La
storia ceramica di Collesano ha radici antichissime ed un percorso evolutivo che, nelle pur numerose e documentate difficoltà, può dirsi senza soluzione di continuità. L’etimo greco della contrada Ciaramitaro lascia pochi dubbi sullo sfruttamento dell’argilla in quell’area; i primi dati per l’epoca medievale li dobbiamo ai resoconti relativi agli scavi del 1972 effettuati dalla Soprintendenza Archeologica della Sicilia Occidentale nelle sommità di Monte d’Oro, antico sito abitativo, distante dall’attuale circa un chilometro; da quegli scavi emersero, fra l’altro, “frammenti di ceramiche decorate con motivi in bruno e verde e ricoperte di vetrina trasparente”, nonché “bacini, scodelle, lucerne, … rivestite d’invetriatura verde”, tutto materiale databile “con molta probabilità all’ultimo periodo degli arabi, cioè ai primi dell’XI secolo, poi alla piena epoca normanna … cioè alla seconda metà dell’XI e al XII secolo, fino alla prima metà sveva … non oltre quindi la fine del XII secolo” (Franco D’Angelo, Reperti medievali dello scavo di Monte d’Oro di Collesano, Palermo, in ‘Sicilia Archeologica’, n. 38, Palermo, dicembre 1978). Tracce d’archivio ci spingono fino al 1579. Il 19 ottobre di quell’anno “i maiolicari collesanesi Simone e Antonino Gurrera si impegnano coi rettori della confraternita della chiesa di san Giacomo a fornire 4 mila mattoni di vari colori da servire per la guglia” (Rosario Termotto, Pittori, intagliatori lignei e decoratori a Collesano 15701696, in ‘Bollettino della Società Calatina di Storia Patria e Cultura’, nn.7-9, Estratto, 1998-2000). Si registra un periodo di piena attività nella seconda metà del XVII, quando giungono a Collesano i maestri Giuseppe Savia e Filippo Rizzuto. Savia è erede di una vecchia colonia di ceramisti caltagironesi, che, “in virtù del privilegio di Alfonso d’Aragona rilasciato alla città di Caltagirone nel 1432, che consentiva alle maestranze artigiane del luogo, fra cui i ceramisti, di vendere e comprare in qualsivoglia città demaniale dell’isola, senza pagare dogana …, si stabilisce a Burgio, nell’Agrigentino” (Antonino Ragona, Il museo della ceramica siciliana in Caltagirone, ed. Il Minotauro, Caltagirone, 1996). Giuseppe Savia nasce infatti a Burgio nel 1630; è documentata la sua produzione di mattoni per pavimenti un po’in tutte le Madonie; quella per la chiesa di santa Margherita (Badia Vecchia) di Polizzi Generosa merita di essere ricordata, perché ancora nel sito ne sopravvive un brano: dieci migliara di maduna …metà nigri altra metà bianchi… (Archivio di Stato di Palermo, sez. di Termini Imerese, notaio Giuseppe Bueri di Polizzi, anni 1656-58, vol. 1106). A Savia va associato il nome di un altro ‘forestiero’, Filippo Rizzuto, palermitano, del quale si conservano due vasi globulari ( uno è in mostra ) datati 1687; diverse sono anche le risultanze d’archivio, che informano della realizzazione di mattoni stagnati. A Savia e Rizzuto si aggiungono i nomi di tantissime famiglie di ceramisti locali, vera colonna portante della ceramica collesanese, che portano avanti le loro botteghe, generazione dopo generazione, per secoli, fino ai nostri giorni; tra queste, Cellino, Barbera, Carrà, Catalano, Cellino, Cirri, Lo Forti, Testaiuti, Morales, Pizzillo, 1