Bozza 16 2

Periodico

180

ME R AVI G L I E

dell’Associazione 180amici Puglia e del gruppo studio e ricerca del Centro “Marco Cavallo” di Latiano (BR)

n°16 Giugno 2014

EDITORIALE n.16

I vecchi spazi della psichiatria, i nuovi luoghi della salute mentale

La finalità di questo editoriale è quella di sottolineare alcune considerazioni sulle connessioni possibili che si possono creare fra le caratteristiche architettoniche e strutturali utilizzate nella storia per ospitare le persone con disagio psichico e i concetti cardini che si andavano sviluppando man mano sulla malattia , la salute, la complessità dell'essere umano.

Difatti ai cambiamenti teorici in psichiatria sono seguiti, puntualmente, cambiamenti strutturali ed architettonici dei luoghi di cura.

Segue a pag.3

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I N D I C E Pag. 1 e 3 I vecchi spazi della psichiatria, i nuovi luoghi della salute mentale Pag. 4 Intelligenza collettiva al Centro Marco Cavallo di Giampietro Tescari Pag. 6 Un quotidiano di racconti di Noemi Albanese Pag. 6 Dove l’informazione diventa condivisione di Veronica Pesari Pag. 7 DA VICINO OGNUNO È SPECIALE di Francesca Delle Grottaglie Pag. 8 La visione Del film A beautiful mind di Beatrice Solito Pag. 8 Versi poetici : La sera di Maurizio Gasparello Pag. 9 Il mio arrivo al Marco Cavallo di Angelo Missere Pag.10 Foggia: Convegno “Guarire si può” – 29 Gennaio 2014 Sintesi di Cosimo Venerito Pag.11 Impressioni sul convegno “Guarire si può” Foggia 28 e 29 Gennaio 2014 di Augusta Caforio Pag.12 CONCERTO ROCK d Baldari Maria Immacolata Pag.13 LABORATORIO FOTOGRAFICO CSM Mesagne/San Pancrazio di Giordano Pariti Pag.15 VISITA AL CASTELLO SVEVO DI ORIA di Francesco Trono Pag.16 La mia esperienza in cucina di Beatrice Solito Pag.16 Le ricette di Loredana Pag.17 Convegno “L’amministrazione di sostegno in Salute Mentale” del Prof. Paolo Cendon Sintesi di Cosimo Venerito Pag.19 Documenti ufficiali del “fuori” del Centro Marco Cavallo Pag.20 Il 10 Aprile 2014 c’è stata una conferenza sull’amministrazione di sostegno , alla cittadella della ricerca. di Beatrice Solito Pag.21 Lo psichiatra nella gabbia: Riflessioni di un matto sul convegno SIP sulla “Sicurezza e Salute dell’operatore psichiatrico” 16 marzo 2014 di Federico Scarpa

COMITATO di REDAZIONE Questo è il periodico del Centro Sperimentale di Ricerca e Studio per la Salute Mentale di Comunità “Marco Cavallo” e dell’ Associazione 180amici Puglia.

Un centro del servizio Pubblico Unità Operativa di Salute Mentale Mesagne / San Pancrazio - A.S.L. BR - cogestito dall’Associazione.

Un impegno collettivo per la costruzione di un percorso di salute mentale di comunità e, nel contempo, un tragitto che porta a riconquistare i diritti di cittadinanza e renderli realmente esigibili per tutti.

Nel periodico riportiamo le esperienze di tutti i protagonisti organizzate e vissute all’interno e all’esterno del Centro.

Augusta Caforio Beatrice Solito Cosimo Venerito Davide Monte Maddalena Guida Maddalena Sterlicchio Marguerite Chirico Veronica Pesari e con la partecipazione di tutti coloro che hanno qualcosa di positivo da dire

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EDITORIALE

I vecchi spazi della psichiatria, i nuovi luoghi della salute mentale

Il modello medico-biologico attribuiva ad una lesione cerebrale la causa del disturbo psichico, la cura si fondava sul farmaco e su nuove tecniche fra le quali l'elettroshock; conseguentemente, gli spazi di "cura" (o reclusione) corrispondevano a tali esigenze "terapeutiche". In tal senso il manicomio, la sua struttura e la sua organizzazione rispondeva perfettamente alla sua funzione: difatti era collocato al di fuori del centro urbano così da separare i "pazzi" dai "normali" e proteggere in tal modo gli uni dagli altri. L'aspetto del luogo incarnava quella che era la considerazione del malato psichico: grandi stanzoni anonimi e privi di un qualunque abbellimento estetico e stanze equipaggiate alla contenzione, non una parete o una tenda a creare un minimo di intimità, non una foto a suscitare un ricordo delle proprie origini, dei propri affetti, del proprio essere. Così, il "malato", il recluso, non solo veniva allontanato dai propri affetti (poiché considerato pericoloso) e non possedeva nulla ma non aveva nemmeno uno spazio fisico reale da occupare finendo,così, per chiedersi se davvero esistesse.

Le stanze di medici ed infermieri erano ben distaccate da quelle dei degenti così da mantenere le distanze e sottolineare il rapporto di disparità medico/paziente.

Quando le mura del manicomio, idealmente, crollano,grazie alla legge 180/78 , il Centro di Salute Mentale diviene il punto di riferimento territoriale della cura e la "follia", dopo secoli, ritorna nelle "strade"; la persona, con il suo bagaglio esperienziale e i suoi bisogni, rientra in scena come protagonista. La "demedicalizzazione" del sistema di salute mentale, a questo punto, richiede un cambiamento architettonico: non più spazi di contenzione e reclusione ma luoghi di ascolto e di accoglienza. Il CSM, quindi, deve essere situato in città poiché la persona con disagio psichico è, prima di tutto, un cittadino e il luogo della cura diviene un luogo aperto, di incontro e di scambio; una soglia su cui incontrarsi, guardarsi, riconoscersi, attraverso cui si può entrare e uscire, dove si "passa" e non ci si ferma più del necessario; un sito che favorisca l'instaurarsi di relazioni e la "possibilità di scelta" da parte di chi richiede cura, ma anche della sua famiglia che, finalmente, viene riconsiderata quale dimensione integrante del processo terapeutico. Come scrive Peppe Dell'Acqua: "Il centro di salute mentale ... è il luogo della indefinizione, della decostruzione, dell'incertezza. Ma anche il luogo della rassicurazione, della ricomposizione, della riflessione" Quindi un Centro che ha la presunzione di fare salute mentale deve garantire la sua attraversabilità, la contaminazione e l'uso collettivo degli spazi, e contemporaneamente la possibilità di un uso riservato, privato, sicuro.

In questa dimensione si muove il Centro Sperimentale "Marco Cavallo" dove insieme alla cura degli spazi si da importanza prioritaria alla creazione di buone relazioni attraverso il rispetto e l'ascolto, oltre alla individuazione collettiva di nuove e concrete possibilità di vita.

Disegno ideato e realizzato da Vicenzo Malorgio

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TESTIMONIANZE Intelligenza collettiva al Centro Marco Cavallo di Giampietro Tescari Durante il Forum Salute Mentale a Siracusa in Sicilia il 29/07/2013 Franco Rotelli, psichiatra e Consigliere alla Regione Friuli Venezia Giulia, rilevava che: “L'intelligenza collettiva ha stabilito che soltanto attraverso la moltiplicazione di legami sociali e delle opportunità di vita si può immaginare di aiutare le persone ad aiutare sé stesse.

L'intelligenza collettiva dice che è molto meglio poter insegnare a trattare le persone attraverso una relazione interpersonale, collettiva, sociale che non attraverso gli strumenti chimici.

L'intelligenza di tutti è mantenere contatti, arricchirsi, crescere continuamente, perchè questa vicenda (n.d.r. il problema della salute mentale) non avrà e non può avere fine, non ha una soluzione definitiva e noi tutti dobbiamo prendercene carico.”

Riporto solo 3 punti sui 24 che costituiscono un testo-guida per chi si occupa di salute mentale e che potete leggere sul sito del Forum Salute Mentale al seguente indirizzo: http://www.news-forumsalutementale.it/intelligenza-collettiva-e-salute-mentale/ Penso che l'INTELLIGENZA COLLETTIVA sia la capacità, propria di una comunità di persone, di esprimere idee e compiere azioni mirate al benessere collettivo e quindi a quello personale.

Ho sentito una grande corrispondenza del senso di questo concetto con l'attività del Centro Marco Cavallo di Latiano.

Vivo a Cisternino e per motivi di distanza e anche di tempo non posso frequentare assiduamente il Centro.

Ma spesso partecipo ai “Giovedì del Fareassieme”, giorno in cui il Marco Cavallo si apre alla cittadinanza e alle visite di amici e curiosi.

Ci si riunisce in cerchio nella bella sala centrale, in tante persone diversissime tra loro: ragazze e ragazzi del Marco Cavallo ancora presi dagli impegni del Centro, visitatori magari un po’ imbarazzati, amici distratti da chiacchiere personali ... insomma una .piacevole, rilassata confusione.

La lettura del verbale della precedente riunione porta un po’ di silenzio e l’atmosfera cambia: aumenta l’attenzione, a poco a poco dallo “stare insieme” si passa al “fare assieme”: Mi ricordo 3 anni fa quando partecipai la prima volta, il mio primo intervento: non è facile parlare davanti a 30-40 persone che magari non conosci, e poi magari stai anche male o sta male qualcuno della tua famiglia!

Quella volta parlai, chiesi aiuto perché non sapevo più cosa fare per risolvere una situazione allora drammatica: non dissi niente di particolare, di importante, di bello ... ma mi sfogai e anche se nessuno mi diede soluzioni “pronte”, sentii vicinanza, fiducia e anche l’esperienza di chi avevo davanti. E mi sentii bene, provai una sensazione di benessere capii che lì c’era qualcosa di particolare...

Il “Fareassieme” del giovedì è fatto di parole, di emozioni, di scambi a volte silenziosi, di sorrisi ma anche di sfoghi amari, di resoconti tecnici ma anche di sogni raccontati, di proposte e di verifiche, insomma è un laboratorio di spontaneità e di idee che qualcuno può giudicare come “solita minestra” fatta di tante parole e pochi fatti.

Non è così. Molte delle idee che sono emerse nei “Giovedì del Fareassieme” sono state poi sviluppate e portate avanti nelle attività del Centro Marco Cavallo; molte persone accolte nei Giovedì hanno poi continuato a venire e sono diventate frequentatori fissi del Centro; molte iniziative che si originano spontaneamente in quegli incontri hanno avuto in seguito un rapido sviluppo.

E' capitato e capiterà che qualcuno abbia espresso emozioni intense, magari un momento di crisi.

In questi casi il gruppo ha sempre reagito con calma direi con saggezza, con vicinanza... con INTELLIGENZA COLLETTIVA. E l'effetto è stato rinfrancante sia per chi in quel momento ha perso il controllo sia per l'assemblea di persone che piano piano ha ripreso proficuamente la discussione e l'attività.

Nel corso del tempo i “Giovedì del Fareassieme”sono diventati un metodo sperimentato di riunione collettiva dove per tutti c'è un posto, senza distinzione di ruoli (spesso gli ultimi venuti chiedono con circospezione chi fra i presenti sia medico e chi l'ammalato …).

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L'INTELLIGENZA COLLETTIVA non fa distinzione di ruoli, ci porta a sentire solo l'umanità delle persone, ci fa sviluppare la capacità di dare ma anche ricevere conforto e ci fa sperimentare il piacere della relazione sociale.

A tutto ciò si aggiunge che il costo economico di queste iniziative è assolutamente sostenibile: si tratta di offrire un posto, un luogo in cui incontrarsi e per i partecipanti di offrire un po' di tempo e di passione!

Mi chiedo perché i CSM non si orientino a percorsi sociali di guarigione, lo chiedo apertamente a qualche dirigente sanitario che volesse dedicare una risposta, offrire un diverso punto di vista sulla questione anche qui nel giornale.

Dopo 3 anni di frequentazione sono diventato consapevole che la particolarità di un posto come il Marco Cavallo di Latiano è solo il frutto di un grande lavoro spesso sconosciuto e a volte anche ostacolato che molti medici (o, come li chiama Rotelli, 'ingegneri sociali'), nel nostro caso il dott. Minervini, hanno applicato, seguendo più che un metodo, le pratiche di Franco Basaglia e di chi ha continuato il suo lavoro.

Mi sono avvicinato a quelle esperienze, attraverso la lettura dei libri di G. Scabia, di P. Dell'Acqua, di F. Ongaro Basaglia e, a Trieste, ho avuto anche la fortuna di vedere un documentario del 1960 di un regista finlandese che aveva filmato un’Assemblea (così si chiamava) nel manicomio di Gorizia dove Franco Basaglia cominciava il suo incredibile lavoro che ha portato alla chiusura dell’istituzione manicomiale in Italia.

Nel filmato gli utenti del manicomio discutevano con grande saggezza e buonsenso sulla richiesta del regista di filmarli: con una decisione collettiva accettavano di farsi riprendere ma chiedendo in cambio, giustamente, una cifra in denaro ... anche questo tipo di atteggiamento molto pratico è frutto dell'INTELLIGENZA COLLETTIVA di un gruppo

Foto ricordo: alcuni momenti dell ’assemblea del fareassieme nella sala Basaglia

Foto storica in bianco e nero: gruppo Triestino con Franco Basaglia

Foto ricordo: alcuni momenti dell ’assemblea del fareassieme nella sala Basaglia

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Laboratori del Centro “Marco Cavallo”

Un quotidiano di racconti di Noemi Albanese In una delle tante riunioni del gruppo eventi che si tengono nel nostro centro ogni martedì pomeriggio, la nostra cara Veronica propose di dar vita ad un laboratorio giornaliero di lettura giornale; l'idea era di dedicare ogni mattina un'ora, dalle 12.00 alle 13.00, durante la quale dare spazio alla lettura di quotidiani di informazione che affrontassero varie tematiche. La proposta è stata accolta da tutti i presenti, suscitando curiosità e voglia di provare a sperimentare anche questo nuovo laboratorio. Qualche giorno dopo la riunione, Veronica, mi propose di affiancarla in questa nuova esperienza, io accolsi la sua richiesta con grande entusiasmo e il giorno seguente alle ore 12.00 si diede il via al laboratorio.

Da allora, ai partecipanti,vengono aperte le porte della nuova sala relax, nella quale ci ritroviamo tutti seduti sui nostri accoglienti divani e cominciamo a turno a leggere due/tre articoli al giorno e a discuterli assieme. Con il passare dei giorni è andato sempre più aumentando il numero delle persone interessate. La cosa bella è che partendo dalla lettura di un articolo, al termine del quale chi ne ha voglia offre un proprio commento, si termina con l'affrontare una serie di temi o problemi personali che non riguardano strettamente l'articolo trattato. La mia riflessione è che momenti come questi aiutino le persone non solo ad aggiornarsi ma anche a confrontarsi con gli altri condividendo le proprie opinioni e le proprie esperienze. Per tale motivo credo che sia opportuno facilitare e creare molto più spesso situazioni come queste perché in fondo ognuno di noi ha qualcosa da esprimere e raccontare.

Dove l’informazione diventa condivisione di Veronica Pesari Una luce naturale e soffusa illumina, dalle grandi vetrate, i comodi divani della nuova sala relax. Quello che fino a poco tempo fa era esclusivamente luogo ricreativo da un pò di tempo a questa parte, dalle ore 12 alle 13 circa, è divenuto sede di un nuovo laboratorio di lettura del giornale. Uno dei partecipanti legge un articolo mentre gli altri ascoltano; terminata la lettura ognuno esprime la propria opinione sull’argomento.

Non nascondo che, inizialmente, c’era il timore che il nuovo laboratorio non riscuotesse sufficiente interesse e che, anzi, potesse essere elemento di disturbo, poiché attuato in un luogo in cui, per definizione, ci si dovrebbe rilassare e cercare un momento di riposo dal lavoro. Mai avrei immaginato che, a dispetto delle mie basse aspettative, quell’ora sarebbe diventata un momento di condivisione e di riflessione profonda durante la quale la lettura dell’articolo quotidiano diviene semplice spunto per altri argomenti che, spesso, deragliano dal classico binario dell’informazione; voli pindarici che dal problema dell’inquinamento passano alla salute mentale, dalla legalizzazione delle droghe leggere a racconti di esperienze o disagi personali con le istituzioni, con la famiglia o nella società in generale. Qualcuno, di tanto in tanto, fa capolino dalla finestra interna della Sala Relax e resta ad ascoltare. Quello che dovrebbe essere laboratorio di lettura, così, si trasforma in un momento di condivisione sfiorando, talvolta, il coinvolgimento emotivo di un gruppo di Auto-Mutuo-Aiuto. I partecipanti si scambiano rispettive opinioni senza remore o censure ma con diplomazia e rispetto in un clima di ascolto attivo. È sorprendente come, alcuni dei partecipanti ,riescano ad aprirsi, ad esporre le proprie problematiche, personali si, ma che fungono da esempio per tutti poiché spesso il coraggio di uno può spianare la strada a qualcun altro “io ho vissuto ciò che stai vivendo e adesso sto meglio” Nelle discussioni si scorge un’apertura mentale e una maturità tale da permettere un incontro/scontro di opinioni alla pari che permette la realizzazione di un momento di informazione e formazione allo stesso tempo.

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I laboratori del centro “Marco Cavallo” DA VICINO OGNUNO È SPECIALE di Francesca Delle Grottaglie - PROGETTIPERCOMUNICARE

Sono le 13.00, anche per oggi la “lezione” è finita. Ci congediamo con un arrivederci rivolto a tutta la “classe”. Scendendo per le scale salutiamo anche il cavallo blu, a noi ormai familiare, che dalla sua altezza sembra indicarci il portone di legno dal quale usciremo: ancora una volta cambiati.

Da più di un mese, con cadenza settimanale, noi dello staff di Progettipercomunicare andiamo, in qualità di formatori, al Centro Marco Cavallo a Latiano, per condurre il Laboratorio di web design, che avrà come esito, tra gli altri, la realizzazione del sito web del Centro.

Nei primi incontri abbiamo presentato gli strumenti e le tecniche per approntare la mappa del sito, per la quale è risultato fondamentale un ragionamento sugli argomenti cui attribuire maggiore o minore rilevanza; abbiamo poi approfondito la scrittura per il web, nei suoi aspetti contenutistici e formali.

Come spesso accade, il tentativo di costruire l’architettura di un sito web, implementando poi contenuti significativi ed efficaci dal punto di vista comunicativo, ha reso necessaria, di volta in volta, una riflessione sulla propria identità, sugli scopi, su ciò che si ritiene di maggiore importanza e ciò che può restare leggermente in secondo piano.

Ci è sembrato da subito, di per sé, un bel risultato che andava emergendo in itinere.

Ma quello che sta accadendo e che accade al Centro Marco Cavallo è qualcosa di più.

Il laboratorio, che vedrà, infine, pubblicato lo spazio del Centro nella rete e che sta permettendo ai partecipanti di acquisire informazioni e competenze, contribuendo probabilmente a una riflessione e una conoscenza più profonda di sé e dei propri obiettivi da parte del gruppo, è un processo del tutto condiviso e partecipato.

Ci occupiamo di comunicazione, perciò non abbiamo l’ardire di esprimere le nostre opinioni in merito ai metodi impiegati dal Centro Marco Cavallo per trattare la salute mentale ed il disagio psichico. Ma è pur vero che non possiamo dirci esclusi da questo bell’esempio di comunità democratica.

Quello che fin da subito ci è sembrato evidente, e che sta rappresentando quel “valore aggiunto” al nostro lavoro, è che nel Centro Marco Cavallo non si “trattano” grandi categorie, ma si lavora (insieme) con persone. Le persone, tutte insieme, tutte diverse - per ruoli, esperienze, caratteri - progettano, discutono (e appassionatamente!), elaborano e rimettono in discussione, realizzano. Anche un sito web.

In questa dimensione di incontro, di negoziazione continua, ognuno è libero di esprimere la propria idea, perché le idee hanno pari dignità, e facendolo, esprime un poco se stesso.

In tale contesto noi ci poniamo se mai da facilitatori, ma anche, come ogni membro del gruppo, da apprendisti: continuiamo ad imparare ad ascoltare, a dire, a cambiare opinione, a suggerire, ad offrire. Impariamo ad assumere i tanti punti di vista, e, forse, a non temerlo, se imparare si può… continuando a sentirsi ognuno un po’ speciale.

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Giovedì Culturale del Centro “Marco Cavallo”

La visione Del film A beautiful mind di Beatrice Solito Il 20 febbraio del 2014, c'è stata al Marco Cavallo la proiezione del film "A beautiful mind": è la storia di un giovane affetto da disturbo psichico, allo stato grave.

Nonostante tutto, egli diventa un professore universitario. Si realizza nella vita privata sposando una giovane studentessa da cui nasce anche un bimbo. Il film termina con la premiazione del Nobel al professore. Il film mi ha toccato molto: si tratta di una storia vera di un giovane con un grave disturbo mentale che nonostante tutto riesce a realizzarsi nella vita professionale e famigliare. Laureato giovanissimo, ben presto inizia ad insegnare. Subisce anche un ricovero..

E’ una storia di sofferenza, ma anche di speranza e di vittoria, lascia anche uno spiraglio di salvezza per le persone. Mi ha molto colpito la storia d'amore con la giovane studentessa poi sposata: c'è la presenza di questa moglie che lo assiste, lo affianca, lo sostiene, lo ricopre del suo amore.

Tutto questo è importante per chi soffre di un disagio psichico. Si tratta infatti della cosiddetta rete di protezione. Infine , la storia del giovane professore termina con una grande vittoria: la sua vita infatti, sebbene sia fatta di sofferenza, di allucinazioni, di persecuzioni, riesce a realizzarsi, trionfando con un Nobel, affiancato sempre dalla moglie. La storia mi ha colpito molto: infatti in questo percorso di malattia a volte ci si sente soli, a volte inutili e spesso non si vede una via d'uscita ed il ritorno nel mondo normale. C'è l'interrogativo: posso farcela? Il film da una risposta ai miei interrogativi: c'è la posso fare anch’io!

La sera

Versi poetici

La sera si fa vicina; batte all’assiolo nel silenzio, cerca un punto per fermarsi, mentre il mare non ha più i suoi colori.

Scorre impossibile il tempo, non sa se il cielo mattutino è in cerca di amori.

Qualcosa potrà dire il suo colore azzurrino, un legno cerca un anfratto tra gli scogli e rileva tutta la sua solitudine.

Il sole luccica di prima mattina, dove la pazienza lascia il suo limite, dietro una delicata brezza.

Alla misura di ogni cosa, alla pioggia che ha bagnato la pietra, al vento che ha asciugato ogni lieve saggezza dell’eterno amore.

Maurizio Gasparello

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TESTIMONIANZE

Il mio arrivo al Marco Cavallo di Angelo Missere La prima volta che ho messo piede nel centro "Marco Cavallo", in un attimo tutte le mie aspettative sono state completamente stravolte.

Ero a conoscenza in maniera molto superficiale della legge 180 e di tutti gli sviluppi nelle legislazioni regionali, ma questo posto nel mio immaginario era descritto sempre come un luogo in qualche modo istituzionalizzato, dove lunghi camici bianchi delimitavano in maniera netta il "paziente" e dottori in una sorta di gioco delle parti.

Il primo giorno in cui sono entrato in questa struttura, sono stato catapultato in una realtà totalmente nuova, diversa da quella che si studia sui libri o di cui spesso si sente parlare. Ma prima di raccontare in che modo le mie aspettative sono state stravolte, incominciamo per gradi.

Mi chiamo Missere Angelo, laureato in Sociologia, indirizzo crimine e devianza, precedentemente diplomato come perito in elettronica e telecomunicazioni.

L'idea di iniziare a fare parte di questa realtà è iniziata in un certo senso, il giorno in cui, studiando sul manuale di sociologia ho letto devianza: “comportamento” che si distacca dalle norme di un gruppo e a causa del quale l’individuo che lo mette in pratica può venire isolato o sottoposto a trattamenti curativi, punitivi o correttivi. Da qui ho pensato: va bene, questo accade a chi devia, a chi decide deliberatamente di non seguire le norme di una determinata società, ma cosa accade a chi nella sofferenza può assumere comportamenti a volte poco accettati socialmente? Tali risposte i manuali, per quanto esaurienti possano essere, non sono mai soddisfacenti quanto un’esperienza diretta.

Quindi, una volta "incoronato" dottore in sociologia (nonché come neo disoccupato) è iniziato il mio percorso tortuoso lungo le strada del web, alla ricerca disperata di un'occupazione, all'inizio coerente con la mia laurea, ma parallelamente coerente con le altre competenze informatiche. Ma in entrambi i fronti, nulla all'orizzonte.

Il giorno della svolta è stato un giovedì in cui sono entrato per la prima volta all’interno del Marco Cavallo, che a prescindere dalla mia permanenza, difficilmente dimenticherò.

Ricordo che varcata la soglia del centro trovai l’ingresso della struttura dominato dal Cavallino blu. Paradossalmente, non sono stato attratto da questo sorta di totem, simbolo ormai di comunità per tutti coloro che coesistono in tale realtà. A catturare la mia attenzione è stata una scritta sul muro, poco distante dal cavallo la quale citava più o meno così: "Da vicino nessuno è normale". In principio il significato per quando banale possa sembrare non mi è stato subito chiaro.

Entrato nel centro, musica proveniva da una grande sala. E’ stato in quel momento che tutti i pregiudizi, i preconcetti riguardo tale strutture sono stati cancellati immediatamente, come un computer a cui viene a mancare bruscamente tensione: perdita di dati a cui immediatamente vengono sostituiti degli altri.

Davanti ai miei occhi stupiti si presentava uno scenario che difficilmente avrei mai pensato di vedere: dottori, operatori e coloro che pochi secondi prima avrei pensato pazienti nel senso stretto del termine, ballavano tutti insieme in un unico grande gruppo. I dottori che sino a pochi secondi fa, avevo creduto come persone schermate dal loro ruolo, che dall'alto eseguono semplicemente il loro dovere in maniera asettica, come accade canonicamente in ogni ambito professionale, erano in mezzo alla pista da ballo insieme ai "pazienti". In quel frangente ho compreso il significato della frase nell'ingresso: “da vicino nessuno è normale”. In quel contesto mi sentivo io l’anormale. Sorpreso dalla rottura degli schemi, sorpreso da tanta accoglienza, sorpreso nel non riconoscere in nessuno chi fosse il paziente mi auto etichettavo “pazzo”.

Pazzo perché ero imbarazzato nel non unirmi a ballare in mezzo agli altri, pazzo perché avevo dei preconcetti sbagliati. Pazzo perché ero all'oscuro di questo mondo.

Ad oggi, saranno passati due mesi o poco più da quando la realtà del Marco Cavallo mi ha accolto e con esso tutte le persone che sono all'interno. Da osservatore partecipante, pian piano cerco di diventare membro attivo di tale contesto e nel mio piccolo ( piccolo, piccolo) giorno per giorno ci metto del mio. I giorni all'interno della pancia del Marco Cavallo, passano in fretta e puntualmente ogni volta torno a casa con un esperienza in più, ampliando man mano le conoscenze riguardo a tale mondo che fino a poco tempo fa immaginavo come un grigio e asettico edificio.

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Il “fuori” del collettivo “Marco Cavallo

Riportiamo una sintesi dell’intervento del Dott. Angelo Righetti, psichiatra ed esperto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità , tenutosi a Foggia, nel convegno “Guarire si può” del 28 e 29 gennaio 2014 : Reali piani di ‘ripresa’ che rientrino nel vocabolario di professionisti, politici e amministratori attraverso un nuovo Piano d’Azienda Nazionale sulle malattie mentali che parlino di diritti della gente e di appositi servizi da costituirsi in ogni regione.

Tutti coloro che sono intervenuti nelle due giornate hanno costatato e il collettivo del “marco cavallo” con rammarico ha avuto conferma che a 35 anni dalla legge 180 (la rivoluzione Basagliana), le risorse economiche, specialmente nel sud, sono erogate per l’80% ai privati a discapito dei servizi pubblici.

Foggia: Convegno “Guarire si può” – 29 Gennaio 2014 Dott. Angelo Righetti, Psichiatra Esperto Organizzazione Mondiale della Sanità

Sintesi a cura di Cosimo Venerito Il pensiero di Franco Basaglia continua ad essere vivo soprattutto nella considerazione che forse non potremo cambiare tutto ciò che vorremmo, ma possiamo cambiare noi stessi influenzando fortissimamente la realtà per farla cambiare.

Dove cambiare significa che non uno, ma tanti si mettono nella disponibilità di essere una risorsa per gli altri.

C’è un diritto da cui nascono tutti gli altri diritti, che riguarda ciascuno di noi ed è il diritto ad occuparsi degli altri senza nessuna finalità di potere o di denaro, ciascuno di noi vuole trovare il modo di affermare il diritto ad occuparsi degli altri senza finalità di potere o di denaro. È ragionando intorno a questa ipotesi che si è costituito il nucleo di lavoro sui budget di salute.

Per quel che riguarda le malattie croniche e cronico-degenerative della Salute Mentale, da cui non si guarisce, è scientificamente dimostrato che I fattori che permettono un miglioramento delle persone non sono medicali, ma collegati all’ambiente e al fatto di poter vivere, lavorare, abitare in un luogo scelto. Tutti fattori esterni di malattia, ma è proprio su quei fattori che bisogna lavorare per avere una prognosi positiva in una situazione di grave malattia mentale, per questo l’apertura dei CSM a 24h, con caratteristiche di non eccessiva medicalità, collocati dentro la comunità e accessibili dalle persone.

Partendo dal pensiero Freudiano, secondo cui la salute mentale è amare e lavorare, bisogna creare un sistema di accoglienza, un sistema di welfare che renda l’ambiente stimolante e affettivo, fattori che modificano il cervello, che al contrario di quanto si pensava fino a poco tempo fa, è un organo plastico e l’unico combustibile che utilizza per modificarsi è proprio l’ambiente. Poiché l’origine della conoscenza è negli oggetti, sono gli oggetti che ci conoscono prima che noi conosciamo loro e quindi orientano la nostra possibilità di conoscenza; se noi non riusciamo a voler bene al nostro ambiente, al nostro territorio, noi ci tagliamo fuori dalla conoscenza e ci tagliamo fuori dall’ accoglienza e quindi per dare la possibilità di allargare la salute mentale e di qualificarla dobbiamo occuparci anche di come modificare l‘ambiente.

Qui entra in gioco l’aspetto economico, le persone con sofferenza mentale nella maggior parte o sono povere o lo diventeranno; il budget di salute è la riconversione dei soldi spesi per rendere produttivi gli anziani, i disabili, le persone con malattia mentale, è la riconversione di quei costi in investimenti produttivi di salute e di sviluppo locale, sviluppo economico. I soldi si utilizzano dandoli figurativamente alle persone che li girano alla propria organizzazione associativa o cooperativa. In questo modo l’ organizzazione può fare investimenti finalizzati a dare un reddito da lavoro, una possibilità di abitazione, e stimola la creazioni di relazioni perché la persona diventa socio della propria cooperativa o associato alla propria associazione.

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Il “fuori” del Centro Marco Cavallo

Impressioni sul convegno “Guarire si può” Foggia 28 e 29 Gennaio 2014 di Augusta Caforio

Il 28 e il 29 Gennaio 2014 a Foggia si è tenuto un convegno dal titolo “Guarire si può”, che ha messo a confronto persone fra le quali quelle che hanno vissuto e vivono esperienze di disagio psichico, famiglie, operatori di servizi sia pubblici che privati. Non è mancata la presenza dell'assessore Elena gentile (Assessore alla salute e al Welfare Regione Puglia), il secondo giorno, di altre autorità civili e dell'artista- cantautore Antonio Silvestri, nonché la proiezione del film in/visibili di Antonio Fortarezza.

La nostra associazione è stata inserita nel programma e quindi ha avuto il suo spazio per esprimersi e proporsi con degli scritti (documenti indiretti), condivisi da tutto il Centro Marco Cavallo e presentati rispettivamente dal nostro vice presidente ("Quale psichiatria oggi in Puglia") il signor Cosimo Venerito e dal nostro tesoriere (intervento sull'associazione e le sue esperienze) il signor Gennaro Di Nota.

Essa si è adoperata, nei giorni precedenti il convegno, nella stampa di materiale informativo da divulgare anche a Foggia (volantini e diverse copie di due numeri del periodico 180Meraviglie). Così ha ottenuto un piccolo sito nella saletta antistante la grande sala deputata al convegno, per esserci, con le sue autentiche forze e il suo stile contaminatore e avvolgente. Non c'erano altri tavolini se non il nostro.

Con enorme sorpresa, prima di entrare nello stabile dell'ordine dei medici, ho visto Marco Cavallo di Trieste vero, posizionato nello spazio tra il cancello e l'entrata dell'edificio: non l'ho neanche toccato, non ho avuto grandi sensazioni, è stato come se ci conoscessimo da molto ormai. Conosco la sua storia, ciò che ha simboleggiato e ciò che simboleggia ancora oggi. Accanto a lui c'era un identico junior, costruito dopo il nostro, quello di Latiano è stato primo figlio. Tra lo junior di Latiano e lo junior dell' Associazione Cittadinanza Attiva c'è una differenza formale molto grande. Noi sappiamo che, "di carattere", Marco Cavallo di Trieste e Marco Cavallo junior di Latiano, seppur diversi fisicamente, si somigliano, hanno in comune qualcosa. Spero che junior della provincia di Foggia non abbia solo una somiglianza fisica col Senior di Trieste. Si sa, i figli a volte prendono strade che non sono quelle consigliate dai genitori...

A parte un pò di "animismo", come si fa e come fanno i bambini che non hanno ancora sviluppato una logica astratta, comincio col parlarvi di alcuni aspetti in comune del convegno, quindi di alcune somiglianze. Peppe Dell'Acqua, psichiatra, già direttore del DSM di Trieste, adesso in pensione e docente di Psichiatria Sociale dell'Università di Trieste, ha parlato a lungo sull'argomento "Quale psichiatria oggi". Dalla sua relazione è' emersa un'esigenza di fondo, cioè quella che i CSM non vengano accorpati non vengano ridotti a poche ore. Il Dottor Dell'Acqua ha posto, inoltre, l'accento forte sullo scandaloso atteggiamento manicomiale (telecamere, contenzione) che impera ancora nella stragrande maggioranza dei Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura (reparti psichiatrici), affermando che, ancora oggi, solo in qualche rara eccezione non esiste tale realtà.

Peppe Dell'Acqua ha relazionato col suo stile ottimista, non facendo mancare la temperata e allo stesso tempo provocatoria riflessione sul perché le risorse economiche in Puglia non vengono orientate diversamente, per esempio a favore dei CSM che devono essere di 24 ore. Una tra le sue espressioni è stata: " Gli SPDC devono sotto determinarsi ai CSM". Ciò mi ha fatto riflettere su quanto importante debba essere un Centro di Salute Mentale e quanta urgenza ci debba essere affinché non vengano aperti solo poche ore (molti sono a 6 ore, fra i quali Mesagne) o addirittura accorpati. In sintesi, sulla stessa lunghezza d'onda, è intervenuta la nostra associazione (si veda intervento pubblicato sul numero precendente).

E così, Marco Cavallo di Trieste e Marco Cavallo di Latiano "si sono espressi" nelle somiglianze.

Dalle altre relazioni del convegno è emerso ancora che i ⅔ delle risorse per la salute mentale sono distribuiti al privato e al resto, a discapito dei CSM. Ciò è stato ribadito anche dal sociologo Franco Gugliotta. Una speranza ho potuto nutrire nella prima giornata del convegno: da parte dei più (direttori- medici) c'è la volontà di impostare un nuovo piano di riconversione delle risorse, da proporre, eventualmente, in qualche tavolo regionale.

Peccato che l'assessore Gentile è stata presente solo il secondo giorno. La mia speranza è intrisa anche di dubbio: "C'è davvero la volontà politica negli amministratori di riconvertire le risorse?" Sono state solo parole? Dobbiamo lavorare tutti, a vari livelli, per le emergenze sopra descritte.

NOTA: Per eventuali approfondimenti l'associazione conserva nei suoi archivi, presso il centro Marco Cavallo in Latiano, le riprese del convegno.

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Giovedì culturale del Centro “Marco Cavallo”

CONCERTO ROCK d Baldari Maria Immacolata Il nostro centro sperimentale Marco Cavallo, che si occupa dello studio e ricerca della salute mentale di comunità, ci riunisce tutti con eventi di svariato genere, culturali e sociali. Ogni appuntamento segna tutti noi con soddisfazione, ammirazione e interesse. Ogni incontro rappresenta sempre qualcosa di nuovo, in quanto è pieno di novità e oltre a preparaci culturalmente il nostro centro ci fa crescere interiormente. Partendo dal fatto che tanti di noi insieme condividiamo tutto, e questo “tutto” ci fa ritrovare insieme alla pari come una grande famiglia. Ma questa famiglia è strana in quanto non ha origini di appartenenza ed al suo interno, nonostante le distinzioni di ruolo per motivi istituzionali, non sussistono distinzioni umane e sociali. Appartengo a questa famiglia da circa due anni come volontaria, essa mi ha arricchito umanamente dandomi l’opportunità non solo di dare ma anche di ricevere.

In data 20 Marzo 2014 abbiamo ospitato un gruppo musicale rock costituito da giovani poco più che ventenni, che con la loro energia e la loro musica, ci hanno coinvolti in un sano e puro divertimento. Grazie a quest’ evento ho vissuto diverse emozioni, in quanto amo la musica di ogni genere essendo madre di due figli che amano e suonano lo stesso genere di musica, ma, che per motivi di lavoro, distano da me 2.000 km; come per magia guardando il gruppo è stato come avere i miei ragazzi lì di fronte a me ed io tifavo, gioivo, esultavo, speravo ed ero felice per loro e con loro. In quel momento ho vissuto la distanza dai miei ragazzi senza ostacoli di km. Questo gruppo ha coinvolto tutti nello star bene insieme ancora una volta. Al termine, i concertisti come ulteriore regalo, ci hanno offerto un video che commentava tutto con una sola parola “SORRISO” e posso dirvi che ce ne hanno regalato davvero tanto. Non me ne vogliate, ma io lo dico sempre, niente e nessuno ci darà mai l’opportunità di vivere emozioni intense e svariate come ce le dà il nostro Centro Marco Cavallo.

FOTO RICORDO: i musicisti e parte del collettivo del centro Marco Cavallo nella sala “Franca Franco Basaglia”.

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Il “fuori” del collettivo “Marco Cavallo”

LABORATORIO FOTOGRAFICO CSM Mesagne/San Pancrazio di Giordano Pariti Quando ho proposto al CSM di Mesagne/San Pancrazio la possibilità di realizzare un laboratorio fotografico, avevo stilato un progetto in cui mi impegnavo ad offrire le nozioni base per la conoscenza della fotocamera e per l’apprendimento delle varie tecniche fotografiche.

Nella mia mente avevo delineato un percorso decisamente “tecnico”, ma la variabile umana che da subito si è sorprendentemente presentata nell’interazione con i partecipanti ha dato una virata al progetto spostando l’asse dal tecnicismo alla condivisione di una esperienza.

Tutti, da subito, hanno dimostrato grande interesse per la conoscenza del mezzo fotografico e continuamente mi hanno stimolato con domande pertinenti e appassionanti; già al secondo incontro alcuni di loro avevano acquistato una macchina fotografica ed erano curiosi di scoprirne l’utilizzo e i modi di fotografare.

Anche la diffidenza nel farsi ritrarre dai loro amici è stata prontamente superata nel momento in cui siamo usciti fuori, in campagna, e ognuno di loro è diventato per il proprio amico, prima modello e poi fotografo.

Ho sperimentato la loro viva partecipazione ma anche il loro profondo coinvolgimento in questa avventura che mi faceva attendere ogni incontro come una piccola festa tra amici.

Nel corso delle video-interviste realizzate per il progetto finale del laboratorio, Davide ha dichiarato: “Quando siamo usciti non era tanto importante per me scattare una foto bella quanto vedere che chi era accanto a me collaborava e stava bene insieme a tutti noi”, Giuseppe ha aggiunto: “Ero piuttosto chiuso ed introverso invece il corso di fotografia mi ha dato la possibilità di socializzare e condividere questa esperienza insieme agli altri”, e infine Viviano: “La fotografia permette di superare i muri che esistono tra me e gli altri, mi offre la possibilità di incontrare gli altri”.

Un laboratorio, quindi, che all’acquisizione delle nozioni tecniche ha aggiunto un prezioso valore umano di condivisione e crescita personale, in cui il fare gruppo è diventato integrazione e rispetto delle esigenze e dei tempi, propri e degli altri.

Siamo partiti dalla conoscenza dell’apparecchio fotografico, del suo modo di funzionare, abbiamo introdotto le varie modalità di scatto, sperimentato la fotografia nelle differenti condizioni di luce, i tempi di posa e l’apertura del diaframma, con espedienti pratici che hanno molto divertito (soprattutto lo scatto con i tempi lenti).

Abbiamo fotografato gli oggetti su fondo neutro ed ho introdotto alcune regole di composizione fotografica, tra cui la “regola dei terzi”, che i partecipanti hanno messo in pratica ritraendo, in aperta campagna, sé stessi e il paesaggio.

E’ stato molto gratificante per me constatare il modo in cui, attraverso la fotocamera, ognuno mutava il proprio sguardo sulla realtà; dal paesaggio la loro attenzione si è spostata sempre più verso il particolare, un singolo albero, un gatto, fino a valorizzare i piccoli fiori o le mattonelle di un pavimento.

Foto ricordo: Giordano e Davide durante il laboratorio fotografico

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Il “fuori” del collettivo “Marco Cavallo Vincenzo ha affermato: “Con la fotografia abbiamo posto la nostra attenzione su una cosa che per altri é nulla (una chincaglieria), e abbiamo imparato a valorizzarla”, Paolo: “Con la fotografia puoi fissare il tuo sguardo su qualcosa che ti è piaciuto, per me è romanticismo, poesia, teatro. Puoi riflettere, comunicare parlare con un amico sul significato di un'immagine, cosa che non avviene quando cammino normalmente. Per me è stato molto stimolante” e Silvio: “E’ stato bellissimo fotografare i gattini, ciò ha suscitato in me ricordi familiari. E’ stato molto bello quando siamo usciti; osservare la natura è stato meraviglioso. Noi tutti possiamo essere degli attori e stare davanti all’obiettivo”.

Tutte le foto che sono state realizzate le abbiamo visualizzate sul computer in modo da verificare immediatamente la qualità degli scatti, l’inquadratura e i possibili errori.

L’analisi e la lettura delle immagini ha suscitato molta curiosità; tutti si stupivano del modo in cui un semplice accorgimento tecnico potesse notevolmente migliorare la resa qualitativa dell’immagine, così oltre a produrre foto “pulite” i ragazzi hanno acquisito anche la capacità critica di leggere una fotografia. Viviano: “Una volta scattata la foto abbiamo

Foto ricordo: nel laboratorio Donato, Gilda e Piero .

cominciato a capire anche che cosa c'era sulla foto. La capacità quindi era fuori e dentro la macchina fotografica”.

Ho avviato i ragazzi all’utilizzo degli strumenti software per l’elaborazione delle immagini (Photoshop); Piero e Cosimo, che già possedevano una buona conoscenza del PC, hanno elaborato alcuni scatti ma anche altri hanno voluto provare ad utilizzare il computer per correggere le loro fotografie.

Le infermiere Gilda e Celeste hanno affermato: “Sinceramente, all’inizio, abbiamo avuto delle perplessità per questo laboratorio, ci sembrava una delle tante attività espressive, motorie e manuali di gruppo, che altre volte avevamo realizzato. Abbiamo avuto modo di osservare i corsisti e vedere come, in così poco tempo, si sono stabiliti rapporti di fiducia tra persone che quasi non si conoscevano, o si ignoravano. E’ stato bellissimo osservare il miglioramento della capacità di rapportarsi nel gruppo, di comunicare tra loro, di collaborare, fidandosi l’uno dell’altro”.

Una nota particolare vorrei dedicarla all’ambiente professionale e umano, che ho sperimentato in questa avventura con i ragazzi: Gilda, Celeste, MariaPina, donne molto generose con gli altri che traspare in ogni loro singolo gesto, attenzione, premura, così come le dottoresse Adriana Graffeo e Tiziana Dario.

Infine riporto il suggerimento di Davide che propone di “scrivere un articolo per mettere in evidenza la validità dell'esperienza fatta e per poter raccontare agli altri le iniziative, le attività, i contesti culturali e le esperienze realizzate dal Centro perché la salute è anche cultura”.

Spero di aver soddisfatto questo invito, anche se, sono certo, molto ancora ci sarebbe da raccontare, soprattutto in relazione alle emozioni e alla meravigliosa esperienza fatta con ogni singola persona e con tutto il gruppo, perchè come saggiamente afferma Davide: “Non solo ho imparato a fotografare ma la cosa bella è stato anche stare insieme agli altri. Abbiamo lavorato tutti insieme, Giordano ha dato a noi la sua esperienza ma anche noi come un gruppo ben affiatato abbiamo dato lui tante cose”.

Grazie a tutti !

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Giovedì Culturale del Centro “Marco Cavallo”

VISITA AL CASTELLO SVEVO DI ORIA di Francesco Trono Giovedi 24 Aprile il Centro Sperimentale Marco Cavallo ha visitato il Castello Svevo di Federico II di Oria.

Il castello di Oria si trova sulla parte più alta della città i cui abitanti si chiamano Oritani.

In tempi remoti vi era un’acropoli messapica. A qualche centinaio di metri dal castello, più in basso, nella piazza, c’è la cattedrale .

Il castello ha forma di triangolo isoscele il cui vertice, rivolto verso nord, costituisce la parte più alta del castello,detta sperone .

Vi sono poi due torri cilindriche chiamate “del salto” e “del cavaliere”.

Nell’800 fu edificata una chiesa composta da una cripta, la vera cattedrale si trovava nel piano inferiore poi distrutta e ricostruita. In quello stesso periodo ci fu un ciclone molto dannoso per il castello.

L’entrata principale del castello era adibita alla sistemazione dei soldati .

Le mura sono larghe dai 2 a 4 metri ; una vera fortezza! Il castello,inizialmente, non aveva merlate perché la torre detta “dello sperone “ , essendo molto alta ,era adatta per la difesa con arco.

Questa è una torre normanna composta da archi, nella quale si trovano anche passaggi segreti .

Continuando a camminare troviamo dei pezzi di pietra messapica che si possono ritenere le più antiche testimonianze.

Trovandosi alla base si può vedere l’intera torre . Un’ antica legenda racconta che vi era una parte del castello che cedeva sempre .Chiedendo aiuto a dei sacerdoti pagani , questi dissero di sacrificare una bambina seppellendola viva sotto il castello. Così fecero ma la madre della bambina ,infuriata, lanciò una maledizione su Oria e chi la governava: “Come io fumo dal dolore e dalla rabbia ,possa fumare in eterno Oria”.

Camminando sulle mura, in direzione della torre dello sperone , si ha un’ampia visione della città. La posizione del castello è cosi strategica da farci vedere anche il mare sia lo ionio che l’adriatico.

Questa esperienza mi ha fatto capire come ci si possa divertire in maniera pulita, apprezzando le piccole cose come lo stare insieme e ammirare, conoscere la storia.

Foto ricordo: particolari del Castello Svevo e alcuni menbri del collettivo Marco Cavallo

Foto ricordo: mappa storica delle mura

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Laboratori del Centro “Marco Cavallo”

La mia esperienza in cucina di Beatrice Solito Da circa 1 anno, la cucina è gestita dalla nuova cuoca Loredana Marrapodi , che è “volata” dalla segreteria alla sala mensa; si cimenta con destrezza tra i fornelli, pentole e piatti con ottimi risultati direi.

Sostituisce così gli operatori, che dopo la firma della seconda convenzione , non ci sono stati più assegnati, cosicché il centro continua a vivere senza il loro ausilio.

Io, sono entrata nella sala mensa , come aiuto cucina, , dopo aver preso l’attestato della manipolazione degli alimenti tenutosi il 26 dicembre 2013 dalla CGIL in sede di Mesagne.

Da Gennaio, sono entrata così , un giorno alla settimana in cucina: mi trovo bene, collaboro principalmente, con la nostra cuoca Loredana e con Antonio Ferrara, capo chef; c’è un clima molto caldo, amichevole e spero che questa collaborazione duri il più a lungo possibile. Il mercoledì trasmigro dalla segreteria alla sala mensa e mi cimento in diverse pietanze : pasta con funghi cardoncelli, cavatelli ai frutti di mare , pasta alla pizzaiola, lenticchie, sugo al basilico. Con i secondi di pesce , a volontà, frittata di zucchine, spinaci lessati.

Spero, che col tempo possa anch’io far assaggiare la mia cucina, ai commensali del Centro “Marco Cavallo”, progetto non molto lontano grazie all’aiuto di Loredana.

Le ricette di Loredana Orecchiette con cime di rape

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INGREDIENTI

400 g di orecchiette fresche 1,5 kg di cime di rapa 4 filetti di acciuga sotto sale 2 spicchi di aglio 1 peperoncino rosso olio extravergine di oliva Sale

Preparazione: Mondate con cura le rape, staccando solo le cimette tenere, lavatele delicatamente in acqua fredda e sgrondatele.

Portate a ebollizione abbondante acqua in una pentola, salatela, immergetevi le cime di rapa e, subito dopo, le orecchiette.

Nel frattempo scaldate in una capace padella 5 cucchiai di olio insieme con gli spicchi di aglio sbucciati e il peperoncino sminuzzato; rosolate bene il tutto, quindi aggiungete le acciughe, private del sale di conservazione e tagliate a pezzetti; schiacciatele leggermente per scioglierle nel condimento.

Scolate orecchiette e cime di rapa quando la pasta sarà ancora al dente, versate entrambe nella padella con il condimento, fatele saltare brevemente a fuoco vivace e servitele subito, aggiungendo se necessario poco olio.

Torta al limone

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INGREDIENTI

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2 limoni

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200gr farina

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100gr burro

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100gr zucchero

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2 uova

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1 bustina lievito per dolci

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Preparazione: In un contenitore, setacciare la farina con il lievito, incorporarvi i tuorli sbattuti, il burro sciolto a bagnomaria, lo zucchero, il succo dei limoni, il latte e alla fine aggiungere anche gli albumi montati a neve. Amalgamare bene cercando di non smontare il composto. Versatelo in uno stampo antiaderente (o tortiera imburrata e infarinata cm 24) ed infornare la torta in forno già caldo a 160° per circa 30 minuti o comunque fino a cottura. Sfornare la torta e farla raffreddare.

Servire la torta al limone spolverizzata di zucchero a velo.

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Il “fuori” del collettivo “Marco Cavallo” Convegno “L’amministrazione di sostegno in Salute Mentale” del Prof. Paolo Cendon Il 10 Aprile 2014 presso la Cittadella della ricerca di Mesagne (BR) Sintesi di Cosimo Venerito Il problema di trovare uno strumento giuridico che servisse alla persona fragile si pose già negli anni ’60 quando Franco Basaglia cominciò a liberare e a far uscire dal manicomio qualche persona che stava abbastanza bene da poter vivere in città. In manicomio tutto sommato non si stava male, il manicomio risolveva tutti i tuoi problemi organizzativi, non dovevi pensare ai contratti di luce, gas e telefono, ad esempio, mangiavi, dormivi, i problemi arrivavano quando andavi fuori dal manicomio, le tasse, il condominio, investire i risparmi, i contratti della tua abitazione. Serviva uno strumento giuridico che proteggesse la persona fragile una volta che si fosse trovato in queste condizioni. Prima dell’amministrazione di sostegno il diritto civile ci diceva che se una persona è matta la interdiciamo, se non è matta può cavarsela da sola, non tenendo in considerazione le persone che stanno così così e che riescono a fare le cose più semplici della vita quotidiana ma che per qualche problema non riescono a fare delle altre cose più complicate e che quindi hanno bisogno di un aiuto.

Le persone in manicomio erano per la maggior parte così, erano persone che stavano così così e l’amministrazione di sostegno nasce proprio per queste persone. Costantemente abbiamo dei problemi che investono sempre 3 terreni, quello patrimoniale, soldi, quattrini, soldi in banca, case, quello personale, famiglia, affetti, sesso, figli, residenza e quello sanitario, i denti, lo stomaco, la pancia, le ginocchia, la schiena, e ciascuno di questi 3 versanti ogni tanto non funziona, c’è qualcosa che bisogna cambiare. A tutte queste persone fragili viene in aiuto l’amministrazione di sostegno che tra l’altro è una legge che si adatta alle persone distinguendole perché ognuno è diverso dall’altro.

La svolta presente in questa legge è il passaggio da una concezione paternalistica del soggetto fragile, ad una concezione “promozionale” nel vedere una persona anche in carrozzina, cieca, sorda, come una persona al cui centro sono vive di aspettative, desideri, proiezioni, attese. Una persona anche se sta male desidera fare qualcosa nella sua vita. È compito dello Stato rimuovere gli ostacoli che impediscono alla persona di realizzare le sue potenzialità.

L’interdizione ha il problema di rendere la persona “incapace”, per proteggerla assegna un tutore che dovrà pensare a tutte le sue cose, mentre alla persona vengono tolti tutti i diritti e non potrà più fare niente. L’Amministrazione di sostegno invece cerca di capire quali sono le sue mancanze per aiutarla e per adottare un sistema di tutela proporzionato e adeguato alle sue necessità non privandola dei suoi diritti.

Nel momento in cui alcuni poteri vengono attribuiti all’amministratore di sostegno, non vengono tolti all’interessato, il quale interessato il quale conserva il 100% delle sue capacità. In questo modo ci sono delle operazioni giuridiche che possono essere fatte da entrambi ed in questo caso le parti si metteranno d’accordo.

L’amministrazione di sostegno ha, inoltre, la caratteristica, di essere più modificabile rispetto all’ interdizione.

Quest’ultima dopo la sentenza del tribunale non è più modificabile se non eliminazione della stessa.

Non solo le persone che stanno discretamente non vanno mai incapacitate, ma anche le persone che stanno malissimo non vanno incapacitate mai, perché si rischia di togliere un diritto che non sono in grado di esercitare.

Oggi l’interdizione non ha più senso perché è possibile raggiungere con l’amministrazione di sostegno gli stessi risultati pratici che si ottenevano una volta con l’interdizione.

Esiste anche la possibilità che il Giudice qualche volta introduca dei limiti al potere, ai diritti delle persone quando si scopre che c’è un problema autodistruttivo o anche personale che porta all’autodistruzione.

Altri 2 punti fondamentali dell’amministrazione di sostegno sono tutte operazioni poco costose, quelle sull’interdizione invece sono abbastanza costose ed inoltre il Giudice non può mai espropriare la persona rispetto agli atti della vita quotidiana.

L’interdizione è rimasta fondamentalmente una ragione di paura. Purtroppo questa paura è difficile da estirpare, quasi tutte le persone hanno paura della follia.

Il legislatore ci dice che è la persona che decide, è lei che può chiedere l’amministrazione di sostegno, è l’interdetto che può chiedere addirittura di essere disinterdetto oggi, non c’è bisogno che lo faccia qualcun altro.

Oggi ci sono circa 170000 amministrazioni di sostegno in Italia, le interdizioni ci sono ancora, stanno calando, sono circa 30-40 mila, non sono morte, non si è riusciti ad eliminarle completamente, questo percorso è più lento di quello che si sperava ed è stata già presentata una proposta di legge per abrogare l’interdizione.

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6° lezione del Corso di Formazione Informazione e Sensibilizzazione : L’amministratore di sostegno in salute mentale”.

In foto: al microfono il Prof. Paolo Cendon, promotore della legge

Foto ricordo di alcuni dei relatori al convegno : Avv. Francesca Sassano, Avv. Maria Cariello, D.ssa Maddalena Guida e D.re Alessandro Saponaro .

Foto ricordo: i partecipanti intervengono durante il didattito.

Foto ricordo: Lo staff organizzativo del convegno: il collettivo del centro “marco cavallo” , soci 180amici Puglia, Alessandro Saponaro referente dell’ufficio formazione del DSM di Br e alcuni relatori del convegno: Prof. Paolo Cendon, Daniela Infantino, Francesc a Sassano, Maria Cariello.

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Documenti del “fuori” del Centro Marco Cavallo

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Giovedì Culturale del Centro “Marco Cavallo” Il Centro Sperimentale Marco Cavallo, co-gestito dall’ Unità Operativa di Salute Mentale di Mesagne e dall’Associazione “180amici Puglia”, ha tra i suoi compiti fondamentali quelli dello studio e della ricerca sulla Salute Mentale di comunità, dell’impegno contro lo stigma ed il pregiudizio e per la prevenzione del disagio psichico.

Questi difficili compiti si possono affrontare solo se ci si impegna in percorsi culturali che investono tutti, a partire dalle persone con esperienza diretta, dai loro familiari, dai cittadini interessati e dagli operatori pubblici e del privato sociale.

All’interno di questa logica si inserisce la 6° lezione del Corso di Formazione Informazione e Sensibilizzazione : “ L’amministratore di sostegno in salute mentale”.

Data l’importanza del tema e della presenza eccezionale del Prof. Paolo Cendon, promotore della legge, in accordo con il Dipartimento di Salute Mentale ASL BR all’evento è stato dato carattere dipartimentale e di aggiornamento accreditato.

Crediamo sia importante che gli operatori ed i cittadini, a partire dalla storia che ha portato all’attuale organizzazione delle risposte alla sofferenza psichica e assumendo informazioni aggiornate sui diversi aspetti che emergono dalle problematiche psichiatriche, diventino sempre più consapevoli, competenti e protagonisti nei percorsi di salute mentale comunitaria.

Il 10 Aprile 2014 c’è stata una conferenza sull’amministrazione di sostegno , alla cittadella della ricerca. di Beatrice Solito E’ intervenuto il Prof .Cendon, parlando dell’amministratore di sostegno ed il vecchio istituto dell’interdizione. Contrario all’interdizione , poiché non si proteggono gli utenti con questo istituto , ma si infligge un danno esistenziale. Il problema si pose già negli anni 60’. L’interdizione si applica a chi ha una grave condizione tale da non poter far fronte ai propri interessi.

Con la chiusura dei manicomi a seguito della legge Basaglia si crea un vuoto normativo. Serviva una nuova legge. Nel 1986 il Prof.Cendon scrisse una bozza della legge sull’ amministratore di sostegno.

Nel 2004 la legge fu approvata.

In Italia sono circa 3 milioni di persone che hanno bisogno di tale legge.

Oggi c’è il progetto di abrogazione dell’interdizione , grazie alla nuova legge sull’amministratore di sostegno che è più snella e si fa strada facilmente.

C’è il passaggio ad una concezione “ promozionale “ anziché paternalistica.

La persona che sta male desidera fare qualcosa nella sua vita: la nuova legge vuole proteggere tale aspettativa.

Ed è d’aiuto l’art. 3 della Costituzione che dice: “bisogna rimuovere gli ostacoli”.

L’amministratore di sostegno riguarda anche operatori ed assistenti sociali.

Illuminante è a tal punto l’art.404: tutti i responsabili sanitari che sono a conoscenza di situazioni tali da far scattare l’amministratore di sostegno devono intervenire; ed è infatti previsto il reato d’omissione con una condanna risarcitoria. I servizi sociali entrano così nel codice civile.

Se con l’interdizione c’è un’equazione che scatta: ti do qualcosa , ma ti chiedo qualcosa , con l’amministratore di sostegno c’è un dare senza ritorno; il malato ha comunque dei doveri , ma non vengono portati via i diritti, vengono lasciati al 100% le capacità. L’interessato continua ad avere i suoi poteri , libero di fare al 100% quello che vuole.

Con l’interdizione, si portano via tutti i diritti ; si è incapacitati al 100%.

Con l’interdizione è tutto automatico ; protezione = incapacitazione .

Ma anche nell’ amministrazione di sostegno si può intervenire : quando l’interessato è esposto ad un rischio autodistruttivo , il giudice nel nominare l’ amministrazione di sostegno può anche intervenire ponendo dei limiti.

Ad esempio un ottantenne che innamoratosi della sua badante diciannovenne facendole testamento: interviene il giudice con l’ amministrazione di sostegno.

Oggi l’ interdizione non ha più senso poiché lo stesso risultato si ha con l’amministrazione di sostegno dove lo stesso giudice può allargare o restringere il raggio a seconda delle situazioni.

L’ interessato può nominare personalmente l’ amministratore di sostegno.

Il convegno è stato assai interessante e si spera che l’istituto dell’ interdizione sparisca del tutto lasciando il posto all’ amministrazione di sostegno.

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Fuori dal “Marco Cavallo” Lo psichiatra nella gabbia: Riflessioni di un matto sul convegno SIP sulla “Sicurezza e Salute dell’operatore psichiatrico” 16 marzo 2014 di Federico Scarpa Presidente della ASD Polisportiva Fuoric’entro Membro della Rete Giovani Salute Mentale Utente DSM Trieste

La Società Italiana di Psichiatria (SIP) discende dalla Società Freniatrica Italiana che fu fondata nel 1873 da Andrea Verga e riunisce il 30% degli psichiatri provenienti dalle Università ed il 70% dai Servizi territoriali. Ad oggi la SIP conta quasi 8.000 soci.

La SIP ha paura. E’ terrorizzata, paralizzata dalla crescente ondata di violenza che gli operatori psichiatrici sono costretti a subire. La SIP è spiazzata, non si capacita, non riesce a capire. 8.000 soci, 8.000 cervelli in difficoltà.

Un esercito di scienziati della mente che non riesce a dare risposta alla violenza.

Quindi cosa fa la SIP? Prepara un questionario e un convegno che si terrà il 24 ottobre 2014 a Bari per unire le forze in nome della pace e prosperità dell’operatore psichiatrico.

Lo so, caro psichiatra, sono partito sarcastico, strafottente, irriverente. L’ho fatto perché è questa l’emozione che mi suscita leggere il tuo questionario assieme a frasi del tipo: “vi sono stati gravissimi episodi di violenza e aggressione ai danni degli operatori della salute mentale” e “recenti indagini sull’argomento, condotte in Italia, sembrano confermare che gli operatori della salute mentale siano a rischio di subire episodi di violenza sul luogo di lavoro e che l’implementazione di programmi di prevenzione possa giocare un ruolo importante”.

Lasciatelo dire, sono solo banalità.

Non sono tanto le frasi in sé a suscitare la mia apparente arroganza, perché la violenza esiste, è dappertutto, si trova in ogni angolo della società. E’ innegabile che bisogna prevenire la violenza, trovare delle soluzioni, discuterne. Il problema è il modo, il tono così preoccupatamente orwelliano con cui tu tratti questo argomento.

Mi spaventa soprattutto questo continuo guardare fuori, dare la colpa sempre all’esterno, sempre agli altri.

Cosa può venire fuori da soggetti che non sanno mettersi in discussione? Solo frustrazione, collera e risentimento nei confronti dell’interlocutore, collera che sì, hai ragione, può sfociare in violenza. Soprattutto quando una persona sta soffrendo, sta patendo le pene dell’inferno e non riesce a vedere un barlume di speranza.

Ti prego, non giudicarmi, non etichettarmi come giustificatore della violenza. Il mio punto di vista è più sottile, non credo complesso o difficile da capire.

Devi comprendere che il mondo ti fa da specchio. Se tu giudichi, etichetti, leghi le persone, le maltratti, le sottovaluti, sei paternalista, non credi in loro, non hai compassione, non sai amare eccetera eccetera, il mondo ti risponde di riflesso. Al contrario se tu ti inchini ad una persona in segno di rispetto, quella farà altrettanto.

Quante cose cambierebbero se solo imparassi a lavorare un po’ di più con il cuore ed un po’ meno con la mente.

Ma tu no, questo non vuoi capirlo, tu dai la colpa agli altri, dai sempre la colpa a ciò che sta fuori di te. Ed è fuori di te che cerchi le risposte. Ecco che le soluzioni che proponi sono: servizio guardia giurata, metaldetector, telecamere, impianti di allarme, dispositivi di sicurezza nelle stanze tipo pulsanti antipanico, allarmi portatili, telefonini, ponti radio collegati ad un sistema di pronto intervento. Poi ancora: stanze con vie di fuga, procedure di evacuazione di emergenza e abbigliamento e equipaggiamento specifici.

Già me lo vedo lo psichiatra che va al lavoro vestito come un palombaro, con un casco in testa e un manganello. Perché no, lo psichiatra con una bella 44 Magnum in stile ispettore Callaghan o magari Robopsy, Superpsy o Spiderpsy.

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Ma caro psichiatra, cosa vai dicendo? Non ti rendi conto che avere simili pensieri ti condurrà alla costruzione del tuo nuovo manicomio personalizzato? Solo che in gabbia non ci sarà più il paziente, in gabbia ci sarai tu!

Ti prego, rilassati. Siamo tutti sulla stessa barca. Niente è facile per nessuno. La crisi c’è per tutti e non si tratta solo di crisi economica, è crisi di valori, spirituale, mentale, comportamentale. Stiamo sbagliando tutto e il tuo questionario è sintomo di malessere collettivo.

Caro psichiatra, c’è bisogno di umanità e creatività, non di metal detector o giubbotti antiproiettile. C’è bisogno di unire le forze e ragionare schiettamente. Non possiamo mettere la testa sotto la sabbia di fronte alle nostre responsabilità che ci hanno condotto in questa situazione di emergenza. Dobbiamo essere maturi e lungimiranti. Cosa ne viene fuori da “setting psichiatrici” in stile Fort Knox?

Che tipo di mondo intendi proporre ad un cittadino in difficoltà? Qual è la tua idea di salute e benessere?

“Tutti gli esseri umani nascono liberi ed uguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza”. Ricordalo mentre terrai la tua conferenza sulla sicurezza.

Caro psichiatra, scusa per queste parole “di pancia”, parole inesperte e sincere. Ma credo fermamente che la strada che stai intraprendendo sia sbagliata e vorrei spiegare anche il mio punto di vista. Punto di vista di privato cittadino che crede nelle potenzialità illimitate dell’essere umano, di cittadino rispettoso dell’altrui pensiero, curioso e aperto al dialogo. Punto di vista di persona che ha lottato contro la malattia mentale e che si è fatto un’idea precisa su cosa “cura” e cosa no.

Ti prego, non avere paura, perché la paura genera paura. La paura paralizza, rovina i rapporti, inaridisce la fantasia. La paura è un grosso male. Forse peggiore della peggior malattia mentale.

Restando a disposizione per ulteriori chiarimenti, Ti mando i migliori saluti augurandoti buon lavoro.

CALENDARIO EVENTI IN PROGRAMMA NEL MESE DI GIUGNO 2014

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Da giovedÏ 17 Aprile 2014 presso il Comune di Latiano è attivo e aperto a tutta la cittadinanza uno sportello informativo sui temi della salute mentale e la lotta allo stigma e al pregiudizio svolto gratuitamente dai Soci 180amici Puglia

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Il centro sperimentale pubblico Marco Cavallo in collaborazione con il Dipartimento di Salute Mentale ASL BR organizza il Convegno QUALI POSSIBILITA’ ALTERNATIVE PER L’ABITARE NELLA SALUTE MENTALE IN PUGLIA. . . ?

IL 14 MAGGIO 2014 dalle Ore 8:00 alle ore 14:00 PRESSO PALAZZO NERVEGNA (BR)

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