Giornalino 15 19032014

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Febbraio 2014 Periodico dell’Associazione 180amici Puglia e del gruppo studio e ricerca del entro “Marco Cavallo” di Latiano -BR-

n°15 I G L E V I ER A Editoriale del Collettivo “Marco Cavallo”

Lo stile di lavoro nel Centro Sperimentale Marco Cavallo : le riunioni e il verbale. Negli anni ’70 Franco Basaglia iniziava uno dei più radicali cambiamenti nella storia della medicina, e della salute mentale in particolare, che portò all’approvazione della legge 180/78 e alla successiva chiusura di tutti i manicomi italiani. La convinzione di base di Basaglia era quella di considerare il “malato” prima come persona e poi nella dimensione della malattia: in questa premessa dare voce ai bisogni e desideri della persona diventava essenziale ed il metodo assembleare lo spazio in cui queste voci potevano avere libera espressione. Nelle assemblee goriziane il “malato” fino ad allora recluso, sedato e spesso umiliato ritrovava la sua voce, la possibilità di esprimere la sua rabbia, il suo dissenso, le sue speranze ed i suoi sogni e di ricevere il conforto dell’ascolto e della condivisione. Continuando idealmente il percorso trasformativo iniziato da Basaglia oggi il Centro Sperimentale “Marco Cavallo” rappresenta un luogo d’incontro, di ascolto, di scambio di valori e di esperienze di vita nel quale la metodologia assembleare del “fareassieme” è il principale strumento. Nelle diverse riunioni, dall’assemblea del giovedì ai diversi gruppi di lavoro a cominciare dal “gruppo eventi”, ognuno viene considerato portatore di sapere e soggetto di diritto a cui garantire uno spazio di ascolto, confronto, fiducia e accettazione. Le riunioni pensiamo siano un momento in cui le persone sono libere di esprimere le proprie idee, le proprie perplessità, i propri dubbi in una situazione generale di coinvolgimento ed assolutamente “non giudicante”. Tutti abbiamo diritto di parola e di esprimerla in un contesto dove si è tutti “alla pari” senza differenze di genere, di età e di ruolo: si lavora collettivamente con questa premessa e con la consapevolezza che ciò che si esprime verrà condiviso, discusso e riproposto. Ed è qui che entra in gioco un secondo metodo di “lavoro”, crediamo consequenziale e imprescindibile accanto all’assemblea e cioè il verbale: questo è uno strumento di monitoraggio, lettura, analisi e verifica dei processi in atto, una sorta di memoria storica che ci permette di tracciare il futuro e l’evolversi di processi di cambiamento. Proporre un sapere, un’esperienza e riportarle a verbale rappresenta una strategia di rievocazione cognitiva ed emotiva dei momenti di condivisione assembleare. Si tratta, in altre parole, di trasmettere e apprendere qualcosa insieme così che il detto non diventi “non detto” impedendo la rimozione o la negazione di un momento, di uno sfogo, di una intuizione, di una riflessione, di una proposta. Nel mentre viene letto il verbale, all’inizio di ogni assemblea, riunione, gruppo di lavoro, si ha la netta sensazione che il riporto dei singoli interventi stimola in ognuno dei presenti molta attenzione e partecipazione e una sorta di ammirazione verso un lavoro condiviso che “procede” e “costruisce”. Per realizzare questo coinvolgimento c’è un grande impegno a riportare quanto si è detto così fedelmente da mantenere le connotazioni originali dei pensieri di ognuno; si da anche importanza all’aspetto lessicale al fine di rendere i contenuti il più possibile accessibili così che possano essere compresi e rielaborati dentro di sé con l’attenzione affinché il verbale non si traduca in semplice formalità burocratica. Leggendo, analizzando e condividendo quanto si riporta a verbale, si possono monitorare i processi in corso e individuare le variabili e le dinamiche che sono alla base di ciò che accade al fine di rendere non solo “conoscibili” ma anche replicabili gli interventi stessi nell’ottica della costruzione e divulgazione di buone prassi. Lavorando con questa metodologia esplicativa in un contesto aperto e naturale, come si caratterizza il Centro “Marco Cavallo”, si impara a sperimentare e a cogliere il vero senso delle emozioni e della realtà in cui viviamo nonché la genuinità, l’umiltà, l’umanità delle persone che ci circondano e con le quali condividiamo questa esperienza ogni giorno, il tutto in un rapporto alla pari nel quale la parola è premessa, fine e mezzo di liberazione. 1


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