Camper - The Walking Society - Numero 9 - Mallorca (ITA)

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CAMMINARE significa viaggiare, spostarsi da un luogo a un altro. Significa anche progredire, migliorare, evolvere, innovare. The Walking Society è una comunità virtuale aperta a chiunque, a background sociali, culturali, economici e geografici eterogenei. Promuove l’immaginazione e l’energia, sia a livello individuale che collettivo, apportando idee e soluzioni utili e positive per migliorare il mondo. In modo semplice e onesto. CAMPER significa contadino. L’austerità, la semplicità e la discrezione del mondo rurale si fondono con la storia, la cultura e i paesaggi del Mediterraneo, influenzando l’estetica e i valori del marchio. Il rispetto per la tradizione, le arti e l’artigianato è il valore su cui poggia la nostra promessa: offrire prodotti utili, originali e di qualità, che promuovano la diversità, con l'obiettivo di svilupparli e migliorarli attraverso l’innovazione, la tecnica e l’estetica. Puntiamo a un approccio imprenditoriale più legato agli aspetti culturali e umani. MALLORCA è un’isola del Mediterraneo occidentale che si sviluppa per 3.626 km2 e conta 900.000 abitanti. Le sue lingue sono il maiorchino (catalano) e lo spagnolo. Il clima è caldo, gli scorci eterogenei e l’economia è basata su turismo, industria calzaturiera e del mobile e sull’agricoltura. Abitata sin dall’età del Bronzo, era chiamata Majorica dagli antichi romani. THE WALKING SOCIETY è una rivista che contiene parole e immagini di persone e paesaggi appartenenti a questa comunità virtuale, che aiutano il mondo a evolversi e mutare. Il tema del nostro primo numero, uscito nel 2001, era l’isola di Maiorca, dove Camper è nato. La serie originale, che ha raccontato diverse regioni del Mediterraneo, è durata quattro anni e otto numeri, chiudendo i battenti nel 2005. Oggi, quasi 20 anni dopo quella prima uscita, torniamo a Maiorca. Questo 9o numero ci offre l’occasione per mostrare la parte dell’isola con cui ci identifichiamo di più. The Walking Society è un omaggio a uno degli attori protagonisti della civiltà occidentale: il Mediterraneo. WALK, DON’T RUN. 3


NUMERO 9

The Walking Society promuove la cultura e lo stile di vita del Mediterraneo, ripensando il ritmo della vita moderna. Propone un messaggio costruttivo che ne abbraccia i luoghi, le comunità e l’artigianato, celebrandone il retaggio e accogliendone le evoluzioni contemporanee. 4


F/W 2020

Ăˆ una destinazione apparentemente fuori dallo spazio e dal tempo, un ambiente che ispira uno stile di vita riflessivo, permeato da serenitĂ , pace, svago e gioia, in cui comunitĂ e territorio si incontrano e collaborano in favore del bene comune. 5





Ogni mattina, gli asini di Son Fortesa si inerpicano sulla montagna vicina, cercando il refrigerio dell’ombra, e tornano a casa a fine giornata.

Concentrandosi sui volti locali e sulle storie regionali di Maiorca, questo nuovo numero vuole essere uno strumento di scoperta culturale. Il nostro pellegrinaggio rispecchia lo spirito di The Walking Society: un viaggio organico, senza una meta prefissata o un programma strutturato, in cui le giornate si dipanano liberamente. Il piacere sta tutto nelle scoperte. L’esplorazione è foriera di emozioni e della rigenerazione che deriva dal ritrovamento di cose nuove. Tutto avviene attraverso un girovagare casuale e improvvisi momenti di curiosità, mentre si attraversano lentamente porti, strade acciottolate, piazze di piccole cittadine, spiagge, selvaggi paesaggi rurali. Ogni contesto regala nuove magie. Il risultato è una serie di momenti memorabili, costruiti in modo graduale e significativo attraverso dialoghi, fotografie, illustrazioni, 9


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CA NA TONETA p.50 Lo chef ci riserva un’esperienza di ospitalità calda e autentica. TROT BALEAR p.42 Uno sport equestre da tempo marchio di fabbrica dell’isola. MARTA ARMENGOL p.30 La product designer con trascorsi in architettura ci invita a visitare la sua casa e il suo studio.

La sensualità dell’isola si esprime in molti modi. Il paesaggio variegato, caratterizzato da scogliere frastagliate, pianure facilmente percorribili e insenature traslucide, segna una discontinuità idilliaca rispetto al blu profondo del Mediterraneo. Il clima è caldo, soleggiato e secco d’estate; gli inverni sono miti. Olive e mandorle sono coltivazioni locali che danno origine a sapori tipici del luogo. I maiorchini sono conosciuti per l’artigianato e,

SON FORTESA p.12 Chi lavora la terra rivela la propria dedizione al territorio.

storie e poemi… un collage che unisce audaci elementi visivi e raffinata narrazione. Maiorca è l’isola più grande delle Baleari, arcipelago che include anche Ibiza, Formentera e Minorca (il cui nome significa “più piccola” rispetto a Majorca, che si traduce come “più grande” in latino). Questo raggruppamento di isole costituisce una regione autonoma della Spagna dal 1983. Le lingue locali sono il maiorchino e lo spagnolo e l’istruzione è bilingue.


SAVE THE MED p.106 Una fondazione che fa la propria parte per proteggere il mare e coinvolgere la comunità. CAN CASETES p.90 Una cava le cui materie prime sono utilizzate per l’edilizia locale, oltre a essere fonte d’ispirazione poetica. JOAN PERE CATALÀ ROIG p.78 Il ceramista racconta i suoi metodi di cottura unici e le influenze estetiche a cui si ispira.

in particolare, per le iconiche siurells: piccole statuette bianche con strisce verdi e rosse. Nel corso dei secoli, Maiorca ha subito ondate di invasioni straniere: dai cartaginesi ai mori, passando per i romani. Queste influenze esterne, stratificatesi nel tempo, permeano non solo la narrazione storica, ma anche la bellezza architettonica e la ricchezza della cultura locale. Oggi l’isola è una meta estremamente popolare per le vacanze e il turismo è inquadrato come una nuova ondata di annessione straniera. Oltre a un numero significativo di turisti britannici, l’enorme quantità di tedeschi che raggiungono l’isola ha fatto sì che Maiorca venisse soprannominata “il 17o stato federale di Germania”. Come biasimare i turisti tedeschi? È difficile resistere alla forma mentis dell’isola. 11


A partire dagli anni ‘80, la maggior parte delle aziende agricole di Maiorca è stata gradualmente trasformata in hotel o acquistata da stranieri per diventare case di campagna. Quando la tenuta di Son Fortesa, situata nella tranquilla cittadina di Alaró, è stata acquistata da Camper nei primi anni ‘90, pochissime aziende stavano ancora lavorando attivamente la terra.

Son Fortesa Da allora, l’agricoltura è rinata. Piccoli raccolti vengono ottenuti attraverso pratiche sostenibili, grazie al lavoro di un personale industrioso e devoto. Il nostro viaggio parte da qui, alla scoperta del lato rurale dell’isola. 12


Con indosso la sua salopette blu elettrico, ogni giorno Valentin si dedica alla costruzione di strutture e recinzioni in pietra; veri e propri puzzle. Viene da Ciudad Real, in Castilla-La Mancha, la cittĂ natale di Pedro AlmodĂłvar.

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Di origini paraguaiane, Alfredo apprezza il fatto che, lavorando la terra, non ci sia un giorno uguale all’altro. Le necessità in continuo cambiamento del giardino, dell’orto e degli animali richiedono versatilità .


Manolo ha lavorato per un fornitore di Camper per 30 anni; oggi gli piace costruire oggetti da zero e aumentare costantemente il proprio bagaglio di conoscenze professionali.

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Pomodori e cetrioli dell’orto, coltivati con metodi biologici e sostenibili.


Manolo Joan Gustavo Alfredo Biel Valentin 17


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Joan ha trascorso metĂ della vita lavorando a Son Fortesa. Gestisce la produzione di olio e vino e applica metodi sostenibili in tutta la tenuta.


Responsabile del giardino e delle fontane, Gustavo in passato ha lavorato nei trasporti, in uno stabilimento di confezionamento di dolci e infine nel settore immobiliare, prima di capire che sarebbe stato molto piÚ felice lavorando all’aria aperta.

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Il personale opera senza routine prestabilite, lasciandosi guidare dalle necessità della terra. I compiti sono di vario genere e vengono svolti scrupolosamente, prima che rapidamente. Le esigenze della natura dettano i ritmi di lavoro. La produttività si raggiunge prestando attenzione ai terreni e l’obiettivo ultimo è coltivare qualcosa di bello. Ci sono una fiducia, un rispetto e una passione forti per la terra. Ci sono i cicli delle stagioni. Curare e mantenere campi e colture d’inverno è fondamentale per avere terreni fertili e verdeggianti nei mesi più caldi. Metodi sostenibili ed ecocompatibili vengono implementati per contrastare l’aggressività degli insetti in primavera. I procedimenti di coltivazione di Son Fortesa hanno conseguito la certificazione biologica e non prevedono l’uso di pesticidi. A volte la tenuta ospita seminari con istituti scolastici locali.

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La prima calzatura di Camper, creata nel 1975, era un modello unisex ispirato alle scarpe indossate nei campi dagli agricoltori locali. Realizzata con materiali riciclati, Camaleón riutilizzava scarti di pelle, pneumatici consumati e strisce di tela.


Originario della zona, Biel è stato apprendista meccanico per macchinari agricoli. Si è sempre occupato delle riparazioni in casa e sbriga compiti di manutenzione assortiti a Son Fortesa.

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Lo sfinente logorio delle pressioni, degli obblighi e dei vincoli quotidiani svanisce a Son Fortesa, come un miraggio. E viene sostituito da una sensazione dolce e totalizzante di quiete bucolica, interrotta solamente dai suoni della natura: il frinire delle cicale e il canto acuto degli uccelli. Intorno, macchie di enormi fichi d’India spinosi e il gocciare gentile delle fontane. Qui crescono migliaia di mandorli. L’orto e il frutteto regalano pomodori, verdure di vario tipo, arance e limoni. Le vigne danno modeste quantità di vino nella stagione della vendemmia. La popolazione di animali è eterogenea: asini, maiali, polli e circa 200 pecore.

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Maiorca ha anche offerto numerosi spunti all’immaginario culturale del Mediterraneo, attirando creativi in diverse epoche. L’artista spagnolo Joan Miró e sua moglie si stabilirono sull’isola nel 1954 e i suoi studi sono stati ufficialmente dichiarati luoghi d’interesse culturale. Il compositore e pianista polacco Frédéric Chopin trascorse l’inverno tra il 1938 e il 1939 a Valldemossa con la propria compagna, la scrittrice francese Amantine Lucile Aurore Dupin (nota con lo pseudonimo George Sand), che scrisse un libro sul loro soggiorno. Sono luoghi che leniscono la mente e, allo stesso tempo, acuiscono il desiderio di espressività. Un vero e proprio eremo, in cui tutto sembra gradevolmente remoto, isolato e tranquillo. La vita sull’isola lascia spazio ai piaceri semplici: osservare le pecore che pascolano pigramente nei campi, respirare il profumo inebriante della lavanda in fiore, ammirare il modo in cui il tempo ha eroso pietre antiche e maestose… 26




Pelotas XL S/S 2016


Lasciandoci alle spalle i sommessi paesaggi rurali ci dirigiamo a Palma e facciamo tappa a La Rambla per visitare lo studio e la casa di

MARTA ARMENGOL La designer, che si ispira alla poesia, alla filosofia e all’architettura, e più nello specifico alle opere di Gaetano Pesce, Óscar Tusquets Blanca 30





Marta collabora con un soffiatore per creare le silhouette dei propri pezzi, che poi dipinge a mano.


e Smiljan Radić, vive in un luminoso edificio a più piani, all’interno del quale crea mobili e splendide lampade in vetro soffiato.

In che modo i luoghi influenzano il tuo modo di pensare?

MA

Sono cresciuta in un paesino di Maiorca di nome Esporles, sulla Serra de Tramuntana. Ho vissuto a Barcellona per 12 anni, dove ho studiato architettura e ho iniziato a lavorare. Nel frattempo, ho trascorso un anno a Parigi, in Erasmus. Quando mi sono laureata ho aperto uno studio di architettura con alcuni amici, ma presto ho capito che mi interessava di più lavorare nel campo del design. Così ho iniziato a occuparmi di architettura effimera e arredamento. Si è rivelata un’attività più immediata: riuscivo a fare di più in meno tempo. Due anni fa sono tornata a casa e mi ci sono fermata. C’è tutto un altro ritmo. Vado ancora spesso a Barcellona perché Ferran, il soffiatore di vetro con cui collaboro, vive là. Credo che il vetro sia un materiale interessante e voglio continuare a lavorarci. I miei pezzi sono diventati più ambigui: una sorta di arte funzionale, a metà fra scultura e arredamento. Una volta completata la soffiatura a Barcellona, dipingo i pezzi e li trasformo in lampade. Inizierò a produrne qualcuno con la tecnica della colata di vetro: il vetro si trova in stato fuso e, quando lo si getta, passa allo stato solido. In questo modo si ottengono forme e volumi particolarmente interessanti.

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Lavorare col vetro porta con sé un discreto grado di imprevedibilità. Come riesci a imporre un senso di controllo creativo a fronte della volatilità del materiale? MA

Quando penso a un oggetto che desidero realizzare, tengo sempre in considerazione l’aspetto pratico. Ho studiato architettura e ne ho fatto un lavoro; la funzionalità è implicita ed è una componente molto tecnica. La mia mente opera ancora secondo quell’approccio. Ma mi piace davvero lavorare con forme o materiali del tutto nuovi e che non so come utilizzare. È motivante. Sbagliare non mi fa paura. Ne colgo i vantaggi: mi viene un’idea, ci penso su, mi concentro sul materiale che non ho mai usato e desidero fortemente capire come funziona. Per quanto riguarda il vetro, il fattore umano è fondamentale. L’imprevedibilità è l’aspetto bello e poetico. Quando progetto qualcosa ne conosco intimamente le misure: deve essere di queste dimensioni e questo peso. Sono aspetti che controllo. Devo tenere in considerazione gli aspetti tecnici della meccanica, ad esempio per come va appeso. Infine mi immergo nella procedura di lavorazione insieme al soffiatore e gli dico: “Immagino una bolla… qualcosa che mi ricorda lo spazio”. Ho queste idee, strane e organiche. A quel punto iniziamo un dialogo, ci sono molte sinergie, finché mi dice: “Non si può fare!” Allora gli spiego cosa voglio ottenere e alla fine mi ritrovo con qualcosa di diverso dalla mia idea iniziale, ma comunque simile. Osservo il soffiatore al lavoro e dico: “Vorrei che questo pezzo fosse più largo, o più lungo”. Non posso controllare il calore che immette, il momento in cui soffia, la forza dei suoi polmoni. Si tratta quindi di un processo a cui contribuiamo entrambi e mi piace. Bisogna lasciarsi sorprendere dalle possibilità delle cose. Non so cosa accadrà ed è questo il bello.

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Come decidi quali tipi di pezzi realizzare? MA

Ho deciso di fare lampade perché lavoravo con la luce. Ma non posso davvero dire di costruire delle lampade: faccio oggetti che emettono luce, in un certo senso. Ho iniziato con delle prove e tantissimi prototipi, che spesso diventano l’oggetto finito. Quando il risultato mi soddisfa, non voglio più lavorare su quel pezzo. Mi piace che le cose avvengano così, all’improvviso. Imparo sempre mentre lavoro e questa, per me, è la parte più stimolante di quello che faccio. Può sembrare una cosa da poco, ma fa parte del processo e chissà: potrebbe tornarmi utile più avanti per qualcos’altro. In architettura ci vogliono più o meno quattro anni per completare un progetto. Penso sempre: in quattro anni la mia mente si trasformerà e magari quello che pensavo di voler ottenere non mi piacerà più! Sono una persona impaziente, quindi mi piace fare molte cose e lasciare che la mia mente si evolva mentre lavoro.

Vivi in questo edificio, circondata dalle tue opere, dai tuoi strumenti, da molti libri e da tutte queste scelte estetiche ponderate. In che modo questo spazio alimenta le tue idee? MA

Avere questa vecchia casa come spazio tutto mio è una continua introspezione. Posso fare tutto ciò che voglio. Quando mi sono trasferita qui l’ho ripulita, ma vivevo con nulla: solo un letto, neanche un fornello in cucina… mi piace vivere lo spazio e assemblarlo poco per volta, scoprendo man mano cosa mi serve davvero. Allo studio ho dedicato qualche attenzione in più. Nel suo insieme, la casa è come un laboratorio per me. Mia madre aveva un negozio di abbigliamento che poi ha chiuso; ne ho recuperato il legno e l’ho usato per costruire le sedie per il soggiorno. Non sono molto comode, ma pazienza!

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Marta definisce le proprie opere arte funzionale; le sue lampade sono un mix di scultura e design di prodotto.


Marta: Bark F/W 2020, Pedro: Beetle F/W 2019, Amalia: Pelotas Ariel.


Se potessi, comprerei le sedie splendide di un grande designer. Allo stesso tempo, sono in grado di realizzare oggetti per conto mio. Ho trovato queste aste per strada poco prima che mio fratello venisse a trovarmi. Ho pensato: “Dove appenderà i vestiti?”. Così ho costruito un appendiabiti. Parlo di introspezione perché sono circondata da tutti i miei lavori, che sono frutto della mia immaginazione.my imagination.

La casa/studio di Marta Armengol si trova a pochi passi da La Mirona, il ristorante dall’atmosfera intima e incantevole dei suoi genitori. Gli affabili Pedro e Amalia sfruttano al massimo la piccola cucina a pianta aperta e preparano deliziose tapas come canelones de bacalao o calamares con corazones de alcachofa. Propongono inoltre un’ottima carta dei vini e scatole di sardinellas da asporto. La cucina è illuminata da una splendida lampada tubolare disegnata da Marta.

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La nostra visita a Palma ci ha ispirati a scavare più a fondo, scoprendo diverse tradizioni regionali. Tra queste il Trot Balear, lo sport equestre in cui il cavallo gareggia con un’andatura specifica (il trotto, appunto) e il fantino è seduto su un sulky a due ruote. È uno sport di grande tradizione che risale alla fine del XIX secolo ed è praticato ancora oggi. Inizialmente il Trot Balear consisteva in gare improvvisate, in cui la gente del posto indirizzava il proprio carretto trainato da un cavallo verso la chiesa, per vedere chi sarebbe arrivato per primo a messa.

Trot 42






Balear Oggi le gare si svolgono per tutto l’anno sulle piste ufficiali delle isole Baleari e il protagonista della disciplina è il Troton, un cavallo di una particolare razza. Il fantino, che qui è chiamato “menador”, indossa una colorata divisa di gara in seta (ogni scuderia ha la propria) e conduce il “cabriol”, termine locale per definire il sulky a due ruote. La gara ha inizio con lo schieramento sulla linea di partenza. Poi i cavalli si lanciano in un’incredibile esplosione di velocità e assumono l’andatura del trotto, dimostrando grazia e agilità, divorando la pista a caccia di gloria. 47




Impazienti di abbandonarci ai sapori di Maiorca, abbiamo visitato una trattoria eccezionale.

CA NA TONETA Fondata da due sorelle intraprendenti, è uno spazio in cui i clienti si sentono accolti calorosamente e coccolati con piatti prelibati.

Maria Solivellas 50

&

Teresa Solivellas


A sinistra, Teresa indossa Pix Autunno/Inverno 2018.





La chef María Solivellas e la sua brigata hanno creato un concept culinario al contempo semplice e sofisticato. Il suo ristorante si trova a Caimari, il delizioso villaggio in cui è nata. La sua cucina affonda le radici nelle tradizioni maiorchine, tuttavia rendere onore alle proprie origini non le impedisce di sperimentare in modo creativo con i sapori. Ogni ricetta si basa su squisiti ingredienti locali, assemblati in piccoli piatti di elegante ceramica da condividere. Avendo trascorsi nel mondo del teatro, i concetti di improvvisazione e reinterpretazione propri del mestiere animano l’approccio istintivo di María Solivellas. Ha iniziato a cucinare professionalmente nello stesso periodo in cui ha cominciato a darsi al giardinaggio; le due attività sono strettamente intrecciate per lei, a testimonianza della forza del legame fra cibo e piatto. Essere in simbiosi con ciò che la terra ha da offrire, con i frutti che produce, è essenziale per lo stile culinario della chef María. Tiene in grande considerazione la freschezza, che influenza il suo menu in continuo mutamento. 53




Scopriamo un menu

UNA DIETA MEDITERRANEA ARTICOLATA ATTRAVERSO PICCOLI PIATTI CONVIVIALI PREPARATI CON CURA, DA CONDIVIDERE E GUSTARE, CON VERDURE Triglia con spinaci, ciliegie e pinoli * coca con maiale nero e salsa di albicocche di Porreres * melanzana ripiena di agnello maiorchino arrosto, salsa di pere e rosmarino 56


stagionale maiorchino

BIOLOGICHE, FRUTTI DI MARE FRESCHI E LA COCA, IL PANE BASSO CROCCANTE E FRAGRANTE CHE È UN VERO E PROPRIO MARCHIO DI FABBRICA LOCALE. * tombet con uovo fritto * zucchine morbide con mozzarella maiorchina, pesce essiccato al sole e pomodori essiccati al sole * lenticchie con gamberetti marinati * sorbetto di albicocche di Porreres con torta di mandorle. 57


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Qui, la chef María Solivellas serve un piatto di pomodori di S’hortolà , ricciola, sottaceti, olive nere e ceci. La coca viene preparata con un grano speciale e condita con ingredienti atipici.


I clienti assaporano le cozze con agrumi e finocchio. La chef si rivolge esclusivamente a pescatori locali per assicurarsi che nel suo menu finiscano solo ingredienti stagionali freschissimi.

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La missione della chef María Solivellas è comunicare con i clienti, esprimere la propria identità e, al contempo, farli immergere nei luoghi in cui si trovano. L’esperienza è sempre plasmata da un flusso, dalla natura effimera del momento presente, che si traduce in un profondo rispetto per la stagionalità e attinge fedelmente a varietà locali, legate al terroir. La chef fa grande affidamento sulle erbe (“il basilico è il re”, dice scherzando), che la aiutano a trovare un equilibrio di sapori. Il motto del ristorante è: “La nostra tecnica è al servizio del gusto”. I piatti sono invitanti e creativi, mentre la filosofia alla base dei pasti si rifà alla semplicità della cucina casereccia e quindi a valori come la memoria, la famiglia, il benessere. Mentre María Solivellas si dà da fare in cucina, sua sorella Teresa si occupa del servizio. Il rapporto fra le due richiama i concetti di yin e yang, con un profondo retaggio familiare che si manifesta in modo equilibrato. 60


I sapori dei piatti sono esaltati dall’approccio caldo e ospitale delle sorelle Solivellas, che si estende agli splendidi arredi interni e ai sapienti accostamenti con vini naturali.

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Capparis sp. (C. orientalis, C. sicula, C. spinosa). Cappero. Fiori di capperi sotto forma di arbusti o cespugli. Sono ricchi di micronutrienti e molto spesso usati sottaceto come condimento; a volte sono impiegati in erboristeria e nella medicina tradizionale. Gli uccelli sono ghiotti di capperi maturi e dei semi della pianta.

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Citrus limonum. Limone. Il limone è un piccolo albero sempreverde che produce frutti ellissoidali colorati, ideali sia per la cucina che per la pulizia. La polpa, la buccia e il succo di limone sono tutti ingredienti estremamente versatili. L’acido citrico del succo ha un sapore decisamente aspro.

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Vicia faba. Fava. La fava è un baccello verde dalla superficie lanuginosa, che contiene una mezza dozzina di semi tondi. Ăˆ una delle primissime piante coltivate: si ritiene che faccia parte della dieta mediterranea addirittura dal 6000 a.C. Ăˆ inoltre di facile coltura.

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Rosmarinus officinalis. Rosmarino. Il rosmarino è un arbusto perenne dalle profumate foglie aghiformi; il nome deriva dall’espressione latina “rugiada di mare”. Resistente alla siccità, può vivere per decenni ed è utile per lo xeriscaping, che riduce la necessità di acqua in più per l’irrigazione. Le sue foglie, fresche o essiccate, aromatizzano in modo accattivante carni arrosto e verdure.

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Mesembryathemum crystallinum. Erba cristallina. Questa pianta, che fiorisce dalla primavera all’inizio dell’estate, è ricoperta di luccicanti vescicole d’acqua. I suoi fiori si aprono al mattino e si chiudono di notte; è in grado di tollerare terreni poveri dal punto di vista nutrizionale e spesso sboccia lungo la strada. Schiacciandone le foglie si ottiene una sostanza con effetto detergente.

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Eruca vesicaria. Rucola. La rucola è una pianta edule dal sapore amaro e leggermente piccante, spesso utilizzata per le insalate. Ăˆ ricca di folato, vitamine K, A ed E, calcio, magnesio e manganese.

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Laurus nobilis. Alloro. L’alloro è una pianta aromatica originaria della regione mediterranea. Le sue foglie lisce sono utilizzate durante la preparazione dei cibi, aggiunte intere alle salse per insaporirle e poi rimosse prima di servire in tavola. L’alloro è grande protagonista della cultura greco-romana classica, in cui è simbolo di vittoria. Plinio il Vecchio, studioso di storia naturale romano, riteneva che l’olio d’alloro fosse in grado di curare qualsiasi patologia, dalla paralisi alle emicranie.

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Cichorium intybus. Radicchio. Il radicchio è una pianta erbacea perenne della famiglia del tarassaco e spesso presenta fiori di colore azzurro intenso. Molte varietà sono coltivate per l’insalata o per essere cotte, macinate e utilizzate come surrogato del caffè o additivo alimentare. L’inulina, un estratto della radice del radicchio, viene utilizzata nell’industria alimentare come dolcificante, mentre alcuni birrifici usano il radicchio arrostito come aromatizzante per le stout.

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Passiamo dai frutti della terra all’abbondanza del mercato. Sineu è una piccola località vicino al centro di Maiorca e conta poche migliaia di abitanti. Ogni mercoledì, fra i suoi storici monumenti architettonici, alcuni dei quali risalgono a quasi otto secoli fa, si svolge il vivace mercato settimanale. Le bancarelle invadono la centrale Plaça des Fossar, già animata da caffè informali dove la gente del posto beve qualcosa e legge il giornale sulle verande. Le bancarelle del mercato arrivano fino alla chiesa parrocchiale di Santa Maria, caratterizzata da un’austera facciata gotica e da un campanile massiccio e imponente.

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Runner Four S/S 2019



Spray S/S 2018


Nel mercato i tesori della terra, appena raccolti, e i prodotti artigianali, realizzati a mano minuziosamente, si mescolano in un caleidoscopio colorato e sensuale. Le consistenze creano un vortice originale di pelli cucite, metallo luccicante, tessuti sinuosi, dolci zuccherini e livree di animali vivi. I venditori si alzano presto per assemblare i propri “negozi” provvisori: un’adolescente aiuta i genitori ad appendere un panno spesso per riparare la merce dal sole, mentre un anziano signore cerca di contenere l’eccitazione dei suoi polli. Sotto il telone di ciascuna bancarella si trova ogni genere di prodotto: ceste di dolci al miele e file di capi tinti a riserva; cinture con fibbia d’argento e taglieri di legno. Puoi trovare tre saponette all’aloe vera al prezzo di due e i tradizionali sandali in pelle di Minorca, gli avarca. Ci sono verdure biologiche e frutta secca, polli arrosto e succo d’arancia appena spremuto, fette di anguria e lattine di paprika. Accessori e abbigliamento da spiaggia, come tute ampie e borse di paglia, sono a disposizione di chi desideri trascorrere il pomeriggio al mare. 74


I pony, che i più piccoli possono provare l’emozione di cavalcare, passeggiano disciplinatamente avanti e indietro per la Plaça, a distanza dal bestiame destinato a essere venduto agli allevamenti. Ogni tanto si sente il rintocco della campana della chiesa, ma molto più frequente è il canto dei galli, che dalle loro gabbie sembrano rivolgersi con impertinenza ai passanti. Il mercato è un luogo di scambio: tanto di oggetti e materiali quanto di conversazioni. Ciascun commerciante descrive nel dettaglio ciò che vende. Ascoltare le storie dietro gli oggetti che acquistiamo li completa e dà loro un’anima. Il mercato è un luogo di narrazione moderna, dove i racconti orali sulle aziende agricole tradizionali locali o sulla lavorazione degli oggetti artigianali infondono un nuovo significato agli oggetti.

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Una colorata distesa di tessuti drappeggiati su una bancarella del mercato di Sineu. La vivacità di motivi e colori rispecchia lo stile di vita energico dell’isola.



Imbocchiamo una stradina nascosta di Pòrtol per fare visita a

JOAN PERE CATALÀ ROIG un ceramista che applica tecniche estremamente rigorose e, spesso, laboriose. La ceramica artigianale ha una lunga tradizione nelle Baleari: è parte integrante dell’identità maiorchina da secoli e la si ritrova 79




in particolare nelle stoviglie robuste e ben fatte che costellano la vita domestica. La produzione manifatturiera di ceramica è popolare e fiorente nella zona di Pòrtol, dove si riscontra una forte concentrazione di laboratori e vengono prodotti a mano pezzi unici. L’opera di Joan Pere, in particolare, gioca con le forme e le dimensioni, passando da piccole tazze da tè a vasi di grandi dimensioni a complementi d’arredo in ceramica. Circondati da file di pigmenti colorati e un assortimento di opere ancora incompiute, discutiamo del rapporto di Joan Pere con l’isola, della sua ammirazione per gli artigiani giapponesi e delle laboriose procedure che mette in atto con grande soddisfazione. Che tipo di apporto dà al tuo lavoro il fatto di essere nato e vivere a Maiorca? JPCR

Si tratta fondamentalmente è un mix di cultura, vita sull’isola e disponibilità di materiali. La storia di Maiorca esprime uno stile a cui sono esposto fin da quando ero bambino. La cultura è negli oggetti legati alla quotidianità. C’è una ciotola che si chiama escudella e rappresenta una forma tipica di Maiorca. Uso quella struttura, ma la interpreto tramite vari materiali e la cottura in una fornace a legna. Ha un aspetto diverso rispetto a quella tradizionale: la finitura è un’altra e quindi, anche se la forma è la stessa, segna una discontinuità col passato. Poi c’è la questione dei materiali. Non abbiamo tutta la scelta che si trova a Barcellona o a Madrid. Ma questo ci stimola a utilizzare ciò che possiamo reperire qui.

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Joan Pere sperimenta da tempo con l’argilla, appuntandosi formule su un taccuino dal 1996.


Joan Pere intento a plasmare l’argilla sul suo tornio da ceramista.


Ti ispiri a pezzi locali (le statuette siurells, le antiche stoviglie maiorchine barcelles e le già citate escudelles), ma anche a tecniche giapponesi, come raku e hakeme. Come riesci a fondere stilemi locali ed esteri? JPCR

Adoro l’artigianato giapponese, la filosofia e l’approccio alla vita e alle arti del Paese del Sol Levante. Sono pezzi facili da apprezzare: molto stilizzati e graziosi, ma allo stesso tempo molto “ruvidi”. Sono un mix di tradizione e modernità. Uso una fornace a legna, tipica della tradizione giapponese… ce ne sono davvero poche di questo tipo in Spagna, o addirittura in Europa. Non ci sono progetti da poter prendere a esempio per una fornace come questa; la costruisci tenendo conto della tua produzione. Il numero di metri cubi deve essere correlato al tuo volume di lavoro. Non esistono “costruttori di fornaci a legna”: devi realizzare la tua, con le tue mani. Ogni volta che la uso, brucio mezza tonnellata di legna e sto 24 ore senza dormire per alimentarla. Basta che mi fermi dieci minuti per perdere 200 gradi. Comincio a cuocere alle 8 del mattino e finisco alle 8 del mattino seguente. È davvero durissima. Ma è anche un’esperienza molto intima, magica. Un lavoro pesante, ma bellissimo. Creare oggetti in ceramica non deve essere facile; voglio farlo nel modo più complesso: deve essere una sfida. Masochista, io? [ride] Ma nell’oggetto rimane un frammento della tua anima. Quando crei oggetti di valore, la gente se ne accorge. Sono identificabili; non serve una firma. Però è pericoloso usare la fornace a legna d’estate, quindi nei mesi caldi passo a quella a gas, che è facile da usare. Per cui la mia ceramica è stagionale. È come se mi chiedessi un pomodoro a gennaio: non è possibile.

In che modo queste due fornaci, a legna e a gas, plasmano e modificano l’estetica della ceramica? JPCR

Ho la fornace a legna da sette anni; prima usavo solo quella a gas. Le fornaci elettriche non mi piacciono. La stessa argilla assume un aspetto molto diverso se cotta in un modo o nell’altro; la cenere della fornace a legna si fonde nel materiale, creando dei motivi. La cenere

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contiene sodio, che si fonde a 1.200 gradi; i pezzi sono cotti a 1.300 gradi. Accendo il fuoco nella parte anteriore della fornace, ma il camino è sopra quella posteriore; la direzione della fiamma ha un effetto sulla parte anteriore e su quella posteriore di un pezzo. Non hai mai il controllo completo della situazione: mantenere la temperatura è difficile. È l’arte dell’ignoto! Anche tua madre è stata ceramista. Che rapporto avevi con quest’arte quando eri piccolo? JPCR

La ceramica all’inizio non mi piaceva particolarmente; era solo il lavoro di mia madre. A fine anni ‘80, a scuola, ci hanno chiesto cosa facessero i nostri genitori. Il lavoro del ceramista era considerato strano. A 19 anni non sapevo cosa studiare. Ho trovato lavoro in una scuola di equitazione e ci sono rimasto qualche anno. L’ho lasciata per creare e studiare la ceramica, cosa che faccio ancora oggi, dopo 26 anni. Anche mio fratello, che ha otto anni meno di me, è un ceramista.

Le vostre tre estetiche sono molto diverse? JPCR

Sì. Mio fratello crea ceramica artistica, tipo strani vasi. [ride] Mia madre ha un approccio molto classico; dipinge fiori. A me piacciono gli smalti minerali, la ceramica giapponese e un certo grado di incompiutezza. Abbiamo punti di vista molto diversi.

I pezzi che crei sono splendidi, ma non sono utilizzabili nel quotidiano. Come individui l’equilibrio fra decorativo e funzionale? JPCR

Creo forme funzionali, ma a volte realizzo un vaso che somiglia più a una scultura. Cerco di trasformare oggetti quotidiani in opere d’arte. Si può mangiare o bere da un’opera d’arte.

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Bark F/W 2020


Hai anche creato piastrelle per edifici, mosaici per fontane, murales e via dicendo. Hai una forma mentis diversa quando crei per spazi esterni o pubblici? JPCR

Mi sono state commissionate 1.400 piastrelle per una fontana del centro di Palma, in Plaça de la Reina, vicino alla cattedrale. La fontana misura otto metri di diametro: è stato un lavoro imponente di cui ho adorato occuparmi. Non è facile colpire l’immaginazione con un pezzo di piccole dimensioni, pur avendo anch’esso le sue complessità. Con opere più grandi è più facile impressionare la gente, ma le difficoltà aumentano. L’argilla tende a restringersi. Non sono ammessi errori, perché una piastrella non può essere più grande o più piccola dello spazio a cui è destinata. Le dimensioni contano! Ma la matematica mi appassiona.

Come ti rapporti con l’idea di fragilità? JPCR

Mi piace la pietra ceramica; rispetto alla terracotta è un altro paio di maniche. Gli oggetti sono molto resistenti. Non associo la ceramica all’idea di fragilità. Voglio creare oggetti “grezzi” e delicati allo stesso tempo. Ho realizzato i piatti per un ristorante e non ne hanno rotto uno in quattro anni. Penso che sia un segno di longevità. Siccome i pezzi vengono cotti a temperature estremamente elevate, l’argilla si compatta e diventa resistente agli urti. Queste ciotole durano una vita! Le puoi inserire nel testamento.

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Le cave di pietra calcarea sono una risorsa molto sfruttata per l’edilizia locale. Qui i muri e gli edifici sono realizzati con strati di piccoli frammenti fossilizzati di sabbia e conchiglie. Le cave danno vita a un paesaggio arido, che esprime grande potenza.

CAN CASETES









Lasciandoci alle spalle l’arida bellezza di Can Casetes, cerchiamo ristoro nell’azzurro rinfrescante del porto. Il sole si riflette sull’acqua, rendendola luccicante in superficie. Nell’aria si percepisce distintamente un aroma salmastro.

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Trisha S/S 2019





Kobarah S/S 2016


All’interno del porto, una barca si distingue da tutte le altre. Struttura lignea con finiture in ferro, cime tese e vele di tela rattoppate: i bambini sono convinti di aver avvistato una nave pirata e non è difficile capirne il motivo. Sembra uscita direttamente dal racconto di un lupo di mare. È difficile immaginare che qualcosa possa perturbare questa visione nautica. Eppure, anche se il mare delle Isole Baleari è fra i più ricchi del Mediterraneo, i suoi ecosistemi subacquei sono estremamente fragili, minacciati da pesca eccessiva, consumo a fini commerciali e inquinamento.

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C’è un uomo che si impegna con grande passione nel tentativo di rigenerare il mare

con la sua fondazione ambientale. Si chiama Brad Robertson.

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L’imbarcazione ha una “rete manta”: un dispositivo che “si nutre” come l’omonimo animale, filtrando la superficie dell’acqua per rimuovere i rifiuti.

L’iniziativa dal basso della fondazione punta a ridurre l’inquinamento marino, incluso quello causato dalla plastica, rigenerando gli ecosistemi locali. Save The Med opera attraverso iniziative di sensibilizzazione, erogazione di servizi e cambiamento delle politiche, adottando un approccio collaborativo. 108


Le criticità rilevate vengono presentate agli scienziati per fini di ricerca, si organizzano attività didattiche con le scuole e vengono prodotti materiali multimediali e pubblicità progresso per attirare l’interessa della comunità e offrire soluzioni.

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1910 Viene varato il Toftevaag, un peschereccio norvegese vecchio stile che oggi Robertson utilizza per la ricerca scientifica e spedizioni multimediali con personale e volontari.

2012 Robertson fonda l’associazione Ondine (strizzando l’occhio a Ondina, una ninfa acquatica dallo spirito libero).

2015 Lancio del progetto di pulizia delle spiagge Dos Manos, ispirato all’organizzazione australiana “Two Hands”, che prevede la raccolta dei rifiuti plastici e la loro registrazione per ottenere dati scientifici.data.

2016 L’associazione Ondine propone una nuova area marina protetta (AMP) e il governo delle Baleari crea la nuova riserva di sa Dragonera.

2019 Le associazioni Ondine e Alnitak si riuniscono, confluendo nella fondazione Save The Med. Il suo obiettivo è ripristinare la biodiversità del mar Mediterraneo.

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Il presidente e cofondatore di Save The Med, Brad Robertson, è un eccellente sub, alla luce della vasta esperienza maturata in Australia, suo Paese d’origine. A bordo del Toftevaag, un incredibile peschereccio norvegese dei primi del novecento, Robertson studia e documenta le forme di vita, l’inquinamento e le attività umane legati al mare, con la collaborazione di un equipaggio di volontari. “Sul Mediterraneo si affacciano circa 20 Paesi e ciascuno ha la sua politica, la sua lingua e la sua cultura; ogni area presenta dei problemi specifici. Non si può puntare su una politica unica. È necessario responsabilizzare le comunità locali e offrire loro supporto, in modo che ciascuno possa fare il massimo”.




Partecipiamo a una spedizione di Save The Med. Il peschereccio, sospinto da un vento leggero, salpa da Porto Colom la mattina presto. Tre membri dell’equipaggio osservano il mare: due a prua e uno sulla coffa di vedetta. Nel corso della giornata si scambiano le posizioni. Quando incontriamo un’onda più robusta, tutto oscilla. Essere circondati dal mare ha un fascino estremo, come un incantesimo. È una sorta di promemoria, leggero ma un po’ sinistro: di fronte alle forze della natura diventiamo piccoli piccoli. Robertson prepara il materiale per le immersioni, testandolo scrupolosamente. Accanto alla muta in neoprene ci sono una bombola di aria compressa (fino a 200 bar), un giubbino zavorrato, che aiuta a controllare la spinta idrostatica sott’acqua, regolatori, per respirare senza difficoltà, un manometro, per misurare l’area residua nella bombola, e un GPS, per eventuali operazioni di soccorso.

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Mentre la spuma delle onde lambisce la chiglia, in mare aperto potremmo avvistare creature di ogni tipo: balene, delfini, mante mediterranee. Il mare intorno alle Baleari è anche una zona riproduttiva per il tonno pinna blu. Ai membri dell’equipaggio è capitato di immergersi in densi banchi di questa specie, con centinaia o addirittura migliaia di esemplari. Ovviamente, incontriamo anche della plastica. Oltre a utilizzare la rete manta, l’equipaggio recupera grossi detriti, come un palloncino dorato sgonfio o un cosiddetto FAD (Fish Aggregating Device), ovvero un conglomerato di plastica assemblato per attirare i pesci e abbandonato in mare dai pescatori. Un’equipe scientifica raccoglie, registra e analizza tutti i materiali trovati. “Con una semplice variazione terminologica, il passaggio da ‘conservazione’ a ‘rigenerazione’, si cambia il modo di pensare delle persone. Non vogliamo conservare il Mediterraneo nelle condizioni in cui è ora. L’obiettivo è quello di rigenerarlo, ripristinando la bellezza di un tempo”. 116


Pix S/S 2019




THE WALKING SOCIETY

Abbiamo ca scambiato osservato, Abbiamo assaporato la bellezza dei panorami. Abbiamo gustato i prodotti locali, dall’orto direttamente nei nostri piatti. Siamo rimasti a bocca aperta di fronte ad artisti e artigiani, che si esprimono plasmando materiali come l’argilla e il vetro. 120


MALLORCA

amminato, o opinioni, imparato. Abbiamo subito il fascino infinito del mare. Siamo impazienti di esplorare tutte le culture sparse nel bacino del Mediterraneo: scoprire, vivere e assaporare tutto ciò che hanno da offrire. Siamo emozionati in vista di quello che verrà , di tutti i luoghi che ci aspettano. 121


Edition & Creation Alla Carta Studio Brand Art Director Gloria Rodríguez Magazine Photography: Victor Staaf Illustrations: Tobias Gutmann Copywriting: Sarah Moroz Videos Direction: Balthazar Klarwein Editor: Bernat Granados Music & Sound: Miquel Mestres Focus Puller: Juanjo Marti 2nd Ac / DIT: Miquel Mayans Color Grade: Lluís Velamazán Production: Palma Pictures Thanks to Save the Med for access to their underwater footage shot by Dan Abott camper.com © Camper, 2020

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