Il CCNL 18 novembre 2024 per i dipendenti dalle imprese artigiane e dalle piccole e medie imprese dell’Area Comunicazione, ha previsto, ad integrale copertura del periodo di carenza contrattuale, la corresponsione, ai soli lavoratori in forza alla data di sottoscrizione dello stesso (18 novembre 2024), di un importo forfetario “una tantum” suddivisibile in quote mensili, o frazioni, in relazione alla durata del rapporto nel periodo interessato, pari a 150,00 euro, da erogarsi in due tranches:

Q 100,00 euro con la retribuzione del mese di febbraio 2025;

Q 50,00 euro con la retribuzione del mese di ottobre 2025.

A proposito della suddetta somma una tantum si sottolinea che:

Q viene corrisposta agli apprendisti in forza al 18 novembre 2024 (data di sottoscrizione dell’accordo) nella misura del 70% (105,00 euro), con le medesime decorrenze;

Q è ridotta proporzionalmente per i casi di servizio militare, part-time, sospensioni per mancanza di lavoro concordate;

Q è stata determinata considerando in essa anche i riflessi sugli istituti retributivi diretti ed indiretti, legali o contrattuali ed è quindi comprensiva degli stessi;

Q viene esclusa dalla base di calcolo del TFR;

Q è riconosciuta anche in caso di dimissioni o licenziamento.

Gli importi eventualmente già corrisposti a titolo di futuri miglioramenti contrattuali vanno considerati a tutti gli effetti anticipazioni degli importi una tantum e, pertanto, vanno detratti dall’una tantum stessa fino a concorrenza.

La corresponsione di tali importi cessa con la retribuzione relativa al mese di dicembre 2024.

Cooperative sociali (T151)

Nuovi minimi tabellari

Il CCNL 26 gennaio 2024 per i dipendenti dalle cooperative del settore socio-sanitario-assistenziale-educativo e di inserimento lavorativo, ha previsto, a far data dal 1° ottobre 2025, degli incrementi retributivi.

Livello Minimi dal 1° ottobre 2025 Livello Minimi dal 1° ottobre 2025

Si ricorda che ai seguenti livelli spetta un’indennità di funzione mensile pari a:

Q 232,41 euro per il livello F2Q;

Q 154,94 euro per il livello F1Q;

Q 77,47 euro per il livello E2Q.

Edilizia - Aziende artigiane (F015)

Fondo

qualificazione e sviluppo

Il CCNL 20 maggio 2025 per i lavoratori dipendenti delle imprese artigiane e delle piccole e medie imprese industriali dell’edilizia ed affini, ha previsto che, a partire dal 1° ottobre 2025, presso ogni Cassa Edile e Edilcassa, venga costituito il “Fondo Artigianato Qualificazione e Sviluppo” (FAQS), destinato a garantire un sostegno economico a favore degli imprenditori temporaneamente impossibilitati ad esercitare la propria funzione.

Il Fondo sarà alimentato da un versamento mensile a carico azienda pari a 2,00 euro per ogni dipendente in forza a decorrere dal 1° ottobre 2025.

Viene prevista la costituzione di un’apposita “Commissione qualificazione del settore artigiano” per la definizione, entro 3 mesi, del Regolamento e delle modalità organizzative del Fondo.

Si conviene, altresì, che una specifica Commissione dovrà valutare e determinare la rimodulazione dell’aliquota contributiva dello 0,20% destinata al “Fondo territoriale per la formazione e incremento delle competenze professionali dei lavoratori”, nonché del Regolamento in atto, entro il 30 settembre 2025. Alla stessa Commissione è demandato il compito di rivedere l’utilizzo dello 0,10% previsto per il “Fondo Incentivo Occupazione”, mantenendone le finalità.

Modelli di Denuncia unica edile (D.U.E.)

Il CCNL 20 maggio 2025 per i lavoratori dipendenti delle imprese artigiane e delle piccole e medie imprese industriali dell’edilizia ed affini, ha previsto, nell’ottica dell’uniformità delle procedure e dei comportamenti di tutte le Casse Edili/Edilcasse, a decorrere dalla firma dell’accordo 20 maggio 2025, la costituzione di una Commissione paritetica per la definizione di un nuovo sistema di denuncia unica edile, che entrerà in vigore a decorrere dal 1° ottobre 2025. Il modello di denuncia unica dovrà prevedere i seguenti elementi obbligatori e bloccanti:

Q ore ordinarie: verifica su ore lavorabili nel mese, decurtate da ore assenza correttamente imputate e verificate;

Q permessi non retribuiti: esimente bloccante limite 40 h annue;

Q permessi retribuiti: fermo restando quanto previsto all’art. 7 del CCNL con riguardo alla tempistica della fruizione degli stessi, esimente bloccante limiti 88 h;

Q ferie: fermo restando quanto previsto dell’art. 18 del CCNL con riguardo alla tempistica della fruizione delle stesse, esimente bloccante limite 160 h;

Q E.V.R.: ferma restando la non incidenza dell’EVR sui singoli istituti, ivi compreso il TFR, introduzione di un campo (“flag”) relativo alla dichiarazione aziendale circa il pagamento dello stesso, se spettante in base alla normativa applicabile;

Q CCNL applicato bloccante;

Q CIPL applicato bloccante;

Q ore malattia - bloccante con obbligo di verifica codice certificato;

Q trasferta, secondo la nuova formulazione dell’art. 24 del CCNL.

Tutte le esimenti si intendono riferite ad anno solare/civile.

Trasferta

Il CCNL 20 maggio 2025 per i lavoratori dipendenti delle imprese artigiane e delle piccole e medie imprese industriali dell’edilizia ed affini, ha previsto che la disciplina della trasferta nazionale entra in vigore dal 1° ottobre 2025 (contestualmente all’introduzione della nuova denuncia unica), e si applica per i cantieri avviati successivamente a tale data. Dalla stessa data, sostituisce tutti gli accordi territoriali in materia di trasferta regionale.

Restano fermi i commi da 1 a 7 della lett. A) dell’art. 24 del CCNL, incluso il principio per cui all’operaio in “trasferta” continua ad applicarsi il contratto integrativo del territorio di provenienza e il principio della eventuale integrazione retributiva da corrispondere a titolo di “indennità territoriale temporanea”, nonché le “Norme per gli addetti ai lavori dell’armamento ferroviario” (lett. B) dell’art. 24 del CCNL).

Edilizia - Aziende industriali e cooperative (F012)

Denuncia unica edile (D.U.E.)

Il CCNL 28 gennaio 2025 per i dipendenti delle imprese edili e affini e delle cooperative, integrato dal Verbale di accordo 21 febbraio 2025, ha previsto, nell’ottica dell’uniformità e semplificazione delle procedure, a decorrere dalla firma dell’accordo 21 febbraio 2025, la costituzione di una Commissione paritetica per la definizione di un nuovo sistema di denuncia unica edile, che entrerà in vigore a decorrere dal 1° ottobre 2025.

Trasferta

Il CCNL 28 gennaio 2025 per i dipendenti delle imprese edili e affini e delle cooperative, integrato dal Verbale di accordo 21 febbraio 2025, ha previsto, una nuova disciplina sulla trasferta, che troverà applicazione a partire dal 1° ottobre 2025 con riferimento ai cantieri avviati successivamente a tale data.

Inoltre, la nuova disciplina sostituirà, sempre con decorrenza 1° ottobre 2025, tutti gli accordi territoriali in materia di trasferta regionale. Dalla stessa data è altresì abrogato l’Allegato 6 dell’Accordo di rinnovo del CCNL sottoscritto il 3 marzo 2025.

La nuova disciplina troverà applicazione per i cantieri nei quali sia inviato dall’impresa un operaio in “trasferta”, purché situati nel territorio di competenza di altra Cassa Edile, con apposita disciplina delle contribuzioni tra Cassa Edile di appartenenza e Cassa Edile del luogo dei lavori, come definita di seguito, che decorrerà dal primo giorno del quarto periodo di paga del suddetto primo operaio; dalla medesima data, la stessa disciplina sulle contribuzioni si applicherà anche per gli eventuali altri operai inviati in trasferta dall’impresa nel medesimo cantiere.

In particolare si prevede che:

Q la Cassa Edile di appartenenza resta l’unica referente per l’impresa: essa, di conseguenza, continua a compiere per tutta la durata della trasferta, tutti gli adempimenti previsti dalla contrattazione nazionale e territoriale presso la Cassa Edile di appartenenza, a cui competono gli adempimenti nei confronti della Cassa Edile del luogo dei lavori;

Q l’operaio rimane iscritto alla Cassa Edile di appartenenza a prescindere dalla durata della trasferta: pertanto, le prestazioni a favore del lavoratore sono erogate da quest’ultima.

Gli adempimenti per le imprese e per le Casse Edili sono uniformati e semplificati tramite l’uso di un apposito applicativo informatico, predisposto dalla CNCE, le cui funzionalità sono spiegate all’interno del verbale di accordo.

Al fine di evitare squilibri tra i rispettivi territori si prevede inoltre che, qualora dall’applicazione della presente disciplina derivi, nei rapporti tra le singole Casse Edili, uno scostamento superiore al 5% rispetto a quanto generato dall’applicazione della trasferta (considerato a consuntivo al termine di ciascun anno Cassa Edile), saranno effettuate le relative compensazioni tra le Casse medesime.

Le contribuzioni afferenti le Casse Edili di provenienza e del luogo di lavoro del periodo di trasferta, sono imputate nella maniera che segue.

Contributo

Cassa Edile (2,25%):

0,75% spese gestione e quote contrattuali

Cassa Edile (2,25%): 0,45% prestazioni operai (aliquota fissata da CCNL)

Cassa Edile (2,25%): 1,05% premialità imprese (aliquota fissata da CCNL)

APE

(aliquota regionale fissata da CCNL, fatta salva eventuale aliquota ridotta fissata a livello territoriale

Ente Unico Formazione e Sicurezza (1%) (aliquota fissata da CCNL)

Fondo territoriale qualificazione settore (0,20%)

(aliquota fissata da CCNL)

Fondo prepensionamenti (0,20%)

(aliquota fissata da CCNL)

Fondo incentivo occupazione (0,10%)

(aliquota fissata da CCNL)

SANEDIL (0,60%)

(aliquota fissata da CCNL)

RLST

(aliquota fissata da CCPL per le sole imprese che non abbiano RLS)

Eventuali contributi territoriali aggiuntivi (ove previsti da CCPL)

Imputazione primi tre mesi Imputazione dal quarto mese

CE appartenenza

CE luogo lavori

0,45% CE appartenenza 0,45% CE appartenenza

1,05% CE appartenenza 1,05% CE appartenenza

Aliquota CE appartenenza Aliquota CE appartenenza

CE appartenenza: 0,40% formazione

CE luogo lavori: 0,50% sicurezza + 0,10% formazione (on the Job)

CE appartenenza

CE appartenenza

CE appartenenza

CE appartenenza

CE appartenenza

CE appartenenza

Edilizia - Piccola e media industria (F018)

Denuncia unica edile (D.U.E.)

CE appartenenza: 0,40% formazione

CE luogo lavori: 0,50% sicurezza + 0,10% formazione (on the Job)

CE appartenenza

CE appartenenza

CE appartenenza

CE appartenenza

CE luogo lavori

CE appartenenza

Il CCNL 24 marzo 2025 per gli addetti delle piccole e medie industrie edili ed affini, ha previsto, nell’ottica dell’uniformità delle procedure e dei comportamenti di tutte le Casse Edili/Edilcasse, a decorrere dalla firma dell’accordo 15 aprile 2025, la costituzione di una Commissione paritetica per la definizione di un nuovo sistema di denuncia unica edile, che entrerà in vigore a decorrere dal 1° ottobre 2025. Il modello di denuncia unica dovrà prevedere i seguenti elementi obbligatori e bloccanti:

Q ore ordinarie: verifica su ore lavorabili nel mese, decurtate da ore assenza correttamente imputate e verificate;

Q permessi non retribuiti: esimente bloccante limite 40 h annue;

Q permessi retribuiti: fermo restando quanto previsto all’art. 5 del CCNL con riguardo alla tempistica della fruizione degli stessi, esimente bloccante limiti 88 h;

Q ferie: fermo restando quanto previsto dell’art. 15 del CCNL con riguardo alla tempistica della fruizione delle stesse, esimente bloccante limite 160 h;

Q E.V.R.: ove sottoscritto con accordo nelle modalità previste dal CCNL;

Q CCNL applicato bloccante;

Q contratto Integrativo Territoriale applicato, ove sottoscritto, nell’Edilcassa/Cassa Edile di appartenenza;

Q ore malattia - bloccante con obbligo di verifica codice certificato;

Q trasferta, secondo la nuova formulazione dell’art. 21 del CCNL.

Tutte le esimenti si intendono riferite ad anno solare/civile.

Trasferta

Il CCNL 24 marzo 2025 per gli addetti delle piccole e medie industrie edili ed affini, ha previsto che la disciplina della trasferta nazionale entra in vigore dal 1° ottobre 2025 (contestualmente all’introduzione della nuova denuncia unica), e si applica per i cantieri avviati successivamente a tale data. Dalla stessa data, trova applicazione la nuova disciplina della trasferta, sostitutiva di quella definita dal precedente CCNL (art. 21).

Ferme restando le previsioni di cui ai commi da 1 a 7 della lett. A dell’art. 21 del CCNL sinora in vigore, incluso il principio per cui all’operaio in “trasferta” continua ad applicarsi il contratto integrativo del territorio di provenienza e il principio della eventuale integrazione retributiva da corrispondere a titolo di “indennità territoriale temporanea”, nonché le “Norme per gli addetti ai lavori dell’armamento ferroviario” (art. 21, lett. B) del CCNL), dalla suddetta data è disposta l’abrogazione degli ultimi commi dell’art. 21 del CCNL (introdotti dal rinnovo del 2014), relativi alla disciplina della “Trasferta regionale” e della successiva trasferta nazionale.

Fatto salvo quanto stabilito dalla normativa in vigore, la nuova disciplina troverà applicazione in tutto il territorio nazionale e sostituirà, a decorrere dal 1° ottobre 2025, tutti gli accordi territoriali in materia di trasferta regionale.

Edilizia popolare - Federcasa (T611)

Una tantum

Il CCNL 6 novembre 2024 per i dipendenti delle aziende, società ed enti pubblici aderenti a FEDERCASA, ha previsto il riconoscimento di una indennità a titolo di una tantum:

Q pari al 3% del valore tabellare al 31 dicembre 2021, per 14 mensilità, riferita all’anno 2022;

Q pari al 3% del valore tabellare al 31 dicembre 2021, per 14 mensilità, riferita all’anno 2023, detratta l’indennità di vacanza contrattuale effettivamente erogata da ciascuna azienda.

Per il periodo che va dal 1° gennaio al 30 novembre 2024, è riconosciuta a ciascun lavoratore in servizio alla data attuale una indennità lorda una tantum pari al 7% del valore tabellare al 31 dicembre 2021 per 12 mensilità, dedotta l’indennità di vacanza contrattuale effettivamente erogata dalle aziende.

Tali importi una tantum saranno erogati dalle aziende con le seguenti modalità temporali:

Q 1/4 dell’importo complessivo (somma delle una tantum) con le competenze di gennaio 2025;

Q 1/4 dell’importo complessivo (somma delle una tantum) con le competenze di aprile 2025;

Q 1/4 dell’importo complessivo (somma delle una tantum) con le competenze di luglio 2025;

Q 1/4 dell’importo complessivo (somma delle una tantum) con le competenze di ottobre 2025.

Inoltre, le suddette somme:

Q non hanno effetti sugli istituti contrattuali diretti, indiretti o differiti;

Q verranno corrisposte in misura frazionata/ridotta in relazione alla effettiva durata del rapporto di lavoro nel periodo tra gennaio 2022 e novembre 2024 inclusi, nonché all’orario di lavoro a tempo parziale, ferma restando la necessaria presenza in servizio del personale al momento dell’erogazione.

Gas - Acqua (K321)

Lavoro straordinario

Il CCNL 8 maggio 2025 per i dipendenti dalle aziende del settore gas - acqua, ha previsto che, a decorrere dal 1° ottobre 2025, il lavoratore che effettua lavoro straordinario notturno tra la mezzanotte

e le 6 del mattino, ha diritto, a titolo di permesso retribuito per riposo fisiologico, a posticipare l’inizio del lavoro ordinario della giornata per un numero di ore pari alla durata della prestazione straordinaria, fermo restano il pagamento della relativa maggiorazione. Tale disposizione non è cumulabile con eventuali previsioni di miglior favore previste a livello aziendale; a tal fine gli accordi aziendali saranno sottoposti a verifica entro dicembre 2025.

Grafica ed editoria - Aziende industriali (G011)

Nuovi minimi tabellari

IL CCNL 19 dicembre 2023 per i dipendenti delle aziende grafiche ed affini e delle aziende editoriali anche multimediali, ha previsto, a decorrere dal 1° ottobre 2025, degli incrementi retributivi. Per effetto dei suddetti aumenti i nuovi importi dei minimi tabellari, calcolati redazionalmente, sono i seguenti.

R Grafici

R Editori

Lavanderie - Aziende industriali (D0L1)

Nuovi minimi tabellari - Aziende del settore turismo

Il CCNL 28 marzo 2023 per i lavoratori dipendenti dalle lavanderie industriali e centrali di sterilizzazione ed imprese del sistema industriale integrato di beni e servizi tessili e medici affini, ha previsto degli incrementi retributivi a partire dal 1° ottobre 2025, per le aziende del settore turismo.

I nuovi importi della retribuzione contrattuale conglobata – RCC (comprensiva di ex minimo tabellare, ex indennità di contingenza ed EDR) e dell’incentivo di modulo risultano i seguenti.

Area Modulo Livello RCC a partire dal 1° ottobre 2025 Incentivo di modulo

4a - Direttivagestionale Centrato (Quadri) D2

3a - Tecnica e gestionale

Lavanderie e tintorie - Conflavoro (D0M7)

Nuovi minimi tabellari

Il CCNL 4 luglio 2025 per i dipendenti delle imprese industriali e artigiane di lavanderia, pulitura a secco, tintoria di abiti e indumenti, nonché di smacchiatoria e stireria in genere, ha previsto degli incrementi retributivi a partire dal 1° ottobre 2025, per le aziende del settore artigianato.

Per effetto dei suddetti incrementi i nuovi minimi retributivi sono i seguenti.

(*) Indennità mensile di funzione quadro conglobata.

Noleggio autobus con conducente - Anav (IC36)

Elemento di garanzia retributiva (EGR)

Il CCNL 23 maggio 2025 per i dipendenti da imprese esercenti il noleggio autobus con conducente e le relative attività correlate ha previsto che, a partire dal 2024, a favore dei dipendenti a tempo indeterminato o a tempo determinato di durata superiore a 6 mesi, inclusi i lavoratori stagionali, e alle altre tipologie di lavoro subordinato in forza al 1° gennaio di ogni anno, nelle aziende prive di contrattazione di 2° livello riguardante il premio di risultato o altri istituti retributivi comunque soggetti a contribuzione e che nel corso dell’anno precedente (1° gennaio - 31 dicembre) non abbiano percepito altri trattamenti economici, anche forfetari, individuali o collettivi comunque soggetti a contribuzione oltre a quanto spettante dal CCNL, venga riconosciuto un importo annuo pari a 150,00 euro lordi a titolo di “Elemento di garanzia retributiva” (EGR), ovvero una cifra inferiore fino a concorrenza in caso di presenza di un trattamento economico aggiuntivo a quello fissato dal CCNL.

A proposito di tale trattamento si precisa che:

Q viene erogato in unica soluzione con le competenze del mese di ottobre ed è corrisposto pro-quota con riferimento a tanti dodicesimi quanti sono stati i mesi di servizio prestati dal lavoratore, anche in modo non consecutivo, nell’anno precedente (a tal fine, la prestazione di lavoro superiore a 15 giorni sarà considerata come mese intero);

Q va riproporzionato per i lavoratori part-time in funzione del normale orario di lavoro;

Q è escluso dalla base di calcolo del TFR ed è stato quantificato considerando in esso anche i riflessi su tutti gli istituti di retribuzione diretta e indiretta, di origine legale o contrattuale, ed è quindi comprensivo degli stessi;

Q sarà ad ogni effetto di competenza dell’anno di erogazione in quanto il riferimento ai trattamenti retributivi percepiti è assunto dalle Parti quale parametro di riferimento ai fini del riconoscimento dell’istituto;

Q nell’ipotesi di risoluzione del rapporto lavorativo antecedentemente al momento della sua corresponsione, fatti salvi i criteri di maturazione dello stesso, verrà corrisposto all’atto della liquidazione delle competenze. È prevista l’esclusione da tale adempimento delle aziende che facciano ricorso ad ammortizzatori sociali per il periodo di intervento degli stessi.

Si evidenzia, infine, che non ha effetti ai fini dell’elemento di garanzia retributiva l’indennità di ripresa prevista per i lavoratori stagionali.

Servizi

assistenziali

- AGIDAE (T111)

Nuovi minimi tabellari

Il CCNL 12 marzo 2025 per i dipendenti degli istituti socio-sanitari, assistenziali ed educativi aderenti all’AGIDAE, ha previsto, a decorrere dal 1° ottobre 2025, degli incrementi retributivi.

ATTENZIONE

La tabella del Verbale di accordo 12 marzo 2025 tiene conto dell’eliminazione del livello A e dell’introduzione del livello A1.

Servizi assistenziali - ANASTE (CONFSAL) (T131)

Una tantum

Il CCNL 23 luglio 2025 per il personale dipendente dalle realtà del settore socio-sanitario-assistenziale-educativo, ha previsto che, a copertura del periodo dal 1° gennaio 2023 alla data di sottoscrizione del CCNL (23 luglio 2025), venga corrisposto un importo a titolo di una tantum pari a 300,00 euro lordi.

Esso verrà corrisposto ai lavoratori in forza alla data di sottoscrizione del rinnovo, e che abbiano prestato attività lavorativa nel periodo 1° gennaio 2023 - 31 luglio 2025.

L’importo in esame verrà corrisposto tenendo conto dei seguenti criteri e scaglioni:

Assunzioni effettuate:

sino al 2023

nel corso del 2024

nel corso del 2025

ATTENZIONE

Tali importi sono erogati in 3 tranches mensili (settembre, ottobre e novembre 2025) e non sono utili ai fini del computo di nessun istituto contrattuale, compreso il TFR.

Studi professionali (H442)

Nuovi minimi tabellari

Il CCNL 16 febbraio 2024 per i dipendenti degli studi e delle attività professionali, ha previsto, a far data dal 1° ottobre 2025, degli incrementi retributivi.

Livello Minimo dal 1° ottobre 2025 Livello Minimo dal 1° ottobre 2025

(*) Nel CCNL l’importo previgente indicato per il livello 3°S, diversamente da quanto riportato nella tabella dell’accordo 16 febbraio 2024, risultava pari a 1.525,23 euro e non a 1.525,33 euro; di conseguenza, il valore della paga base conglobata per tale livello, al 1° ottobre 2025 risulterebbe pari a 1.722,01 euro.

(**) La somma aritmetica tra la paga base previgente pari a 1.644,37 euro e l’aumento di marzo 2024 pari a 114,23 euro dà come risultato 1.758,60. Ne deriva che anche i successivi importi della paga base per il 2° livello alla scadenza del 1° ottobre 2025, diversamente da quanto riportato nelle tabelle dell’accordo 16 febbraio 2024, risulterebbe pari a 1.856,50 euro.

Terziario - Confimea (H01I)

Nuovi minimi tabellari

Il CCNL 22 febbraio 2021 per i dipendenti delle micro, piccole e medie imprese del settore terziario, commercio e servizi, scaduto il 31 dicembre 2023, ha previsto, a far data dal 1° ottobre 2025, degli incrementi retributivi.

Livello Minimo dal 1° ottobre 2025 Livello Minimo dal 1° ottobre 2025

(*) A tale livello è riconosciuto anche un importo, a titolo di indennità di funzione, pari a 265,00 euro mensili.

Tessili moda e chimica ceramica - Aziende artigiane (V751)

Nuovi minimi tabellari

Il CCNL 16 luglio 2024 per i dipendenti dalle imprese artigiane dei settori tessile, abbigliamento, calzaturiero, pulitintolavanderia, occhialeria, chimica e ceramica, integrato dal Verbale del 22 luglio 2024, ha previsto, a partire dal 1° ottobre 2025, degli incrementi retributivi.

I nuovi importi della retribuzione tabellare (comprensiva di paga base o minimo tabellare, ex indennità di contingenza ed EDR), come divulgati dalle Parti, risultano i seguenti.

R Settore Tessile Abbigliamento

Livello

Retribuzione tabellare a partire dal 1° ottobre 2025

Livello

Retribuzione tabellare a partire dal 1° ottobre 2025

R Settore Tessile Calzaturiero

Livello

Retribuzione tabellare a partire dal 1° ottobre 2025

Livello

R Settore Lavorazioni a mano e su misura

Livello

Retribuzione tabellare a partire dal 1° ottobre 2025

R Settore Pulitintolavanderie

Livello

Retribuzione tabellare a partire dal 1° ottobre 2025

R Settore Occhialeria

Livello

Retribuzione tabellare a partire dal 1° ottobre 2025

Livello

Retribuzione tabellare a partire dal 1° ottobre 2025

Livello

Retribuzione tabellare a partire dal 1° ottobre 2025

Livello

R Settori Chimica, Concia, Gomma, Plastica, Vetro

Livello

Retribuzione tabellare a partire dal 1° ottobre 2025

(*) Livello riferito al settore Concia.

Livello

Retribuzione tabellare a partire dal 1° ottobre 2025

Retribuzione tabellare a partire dal 1° ottobre 2025

Retribuzione tabellare a partire dal 1° ottobre 2025

R Settori Ceramica, Terracotta, Gres, Decorazione di piastrelle

Livello Retribuzione tabellare a partire dal 1° ottobre 2025

Livello

Retribuzione tabellare a partire dal 1° ottobre 2025

Livello

Retribuzione tabellare a partire dal 1° ottobre 2025

1.621,73

Livello

Retribuzione tabellare a partire dal 1° ottobre 2025

Tessili moda e chimica ceramica - Conflavoro (D027)

Nuovi minimi tabellari

Il CCNL 20 dicembre 2024 per i dipendenti delle aziende artigiane operanti nel settore pelletteria, calzaturiero, tessile, abbigliamento, chimica e ceramica, ha previsto, a partire dal 1° ottobre 2025, degli incrementi retributivi.

R Settore Tessile Abbigliamento

Livello

Retribuzione tabellare a partire dal 1° ottobre 2025

R Settore Tessile Calzaturiero

Livello

Retribuzione tabellare a partire dal 1° ottobre 2025 Livello

R Settore Lavorazioni a mano e su misura

Livello Retribuzione tabellare a partire dal 1° ottobre 2025

R Settore Occhialeria

Livello

Retribuzione tabellare a partire dal 1° ottobre 2025

R Settore Chimica, Gomma, Plastica, Vetro

Livello

Retribuzione tabellare a partire dal 1° ottobre 2025

Livello

Retribuzione tabellare a partire dal 1° ottobre 2025

Retribuzione tabellare a partire dal 1° ottobre 2025

Retribuzione tabellare a partire dal 1° ottobre 2025

Retribuzione tabellare a partire dal 1° ottobre 2025

Livello

Retribuzione tabellare a partire dal 1° ottobre 2025

R Settore Concia

Livello

Livello

Retribuzione tabellare a partire dal 1° ottobre 2025

Retribuzione tabellare a partire dal 1° ottobre 2025 Livello

R Settori Ceramica, Terracotta, Gres

Livello

Retribuzione tabellare a partire dal 1° ottobre 2025

Trasporto a fune (I911)

Nuovi minimi tabellari

tabellare a partire dal 1°

Retribuzione tabellare a partire dal 1° ottobre 2025

Il CCNL 16 maggio 2025 per gli addetti agli impianti di trasporto a fune, ha previsto, a partire dal 1° ottobre 2025, degli incrementi retributivi.

I nuovi importi mensili dei minimi tabellari, calcolati redazionalmente sulla base degli aumenti stabiliti per il liv. 4, sono i seguenti.

Livello

Retribuzione tabellare a partire dal 1° ottobre 2025

Retribuzione tabellare a partire dal 1° ottobre 2025

Livello

RRINNOVI CONTRATTUALI

Agricoltura - Consorzi di bonifica

Ipotesi di accordo 21 maggio 2025

Come noto, in data 21 maggio 2025 SNEBI, FLAI - CGIL, FAI - CISL e FILBI - UIL hanno stipulato l’Ipotesi di accordo per il rinnovo dei CCNL 12 ottobre 2020 e 23 maggio 2023 per i dipendenti dai consorzi di bonifica e di miglioramento fondiario.

In questa sede, si disponeva un aumento della retribuzione, con riferimento al biennio 2025 - 2026, pari al 5,2%, da erogarsi in due tranches così individuate:

Q 1a tranche, pari al 3%, dal 1° luglio 2025;

Q 2a tranche, pari al 2,2%, dal 1° gennaio 2026

Negli scorsi giorni, il testo è stato ripubblicato nella sua versione completa, che include altresì gli importi degli incrementi retributivi su ciascun livello, nonché le tabelle dei minimi retributivi

Incrementi retributivi

Gli incrementi retributivi su ciascun livello di inquadramento sono fissati nella seguente misura.

Livello Par.

Aumenti a partire dal

(ex 7Q/2 e 7Q3) 164

(ex 7Q/2 e 7Q3) 162

(ex 7/2 e ex 7/3) 160

(ex 6/1) 157

(ex 6/2 e ex 6/3) 135

A (ex 6/2 e ex 6/3) 134 58,21 43,97

B (ex 5/1) 132 57,35 43,31

B (ex 5/2) 128 55,61 42,00

B (ex 4/1) 132 57,35 43,31

B (ex 4/2) 128 55,61 42,00

C (ex 4/1) 127

C (ex 4/2) 118

D (ex 3/1 e ex 3/2) 116

D (ex 3/1 e ex 3/2) 115 49,96 37,74

D (ex 3/2) 112 48,66 36,75

D (ex 2) 107 46,48 35,11

D (ex 1) 104 45,18 34,13

D (ex 1) 100 43,44 32,81

Minimi retributivi

A fronte dei suddetti incrementi retributivi, gli importi dei nuovi minimi risultano i seguenti.

R Dipendenti in servizio al 15 luglio 2000 Livello Par.

(ex 6/2 e ex 6/3) 135

B (ex 4/1) 132

(ex 4/1) 127

(ex 4/2) 118

(ex 3/1 e ex 3/2) 116

(ex 3/1 e ex 3/2) 115 1.702,31

(ex 3/2) 112

(ex 1) 104

(ex 1)

R Dipendenti assunti dal 16 luglio 2000

(ex 6/2 e ex 6/3)

(ex 5/2)

(ex 4/1)

(ex 4/2)

(ex 3/1 e ex 3/2)

(ex 3/1 e ex 3/2) 115

R Operai avventizi

Si riportano, di seguito, le retribuzioni orarie riferite agli operai avventizi

Retribuzioni orarie dal 1° luglio 2025

Qualifica

(*) I minimi di stipendio di cui alla colonna A della presente tabella sono ricavati dividendo per 164,67 gli importi mensili dello stipendio base. ATTENZIONE

Dalla quota di 3° elemento è stato scomputato il TFR, pari all’8,64% che, ai sensi dell’a.c.n.l. 10 novembre 2008, sarà corrisposto, a decorrere dal 1° gennaio 2009, alla cessazione del rapporto di lavoro.

Retribuzioni orarie dal 1° gennaio 2026

Qualifica

(*) I minimi di stipendio di cui alla colonna A della presente tabella sono ricavati dividendo per 164,67 gli importi mensili dello stipendio base. Dalla quota di 3° elemento è stato scomputato il TFR, pari all’8,64% che, ai sensi dell’a.c.n.l. 10 novembre 2008, sarà corrisposto, a decorrere dal 1° gennaio 2009, alla cessazione del rapporto di lavoro.

Centri elaborazione dati (CED)

Accordo di rinnovo del 28 luglio 2025

In data 28 luglio 2025, tra ASSOCED (Associazione Italiana Centri Elaborazione Dati), LAIT (Libera Associazione Italiana dei Consulenti Tributari e dei Servizi Professionali) con l’assistenza di CONFTERZIARIO, UGL TERZIARIO FEDERAZIONE NAZIONALE con l’assistenza della UGL, è stato stipulato l’accordo per il rinnovo del CCNL 9 marzo 2022 per i lavoratori dipendenti dei centri elaborazione dati (CED), imprese ICT, professioni digitali e STP - Codice CNEL H601, scaduto il 31 marzo 2025.

Decorrenza e durata

Il contratto ha validità triennale, entrerà in vigore il 1° settembre 2025 e scadrà il 31 agosto 2028, sia per la parte economica che per quella normativa. Viene fatta salva diversa espressa previsione per specifici istituti contrattuali.

Minimi retributivi

Le Parti hanno convenuto degli aumenti retributivi da corrispondersi in 4 tranches:

Q 1a tranche a partire dal 1° settembre 2025;

Q 2a tranche a partire dal 1° giugno 2026;

Q 3a tranche a partire dal 1° marzo 2027;

Q 4a tranche a partire dal 1° gennaio 2028.

I nuovi importi mensili della paga base conglobata risultano i seguenti.

Livello

Paga base contrattuale a partire dal 1° settembre 2025 1° giugno 2026 1° marzo 2027 1° gennaio

Indennità di funzione

Si conviene un aumento dell’importo dell’indennità di funzione spettante ai lavoratori con qualifica di quadro (per 14 mensilità), attualmente pari ad euro 278,00 per i quadri di direzione e ad euro 242,00 per i quadri, che viene fissato nelle seguenti misure.

Livello

Importo mensile a partire dal

Elemento economico di garanzia (EEG)

Le Parti hanno convenuto l’abrogazione di tale istituto (art. 177 del CCNL).

Una tantum

A copertura del periodo 1° aprile 2025 - 31 agosto 2025, a favore di tutti i lavoratori in forza alla data di decorrenza dell’accordo 28 luglio 2025, è riconosciuta la corresponsione, con la retribuzione di settembre 2025, di un importo forfettario una tantum nelle seguenti misure.

Livelli

Quadri di direzione, Quadri, 1°, 2°

3°S, 3°, 4°, 5°, 6°

Si precisa che tale somma:

Importo

120,00

80,00

Q va riproporzionata per i lavoratori part-time e commisurata all’anzianità di servizio maturata nel periodo 1° aprile 2025 - 31 agosto 2025, con riduzione proporzionale per i casi di aspettativa, congedo parentale, sospensioni per mancanza di lavoro concordate;

Q non è utile agli effetti del computo di alcun istituto contrattuale e legale né del TFR.

Indennità di mensa

Il c.d. ticket restaurant viene elevato ad 8,00 euro giornalieri (prima 6,00 euro giornalieri) e lo stesso spetta anche in caso di svolgimento di lavoro in modalità di smart working

Welfare

A decorrere dall’anno 2025, le aziende attribuiranno, a beneficio di tutti i lavoratori dipendenti, piani e strumenti di “flexible benefits” del valore di

Q 180,00 euro per l’anno 2025,

Q 180,00 euro per l’anno 2026,

Q 180,00 euro per l’anno 2027, da erogare entro il mese di settembre di ciascun anno di riferimento e comunque in base alla regolamentazione indicata dalle singole aziende.

I suddetti valori sono onnicomprensivi ed espressamente esclusi dalla base di calcolo del TFR. Si evidenzia, inoltre, che il welfare contrattuale compete ai lavoratori, superato il periodo di prova, in forza al 1° gennaio di ciascun anno o successivamente assunti entro il 31 agosto, sempre di ogni anno:

Q con contratto a tempo indeterminato;

Q con contratto a tempo determinato che abbiano maturato almeno 3 mesi, anche non consecutivi, di anzianità di servizio nel corso di ciascun anno (1° gennaio - 31 dicembre).

Sono esclusi i lavoratori in aspettativa non retribuita, né indennizzata, nel periodo 1° gennaio - 31 dicembre di ciascun anno.

Restano invariate le altre previsioni del CCNL in materia (art. 270).

Assistenza sanitaria integrativa

A partire dal 1° ottobre 2025 il contributo annuale al Fondo EASI, per ogni dipendente a tempo indeterminato o determinato con durata superiore a 12 mesi e per gli apprendisti, è fissato in 234,00 euro (prima 204,00 euro) suddivisi in 12 rate mensili, di cui:

Q 17,00 euro a carico del datore di lavoro;

Q 2,50 euro a carico di ciascun lavoratore iscritto al Fondo.

In caso di omesso versamento il datore deve corrispondere al lavoratore un elemento distinto della retribuzione (EDR) pari a 40,00 euro (prima 36,00 euro) mensili (per 14 mensilità), utile ai fini di tutti gli istituti contrattuali, compreso il TFR.

Ente bilaterale

Dal 1° settembre 2025 la quota contrattuale di servizio per il finanziamento dell’EBCE è stabilita nella misura globale di 15,00 euro mensili (prima 11,00 euro mensili) per 12 mensilità (prima per 14 mensilità), di cui:

Q 11,00 euro a carico del datore di lavoro;

Q 4,00 euro a carico del lavoratore

Le Parti, congiuntamente ed in considerazione delle esigenze organizzative e gestionali delle imprese, convengono che, a decorrere dalla data di efficacia dell’accordo di rinnovo 28 luglio 2025, la contribuzione dovuta all’Ente bilaterale sarà ripartita su base annua in 12 mensilità, in luogo delle precedenti 14 mensilità.

In caso di omesso versamento, da parte del datore di lavoro, delle quote destinate alla bilateralità va corrisposto al lavoratore, a partire dal mese successivo alla stipula dell’accordo 28 luglio 2025, un elemento distinto della retribuzione (EDR) non assorbibile pari a 30,00 euro (prima 26,00 euro) mensili (per 14 mensilità).

Formazione di profilo obbligatoria

Nel periodo di vigenza dell’accordo 28 luglio 2025 (1° settembre 2025 - 31 agosto 2028), il datore di lavoro deve garantire a tutti i lavoratori dipendenti, assunti con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato (esclusi i lavoratori esclusi con contratto di apprendistato) e con almeno 6 mesi di anzianità di servizio presso la medesima azienda, la fruizione di un percorso di formazione di profilo obbligatoria per un monte ore complessivo pari a 24 ore, attraverso un piano formativo triennale

Non rientra tra i campi di applicazione di tale previsione la formazione obbligatoria in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro prevista dal T.U. 81/2008.

Ai lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato nel corso della vigenza contrattuale (1° settembre 2025 - 31 agosto 2028), e che abbiano maturato almeno 6 mesi di anzianità, va garantita la fruizione della formazione di profilo in misura proporzionale al periodo residuo di vigenza del contratto collettivo nazionale, secondo le seguenti casistiche:

Q assunzione entro il 31 maggio 2026, formazione pari a 16 ore;

Q assunzione entro il 31 maggio 2027, formazione pari a 12 ore;

Q assunzione entro il 31 dicembre 2027, formazione pari a 8 ore;

Q assunzione successiva al 31 dicembre 2027: non sussiste obbligo di formazione per il datore di lavoro, salva diversa previsione aziendale o territoriale.

La proporzionalità potrà essere ulteriormente modulata dalla contrattazione di 2° livello, che potrà tenere conto della specificità organizzativa, del profilo professionale e delle esigenze formative individuate a livello aziendale o territoriale.

In caso di mancata erogazione o di erogazione parziale delle ore di formazione, il datore sarà tenuto a corrispondere con la retribuzione del mese di settembre 2028 o, in caso di interruzione del rapporto di lavoro antecedente alla data di scadenza dell’accordo 28 luglio 2025 sarà liquidato con le competenze di fine rapporto, l’importo lordo di 50,00 euro per ogni ora di formazione non erogata, a titolo di indennità di mancata erogazione della formazione (IMEF).

In caso di cessazione del rapporto di lavoro, per qualsiasi causa, durante il periodo di vigenza dell’accordo 28 luglio 2025, il lavoratore non sarà tenuto ad alcun obbligo restitutorio e il datore non sarà soggetto a ulteriori obblighi formativi, né risarcitori.

Certificazioni

Qualora, durante il rapporto di lavoro, il datore sostenga, in tutto o in parte, i costi per il conseguimento, da parte del lavoratore, di certificazioni professionali o abilitazioni obbligatorie per lo svolgimento delle mansioni assegnate, che siano strettamente funzionali e necessarie all’espletamento della prestazione lavorativa (ad es. certificazione CISCO, VMware, ISO), il datore è tenuto a informare preventivamente per iscritto il lavoratore circa la natura obbligatoria della certificazione, l’entità del costo sostenuto, nonché l’insorgenza dell’obbligo di rimborso in caso di cessazione anticipata del rapporto di lavoro. Detta informativa andrà formalizzata mediante apposita dichiarazione allegata al contratto individuale o ad atto separato, sottoscritto da entrambe le parti.

In caso di dimissioni volontarie non determinate da giusta causa o di licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo, intervenute entro 24 mesi dalla data di rilascio dell’ultima certificazione obbligatoria sostenuta a carico del datore, il lavoratore sarà tenuto a rimborsare il 50% del costo effettivamente sostenuto, comprensivo di eventuali oneri accessori direttamente connessi al conseguimento della certificazione (quali, a titolo esemplificativo, corsi propedeutici, spese di esame, diritti di segreteria), nella misura documentata e previamente comunicata.

Il termine di 24 mesi decorre dalla data di rilascio dell’ultima certificazione finanziata. In caso di pluralità di certificazioni, il termine si calcola a partire dalla più recente.

ESEMPIO

L’esclusione dall’obbligo di rimborso riguarda le seguenti ipotesi:

Q dimissioni per giusta causa (art. 2119 C.c.);

Q licenziamento per giustificato motivo oggettivo;

Q risoluzione consensuale;

Q cessazione del rapporto per motivi di salute comprovati;

Q pensionamento.

L’eventuale rimborso potrà essere compensato, nei limiti di legge, con le competenze ed il TFR maturati dal lavoratore, salvo il diritto del datore a richiedere per via ordinaria la quota eccedente.

Il lavoratore consegue una certificazione obbligatoria il 1° novembre 2025, per la quale il datore sostiene un costo documentato di 1.200,00 euro. Se il lavoratore si dimette senza giusta causa il 15 giugno 2026, sarà tenuto restituire 600,00 euro (50% del costo), salvo che non rientri in una delle suddette ipotesi di esonero.

Cinematografia - Produzione

Ipotesi di accordo del 23 luglio 2025

In data 23 luglio 2025, tra ANICA, SLC - CGIL, FISTEL - CISL, UILCOM - UIL, è stata stipulata l’ipotesi di accordo per il rinnovo del CCNL 9 luglio 2019 per i dipendenti dell’industria cineaudiovisiva - codice CNEL G111, scaduto il 31 dicembre 2021.

L’intesa andrà sottoposta alla consultazione dei lavoratori ed alla loro approvazione. Dopo lo scioglimento della riserva, è previsto un incontro delle Parti per procedere e verificare la stesura definitiva del testo del CCNL definitivo.

Decorrenza e durata

Ferme restando le decorrenze espressamente stabilite per singoli istituti, il contratto ha validità triennale, decorre dal 1° gennaio 2025 al 31 dicembre 2027, sia per la parte economica che per quella normativa.

Incrementi retributivi

Le Parti hanno concordato un incremento retributivo a regime per il 4° livello, con riparametrazione sugli altri livelli contrattuali, pari a 360,00 euro mensili, da corrispondere in 5 tranches:

Q 45,00 euro a partire dal 1° gennaio 2025;

Q 45,00 euro a partire dal 1° gennaio 2026;

Q 90,00 euro a partire dal 1° luglio 2026;

Q 90,00 euro a partire dal 1° luglio 2027;

Q 90,00 euro a partire dal 1° gennaio 2028.

ATTENZIONE

Le parti hanno precisato che l’erogazione economica prevista dall’accordo comprensiva dell’anticipo erogato dal mese di luglio 2025 a tutto il personale in forza alla data di sottoscrizione è considerata in acconto dei futuri miglioramenti contrattuali e subordinata allo scioglimento della riserva.

Gli importi degli aumenti del minimo tabellare mensile risultano i seguenti.

Aumenti a partire dal

Livello Par.

a partire dal

Livello Par.

Minimi retributivi Per effetto dei suddetti

Livello Minimi al 31/12/2024

Minimi a partire dal

Arretrati

Con riferimento al periodo gennaio - luglio 2025 (la tabella allegata all’Ipotesi di accordo 23 luglio 2025 indica il periodo 01 - 06/2025, ma gli importi complessivi degli arretrati riportati risultano riferiti in realtà a sette mesi di aumenti retributivi) vengono forniti gli importi calcolati degli arretrati da corrispondere, in seguito allo scioglimento della riserva, ai lavoratori in forza alla data di sottoscrizione dell’accordo di rinnovo del CCNL.

Gli importi a titolo di arretrati risultano i seguenti.

Scatti di anzianità

Gli aumenti periodici di anzianità (compresi quelli per il 4° livello Super e per il nuovo 6° livello Super) sono stabiliti nelle seguenti misure mensili.

Si ricorda che gli aumenti periodici decorrono dal primo del mese immediatamente successivo a quello in cui si compie il biennio di anzianità. In caso di passaggio a livello di grado superiore sarà mantenuto al lavoratore l’importo in cifra degli aumenti periodici maturati nei livelli di provenienza. La frazione di biennio in corso al momento del passaggio di livello sarà considerata utile agli effetti della maturazione del biennio nella nuova categoria.

Dirigenti - Credito

Accordo di rinnovo del 15 luglio 2025

In data 15 luglio 2025 tra ABI, FABI, FIRST - CISL, FISAC - CGIL, UILCA e UNISIN è stato stipulato l’accordo di rinnovo del CCNL per i dirigenti dipendenti dalle imprese creditizie, finanziarie e strumentali del 13 luglio 2015 - Cod. CNEL J251, scaduto il 31 dicembre 2018.

Decorrenza e durata

Salvo quanto previsto per le singole norme, il CCNL decorre dalla data di stipula (15 luglio 2025) e avrà scadenza, sia per la parte economica che per quella normativa, al 31 luglio 2028.

Le Parti si impegnano ad incontrarsi entro e non oltre il 30 settembre 2025 per la definizione del testo coordinato del CCNL.

Minimi retributivi

Per il periodo di vigenza del presente contratto, la misura mensile dello stipendio è pari a:

Q 6.153,85 euro a partire dal 1° agosto 2025;

Q 6.538,46 euro a partire dal 1° gennaio 2026

Pertanto, il trattamento economico minimo annuo della/del dirigente è pari a:

Q 80.000 euro dal 1° agosto 2025;

Q 85.000 euro dal 1° gennaio 2026

Energia

e petrolio

Verbale di accordo del 10 luglio 2025

Con riferimento al CCNL 16 aprile 2025 per gli addetti all’industria di ricerca, di estrazione, di raffinazione, di cogenerazione, di lavorazione o alla distribuzione di prodotti petroliferi (escluse la ricer-

ATTENZIONE

ca, l’estrazione, ecc. delle rocce asfaltiche e bituminose) e per gli addetti del settore energia ENI, con Verbale di accordo del 10 luglio 2025, in applicazione di quanto previsto dall’articolo 34 del CCNL e facendo seguito alla pubblicazione della comunicazione IPCA dell’ISTAT del 12 giugno 2025, si sono incontrate per effettuare la verifica degli scostamenti inflattivi relativi al biennio 2022-2024

Dal suddetto incontro è risultato il seguente scostamento inflattivo:

IPCA-NEI 2022-2024

Tenuto conto degli adeguamenti già effettuati con il Verbale di accordo del 31 luglio 2024 e, successivamente, con l’accordo di rinnovo del 16 aprile 2025, viene registrato un residuo scostamento inflattivo dello 0,4%. Pertanto le Parti, in coerenza con quanto previsto dal succitato articolo 34, hanno concordato di prelevare dai minimi contrattuali la quota di 10,00 euro al livello 4 (da riparametrare per gli altri livelli) e di trasferirla nell’EDR a partire dal 1° luglio 2025.

Minimi retributivi

Per effetto del suddetto adeguamento inflattivo i nuovi importi dei minimi risultano i seguenti.

Di seguito si riportano i valori aggiornati dell’EDR.

Lavanderie e tintorie - Conflavoro

Accordo di rinnovo del 4 luglio 2025

In data 4 luglio 2025 tra CONFLAVORO PMI, FESICA e CONFSAL è stato stipulato l’accordo di rinnovo del CCNL Lavanderie e Tintorie - Industria e Artigianato - Cod. CNEL D0M7, scaduto il 28 febbraio 2025.

Le Parti hanno reso noto il nuovo testo coordinato, comprensivo delle ultime novità sia economiche che normative.

Decorrenza e durata

Il contratto ha validità triennale, con decorrenza 1° luglio 2025 e scadenza al 30 giugno 2028, sia per la parte economica che per quella normativa.

Normale retribuzione

La normale retribuzione è costituita dalle seguenti voci:

Q paga base nazionale conglobata;

Q premi di risultato variabili;

Q eventuali EDR, terzi elementi, trattamenti integrativi;

Q scatti di merito o professionalità;

Q altre voci derivanti dalla contrattazione decentrata.

Minimi retributivi

Le Parti sociali hanno stabilito degli incrementi retributivi, per effetto dei quali i nuovi minimi retributivi sono i seguenti.

R Settore industria

Gestionali

Tecnica

B- Qualificata 3/Consolidato 2.190,90

A- Operativa

(*) In aggiunta indennità di funzione pari a 130,00 euro.

ATTENZIONE La retribuzione tabellare è comprensiva dell’incentivo di modulo.

R Settore artigianato

(*) Indennità mensile di funzione quadro conglobata.

Aumenti di merito o di professionalità

Al fine di premiare la meritocrazia e incentivare la crescita professionale dei lavoratori, si prevede che le Parti possano sottoscrivere un apposito accordo aziendale contenente la disciplina per l’erogazione di un importo mensile, aggiuntivo rispetto alla normale retribuzione, che sarà riconosciuto in funzione del raggiungimento di parametri oggettivi legati al merito o alla professionalizzazione dei singoli lavoratori.

Scatti di anzianità

Si prevede che, per il servizio prestato presso la stessa azienda o gruppo aziendale, il lavoratore ha diritto a scatti di anzianità maturati nello stesso livello di inquadramento il cui ammontare, espresso in misura percentuale, è pari al 2% della relativa retribuzione tabellare. Gli scatti maturano con una cadenza triennale e per un massimo di 5 scatti

Indennità di cassa

L’indennità di cassa e maneggio denaro è elevata al 6% (prima 5%) della paga base nazionale conglobata.

Indennità di vacanza contrattuale

Ferma restando l’ultrattività del CCNL, le Parti prevedono che sei mesi dopo la data di scadenza dell’ultima tabella retributiva entrerà in vigore l’indennità di vacanza contrattuale.

L’importo della stessa sarà determinata, per ciascun livello di inquadramento, applicando al valore del minimo tabellare una percentuale pari al tasso di inflazione dell’anno precedente

L’indennità sarà riassorbita dagli incrementi salariali stabiliti in sede di rinnovo, ferma restando, per il periodo di vacanza contrattuale, la compensazione delle eventuali differenze retributive.

Trasferta

Al lavoratore in trasferta, oltre al rimborso dell’importo delle spese di viaggio e delle altre spese eventualmente sopportate per conto dell’azienda, dovrà essere corrisposta una diaria giornaliera il cui importo sarà fissato dalla contrattazione di secondo livello. In assenza di tale accordo, l’azienda potrà disciplinare mediante regolamento interno l’importo della diaria giornaliera, che non potrà essere inferiore ad euro 20,00/giorno. Nel caso di assenza di accordo di secondo livello e/o, l’importo da corrispondere sarà pari ad euro 20,00 giornaliere

Permessi

Oltre alle 32 ore di permessi ex festività, alla generalità dei lavoratori che operano su più turni, un monte ore annuo di ROL di almeno 40 ore utilizzabili dai lavoratori a titolo di permessi orari individuali/permessi ROL, fruiti in blocchi unitari di 4 ovvero di 8 ore, assorbibili in caso di orario settimanale inferiore a 40 ore.

Rimane salva la possibilità di disciplinare le modalità di utilizzo dei permessi mediante accordo sindacale di secondo livello.

Malattia e infortunio

Il lavoratore non in prova, che debba interrompere il servizio a causa di infortunio o malattia professionale, avrà diritto alla conservazione del posto per 180 giorni di calendario in caso di evento continuativo. In caso di sommatoria di più eventi, il periodo di comporto è fissato in un massimo di 240 giorni nell’arco temporale di 36 mesi.

R Trattamento economico

Il trattamento economico in caso di malattia è così rideterminato:

Periodo

Primi 3 giorni (fino a 3 eventi morbosi in ragione d’anno di calendario)

Dal 4° al 180° giorno

Indennità

Primo evento: 100% della retribuzione globale di fatto

Secondo e terzo evento: 50% della retribuzione lorda cui avrebbe avuto diritto nel normale svolgimento del rapporto

80% della retribuzione globale di fatto

In caso di gravi patologie certificate da documentazione medico-ospedaliera, l’azienda integra l’indennità erogata dall’INPS fino al 100% della retribuzione giornaliera globale di fatto per un massimo di 180 giorni di calendario in un anno.

R Infortunio

L’indennità carico azienda, in caso di infortunio sul lavoro, deve essere tale da permettere al lavoratore di raggiungere il 100% della retribuzione lorda globale di fatto fino a guarigione clinica (prima per un massimo di 180 giorni).

Contratto a tempo parziale

Lo svolgimento delle ore lavorative richieste al lavoratore in regime di clausola elastica comportano, a favore del lavoratore, il diritto ad una maggiorazione della retribuzione oraria globale di fatto pari al 10%. In caso di infortunio, il posto di lavoro è conservato fino a guarigione clinica.

Apprendistato

L’indennità pari al 50% per i primi tre giorni di malattia spetta, all’apprendista, limitatamente a 3 eventi morbosi in corso d’anno (prima 4 eventi) in ragione d’anno di calendario.

Bilateralità

Per quanto riguarda il contributo mensile all’Ente Bilaterale EBIASP, che è dovuto nella misura di 7,50 euro (6,50 euro a carico azienda e 1,00 euro a carico dipendente), si specifica che tale importo è da versare anche durante il periodo di prova per tutti i lavoratori assunti a tempo indeterminato o determinato, sia a tempo pieno che parziale, inclusi apprendisti, collaboratori e quadri.

L’azienda che ometta il versamento è tenuta a corrispondere al lavoratore un E.D.R. di importo mensile pari a 25,00 euro lordi per tutte le mensilità previste dal CCNL.

Assistenza sanitaria integrativa

Sono iscritti a FONDOSANI tutti i lavoratori assunti a tempo indeterminato o determinato, sia a tempo pieno che parziale, inclusi apprendisti, collaboratori e Quadri

Verbale di accordo del 23 luglio 2025

In data 23 luglio 2025 tra ANASTE, CIU, SNALV CONFSAL, CONFSAL, CSE, CSE Sanità, CSE Fulscam, CONFELP è stata raggiunta un’intesa preliminare su alcuni punti del CCNL per il personale dipendente dalle realtà del settore socio-sanitario-assistenziale-educativo - Cod. CNEL T131, scaduto il 31 dicembre 2022.

In particolare le Parti, ritenendo necessaria una revisione normativa ed un incremento dei minimi tabellari, dichiarano di aver trovato un’intesa definitiva sul testo del CCNL per il triennio 20232025.

Decorrenza e durata

Il CCNL ha validità per il triennio 2023 - 2025, sia per la parte economica che per quella normativa.

Le Parti confermano che, dal 2026 e nei tempi tecnici necessari allo scopo, sarà istituito un tavolo di confronto per il rinnovo del successivo triennio 2026 - 2028. Le stesse, inoltre, si impegnano a:

Q sottoscrivere una versione consolidata del CCNL Anaste entro il 30 settembre 2025 (le modifiche concordate in sede di accordo avranno efficacia dal 1° agosto 2025);

Q analizzare, sempre entro il 30 settembre 2025, tutta la parte normativa del contratto, al fine di verificare se sia necessario apportare ulteriori modifiche.

Incrementi retributivi

Le Parti hanno concordato un aumento contrattuale per il triennio 2023-2025, determinato nelle misure che seguono, ed erogato a partire dal 1° agosto 2025.

Minimi retributivi

A conseguenza dei suddetti incrementi, i nuovi minimi retributivi sono i seguenti.

ATTENZIONE

Una tantum

A copertura del periodo dal 1° gennaio 2023 alla data di sottoscrizione del CCNL (23 luglio 2025), è corrisposto un importo a titolo di una tantum pari a 300,00 euro lordi.

Esso verrà corrisposto ai lavoratori in forza alla data di sottoscrizione del rinnovo, e che abbiano prestato attività lavorativa nel periodo 1° gennaio 2023 - 31 luglio 2025

L’importo in esame verrà corrisposto tenendo conto dei seguenti criteri e scaglioni:

Assunzioni effettuate: Importo

sino al 2023

300,00 nel corso del 2024 200,00 nel corso del 2025 100,00

Tali importi sono erogati in 3 tranches mensili (settembre, ottobre e novembre 2025) e non sono utili ai fini del computo di nessun istituto contrattuale, compreso il TFR.

Indennità di pronta disponibilità

Ad eccezione delle ipotesi emergenziali ed imprevedibili, il servizio di pronta disponibilità è subordinato all’effettiva regolamentazione dell’istituto e dell’eventuale trattamento economico mediante la stipula di accordi regionali o, in assenza, di accordi aziendali.

Maternità e paternità

Durante il periodo di interdizione obbligatoria, le relative indennità saranno distribuite tra INPS e datore di lavoro, sino al raggiungimento del 100% della retribuzione entro il limite massimo di 5 mesi.

Malattia

Al lavoratore sarà corrisposta:

Q un’indennità pari al 100% della retribuzione giornaliera per il periodo di carenza dei primi 4 eventi morbosi di ciascun anno solare;

Q un’indennità pari al 100% della retribuzione giornaliera con riferimento al periodo di carenza di tutti gli eventi morbosi nell’anno solare nelle ipotesi di ¾ ricovero ospedaliero comprensivo dei seguenti giorni di prognosi, ¾ day hospital e ¾ patologie gravi e continuative che comportino terapie salvavita.

Il datore di lavoro corrisponderà altresì al dipendente:

Q un’integrazione dell’indennità INPS sino al raggiungimento dell’80% della retribuzione giornaliera dal 4° al 20° giorno;

Q un’integrazione dell’indennità INPS sino al raggiungimento del 100% della retribuzione giornaliera dal 21° giorno fino al raggiungimento del periodo di comporto previsto dal CCNL.

ATTENZIONE

Nessuna indennità per carenza o integrazione dell’indennità INPS verrà riconosciuta al lavoratore a partire dal 5° evento di malattia compreso, per ciascun anno di calendario, fatte salve le ipotesi di cui all’art. 62, comma 1), lett. b).

Inoltre, nessuna indennità per carenza o integrazione sarà riconosciuta nelle ipotesi in cui:

Q a fronte di accertamenti compiuti dagli Enti competenti, questi non riconoscano alcuna indennità al lavoratore ovvero la riconoscano in misura ridotta;

Q l’ assenza sia ritenuta ingiustificata all’esito di regolare esperimento della procedura disciplinare;

Q il lavoratore abbia richiesto di usufruire di aspettativa non retribuita per malattia.

Infortunio

Per l’ipotesi di assenza per infortunio, il datore di lavoro corrisponderà al lavoratore:

Q il 100% della retribuzione giornaliera per il giorno in cui si è verificato l’evento;

Q il 100% della retribuzione giornaliera per il periodo decorrente dal giorno successivo a quello dell’infortunio e sino al 4° giorno compreso (c.d. carenza);

Q il 100% della retribuzione giornaliera, ad integrazione dell’indennità INAIL, dal 4° giorno in poi.

Servizi di pulizia - Aziende industriali

Accordo integrativo 6 agosto 2025 e Ipotesi di accordo 13 giugno 2025

Come noto, il 13 giugno 2025 tra AGCI SERVIZI, CONFCOOPERATIVE LAVORO E SERVIZI, LEGACOOP PRODUZIONE E SERVIZI e UNIONSERVIZI - CONFAPI, FILCAMS - CGIL, FISASCAT - CISL, UILTRASPORTI, è stata stipulata l’Ipotesi di accordo per il rinnovo del CCNL 9 luglio 2021 per il personale dipendente da imprese esercenti servizi di pulizia e servizi integrati/multiservizi - Codice CNEL K511.

In tale sede erano stati forniti solo gli importi degli aumenti retributivi: ora, con Accordo integrativo all’intesa di rinnovo, sottoscritto il 6 agosto 2025, le Parti hanno provveduto alla predisposizione delle relative tabelle retributive di riferimento. Si riportano dunque le tabelle ufficiali.

Incrementi

retributivi

Gli aumenti dei minimi contrattuali sono determinati operando sul livello retributivo dell’inquadramento medio di settore (2° livello, par. 109), riparametrando, quindi, questi valori sui diversi livelli di inquadramento.

L’incremento sui minimi contrattuali del 2° livello è pari a 215,00 euro lordi per il periodo di vigenza contrattuale 2025-2028, comprensivi del recupero inflattivo del periodo pregresso 2021-2024, come definito dal CCNL, e ripartiti con le seguenti decorrenze:

Q 40,00 euro a partire dal 1° luglio 2025;

Q 35,00 euro a partire dal 1° maggio 2026;

Q 35,00 euro a partire dal 1° ottobre 2026;

Q 30,00 euro a partire dal 1° maggio 2027;

Q 20,00 euro a partire dal 1° dicembre 2027;

Q 25,00 euro a partire dal 1° luglio 2028;

Q 20,00 euro a partire dal 1° ottobre 2028;

Q 10,00 euro a partire dal 1° marzo 2029

ATTENZIONE

Si ricorda che all’incremento di 40,00 euro previsto da luglio 2025 si aggiungono i 10,00 euro già previsti dal precedente CCNL del 9 luglio 2021.

Pertanto gli aumenti (a luglio 2025 comprensivi anche della 5a tranche di incremento del precedente CCNL 2021-2024) risultano i seguenti.

Livello Par.

(*) Gli incrementi complessivi per tali livelli (4° Par. 125 e 2° Par. 115) sono stati calcolati redazionalmente sommando gli aumenti contenuti nell’Accordo integrativo 6 agosto 2025 a quelli già previsti dal CCNL precedente.

R Scostamenti inflattivi

In assenza di disdetta formale del CCNL entro 3 mesi dalla scadenza, lo stesso si intenderà rinnovato anche per l’anno 2030: in tale ipotesi è previsto un incontro delle Parti nel mese di giugno 2029 per determinare sulla base dei dati forniti dall’ISTAT, rilevati dall’indice “IPCA al netto degli energetici” per l’anno 2029, il valore dell’incremento del minimo contrattuale decorrente dal 1° luglio 2029 L’indice IPCA sarà applicato sul minimo contrattuale composto da minimo tabellare e contingenza. Nel mese di giugno 2030, sulla base del medesimo indice, IPCA consuntivata per l’anno 2029, si procederà a determinare l’eventuale incremento dei minimi contrattuali che avrà decorrenza dal 1° luglio 2030 qualora il differenziale fra IPCA prevista e consuntivata risultasse positivo. Al contrario, in caso di confronto negativo, non si darà luogo ad alcun aumento del minimo contrattuale e l’eventuale recupero delle eccedenze sarà effettuato sugli incrementi retributivi che saranno definiti in occasione del rinnovo contrattuale. L’accordo precisa che, qualora una delle Parti intendesse recedere dal contratto e ne comunicasse la formale disdetta, ad esempio, nel settembre 2030, il CCNL cesserà alla data del 31 dicembre di quello stesso anno, e nel mese di giugno dell’anno successivo si procederà esclusivamente a riconoscere l’eventuale differenziale retributivo che derivasse, per l’anno 2030, dal confronto fra IPCA prevista e consuntivata.

Minimi retributivi

Per effetto dei suddetti incrementi i nuovi minimi retributivi risultano i seguenti.

Minimi a partire dal

Livello

(*) Nelle tabelle sottoscritte dalle Parti gli importi per i livelli 4° (Par. 125) e 2° (Par. 115) non sono stati forniti: pertanto, essi sono riportati così come calcolati redazionalmente

Scatti di anzianità

Si riportano, di seguito, i valori relativi agli scatti biennali per gli impiegati e all’anzianità forfettaria di settore per gli operai

R Scatti biennali per impiegati

Livello

(*) Valore provvisorio ai sensi dell’art. 73, come nel precedente CCNL.

Valore scatto dal

Livello

R Anzianità forfettaria di settore operai

Somministrazione di lavoro

Testo del 21 luglio 2025, Accordo del 3 febbraio 2025 e Verbale accordo del 13 febbraio 2025

Come si ricorderà, in data 3 febbraio 2025, ASSOLAVORO (Associazione Nazionale delle Agenzie per il Lavoro), NIDIL - CGIL, FELSA - CISL, UILTEMP hanno firmato l’Ipotesi di accordo di rinnovo del CCNL del 15 ottobre 2019 per i lavoratori in somministrazione delle Agenzie per il lavoro (APL) - codice CNEL V212, scaduto il 31 dicembre 2021.

Inoltre, nella medesima giornata, erano stati siglati due ulteriori accordi recanti le disposizioni relative al Fondo di solidarietà bilaterale per la somministrazione di lavoro (FSBS) e la costituzione delle Rappresentanze sindacali unitarie (RSU).

In aggiunta, con il Verbale di accordo del 13 febbraio 2025 sono state concordate le decorrenze dei singoli istituti.

Ora, le Parti hanno diffuso il testo integrale del suddetto CCNL, datato 21 luglio 2025, con alcune modifiche. Di seguito si riportano quelle di maggior interesse per i datori di lavoro.

Decorrenza e durata

Fermo restando quanto previsto dall’Accordo sulle decorrenze sottoscritto il 13 febbraio 2025, le Parti concordano che il CCNL decorre dal 21 luglio 2025 e sarà in vigore fino al 20 luglio 2028, salvo quanto di seguito specificato: la disciplina di cui all’art. 10, par. EBITEMP lettera h) nonché dell’Accordo delle Parti sociali del 3 febbraio 2025 “Welfare sanitario”, di cui all’Allegato n. 15, decorrono dal 1° giugno 2025.

Il CCNL si intende rinnovato se non disdetto tre mesi prima della scadenza tramite PEC.

Maternità

NOVITÀ

NOVITÀ

Alle lavoratrici il cui contratto a tempo determinato scada in costanza di gravidanza o entro il compimento del primo anno di vita del bambino è riconosciuto il diritto di precedenza per l’invio in missione, almeno di pari livello e contenuto professionale delle precedenti attività svolte. Tale diritto è esercitabile entro 60 giorni dalla fine del contratto, tramite apposita dichiarazione di disponibilità da inviare all’ApL, e trova applicazione fino a quando il bambino non compie un anno.

Trattamento retributivo

Le ApL possono applicare, in alternativa al sistema della paga oraria con divisore unico, il metodo della retribuzione mensilizzata. Una volta effettuata la scelta, questa diventa definitiva e non opzionale volta per volta per ogni singolo utilizzatore.

Il testo del 21 luglio 2025 precisa che la suddetta disposizione può essere derogata per scelta dell’ApL esclusivamente in riferimento al trattamento retributivo dei lavoratori turnisti addetti al ciclo continuo

ATTENZIONE

Indennità di disponibilità

I lavoratori assunti con contratto di lavoro a tempo indeterminato, per i periodi in cui non prestano la loro attività presso aziende utilizzatrici, ovvero non sono soggetti alle procedure di ricollocazione, sono a disposizione dell’Agenzia e hanno diritto a percepire una indennità di disponibilità di 1.000 euro mensili, al lordo delle ritenute di legge e comprensiva del TFR, erogata direttamente dall’Agenzia.

In caso di part-time l’indennità è riparametrata in funzione dell’orario ridotto e comunque non può essere inferiore a 500,00 euro mensili.

L’articolazione dell’orario di lavoro indicata nella lettera di assegnazione della missione individua la fascia oraria giornaliera/mensile di disponibilità durante i periodi di non missione.

Il CCNL 21 luglio 2025 prevede che, in caso di rapporto di lavoro a tempo parziale , la fascia oraria di disponibilità può essere concordata tra Agenzia e lavoratore per iscritto. La variazione della fascia oraria di disponibilità viene recepita nell’eventuale Accordo di PDR (Procedura di ricollocazione).

Nel caso in cui uno degli eventi sospensivi previsti dal CCNL sorga in costanza di missione, l’indennità è parametrata all’ultima retribuzione mensile prima della messa in disponibilità fino al termine dell’evento sospensivo. Qualora l’evento sorga invece durante la disponibilità si applica l’indennità di disponibilità o di ricollocazione.

Il lavoratore in disponibilità fruisce, sulla base di una programmazione concordata con l’Agenzia per il Lavoro, di giornate di “indisponibilità” pari al numero di giorni di ferie maturate, non fruite e liquidate al termine delle missioni. Durante le giornate di indisponibilità il lavoratore non ha diritto alla relativa indennità.

Le giornate di indisponibilità sospendono la procedura di cui agli artt. 32 (indennità di disponibilità), 25 (Procedura di ricollocazione - PDR) e 25-ter (Procedura di ricollocazione plurima - PRP).

La disciplina sopra riportata si applica ai lavoratori non in missione a decorrere dal 1° marzo 2025, sino al termine del periodo di disponibilità e/o sino a quando non sia attivata la procedura di ricollocazione. L’incremento dell’indennità si applica anche ai lavoratori in disponibilità dal 3 febbraio 2025

Malattia

Viene precisato che, a fronte del protrarsi dell’assenza a causa di una patologia grave e continuativa che comporti terapie salvavita periodicamente documentata da specialisti del Servizio Sanitario Nazionale, il lavoratore potrà fruire, previa richiesta scritta, di un ulteriore periodo di aspettativa retribuita al 100% fino a guarigione clinica e comunque di durata complessiva non superiore a 12 mesi.

NOVITÀ Nel testo del 21 luglio 2025 non viene più riportata una durata complessiva di “12 mesi” ma di “180 giorni ”.

Contratto a tempo determinato

Il periodo di prova non può essere inferiore a 2 giorni. Ai contratti di durata inferiore ai 3 giorni può essere apposto un solo giorno di prova.

L’informazione al lavoratore della durata della proroga del contratto va fornita con un anticipo di 3 giorni rispetto alla scadenza inizialmente prevista o successivamente prorogata.

Dal 1° settembre 2025, per i contratti pari o superiori a 6 mesi, in caso di mancato rispetto dell’informazione suddetta, al lavoratore va corrisposto l’importo di 20,00 euro per ogni giorno di preavviso mancante ai 3 giorni.

NOVITÀ

Nel testo del 21 luglio 2025 viene precisato che la suddetta disposizione non si applica nel caso in cui la comunicazione sia risultata impossibile da effettuare nei termini previsti in quanto riferita ad un contratto stipulato per ragioni sostitutive di altro lavoratore o lavoratrice in gravidanza, malattia o infortunio e l’Agenzia per il Lavoro dimostri che il mancato rispetto del termine sia imputabile al ritardo della comunicazione della proroga del contratto da parte dell’utilizzatore. In questi casi è comunque sempre necessario indicare nella proroga, congiuntamente all’apposizione del termine, la ragione sostitutiva .

NOVITÀ

CCONTRATTI A TERMINE: ALTRI 12 MESI DI (RELATIVA)

LIBERTÀ PER LE PARTI

Premessa

di Alberto Bosco – Formatore ed esperto di diritto del lavoro e Alice Chinnici – Consulente del lavoro in Perugia

L’articolo 14, comma 6-bis (inserito dalla Legge di conversione 8 agosto 2025, n. 118), del Decreto Legge 30 giugno 2025, n. 95, dispone che – all’articolo 19, comma 1, lettera b), del Decreto Legislativo 15 giugno 2015, n. 81 – le parole “31 dicembre 2025” sono sostituite dalle seguenti: “31 dicembre 2026”

Vediamo, dunque, di cosa si tratta, e quali sono le conseguenze pratiche per datori e dipendenti.

Le “causali”

Al fine di “disincentivare” l’abuso nel ricorso ai contratti di lavoro subordinato a tempo determinato, il legislatore ha – peraltro modificandole nel tempo – via via condizionato la legittimità di tali rapporti (in alcune peculiari ipotesi) al sussistere di una specifica “condizione” o “causale”. La situazione, almeno negli ultimi anni, è quella evidenziata nella tabella che segue.

Così le causali nell’articolo 19 del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81

Periodo Causali Norma di modifica

a) nei casi previsti dai contratti collettivi di cui all’articolo 51;

Dal 1° gennaio 2026 al 31 dicembre 2026

Dal 1° gennaio 2025 al 31 dicembre 2025

b) in assenza delle previsioni di cui alla lettera a), nei contratti collettivi applicati in azienda, e comunque entro il 31 dicembre 2026, per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti; b-bis) in sostituzione di altri lavoratori

a) nei casi previsti dai contratti collettivi di cui all’articolo 51;

b) in assenza delle previsioni di cui alla lettera a), nei contratti collettivi applicati in azienda, e comunque entro il 31 dicembre 2025, per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti; b-bis) in sostituzione di altri lavoratori

a) nei casi previsti dai contratti collettivi di cui all’articolo 51;

Art. 14, co. 6-bis, D.L. 30 giugno 2025, n. 95 (Legge 8 agosto 2025, n. 118)

Art. 14, co. 3, D.L. 27 dicembre 2024, n. 202 (Legge 21 febbraio 2025, n. 15)

Dal 1° maggio 2024 al 31 dicembre 2024

Dal 5 maggio 2023 al 30 aprile 2024

b) in assenza delle previsioni di cui alla lettera a), nei contratti collettivi applicati in azienda, e comunque entro il 31 dicembre 2024, per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti; b-bis) in sostituzione di altri lavoratori

a) nei casi previsti dai contratti collettivi di cui all’articolo 51;

b) in assenza delle previsioni di cui alla lettera a), nei contratti collettivi applicati in azienda, e comunque entro il 30 aprile 2024, per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti; b-bis) in sostituzione di altri lavoratori

Art. 14, co. 4-bis, D.L. 30 dicembre 2023, n. 215 (Legge 23 febbraio 2024, n. 18)

Art. 24, co. 1, lettera b), D.L. 4 maggio 2023, n. 48 (Legge 3 luglio 2023, n. 85)

Quando vanno indicate le “causali”

In base alle norme vigenti, l’indicazione delle causali1 da parte del datore di lavoro è indispensabile al ricorrere delle seguenti ipotesi2:

a) stipulazione di un unico contratto di lavoro subordinato a tempo determinato di durata superiore a 12 e inferiore a 24 mesi (articolo 19, comma 1, D.Lgs. n. 81/2015)3;

b) stipulazione del c.d. contratto in deroga – avente durata massima non superiore a 12 mesi - presso l’Ispettorato Territoriale del Lavoro, dopo che tra le medesime parti sia stato consumato per intero il periodo di durata massima previsto per la sommatoria di tutti i contratti a tempo determinato (somministrazione inclusa) per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale: ossia 24 mesi, salvo diversa e più ampia previsione del contratto collettivo4;

c) proroga del contratto oltre il 12° mese5;

d) rinnovo del contratto oltre il 12° mese.

Il rapporto “gerarchico” tra le causali

Nel disciplinare la prima delle ipotesi appena sopra riportate, l’articolo 19, comma 1, del Decreto Legislativo 15 giugno 2015, n. 81, nel testo oggi vigente, dispone che al contratto di lavoro subordinato può essere apposto un termine di durata non superiore a 12 mesi; il contratto può avere una durata superiore, ma comunque non eccedente i 24 mesi, solo in presenza di almeno una delle seguenti condizioni:

a) nei casi previsti dai contratti collettivi di cui all’articolo 51;

b) in assenza delle previsioni di cui alla lettera a), nei contratti collettivi applicati in azienda, e comunque entro il 31 dicembre 2026, per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti; b-bis) in sostituzione di altri lavoratori.

Possiamo quindi affermare che – al netto dell’ipotesi di cui alla lettera b-bis), che fa riferimento alla specifica esigenza di provvedere alla sostituzione di uno o più dipendenti assenti ma con diritto alla conservazione del posto di lavoro – nelle altre situazioni si verifica quanto segue:

a) la causale è anzitutto quella prevista dai contratti collettivi di cui all’articolo 51 del medesimo Decreto Legislativo n. 81/2015, ossia i contratti collettivi:

¾ nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale; e

¾ aziendali stipulati dalle loro RSA ovvero dalla RSU;

b) se i contratti collettivi di cui all’articolo 51 citato nulla dispongono, si deve fare riferimento ai contratti collettivi applicati in azienda6;

c) infine, in assenza dei contratti collettivi applicati in azienda, sono le parti individuali (il singolo datore e il dipendente) a poter individuare le esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva.

Le indicazioni del Ministero

Volendo sinteticamente delineare il pensiero del Ministero7, pare importante evidenziare che:

a) ai sensi della lettera c) di cui appena sopra, il singolo datore e il suo dipendente possono avvalersi solo temporaneamente di tale possibilità, ora entro la (nuova) data del 31 dicembre 2026, consen-

1 Ovviamente, non è sufficiente che la causale sia indicata (adempiendo a un mero obbligo formale), occorrendo anche che essa sia effettivamente sussistente e dimostrabile da parte del datore di lavoro.

2 L’obbligo di indicare le causali non si applica ai contratti a termine stipulati per lo svolgimento di attività “stagionali”.

3 Ex articolo 19, comma 1-bis, del D.Lgs. n. 81/2015, in caso di stipula di un contratto di durata superiore a 12 mesi in assenza delle condizioni ex comma 1, esso si trasforma a tempo indeterminato dalla data di superamento del termine di 12 mesi.

4 Ex articolo 19, comma 3, del D.Lgs. n. 81/2015, in caso di mancato rispetto di tale procedura, e/o di superamento del termine stabilito nel medesimo contratto, lo stesso si trasforma a tempo indeterminato dalla data della stipulazione.

5 Per questa e per l’ipotesi immediatamente seguente cfr. l’articolo 21, comma 01, del D.Lgs. n. 81/2015. In caso di violazione dell’obbligo di indicare una causale, il contratto si trasforma a tempo indeterminato.

6 “Fermo il rispetto dell’art. 51 del D.Lgs. n. 81/2015 in ordine alla qualificazione dei soggetti stipulanti, in un’ottica di valorizzazione della contrattazione di prossimità” (Ministero del Lavoro, Circolare 9 ottobre 2023, n. 9).

7 Si veda Ministero del Lavoro, Circolare 9 ottobre 2023, n. 9.

tendo in tal modo alle Parti sociali di adeguare alla nuova disciplina i contratti collettivi, le cui previsioni costituiscono fonte privilegiata in questa materia;

b) in assenza di previsione contrattuale collettiva, le parti individuali – entro il 31 dicembre 2026 possono legittimamente stipulare un contratto a termine che vada oltre tale data;

Q al 1° settembre 2025, il contratto collettivo non disciplina le causali;

ESEMPIO

Q il 1° ottobre 2025, datore e dipendente stipulano un contratto a termine – avente durata pari a 24 mesi – e individuano di comune accordo le “esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva”;

Q il contratto individuale di cui appena sopra ha scadenza prevista al 30 settembre 2027;

Q il 1° novembre 2025 le parti collettive disciplinano le causali;

Q l’accordo individuale stipulato il 1° ottobre 2025 tra datore e dipendente resta valido sino alla sua naturale scadenza del 30 settembre 2027.

c) la causale “per provvedere alla sostituzione di altri lavoratori” permane; ad avviso del Ministero, tuttavia, resta fermo l’onere per il datore di lavoro di precisare nel contratto le ragioni concrete ed effettive della sostituzione, restando la stessa comunque vietata - ai sensi dell’articolo 20, comma 1, lettera a) - per i lavoratori che esercitano il diritto di sciopero. Non solo: l’individuazione delle ragioni della sostituzione appare ancora più necessaria nelle ipotesi in cui il datore intenda avvalersi dei benefici previsti dalla legge per specifiche ipotesi di assunzione per sostituzione (ad esempio gli sgravi contributivi di cui all’articolo 4, comma 3 e 4, del Decreto Legislativo 26 marzo 2001, n. 151)8; d) per quanto concerne proroghe e rinnovi, ai fini del raggiungimento del limite massimo di 12 mesi (previsto sia dall’articolo 19, comma 1, sia dall’articolo 21, comma 01, del D.Lgs. n. 81/2015), si tiene conto unicamente dei contratti di lavoro stipulati a decorrere dal 5 maggio 2023, data di entrata in vigore del Decreto Legge 4 maggio 2023, n. 48. Quindi, eventuali rapporti di lavoro a termine intercorsi tra le medesime parti in forza di contratti stipulati prima del 5 maggio 2023 non concorrono al raggiungimento del termine di 12 mesi entro il quale viene consentito liberamente il ricorso al contratto di lavoro a termine. Per effetto di tale previsione, dal 5 maggio 2023 i datori possono liberamente fare ricorso al contratto a termine per un ulteriore periodo (massimo) di 12 mesi, senza necessità di ricorrere alle specifiche condizioni dell’articolo 19, comma 1, indipendentemente da eventuali rapporti già intercorsi tra lo stesso datore e lavoratore in forza di contratti stipulati prima del 5 maggio 2023, ferma restando la durata massima dei contratti a tempo determinato prevista dalla legge o dalla contrattazione collettiva (non modificata dal Decreto Legge n. 48/2023)9

Somministrazione di lavoro a termine

Ovviamente, quanto sin qui precisato in materia di specificazione delle causali, si applica anche ai contratti di somministrazione di lavoro stipulati a tempo determinato: il relativo onere è a carico dell’utilizzatore10.

8 Nelle aziende con meno di 20 dipendenti, per i contributi a carico del datore che assume personale con contratto a termine in sostituzione di lavoratrici e lavoratori in congedo, è concesso uno sgravio contributivo del 50%. Quando la sostituzione avviene con contratto di lavoro temporaneo, l’impresa utilizzatrice recupera dalla società di fornitura le somme corrispondenti allo sgravio da questa ottenuto (comma 3). Le disposizioni del comma 3 si applicano fino al compimento di 1 anno di età del figlio della lavoratrice o del lavoratore in congedo o per 1 anno dall’accoglienza del minore adottato o in affidamento (comma 4).

9 Ad esempio, se dopo il 5 maggio 2023 è scaduto un contratto a termine instaurato prima, esso, in virtù della disposizione entrata in vigore il 4 luglio 2023, può essere rinnovato o prorogato “liberamente” per ulteriori 12 mesi. Invece, se nel periodo tra il 5 maggio e il 4 luglio 2023 - data di entrata in vigore del comma 1-ter - le parti hanno già rinnovato o prorogato un rapporto a termine per 6 mesi, esse possono far ricorso al contratto a termine per un ulteriore periodo fino a 6 mesi “senza condizioni”. È dunque al momento in cui è stato stipulato il contratto di lavoro - se anteriormente al 5 maggio 2023 o a decorrere da tale data - che deve farsi riferimento per l’applicazione di questa previsione.

10 Le condizioni di cui all’articolo 19, comma 1, non operano in caso di impiego di soggetti disoccupati che godono da almeno 6 mesi di trattamenti di disoccupazione non agricola o di ammortizzatori sociali e di lavoratori svantaggiati o molto svantaggiati ai sensi dei numeri 4) e 99) dell’articolo 2 del Regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione, del 17 giugno 2014, come individuati con decreto del Ministro del Lavoro (articolo 34, comma 2, 2° periodo, del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81).

A

ASSE.CO.: UNA PREROGATIVA DEI CONSULENTI DEL LAVORO?

di Manuela Sgro – Ispettore del lavoro(*)

La legittimazione all’asseverazione che certifichi la regolarità delle imprese nella gestione dei rapporti di lavoro subordinato e parasubordinato, l’Asse.Co., è stata oggetto di una recente controversia su cui si è pronunciato il Tar Lazio con Sentenza 23 maggio 2025, n. 9974, cui è seguita Nota dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro 20 agosto 2025, n. 306

L’Asse.Co

Il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro e il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali il 15 gennaio 2014 hanno sottoscritto il Protocollo d’Intesa inerente all’Asse.Co., l’asseverazione della regolarità delle imprese in materia di contribuzione e di retribuzione, rilasciata dallo stesso Consiglio, anche per il tramite della propria Fondazione studi.

Il successivo marzo 2016 il Protocollo d’Intesa è stato rinnovato fra il Consiglio dell’Ordine e l’Ispettorato Nazionale del Lavoro che, in applicazione del Decreto Legislativo 14 settembre 2015, n. 149, ha acquisito la competenza sulle attività di vigilanza già esercitate dal Ministero.

In data 29 marzo 2023 il Protocollo è stato ulteriormente rinnovato fra il Consiglio e l’Ispettorato con specifico riferimento alle materie oggetto di verifica.

In applicazione del citato Protocollo, il Consiglio Nazionale, anche per il tramite della sua Fondazione studi, rilascia l’asseverazione di conformità in relazione alle materie indicate nell’allegato tecnico del protocollo stesso, al datore di lavoro che volontariamente ne faccia istanza.

L’asseverazione viene rilasciata con procedura telematica entro 30 giorni dall’istanza e ha durata annuale, salva la verifica quadrimestrale della permanenza dei requisiti da parte del consulente asseveratore.

L’elenco dei datori di lavoro che hanno ottenuto l’Asse.Co. è gestito dal Consiglio Nazionale ed è disponibile online al link www.cnoconsulentidellavoro.it/index.php/elenco-datori-di-lavoro-asseverati, mentre l’elenco dei professionisti asseveratori è disponibile al link www.cnoconsulentidellavoro.it/index.php/elenco-consulenti-del-lavoro-asseveratori.

Le materie in relazione alle quali l’asseverazione può essere rilasciata, sulla base della dichiarazione responsabile:

Q del legale rappresentante o del soggetto delegato alla gestione del personale, circa la non commissione, nell’anno precedente alla dichiarazione, dei relativi illeciti, sono:

¾ il lavoro minorile

– rispetto dei limiti di età;

– rispetto del divieto di adibizione degli adolescenti alle lavorazioni, ai processi e ai lavori indicati nell’Allegato I della Legge 17 ottobre 1967, n. 977;

– rispetto dell’obbligo di sorveglianza sanitaria ai sensi dell’articolo 8, comma 1, della Legge n. 977/1967;

– rispetto del divieto di lavoro notturno;

– rispetto dell’orario di lavoro;

¾ i tempi di lavoro

– rispetto della durata massima dell’orario di lavoro;

– rispetto dei limiti in materia di lavoro straordinario;

– rispetto della disciplina sul computo e sui compensi per lavoro straordinario;

– rispetto della disciplina sui riposi giornalieri;

(*) Le considerazioni di seguito espresse sono frutto esclusivo del pensiero dell’autore e non hanno carattere in alcun modo impegnativo per l’Amministrazione di appartenenza.

– rispetto della disciplina sui riposi settimanali;

– rispetto della disciplina in materia di ferie annuali;

– rispetto dei limiti di lavoro notturno;

– rispetto delle disposizioni in materia di valutazione dello stato di salute dei lavoratori notturni;

– rispetto del divieto di adibizione delle donne al lavoro;

¾ il lavoro “nero”

– rispetto della disciplina in materia di corretta instaurazione di rapporti di lavoro subordinato;

¾ il caporalato/sfruttamento del lavoro

– assenza di condanne in materia di sfruttamento lavorativo

¾ la salute e sicurezza del lavoro

– assenza di provvedimenti di carattere sanzionatorio in materia di salute e sicurezza del lavoro

¾ altre norme

– conformità alle disposizioni cogenti in tema di gestione delle risorse umane della disciplina in materia di corretta instaurazione di rapporti di lavoro subordinato;

Q del consulente del lavoro, anche sulla base delle evidenze documentali, sono:

¾ i contratti collettivi

– rispetto della parte economico-normativa dei contratti collettivi nazionali e, ove applicabili, di quelli di secondo livello;

¾ la regolarità contributiva

– rispetto dei requisiti per il rilascio del DURC;

¾ la corresponsione della retribuzione

– effettiva corresponsione ai lavoratori delle somme indicate nei prospetti paga, laddove il professionista sia munito della relativa delega da parte del datore di lavoro.

Al fine di garantire affidabilità alle dichiarazioni presupposte all’asseverazione, il Protocollo prevede che il datore di lavoro e il soggetto delegato alla gestione del personale, nonché il consulente del lavoro che rilascino dichiarazioni non veritiere, siano penalmente responsabili ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, fatta salva, per il professionista, l’ulteriore responsabilità disciplinare valutata dall’ordine di appartenenza.

Inoltre, i consulenti del lavoro per poter rilasciare l’Asse.Co. devono aver frequentato un apposito corso formativo a cura della Fondazione studi, di carattere strettamente tecnico e altamente specialistico ed essere iscritti in un apposito elenco.

Gli effetti del possesso dell’Asse.Co.

In applicazione del Protocollo d’intesa, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro, nel rispetto delle priorità fissate in sede di Commissione centrale di coordinamento dell’attività di vigilanza2, orienta quest’ultima in via assolutamente prioritaria nei confronti dei datori di lavoro privi dell’asseverazione, salve le ipotesi di:

Q specifica richiesta d’intervento,

Q indagine demandata dall’Autorità giudiziaria o da altra autorità amministrativa,

Q controlli a campione sulla veridicità delle dichiarazioni in base alla disciplina vigente.

L’asseverazione, inoltre, può essere utilizzata nell’ambito degli appalti privati ai fini della verifica della regolarità delle imprese, nonché presa in considerazione dal personale ispettivo in relazione ad eventuali accertamenti, ed anche utilizzata da soggetti terzi, pubblici e privati, per fini connessi al riconoscimento della regolarità dei comportamenti del datore di lavoro in materia di lavoro e legislazione sociale.

2 L’articolo 3 del Decreto Legislativo 23 aprile 2004, n. 124, disciplina l’attività della Commissione centrale di coordinamento dell’attività di vigilanza, che opera quale sede permanente di elaborazione di orientamenti, linee e priorità dell’attività di vigilanza, proponendo indirizzi ed obiettivi strategici e priorità degli interventi ispettivi.

Asse.Co.: una prerogativa dei consulenti del lavoro?

In attesa di specifica normativa, è nella facoltà delle stazioni appaltanti, e/o degli enti locali, attribuire all’Asse.Co. validità unica e/o sostitutiva del, e/o pari al, DURC, in tema di verifica della conformità retributiva e contributiva di appaltatori e subappaltatori, nonché concedere premialità, e/o agevolazioni, a chi tra essi sia in possesso di tale asseverazione.

L’Asse.Co., essendo una certificazione ottenuta su istanza volontaria del datore di lavoro, a prescindere da eventuali controlli ispettivi, è ulteriore rispetto all’iscrizione dell’impresa nella Lista di conformità INL3, prevista dall’articolo 29 del Decreto Legge 2 marzo 2024, n. 19, convertito con modificazioni dalla Legge 29 aprile 2024, n. 56.

La citata iscrizione, subordinata all’assenso del datore di lavoro interessato, si ha allorché non emergano violazioni o irregolarità all’esito di accertamenti ispettivi in materia di lavoro e di legislazione sociale, ivi compresa la tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro: a tale iscrizione consegue che i soggetti iscritti siano considerati “a basso rischio di irregolarità” e l’Ispettorato Nazionale del Lavoro, nell’orientare la propria attività di vigilanza, può non procedere ad ulteriori verifiche nelle materie oggetto degli accertamenti che hanno determinato l’iscrizione stessa, fatte tuttavia salve le verifiche in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, le eventuali richieste di intervento, nonché le attività di indagine disposte dalla Procura della Repubblica.

La richiesta di estensione dell’Asse.Co ai dottori commercialisti e le ragioni del no

Nell’ambito di tale quadro, in data 21 marzo 2024 e 4 settembre 2024, il Consiglio nazionale dell’Ordine dei dottori commercialisti ed esperti contabili ha fatto istanza all’Ispettorato Nazionale del Lavoro al fine di ottenere la legittimazione ad emettere l’asseverazione di conformità alla stessa stregua del Consiglio nazionale dell’ordine dei consulenti del lavoro.

La richiesta del Consiglio si è esplicata quale diffida all’Ispettorato di avviare un procedimento finalizzato alla costituzione di un accordo ex articolo 15 della Legge 7 agosto 1990, n. 241, di contenuto analogo al protocollo d’intesa già in essere con il Consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro.

Il Consiglio nazionale dell’Ordine dei dottori commercialisti ha motivato la propria pretesa sul presupposto della facoltà dei propri iscritti, prevista dall’articolo 1, comma 1, della Legge n. 12/1979, di poter esercitare, previa comunicazione all’Ispettorato, tutti gli adempimenti in materia di lavoro, previdenza ed assistenza sociale dei lavoratori dipendenti alla pari dei consulenti del lavoro.

A fronte dell’assenza di riscontro da parte dell’Ispettorato, il Consiglio, quale ente pubblico non economico, ha presentato ricorso al Tar del Lazio per il riconoscimento dell’obbligo di provvedere e la conseguente illegittimità del silenzio-inadempimento dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro4, nonché, previo accertamento della fondatezza della pretesa, per la condanna dell’amministrazione a provvedere alla sottoscrizione di un protocollo d’intesa idoneo a consentire al Consiglio nazionale dell’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili il rilascio della c.d. asseverazione di conformità, negli stessi termini e condizioni già presenti nel protocollo d’intesa sottoscritto con il Consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro.

Il Giudice amministrativo ha confermato la possibilità del Consiglio di agire in giudizio avverso il silenzio-inadempimento dell’Ispettorato, essendo titolare di una posizione qualificata e differenziata, poiché l’articolo 29 del Decreto Legislativo 28 giugno 2005, n. 1395, stabilisce inter alia che il Consiglio “rappresenta istituzionalmente, a livello nazionale, gli iscritti negli Albi e promuove i rapporti con le istituzioni e le pubbliche amministrazioni competenti”.

3 Si precisa che la Lista di conformità INL non è ancora stata adottata, essendo necessario un provvedimento ad hoc dell’Agenzia.

4 Il ricorso è stato presentato anche nei confronti del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, ma il Tribunale ha riconosciuto il difetto di legittimazione processuale passiva del Ministero resistente, in quanto, “a seguito dell’emanazione del d.lgs. 149/2015, le relative competenze di vigilanza ispettiva in materia di legislazione sociale sono state trasferite all’Ispettorato Nazionale del Lavoro, munito di autonoma personalità giuridica”.

5 Il Decreto Legislativo 28 giugno 2005, n. 139 ha costituito l’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, a norma dell’articolo 2 della Legge 24 febbraio 2005, n. 34.

Inoltre, benché l’istanza del Consiglio non riguardasse un procedimento tipico con un connesso obbligo di provvedere a carico dell’amministrazione adita, è stato seguito l’orientamento giurisprudenziale che ammette il rimedio avverso il silenzio-inadempimento ogniqualvolta si possa ritenere che, a fronte dell’istanza avanzata da un soggetto portatore di un interesse legittimo rispetto al potere non esplicato, sussista un generale obbligo giuridico dell’amministrazione di procedere e provvedere, benché difetti una norma che preveda uno specifico procedimento amministrativo.

Il Tar, dato atto di quanto sopra, ha riconosciuto fondata la pretesa del Consiglio di ottenere una disamina della propria proposta, ma non l’accertamento e la condanna dell’Ispettorato alla conclusione del protocollo d’intesa, non essendo legalmente prevista un’attività vincolata in tal senso, ma, al contrario, sussistendo margini di discrezionalità e adempimenti istruttori rimessi all’amministrazione, “in quanto la pretesa del Consiglio si pone in tensione dialogica con l’organizzazione, da parte dell’Ispettorato, dei poteri ispettivi attribuiti all’agenzia dalla legge, nel cui contesto si colloca il sistema di rilascio dell’asseverazione di conformità”.

L’Ispettorato, in ottemperanza alla sentenza del Tar, ha svolto un’istruttoria finalizzata a valutare la pretesa del Consiglio nazionale dell’Ordine dei dottori commercialisti, all’esito della quale ha emanato la Nota 20 agosto 2025, n. 306, in cui ha espresso il diniego e le relative motivazioni.

I consulenti del lavoro sarebbero, infatti, legittimati a verificare la correttezza dei comportamenti aziendali, “in ragione della specifica professionalità e competenza […] che non si ritiene possibile rinvenire altrove”.

La legge, infatti, con diverse disposizioni attribuisce specifiche facoltà6 ai consulenti del lavoro e non, genericamente, ai soggetti di cui all’articolo 1 della Legge n. 12 del 1979, in cui rientrano anche i dottori commercialisti.

I consulenti del lavoro, durante il tirocinio preliminare all’esame di Stato di abilitazione professionale, diversamente da quanto previsto per gli aspiranti dottori commercialisti, devono approfondire la materia del lavoro e della legislazione sociale7.

L’abilitazione per l’esercizio della professione è rilasciata da una commissione presieduta da un dirigente dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro e l’intero iter di accesso alla professione è attribuito all’Ispettorato, che provvede all’esame delle domande di ammissione, individua le sedi di svolgimento dell’esame e rilascia i certificati di abilitazione in collaborazione con gli Ordini professionali dei consulenti del lavoro.

A differenza del Consiglio nazionale dell’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, sottoposto alla vigilanza del Ministero della Giustizia, il Consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro è vigilato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, così come l’Ispettorato Nazionale del Lavoro: il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali potrebbe intervenire in caso di irregolarità o violazioni riscontrate sia nelle attività del Consiglio nazionale, sia in quelle dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro. “Un unico Ministero vigilante nei confronti di tutti gli attori coinvolti nel rilascio e gestione dell’ASSE.CO. costituisce dunque un elemento di garanzia sulla sua efficacia e rappresenta un presupposto fondamentale per il buon funzionamento della procedura”.

6 L’Ispettorato ricorda:

- la certificazione dei contratti di lavoro, ai sensi dell’articolo 76, comma 1, lettera c-ter, del Decreto Legislativo 10 settembre 2003, n. 276; - in sede di Commissione di certificazione, la stipula di accordi individuali ai sensi dell’articolo 2103 C.c. di modifica delle mansioni, della categoria legale e del livello di inquadramento e della relativa retribuzione, nell’interesse del lavoratore alla conservazione dell’occupazione, all’acquisizione di una diversa professionalità o al miglioramento delle condizioni di vita;

- l’esperimento del tentativo di conciliazione di cui all’articolo 410 C.p.c. presso le Commissioni di certificazione;

- l’istituzione di camere arbitrali per la definizione, ai sensi dell’articolo 808-ter C.p.c., delle controversie nelle materie di cui all’articolo 409 C.p.c. e di cui all’articolo 63, comma 1, del Decreto Legislativo 30 marzo 2001, n. 165;

- la definizione della procedura di dimissioni ai sensi dell’articolo 26, comma 4, del D.Lgs. n. 151/2015;

- la facoltà di svolgere attività di intermediazione ai sensi dell’articolo 6, comma 2, lettera c), del D.Lgs. n. 276/2003;

- l’organizzazione dei servizi resi dalle associazioni di categoria per lo svolgimento degli adempimenti in materia di lavoro, previdenza ed assistenza sociale dei lavoratori.

7 Ai sensi dell’Allegato 3 della Delibera 23 ottobre 2014, n. 327, del proprio Consiglio nazionale dell’Ordine, è stabilito lo studio delle seguenti materie: “diritto del lavoro”, “legislazione sociale, assicurativa e previdenziale”, “diritto sindacale e delle relazioni industriali”, “intermediazione, ricerca e selezione del personale, supporto alla ricollocazione professionale”, “contrattualistica del lavoro e certificazione dei contratti”, “contenzioso del lavoro e conciliazione delle controversie”, “mediazione e arbitrato in materia di lavoro”, ecc.

Asse.Co.: una prerogativa dei consulenti del lavoro?

Su tali presupposti l’Ispettorato ha confermato che la scelta di attribuire al Consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro l’asseverazione di conformità sia pienamente rispondente all’interesse pubblico primario di una corretta, efficace ed efficiente gestione dell’attività di vigilanza, ma non ha escluso la possibilità di un accordo tra i due Consigli nazionali, quello dell’Ordine dei consulenti del lavoro e quello dell’Ordine dei dottori commercialisti ed esperti contabili, al fine di un coinvolgimento dei singoli professionisti appartenenti al secondo nell’istruttoria delle richieste di asseverazione, ferma restando l’esclusività del solo consulente del lavoro ad operare in qualità di “Consulente del Lavoro Asseveratore”.

L’Agenzia ha, inoltre, espresso la disponibilità non solo a valutare ulteriori forme di collaborazione con il Consiglio nazionale dell’Ordine dei dottori commercialisti, su ambiti diversi che possano rafforzare la sinergia istituzionale nell’interesse dell’efficienza amministrativa e della tutela dei diritti dei lavoratori e della regolarità del mercato del lavoro, ma anche ad esaminare eventuali ulteriori argomentazioni sulla base delle quali svolgere nuovi approfondimenti in ordine all’istanza già avanzata dal citato Consiglio.

A

ASPETTI CONTRIBUTIVI NELLE TRANSAZIONI TRA DATORI DI LAVORO E LAVORATORI

di Beniamino Gallo, Pubblicista – Consulente previdenziale in Torino

Nel corso o anche successivamente alla cessazione del rapporto di lavoro, può generarsi un contenzioso tra datore di lavoro e lavoratori riguardo all’applicazione di alcuni istituti contrattuali o somme non erogate, ad esempio, per straordinario, turni, lavoro irregolare e altri motivi. Generalmente questi contenziosi si concludono con un accordo transattivo tra le parti. Questo accordo, avendo un contenuto economico connesso al rapporto di lavoro è di interesse previdenziale in quanto le somme dedotte nell’accordo rappresentano imponibile contributivo, anche se erogate a cessazione del rapporto già intervenuta.

Cenni sulla transazione semplice e transazione novativa

Datore di lavoro e lavoratore possono ricorrere alla transazione extragiudiziale, al fine di evitare un contenzioso giudiziario, con la quale il datore di lavoro concorda con il lavoratore il pagamento di una somma finalizzata a coprire quanto dal medesimo richiesto a titolo vario: differenze retributive, lavoro straordinario, diverso inquadramento, ecc. (cosiddetta “Transazione semplice”).

In diversi casi, l’accordo transattivo si conclude riconoscendo al lavoratore una somma a titolo di “risarcimento” o al fine di evitare la lite senza nulla riconoscere rispetto alle pretese iniziali del lavoratore (cosiddetta “Transazione novativa”).

Aspetti contributivi delle transazioni

Spesso all’accordo transattivo viene attribuita la qualificazione di “Transazione novativa” in quanto mentre è pacifico anche per i datori di lavoro che la “Transazione semplice” comporta il riconoscimento che le differenze retributive, essendo collegate al sottostante rapporto di lavoro, sono soggette anche al versamento dei contributi, si ritiene che l’aver definito la transazione come novativa comporti che le somme dedotte nella transazione non siano soggette a prelievo contributivo.

Inoltre, in entrambi i casi, si attribuiscono al lavoratore somme che non sono denominate differenze retributive ma imputate ad altre fattispecie che ordinariamente sono esenti da contribuzione (es. TFR, incentivo all’esodo, risarcimento danni, ecc.).

Tuttavia, la prassi consolidata dell’INPS prevede che in entrambe le tipologie di transazione, l’Ente debba accertare se sia dovuta la contribuzione sulle somme dedotte nella transazione, a prescindere dalla qualificazione che hanno voluto darne le parti contraenti. Nella generalità dei casi, l’INPS ritiene che le somme siano comunque riconducibili al sottostante rapporto di lavoro per cui, anche qualora la transazione preveda importi erogati al solo fine di evitare la lite, dichiarando le parti di non avere più nulla a pretendere, essendo gli importi stessi legati all’esistenza di un rapporto di lavoro sussiste anche l’obbligo di versamento dei contributi.

La posizione dell’INPS è stata esplicitata con Circolare 16 gennaio 2014, n. 6, con la quale l’Ente richiama il seguente principio giurisprudenziale che conferma l’obbligo di accertamento da parte dell’Ente in virtù dell’autonomia del rapporto previdenziale: “L’obbligazione contributiva è completamente insensibile agli effetti della transazione; la totale estraneità e inefficacia della transazione eventualmente intervenuta tra datore di lavoro e lavoratore nei riguardi del rapporto contributivo discende dal principio che, alla base del calcolo dei contributi previdenziali, deve essere posta la retribuzione dovuta per legge o per contratto individuale o collettivo e non quella di fatto corrisposta; pertanto la sussistenza dei crediti di lavoro azionati dal dipendente deve essere accertata indipendentemente dall’accordo concluso tra le parti, al solo fine dell’assoggettamento dei relativi importi (in quanto compresi nella retribuzione dovuta) all’obbligo contributivo”. (Cassazione civile, Sezione lavoro, 13 agosto 2007, n. 17670).

Pertanto, qualunque sia la tipologia di accordo transattivo raggiunto, l’INPS ha l’obbligo di accertare se sono dovuti i contributi e l’imponibile di riferimento, a prescindere dalle conclusioni cui si è giunti con la transazione.

Determinazione dell’imponibile

Le transazioni, spesso, prevedono l’erogazione di importi “misti”, ovvero una somma, non analiticamente definita, per il risarcimento degli importi traenti origine dal rapporto di lavoro intercorso e altri importi completamente slegati dal rapporto di lavoro, previsti al solo fine di evitare l’insorgere di una lite. In tal caso, la prassi consolidata dell’Ente, in considerazione del fatto che datore di lavoro e lavoratori potrebbero accordarsi per denominare una somma in modo particolare per esonerarla dal versamento dei contributi, prevede che tutte le somme, comunque denominate, siano considerate imponibili, a eccezione di eventuali incentivi all’esodo correttamente erogati e altre somme escluse in forza di legge.

Vediamo quali criteri utilizza l’INPS per determinare se le somme dedotte nella transazione sono imponibili previdenzialmente.

Criteri di gestione INPS

Nella valutazione delle transazioni sotto l’aspetto dell’obbligo contributivo, l’INPS tiene conto dei seguenti criteri:

Accertamento della reale natura delle somme erogate

La transazione, sia confermativa che novativa, non impedisce all’INPS la verifica della reale natura delle somme erogate al lavoratore. L’INPS può quindi accertare l’effettiva natura delle somme erogate, indipendentemente dalla denominazione e dalla qualificazione che ne è stata data nell’accordo transattivo.

L’accertamento dell’INPS parte ordinariamente dalla vertenza avviata dal lavoratore. Ciò non esclude che qualora l’INPS venga a conoscenza di un accordo transattivo che possa ingenerare dubbi sulla effettiva materia del contendere possa disporre accertamenti ispettivi per accertarlo.

Imponibilità contributiva delle somme erogate

Per l’INPS, le somme date per transazioni intervenute in relazione al rapporto di lavoro e nascenti da pretese vertenti su elementi imponibili rientrano nell’imponibile contributivo. Per le stesse trovano applicazione le disposizioni del D.Lgs. n. 314/1997 che elenca le somme che concorrono alla determinazione dell’imponibile contributivo (INPS, Circolare n. 269/1997 e Messaggio n. 7585/2006).

Minimali giornalieri di retribuzione

Una volta accertata l’imponibilità contributiva, si applicano le disposizioni contenute nell’articolo 1, comma 1, Decreto Legge n. 338/1989 conv. in Legge n. 389/1989, il quale richiede che occorra verificare che le somme rispettino le regole sulla determinazione dei minimali giornalieri di retribuzione. Pertanto, si verifica se l’imponibile che si rileva dall’accordo rispetti le regole per la determinazione del minimale giornaliero di retribuzione (articolo 1, comma 1, D.L. n. 338/1989, conv. in Legge n. 389/1989).

“1. La retribuzione da assumere come base per il calcolo dei contributi di previdenza e di assistenza sociale non può essere inferiore all’importo delle retribuzioni stabilito da leggi, regolamenti, contratti collettivi, stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative su base nazionale, ovvero da accordi collettivi o contratti individuali, qualora ne derivi una retribuzione di importo superiore a quello previsto dal contratto collettivo.”

In caso di rapporto di lavoro non regolarizzato, la verifica del rispetto dei minimali viene sempre fatta, mentre per le differenze retributive su rapporto regolare la verifica è eventuale in quanto già fatta al momento del versamento della contribuzione a suo tempo. In questo secondo caso, le somme si ripartiscono sugli anni interessati dall’accordo in proporzione ai mesi di durata del rapporto nell’anno.

In entrambi i casi, sulle differenze contributive sono dovute le sanzioni civili.

Integrazione TFR

Il TFR è esente dal versamento dei contributi. Il TFR è però calcolato in base a criteri di legge e di CCNL, ciò che supera questi criteri viene considerato imponibile contributivo (si veda l’esempio nel prosieguo).

Incentivo all’esodo

L’incentivo all’esodo è esente dal versamento dei contributi. Un accordo transattivo stipulato prima del licenziamento salvaguarda la somma qualsiasi sia la sua misura. La Giurisprudenza di Cassazione ha affermato, con diversi pronunciamenti, che non può essere riconosciuto l’incentivo all’esodo in occasione di transazione sulla contestazione di un licenziamento già avvenuto; pertanto, la somma individuata come incentivo all’esodo dopo che il licenziamento è già avvenuto, diventa imponibile previdenziale (Corte di Cassazione, Sentenza 23 aprile 2014, n. 9180).

Lucro cessante

Rappresenta il mancato guadagno che consegue all’altrui comportamento illegittimo. È sempre imponibile previdenzialmente.

Risarcimento danni

Consiste nella perdita economica che il patrimonio del creditore ha subito per colpa della mancata o ritardata prestazione del debitore. Non è imponibile previdenzialmente devono però esserci le prove di un danno effettivo. Al riguardo si cita il pronunciamento della Corte di Cassazione che con Sentenza 23 settembre 2016, n. 18629, ha stabilito che:

“Per stabilire se le somme corrisposte ad un lavoratore in sede di conciliazione per un licenziamento ritenuto illegittimo siano erogate a titolo di risarcimento del danno patrimoniale (tassabile) oppure del danno non patrimoniale (non soggetto a tassazione) non è sufficiente il c.d. nomen iuris, ma è necessario specificare in concreto la natura di tale risarcimento.”

Pertanto, l’INPS può indagare se effettivamente si sta risarcendo un danno oppure se si tratta di una qualificazione errata dell’importo. Normalmente, se la vertenza nasce da pretese retributive e non si dimostra quanta parte della somma va a risarcire effettivamente un danno, l’intera somma può essere contestata dall’INPS e considerata imponibile.

Transazione e preavviso

La transazione è estranea al rapporto previdenziale tra datore di lavoro e INPS, l’obbligo contributivo sussiste indipendentemente dal fatto che siano stati in tutto o in parte soddisfatti gli obblighi retributivi nei confronti del lavoratore, ovvero che questi abbia rinunciato ai suoi diritti (Corte di Cassazione, Sentenza 20 marzo 2009, n. 6901.

Nel caso in cui il datore di lavoro e il lavoratore abbiano rinunciato nell’ambito di una transazione al periodo di preavviso e all’indennità di preavviso, ciò non esonera il datore di lavoro dal versamento della contribuzione previdenziale connessa all’indennità (Corte di Cassazione, Sentenza 13 maggio 2021, n. 12932).

Più di recente, si segnala la Sentenza della Corte di Cassazione 2 settembre 2025, n. 24416, con la quale si ribadisce l’inopponibilità all’INPS della rinuncia all’indennità sostitutiva del preavviso. Per cui l’indennità sostitutiva del preavviso deve essere assoggettata all’obbligo contributivo nel momento stesso in cui il licenziamento intimato in quanto è irrilevante che il lavoratore vi abbia rinunciato.

Il caso di esempio

Per meglio comprendere gli aspetti da tenere presente nei casi di transazione, partiamo da un caso di esempio utile per comprendere a quali rischi si va incontro in caso di violazione dei criteri enunciati. Una lavoratrice assunta come domestica viene licenziata il 30 settembre 2024 e impugna il licenziamento chiedendo il riconoscimento della qualifica di Operaia comune, invece che lavoratrice domestica, con applicazione del CCNL Commercio. Supponiamo che la vertenza con l’ex datore di lavoro si sia conclusa con una conciliazione presso l’Ispettorato Nazionale del Lavoro.

La lavoratrice dichiara di essere stata assunta il 1° ottobre 2020 come lavoratrice domestica dal titolare dell’azienda ma le sue mansioni comprendevano la pulizia degli uffici e del laboratorio di sartoria, cuciture, e altri piccoli lavori di sartoria presso il laboratorio.

L’accordo raggiunto non fa cenno alla pretesa della lavoratrice di riconoscimento della qualifica di Operaio comune ma prevede solo che il datore di lavoro corrisponda alla ricorrente la somma di:

Q 10.000 euro a titolo di integrazione del TFR;

Q 6.000 euro a saldo di ogni rivendicazione economica derivante dall’intercorso rapporto di lavoro.

Il datore di lavoro presenta all’INPS richiesta di regolarizzazione della contribuzione come lavoratrice domestica sui 6.000 euro connotati come differenza di retribuzione.

Valutazione delle somme dedotte dalla transazione

Applicando i criteri enunciati, vengono in rilievo le seguenti criticità contenute nella transazione raggiunta.

Verifica della correttezza del rapporto di lavoro instaurato

La lavoratrice per le attività svolte nel laboratorio è stata assunta come lavoratrice domestica invece che come operaia comune per cui, in applicazione del principio della autonomia del rapporto previdenziale cui è connesso l’indisponibilità della tipologia di rapporto di lavoro, l’attività svolta nel laboratorio è riqualificata da lavoro domestico a lavoro dipendente di operaia comune.

Verifica della congruità del TFR

L’importo del TFR spettante al lavoratore è stabilito dall’articolo 2120 del Codice civile che lo fissa nel seguente modo:

“Tale trattamento si calcola sommando per ciascun anno di servizio una quota pari e comunque non superiore all’importo della retribuzione dovuta per l’anno stesso divisa per 13,5.”

Il Codice civile fissa quindi la regola per il calcolo del TFR, determinandone anche un tetto annuo, e non prevede possibilità derogatorie sulla misura dello stesso né da parte dei CCNL né mediante accordi individuali; pertanto, l’importo eccedente quello stabilito dall’articolo 2120 C.c. non può essere ritenuto esente da contributi in quanto non assume natura di TFR.

Nel caso in trattazione si chiede l’applicazione del CCNL del Commercio che per la qualifica operaia iniziale prevede un accantonamento annuo di circa 1.300 euro che moltiplicati per i 4 anni di durata del contratto determinano un TFR di circa 5.200 euro. Pertanto, i 4.800 euro eccedenti, non avendo natura di TFR, rappresentano retribuzione imponibile.

Verifica del

rispetto dei minimali di retribuzione

Dopo aver determinato le somme imponibili che si rinvengono nell’accordo e che sono pari a 10.800 euro (6.000 euro per differenze + 4.800 euro di maggiorazione TFR) si verifica se le stesse rispettano le regole del minimale giornaliero per il versamento dei contributi.

Q Imponibile Anno 2020 = € 3.820,44 (= € 48,98 (minimale giornaliero) per 26 giorni per 3 mesi);

Q Imponibile Anno 2021 = € 15.281,76 (= € 48,98 (minimale giornaliero) per 26 giorni per 12 mesi);

Q Imponibile Anno 2022 = € 15.571,92 (= € 49,91 (minimale giornaliero) per 26 giorni per 12 mesi);

Q Imponibile Anno 2023 = € 16.551,60 (= € 53.05 (minimale giornaliero) per 26 giorni per 12 mesi);

Q Imponibile Anno 2024 = € 13.307,58 (= € 56.87 (minimale giornaliero) per 26 giorni per 9 mesi).

Totale imponibile adeguato al minimale = 64.533,30 euro. Sull’imponibile adeguato al minimale giornaliero sono dovuti i contributi e le sanzioni civili.

Diversamente, se la lavoratrice fosse già stata assunta come operaia comune le somme che si rinvengono nell’accordo transattivo sono differenze di retribuzione per cui non sarebbero da adeguare ai minimali di retribuzione e sarebbero stati richiesti contributi sull’imponibile di 10.800 euro.

INAIL E COMMERCIO: TANTE VOCI E DIVERSI PROBLEMI…

di Fabrizio Vazio - Esperto in materia previdenziale Componente del Centro Studi Attività Ispettiva

Premessa – Commercio o meglio gruppo 0100

Una analisi della classificazione tariffaria delle attività commerciali è necessaria anche per via del fatto che le tariffe approvate con Decreto Interministeriale 27 febbraio 2019 hanno grandemente differenziato tale ambito di attività e molti degli errori classificativi esistenti all’atto del passaggio dalla precedente tariffa a quella odierna sono ancora in essere.

Va precisato subito che ci riferiremo alla gestione tariffaria Terziario pur se un’attività commerciale può sussistere anche nel settore Industria: si pensi, fra l’altro, ad un’azienda di produzione che venda anche prodotti non propri.

Specularmente, vi sono aziende commerciali che in realtà appartengono al settore Terziario ma hanno una classificazione produttiva: infatti nella gestione Terziario, i grandi gruppi 1, 2, 5, 6, 7, 8 prevedono che quando l’attività svolta dal datore di lavoro si compone di una parte puramente commerciale e una parte svolta in un laboratorio, il riferimento classificativo sia unico e vada ricercato nelle voci cosiddette “di produzione”. Per la classificazione è innanzitutto necessario verificare che nell’esercizio commerciale sia presente un laboratorio, inteso come un’officina o un locale annesso al negozio in cui si eseguono lavorazioni, manutenzioni, riparazioni, ecc.... La presenza di un laboratorio fisicamente annesso ad una attività di vendita comporta l’applicazione della voce riferita all’attività svolta in laboratorio, se nella specifica voce (o gruppo o grande gruppo pertinente) sono comprese le attività di vendita.

Ad esempio, quindi, in un’attività di vendita mobili (gestione Terziario) che eventualmente effettua anche servizi di restauro, la lavorazione del legno congiuntamente alla vendita andrà classificata interamente alla 5200.

Le FAQ INAIL hanno precisato che nel caso di catene di negozi, qualificabili come strutture a sé stanti in cui si svolge stabilmente l’attività di vendita (ancorché prive di autonomia finanziaria e tecnico funzionale), quest’ultima è classificabile allo specifico riferimento tariffario per la vendita. Infatti non rileva - ai fini classificativi - la presenza di un laboratorio annesso fisicamente e funzionalmente ad un altro punto vendita ancorché presente nella medesima PAT.

In generale, ove vi siano due sedi di vendita ma solo in una vi sia un laboratorio, unicamente i lavoratori addetti a tale sede saranno classificati alla attività produttiva: il caso classico è quello di una azienda di rivendita tubi metallici con due unità di vendita che effettua il taglio dei tubi solo in una.

L’analisi delle voci del commercio, in particolare del sottogruppo 0110 nel quale sono racchiuse tutte le attività di vendita, è altresì necessaria perché la verifica di rischio assicurato INAIL, ovvero quella attività specifica dell’Istituto finalizzata a garantire una uniforme applicazione delle tariffe dei premi sul territorio nazionale che consiste nella verifica della corretta attribuzione della voce di lavorazione denunciata in relazione all’attività effettivamente svolta e al conseguente calcolo del premio dovuto, si occupa spesso delle aziende che effettuano attività commerciale.

Vengono quindi poste a disposizione del personale ispettivo e delle sedi territoriali, a cura della Direzione Centrale INAIL che cura la business intelligence anche attraverso l’incrocio dei dati a disposizione dell’Istituto con quelli reperibili in altre Banche Dati (INPS, Agenzia Entrate, CCIAA ecc...), elenchi di aziende presumibilmente non ben classificate.

In tali casi, normalmente, vi è un accesso ispettivo finalizzato alla verifica di rischio assicurato: esso, però, può riscontrare irregolarità anche diverse rispetto a quelle riguardanti la classificazione tariffaria, ad esempio casi di lavoro irregolare o di retribuzioni difformi da quelle contrattualmente spettanti. Anche a tal fine, è necessario prestare grande attenzione alle classificazioni per evitare verifiche ispettive, alla luce anche del fatto che, come vedremo meglio analizzando i singoli riferimenti tariffari, essi sono tutti nuovi almeno in parte.

Si tratta infatti:

Q o di voci create ex novo;

Q o di riferimenti che presentano un contenuto diverso da quello riportato nella tariffa approvata con Decreto Ministeriale 12 dicembre 2000, vigente fino al 31 dicembre 2018.

L’analisi non seguirà pedissequamente l’ordine della tariffa ma piuttosto ci atterremo ad una sequenza logica per consentire di capire meglio l’articolazione del dettato tariffario, partendo dalle voci di carattere generale dedicate al commercio in genere (0111 e 0116) e alla grande distribuzione (0113 e 0114), ovvero supermercati, ipermercati e grandi magazzini.

In una prossima analisi ci dedicheremo alle voci che riguardano il commercio di prodotti specifici mentre faremo solo cenni alle voci del commercio che non si trovano nel gruppo 0100 (ad esempio, le macellerie, che sono state spostate al grande gruppo 1).

Fatte queste premesse, veniamo all’analisi dettagliata delle voci classicamente commerciali e ad un esame della complessa distribuzione tra i vari riferimenti tariffari.

Voci 0111-0116: commercio con e senza attrezzature motorizzate

In primis va segnalato che le due voci che raggruppano tutte le attività commerciali (tranne che non vi siano riferimenti tariffari specifici) sono la 0111 e la 0116 (tasso medio 7,31 e 12,45 per mille).

Esse appartengono al gruppo 0100 ovvero: “Commercio, compresi l’eventuale confezionamento, le operazioni di rifornimento e magazzinaggio, il servizio di consegna ai clienti, le operazioni di cassa”. Vediamo il testo esatto delle voci (che va letto unitamente al riferimento del gruppo testé esposto) nella Tariffa Terziario approvata con Decreto Interministeriale del 27 febbraio 2019.

R Voce 0111

Commercio di merci e generi alimentari senza attrezzature motorizzate di movimentazione merci; comprese le eventuali fasi di progettazione e controllo qualità di merci commissionate a terzi; esclusa la vendita prevista in altre voci, per la quale v. riferimenti specifici. Escluse le attività di produzione o di trasformazione.

R Voce 0116

Commercio di merci e generi alimentari con attrezzature motorizzate di movimentazione merci; comprese le eventuali fasi di progettazione e controllo qualità di merci commissionate a terzi; esclusa la vendita prevista in altre voci, per la quale v. riferimenti specifici. Escluse le attività di produzione o di trasformazione.

È importantissimo rilevare che nella tariffa attuale, diversamente da quella precedente, non si parla più di commercio al minuto e commercio all’ingrosso e nemmeno di attrezzature meccaniche ma la differenziazione è solo riferita alla presenza di attrezzature motorizzate di movimentazione merci: tale innovazione è anche dovuta al contenzioso in merito al concetto di attrezzature meccaniche presente in precedenza (si veda la sentenza di Cassazione Sez. Lav., 17 novembre 2017, n. 27349 ove si legge che:

“il transpallet costituisce macchina a tutti gli effetti, in quanto è implicito che per trasportare la merce sul pallet e allocarla negli scaffali ad altezza d’uomo la stessa deve essere sollevata da terra con l’ausilio del carrello”).

Anche a tale proposito, l’INAIL nelle Istruzioni Tecniche per l’applicazione delle Tariffe allegate alla Circolare n. 28/2021 (“Tariffe dei premi per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali delle gestioni Industria, Artigianato, Terziario, Altre Attività e relative Modalità di applicazione, in vigore dal 1° gennaio 2019. Istruzioni tecniche”) precisa che sono da considerare mezzi motorizzati di movimentazione merci i montacarichi adibiti alla movimentazione di sole merci, i carrelli a cingoli anche ricaricabili, i sistemi di movimentazione quali nastri trasportatori e simili; non sono invece da considerare mezzi di movimentazione gli ascensori destinati al trasporto di persone o i transpallet manuali. Oggi, peraltro, anche gli esercizi di vendita al dettaglio dove sono installate attrezzature motorizzate di movimentazione merci vanno alla voce più gravosa mentre in passato, paradossalmente, un commercio al dettaglio con muletto era classificato alla voce 0111, perché la differenziazione era presente solo nel commercio all’ingrosso.

Come evidenziato, il riferimento tariffario di cui alle voci 0111 e 0116 ricomprende anche tutte le attività complementari compresa la cassa: quindi si deve ritenere che la voce 0722 possa esistere in coabitazione con la 0111 da 0116 solo ove esista personale dedito ad attività di ufficio ovvero “tutte quelle attività svolte normalmente in ambito amministrativo con uso diretto di computer e altre macchine elettriche da ufficio presso imprese, enti e studi professionali che assicurano la corretta gestione amministrativa e contabile, i rapporti con la clientela, l’amministrazione del personale, nonché il personale tecnico degli uffici (per esempio, i progettisti) e simili” (cfr. Circolare INAIL n. 38/2025). Ove invece si tratti di lavoratori occupati solo al registratore di cassa, la classificazione non sarà alla voce 0722.

L’Istituto ha precisato con apposita FAQ che il furgone non è considerato attrezzatura ai fini di una eventuale classificazione alla voce 0116 che presenta tasso superiore.

Ove poi si tratti di vendita online, ossia di attività di e-commerce svolta a sé stante (non congiuntamente ad una vendita di merci tradizionale) nel caso in cui l’azienda non gestisca magazzini (ad esempio, resi) e affidi a terzi la spedizione dei prodotti venduti, la classificazione è alla voce 0722. Nel caso in cui l’attività di e-commerce sia svolta nell’ambito di una più generale attività di vendita (ad esempio, 0111, 0116, 0113, 0114) questa va ricondotta all’attività di vendita stessa.

Gli errori possibili

Il primo punto di attenzione è quello che non è di fatto più possibile che vi sia un negozio classificato alla sola voce 0722 in quanto, come già evidenziato, il personale di cassa va alla voce 0111 o 0116.

Si tratta di un punto assolutamente fondamentale sul quale l’Istituto ha anche rilasciato una lista di evidenza per eventuali accertamenti ispettivi finalizzati ad adeguare il rischio assicurato.

Un possibile errore di migrazione già sottolineato è quello legato al passaggio alla voce 0111 di un esercizio al minuto con mezzi motorizzati di movimentazione merci.

Un ulteriore errore possibile è quello legato al passaggio alla voce 0111 o 0116 degli esercizi di vendita per i quali sia prevista una voce specifica, ad esempio il commercio di materiali edili o i negozi di ferramenta.

Va ricordato, infine, come si vedrà anche al punto successivo, che, anche se presentano una organizzazione analoga ai supermercati, sono classificabili alla voce 0116 gli esercizi commerciali, con superficie di vendita inferiore ai 400 mq, in cui sono utilizzate attrezzature motorizzate di movimentazione merci.

Occorre ricordare il principio secondo il quale solo ove le informazioni fornite all’Istituto siano state non corrette o non complete la responsabilità della errata migrazione può essere attribuita al datore di lavoro; la correttezza delle informazioni si valuta in rapporto alla tariffa vigente all’atto della denuncia interessata.

In altre parole, non può essere certamente imputato ad un soggetto di non avere denunciato l’attività di ferramenta in vigenza della tariffa 2000, stante che in essa tale attività non era prevista e l’obbligo del datore di lavoro è quello di fornire tutte le informazioni al fine di consentire esatta classificazione in quel momento.

In particolare, l’articolo 12, T.U. n. 1124/1965, comma 1, recita: “I datori di lavoro soggetti alle disposizioni del presente titolo debbono denunciare all’Istituto assicuratore, contestualmente all’inizio dei lavori, la natura dei lavori stessi e debbono fornire all’Istituto medesimo tutti gli elementi e le indicazioni che siano da esso richiesti per la valutazione del rischio e la determinazione del premio di assicurazione.”

Sul concetto di responsabilità nella rettifica per errore classificativo, ritorneremo alla fine di questo studio in un successivo contributo.

Voci 0113 e 0114: supermercati, ipermercati, grandi magazzini: attenti ai metri quadri!

L’esigenza di voci dedicate alla grande distribuzione nasceva dal fatto che in un supermercato vi erano molte voci di tariffa dedicate alle singole attività: gastronomia, macelleria, panetteria e inoltre taglio del legno eccetera...

La migrazione non è stata semplicissima poiché l’Istituto non aveva propriamente i riferimenti di quali datori di lavoro fossero inquadrabili come supermercato o come grande magazzino.

Partiamo ad analizzare il problema leggendo le voci di tariffa.

Voce 0113 - Ipermercati, supermercati, comprese le eventuali lavorazioni effettuate sui prodotti venduti, ad es. i servizi di preparazione e cottura dei prodotti alimentari - tasso medio 10,27 per mille

Voce 0114 - Grandi magazzini, comprese le lavorazioni effettuate sui prodotti venduti tasso 7,83 per mille

La definizione di supermercato riportata nelle FAQ INAIL è:

“esercizio al dettaglio operante nel campo alimentare, organizzato prevalentemente a libero servizio e con pagamento all’uscita, che dispone di una superficie di vendita uguale o superiore a 400 mq. e di un vasto assortimento di prodotti di largo consumo ed in massima parte preconfezionati nonché, eventualmente, di alcuni articoli non alimentari di uso domestico corrente”.

Esso pertanto deve avere una superficie superiore a 400 mq.

L’ipermercato è invece un esercizio al dettaglio con superficie di vendita superiore a 2500 mq., suddiviso in reparti (alimentare e non alimentare), ciascuno dei quali aventi, rispettivamente, le caratteristiche di supermercato e di grande magazzino.

Vanno riferiti alla voce 0113 gli esercizi di vendita che propongono un assortimento di generi alimentari e alcuni articoli non alimentari comunemente usati in casa (ad esempio, detersivi e prodotti per la cura della persona, piatti e stoviglie di carta, cibo per animali, ecc.) la cui superficie di vendita sia uguale o superiore a 400 mq.

Vanno anche riferiti alla voce 0113 gli esercizi di vendita (denominati ipermercati) che presentano una superficie totale di vendita superiore a 2500 mq con:

Q un reparto alimentare con superficie pari o superiore a 400 mq;

Q un reparto non alimentare con prodotti afferenti a più gruppi merceologici e con superficie pari o superiore a 400 mq.

Ove l’organizzazione sia la stessa ma le superfici siano inferiori a quanto indicato, non è possibile applicare la voce “onnicomprensiva” e devono essere applicati i singoli riferimenti tariffari (ad esempio, macelleria, gastronomia, panetteria).

Con riferimento ai grandi magazzini, vale un ragionamento analogo. Infatti, le Istruzioni tecniche precisano che:

“si definisce grande magazzino un esercizio al dettaglio operante nel campo non alimentare, organizzato prevalentemente a libero servizio, che dispone di una superficie di vendita uguale o superiore a 400 mq. e di un assortimento di prodotti, in massima parte di largo consumo, appartenenti a differenti categorie merceologiche, generalmente suddivisi in reparti. Sono comprese nella voce le lavorazioni svolte sui prodotti venduti (ad es. taglio a misura di legno, vetro, duplicazioni chiavi, uso del sistema tintometrico).”

Anche qui, ove la superficie sia inferiore si applicano tutte le voci specifiche.

In più, ove la superficie sia superiore a 400 mq ma venga venduto un unico genere di prodotto (ad es. un grande emporio di scarpe) si applicano i riferimenti tariffari 0111 o 0116.

L’errore possibile

Nell’intento di semplificare sono stati introdotte queste voci onnicomprensive che ovviamente, peraltro, sono applicabili solo ed esclusivamente ove il personale sia dipendente del supermercato mentre, ove determinate attività siano state terziarizzate, si applicano le voci specifiche. Per capirci, quindi, la macelleria interna di un supermercato che è stata terziarizzata e pertanto è gestita da un’altra società con diversa partita IVA, sarà classificata alla voce 1460 o 1470 (macelleria con e senza mattazione).

Va rilevato invece che non è sinonimo di errore, in questo caso, la coesistenza tra voce 0722 e voce 0111. Se è vero, infatti, che in un grande magazzino o in un supermercato vi sono moltissimi addetti alla cassa che saranno classificati alla voce 0111, è anche vero che non manca il personale puramente amministrativo che opera, diciamo così, dietro le quinte e che correttamente va classificato alla voce 0722.

Prime conclusioni

Come sempre, e l’avvertenza vale per tutte per le riclassificazioni, ove la responsabilità di una errata classificazione, non dovuta a variazione dell’attività assicurata ma a mutamento della tariffa o ad errore classificativo, non sia dell’azienda, non sarà possibile all’Istituto richiedere premi arretrati e dovrà viceversa restituire eventuali premi riscossi in più.

Infatti, va ricordato il principio espresso nell’articolo 11 delle Modalità di applicazione delle tariffe dei premi ove si legge che in caso di errore classificativo la rettifica è ordinariamente non retroattiva salvo che non vi sia stata una erronea o incompleta denuncia del datore di lavoro che abbia comportato il versamento di un premio minore di quello effettivamente dovuto. Vi è retroattività anche nel caso in cui la erronea classificazione delle lavorazioni non sia addebitabile al datore di lavoro ed abbia comportato il versamento di un premio maggiore di quello effettivamente dovuto: in tal caso al datore di lavoro devono essere restituiti i soldi versati in più.

Nel settore del Terziario molti errori sono ancora in essere, come già si è illustrato, per via delle nuove voci di tariffa istituite con il Decreto Interministeriale 27 febbraio 2019 e anche a causa della diversa interpretazione legata a voci di tariffa già esistenti: si pensi al diverso ambito della 0722 e al principio dell’assorbimento del commercio nella produzione di cui si è parlato in premessa.

Anche a tal fine, evidentemente, è necessario prestare grande attenzione ai riferimenti tariffari in essere nel commercio, analizzando anche le comunicazioni inviate a suo tempo all’INAIL per escludere eventuali responsabilità aziendali in un possibile errore classificativo.

Nella prossima trattazione ci occuperemo di vendita di oggetti specifici: infatti in alcuni casi, per la peculiarità del rischio, il legislatore ha ritenuto di inserire voci ad hoc.

In particolare, tratteremo degli autosaloni, dei distributori di carburante, del commercio all’ingrosso di combustibili, di quello di materiali da costruzione e delle ferramenta, esaminando dettagliatamente quando una lavorazione è da ricomprendere in ciascuna voce.

Infine, in un ultimo contributo, esamineremo approfonditamente le conseguenze degli errori classificativi e la decorrenza delle conseguenti rettifiche.

CCONTRATTAZIONE COLLETTIVA E CRISI D’IMPRESA

di Francesco Geria — Consulente del Lavoro e membro del Comitato Scientifico ASRI

Premessa

Spesso si discute di contrattazione collettiva in un contesto di regolamentazione di miglior favore dei rapporti di lavoro e il ruolo degli attori in cambio risulta di estrema importanza e necessità.

Si dimentica, però, che il ruolo della contrattazione collettiva – in un contesto di confronto professionale e qualificato - può divenire strategico là ove l’azienda versi in una situazione di difficoltà e crisi. Conoscere al meglio anche quelli che sono gli aspetti di una normativa governante la crisi d’impresa può permettere, da un lato la protezione del patrimonio aziendale e, dall’altro, la tutela dell’occupazione dei lavoratori coinvolti.

In questo contributo si vogliono esaminare le possibili intersezioni tra contrattazione collettiva e crisi d’impresa alla luce del D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 (Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza — “CCII”), con particolare attenzione al ruolo degli accordi collettivi nel governo delle transizioni occupazionali e nel trasferimento d’azienda.

Si analizzeranno, di seguito, il dialogo sistematico tra CCII e diritto del lavoro; le leve e i limiti della contrattazione collettiva, gli spazi di intervento nelle fattispecie della composizione negoziata/assetti negoziali, dei licenziamenti collettivi in liquidazione giudiziale e del trasferimento d’azienda con possibili deroghe all’articolo 2112 C.c., secondo la riscrittura dell’articolo 47, Legge n. 428/1990. Conclude una tabella operativa di sintesi.

Il nuovo Codice della crisi: il dialogo con il diritto del lavoro

Il CCII rilegge la crisi d’impresa come fenomeno da gestire in chiave preventiva e ordinata, con l’obiettivo cardine della migliore soddisfazione dei creditori, senza obliterare — ma anzi coordinando — la tutela dell’occupazione e la continuità aziendale. In tale cornice, la riforma ha inciso, per il versante lavoristico, in particolare:

Q sull’articolo 2119 del Codice civile, rinviando al CCII (e nello specifico all’articolo 189 e segg., del CCII) ogni effetto sulla risoluzione dei rapporti di lavoro in caso di liquidazione giudiziale (ex fallimento);

Q sulla Legge n. 223/1991 e sulla gestione dei licenziamenti collettivi, stabilendo – in caso di intervento di procedura concorsuale - specifiche procedure e un confronto sindacale più snello;

Q sull’articolo 47 della Legge 29 dicembre 1990, n. 428, ridefinendo i limiti di derogabilità dell’articolo 2112 C.c. nelle procedure concorsuali.

Rispetto all’ultimo aspetto elencato il comma 4-bis del novellato articolo 47, Legge n. 428/1990 (concordato in continuità indiretta; accordi di ristrutturazione non liquidatori; amministrazione straordinaria con prosecuzione dell’attività) e il comma 5 (liquidazione giudiziale, concordato liquidatorio, liquidazione coatta, in assenza o cessazione della prosecuzione), attribuiscono all’autonomia collettiva — e, in coda, anche all’autonomia individuale nelle sedi protette ex articolo 2113, ultimo comma, C.c. — la facoltà di incidere sulle condizioni di lavoro dei lavoratori trasferiti e, nelle ipotesi liquidatorie, di derogare ai commi 1, 3 e 4 dell’articolo 2112 C.c. (regola della continuità del rapporto, responsabilità del cessionario, condizioni applicabili).

Il quadro si raccorda con l’articolo 5 della Direttiva 2001/23/CE, che ammette deroghe in presenza congiunta di:

a) procedura concorsuale o analoga;

b) finalità liquidatoria;

c) controllo di un’autorità pubblica.

ANCL SCUOLA DI RELAZIONI INDUSTRIALI

L’evoluzione giurisprudenziale, tanto nazionale quanto unionale, ha chiarito che la finalità liquidatoria può coesistere con la prosecuzione dell’attività (affitto/cessione di ramo, vendita in esercizio), quando funzionale al miglior realizzo, con conseguente possibile spazio per deroghe calibrate e accordi sindacali.

Ne discende un dialogo strutturale tra CCII e diritto del lavoro, nel quale la contrattazione collettiva non è mero “ornamento” procedurale, bensì strumento di regolazione delle transizioni e di bilanciamento tra interessi occupazionali e interessi concorsuali.

Il ruolo della contrattazione collettiva: aspetti generali

Fonte e legittimazione

La sede naturale dell’intervento è quella dei contratti collettivi di cui all’articolo 51, D.Lgs. n. 81/2015, stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale (o dalle loro RSU/RSA) ai livelli interconfederale, nazionale, territoriale e aziendale. Tali contratti sono idonei a:

Q incanalare le consultazioni ex articolo 47, Legge n. 428/1990 (informazione preventiva, confronto sulle ricadute occupazionali, definizione di tempi e contenuti del passaggio);

Q integrare/armonizzare i trattamenti economico -normativi in vista del trasferimento, nei limiti e con le condizioni previste dai commi 4-bis e 5 dell’articolo 47;

Q fungere da cornice regolatoria per eventuali patti individuali conclusi in sedi protette (articolo 2113, ultimo comma, C.c.; artt. 410 ss. C.p.c.), destinati a dare attuazione personalizzata alle misure collettive (es. esodi incentivati, rimodulazioni orarie, clausole flessibili). Sul piano dell’efficacia, la contrattazione collettiva opera in via diretta per gli iscritti alle organizzazioni stipulanti e, in via mediata, per effetto di rinvii contenuti nei contratti individuali o di prassi di applicazione aziendale consolidata; resta ferma la necessità che, quando si incide sull’articolo 2112 C.c., l’accordo rientri tipicamente nelle ipotesi ammesse dall’articolo 47, commi 4-bis e 5 e persegua una finalità di salvaguardia occupazionale.

Funzioni

Nelle crisi, la contrattazione collettiva svolge funzioni programmatorie, allocative e di garanzia. In particolare:

Q due diligence sociale e perimetrazione: mappatura dei rapporti da trasferire, dei profili professionali, degli istituti differiti (ferie, ROL, TFR, premi), dei contenziosi pendenti; definizione del perimetro (azienda/ramo) e dei criteri di inclusione/esclusione;

Q atterraggio presso il cessionario: definizione di inquadramenti, sistemi di classificazione, orari/ turni, flessibilità organizzativa; gestione dei differenziali tra CCNL (armonizzazioni graduali, clausole di salvaguardia, assorbibilità dei superminimi ove previsto, anzianità convenzionale per taluni istituti);

Q sostenibilità del piano: modulazione di trattamenti transitori (indennità ad personam, periodi di prova convenzionali, pause di maturazione, premi variabili/welfare con criteri di maturazione differita) bilanciando continuità occupazionale e tenuta economico -finanziaria;

Q gestione degli esuberi e ricollocazione: costruzione di percorsi di uscita non traumatici (incentivi all’esodo, outplacement, priorità di riassunzione, graduatorie di rientro), uso di strumenti di riduzione/riqualificazione (part-time, clausole elastiche/flessibili, riconversione professionale, job rotation), nel rispetto delle discipline speciali applicabili;

Q governance dell’accordo: istituzione di comitati paritetici di monitoraggio, obblighi informativi periodici, clausole risolutive/di revisione legate al verificarsi di eventi del piano (closing, omologhe, aggiudicazioni).

Limiti

I confini positivi discendono dal combinato disposto articolo 47 Legge n. 428/1990/articolo 2112

C.c./articolo 5 Direttiva 2001/23/CE:

Q scenari non liquidatori (es. continuità indiretta; accordi di ristrutturazione non liquidatori; amministrazione straordinaria con prosecuzione): l’accordo collettivo può incidere sulle condizioni di lavoro all’atto del passaggio (armonizzazioni, trattamenti transitori, organizzazione dell’orario, criteri di classificazione), senza interrompere la continuità del rapporto;

Q scenari liquidatori (assenza o cessazione della prosecuzione; prosecuzione meramente strumentale al miglior realizzo): la contrattazione può derogare ai commi 1, 3 e 4 dell’articolo 2112 C.c. — fermo il passaggio dei rapporti al cessionario — per finalità di salvaguardia occupazionale Le deroghe devono essere tipizzate, proporzionate e temporalmente circoscritte, con puntuale motivazione del nesso con gli obiettivi del procedimento concorsuale. In ogni caso restano inderogabili le tutele di ordine pubblico lavoristico (parità di trattamento, salute e sicurezza, divieti di discriminazione, tutela della maternità/paternità, diritti fondamentali), e si richiede coerenza sostanziale con gli atti del procedimento (piano, programmi, provvedimenti autorizzativi), oltre alla tracciabilità del percorso di informazione - consultazione sindacale.

Contrattazione collettiva: possibili interventi nella crisi d’impresa

Composizione negoziata

delle crisi e assetti negoziali affini

L’articolo 4 del D.Lgs. n. 14/2019, in un contesto di dovere delle parti, stabilisce come nella composizione negoziata, nel corso delle trattative e dei procedimenti per l’accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza, il debitore, i creditori e ogni altro soggetto interessato devono comportarsi secondo buona fede e correttezza.

In rispetto a tale principio, “ove non siano previste, dalla legge o dai contratti collettivi di cui all’articolo 2, comma 1, lettera g), del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 25, diverse procedure di informazione e consultazione, il datore di lavoro, che occupa complessivamente più di quindici dipendenti, informa con comunicazione scritta, trasmessa anche tramite posta elettronica certificata, i soggetti sindacali di cui all’articolo 47, comma 1, della legge 29 dicembre 1990, n. 428, delle rilevanti determinazioni, assunte nel corso delle trattative della composizione negoziata e nella predisposizione del piano nell’ambito di uno strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza, che incidono sui rapporti di lavoro di una pluralità di lavoratori, anche solo per quanto riguarda l’organizzazione del lavoro o le modalità di svolgimento delle prestazioni. I soggetti sindacali, entro tre giorni dalla ricezione dell’informativa, possono chiedere all’imprenditore un incontro. La conseguente consultazione deve avere inizio entro cinque giorni dal ricevimento dell’istanza e, salvo diverso accordo tra i partecipanti, si intende esaurita decorsi dieci giorni dal suo inizio. La consultazione si svolge con vincolo di riservatezza rispetto alle informazioni qualificate come tali dal datore di lavoro o dai suoi rappresentanti nel legittimo interesse dell’impresa. In occasione della consultazione svolta nell’ambito della composizione negoziata è redatto, ai soli fini della determinazione del compenso dell’esperto di cui all’articolo 25-ter, comma 5, un sintetico rapporto sottoscritto dall’imprenditore e dall’esperto”.

Ecco che pertanto, i creditori e tutti i soggetti interessati alla regolazione della crisi e dell’insolvenza – quindi anche i lavoratori e chi li rappresenta “hanno il dovere di collaborare lealmente con il debitore, con l’esperto nella composizione negoziata e con gli organi nominati dall’autorità giudiziaria e amministrativa e di rispettare l’obbligo di riservatezza sulla situazione del debitore, sulle iniziative da questi assunte e sulle informazioni acquisite. Resta fermo quanto previsto dall’articolo 16, commi 5 e 6.”

Ecco allora che nel perimetro degli strumenti negoziali di gestione della crisi, la contrattazione collettiva svolge una funzione di prefigurazione degli approdi occupazionali e di messa in sicurezza del trasferimento d’azienda o di rami. Pur variando le etichette procedimentali, gli approdi pratici si sono consolidati in tre direttrici:

Q accordi cornice sottoscritti in consultazione ex articolo 47, Legge n. 428/1990, che definiscono termini e limitazioni di applicazione dell’articolo 2112 C.c. nelle fattispecie ammesse (es. concordato in continuità indiretta; accordi di ristrutturazione dei debiti non liquidatori; amministrazione straordinaria con prosecuzione);

Q armonizzazioni degli assetti retributivi e normativi all’ingresso presso il cessionario, salvaguardando la sostenibilità del piano e l’equilibrio intersoggettivo fra collettivi applicati;

Q deleghe a patti individuali in sede protetta (articolo 2113, ultimo comma, C.c.; artt. 410 ss. C.p.c.), specialmente per la gestione di uscite incentivate o rimodulazioni personalizzate, secondo prassi diffuse nelle vendite in crisi.

Seppur in assenza di una disciplina positiva espressamente riferita alla “composizione negoziata”, i principi qui richiamati derivano dal quadro articolo 47, Legge n. 428/1990 e dalle fattispecie concorsuali affini indicate nei nuovi commi 4-bis e 5, applicabili per analogia operativa ai percorsi negoziali stragiudiziali quando finalizzati alla conservazione del valore aziendale e dell’occupazione.

Licenziamenti collettivi nella liquidazione giudiziale

Nella liquidazione giudiziale (come già nel fallimento) sono frequenti operazioni di pre-assetto occupazionale volte a rendere “commerciabile” il complesso o il ramo (“ramo d’azienda pulito”), anche tramite licenziamenti collettivi ex Legge n. 223/1991 decisi dal curatore o dall’imprenditore prima della cessione.

Tale prassi, pur funzionale al realizzo, espone a rischi di contenzioso (ordini di reintegrazione in capo al cessionario; oneri risarcitori), se non correttamente incardinata in un percorso sindacale rispettoso di forma, tempi e causae degli esuberi e, soprattutto, se non coordinata con gli accordi ex articolo 47, Legge n. 428/1990.

Per mitigare i rischi risulta, pertanto, opportuno agire in un contesto di relazione industriale al fine di:

Q ricondurre l’operazione sotto un accordo sindacale che definisca criteri, tempi e misure sociali;

Q prevedere clausole di allocazione del “rischio reintegrazione/causa” tra procedura e cessionario;

Q utilizzare verbali individuali in sede protetta per consolidare gli esiti (esodi incentivati, rinunce/ transactiones lecite).

La giurisprudenza di merito ha documentato esiti differenti a seconda della tenuta del percorso e della cronologia tra taglio occupazionale e trasferimento, confermando la delicatezza dell’area.

Il trasferimento d’azienda nel CCII e le deroghe all’articolo 2112 C.c.

R La nuova mappa dell’articolo 47, Legge n. 428/1990

Q Comma 1-bis: nei casi di trasferimenti di aziende nell’ambito degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza e delle procedure di insolvenza, la comunicazione preventiva può essere effettuata anche solo da chi intenda proporre offerta di acquisto dell’azienda o proposta di concordato preventivo concorrente con quella dell’imprenditore; in tale ipotesi l’efficacia degli accordi di cui ai commi 4-bis e 5 può essere subordinata alla successiva attribuzione dell’azienda ai terzi offerenti o proponenti.

Q Comma 4-bis (scenari non liquidatori): nelle consultazioni sindacali, con finalità di salvaguardia occupazionale, si possono pattuire — anche con contratti collettivi ex articolo 51, D.Lgs. n. 81/2015 — termini e limitazioni dell’applicazione dell’articolo 2112 C.c. quanto alle condizioni di lavoro dei trasferiti.

Le ipotesi tipizzate sono:

¾ concordato preventivo in continuità indiretta (articolo 84, comma 2, CCII), con trasferimento successivo all’apertura;

¾ accordi di ristrutturazione dei debiti omologati non liquidatori

Q Comma 5 (scenari liquidatori): in liquidazione giudiziale, concordato liquidatorio o liquidazione coatta amministrativa, in assenza o cessazione della prosecuzione, i rapporti proseguono con il cessionario ma, nel corso delle consultazioni, possono stipularsi contratti collettivi in deroga ai commi 1, 3 e 4 dell’articolo 2112 C.c.

Q Comma 5-bis: nelle ipotesi previste di cui al comma 5, non si applica l’articolo 2112 C.c. e il TFR è immediatamente esigibile nei confronti del cedente dell’azienda. Il Fondo di garanzia interviene anche a favore dei lavoratori che passano senza soluzione di continuità alle dipendenze dell’acquirente; nei casi predetti, la data del trasferimento tiene luogo di quella della cessazione del rapporto di lavoro, anche ai fini dell’individuazione dei crediti di lavoro diversi dal trattamento di fine rapporto. I predetti crediti per trattamento di fine rapporto e per retribuzione relativa agli ultimi tre mesi del rapporto di lavoro sono corrisposti dal Fondo di Garanzia nella loro integrale misura, quale che sia la percentuale di soddisfazione stabilita in sede di concordato preventivo.

ESEMPIO

Q Comma 5-ter: se il trasferimento, infine, riguarda imprese ammesse all’amministrazione straordinaria trova applicazione la disciplina speciale di riferimento.

Resta salva la possibilità di accordi individuali (anche per esodi incentivati) in sedi protette.

TFR: in regime ordinario di trasferimento ex articolo 2112 C.c., il TFR maturato sino alla data del passaggio non viene liquidato e il cedente e il cessionario sono obbligati in solido per i crediti pregressi; nelle ipotesi regolate dal comma 5, invece, l’accordo collettivo può incidere sulla continuità del rapporto (deroga al comma 1) prevedendone sì la traslazione del rapporto di lavoro in capo al cessionario ma il TFR maturato sino alla data del “trasferimento” diviene esigibile e si insinua come credito concorsuale nel passivo della procedura, con conseguente estraneità del cessionario rispetto ai pregressi di TFR.

Inoltre, le deroghe all’articolo 2112 posso avere ad oggetto anche una “nuova anzianità” in capo al cessionario, salvo diverse pattuizioni legittime.

R Il criterio “liquidatorio” e la prosecuzione dell’attività

L’interpretazione più recente distingue tra continuità e liquidazione come parametri non incompatibili: una prosecuzione in esercizio può coesistere con la finalità liquidatoria quando strumentale al miglior realizzo del compendio, così da non precludere, in linea di principio, l’accesso alle deroghe previste.

Questo spiega perché il perimetro degli accordi sindacali idonei a modulare l’articolo 2112 C.c. non si esaurisce nelle ipotesi di “attività ferma”, ma include cessioni di going concern funzionali al realizzo concorsuale.

R Tecniche negoziali e prassi operative

Q Contratti-cornice: l’accordo collettivo individua platea, condizioni e modulazioni (inquadramento, anzianità convenzionale, istituti differiti), rinviando a verbali individuali per esodi e adattamenti.

Q Clausole di salvaguardia: patti su allocazione del rischio (reintegra, contenzioso pendente, passività pregresse), coordinati con il perimetro dell’articolo 47, commi 4-bis/5.

Q Armonizzazione contrattuale: passaggi tra CCNL diversi, gestiti con misure transitorie e stepdown concordati, nel rispetto dei limiti inderogabili.

R Divergenze giurisprudenziali e ricadute applicative

Le decisioni recenti evidenziano divergenze lungo tre direttrici principali:

1. natura liquidatoria vs. prosecuzione in esercizio: parte della giurisprudenza riconduce a finalità liquidatoria anche operazioni con prosecuzione temporanea (affitto/cessione in esercizio) quando funzionali al miglior realizzo; altra parte richiede indici più stringenti (es. cessazione o non ripresa dell’attività) per consentire l’accesso alle deroghe di cui all’articolo 47, comma 5, Legge n. 428/1990 in combinato con l’articolo 5, Direttiva 2001/23/CE;

2. tempistica e forma dell’intervento sindacale : si registrano letture che reputano necessario un accordo sindacale scritto e antecedente al contratto di cessione (o quantomeno contestuale e condizionato all’aggiudicazione/omologa) per legittimare limitazioni/ deroghe all’articolo 2112 C.c.; altre decisioni attribuiscono rilevanza anche a verbali di consultazione dettagliati, purché traccino in modo puntuale platea, condizioni e finalità occupazionali;

3. ambito oggettivo delle pattuizioni: sono emerse oscillazioni sull’estensione delle armonizzazioni ammissibili (inquadramenti, istituti differiti, premi variabili, welfare) e sulla misurazione della platea dei trasferiti, specie nelle cessioni “a caldo” di rami e nei casi di pre -assetto occupazionale antecedente la cessione.

Ne discende un requisito pratico di metodo: costruire il percorso negoziale a monte della cessione, con documentazione analitica di finalità, criteri e tutele, e con una gestione tempestiva delle misure individuali in coerenza con la cornice collettiva.

Conclusioni

Il baricentro regolativo delle crisi d’impresa, nel raccordo CCII/diritto del lavoro, si sposta sull’autonomia collettiva come strumento di regolazione delle transizioni: nei contesti non liquidatori, per modulare le condizioni di sbarco in capo al cessionario; nei contesti liquidatori, per calibrare deroghe ai pilastri dell’articolo 2112 C.c., fermo il passaggio dei rapporti, sempre con finalità di salvaguardia occupazionale. La tempestività (accordo ante cessione), la coerenza con la finalità concorsuale e la corretta canalizzazione di eventuali patti individuali sono determinanti per la tenuta dell’operazione e per la riduzione del contenzioso.

Tabella di sintesi (operativa)

Scenario / Procedura

Concordato in continuità indiretta con trasferimento successivo

Accordi di ristrutturazione non liquidatori

Amministrazione straordinaria con prosecuzione

Liquidazione giudiziale / concordato liquidatorio / LCA (senza prosecuzione o cessata)

Cessione in esercizio (going concern) in funzione del miglior realizzo

“Ramo d’azienda pulito” con Legge n. 223/1991 ante cessione

Norma di riferimento

Art. 47, co. 4-bis, lett. a), Legge n. 428/1990; art. 84, co. 2, CCII

Art. 47, co. 4-bis, lett. b), Legge n. 428/1990

Art. 47, co. 4-bis, lett. c), Legge n. 428/1990

Spazio per la contrattazione

Sì (consultazioni + CC collettivo ex art. 51, D.Lgs. 81/2015)

Oggetto lecito dell’accordo

Condizioni di lavoro dei trasferiti; armonizzazioni

Armonizzazioni, trattamenti transitori

Condizioni di lavoro; platee

Art. 47, co. 5, Legge n. 428/1990 Sì

Art. 5 Dir. 2001/23/CE; art. 47 Legge n. 428/1990 (lettura sistematica)

L. n. 223/1991; art. 47 Legge n. 428/1990; art. 2113 C.c.; artt. 410 ss. C.p.c.

Sì (in coerenza con natura liquidatoria)

Deroghe a commi 1, 3, 4 art. 2112

C.c.; accordi individuali in sede protetta

Limitazioni/condizioni nei limiti di legge

Sì (accordo sindacale + verbali individuali)

Gestione esuberi, esodi, armonizzazioni

Limiti/ condizioni

Non si deroga alla continuità del rapporto; finalità occupazionale

Giurisprudenza richiamata

Alert operativi

Orientamenti UE su art. 5 Dir. 2001/23/CE

Vietata deroga a commi 1, 3, 4 art. 2112 C.c.; solo condizioni –

Continuità del rapporto salvaguardata

Divergenze su natura liquidatoria/ continuità

Finalità occupazionale; consultazioni

Necessaria finalità liquidatoria e controllo dell’autorità

Rischio reintegra e oneri se percorso viziato

Distinzione continuità/liquidazione; coesistenza possibile in funzione del realizzo

Letture che ammettono coesistenza continuità/liquidazione

Esiti di merito differenziati in casi analoghi

Accordo ante cessione; coerenza con piano

Presidiare consultazioni e criteri

Mappare perimetro e tempistiche

Accordo antecedente; clausole di allocazione rischi

Motivare finalità; tracciare percorso

Clausole di rischio causa; tempistica corretta

C

CONGEDO PER CURE PER GLI INVALIDI

Fonte normativa e beneficiari

L’articolo 7, comma 1, D.Lgs. 18 luglio 2011, n. 119, prevede che: “Salvo quanto previsto dall’articolo 3, comma 42, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, e successive modificazioni, i lavoratori mutilati e invalidi civili cui sia stata riconosciuta una riduzione della capacità lavorativa superiore al cinquanta per cento possono fruire ogni anno, anche in maniera frazionata, di un congedo per cure per un periodo non superiore a trenta giorni.”

In base a tale disposizione, i lavoratori mutilati o invalidi civili ai quali sia stata riconosciuta una riduzione dell’attitudine lavorativa superiore al 50% possono usufruire, ogni anno, di un congedo straordinario non superiore a 30 giorni (anche frazionati),

Ai sensi dell’articolo 2, Legge 30 marzo 1971, n. 118:

“(...) si considerano mutilati ed invalidi civili i cittadini affetti da minorazioni congenite o acquisite, anche a carattere progressivo, compresi gli irregolari psichici per oligofrenie, di carattere organico o dismetabolico, insufficienze mentali derivanti da difetti sensoriali e funzionali della capacità lavorativa non inferiore a un terzo o, se minori di anni 18, che abbiano difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie della loro età.”

Il periodo di congedo è concesso per le cure connesse all’infermità invalidante riconosciuta.

I lavoratori mutilati e invalidi civili ai quali sia stata riconosciuta una riduzione dell’attitudine lavorativa superiore al 50%

Possono beneficiare di un congedo straordinario non superiore a 30 giorni per le cure connesse alla loro infermità

ATTENZIONE

Preme evidenziare che possono beneficiare del congedo annuale di 30 giorni non solo i lavoratori mutilati e invalidi civili, ma anche i lavoratori malati oncologici ai quali sia stata riconosciuta una riduzione della capacità lavorativa superiore al 50%.

Documentazione

Il congedo è concesso al lavoratore previa presentazione di apposita domanda da parte dell’interessato, accompagnata dalla richiesta del medico convenzionato con il Servizio sanitario nazionale o appartenente ad una struttura sanitaria pubblica dalla quale risulti la necessità della cura in relazione all’infermità

ATTENZIONE

Pur non essendo prevista la forma scritta, si consiglia di redigere la domanda per iscritto o, in alternativa, di inoltrarla via email, con adeguato preavviso al datore di lavoro.

Il dipendente deve presentare al datore di lavoro

Una domanda accompagnata dalla richiesta del medico convenzionato con il SSN o appartenente ad una struttura sanitaria pubblica

ATTENZIONE

Per il godimento del congedo, dunque, il diritto del lavoratore si perfeziona solo al verificarsi delle seguenti condizioni:

Q mutilazione o invalidità civile con riduzione della capacità lavorativa superiore al 50%;

Q autorizzazione della struttura pubblica competente (medico provinciale);

Q connessione della cura con l’invalidità riscontrata.

Il lavoratore deve rientrare nella categoria dei mutilati e invalidi civili, con riduzione della capacità lavorativa >50%

Il congedo è pari, al massimo, a 30 giorni all’anno (anche frazionati)

Condizioni di accesso al congedo

Fac-simile di richiesta

Il lavoratore deve presentare apposita domanda (in forma libera) al datore di lavoro, con relativa certificazione medica

La cura deve essere attinente all’infermità

Di seguito si ritiene utile proporre un fac-simile di richiesta da parte del lavoratore.

Spett.le ________________________________________

Alla c.a. di ________________________________________

OGGETTO: Richiesta di congedo per cure

Il/La sottoscritto/a _______________________ chiede di poter usufruire, ai sensi di quanto previsto dall’articolo 7, D.Lgs. n. 119/2011, di un periodo di congedo:

£ dal ______________ al _______________ (oppure)

£ dal ______________ al _______________ e dal ______________ al _______________ per l’esecuzione di cure connesse con lo stato di invalidità.

A tal fine si allega la documentazione prodotta dall’Autorità sanitaria competente attestante la necessità della cura in relazione all’infermità invalidante riconosciuta.

Luogo _______________________________, data ___________________

Il Lavoratore/La Lavoratrice

Dopo aver ricevuto la richiesta del lavoratore ed aver verificato il possesso dei requisiti di legge, il datore di lavoro è tenuto a concedere il congedo, eventualmente concordando con il dipendente la programmazione delle assenze in funzione dell’attività produttiva.

Si evidenzia, comunque, che il periodo di congedo deve essere scelto dal lavoratore in funzione delle sue effettive esigenze di cura.

Anche in questo caso, si ritiene opportuno che il datore di lavoro utilizzi la forma scritta per la concessione del congedo al lavoratore.

Trattamento economico e normativo

Il periodo di congedo:

£ è interamente retribuito dal datore di lavoro, con il trattamento previsto per le assenze di malattia dal CCNL applicato al rapporto di lavoro,

£ non rientra nel periodo di comporto previsto dal CCNL applicato e, pertanto, non può essere causa di superamento dello stesso determinando il licenziamento del lavoratore.

ATTENZIONE

Benché il congedo sia equiparato, dal punto di vista economico, alle assenze per malattia non è previsto alcun intervento previdenziale a carico dell’INPS. Infatti, come precisato dal Ministero del Lavoro in Risposta all’Interpello n. 10/2013, il recepimento, da parte del D.Lgs. n. 119/2011, dell’orientamento giurisprudenziale secondo il quale l’indennità per congedo per cure degli invalidi va calcolata secondo il regime economico delle assenze per malattia, fa riferimento alle sole modalità di calcolo dell’indennità, la quale è sostenuta esclusivamente dal datore di lavoro e non dall’INPS.

Congedo per mutilati o invalidi civili (riduzione >50%)

30 giorni all’anno (anche frazionati)

Retribuiti dal datore di lavoro secondo le regole della malattia (non rientrano nel comporto)

Il collegamento con il trattamento di malattia va pertanto limitato al solo “meccanismo” di calcolo dell’indennità, che rimane in ogni caso a carico del datore di lavoro.

A conferma di tale interpretazione si ricorda che l’articolo 23, Legge n. 183/2010, che ha delegato il Governo ad emanare il D.Lgs. n. 119/2011, aveva espresso l’esigenza di non gravare di ulteriori oneri il bilancio pubblico.

Preme evidenziare, infine, che il Ministero del Lavoro, in risposta al citato interpello, ha precisato che la fruizione frazionata del congedo può essere intesa, ai fini della corretta determinazione del relativo trattamento economico, come un solo episodio morboso di carattere continuativo, in quanto connesso alla medesima infermità invalidante riconosciuta.

Fruizione frazionata dei giorni di congedo

Per determinare il trattamento economico corrispondente si possono considerare le giornate di assenza come unico episodio morboso di carattere continuativo

Si fa presente, da ultimo, che, a differenza delle assenze per malattia, il datore di lavoro non può chiedere l’accertamento mediante visita di controllo, ma il lavoratore, ultimate le cure, è tenuto a documentare in maniera idonea l’avvenuta sottoposizione alle stesse o ai trattamenti terapeutici continuativi.

A giustificazione dell’assenza può essere prodotta anche un’attestazione cumulativa.

CCONTRATTO DI LAVORO INTERMITTENTE: CHECK LIST

di Alberto Bosco – Formatore ed esperto di diritto del lavoro di Alice Chinnici – Consulente del Lavoro in Perugia

Il contratto di lavoro intermittente - noto anche come lavoro a chiamata o job on call – così come disciplinato dagli articoli da 13 a 18 del Decreto Legislativo 15 giugno 2015, n. 81, ben si presta a gestire esigenze occupazionali saltuarie e/o di breve periodo. Tale istituto, nonostante sia assai diffuso (specialmente in taluni specifici settori), presenta non di rado alcune incertezze operative. Di seguito, alla luce anche delle ultime modifiche normative, di prassi e giurisprudenziali, facciamo il punto mediante una serie di domande: se le risposte sono tutte positive, è possibile procedere con una certa tranquillità.

A. Divieti

Si è tenuto conto del fatto che … SI NO

È vietato il ricorso al lavoro intermittente per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero (in quanto ciò renderebbe vano l’esercizio di un diritto previsto dalla Costituzione)? È vietato il ricorso al lavoro intermittente presso (le sole) unità produttive nelle quali si è proceduto, entro i 6 mesi precedenti, a licenziamenti collettivi a norma degli articoli 4 e 24 della Legge 23 luglio 1991, n. 223, che hanno riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro intermittente?

In relazione alla previsione di cui appena sopra, è quindi consentita la stipula di tale contratto se si tratta di altre unità produttive (ossia diverse da quelle che sono interessate dai licenziamenti); se sono trascorsi più di 6 mesi dai recessi collettivi e anche se le mansioni dei nuovi lavoratori sono differenti da quelle disimpegnate da parte dei dipendenti licenziati negli ultimi 6 mesi?

È vietato il ricorso al lavoro intermittente presso (le sole) unità produttive nelle quali sono operanti una sospensione del lavoro o una riduzione dell’orario in regime di cassa integrazione guadagni, che interessano lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro intermittente?

In relazione alla previsione di cui appena sopra, è quindi consentita la stipula di tale contratto se si tratta di altre unità produttive (ossia quelle non interessate dalle integrazioni salariali), e anche se le mansioni dei nuovi lavoratori sono differenti da quelle disimpegnate da parte dei dipendenti collocati in cassa integrazione nella medesima unità produttiva?

È vietato il ricorso al lavoro intermittente ai datori di lavoro che non hanno effettuato la valutazione dei rischi in applicazione della normativa di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori?

In relazione alla previsione di cui appena sopra, si è conoscenza di quanto precisato dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro (cfr. Nota 21 dicembre 2020, Protocollo n. 1148), secondo cui, laddove i rischi connessi alle specifiche mansioni a cui i lavoratori intermittenti sono adibiti risultano individuati, valutati e classificati, insieme alle relative misure di prevenzione e protezione e l’esposizione a fattori potenzialmente dannosi non è in alcun modo correlata alla peculiare tipologia contrattuale attraverso cui viene resa la prestazione di lavoro a chiamata, neanche sotto il profilo formativo, il DVR non potrà ritenersi incompleto solo in quanto privo di un dato formale quale la specifica sezione dedicata ai lavoratori intermittenti?

Ancora con riguardo al caso dell’omessa (totale) valutazione dei rischi, si è conoscenza dell’orientamento espresso dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro (cfr. Lettera Circolare 15 marzo 2018, n. 49), a mente del quale:

a) l’assenza della valutazione del rischio comporta un vizio del contratto, senza che possa rilevare la mancanza di una sanzione espressa;

b) in caso di stipula del contratto intermittente, in assenza della valutazione dei rischi, si ha la conversione nella forma comune di contratto subordinato a tempo indeterminato ai sensi dell’articolo 1 del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81;

c) la conversione dei rapporti intermittenti in rapporti ordinari non può confliggere con il principio di effettività delle prestazioni secondo cui i trattamenti, retributivo e contributivo, dovranno essere corrisposti in base al lavoro realmente effettuato sino al momento della conversione;

d) alla violazione della norma imperativa di cui all’articolo 14, comma 1, lettera c) consegue la trasformazione in un rapporto subordinato a tempo indeterminato che normalmente, in ragione del principio di effettività delle prestazioni, potrà essere a tempo parziale?

Si è tenuto conto del fatto che …

In generale, e al netto di singole pronunce giurisprudenziali ovvero di specifiche indicazioni amministrative, la violazione di tutti i divieti sopra elencati – a differenza di quanto avviene con riguardo al contratto di lavoro subordinato a tempo determinato o a quello di somministrazione di lavoro – non è espressamente sanzionata dalla norma?

È stato ritenuto costituzionalmente legittimo (Corte Costituzionale 24 novembre 2022, n. 234) il divieto di cumulo tra reddito da lavoro dipendente (incluso quello ottenuto con un contratto di lavoro intermittente) e pensione con il metodo “Quota 100”?

B. Nozione e casi consentiti

Si è tenuto conto del fatto che …

Il contratto di lavoro intermittente è il contratto, anche a tempo determinato, mediante il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione lavorativa in modo discontinuo o intermittente?

Come precisato anche dal Ministero del Lavoro (cfr. Circolare 3 febbraio 2005, n. 4), nulla impedisce al lavoratore di stipulare più contratti di lavoro intermittente con datori di lavoro differenti?

Se il contratto in esame è “a tempo determinato” non si applica la speciale disciplina relativa al contratto a termine di cui agli articoli da 19 a 29 del Decreto Legislativo 15 giugno 2015, n. 81?

La prestazione può essere considerata discontinua anche nel caso in cui sia resa, in forza di un contratto intermittente (a tempo determinato o indeterminato), per periodi di durata significativa: tali periodi, per potersi considerare “discontinui o intermittenti”, devono essere intervallati da una o più interruzioni, così che non vi sia un’esatta coincidenza tra la “durata del contratto” e la “durata della prestazione” (Ministero del Lavoro, Circolare 1° agosto 2012, n. 20; Ministero del Lavoro, Lettera Circolare 22 aprile 2013 - Protocollo n. 37/0007258)?

Ove il rapporto presenti esigui intervalli temporali tra una prestazione (anche di rilevante durata) e l’altra, ad avviso del Ministero del Lavoro (Lettera Circolare 22 aprile 2013), resta ferma la genuinità del contratto intermittente in quanto:

a) la norma non declina in alcun modo la nozione di discontinuità e di intermittenza, con conseguente possibilità di stipulare tale contratto, in presenza delle causali di carattere oggettivo o soggettivo, anche laddove la prestazione sia resa per periodi di durata significativa;

b) è la non esatta coincidenza tra durata della prestazione svolta e durata del contratto a essere fondamentale, onde individuare i presupposti della discontinuità o intermittenza?

A parere del Ministero del Lavoro (Lettera Circolare 22 aprile 2013), in relazione all’ipotesi, dopo un primo contratto a termine, di assunzione dello stesso lavoratore con contratto intermittente, senza rispettare il c.d. stop and go, anche se da un punto di vista letterale non risulta una preclusione in tal senso, la condotta, potrebbe integrare la violazione di una norma imperativa (art. 1344 Cod. civ.) e - trattandosi di un contratto stipulato in frode alla legge - con conseguente sua nullità e trasformazione in rapporto subordinato a tempo indeterminato?

Il contratto di lavoro intermittente, in prima battura, può essere stipulato secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi, anche con riferimento alla possibilità di svolgere le prestazioni in periodi predeterminati nell’arco della settimana, del mese o dell’anno?

L’individuazione da parte del contratto collettivo di periodi predeterminati in forza dei quali è possibile attivare i rapporti di lavoro intermittenti deve necessariamente riferirsi a un periodo predeterminato all’interno del contenitore/anno; ne consegue che:

a) non è possibile prevedere che il periodo predeterminato sia riferito all’intero anno, ma occorre una precisa declinazione temporale;

b) nel caso di stipulazione di contratto intermittente in virtù di una previsione dei contratti collettivi che individuino periodi predeterminati riferiti all’intero anno, esso va considerato quale contratto subordinato a tempo indeterminato (Ministero del Lavoro, Lettera Circolare 22 aprile 2013 - Prot. n. 37/0007258)?

Il contratto collettivo che disciplina il lavoro intermittente può essere sia quello nazionale che quello di secondo livello (ossia territoriale o aziendale)?

SI NO

SI NO

Si è tenuto conto del fatto che …

Il contratto collettivo, mentre può intervenire a disciplinare il lavoro a chiamata, invece non può vietarne l’utilizzo; ciò in base alle indicazioni fornite dalla Suprema Corte (Cass. 13 novembre 2019, n. 29423), e dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL, Circolare 8 febbraio 2021, n. 1)?

In mancanza di contratto collettivo, i casi di utilizzo del lavoro intermittente sono individuati con decreto del Ministro del lavoro?

Alla luce delle indicazioni fornite dal Ministero del Lavoro (cfr. Nota 21 marzo 2016, n. 10) poiché il decreto ministeriale non è ancora stato emanato, in via provvisoria continuano ad applicarsi le ipotesi previste nella tabella allegata al regio Decreto 6 dicembre 1923, n. 2657?

L’intero Regio Decreto 6 dicembre 1923, n. 2657, è stato abrogato, con decorrenza dal 9 maggio 2025, dall’articolo 1, comma 1, Allegato D, n. 524, della Legge 7 aprile 2025, n. 56?

Tuttavia, ad avviso dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro (cfr. la Nota 11 luglio 2025, n. 1180), e del Ministero del Lavoro (cfr. la Circolare 27 agosto 2025, n. 15), l’abrogazione del R.D. del 1923 da parte della Legge n. 56/2025 non ha inciso sulla attuale disciplina del lavoro intermittente, poiché il rinvio operato dal D.M. 23 ottobre 2004 “alle tipologie di attività indicate nella tabella allegata al Regio Decreto 6 dicembre 1923, n. 2657” è da considerarsi quale rinvio meramente materiale?

In ogni caso, in base all’articolo 13, comma 2, il contratto di lavoro intermittente può sempre essere concluso con soggetti con meno di 24 anni di età (purché le prestazioni lavorative siano svolte entro il 25° anno), e con più di 55 anni?

Ad avviso della Suprema Corte (Cass. 24 luglio 2023, n. 22086), tale ultima ipotesi - che fa riferimento esclusivamente al requisito anagrafico (cioè soggettivo) – non richiede anche che si tratti di una prestazione “discontinua”, anche in relazione alla previsione secondo cui tale contratto può essere concluso “in ogni caso”?

Sempre secondo la Suprema Corte (Cass. ord. 8 gennaio 2024, n. 626), la stipula di un contratto di lavoro intermittente in violazione del limite soggettivo di età del lavoratore non ne comporta la conversione a tempo indeterminato ma solo il diritto del prestatore alla retribuzione per i periodi lavorati, e alla corrispondente contribuzione a favore dell’INPS (Cass. ord. 8 gennaio 2024, n. 626)?

L’espressione “Personale addetto ai trasporti di persone e di merci”, di cui alla voce n. 8 della tabella allegata al R.D. 6 dicembre 1923, n. 2657 (come previsto dall’articolo 36-bis del D.L. 4 maggio 2023, n. 48, inserito dalla Legge di conversione 3 luglio 2023, n. 85), si interpreta nel senso che vi rientrano i dipendenti degli esercenti impianti di trasporto a fune che svolgono queste mansioni: addetti alla sorveglianza; meccanici ed elettricisti specializzati; preparatori di piste con mezzo meccanico (battipista) o manuale; addetti alla gestione di operazioni di innevamento programmato; conduttori di cabina; agenti abilitati di pedana e di impianto ad ammorsamento automatico; personale addetto alle casse, ai rapporti con la clientela e/o al soccorso; guardapiste; posteggiatori; spalatori di neve; addetti a mansioni di custodia, vigilanza e altri servizi di manovalanza?

Per la pubblica amministrazione – in virtù dell’espressa previsione di cui all’articolo 13, comma 5, D.Lgs. n. 81/2015 – tutto quanto qui esposto non si applica?

C. Limite di impiego del singolo lavoratore

SI NO

Si è tenuto conto del fatto che … SI NO

Se il contratto di lavoro intermittente riguarda prestazioni da svolgersi nei settori del turismo, dei pubblici esercizi e dello spettacolo, non è previsto alcun limite di impiego per quanto concerne il singolo lavoratore?

Al di fuori dei settori turismo, pubblici esercizi e spettacolo, invece, il contratto di lavoro intermittente è ammesso, per ogni lavoratore con il medesimo datore di lavoro, per un periodo complessivamente non superiore a 400 giornate di effettivo lavoro nell’arco di 3 anni solari?

Se tale limite viene superato, il contratto si trasforma in un rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato?

D. Forma e contenuto del contratto

Si è tenuto conto del fatto che …

Per espressa previsione normativa (art. 15, co. 1), il contratto di lavoro intermittente deve sempre essere stipulato in forma scritta ai fini della prova?

Quanto ai contenuti – dopo le modifiche introdotte, dal 13 agosto 2023, dal D.Lgs. n. 104/2022 –il contratto scritto deve contenere tutti questi elementi:

a) natura variabile della programmazione del lavoro, durata e ipotesi, oggettive o soggettive, che consentono la stipulazione del contratto a norma dell’articolo 13;

b) luogo e modalità della disponibilità eventualmente garantita dal lavoratore;

c) trattamento economico e normativo spettante al lavoratore per la prestazione eseguita, indicando l’ammontare delle eventuali ore retribuite garantite al lavoratore e la retribuzione dovuta per il lavoro prestato in aggiunta alle ore garantite nonché la relativa indennità di disponibilità, ove prevista;

d) forme e modalità con cui il datore è legittimato a richiedere l’esecuzione della prestazione e del relativo preavviso di chiamata, nonché le modalità di rilevazione della prestazione;

e) tempi e modalità di pagamento della retribuzione e dell’indennità di disponibilità;

f) misure di sicurezza necessarie in relazione al tipo di attività dedotta in contratto;

g) eventuali fasce orarie e giorni predeterminati in cui il lavoratore è tenuto a svolgere le prestazioni lavorative?

D. Indennità di disponibilità

SI NO

Si è tenuto conto del fatto che … SI NO

Se è prevista la disponibilità del lavoratore a rispondere alla chiamata del datore, il contratto scritto deve contenere – tra gli altri elementi – anche:

a) la misura dell’indennità di disponibilità;

b) i tempi e le modalità di pagamento di tale indennità?

La misura dell’indennità mensile di disponibilità, divisibile in quote orarie, è determinata dai contratti collettivi e non è comunque inferiore all’importo fissato con decreto del Ministro del lavoro, sentite le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale?

L’indennità di disponibilità è esclusa dal computo di ogni istituto di legge o di contratto collettivo?

L’indennità di disponibilità è assoggettata a contribuzione previdenziale per il suo effettivo ammontare, in deroga alla normativa in materia di minimale contributivo?

In caso di malattia o di altro evento che gli renda temporaneamente impossibile rispondere alla chiamata, il lavoratore deve informarne tempestivamente il datore, specificando la durata dell’impedimento, durante il quale non matura il diritto all’indennità di disponibilità?

Circa l’ipotesi di cui appena sopra, se il lavoratore non informa tempestivamente il datore (specificando la durata dell’impedimento), perde il diritto all’indennità per un periodo di 15 giorni, salvo diversa previsione del contratto individuale?

Il rifiuto ingiustificato di rispondere alla chiamata può costituire motivo di licenziamento e comportare la restituzione della quota di indennità di disponibilità riferita al periodo successivo al rifiuto?

F. Comunicazioni

Si è tenuto conto del fatto che … SI NO

Prima dell’inizio della prestazione o di un ciclo integrato di prestazioni di durata fino a 30 giorni, il datore deve comunicarne la durata all’ITL competente per territorio?

Si è tenuto conto del fatto che … SI NO

La comunicazione non sostituisce in alcun modo la comunicazione preventiva di assunzione, effettuata secondo quanto previsto dal Decreto Ministeriale 30 ottobre 2007, ma costituisce un ulteriore adempimento?

La comunicazione, anche se effettuata lo stesso giorno in cui viene resa la prestazione, deve intervenire prima del suo inizio?

La comunicazione può essere inoltrata esclusivamente:

a) via e-mail, dopo aver scaricato il Modello UNI_Intermittenti, all’indirizzo PEC intermittenti@ pec.lavoro.gov.it;

b) tramite servizio informatico disponibile su www.cliclavoro.gov.it;

c) con un SMS contenente almeno il codice fiscale del lavoratore

d) tramite FAX all’ITL ma solo in caso di malfunzionamento dei sistemi informatici;

e) con l’apposita APP Lavoro intermittente?

Per quanto concerne l’invio del modello all’indirizzo di posta elettronica certificata non è necessario che l’indirizzo e-mail del mittente sia una PEC, poiché la casella è abilitata a ricevere comunicazioni anche da indirizzi di posta non certificata?

La modalità di invio tramite SMS è possibile esclusivamente in caso di prestazione da rendersi non oltre le 12 ore dalla comunicazione?

L’invio con SMS può essere utilizzato solo dalle aziende registrate e abilitate a tale contratto e che l’SMS deve contenere almeno il codice fiscale del lavoratore?

La comunicazione può essere modificata o annullata con successiva comunicazione di rettifica da inviare prima dell’inizio della prestazione o, se il lavoratore non si presenta, entro le 48 ore successive al giorno in cui la prestazione doveva essere resa?

Se non vengono comunicate modifiche, la prestazione si ha per effettivamente resa, con conseguente sussistenza degli obblighi retributivi e contributivi?

In caso di malfunzionamento del servizio informatico, i soggetti abilitati possano adempiere agli obblighi inviando il Modello “UNI-intermittente” al numero di fax della sede competente dell’ITL?

In relazione alla previsione di cui appena sopra, il datore deve conservare la copia del fax insieme alla ricevuta di malfunzionamento rilasciata direttamente dal servizio informatico?

L’obbligo del datore di comunicare la chiamata del lavoratore intermittente prima dell’inizio della prestazione non può più essere assolto, nel settore dello spettacolo, richiedendo il certificato di agibilità (Min. Lav. Circolare 12 febbraio 2020)?

In relazione alla previsione di cui appena sopra, la comunicazione andrà quindi effettuata secondo le modalità di trasmissione previste per la generalità dei datori?

In caso di violazione degli obblighi di cui sopra si applica la sanzione amministrativa da 400 a 2.400 euro, per ogni lavoratore per cui è stata omessa la comunicazione?

In relazione alla sanzione di cui sopra non si applica la procedura di diffida ex articolo 13, D.Lgs. 23 aprile 2004, n. 124?

La sanzione trova applicazione con riferimento a ogni lavoratore e non invece per ogni giornata di lavoro per la quale risulti inadempiuto l’obbligo comunicazionale: in sostanza, per ogni ciclo di 30 giornate che individuano la “condotta” del trasgressore, trova applicazione una sola sanzione per ciascun lavoratore (Ministero del Lavoro, Circolare 22 aprile 2013)?

Per quanto concerne la compilazione del flusso UniEmens, si è tenuto conto delle indicazioni che sono state fornite dall’INPS con il Messaggio 18 aprile 2025, n. 1322?

G. Altre disposizioni

Si è tenuto conto del fatto che …

Nei periodi in cui non ne viene utilizzata la prestazione, il lavoratore intermittente non matura alcun trattamento economico e normativo, salvo che abbia garantito al datore la sua disponibilità a rispondere alle chiamate, nel qual caso gli spetta l’indennità di disponibilità?

Fatte salve le previsioni più favorevoli dei contratti collettivi (nazionali, territoriali o aziendali), il datore deve informare con cadenza annuale le rappresentanze sindacali aziendali o la rappresentanza sindacale unitaria sull’andamento del ricorso al contratto di lavoro intermittente?

Con decreto del Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, è stabilita la misura della retribuzione convenzionale in riferimento alla quale il lavoratore intermittente può versare la differenza contributiva per i periodi in cui ha percepito una retribuzione inferiore a quella convenzionale o ha usufruito dell’indennità di disponibilità fino a concorrenza del medesimo importo?

Il lavoratore intermittente non deve ricevere, per i periodi lavorati e a parità di mansioni svolte, un trattamento economico e normativo complessivamente meno favorevole rispetto al lavoratore di pari livello?

Il trattamento economico, normativo e previdenziale del lavoratore intermittente, è riproporzionato in ragione della prestazione lavorativa effettivamente eseguita, in particolare per quanto riguarda l’importo della retribuzione globale e delle sue singole componenti, nonché delle ferie e dei trattamenti per malattia e infortunio, congedo di maternità e parentale?

Ai fini dell’applicazione di qualsiasi disciplina di fonte legale o contrattuale per la quale sia rilevante il computo dei dipendenti del datore di lavoro, il dipendente intermittente è computato nell’organico dell’impresa in proporzione all’orario di lavoro effettivamente svolto nell’arco di ciascun semestre?

SI NO

I

IL LICENZIAMENTO “NULLO”

In ragione del particolare disvalore che implicano sulla persona del lavoratore, l’ordinamento giuslavoristico tutela in maniera più forte ed incisiva quei licenziamenti affetti da “nullità”. Diviene allora di particolare importanza per l’interprete saper districarsi tra i vari vizi del licenziamento in modo da coglierne gli aspetti e valorizzarne il contenuto.

Le ipotesi di nullità

Indicazioni si traggono, anzitutto, dall’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, nel quale il legislatore richiama espressamente alcune specifiche ipotesi di nullità: il licenziamento discriminatorio ai sensi dell’articolo 3, Legge n. 108 del 1990 (ragioni politiche, sindacali, religiose o legate alla razza, alla lingua, al sesso, ad handicap, all’età, all’orientamento sessuale o alle convinzioni personali); il licenziamento intimato in concomitanza con il matrimonio (ai sensi dell’articolo 35, commi 2 e 3, D.Lgs. n. 198 del 2006) o durante il periodo in cui è vietato il licenziamento della lavoratrice madre e del lavoratore padre (articolo 54, commi 1, 6, 7 e 9, D.Lgs. n. 151 del 2001).

Il licenziamento è, altresì, nullo quando sia determinato da un motivo illecito (articolo 1345 C.c., applicabile, ai sensi dell’articolo 1324, anche agli unilaterali), come nel caso del licenziamento c.d. ritorsivo. È bene avere presente, al riguardo, che il rapporto di lavoro, come qualsiasi relazione tra persone, può dare vita alle più eterogenee situazioni di divergenze di opinioni e contrasti di sentimenti, cosicché non ogni licenziamento che segua temporalmente ad una situazione conflittuale tra datore di lavoro e lavoratore può, di per sé, essere considerato ritorsivo ed illecito. In linea di principio, dunque, la giurisprudenza ritiene che la ritorsività è configurabile quando il licenziamento costituisce la reazione alla rivendicazione da parte del lavoratore di propri diritti (come nel caso di impugnazione di un trasferimento o di un demansionamento). In talune ipotesi è la legge stessa a considerare ritorsivo il licenziamento, prevedendone la nullità; così è nel caso di licenziamento conseguente all’esercizio da parte del lavoratore dei diritti di informazione e degli altri diritti previsti dal D.Lgs. n. 104 del 2022 e del licenziamento conseguente alla “segnalazione”, alla “divulgazione pubblica” o alla “denuncia all’autorità giudiziaria o contabile” di violazioni di leggi, nazionali o europee, che ledono l’interesse pubblico o l’integrità dell’amministrazione pubblica o dell’ente privato, ai sensi degli articoli 17 e 19 del D.Lgs. n. 24 del 2023.

Con opportuna formula di chiusura, il richiamato articolo 18 fa riferimento anche “ad altri casi di nullità previsti dalla legge” e prescrive la nullità del licenziamento “indipendentemente dal motivo formalmente addotto”; è, in effetti, improbabile che il datore di lavoro, nel motivare il licenziamento, faccia esplicito riferimento a ragioni discriminatorie o riconducibili ad altre ipotesi di nullità.

Il D.Lgs. n. 23 del 2015, applicabile ai lavoratori assunti dopo il 7 marzo 2015, utilizza una tecnica ed espressioni diverse da quelle dell’articolo 18 sopra richiamato, riferendosi al licenziamento discriminatorio a norma dell’articolo 15, Legge 20 maggio 1970, n. 300 (sindacale, politica, religiosa, razziale, di lingua o di sesso, di handicap, di età, di nazionalità o basata sull’orientamento sessuale o sulle convinzioni personali) e “agli altri casi di nullità espressamente previsti dalla legge” (articolo 2).

Con l’utilizzo dell’avverbio “espressamente”, il legislatore ha voluto limitare la configurabilità della nullità del licenziamento escludendo il caso delle c.d. nullità virtuali e cioè il caso in cui il motivo di nullità fosse ricavabile soltanto in via indiretta (come pure prevede l’articolo 1418, comma 1, C.c.). Tuttavia, la Corte Costituzionale ha accolto la questione di legittimità che al riguardo era stata sollevata (cfr. Cassazione 7 aprile 2023, n. 83), affermando che la legge delega (articolo 1, comma 7, Legge n. 183 del 2014) non consentiva al legislatore delegato di escludere tra le ipotesi di nullità ex articolo 2, D.Lgs. n. 23 del 2015, la nullità c.d. “virtuale”, ossia le ipotesi di violazione di una norma imperativa che non contenga in modo espresso la sanzione della nullità (cfr. Corte Costituzionale n. 22 del 2024).

E tra le ipotesi in cui manca un’espressa previsione della nullità, la Corte Costituzionale richiama quelle del licenziamento in periodo di comporto per malattia (in violazione dell’articolo 2110 C.c.); del licen-

DIRITTO

ziamento per motivo illecito ex articolo 1345 C.c., quale quello ritorsivo del dipendente (il cosiddetto whistleblower), che segnala illeciti commessi dal datore di lavoro (articolo 2, comma 2-quater, Legge 30 novembre 2017, n. 179); del licenziamento intimato in violazione del “blocco” dei licenziamenti economici durante il periodo emergenziale, disposto dall’articolo 46 del Decreto Legge 17 marzo 2020, n. 18; del licenziamento intimato in contrasto con l’articolo 4, comma 1, Legge 12 giugno 1990, n. 146 (Norme sull’esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali); del licenziamento in violazione del diritto alla conservazione del posto di cui all’articolo 124, comma 1, D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti).

Le tutele

Come premesso, nell’ambito della disciplina dei licenziamenti, la tutela più forte ed incisiva è riservata ai casi in cui il giudice dichiari la nullità del licenziamento, e ciò “quale che sia il numero dei dipendenti occupati dal datore di lavoro”.

Al riguardo, ancora una volta, le fonti di disciplina divergono a seconda della “qualità” del lavoratore interessato, vale a dire se assunto precedentemente o successivamente al 7 marzo 2015, data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 23 del 2015.

Articolo 18, commi 1-3, Statuto dei Lavoratori

Per i “vecchi assunti” l’articolo 18, comma 1, Legge n. 300 del 1970 dispone, per le ipotesi di nullità richiamate e per gli “altri casi di nullità previsti dalla legge”, la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro.

L’ordine di reintegrazione comporta la persistenza giuridica del rapporto di lavoro e, quindi, l’inidoneità del licenziamento nullo a produrre l’effetto estintivo. Il fatto che la reintegrazione debba avvenire “nel posto di lavoro” (articolo 18, comma 1) implica che il lavoratore deve essere riassegnato alle stesse mansioni e nello stesso luogo in cui era occupato all’atto del licenziamento, salvo il caso di impossibilità assoluta (ad esempio, a seguito della chiusura dell’unità produttiva).

Per adempiere all’ordine di reintegrazione, il datore di lavoro deve invitare il lavoratore a riprendere servizio, oltreché impartirgli le istruzioni necessarie per l’effettivo ripristino dell’attività lavorativa. Nel caso in cui il lavoratore non riprenda servizio entro 30 giorni dall’invito rivoltogli dal datore di lavoro, il rapporto di lavoro si intende risolto.

Può accadere che il datore di lavoro non adempia spontaneamente all’ordine di reintegrazione (confidando, ad esempio, che tale ordine possa essere riformato o cassato nei successivi gradi, o fasi, del giudizio di impugnazione del licenziamento). In questa ipotesi, la giurisprudenza maggioritaria ritiene che il lavoratore non possa chiedere l’esecuzione coattiva dell’ordine di reintegrazione (ai sensi degli articoli 2931 ss. C.c. e degli articoli 612 e ss. C.c.), poiché questa è incoercibile e presuppone una attività di cooperazione da parte del datore di lavoro che è infungibile (cfr. Cassazione 18 giugno 2012, n. 9965). Anche in mancanza di effettivo reinserimento in servizio, il rapporto di lavoro risulta, comunque, giuridicamente in essere e, quindi, il lavoratore ha diritto di percepire il risarcimento del danno per le retribuzioni perse fino al momento in cui il datore di lavoro non provveda all’effettiva reintegrazione (o fino al momento in cui non sopravvenga una valida causa di cessazione del rapporto di lavoro).

Unitamente alla reintegra, per i casi di licenziamento nullo è stabilito il diritto del lavoratore al risarcimento integrale del danno, senza cioè predeterminazione di un limite massimo.

In particolare, ai sensi del terzo comma dell’articolo 18, il risarcimento è determinato in una indennità commisurata alla retribuzione che sarebbe spettata al lavoratore per l’intero periodo intercorrente dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione, nonché al versamento per il medesimo periodo dei contributi previdenziali ed assistenziali.

A tal fine, è fatto riferimento all’”ultima retribuzione globale di fatto” percepita dal lavoratore prima del licenziamento.

Dal risarcimento è detratto quanto percepito nel frattempo per lo svolgimento di altre attività lavorative (c.d. aliunde perceptum). Ma, per sanzionare la gravità dell’atto del datore di lavoro, la legge stabilisce che la misura minima di risarcimento, in ogni caso, non può essere inferiore a 5 mensilità di retribuzione.

Nonostante l’esplicita qualificazione risarcitoria, il lavoratore è esonerato dall’onere di provare l’esistenza del danno, che è presunto e commisurato alle retribuzioni perse nel periodo di estromissione

dal lavoro, salva la prova contraria dell’avvenuta percezione di altri redditi per effetto di attività lavorative svolte nel predetto periodo di estromissione.

Anche per il periodo intercorrente tra l’ordine di reintegra e l’effettiva reintegrazione, ciò che è dovuto al lavoratore non sono le retribuzioni, ma il risarcimento del danno commisurato alle retribuzioni. Danno che è dovuto dal datore di lavoro, perché egli non adempiendo all’ordine giudiziale versa in una situazione di mora credendi (articolo 1205 ss. C.c.). Pertanto, l’indennità prevista dalla legge ha anche una funzione di indiretta coazione dell’adempimento del datore di lavoro all’ordine di reintegra e, allo stesso tempo, di sanzione all’eventuale inottemperanza di tale ordine.

Nel caso in cui l’ordine di reintegra venga successivamente riformato, il datore di lavoro ha diritto di richiedere la restituzione di tutte le somme versate al lavoratore a titolo di risarcimento del danno. Invece, nell’ipotesi in cui abbia ottemperato all’ordine di reintegra ed abbia effettivamente fatto riprendere servizio al lavoratore, il datore di lavoro non può richiedere la restituzione delle retribuzioni corrisposte nel periodo intercorrente tra il giorno della ripresa dal servizio e quello della interruzione della prestazione di lavoro conseguente alla riforma dell’ordine di reintegrazione, in quanto, in tale ipotesi, le somme erogate dal datore di lavoro costituiscono retribuzione (e non risarcimento del danno), essendo il corrispettivo dovuto per la prestazione di lavoro effettivamente resa.

Fermo restando il diritto al risarcimento, il lavoratore può scegliere di chiedere al datore di lavoro, in sostituzione della reintegrazione, un’indennità (non assoggettata a contribuzione previdenziale) pari a 15 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto. La richiesta di tale indennità deve essere effettuata entro 30 giorni dalla comunicazione del deposito della sentenza che ha ordinato la reintegrazione, o dall’invito del datore di lavoro a riprendere servizio, se anteriore alla predetta comunicazione (articolo 18, comma 3).

La facoltà di scegliere tra la ricostituzione del rapporto di lavoro e l’indennità sostitutiva rafforza la posizione del lavoratore, che può così conseguire un vantaggio economico dall’ordine di reintegrazione anche nell’ipotesi in cui egli non intenda riprendere effettivamente servizio (ad esempio, per aver nel frattempo reperito una nuova occupazione).

Recependo il più recente orientamento giurisprudenziale, il legislatore precisa che la “richiesta” del lavoratore relativa all’indennità sostitutiva determina di per sé la risoluzione del rapporto di lavoro, essendo irrilevante l’eventuale ritardo nel relativo pagamento da parte del datore di lavoro.

La riforma dell’ordine di reintegrazione comporta l’obbligo di restituzione dell’indennità sostitutiva, allo stesso modo delle somme corrisposte al lavoratore a titolo di risarcimento del danno.

Articolo 2, comma 1, D.Lgs. n. 23 del 2015

Per i “nuovi assunti” la tutela prevista per le ipotesi di licenziamento nullo è sostanzialmente identica a quella prevista per i “vecchi assunti”. È, cioè, previsto che, in tali ipotesi, il giudice ordina la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, “indipendentemente dal motivo formalmente addotto”, e condanna il datore di lavoro al risarcimento del danno in misura “piena” (articolo 2, comma 1, D.Lgs. n. 23 del 2015).

Ai fini del calcolo del risarcimento del danno, l’indennità stabilita dal giudice è: “commisurata all’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto corrispondente al periodo dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione”.

Resta fermo che dall’ammontare dell’indennità risarcitoria deve essere dedotto il c.d. aliunde perceptum, e che, in ogni caso, la misura del risarcimento non può essere inferiore a 5 mensilità dell’ultima retribuzione.

Infine, anche la nuova disciplina prevede:

a) l’obbligo del datore di lavoro di versare i contributi previdenziali e assistenziali dovuti per l’intero periodo di estromissione del lavoratore (articolo 2, comma 2);

b) la risoluzione del rapporto di lavoro ove il lavoratore non riprenda servizio entro 30 giorni dall’invito del datore di lavoro;

c) la facoltà del lavoratore di richiedere, in luogo della reintegrazione, il pagamento di un’indennità pari a 15 mensilità di retribuzione (articolo 2, commi 1 e 3).

DIRITTO DEL LAVORO

C

CRITICHE DEL LAVORATORE DIPENDENTE AL DATORE DI LAVORO O A SUPERIORI.

WHISTLEBLOWING E LICENZIAMENTO

di Roberto Santoro - Magistrato del lavoro

Recente sentenza della Cassazione1 ha ritenuto che l’esercizio del diritto di critica verso il datore di lavoro è legittimo se il dipendente - anche sollecitando l’attivazione del potere gerarchico ed organizzativo datoriale al fine di evitare conflittualità tra le diverse realtà operanti nei luoghi di lavoro - si limita a difendere la propria posizione soggettiva senza travalicare, con dolo o colpa grave, il limite della verità oggettiva, ricorrendo a modalità e termini tali da non ledere gratuitamente il decoro del datore o del superiore gerarchico e non determinare pregiudizi per l’impresa. La sentenza offre lo spunto per soffermarsi in generale sull’interessante argomento esaminato ed oggetto di frequente contenziosospesso con esiti diversi nei vari gradi del procedimento - a dimostrazione di soluzioni giudiziarie contrastanti, ma giustificate dai concetti generali cui fare riferimento sull’argomento.

Un dipendente con lettera del 2 dicembre 2021 è licenziato per le espressioni, reputate di rilievo disciplinare, contenute nella corrispondenza mail intercorsa fra di lui e l’Amministratore Delegato della società datrice di lavoro.

Con riguardo al fatto, la Corte di Appello, con la sentenza oggetto di ricorso in Cassazione lo ritiene sussistente in base alla circostanza che lo stesso ricorrente non l’avrebbe contestato, per aver invocato esclusivamente (n.d.a., probabilmente in via subordinata) l’applicazione di una sanzione conservativa. In proposito riferisce che, nel novembre 2021, tra il dipendente licenziato e l’A.D. si fosse realizzato uno scambio di comunicazioni mail vertente sulle modalità di partecipazione a una riunione fissata dal secondo per affrontare problematiche aziendali, che aveva ingenerato un contrasto circa l’intendimento dell’A.D. di disporre la riunione tra i colleghi l’ufficio in presenza anziché a distanza tramite collegamenti web, alla luce della perdurante esigenza di attenersi ai protocolli di difesa anti Covid.

La Corte territoriale, riferisce che la reazione del dipendente non si fosse limitata - come subito avvenuto all’inizio da parte sua - a una piana e motivata contestazione della modalità partecipativa in presenza per il fatto che era contrastante con le discipline aziendali di difesa pandemica ma, partendo da questo aspetto, si era sempre più acuita sino a raggiungere, da parte del solo ricorrente, punte di massima asprezza critica, anche con invio di mail ai componenti del comitato anti Covid e allo stesso Presidente del C. di A..

La sentenza di secondo grado ritiene che il senso degli icastici interventi del lavoratore si sarebbe attestato a infiammato sviluppo di un sordo rancore serbato verso l’A.D. perlomeno rispetto a sue prassi e/o condotte in termini di critiche e contestazioni mai venute alla luce prima di allora; le iniziative dialettiche potevano dirsi debordanti e fuori luogo specialmente dopo che l’A.D. nell’accogliere, con mail della sera del 16 novembre, le rimostranze del sottoposto, basate anche sulla contrazione da parte sua nell’anno precedente di uno stato morboso da Covid 19, aveva rivisto l’organizzazione della riunione fissandola con modalità web, da remoto, per il giorno di giovedì 18 novembre, non senza ribadire al dipendente in linea di principio, il carattere insindacabile delle decisioni attinenti alla tipologia delle riunioni da tenersi.

In primo grado il Tribunale - come riportato a pagina 3 della Sentenza della C. di A. di Milano n. 593/2024 che (in modo opportuno) per maggiore chiarezza e completezza, aveva riportato integralmente il tessuto testuale dei messaggi mail che i due interlocutori si erano scambiati - aveva ravvisato nei messaggi inviati dal dipendente “l’assestarsi di indebite ed eccessive considerazioni di ordine polemico/avversativo, a tratti ingiuriose, venate da insubordinazione nonché in grado di screditare il ruolo professionale dell’interlocutore” , cui si sarebbero aggiunti inappropriati e pregiudi -

1 Cassazione n. 10864 del 24 aprile 2025.

Fatto

zievoli riferimenti a un disagevole stato di “molestie”, indotte dal dipendente, che avrebbe richiesto da parte dei destinatari della segnalazione auspicabili approfondimenti vertenti sulla storia lavorativa dell’A.D..

La Corte d’Appello di Milano, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Monza, riconosce la sussistenza di un illecito disciplinare, dovendosi anche escludere qualsivoglia forma di ritorsione. Ritiene che nella specie si era verificata una palese e consistente trasgressione di rilievo disciplinare, non blando né lieve

“dato che, per sua natura e per le sue continuative scansioni, la condotta del dipendente racchiudeva, specie nella fase finale del suo percorso dialettico, tutti i segnali dell’esternazione di un indebito abuso critico rivolto a una figura di forte rilievo aziendale, non scevri di punte ingiuriose e persino in grado di evolversi in pregiudizio dell’A.D. attraverso la segnalazione, deliberatamente rivolta in guisa di esposto, a coloro cui spettavano gli approfondimenti della professionalità e della storia lavorativa dell’Amministratore al fine di prevenire - si è pure detto - molestie e disagi che potessero originare dall’A.D., dalla sua impreparazione e dalla sua trascuratezza nel gestire le evenienze pratiche…”.

La sentenza, come avvenuto in primo grado, ha attribuito la tutela risarcitoria (n.d.a., presumibilmente per mancanza di proporzionalità) e ha condannato, in solido tra loro, le due collegate società e titolari del rapporto a corrispondere al dipendente, in luogo della indennità di sedici mensilità, riconosciuta in primo grado, una indennità ex articolo 18, comma IV, Legge n. 300/1970 rapportata a venti mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, con parziale compensazione delle spese di lite.

Il lavoratore licenziato ricorre in Cassazione lamentando, tra l’altro, la violazione degli Accordi Interconfederali in sede di attuazione delle misure anti Covid, rilevando anche l’ascrivibilità della propria condotta nell’ambito della denuncia di comportamenti contrastanti con il Codice Etico e la conseguente riconducibilità della stessa nell’ambito del legittimo esercizio di corretta e protetta attività di “Whistleblowing”. Richiamando anche la mancata previsione dell’addebito contestato tra quelli cui le previsioni del CCNL in tema di illeciti disciplinari prevede il licenziamento, ricorre chiedendo la reintegra nel posto di lavoro.

La sentenza della S.C. accoglie il primo e terzo motivo di ricorso evidenziando che la sentenza di secondo grado, con vizio censurabile in sede di legittimità2, si è limitata ad accertare il fatto ascritto nelle sua materialità, senza valutarne l’antigiuridicità3. Riforma, pertanto, la sentenza impugnata che non ha preso in esame l’intrinseca natura stricto sensu di critica connessa alla gestione delle modalità di svolgimento dell’attività lavorativa e non ha in alcun modo affrontato i limiti della pertinenza e della continenza del diritto di critica nei confronti del datore di lavoro da parte del lavoratore. La sentenza è riformata per essersi limitata a far riferimento ad un generico, quanto immotivato “indebito abuso critico rivolto ad una figura di forte rilievo aziendale”, dimenticando la necessaria tutela del Whistleblower, alla luce della normativa vigente in materia e anche della giurisprudenza di legittimità in seguito richiamata.

Su questo ultimo aspetto attribuisce rilievo, non trascurabile della segnalazione effettuata dal lavoratore proprio al Comitato anti Covid, volta a sollecitare la verifica circa il corretto controllo e rispetto delle relative procedure da parte dell’A.D..

Tale invio al Comitato anti Covid era stato definito dalla Corte d’Appello come “sproporzionata forma di esposto asseritamente avvenuta per assecondare esigenze di whistleblowing”, il che non è condiviso dalla S.C. che lo valuta di segno completamente opposto. In proposito considera anche “il tenore della segnalazione che evidenzia, a tacer d’altro, come lo stesso lavoratore fosse convinto della bontà delle proprie affermazioni e della correttezza espositiva delle proprie ragioni che, altrimenti, non avrebbe sottoposto all’esame del Comitato; vi si legge, infatti, semplicemente la sollecitazione a verificare la diligenza e l’affidabilità dell’A.D. alla luce dei rischi, ad avviso del ricorrente, sottostimati - connessi allo svolgimento dell’attività lavorativa senza il dovuto rispetto dei presidi anti - Covid”.

2 Per tali profili processuali in tema di licenziamento, cfr. Cassazione n. 13534 del 2019; Cassazione n. 11665 del 2020; Cassazione n. 985 del 2017; Cassazione n. 5095 del 2011; Cassazione n. 9266 del 2005; negli stessi termini di Cassazione n. 10864 del 2025, cfr. Cassazione n. 18247 del 2009 e Cassazione n. 7838 del 2005.

3 Principio ormai pacifico dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 128 del 2024 per la quale, in tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo dichiarato illegittimo, per effetto della simmetria con il licenziamento disciplinare, sul piano della tutela applicabile, assume rilevanza non solo l’insussistenza del fatto nella sua storicità o materialità, ma anche quella del fatto inteso nella sua idoneità a costituire un possibile giustificato motivo oggettivo (cfr. da ultimo tra le tante Cassazione n. 31505 del 08/12/2024).

In conclusione, la sentenza del S.C. ritiene che il fatto ascritto al lavoratore non sussista e, conseguentemente, cassa la sentenza della Corte d’Appello con rinvio per l’applicazione del comma IV dell’articolo 18, con ordine di reintegrazione del lavoratore licenziato e condanna al risarcimento del danno.

Orientamenti generali della giurisprudenza e della dottrina

La sentenza della Cassazione, punto di partenza della presente nota, come altre precedenti4, premette che il diritto di critica del lavoratore trova fondamento nell’articolo 21 Costituzione e dunque nel diritto di esprimere liberamente il proprio pensiero, nonché nell’articolo 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, cui corrisponde oggi, nell’ordinamento eurounitario, l’articolo 11 della Carta dei Diritti Fondamentali5; diritto ribadito, in ambito lavoristico, dallo stesso articolo 1 Statuto dei lavoratori6. Tale diritto deve, tuttavia, essere contemperato con l’opposto interesse del datore di lavoro alla tutela del proprio onore e reputazione (articolo 2 Costituzione)7

Di qui la necessità di contemperare tale libertà col rispetto dei principi della Costituzione e delle norme dello Statuto medesimo con il diritto di altri soggetti8

Il diritto di critica si esercita attraverso la esternazione di un giudizio o, più genericamente, di un’opinione che, per sua natura, è frutto di un’interpretazione soggettiva e personale di fatti e comportamenti. La manifestazione del pensiero in chiave critica implica di per sé, di regola, un giudizio negativo, di disapprovazione dei comportamenti altrui o di dissenso rispetto alle opinioni altrui e possiede, quindi, una incomprimibile potenzialità lesiva nei confronti del destinatario, del suo onore e della sua reputazione. Come si è osservato, qualunque critica rivolta ad una persona è idonea ad incidere sulla sua reputazione e, tuttavia, escludere il diritto di critica ogni qualvolta leda, sia pure in modo minimo, la reputazione altrui, significherebbe negare il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero9. La necessità di un contemperamento del diritto di critica con il diritto, di pari rilevanza costituzionale, all’onore e alla reputazione, impone l’osservanza di determinati limiti. La giurisprudenza ha individuato i limiti del legittimo esercizio del diritto di critica in primo luogo nella continenza formale e sostanziale, legati rispettivamente alla correttezza e misura del linguaggio adoperato e alla veridicità dei fatti, intesa in senso non assoluto ma soggettivo per cui viene in rilievo l ‘atteggiamento anche colposo del lavoratore10

Altro limite è individuato nel requisito di pertinenza, intesa come rispondenza della critica ad un interesse meritevole di tutela in confronto con il bene suscettibile di lesione11

Sul versante della continenza formale si è specificato che l’esposizione della critica deve avvenire nel rispetto dei canoni di correttezza, misura e rispetto della dignità altrui. Possono essere utilizzate espressioni di qualsiasi tipo purché siano strumentalmente collegate alla manifestazione di un dissen-

4 Cassazione n. 1379 del 2019, pubblicata in Il lavoro nella giurisprudenza, anno 2019 fasc. 12 pag. 1110, con nota di De Mozzi Barbara “I limiti al diritto di critica del lavoratore” e in Giurisprudenza Italiana, anno 2019 fasc. 3 pag. 612, con nota di Fiata Emanuela “Limiti al diritto di critica del lavoratore e controllo di legittimità.

5 Per un’analisi della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, relativa all’articolo 10 CEDU, v. D. Tardivo, Libertà di espressione nel rapporto di lavoro: diritto di critica e di replica del lavoratore, in Nuova giur. civ., 2017, 1142.

6 Sul quale v. G. Amoroso Art.1 Stat. lav., in G Amoroso, V. Di Cerbo, A. Maresca, Diritto del lavoro. Lo Statuto dei lavoratori e la disciplina dei licenziamenti, Milano, 2009, 5.

7 Si rifà altresì all’articolo 3 Costituzione, per il suo richiamo alla dignità, Cassazione 25 febbraio 1986, n. 1173; cfr. E. Menegatti “I limiti al diritto di critica del lavoratore”, in Arg. dir. lav., 2008, 881.

8 Pietra miliare di tale “bilanciamento” è stata la Sentenza della Corte di Cassazione 25 febbraio 1986, n. 1173, nella quale, per la prima volta, è stato sostanzialmente esteso al “buon lavoratore” (in relazione al diritto di critica) il c.d. “decalogo del buon giornalista”, elaborato in relazione al diritto di cronaca. Cfr. recentemente sul punto, Cassazione n. 3627 del 2025.

9 Cassazione n. 12420 del 2008; n. 1434 del 2015; n. 38215 del 2021. Pietra miliare di tale “bilanciamento” è stata la Sentenza della Corte di Cassazione 25 febbraio 1986, n. 1173, nella quale, per la prima volta, è stato sostanzialmente esteso al “buon lavoratore” (in relazione al diritto di critica) il c.d. “decalogo del buon giornalista”, elaborato in relazione al diritto di cronaca. Cfr. recentemente sul punto, Cassazione n. 3627 del 2025.

10 L’osservanza di tale canone è da valutarsi in modo attenuato nel caso in cui la critica si sostanzi propriamente in una espressione di opinione, che per la sua natura meramente soggettiva ha carattere congetturale e non si presta ad una valutazione in termini di alternativa vero/ falso: mentre l’esistenza di un fatto può essere oggetto di prova, l’espressione di una opinione non può esserlo perché non si può dimostrare la verità di un giudizio che implichi opzioni di valore.

11 Cassazione n. 21362 del 2013; n. 29008 del 2008; n. 23798 del 2007; n. 11220 del 2004; più recentemente, Cassazione n. 5523 del 2016; n. 19092 del 2018; n. 14527 del 2018; n. 18176 del 2018; Cassazione n. 3627 del 2025 che ha affermato che non viola il criterio della pertinenza il medico che inoltra a tutti i colleghi del reparto, oltre che al dirigente della struttura, una e-mail in cui lamenta di essere stato escluso dall’attività in sala operatoria, così come non viola la continenza formale - in considerazione delle origini e della storia personale del lavoratore - la frase “Caro Professore, per favore, tolga il Suo ginocchio dal mio collo. Come Lei, dovrei poter respirare anche io”.

so ragionato dall’opinione o comportamento preso di mira e non si risolvano in un’aggressione gratuita e distruttiva dell’onore e della reputazione del soggetto interessato12. L’offesa è “gratuita” quando non sia in alcun modo collegata e funzionale allo scopo per cui la critica è mossa. Si è anche affermato che il limite di continenza espressiva può dirsi

“semplificativamente superato ove si attribuiscano all’impresa datoriale od ai suoi rappresentanti qualità apertamente disonorevoli, con riferimenti volgari e infamanti e tali da suscitare disprezzo e dileggio, ovvero si rendano affermazioni ingiuriose e denigratorie, con l’addebito di condotte riprovevoli o moralmente censurabili, se non addirittura integranti gli estremi di un reato, oppure anche ove la manifestazione di pensiero trasmodi in attacchi puramente offensivi della persona presa di mira”13.

Il limite della continenza sostanziale esige che, quando la critica consista in un giudizio su fatti o condotte ascritti alla persona criticata, questi fatti siano veri, anche solo putativamente, e cioè sulla base di un’incolpevole convinzione del dichiarante14. Diverso - con riferimento alle fattispecie di “denuncia” - è, tuttavia, il caso in cui il lavoratore abbia dato pubblicità a quanto portato a conoscenza delle autorità competenti15. Con riferimento alla prima evenienza (mera denuncia alle autorità, non accompagnata da “pubblicità” della notizia) si è detto, in particolare, che non può dilatarsi il c.d. obbligo di fedeltà di cui all’articolo 2105 C.c. (sia pure letto in correlazione con gli artt. 1175 e 1375 C.c.) al punto da imporre al lavoratore di astenersi dal denunciare fatti, avvenuti nell’azienda, che egli ritenga illeciti, pena il rischio di avallare un implicito riconoscimento di un dovere di omertà16 connesso all’inserimento aziendale. Sotto il profilo della pertinenza, si è osservato che la critica deve rispondere ad un interesse meritevole di tutela. Nell’ambito del diritto di cronaca tale requisito viene definito continenza materiale, parametrata all’interesse pubblico alla diffusione dell’informazione. Nel rapporto di lavoro è sicuramente interesse meritevole quello che si relazioni direttamente o indirettamente con le condizioni del lavoro e dell’impresa, come le rivendicazioni di carattere sindacale17 o le manifestazioni di opinione attinenti al contratto di lavoro, mentre sono suscettibili di travalicare il limite della pertinenza le critiche rivolte al datore di lavoro, magari afferenti le sue qualità personali, oggettivamente avulse da ogni correlazione con il rapporto contrattuale e gratuitamente mirate a ledere la sua onorabilità18.

Proprio in tema di esercizio del diritto di critica del lavoratore nei confronti del datore di lavoro la Corte di Cassazione ne ha affermato la legittimità 19 ove il prestatore si sia limitato a difendere la propria posizione soggettiva, senza oltrepassare, con dolo o colpa grave, la soglia del rispetto della verità oggettiva, con modalità e termini tali da non ledere gratuitamente il decoro del datore di lavoro o del proprio superiore gerarchico e determinare un pregiudizio per l’impresa 20. In tale ottica si è valorizzata anche la finalizzazione della critica a sollecitare l’attivazione del potere gerarchico ed organizzativo del datore di lavoro, ai sensi degli artt. 2086 e 2104 C.c., in funzione

12 Cassazione n. 12420 del 2008; n. 1434 del 2015; n. 12522 del 2016.

13 Cassazione n. 1379 del 2019 relativa a quanto scritto e trasmesso ai vertici aziendali ed agli organi di stampa da un dipendente in una lettera che - secondo la sentenza di secondo grado che aveva ritenuto illegittimo il licenziamento con condanna solo risarcitoria - non conteneva una astratta denuncia di disfunzioni organizzative, ma l’addebito agli stessi vertici aziendali destinatari della missiva di una specifica responsabilità consistente nel mancato impiego di un costoso bene aziendale al solo fine di far ricorso, per ragioni personali, a ditte esterne. La sentenza della Cassazione evidenzia l’origine dei limiti dal diritto di critica e di cronaca in ambito giornalistico e letterario e la necessità di calibrare gli stessi, nel caso la critica sia esercitata nell’ambito di un rapporto contrattuale di collaborazione e fiducia che lega lavoratore e datore di lavoro, ma riforma la sentenza della Corte territoriale per vizio di motivazione perplessa, apparente o assolutamente illogica e per vizio relativo al mancato esame di un fatto decisivo controverso tra le parti.

14 Cassazione n. 7847 del 2011; n. 25420 del 2017; n. 38215 del 2021.

15 Cassazione 26 settembre 2017, n. 22375.

16 Cassazione 26 settembre 2017, n. 22375, Cassazione 16 febbraio 2017, n. 4125, Cassazione 14 marzo 2013, n. 6501.

17 Per completezza si ricorda che nell’ipotesi di critica espressa da lavoratore con funzioni di rappresentanza sindacale all’interno dell’azienda si è sottolineato come il diritto di critica goda di un’ulteriore copertura costituzionale costituita dall’articolo 39 Costituzione nel momento in cui l’espressione di pensiero è finalizzata al perseguimento di un interesse collettivo, sicché si è affermato che il lavoratore sindacalista è titolare di due distinti rapporti con l’imprenditore: come lavoratore, in posizione subordinata con il datore di lavoro, e come sindacalista, invece in una posizione parificata a quella della controparte in virtù delle richiamate garanzie costituzionali (Cassazione n. 11436 del 1995; Cassazione n. 7091 del 2001; Cassazione n. 19350 del 2003; Cassazione n. 7471 del 2012; Cassazione n. 18176 del 2018).

18 Cassazione n. 1379 del 2019, già citata.

19 Anche nel caso in cui il suo comportamento si traduca in una denuncia all’autorità giudiziaria o amministrativa di fatti di reato o illeciti amministrativi commessi dal datore di lavoro. Il diritto di denuncia trova la sua legittimazione sugli articoli 24, primo comma e 21, primo comma, della Costituzione) salvo che risulti il carattere calunnioso della denuncia o la consapevolezza dell’insussistenza dell’illecito, sempre che il lavoratore si sia astenuto da iniziative volte a dare pubblicità a quanto portato a conoscenza delle autorità competenti (cfr. Cassazione n. 4125 del 2017 e in senso conforme Cassazione n. 22375 del 2017). Non è, invece, sufficiente la circostanza che la denuncia si riveli infondata e che il procedimento penale venga archiviato, o si concluda con l’assoluzione del datore di lavoro (cfr. Cassazione 26 settembre 2017, n. 22375).

20 Cassazione n. 29008 del 2008; n. 16000 del 2009.

di una migliore coesistenza delle diverse realtà operanti all’interno dei luoghi di lavoro e ad evitare conflittualità 21 .

Con specifico riferimento al rapporto di lavoro è da segnalare la sussistenza di divergenze tra dottrina e giurisprudenza in ordine al fondamento dei limiti al diritto di critica.

La giurisprudenza, sia pure con qualche eccezione più risalente nel tempo 22, ha per lo più ricondotto il diritto di critica all’articolo 2105 C.c. 23, letto in rapporto ai più generali canoni di correttezza e buona fede ex artt.1175 e 1375 C.c. 24. Si è, pertanto, ritenuto che il prestatore sia tenuto ad astenersi da qualsiasi condotta che risulti in contrasto con i doveri connessi al suo inserimento nella struttura e nell’organizzazione dell’impresa o crei situazioni di conflitto con le finalità e gli interessi della medesima o sia comunque idonea a ledere irrimediabilmente il presupposto fiduciario del rapporto 25 .

Alcuni autori pur se con varietà di accenti seguono questo orientamento26

La maggior parte della dottrina ritiene incolmabile lo scarto tra la “rubrica” dell’articolo 2105 C.c. e il suo contenuto che, in effetti, è riferito unicamente al divieto di concorrenza e all’obbligo di riservatezza. Giustamente si è ritenuto27 che l’articolo 2105 C.c. non è richiamo sintetico di un più complesso elemento fiduciario, collegato al contratto in sé, ma non immediatamente all’articolo 2105 C.c. norma richiamata in giurisprudenza, che è una sorta di superfluo avallo, la cui scomparsa non incide sulla qualificazione dei comportamenti e sulla soluzione dei problemi contingenti. Questi sono da valutare secondo i criteri di correttezza e buona fede, senza un richiamo alla fedeltà, collegata a previsioni tipiche e non ad un obbligo complessivo.

Tale divergenza di impostazione ha (in linea di principio) ricadute importanti. Parte degli interpreti ritiene che, solo raramente, la “critica” del lavoratore comporti anche la divulgazione di notizie “riservate” attinenti all’organizzazione e ai metodi di produzione dell’impresa; e suggerisce che in tali (rari) casi il lavoratore abbia diritto (tramite la critica) a divulgare i segreti, solo se dal suo eventuale silenzio sugli stessi possa conseguire la lesione di diritti fondamentali di terzi e dunque la sua responsabilità 28 .

Altra parte degli interpreti risolve invece la questione effettuando un bilanciamento caso per caso dei contrapposti interessi del lavoratore e del datore29, tenuto anche conto (oltre che delle finalità perseguite dalle parti) delle modalità di divulgazione (o utilizzo) delle notizie riservate30.

Whistleblowing. Normativa e applicazioni giurisprudenziali

Come evidente sull’argomento del diritto di critica del lavoratore, sussistono divergenze e il dibattito deve ritenersi aperto, anche perché si deve tenere conto della legislazione sul whistleblowing, di cui alla Legge 17 novembre 2017, n. 179 31 e delle iniziative europee, tradottesi nella definitiva approvazione, in data 7 ottobre 2019, della direttiva a tutela dei whistleblowers (chi

21 Cassazione n. 21649 del 2016.

22 Non fanno riferimento all’articolo 2105 C.c., bensì ora ai principi di buona fede e correttezza, ora al principio di leale collaborazione, o invocano il “vincolo fiduciario” alla base del rapporto di lavoro, Cassazione 22 agosto 1997, n. 7884; Cassazione 22 ottobre 1998, n. 10511; Cassazione 8 gennaio 2000, n. 143; Cassazione 7 novembre 2006, n. 23726; Cassazione 14 settembre 2007, n. 19232.

23 La norma (la cui rubrica è riferita all’obbligo di fedeltà) prevede che: “Il prestatore di lavoro non deve trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con l’imprenditore, né divulgare notizie attinenti all’organizzazione e ai metodi di produzione dell’impresa, o farne uso in modo da poter recare ad essa pregiudizio.”

24 Dovendosi, cioè, valutare se il comportamento del lavoratore in violazione di detti obblighi di protezione e contrario ai doveri derivanti dal suo inserimento nell’organizzazione imprenditoriale sia comunque idoneo a ledere irrimediabilmente il vincolo fiduciario in quanto sussumibile nell’ambito della giusta causa o del giustificato motivo soggettivo di licenziamento.

25 Tra le tante, Cassazione 6 giugno 2018 n. 14527; Cassazione 9 gennaio 2015, n. 144; Cassazione 10 dicembre 2008 n. 29008.

26 Per una sintesi del dibattito in merito, si rinvia a A. Boscati, Obbligo di fedeltà ed il patto di non concorrenza, in M. Martone M. Marazza (a cura di), F. Carinci - M. Persiani (diretto da), Contratto di lavoro e organizzazione, Trattato di diritto del lavoro, Padova, 2011, 960 ss. In particolare, per la concezione che vede nella fedeltà un modo d’essere dell’obbligazione di lavorare,v. M. Persiani, Contratto di lavoro ed organizzazione, Padova, 1965. M.G. Mattarolo, Art. 2105, del prestatore di lavoro, in P. Schlesinger (diretto da), Codice civile, Commentario, Milano, 2000, 191.

27 E. Gragnoli, L’informazione, cit., 50.

28 M.G. Mattarolo, art. 2105 C.c., cit., 190 ss. e 195 ss..

29 M. Aimo, Appunti sul diritto di critica del lavoratore, in Riv. giur. lav., 1999, 475; I. Inglese Il diritto di critica nei luoghi di lavoro, Torino, 2014, 91; L. Cairo, Il diritto di critica del lavoratore, in VTDL, 2017, 177.

30 P. Ichino, Il contratto di lavoro in P. Schlesinger, Trattato di diritto civile e commerciale, Milano, 2003, 299.

31 Per commenti alla Legge n. 179/2017, cfr. V. Ferrante, Novità per il settore pubblico e privato in tema di whistleblowing, in Labor, 2018, 155; A.Frignani, Il whistleblowing in Italia: la nuova legge dimentica la concorrenza (e non solo), in Giur. commerciale, 2019, 393; M. Frediani, Whistleblowing: la delazione protetta quale diritto-dovere alla segnalazione d’allarme, in Lav. giur. 2018, 221; S. Corso La via italiana al whistleblowing tra obbligo di fedeltà e diritto alla legalità, in VTDL, 2016, 161.

Critiche del lavoratore dipendente al datore di lavoro o a superiori. Whistleblowing e licenziamento

segnala violazioni del diritto dell’Unione) che stabilisce standard minimi comuni per la loro protezione e delle persone che segnalano violazioni delle norme comunitarie e nazionali in contesti lavorativi .

La legge del 2017, in realtà, è stata preceduta dalla Legge n. 190/2012 (c.d. Legge Severino) “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione” che ha introdotto l’istituto del whistleblowing per la prima volta nel nostro ordinamento regolandone gli aspetti penalistici e che, però, è rimasta pressoché sconosciuta presso la maggior parte dei dipendenti pubblici italiani32.

La Legge n. 179/2017, nel suo ambito di applicazione mette al riparo il lavoratore whistleblower rispetto alle sanzioni adottate dal datore di lavoro a seguito della denuncia ed assegna all’ANAC, nell’ambito delle sue competenze, il compito sia di accertare se i provvedimenti posti in essere dal datore abbiano natura ritorsiva, sia di irrogare sanzioni amministrative nei confronti del responsabile del provvedimento33

I principali punti della direttiva sono relativi :

Q agli standard di protezione, mirando a garantire un elevato livello di protezione per coloro che segnalano violazioni in un contesto lavorativo, includendo non solo i lavoratori ma anche ex-dipendenti, consulenti, volontari e altri;

Q ai canali di segnalazione, obbligando le aziende e le organizzazioni a istituire canali interni di segnalazione, con la possibilità di segnalazione tramite piattaforma online, posta o telefono;

Q al divieto di ritorsioni, vietando qualsiasi ritorsione contro i whistleblower, inclusi licenziamento, demansionamento o altre forme di discriminazione;

Q alla divulgazione pubblica, rendendo possibile la segnalazione attraverso la divulgazione pubblica ai media, alle ONG e a soggetti simili, qualora la segnalazione non sia stata trattata adeguatamente tramite i canali interni ed esterni, o in caso di rischio concreto di inquinamento delle prove.

L’Italia ha recepito la direttiva con il D.Lgs. 24/2023, con conseguenti modifiche alla Legge n. 179 del 2017 (ancora in parte vigente)34

Con riguardo alla sua estensione35, mentre la legge italiana si applicava solo alle imprese che avevano adottato modelli di gestione e controllo (c.d. “Modello organizzativo Legge n. 231”), la direttiva riguarda, oltre le imprese già soggette ai sensi della Legge n. 179/2017, i soggetti del settore privato, i quali hanno impiegato, nell’ultimo anno, la media di almeno cinquanta lavoratori subordinati con contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato o con un fatturato annuale superiore a dieci milioni di euro (a prescindere, dunque, dall’applicazione del modello Legge n. 231). Restano, quindi, esentate le piccole e medie imprese, salvo quelle operanti nei settori ad alto rischio (es. rischio finanziario o rischio riciclaggio).

Per quanto riguarda il settore pubblico, la direttiva UE lasciava la libertà agli Stati di esentare i Comuni con meno di diecimila abitanti e gli enti pubblici con meno di cinquanta dipendenti, ma l’esclusione non è stata prevista nel nostro ordinamento che applica la normativa alle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del Decreto Legislativo 30 marzo 2001, n. 165, alle autorità amministrative indipendenti di garanzia, vigilanza o regolazione, agli enti pubblici economici, agli organismi di diritto pubblico di cui all’articolo 3, comma 1, lettera d), del Decreto Legislativo 18 aprile 2016, n. 50, ai concessionari di pubblico servizio, alle società a controllo pubblico e alle società in house, così co-

32 Per una sua applicazione cfr. Cassazione n. 9148 del 31/03/2023 che ha ritenuto che la normativa di tutela del dipendente pubblico che segnala condotte illecite di cui è venuto a conoscenza in ragione del proprio rapporto di lavoro, ex articolo 54-bis del D.Lgs. n. 165 del 2001, come introdotto dalla Legge n. 190 del 2012 (c.d. “whistleblowing”), salvaguarda il lavoratore da reazioni ritorsive dirette ed indirette provocate dalla sua denuncia e dall’applicazione di sanzioni disciplinari ad essa conseguenti, ma non istituisce un’esimente generalizzata per tutte le violazioni disciplinari che il dipendente, da solo o in concorso con altri, abbia commesso, al più potendosi valorizzare - ai fini della scelta della sanzione da irrogare - il suo ravvedimento operoso e l’attività collaborativa svolta nella fase di accertamento dei fatti.

33 Cfr. per la cronaca di un provvedimento sanzionatorio irrogato da ANAC (Delibera 4 settembre 2019, n. 782, dell’11 settembre 2019) nei confronti di un datore di lavoro che aveva posto in essere atti ritorsivi verso i lavoratori, v. M. Gallo, “Whistleblowing, è ritorsiva l’azione disciplinare verso il dipendente”, in Guida al lavoro, 18 ottobre 2019, n. 41, 14 ss.

34 Per un commento sistematico alla normativa, cfr. Whistleblowing, a cura di Cantone Raffaele; Parisi Nicoletta; Tambasco Domenico, Giuffrè, 2025. Per commenti più agili,Valentina Donini “Il decreto legislativo 24/2023: reale innalzamento delle tutele del whistleblower oppure un’occasione mancata? Un’analisi critica e comparatistica”, in Lavoro, diritti, Europa, pubblicato il 24 luglio 2024; Deleonardis Nicola “Il Whistleblower tra interessi e responsabilità nel D.Lgs. n. 24/2023”, in Il lavoro nella giurisprudenza anno 2025 fasc. 1 pag. 17; Scorcelli Renato “La nuova disciplina sul whistleblowing ed il D.Lgs. 10 marzo 2023 n, 24”, in Guida al lavoro anno 2023 fasc. 48.

35 Portogallo Mariagiusy e Raffaghelli Mauro sull’ambito soggettivo e oggettivo di applicazione del D.Lgs. n. 24/2023, in Guida al lavoro anno 2023 fasc. 28.

me definite, rispettivamente, dall’articolo 2, comma 1, lettere m) e o), del Decreto Legislativo 19 agosto 2016, n. 175, anche se quotate.

La direttiva allarga, inoltre, il campo dei soggetti tutelati, comprendendo non solo i lavoratori dipendenti, ma anche i lavoratori indicati nel suo articolo 3, tra i quali gli autonomi, freelance, consulenti, appaltatori, fornitori, volontari, tirocinanti etc. La protezione è estesa anche ai membri della famiglia e ai colleghi degli informatori e si applica anche quando il rapporto giuridico non è ancora iniziato (se le informazioni sulle violazioni sono state acquisite durante il processo di selezione o in altre fasi precontrattuali), durante il periodo di prova e successivamente allo scioglimento del rapporto giuridico (se le informazioni sulle violazioni sono state acquisite nel corso del rapporto stesso).

Le autorità pubbliche e le imprese che ricevono una segnalazione sono tenute a darne seguito entro tre mesi, pena la possibilità, per l’informatore, di rendere pubbliche le informazioni (es. utilizzando internet o social media).

Inoltre, rispetto alla normativa italiana che parla di “canali informativi”, la direttiva prevede la designazione di un referente aziendale (ufficio o persona) incaricato di ricevere la segnalazione da riscontrare entro tre mesi36

La direttiva europea estende anche i settori oggetto delle segnalazioni. Mentre nella normativa italiana gli ambiti interessati dalle segnalazioni riguardano gli illeciti di cui al D.Lgs. n. 231/2001 (c.d. “reati presupposto”), la direttiva europea include, invece, ulteriori settori, quali gli appalti pubblici, i servizi finanziari, la tutela della privacy37 e della protezione dei dati etc.

Da ultimo, per quanto attiene alle segnalazioni anonime, mentre in Italia, nel settore pubblico, è prevista l’identificazione del segnalante e in ambito privato le segnalazioni anonime sono ammesse, la direttiva ammette l’anonimato, lasciando agli Stati la facoltà di decidere se gli enti e le autorità pubbliche siano obbligati ad accettare questo tipo di segnalazioni38

In giurisprudenza la normativa sul Whistleblowing è sinteticamente richiamata e applicata nella sentenza di cui alla presente nota nella quale si enuncia che: “proprio il contenuto della segnalazione e la portata della stessa, unitamente agli altri elementi come accertati dal giudice di secondo grado e i documenti allegati conducano per una necessaria tutela del Whistleblower, alla luce della normativa vigente in materia e anche della giurisprudenza di legittimità”.

In precedenza si era ritenuto che la normativa di tutela del dipendente pubblico che segnala condotte illecite di cui è venuto a conoscenza nel contesto lavorativo, ex articolo 54-bis del D.Lgs. n. 165 del 2001 ratione temporis applicabile (c.d. “whistleblowing”), non può essere estesa fino a ricomprendere improprie attività investigative poste in essere dal lavoratore, in violazione dei limiti di legge, per raccogliere prove di illeciti nell’ambiente di lavoro, né può riconoscersi efficacia scriminante alle segnalazioni effettuate per scopi essenzialmente di carattere personale o per contestazioni o rivendicazioni inerenti al rapporto di lavoro nei confronti dei superiori39

Poco prima, con sentenza con identico relatore40, si era ritenuto che in tema di segnalazione di condotte illecite ai sensi dell’articolo 54-bis D.Lgs. n. 165 del 2001 (ratione temporis applicabile), la comunicazione anonima ad organi di stampa dell’avvenuta denuncia all’Autorità nazionale anticorruzione di fatti oggetto di segreto aziendale, professionale o d’ufficio rientra nell’espressa previsione di cui all’articolo 3, comma 3, della Legge n. 179 del 2017 (ratione temporis applicabile), sicché la loro rivelazione con modalità eccedenti la finalità dell’eliminazione dell’illecito esclude il diritto alla protezione dell’informatore secondo un bilanciamento di interessi da operare in concreto con il diritto alla libertà di espressione e di critica. Nel caso di specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva affermato la fondatezza dell’addebito disciplinare mosso ad un lavoratore per avere reso disponibile ad un giornalista i contenuti di una denuncia, presentata in qualità di whistleblower all’ANAC, di fatti coperti da segreto aziendale, la cui rivelazione è stata accertata essere avvenuta al di fuori del canale di comunicazione specificamente predisposto al fine della eliminazione dell’illecito oggetto di segnalazione.

36 D’Amora Francesco e Uletto Ilaria “Whistleblowing: il canale interno di segnalazione e la sua gestione” in Guida al lavoro, anno 2023 fasc. 28.

37 Buonanno Alessandro “Il whistleblowing in Italia dalla Direttiva (UE) 2019/1937 al D.Lgs. n. 24/2023) in Guida al lavoro, anno 2023 , fasc. 28.

38 Cantone Raffaele “Il whistleblower anonimo: una novità passata (quasi) inosservata della normativa di recepimento della direttiva euro unitaria”, in Sistema penale, Rivista online, anno 2025 fasc. 11 febbraio 2025.

39 Cassazione n. 17715 del 2024.

40 Cassazione n. 9138 del 2024.

Casistica e conclusioni

Il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità fornisce agli operatori del diritto idonei strumenti di carattere generale per valutare se l’esercizio del diritto di critica sia legittimo o se trascenda, invece, i limiti esterni e interni. Nonostante l’orientamento costante sull’individuazione e l’operatività dei tre limiti (correttezza e misura del linguaggio adoperato, veridicità dei fatti e rispondenza della critica ad un interesse meritevole di tutela in confronto con il bene suscettibile di lesione) l’interesse a una auspicabile prevedibilità di una decisione giudiziaria, nella materia qui esaminata non può essere pienamente soddisfatto.

Se può risultare più semplice individuare la sussistenza del limite esterno al diritto di critica (ossia il soddisfacimento di un interesse giuridicamente rilevante), spesso più complicato diviene verificare il rispetto degli altri due limiti, da valutarsi previo attento esame del contesto sociale e culturale in cui la critica è stata espressa e dal livello di conflittualità che l’ha determinata. Per sorreggere l’esigenza di prevedibilità di chi legge, per concludere appare opportuno una breve rassegna della giurisprudenza, sia di merito che di legittimità dalla quale (come non avviene nella sentenza in commento) sia desumibile il “contesto” nel quale si sono verificati i fatti oggetto di contestazione datoriale.

È stato ritenuto legittimo esercizio del diritto di critica l’affermazione ‘‘è un’offesa ai lavoratori che lavorano la domenica! Tanto meritate solo disprezzo egregi padroni che ci costringete a lavorare di domenica con dei discorsi che sanno di ricatto. Anzi li costringete’ ’, resa da un vice-capo del reparto di frutta e verdura di una grande azienda del settore della distribuzione alimentare a commento di un articolo riguardante la propria azienda pubblicato sul proprio profilo Facebook. In quell’occasione, il Tribunale di Parma, accogliendo l’opposizione ex articolo 1, 51º comma, Legge n. 92/2012 proposta dal lavoratore avverso l’ordinanza della prima fase che aveva dichiarato legittimo il licenziamento, ha ritenuto non diffamatorie le affermazioni del lavoratore in quanto rientranti nel legittimo esercizio della critica sindacale e/o politica perché le frasi contestate erano poste dal lavoratore a commento di un post della pagina Facebook di un movimento politico condiviso sulla propria bacheca contenente un’iniziativa di politica legislativa volta a frenare la liberazione degli orari di apertura dei negozi. Secondo il Tribunale, inoltre, la parola “padroni” è sovente utilizzata per indicare in generale i datori di lavoro e per questo le affermazioni in questione non sarebbero lesive dei valori aziendali 41

Nello stesso “contesto” il Tribunale di Milano, pur riconoscendo la rilevanza disciplinare della condotta del lavoratore sindacalista, ha ritenuto illegittimo il licenziamento intimatogli per aver postato sul proprio profilo Facebook ‘‘Dirigenti in uscita ... Nemmeno un bastardo, se la lista fosse iniziata così: ... allora sì che c’era da esultare’’. Secondo il giudice milanese:

‘‘la valutazione dell’affermazione del sindacalista deve in ogni caso tenere conto che – proprio per l’attività che svolge – le sue informazioni sono spesso il risultato di “rumors” acquisiti e non sempre verificabili, informazioni che, per tale ragione, quando espresse all’esterno, vanno valutate con minore severità. Nel caso di specie, in ogni caso, l’affermazione non era di per sé offensiva della immagine aziendale. Quanto alla parola “bastardi” essa esprime certamente disistima ma non può certo definirsi diffamatoria, “in quanto non è di per se ingiuriosa, quanto invece esprime mancanza di stima verso il destinatario” 42 .

In altra sentenza di merito43 è stato ritenuto illegittimo il licenziamento di un lavoratore, rappresentante sindacale aziendale, il quale, all’interno di un gruppo online facente capo ad una organizzazione sindacale, si era espresso scrivendo di metodi “schiavisti” dell’azienda e con frasi scurrili nei confronti dell’amministratore delegato dell’impresa definendolo ‘‘cogl... e faccia di m...”. Si è ritenuto che le espressioni usate dovessero valutarsi come “coloriture, ormai entrate nel linguaggio comune “, tese a rafforzare il dissenso dai suoi metodi, dovendo altrimenti “concludersi che la libertà di critica e, ancora prima, di opinione, possa essere esercitata solo manifestando idee favorevoli o inoffensive o indifferenti”.

41 Tribunale di Parma del 12 febbraio 2018, n. 27, che ha riformato l’ordinanza della prima fase del giudizio (Trib. Parma, 16 maggio 2016), secondo cui il lavoratore svolgeva “compiti di particolare responsabilità nella gestione del personale” e “in ragione della mansione svolta, il vincolo fiduciario” doveva “essere valutato con particolare rigore”.

42 Tribunale di Milano 29 novembre 2017 n. 3153.

43 Sentenza n. 73/2016 della C. di A. di Lecce, sezione distaccata di Taranto depositata il 18 maggio 2016.

La S.C. ha confermato la sentenza ritenendo che in tema di licenziamento disciplinare, i messaggi scambiati in una “chat” privata, seppure contenenti commenti offensivi nei confronti della società datrice di lavoro, non costituiscono giusta causa di recesso poiché, essendo diretti unicamente agli iscritti ad un determinato gruppo e non ad una moltitudine indistinta di persone, vanno considerati come la corrispondenza privata, chiusa e inviolabile, e sono inidonei a realizzare una condotta diffamatoria in quanto, ove la comunicazione con più persone avvenga in un ambito riservato, non solo vi è un interesse contrario alla divulgazione, anche colposa, dei fatti e delle notizie, ma si impone l’esigenza di tutela della libertà e segretezza delle comunicazioni stesse44

Diverso, in altri casi, è stato l’orientamento della giurisprudenza di legittimità che ha escluso la riconducibilità al legittimo esercizio di critica e di satira la condotta di alcuni lavoratori che, di fronte all’ingresso dell’azienda, avevano inscenato una macabra rappresentazione del suicidio in effigie dell’amministratore delegato della società, attribuendogli la responsabilità della morte di alcuni dipendenti. Si è ritenuto che le modalità espressive della critica manifestata dai lavoratori avevano

‘‘travalicato i limiti di rispetto della democratica convivenza civile, mediante offese gratuite, spostando una dialettica sindacale anche aspra, ma riconducibile ad una fisiologica contrapposizione tra lavoratori e datore di lavoro, su un piano che evoca uno scontro violento e sanguinario, fine a sé stesso, senza alcun interesse ad un confronto”45.

Allo stesso modo, i giudici di legittimità hanno ritenuto legittimo il licenziamento disciplinare intimato al dipendente per avere proferito a voce alta, alla presenza del direttore generale e di un collega, frasi ingiuriose (“non me ne frega un c...” e “testa di c...”) all’indirizzo del primo, percepite anche da altri dipendenti e da due ospiti esterni, per aver travalicato il limite della continenza formale46.

Sempre legittimo è stato ritenuto il licenziamento di un lavoratore di un ente di istruzione professionale che, nel corso di una riunione sindacale, davanti ad una platea di circa duecento persone, aveva accusato l’ente di organizzare “corsi fantasma” e i dirigenti di far assumere nell’ente i propri figli e, in giudizio, non aveva provato la veridicità delle sue accuse, così superando i limiti del rispetto della verità oggettiva47

Da segnalare, inoltre, per il rigore nell’indagine sul rispetto del limite di continenza formale, il caso di un dipendente pubblico che aveva affisso alla porta del suo ufficio, in luogo visibile ad altri dipendenti e utenti, copia di un articolo di giornale, riportante un’intervista dallo stesso rilasciata, in cui denunciava di essere stato progressivamente rimosso dalle sue funzioni lavorative e accusava la dirigenza di sperpero di denaro dei contribuenti, riferendo altresì che il direttore dell’azienda gli aveva consigliato di acquistare determinati beni (computers) da una determinata società. In quell’occasione, la Suprema Corte48 ha rilevato la violazione della continenza formale perché il lavoratore, pur avendo fatto solo allusioni ad un tentativo di corruzione da parte del direttore aziendale mediante l’utilizzo del verbo ‘‘consigliare’’, aveva tenuto una condotta idonea a generare all’esterno la convinzione dell’illiceità penale della condotta aziendale e a screditarne significativamente l’immagine. Né la responsabilità del lavoratore, secondo la Corte sarebbe stata esclusa dal fatto che dette espressioni non fossero state emanazione del suo pensiero, bensì una formulazione del giornalista, poiché l’affissione di det-

44 Cassazione n. 21965 del 10 settembre 2018, n. 21965 in Giurisprudenza italiana, anno 2019 fasc. 1 pag. 137 con nota critica di Tosi Paolo e Puccetti Elisa “Chat Facebook: se la riservatezza legittima la denigrazione del datore di lavoro”. Su frasi offensive in una chat cfr., nello stesso senso, Cassazione n. 25731 del 22 settembre 2021 che ha confermato la sentenza di merito che aveva annullato il licenziamento comminato a una lavoratrice - per avere quest’ultima inviato ad una collega, su una “chat” aziendale, messaggi offensivi nei confronti, tra l’altro, di un superiore gerarchico -, sul presupposto che il datore fosse venuto a conoscenza dei messaggi stessi in occasione di un controllo tecnico del quale non era stata data alcuna preventiva comunicazione alla lavoratrice medesima, Si è ritenuto che la “chat” aziendale, destinata alle comunicazioni di servizio dei dipendenti, è qualificabile come strumento di lavoro ai sensi dell’articolo 4, comma 2, Statuto dei Lavoratori novellato, essendo funzionale alla prestazione lavorativa, con la conseguenza che le informazioni tratte dalla “chat” stessa, a seguito dei controlli effettuati dal datore di lavoro, sono inutilizzabili in mancanza di adeguata informazione preventiva ex articolo 4, comma 3, Statuto dei Lavoratori.

45 Il riferimento è alla nota Cassazione, 6 giugno 2018, n. 14527, secondo cui “la rappresentazione scenica, considerata in tutti i suoi elementi (il patibolo, il manichino impiccato con la foto di Marchionne, lo scritto affisso al palo a mo’ di testamento, le tute macchiate di vernice rossa a mo’ di sangue)” ha attribuito all’amministratore delegato della Fiat “qualità riprovevoli e moralmente disonorevoli, esponendolo al pubblico dileggio, effettuando accostamenti e riferimenti violenti e deprecabili in modo da suscitare sdegno, disistima nonché derisione e irrisione” e travalicando dunque ‘‘il limite della tutela della persona umana’’. Per un commento alla sentenza, vedi P. Tosi e E. Puccetti, Il diritto di satira e la dignità della persona: il caso dell’impiccagione figurata del datore di lavoro, in Riv. It. Dir. Lav., 2018, n. 4, 838.

46 Cassazione, 18 luglio 2018, n. 19092.

47 Cassazione, 29 novembre 2016, n. 24260.

48 Cassazione, 14 giugno 2004, n. 11220, in Mass. Giur. Lav., 2004, 813. 617.

Critiche del lavoratore dipendente al datore di lavoro o a superiori. Whistleblowing e licenziamento

to articolo alla porta dell’ufficio del dipendente, implica l’approvazione e condivisione del suo contenuto pubblico.

Tra le sentenze che hanno ritenuto che la condotta non rientrasse nel lecito esercizio del diritto di critica, si segnalano anche quelle che, ritenuto violato il limite della continenza sostanziale (consapevolezza – o, quanto meno, la possibilità di sapere – della falsità delle accuse) hanno confermato la legittimità del licenziamento di un dipendente addetto allo smaltimento rifiuti per aver reso dichiarazioni – come privato cittadino in tre assemblee pubbliche con eco sulla stampa locale – ritenute lesive dell’immagine e del prestigio dell’azienda, non essendo stato inviato al riciclaggio e allo smaltimento differenziato il materiale derivante dalla raccolta indifferenziata destinato, invece, all’inceneritore49

Allo stesso modo, il principio di continenza sostanziale, è stato ritenuto violato dal comportamento di alcuni lavoratori che avevano denunciato alla stampa la giacenza in azienda, in luogo accessibile a tutti, di sostanze radioattive, circostanza poi rivelatasi insussistente50

In conclusione, la breve rassegna evidenzia, come avviene in molte altre materie (si pensi all’individuazione della giusta causa o del giustificato motivo di recesso) e specialmente nel caso del diritto di critica del lavoratore, solo un attento accertamento dei fatti e una rigorosa applicazione dei principi generali di diritto, può determinare la bontà della decisione o determinare la sua prevedibilità.

49 Cassazione, 10 dicembre 2008, n. 29008.

50 Cassazione, 14 aprile 2000, n. 7499, in Riv. Pen., 2000, 1157. Vedi anche Cassazione, 17 dicembre 2003, n. 19350, in Lav. Giur., 2004, 594, che ha considerato illegittimo il comportamento del lavoratore investito della carica di rappresentante sindacale consistito nella ‘‘attribuzione all’impresa datoriale o ai suoi dirigenti di qualità apertamente disonorevoli e di riferimenti denigratori non provati’’.

QUANDO È GIUSTIFICABILE LA DIFFERENZA DI TRATTAMENTO TRA LAVORATORI A TERMINE E A TEMPO INDETERMINATO?

di Angela Puecheri

La CGUE di nuovo sul principio di non discriminazione

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con Ordinanza del 10 luglio 2025, riferita alla Causa C-823/24, si pronuncia nuovamente in materia di principio di non discriminazione tra lavoratori a tempo determinato e lavoratori a tempo indeterminato.

In particolare, la Corte chiarisce che l’accordo quadro sul tempo determinato non osta ad una normativa nazionale che riserva la corresponsione di alcune voci retributive ai soli lavoratori a tempo indeterminato, qualora i lavoratori a termine percepiscano una retribuzione oraria più elevata di quelli a tempo indeterminato, anche tenendo conto di tali voci retributive.

Il caso

Nel 2014, un Centro di servizi culturali sottoscrive un accordo di secondo livello collegato al CCNL per gli impiegati e gli operai dipendenti dei teatri stabili pubblici e dei teatri gestiti dall’Ente teatrale italiano. Questo prevedeva, in particolare,

Q la corresponsione di un superminimo aziendale ai lavoratori inquadrati al 3° livello, nonché

Q la corresponsione di un premio di flessibilità mensile al personale tecnico addetto alla gestione di palcoscenici dei teatri affidati a detto centro. Tale premio è stato poi aumentato con un successivo accordo nel 2018, prevedendo altresì la corresponsione di un premio di flessibilità oraria al personale tecnico assunto con contratto a tempo indeterminato.

Tra il 2014 e il 2018, i ricorrenti del procedimento principale avevano lavorato alle dipendenze di tale Centro, inquadrati al 3° livello, con contratti a tempo determinato a chiamata. Tra settembre 2018 e giugno 2020, gli stessi avevano poi nuovamente lavorato presso il Centro, con contratti a tempo determinato stagionali. Infine, nel settembre 2020, sono stati assunti a tempo indeterminato.

I premi di flessibilità di cui sopra, sono stati riconosciuti ai lavoratori solo dal mese di settembre 2018, mentre il superminimo aziendale a partire da settembre 2019: per questo motivo, è stato proposto ricorso dai lavoratori.

Il Centro per Servizi culturali sostiene, dal canto suo, che quando erano assunti a tempo determinato, i ricorrenti percepivano in realtà una retribuzione superiore a quella percepita dai lavoratori a tempo indeterminato, e che, peraltro, in quanto ente pubblico economico, esso dispone di un potere discrezionale di prevedere la corresponsione di trattamenti retributivi differenziati nell’ambito di contratti di lavoro a tempo determinato e indeterminato, anche se le mansioni svolte dai lavoratori sono analoghe.

A questo riguardo, il Centro precisa che quando erano assunti a termine, i lavoratori percepivano una retribuzione che in realtà era più elevata di quella percepita dai lavoratori assunti sulla base di contratti di lavoro intermittente a tempo indeterminato: tale scelta è motivata dal fatto che questi ultimi lavoratori, non potendo assumere altri impegni lavorativi senza autorizzazione della direzione del Centro, hanno diritto a un’indennità di disponibilità mensile, che i lavoratori a tempo determinato non possono pretendere.

Inoltre, il Centro servizi culturali spiega come la concessione dei premi di flessibilità e del superminimo aziendale avevano lo scopo, rispettivamente,

Q di compensare il trattamento meno favorevole riservato ai lavoratori assunti a tempo indeterminato con contratto di lavoro intermittente, e

Q di creare un’affiliazione stabile del personale altamente qualificato.

Il giudice del rinvio si interroga, dunque, sulla comparabilità delle situazioni di cui si tratta nel procedimento principale, nonché sull’esistenza di una eventuale giustificazione oggettiva della differenza di trattamento tra i lavoratori a tempo determinato e indeterminato quanto alla loro retribuzione.

Quando è giustificabile la differenza di trattamento tra lavoratori a termine e a tempo indeterminato?

Normativa di riferimento

La clausola 4 dell’accordo quadro sul tempo determinato concluso il 18 marzo 1999, dal titolo “Principio di non discriminazione”, al punto 1 prevede quando segue.

“Per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive”.

La clausola 8 dell’accordo quadro, intitolata “Disposizioni di attuazione”, al punto 1 dispone inoltre quanto segue:

“Gli Stati membri e/o le parti sociali possono mantenere o introdurre disposizioni più favorevoli per i lavoratori di quelle stabilite nel presente accordo”.

La questione pregiudiziale

Come si è accennato, il giudice del rinvio è a chiedere se la clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro sul tempo determinato, debba essere interpretata nel senso che osta ad una normativa nazionale che riserva la corresponsione di alcune voci retributive ai lavoratori a tempo indeterminato, escludendo, dunque, i lavoratori a termine.

Con ordinanza motivata, la Corte di Giustizia ricorda che la clausola in esame sancisce il divieto, per quanto riguarda le condizioni di impiego, di trattare i lavoratori a tempo determinato in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a termine, salvo che non sussistano delle ragioni oggettive.

Ora, dalla giurisprudenza della Corte, risulta che rientrano nella nozione di “condizioni di impiego”, in particolare:

Q i premi;

Q gli altri elementi della retribuzione che presentano un rapporto con l’impiego dei lavoratori.

Nel caso di specie risulta che i premi di flessibilità e il superminimo aziendale di cui trattasi nel procedimento principale siano da considerarsi come rientranti nella nozione di “condizioni di impiego”, poiché sono versati al personale assunto dal Centro dei servizi culturali in ragione del rapporto di lavoro fra loro intercorrente.

D’altro canto, emerge pure che i lavoratori assunti a tempo determinato percepivano già una retribuzione oraria più elevata rispetto ai lavoratori a tempo indeterminato dello stesso settore, anche prima che i premi di flessibilità e il superminimo aziendale fossero loro riconosciuto: sicché, anche considerando tali lavoratori a tempo indeterminato comparabili, non si può comunque ritenere che i lavoratori a termine siano stati trattati in modo meno favorevole.

La soluzione della Corte di Giustizia UE

Considerando tali riflessioni, la Corte risponde alla questione sollevata dichiarando che la clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro deve essere interpretata nel senso che essa non osta ad una normativa nazionale che riserva la corresponsione di talune voci retributive ai lavoratori a tempo indeterminato, ad esclusione dei lavoratori a tempo determinato, qualora questi ultimi percepiscano una retribuzione oraria più elevata di quella percepita dai lavoratori a tempo indeterminato, anche tenendo conto, nella retribuzione di questi ultimi, di tali voci retributive.

a termine e a tempo indeterminato?

TCOEFFICIENTI DI RIVALUTAZIONE

Anno Mese Indice ISTAT di rivalutaz.

Anno Mese Indice ISTAT di rivalutaz.

rispetto a dicembre anno precedente

2018

Anno Mese Indice ISTAT di rivalutaz.

2022

(1) 1985 = 100,0

(2) 1989 = 100,0

(3) Nuovo indice calcolato senza l’incidenza della voce “Tabacchi lavorati” che dal mese di febbraio 1992 esce dal paniere di riferimento.

(4) 2010 = 100,0, gli indici di rivalutazione a decorrere da gennaio 2011, sono calcolati considerando l’indice di raccordo pari a 1,3730.

(5) Qualora l’indice Istat del mese di riferimento sia inferiore o uguale rispetto a quello del mese di dicembre dell’anno precedente, il coefficiente di rivalutazione del TFR è pari al tasso dell’1,5% rapportato a mese, non tenendo conto, pertanto, della variazione negativa che deriverebbe dal confronto tra i due indici.

(6) 2015 = 100. Gli indici di rivalutazione a decorrere da gennaio 2016 sono calcolati considerando l’indice di raccordo pari a 1,071.

C CREDITI DI LAVORO

COEFFICIENTI PER LA RIVALUTAZIONE DEI CREDITI DI LAVORO IN VIGORE DAL 1° FEBBRAIO 1998 - Luglio 2025 -

COEFFICIENTI PER LA RIVALUTAZIONE DEI CREDITI DI LAVORO IN VIGORE DAL 1° FEBBRAIO 1998 - Luglio 2025 -

COEFFICIENTI PER LA RIVALUTAZIONE DEI CREDITI DI LAVORO IN VIGORE DAL 1° FEBBRAIO 1998 - Luglio 2025 -

In caso di crediti maturati fino al 31.12.1997, l’importo del credito va moltiplicato per il coefficiente fornito ne “Il Mondo Paghe” n. 7/2004 – Tabella 1 – pag. 71, relativo al mese di maturazione cui si riferisce. Il risultato ottenuto va poi moltiplicato per il coefficiente indicato nella tabella soprastante (colonna “Ante 1998”) relativo al mese in cui si corrisponde il credito di lavoro.

Dal mese di gennaio 2011, i crediti di lavoro di competenza di anni precedenti vengono calcolati utilizzando l’indice teorico mensile, ottenuto moltiplicando l’indice ISTAT mensile per il coefficiente 1,3730 (indice gennaio 2011 = 101,2; indice teorico di gennaio 2011 = 101,2 * 1,3730).

Dal mese di gennaio 2016, i crediti di lavoro di competenza di anni precedenti, vengono calcolati utilizzando l’indice teorico mensile, ottenuto moltiplicando l’indice ISTAT mensile per il coefficiente 1,071 (indice gennaio 2016= 99,7; indice teorico di gennaio 2016= 99,7 * 1,071).

C

CREDITI DI LAVORO

COEFFICIENTI PER LA RIVALUTAZIONE DEI CREDITI DI LAVORO IN VIGORE DAL 1° FEBBRAIO 1998 - Agosto 2025 -

COEFFICIENTI PER LA RIVALUTAZIONE DEI CREDITI DI LAVORO IN VIGORE DAL 1° FEBBRAIO 1998 - Agosto 2025 -

COEFFICIENTI PER LA RIVALUTAZIONE DEI CREDITI DI LAVORO IN VIGORE DAL 1° FEBBRAIO 1998 - Agosto 2025 -

In caso di crediti maturati fino al 31.12.1997, l’importo del credito va moltiplicato per il coefficiente fornito ne “Il Mondo Paghe” n. 7/2004 – Tabella 1 – pag. 71, relativo al mese di maturazione cui si riferisce. Il risultato ottenuto va poi moltiplicato per il coefficiente indicato nella tabella soprastante (colonna “Ante 1998”) relativo al mese in cui si corrisponde il credito di lavoro.

Dal mese di gennaio 2011, i crediti di lavoro di competenza di anni precedenti vengono calcolati utilizzando l’indice teorico mensile, ottenuto moltiplicando l’indice ISTAT mensile per il coefficiente 1,3730 (indice gennaio 2011 = 101,2; indice teorico di gennaio 2011 = 101,2 * 1,3730).

Dal mese di gennaio 2016, i crediti di lavoro di competenza di anni precedenti, vengono calcolati utilizzando l’indice teorico mensile, ottenuto moltiplicando l’indice ISTAT mensile per il coefficiente 1,071 (indice gennaio 2016= 99,7; indice teorico di gennaio 2016= 99,7 * 1,071).

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Mercoledì 17 18 19 20 21 22 23 24 Giovedì Venerdì

SCADENZE

10 Ven CONTRIBUTI INPS TRIMESTRALI PERSONALE DOMESTICO: ultimo giorno utile per effettuare il versamento dei contributi previdenziali relativi al trimestre luglio - settembre 2025 per il personale domestico. Versamento tramite bollettino MAV.

CONTRIBUTI “FONDO M. NEGRI”, “FONDO A. PASTORE” E “FONDO M. BESUSSO” TRIMESTRALI: ultimo giorno utile per il versamento dei contributi di previdenza ed assistenza integrativa, rispettivamente al “Fondo M. Negri”, al “Fondo A. Pastore” ed al “Fondo M. Besusso” a favore di dirigenti di aziende commerciali, relativi al trimestre luglio - settembre 2025 Versamento tramite bonifico bancario.

MODELLO 730: il dipendente comunica al datore di lavoro/ente pensionistico di effettuare un minor o nessun acconto IRPEF/cedolare secca.

16 Gio

RITENUTE IRPEF MENSILI: ultimo giorno utile per effettuare il versamento delle ritenute alla fonte operate da tutti i datori di lavoro, sostituti d’imposta, sui redditi di lavoro dipendente e assimilati, corrisposti nel mese di settembre 2025 Versamento a mezzo dichiarazione unificata, Modello F24 “Fisco/INPS/ Regioni”.

CONTRIBUTI INPS MENSILI: ultimo giorno utile per effettuare il versamento dei contributi previdenziali, a favore della generalità dei lavoratori dipendenti, relativi alle retribuzioni maturate nel periodo di paga di settembre 2025 Versamento a mezzo dichiarazione unificata, Modello F24 “Fisco/INPS/ Regioni”.

CONTRIBUTI INPS GESTIONE EX-ENPALS

MENSILI: ultimo giorno utile per effettuare il versamento dei contributi previdenziali a favore dei lavoratori dello spettacolo, relativi alle retribuzioni maturate nel periodo di paga di settembre 2025 Versamento a mezzo dichiarazione unificata, Modello F24 “Fisco/INPS/ Regioni”.

CONTRIBUTI INPS GESTIONE EX-INPGI

MENSILI: ultimo giorno utile per effettuare il versamento dei contributi previdenziali a favore dei giornalisti professionisti, relativi alle retribuzioni maturate nel periodo di paga di settembre 2025 Versamento a mezzo dichiarazione unificata, Modello F24 “Fisco/INPS/ Regioni”.

CONTRIBUTI INPS MENSILI GESTIONE SE -

PARATA: ultimo giorno utile per effettuare il versamento alla Gestione Separata dei contributi dovuti su compensi erogati nel mese di settembre 2025 a collaboratori coordinati e continuativi. Versamento a mezzo dichiarazione unificata, Modello F24 “Fisco/INPS/ Regioni”.

770 MENSILE: invio telematico (facoltativo) all’Agenzia delle Entrate unitamente al Mod. F24 del prospetto delle ritenute operate nel mese di settembre 2025.

ADDIZIONALI: ultimo giorno utile per effettuare il versamento delle addizionali regionale/comunale su redditi da lavoro dipendente (settembre 2025).

OTTOBRE 2025

SCADENZE

20 Lun CONTRIBUTI PREVINDAI E PREVINDAPI TRIMESTRALI: ultimo giorno utile per effettuare il versamento dei contributi integrativi a favore dei dirigenti di aziende industriali e delle piccole e medie industrie, relativi al trimestre luglio - settembre 2025 Versamento tramite bonifico bancario.

25 Sab

27 Lun

31

MODELLO 730/2025 INTEGRATIVO - PRESENTAZIONE AL CAF/PROFESSIONISTA ABI-

LITATO: ultimo giorno utile per tutti i lavoratori dipendenti e co.co.co che hanno presentato il Modello 730, mediante il sostituto d’imposta, il CAF o il professionista abilitato, in caso di errori od omissioni la cui correzione comporta un maggior rimborso o un minor debito, per presentare la dichiarazione integrativa

Ven INVIO TELEMATICO DEL FLUSSO UNIEMENS: ultimo giorno utile per inviare telematicamente la denuncia mensile Un iEmens di dati retributivi e contributivi INPS per lavoratori dipendenti e parasubordinati iscritti alla Gestione separata (co.co.co, lavoratori autonomi occasionali, incaricati della vendita a domicilio e associati in partecipazione) relativa ai compensi corrisposti nel mese di settembre 2025. Presentazione all’INPS del Flusso UniEMens tramite internet.

INPS - GESTIONE EX ENPALS - DENUNCIA

CONTRIBUTIVA UNIFICATA: ultimo giorno utile per presentare la denuncia mensile unificata delle somme dovute e versate, relative al mese di settembre 2025, a favore dei lavoratori dello spettacolo.

Invio tramite flusso UniEmens.

INPS GESTIONE AGRICOLI - DENUNCIA

CONTRIBUTIVA UNIFICATA: ultimo giorno per presentare la denuncia mensile unificata relativa agli operai agricoli a tempo indeterminato, determinato e compartecipanti individuali, e loro retribuzioni, contenente i dati relativi al mese di settembre 2025 Invio tramite Flusso UniEmens.

MOD. 770: invio telematico dichiarazioni relative al 2024

CERTIFICAZIONE UNICA: invio telematico all’Agenzia delle Entrate da parte dei sostituti d’imposta della Certificazione Unica 2025 contenente esclusivamente redditi 2024 esenti o non dichiarabili tramite Mod. 730/2025 (ad es. compensi corrisposti a lavoratori autonomi titolari di partita IVA).

STAMPA LIBRO UNICO: ultimo giorno utile per effettuare la stampa del Libro unico relativamente alle variabili retributive del mese di settembre 2025.

FESTIVITÀ CADENTI NEL MESE DI OTTOBRE 2025

X Eventuali festività legate alla ricorrenza del Santo Patrono

NOVEMBRE 2025

Giovedì 9 10 11 12 13 14 15 16

Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì 17 18 19 20 21 22 23 24

Venerdì Sabato Domenica

Sabato

SCADENZE

10 Lun MODELLO 730 INTEGRATIVO: CAF e professionisti abilitati trasmettono in via telematica all’Agenzia delle Entrate i Modd. 730 e 730-3 integrativi e li consegnano a dipendenti/pensionati.

16 Dom

17 Lun

RITENUTE IRPEF MENSILI: ultimo giorno utile per effettuare il versamento delle ritenute alla fonte operate da tutti i datori di lavoro, sostituti d’imposta, sui redditi di lavoro dipendente e assimilati, corrisposti nel mese di ottobre 2025 Versamento a mezzo dichiarazione unificata, Modello F24 “Fisco/INPS/Regioni”.

CONTRIBUTI INPS MENSILI: ultimo giorno utile per effettuare il versamento dei contributi previdenziali, a favore della generalità dei lavoratori dipendenti, relativi alle retribuzioni maturate nel periodo di paga di ottobre 2025 Versamento a mezzo dichiarazione unificata, Modello F24 “Fisco/INPS/Regioni”.

CONTRIBUTI INPS GESTIONE EX-ENPALS MENSILI: ultimo giorno utile per effettuare il versamento dei contributi previdenziali a favore dei lavoratori dello spettacolo, relativi alle retribuzioni maturate nel periodo di paga di ottobre 2025

Versamento a mezzo dichiarazione unificata, Modello F24 “Fisco/INPS/Regioni”.

CONTRIBUTI INPS GESTIONE EX-INPGI

MENSILI: ultimo giorno utile per effettuare il versamento dei contributi previdenziali a favore dei giornalisti professionisti, relativi alle retribuzioni maturate nel periodo di paga di ottobre 2025

Versamento a mezzo dichiarazione unificata, Modello F24 “Fisco/INPS/Regioni”. CONTRIBUTI INPS MENSILI GESTIONE

SEPARATA: ultimo giorno utile per effettuare il versamento alla Gestione Separata dei contributi dovuti su compensi erogati nel mese di ottobre 2025 a collaboratori coordinati e continuativi.

Versamento a mezzo dichiarazione unificata, Modello F24 “Fisco/INPS/Regioni”. AUTOLIQUIDAZIONE INAIL: versamento della IV rata dei premi INAIL.

770 MENSILE: invio telematico (facoltativo) all’Agenzia delle Entrate unitamente al Mod. F24 del prospetto delle ritenute operate nel mese di ottobre 2025

ADDIZIONALI: ultimo giorno utile per effettuare il versamento delle addizionali regionale/comunale su redditi da lavoro dipendente (ottobre 2025).

NOVEMBRE 2025

SCADENZE

30 Dom

TRATTENUTA II O UNICA RATA IRPEF: i sostituti d’imposta effettuano le operazioni di trattenuta sullo stipendio della II o unica rata di acconto IRPEF per l’anno in corso.

1 Dic

INVIO TELEMATICO DEL FLUSSO UNIEMENS: ultimo giorno utile per inviare telematicamente la denuncia mensile Un i EMens dei dati retributivi e contributivi INPS per i lavoratori dipendenti e parasubordinati iscritti alla Gestione Separata (co.co.co, lavoratori autonomi occasionali, incaricati della vendita a domicilio e associati in partecipazione) relativa ai compensi corrisposti nel mese di ottobre 2025

Presentazione all’INPS del Flusso UniEmens tramite internet.

INPS - GESTIONE EX ENPALS - DENUNCIA CONTRIBUTIVA UNIFICATA: ultimo giorno utile per la presentazione della denuncia mensile unificata delle somme dovute e versate, relative al mese di ottobre 2025, a favore dei lavoratori dello spettacolo. Invio tramite flusso UniEmens.

INPS GESTIONE AGRICOLI – DENUNCIA CONTRIBUTIVA UNIFICATA: ultimo giorno per presentare la denuncia mensile unificata relativa agli operai agricoli a tempo indeterminato, determinato e compartecipanti individuali, e loro retribuzioni, contenente i dati relativi al mese di ottobre 2025

Invio tramite Flusso UniEmens.

CONTRIBUTI FASI: ultimo giorno utile per effettuare il versamento al FASI dei contributi sanitari integrativi per i dirigenti industriali relativi al trimestre ottobre-dicembre 2025

STAMPA LIBRO UNICO: ultimo giorno utile per effettuare la stampa del Libro unico relativamente alle variabili retributive del mese di ottobre 2025

FESTIVITÀ CADENTI NEL MESE DI NOVEMBRE 2025

X Sabato 1: Festività di Ognissanti

X Martedì 4: Festività civile

X Eventuali festività legate alla ricorrenza del Santo Patrono.

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