STORIE DI GIOVANI CAMPANI ALL'ESTERO

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Storie di campani all’estero I nuovi protagonisti dell’emigrazione

a cura di Francesco Calvanese

Progetto “Agenti dell’emigrazione campana 3” FILEF Campania


* Si ringraziano per la preziosa collaborazione: Clemente Bove (redazione testi) e Maria Celeste Bruno (fotografie). * Le foto sono di Borgo Terravecchia di Giffoni Valle Piana (SA).

A cura di FILEF Campania Via Porto n. 28 84121 Salerno Tel. 089-230828 E-mail: fcalvan@tin.it


Regione Campania

I protagonisti di questo volume sono i giovani di origine campana, residenti nei cinque continenti, partecipanti al corso “Agenti dell’emigrazione campana 3”, organizzato dalla FILEF Campania nell’ambito del progetto approvato dalla Regione Campania - ORMEL - Settore Emigrazione (Decreto dirigenziale n. 433 del 23/11/2006 - Linee Guida per i Campani nel Mondo anno 2006 Misura B - Azione 2) I partner del progetto sono: Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano, Provincia di Avellino, Provincia di Salerno, Provincia di Benevento, Ente Provinciale per il Turismo di Salerno, Comunità Montana Valle dell’Irno, Comune di Cava dei Tirreni, Azienda di Soggiorno e Turismo di Salerno, Cattedra di Sociologia del Lavoro - Dipartimento di Sociologia e Scienza della Politica - Università degli Studi di Salerno, Confindustria Salerno.

Il volume viene pubblicato con il patrocinio del Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano.

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Le iniziative del quarantennale FILEF

In occasione della ricorrenza dei 40 anni dalla fondazione, la FILEF Nazionale e le sue organizzazioni aderenti intendono rinnovare l'impegno a favore di tutti i migranti con una serie di iniziative che saranno realizzate fino al gennaio 2008. Esse riguarderanno il recupero della memoria dell'emigrazione italiana nel mondo, della storia della FILEF e delle sue associazioni, delle testimonianze dei suoi aderenti e dirigenti, la produzione e la pubblicazione di studi, ricerche, video-documentari, volumi di letteratura dei migranti, produzioni musicali, mostre, ecc. Ogni mese saranno messe a disposizione sui siti web della FILEF i prodotti realizzati e saranno pubblicizzate le iniziative in programmazione. Invitiamo tutti coloro che conoscono o hanno conosciuto la FILEF a farci pervenire propri contributi: documenti, foto, pubblicazioni, o interventi specifici, racconti, eventi, ecc.. Tutti i materiali che riceveremo saranno pubblicati di volta in volta e presentati nelle diverse iniziative per le manifestazioni del quarantennale.

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SOMMARIO PRESENTAZIONE di Francesco Calvanese . . . . . . . . . . . . . . .pag.

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I NUOVI PROTAGONISTI DELL’EMIGRAZIONE CLAUDIA KEMPER PACHECO (Cile) . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 15 STEFANIA BOVE (Sudafrica) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 21 GIANCARLO DI BIASE (Cile) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 31 MARIA CELESTE BRUNO (Argentina) . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 43 PABLO VOTTOLA (Argentina) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 47 PASQUALE ROSANIA (Venezuela) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 53 ANGEL OSWALDO VALLETTA (Venezuela) . . . . . . . . . . . . . .pag. 59 RODOLFO KEMPER PACHECO (Cile) . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 63 MELINA MONDELLI (Uruguay) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 71 FERNANDO TOPPI (Uruguay) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 85 GEORGE CIPOLLONE (Stati Uniti) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 89 STEPHANIE KATE RAPA (Gran Bretagna) . . . . . . . . . . . . . . .pag. 93 REBECCA BAGNARA (Australia) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 99 ANALISI DELLE INTERVISTE AI GRUPPI DIRIGENTI E AI DELEGATI CAMPANI AI CONGRESSI NAZIONALI NEI PAESI DI EMIGRAZIONE di Francesco Calvanese e Grazia Moffa . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 111 PROGETTO “AGENTI DELL’EMIGRAZIONE CAMPANA 3” . . . . . . . . . .pag. 131 IL TESTO DI CARLO LEVI IN OCCASIONE DELLA FONDAZIONE DELLA FILEF . . . .pag. 153 -7-



PRESENTAZIONE di Francesco Calvanese Presidente della FILEF Campania Questo volume viene presentato il 26 maggio 2007 in occasione del Seminario finale del progetto "Agenti dell'emigrazione campana 3", nei locali del palazzo Matarazzo di S.Maria di Castellabate, nel Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano. Al Seminario, oltre che i giovani partecipanti al Corso di formazione, provenienti dai 5 continenti, interverranno i rappresentanti delle Istituzioni partner del progetto, l'assessore della Regione Campania Rosa D'Amelio, il responsabile del turismo della Direzione generale impresa della Commissione Europea Franco Ianniello, mentre ci auguriamo che risponda positivamente all'Invito il viceministro con delega per gli italiani all'estero Franco Danieli. L'obiettivo del Seminario finale è quello di raccogliere i risultati del Corso, canalizzandoli verso una nuova progettualità riferibile ai programmi regionali e comunitari, nonché di costruire una rete solida di Agenti dell'emigrazione campana in tutti i paesi in cui sono presenti le comunità campane. Siamo infatti, come indicato nel titolo del progetto, alla terza edizione del Corso di Agenti e riteniamo sia venuto il momento per compiere un salto di qualità, anche valorizzando appieno la tematica del turismo, prescelta per questo Corso. A tale scopo si indica l'esigenza di favorire lo sviluppo delle organizzazioni campane all'estero, puntando sui giovani di seconda e terza generazione, alimentando un flusso continuo di iniziative e attività, coinvolgendo le istituzioni locali. E' infatti molto diffusa la convinzione che non c'è più tempo da perdere. Essa nasce dal fatto che in tre edizioni del Corso si è registrata la chiara conferma della premessa iniziale del progetto Agenti: lavorare con l'emigrazione oggi significa rapportarsi a nuovi protagonisti. Infatti, non è per amor di polemica , che si è evidenziato come sia opportuno indirizzare le politiche dell'emigrazione verso nuovi soggetti, i giovani qualificati residenti all'estero, che possono diventare i più credibili interlocutori per la Campania e per l'Italia. Tutto ciò comprendendo che bisogna dire basta alle celebrazioni annuali di emigrati di successo, trascurando le centinaia di migliaia di emigrati che vivono con la pensione italiana o che sono perfettamente integrati tra i ceti marginali delle grandi capitali dell'emigrazio-9-


ne italiana. Tutto ciò consapevoli che bisogna fare i conti definitivamente con la retorica della vecchia emigrazione e delle valige di cartone, come emerge in tanti film e documentari anche recenti, mentre invece bisogna lavorare per il futuro, avviando forme di cooperazione con le nostre comunità all'estero. Si tratta ovviamente di accettare la sfida rappresentata dall'elezione di rappresentanti della nostra emigrazione nel Senato e nel Parlamento della Repubblica: una sfida nuova, che impone anch'essa un salto di qualità e che insegna come gli emigrati non chiedano più misure solo assistenziali, quanto piuttosto il riconoscimento pieno dei diritti, una progettualità diffusa, in sintesi l'effettiva realizzazione di una comune appartenenza all'Italia. Si tratta di rivedere le politiche regionali verso l'emigrazione, che ci hanno visto assistere impotenti, negli ultimi anni, ad un drastico ridimensionamento dei fondi stanziati per le comunità all'estero e le associazioni dell'emigrazione: il caso della Campania dove nel Bilancio 2007 essi sono stati ridotti a 380 mila Euro è eloquente al riguardo. Si tratta di suggerire alle istituzioni locali di far rientrare le politiche migratorie nelle politiche di internazionalizzazione dei territori, collegandole allo sviluppo locale e avviando iniziative di cooperazione decentrata con le comunità all'estero. Su quali basi poggiano queste nuove politiche? Sulla constatazione che la risorsa emigrazione è significativa per numero e per qualità, sicuramente coinvolgibile in tutti i progetti innovativi. Cioè: cucina, medaglie e canzonette vanno bene per una celebrazione, non per una politica migratoria al passo con i tempi. La scommessa dei tre progetti Agenti, ben accolta in Regione Campania, è stata una provocazione. Essa fa perno su di una convinzione, documentata nel progetto, allegato al volume: i giovani delle nostre comunità all'estero sono pronti a diventare interlocutori attivi della Campania e dell'Italia. Hanno studiato, hanno conseguito più lauree e qualifiche professionali, conoscono diverse lingue, sanno usare i linguaggi della società dell'informazione, viaggiano spesso in Italia, leggono, vedono i nostri programmi televisivi, hanno molta buona volontà e credono nell'Italia. Questo libro ne è una testimonianza. Abbiamo raccolto le loro storie in presa diretta, durante i giorni di svolgimento del corso di formazione, di corsa per far uscire la pubblicazione in tempo per il Seminario finale. Vogliamo che partano per i loro paesi portando con sé il volume, lo divulghino, interessino altri giovani, formino nuove associazioni e organizza- 10 -


zioni, producano progetti, creino imprese, sviluppino reti -non solo da e verso la Regione- ma anche tra tutte le comunità all'estero. Le Storie, lasciatemelo dire, sono bellissime. Raccontano vicende poco rappresentate nella letteratura in materia, respirano di sincerità, intrecciano drammi e allegria: in sintesi si rivolgono a tutti noi perché collaboriamo a valorizzare il protagonismo dei giovani. Circa mezzo secolo fa il poeta lucano Rocco Scotellaro con passione profetica recitava “Siamo entrati in gioco anche noi con i panni e le scarpe che avevamo”, riferendosi ai contadini del sud , ma anche ai migranti. Dopo anni di silenzio, o meglio di retorica sul tema, questi giovani ci rappresentano i loro desideri e le loro potenzialità, la loro ricerca di dialogo. Non senza contraddizioni. Ad esempio: è stata una scelta redazionale quella di lasciare gli errori di italiano nei testi, o anche di far rendere conto il lettore della forte contaminatio linguistica che caratterizza gli scritti . In alcuni casi , specie nei paesi di cultura anglosassone, si può notare come le storie siano state proposte in inglese, la lingua dominante, indicando così il prevalere di una tendenza in quei paesi all'emarginazione della lingua italiana. Non sempre però: si legga il bellissimo racconto della psicologa Stefania Bove (Sud Africa), nel quale in un italiano, per larga parte corretto, si pone in chiara evidenza la problematica delle identità, affrontando il tema del rilancio in grande della cultura italiana dentro i nuovi tempi e nuovi spazi della società multietnica e della globalizzazione. Il tema identitario è il principale in tutti i racconti, ma affrontato spesso in modo originale e innovativo. Si legga ad esempio la storia di Claudia Kemper. L'ingegnera cilena, di origine campana, ma anche slava e cilena, viene al Corso Agenti 2, ritorna in Cile, non rassegnata ad un reinserimento-come nulla fosse accaduto. Riparte per l'Italia,vince una borsa di studio all'ENEA di Frascati, fa la tutor nel Corso Agenti 3. Ci dice: oggi sono proiettata a costruire un'identità ricca di esperienze, che possono essere valorizzate e indicare una nuova strada, anche verso l'Italia ai giovani emigrati di seconda e terza generazione, aiutatemi-aiutateci a praticarla. Non a caso nella foto di copertina del volume, i giovani Agenti 3 si rappresentano con le valige, non di cartone: ci dicono insomma di essere pronti a ripartire per l'Italia, per il mondo, per la Campania, anche per i propri paesi di attuale residenza, ma riconoscendosi in una nuova identità di migranti, con facce e scarpe nuove, decisi a riversare la grande storia dell'emigrazione italiana nella società dell'innovazione e della conoscenza.

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Per concludere. Nel libro in aggiunta alle Storie sono inseriti 3 contributi, che comunque rientrano a pieno titolo nell'economia del discorso finora svolto. 1. La Ricerca sui delegati ai recenti Congressi dei campani all'estero è stata realizzata dalla Filef Campania all'inizio del 2006 in preparazione del Congresso regionale dei campani all'estero. L'indicazione principale fornita dalla ricerca è stata quella della necessità di rilanciare l'associazionismo, svecchiando i gruppi dirigenti, spesso rappresentati dalle stesse pur meritevoli persone da oltre 15 anni, inserendo negli stessi leve di giovani, portatori di nuove istanze, nuovi bisogni e capaci di diverse progettualità. 2. Il progetto Agenti 3 viene riportato integralmente al fine di rispondere a richieste pervenute alla Regione Campania da altre Consulte regionali dell'emigrazione e dallo stesso Ministero per gli italiani all'estero. La Regione Campania già segnalò, a richiesta del Ministero, il progetto Agenti 2 come esempio di Buona Pratica. E' forse possibile riproporlo in più realtà regionali, costruendo così una rete più larga e diffusa di Agenti dell'emigrazione e, quindi, sviluppando il più ampio impatto delle azioni promosse dai nuovi migranti. 3. Il testo dello scrittore Carlo Levi, scritto in occasione della fondazione della Filef nel 1967, vuole ricordare il quarantennale dell'associazione, ma rappresenta anche il pretesto per un discorso. Come è noto tutte le associazioni dell'emigrazione italiana negli ultimi anni, riconvertendo al passo coi tempi le loro modalità organizzative, si sono trovate ad affrontare grandi problemi di sopravvivenza. Tra queste la Filef nazionale, che pure ha circa 400 sedi all'estero e ha portato avanti una ridefinizione delle attività puntando decisamente sulla progettualità. In questo modo, come è possibile rilevare sul sito Filef, l'associazione si è distinta per qualità dei risultati conseguiti e per numero degli emigrati coinvolti. Tuttavia nell'ultima fase del governo Berlusconi, avvicinandosi la fase elettorale e il voto all'estero, la Filef è stata tagliata da qualsiasi finanziamento a progetti, mettendone in discussione la sua stessa esistenza. Questa situazione non si è modificata in maniera significativa neppure col nuovo governo. Si rischia di celebrare il quarantennale senza chiare prospettive per il futuro. Eppure il sito Filef è visitato ogni mese da circa 30 mila utenti, la casa editrice-la rivista-il bollettino periodico sono punto di riferimento per studiosi, associazioni di migranti e istituzioni locali, i film e i documentari pro- 12 -


dotti negli ultimi anni sono uno strumento di lavoro utile per far conoscere la nuova emigrazione. Col volume vogliamo rispondere in parte al problema ora sollevato, promuovendo e suggerendo un'iniziativa eccezionale di finanziamento. A nostro parere in tutte le Regioni sarebbe positivo rivolgere un Invito a tutti i sindaci e rappresentanti di Istituzioni locali per celebrare degnamente il quarantennale. In tale occasione saranno proposte iniziative, Convegni, servizi da attivare sul fronte dell'emigrazione, materiali audiovisivi, forme di collaborazione nel campo della ricerca e della progettualità. Riteniamo che in tal modo si possano favorire anche attività che contemporaneamente finanzino l'associazione e mettano le basi per rilanciare le politiche locali dell'emigrazione con nuovi giovani protagonisti. Per quanto riguarda la Filef Campania faremo la nostra parte in tale direzione. Ad esempio : nella prossima estate daremo corso al bando della terza edizione del Premio Carlo Levi, di racconti e ricerche dell'emigrazione. Il partner principale del Premio sarà il comune di Cava dei Tirreni, che si è dimostrato sensibile a tale iniziativa. Abbiamo intenzione, tolte le spese di pubblicazione e i premi, di mettere a disposizione della Filef nazionale la parte restante del finanziamento che sarà stanziato.

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CLAUDIA KEMPER PACHECO (CILE)

Ciao a tutti, mi chiamo Claudia Kemper Pacheco, ho 29 anni, sono nata a Santiago del Cile e vivo da 9 mesi in Italia. Mi trovo in aula circondata da ragazzi di tutte le parti del mondo che raccontano le esperienze proprie e delle loro famiglie. Tante storie tutte diverse, piene di colori dalle molteplici sfumature, di aneddoti divertenti ed a volte incredibili. Racconti di terre lontane, di vite e di modi di essere molto differenti. Paesaggi incantevoli, montagne altissime dalla forma quadrata in Uruguay, cascate d'acqua più alte di un grattacielo in Venezuela, pianure sconfinate e vegetazione incontaminata in Argentina, le 11 lingue ufficiali del Sudafrica, Inghilterra, Stati uniti, Australia, Cile. Un viaggio intorno al mondo ad occhi chiusi, alla scoperta della bellezza del pianeta attraverso le parole di questi ragazzi. Presentano i propri paesi di adozione pieni di soddisfazione, ma tutti hanno un unico triste comune denominatore: l'emigrazione dall'Italia. Una esperienza certamente irripetibile, credo che mai più nella vita capiterà di trovarmi di fronte a tante culture, a tanti stili di vita ed a tante tradizioni cosi diverse. Un confronto che arricchisce, a volte con sana competizione, con discussioni accese o con comunanza di situazioni e abitudini. Siamo tutti diversi e simili allo stesso tempo e tutti con lo stesso punto di partenza, L'Italia. Raccontare la mia esperienza di emigrazione non è facile, soprattutto per le emozioni che provo nel ricordare tanti aneddoti di mia nonna e di mio padre. Le diverse situazioni vissute da loro, spesso sono state purtroppo drammatiche, ma la forza e la perseveranza delle loro anime sono riuscite a sostenerli fino ad oggi. Quando avevo circa 23 anni ho cominciato a cercare altri giovani italiani che come la mia famiglia erano emigrati in Cile. Cosi mi sono avvicinata ad una chiesa italiana che mi indirizzò verso un'associazione campana. Cominciai immediatamente ad appassionarmi, a cercare d'integrarmi il più rapidamente possibile. Conobbi alcuni ragazzi campani che frequentavano l'associazione da qualche anno, avevano qualcosa di diverso, erano nati in Cile come me, ma nelle loro parole, nel raccontare le proprie origini c'era un forte senso di orgoglio. Ero incuriosita, non riuscivo a comprendere come si potesse avere tanto a cuore un luogo lontano decina di - 15 -


migliaia di chilometri dal Cile. Con il tempo cominciai a capire, conobbi alcune famiglie di miei compagni, abitavano a Santiago nel centro, tra lo smog e il caos di quella metropoli, però appena varcai la porta della casa della mia amica Giannina mi fu tutto più chiaro: non c'ero mai stata prima, ma quel luogo ero quasi sicura, era un pezzo d'Italia al centro del Cile. Tutto era italiano, parlavano in italiano, mangiavano italiano, vestivano italiano, ascoltavano musica italiana, mi raccontavano dell'Italia. Trascorsi una giornata molto stimolante, cominciai a comprendere la differenza, cominciai a capire perché i compagni dell'associazione parlavano con tanto orgoglio. Le loro famiglie non avevano mai effettivamente lasciato l'Italia, l'essere italiano era profondamente radicato e vivo dentro di loro. La vita a casa mia, tranne che per i racconti di mia nonna, era fondamentalmente cilena, mi sentivo diversa, sentivo sempre di più che dovevo confrontarmi con questa mia nuova possibile identità, d'italiano avevo solamente il passaporto e probabilmente la testardaggine di voler capire di più. Da quel momento è cominciato il mio viaggio, non solo un viaggio reale verso l'Italia, ma un viaggio dentro me stessa alla ricerca del confronto della verità. Forse per tanti anni avevo vissuto una vita che non mi apparteneva completamente, forse il mio desiderio di conoscenza, il mio senso di insoddisfazione, erano causati probabilmente dal aver vissuto la mia vita esattamente in un luogo del mondo opposto a quello in cui sarei dovuta nascere. Dovevo scoprirlo, volevo capire fino in fondo che cosa avrebbe significato vivere dov'era nato mio padre, a Napoli. Cominciai a cercare in tutti modi la possibilità di venire in questo paese cosi lontano, ma tanto presente e tanto conosciuto non solo nella comunità degli italiani, ma un po' ovunque. Credo che la motivazione più grande che mi ha spinto in questo tempo a cercare le mie origini, sia stato il cuore di mia nonna, il cuore di mia nonna nel senso dei sentimenti e dell'amore che mi trasmetteva ogni volta che andandole a far visita mi raccontava un capitolo della sua emigrazione. Probabilmente senza volerlo quella vecchietta mi stava trasferendo parte del suo spirito e del suo desiderio incompiuto di vivere nuovamente nella sua terra, probabilmente senza saperlo il mio inconscio aveva già deciso di cambiare vita, e cosi come lei senza volere è emigrata in Cile, in me diventava sempre più forte l'esigenza di emigrare in Italia. Le radici della mia famiglia non sono nettamente definite, mio nonno era Austriaco, mia nonna Slovena, mio padre Italiano e mia mamma Cilena. Però la voglia di sapere più da dove vengo, chi sono, mi ha costretto a non fermarmi fino a quando non mi senta veramente appagata ed a mio agio, - 16 -


veramente a casa mia, senza dimenticare mai l'appartenenza alla mia famiglia, forse tanto diversa dagli italiani e dal loro modo di vivere tanto formale, ma tanto ricca di saggezza ed esperienza specialmente di vita vissuta. La diversità credo che abbia influito abbastanza sul mio essere, ma purtroppo senza offrirmi una identità definita sulla quale lavorare per crescere veramente. E' anche per quello che sono qui tra tutti voi, cerco d'inserirmi ed adattarmi a questa nuova società tanto diversa dalla mia, che non mi ha vista nascere e crescere, e non ha potuto accompagnarmi sin dall'inizio nel mio sviluppo personale affinché diventassi migliore. Dopo tanti tentativi andati a vuoto sono riuscita l'anno scorso a vincere la selezione di questo stesso corso, in cui quest'anno sto facendo la tutor, ero felicissima, avevo la possibilità di venire in Italia con un viaggio completamente spesato dalla Regione Campania, una possibilità unica nella vita, l'unico modo per poter approdare nella mia terra d'origine, altrimenti in alcun modo mi sarei potuta permettere con le mie uniche forze di affrontare questo viaggio. L'esperienza del corso fu eccezionale, un turbine di informazioni, iniziai a conoscere quello che solo avevo intravisto da lontano, i luoghi di cui avevo sentito solamente raccontare. Visitare i luoghi dei racconti di mia nonna e di mio padre mi riempivano di emozione. Il tempo trascorse in un baleno, un'esperienza ricchissima che non appagò per nulla il mio desiderio di vivere una vita italiana come una italiana vera, e non come una turista. Tornata a casa emozionatissima, non smettevo per un attimo di raccontare le mie esperienze vissute, parlavo di tutto, mostravo a tutti le migliaia di foto che avevo fatto, fotografavo qualsiasi cosa, paesaggi incredibilmente belli, persone, strade, autobus, monumenti, per fino i bagni e la spazzatura. Tutto era importante per me, soprattutto perché era l'unico modo di far vedere l'Italia alla mia famiglia, che non è stata fortunata come me. Vedevo in particolar modo nello sguardo triste di mio padre, il desiderio di essere con me in quei luoghi, ormai erano più di 50 anni che non respirava più l'aria che aveva respirato per la prima volta nella vita. Il fatto però che ci fossi stata io sembrava comunque essere una consolazione per lui, non so bene perché, probabilmente sentiva che con me una parte di lui tornava indietro. Cominciai a pensare e pian piano maturò in me un decisione importante. Volevo tornare, decisi di lanciarmi in questa avventura. Dal lunedì al venerdì lavoravo in un centro cartografico a Santiago a 2 ore da casa, mentre i fine settimana vendevo animali domestici nel Persa 40, un piccolo mercatino vicino casa mia, dove cercavo di sembrare una di loro per non correre rischi, l'ambiente era molto pericolo- 17 -


so. Continuai cosi per 6 mesi, ma non riuscii a conservare abbastanza denaro per il viaggio di ritorno nell'Italia. I miei genitori erano abbastanza preoccupati, perché non volevano che venissi qui senza un obbiettivo preciso, sia fosse stato di studio o di lavoro, l'importante era che avessi una meta precisa e un scopo reale. La fortuna improvvisamente mi sorrise, ricevetti la notizia di aver vinto una borsa di studio in cui non credevo tanto. Era una selezione molto difficile, un Ente di ricerca italiano molto importante, dove avrei potuto sviluppare al massimo i miei studi cominciati in Cile. Ero entusiasta però mi resi conto che i soldi che avevo conservato lavorando al mercatino ed al centro cartografico non erano sufficienti. Quasi impazzivo per trovare il denaro necessario per il biglietto aereo e le prime spese d'affrontare all'arrivo. Al finale quando ero praticamente disperata la soluzione arrivò dalla persona più inaspettata, da mio fratello minore Nicolas appena diciottenne. Un giorno mi si avvicinò e mi disse: "se prometti che mi mandi un bel regalo dall'Italia, ti presto i miei risparmi". Mi stavo nuovamente preparando a partire, ma questa volta con orizzonti diversi e una determinazione maggiore. Ricordo ancora mia madre impaurita e preoccupata quando mi accompagnò ad una agenzia di viaggio a comprare il biglietto. Quando la signorina prenotando il volo mi chiese la data di ritorno ed io le risposi "solo andata", mia madre rimase abbastanza colpita da questa mia sicurezza, la sua preoccupazione maggiore era portata dal fatto che la mia borsa di studio durava solo due mesi. Ero determinata e convinta della mia decisione, questo tranquillizzava un po' i miei genitori, sapevano che potevano fidarsi di me. Era un giorno nuvoloso il 6 d'agosto, quando sono partita verso l'Italia. Solo all'aeroporto, pochi minuti prima di partire cominciai a realizzare che non sapevo dopo quanto tempo avrei potuto abbracciare la mia famiglia nuovamente, stare con gli stessi amici che la sera prima avevano organizzato una festa per salutarmi. Ancora conservo nella mente tutti questi ricordi come fotografie di un album che custodisco gelosamente dentro di me e che ogni giorno che passa la lontananza e il tempo gli danno più valore. Capii subito che questa volta non sarebbe stata tanto facile come l'anno precedente, ero sola ad affrontare questa nuova vita, ma piena di entusiasmo e di positività. L'inizio di questa mia esperienza è stato abbastanza agevole, anche se un po' faticoso. Non è stato semplicissimo adattarsi ad un modo di essere cosi diverso, per quanto cercassi di non farlo notare anche se non parlavo, tutti si accorgevano che sono straniera. Dopo 3 mesi - 18 -


è capitato qualcosa che non credevo mi sarebbe successo mai, mi sono sentita strana, ero sempre stanca, nervosa, insoddisfatta, praticamente ero depressa anche se senza esagerare, il mio soggiorno in Italia stava migliorando di giorno in giorno: il tipo di studi che stavo facendo erano esattamente quello che desideravo per completare la mia preparazione, la borsa di studio mi era stata prolungata a tempo indeterminato, riuscivo a vivere discretamente senza l'ansia di dover contare le monetine nel porta spiccioli per salire sull'autobus o comprare una bottiglietta d'acqua come mi capitava sempre a Santiago, qui addirittura anche se la vita è più cara potevo inviare un po' di soldi a casa, non tanto, ma poco denaro italiano può servire molto in Cile. Mi fermai a pensare, non volevo ammetterlo a me stessa, sentivo la mancanza della mia casa, della mia famiglia, dei miei amici, la sentivo molto, come mai avrei immaginato. Questa ammissione mi ha aiutato a superare la tristezza, ho razionalizzato quanto sia importante per me essere qui e quanto lo è per la mia famiglia. Questo è in breve il racconto della mia esperienza a metà tra l'Italia e il Cile. Sono solo all'inizio del viaggio alla ricerca della mia vera identità e delle mie origini, non è per niente facile accettare molti usi di questa società, abbastanza lontana dalla mia, probabilmente mi costerà molta fatica e impegno, probabilmente significherà lavorare molto sul mio essere, non è facile modificare 28 anni di vita vissuta dall'altra parte del mondo. Sento però che tanto sacrificio servirà a farmi ritrovare me stessa, la vera Claudia, non so se sarà quella persona che ha vissuto tutta la vita come una cilena che voleva cercare di sentirsi italiana, non so se sarà una persona che straniera in Italia riuscirà a trovare il proprio spazio o una italiana che comincerà a sentire troppo la mancanza della terra che l'ha vista nascere e ricorderà l'Italia solo come una storia da raccontare. Ma per ora sono qua tra tutti voi e sono felice di esserci.

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STEFANIA BOVE (SUDAFRICA) Mi chiamo Stefania Bove. Ho 27 anni e sono una psicologa clinica, lavoro nel campo della psicoterapia in un carcere a Boksburg, Johannesburg in Sudafrica. Sono un membro del comitato dell'Associazione della Regione Campania in Sudafrica e mi occupo particolarmente delle relazioni pubbliche rivolto ai giovani. Quasi una settimana fa ci hanno assegnato un compito per riflettere sulla nostra esperienza di essere figli nati da emigrati italiani. Questo mi ha mandato in uno stato di tormento e profonda confusione. Sentivo forte angoscia che la prospettiva di non avere una risposta immediata significava dubbio in ciò che è stato sempre un valore culturale abbastanza abbracciato per me. Accadde poi una cosa sorprendente. A questo punto, mi sento costretta di dire che sono sempre stata capace di articolare una risposta senza l'incertezza e come così, sentendo che ai miei pensieri mancò sostanza, mi lasciò sentendosi piuttosto insicura. Mi sento meglio aver appena scoperto che la mia risposta mi eluse. Mi sono reso conto in sguardo retrospettivo che non essere capace di produrre subito una risposta diretta non era il risultato di non aver sentito il legame con i miei radici, ma in contrasto, sentendolo cosi forte ed estrema che sommerge il mio essere intero. La ruminazione e processo pensante ed intricato che furono richiesti da tale domanda erano davvero dei processi necessari. Perché era attraverso l'esplicazione di questo compito che ho scoperto che la mia italianità definisce quello che sono che io sono definita dalla mia italianità. Spiegherò nelle prossime pagine la mia interpretazione di essere italosudafricana ma credo che una parte integrale bisogna cominciare dall'inizio, con la genesi di come io venni ad essere qui in questo mondo e cosi è necessario guardare l'arrivo dei miei nonni in Sudafrica. Il mio nonno materno si chiamava Coda Francesco ed era uno di quattro fratelli maschi. La sua mamma aveva tanto sperato in una femminuccia, ma purtroppo non è stato possibile, e così due dei fratelli (zio Mimì e zio Vincenzo), hanno continuato il mestiere del padre e cioè il falegname. Costruivano bellissimi mobili per casa nello scantinato dove vivevano, sopra c'era una cucina, ed a lato una stanza da letto dove dormivano tutti insieme. L'altro figlio, il più piccolo, si chiamava Antonio, come il padre, - 21 -


e andò da uno zio ad imparare il mestiere di sarto che ha continuato a fare, prima in una grande azienda del Sudafrica, dove si cucivano vestiti da uomo, poi ritornato in Italia e morto recentemente. Il terzo figlio, mio nonno, andò ad imparare il mestiere di calzolaio e lui diceva sempre che la sua povera mamma dava un po' di soldi a questa persona che poi lui pagava mio nonno come ricompensa per tenerlo invogliato e buono. Lo zio Vincenzo, falegname, andò in guerra e fu preso prigioniero. Fu spedito in un campo di prigionieri a Zonderwater in Sudafrica. A proposito, ci e stato uno scambio, perché questo campo adesso e stato dichiarato "Suolo o Terra Italiana". Invece il campo di prigionieri Sudafricani a Roma è diventato "Terra Sudafricana". In questo campo venivano i padroni delle fattorie dei dintorni a prendere certi prigionieri per farli lavorare nei campi e così zio Vincenzo imparò a parlare la lingua africana ed un po' di Inglese. Lui si meravigliava di venire trattato cosi bene che quando arrivò il momento di essere rimpatriato, se ne andò a malincuore e decise di tornare in Italia, solo per vedere i familiari e poi se ne ritornò in Sudafrica. Lavorava molto bene a fare i lavori in legno, come cucine, sia da ufficio che da case, come pure spartizioni per uffici e tante altre cose. Dopo un paio di anni, zio Mimì intanto si era sposato, ha chiesto a zio Vincenzo di mandarlo a chiamare in Sudafrica e cosi avere un avvenire migliore per sua moglie e le due figlie che poi nacquero in Sudafrica. Dopo ancora un altro po' di anni, zio Ninuccio ha fatto lo stesso e come detto prima, lui lavorava in una fabbrica di vestiti e la moglie faceva la magliaia. Comprarono una casa a Johannesburg e le persone che hanno venduto questa casa avevano una piccola azienda per maglieria, e così la zia ha continuato il suo lavoro e guadagnava benino. Mio nonno si innamorò di una bella ragazza che abitava in un piccolo paese vicino al suo e siccome lei veniva da una famiglia molto benestante con proprietà, case e terreni, e la sua famiglia non vedevano di buon umore queste unione, così nonno e nonna sono scappati di casa (fuggiti) e si sono sposati vicino Roma. Quando sono tornati il bisnonno li ha accolti ed ha dato loro un po' di terreno per coltivarlo con sopra delle case per abitarci. I mobili dentro casa li ha costruiti zio Mimì ed erano bellissimi. Mia nonna e gli aiutanti coltivavano il terreno, e mio nonno aveva un piccolo negozio per riparazioni di scarpe ed anche scarpe nuove. Però mia nonna qualche volta insisteva volendo essere aiutata da mio nonno, che però non s'intendeva di coltivare la terra, e così dopo una quindicina di anni decise di cercare fortuna altrove, ed avendo già tre dei suoi fratelli in Sudafrica si fece fare un "Atto di Lavoro" che nel 1960 voleva - 22 -


dire che le autorità Sudafricane gli davano il permesso di entrare in Sudafrica, ma il lavoratore non gli dava il lavoro, perché era solo una copertura, una frode. Mio nonno partì con la nave del Lloyd Triestino "Africa" da Brindisi per Durban, e si fece una bella vacanza sul mare perché allora ci impiegava tre settimane per arrivare a destinazione. Mia mamma che aveva 13 anni ed il fratello di 12 anni con la nonna, rimasero in Italia finchè mio nonno non si è guadagnato un po' di soldi e ha mandato a chiamare tutta la famiglia per raggiungerlo. ll povero nonno lavorava lontano ed ha sofferto molto, perché lavorava sui pullman dei neri a fare l'ispettore. Questo era un lavoro molto umile, laborioso e pericoloso, ma mia nonna non era al corrente di questo, e quando mio nonno annunciò che aveva lasciato quel lavoro, mia nonna si rammaricò molto ed andò a pregare perché la buona sorte aiutasse il marito. Mio nonno aveva tanta buona volontà e trovò un altro lavoro a Johannesburg in un negozio di riparazioni di scarpe. Adesso che lui continuava a fare il suo mestiere, era sempre felice e contento, e cantava spesso le canzoni napoletane, e il suo datore di lavoro gli voleva molto bene, veniva remunerato bene e trattato dignitosamente. Viveva con una famiglia che veniva da Benevento perché i fratelli non avevano spazio. Due abitavano in un monolocale ed il terzo in un appartamento un po' più grande, ma avevano due bambine. Dopo un anno mandò a chiamare la famiglia, oramai guadagnava abbastanza per permettersi di affittare una casa e portare avanti la famiglia e così mia mamma, Rosa, di 14 anni, mio zio Tonino di 13 anni e mia nonna di 35 anni, lasciarono Angri in provincia di Salerno per Roma. Lì si incontrarono con le altre persone che venivano in Sudafrica. Mia mamma ha tanti ricordi di quelle emozioni. Prima di dover lasciare tutti gli amici del paese, questo le fu molto difficile e straziante. Ancor oggi ne ha vividi ricordi. Anche il vicino di casa le propose di sposarlo per non andare via. Figurati! Si ricorda anche che a Roma si incontrarono con un giovane che veniva a cercare fortuna ed una giovane che doveva raggiungere il marito che aveva sposato per procura. Questi due giovani si innamorarono perdutamente ed arrivati all'aeroporto sudafricano, la donna non volle seguire il marito e restò con il suo nuovo amore. Era il 15 Aprile del 1961. Incominciò la vita sudafricana. In Aprile è già autunno, ma a quel tempo erano sempre belle giornate di sole e qualche volta scoppiava qualche temporale nel pomeriggio. Quando mia mamma è arrivata in Sudafrica aveva ottenuto il certificato di terza media in Italia, ma non contava niente anche perché lei aveva studia- 23 -


to il francese e così non parlava l'inglese. Lei ed il fratello sono stati accettati in una scuola locale che fortunatamente aveva un'insegnante discendente dall'Italia e lei si è presa cura di questi poveretti, li ha affiancati a due allievi abbastanza bravi per aiutarli anche con gli altri ragazzi che come sappiamo sanno essere anche crudeli. In poco tempo mamma parlava l'inglese correttamente perché appassionata di lingue ma con l'Afrikaans proprio non ce la faceva ad impararlo. Gli amici Italiani molte volte la deridevano e lei si disperava ma dopo è stata accettata ed ha avuto una bella e spensierata gioventù. Però la nostalgia del suo paese è rimasta come allora. Mio zio Tonino, allora come oggi, era amico con molti ragazzi italiani che portava a casa, e appunto uno di questi era mio padre, che abitava un paio di strade dopo la nostra. Papà si è innamorato subito di mamma e, con la scusa di aspettarla alla fermata dell'autobus quando andavano a lavorare, l'accompagnava dappertutto. Però mamma aveva conosciuto al lavoro un ingegnere tedesco, giovane, bello, biondo con gli occhi azzurri, ed aveva perso la testa per lui che portava a casa a cena. Ogni tanto lui se ne tornava in Germania e così mamma decise di lasciarlo. Papà prendendo l'opportunità a volo si fece avanti dichiarando il suo amore per lei e così poco a poco anche mamma s'innamorò. Decisero di sposarsi dopo un paio d'anni. Quando dopo qualche anno mamma aspettava la nascita della mia prima sorella, Rina, suonò il campanello d'ingresso, mamma andò ad aprire e si trovò davanti quel ragazzo tedesco che era venuto per chiederle di sposarlo; finalmente mamma gli fece vedere il pancione e disse: "oramai è troppo tardi" anche perché adesso la mamma amava papà. Mamma e papà hanno sempre lavorato molto e lo fanno ancora, per dare a noi tre figlie tutto quello che potevano, tanto affetto, amore, comprensione e loro dicevano sempre l'amore per l'Italia come una buona educazione e un titolo di studio. Poi, la famiglia di mio padre è molto numerosa e lui era uno di 10 figli, cinque maschi e cinque femmine. Solo la prima figlia si era sposata a 16 anni. Abitavano a Maddaloni ed avevano fatto richiesta per un appartamento popolare. Mio nonno era barbiere, come pure due dei figli maschi più grandi. Il più piccolo aveva 6 anni. La seconda figlia era fidanzata al paese. Mio nonno proprio non ce la faceva a sfamare tutti ed allora fece domanda di emigrare o in Argentina o in Sudafrica. Appena arrivò il permesso di emigrare lui venne in Sudafrica prima solo e dopo un po' mandò a chiamare la sua famiglia. Questa storia dell'emigrato con una famiglia numerosa venne anche pubblicata in un giornale locale che spiacentemen- 24 -


te si è persa la copia. Nel frattempo mia zia Maria con il marito sentiva molto la mancanza dei genitori, fratelli e sorelle ed anche loro fecero richiesta di venire in Sudafrica. Loro hanno avuto sette figli. Mio zio Antimo è morto dieci anni fa, ma aveva comprato un appartamento in Italia dove adesso ci abita la moglie perché a lei piace stare molto di più in Italia perché non guida e può andare a fare la spesa da sola, cioè essere più indipendente anche se adesso ha settanta anni. Il suo primo figlio, Salvatore, ha avuto una catena di bar chiamati "Brazilian Coffee Bar" ed è molto intraprendente. Adesso è padrone di questo franchise, come pure di una catena di negozi alimentari chiamati "Europa". A mio padre non piaceva andare a scuola perché non parlava l'inglese, ed allora il nonno gli trovò lavoro come carrozziere e cosi andò a lavorare a diciassette anni con una brava persona torinese che aveva un'impresa di carrozziere. Sua moglie aveva due figli da un'altro matrimonio con un uomo africano, ma il signor Brega si affezionò molto a mio padre perché era educato e lavoratore; invece il figliastro era un bravo ragazzo ma beveva un po' troppo e bisticciavano spesso. Il signor Brega è morto da una decina di anni e adesso la moglie che ha ottanta anni dirige con l'aiuto del figlio e di un socio questa azienda, e mio padre lavora ancora là. Questo anno mamma e papà compiranno sessanta anni ed hanno intenzione di venire a stare ad Angri perché anche loro hanno un appartamento lì e vogliono passare un pò di tempo lì. Mamma si dispera perché mia sorella Rina, sposata con un portoghese, ha una figlia Katia di 5 anni e Gianluca di 3 anni e non sa se ce la farà a stare lontana dai nipotini. Ma si vedrà. Però la nostalgia è sempre molto forte. La mia povera nonna paterna è ancora viva, ha 92 anni e vive a Maddaloni, non vede molto bene ma quando l'ho rivista l'anno scorso abbiamo passato bei momenti insieme. Tre sorelle di mio padre se ne sono tornate in Italia, come pure un fratello con la moglie. Adesso la famiglia numerosa si è sciolta, un po' in Sudafrica ed un po' in Italia. Le ricerche sulle famiglie italiane di emigrati dal punto di vista psicologico sono state fatte sopratutto negli Stati Uniti, e non ci sono specifiche ricerche sulla comunità italiana in Sudafrica. Comunque queste considerazioni generali sono valide per tutte le famiglie di emigrazione. Si può congetturare con delle certezze che se non fosse per il sacrificio dei miei nonni nel lasciare la loro Italia, probabilmente non sarei capace oggi di godere i paesaggi fantastici della Campania in un modo così più profondo che un semplice turiste che appoggia i suoi occhi sul territorio per la prima volta. - 25 -


Allora cos'è quello che mi rende totalmente leale e legata al luogo dei miei antenati? Sentendo meno l'ansia che una risposta tale porta con sè, sento più sicuro di dire che non ho una risposta esatta ancora. Cioè ho molte risposte piccole. Molte persone mi chiedono se qualche volta mi sento sommerso in una fusione delle due culture molto diverse e specificamente in un contesto che ha e continua a sviluppare tra molte trasformazioni. Ho applicato questa domanda al mio senso d'identità e in contrasto a problemi predetti dell'integrazione, ho sentito invece una ricchezza del successo e piacere ad essere capace di utilizzare valori tradizionali inerente ad una predisposizione multiculturale. Infatti, mi sono sempre sentita privilegiata di comportarmi come un piccolo ambasciatore che unisce le culture sudafricane e italiane e rappresenta la ricchezza di nuove opportunità. C'e una percezione della realtà italiana acquisita attraverso i ricordi dell'Italia di genitori e familiari, una percezione spesso datata e poco in linea con la realtà attuale. È anche necessario dare attenzione all'opposto, alla diffusione d'informazione agli italiani. Per esempio, prima ero molto criticata perché la gente pensava che venivo dal terzo mondo, infatti mi dicevano: "ma la mattina scendi dall'albero di cocco" oppure pensavano che vivevo nella giungla. Nelle mie prove di coltivare una risposta ricca, ho chiesto ad un giovane ragazzo del luogo che si fa sentire orgoglioso di essere italiano. La sua risposta era: "Leonardo chi era? Era americano? No, era Italiano! Italia è una nazione grande". Anche se la sua risposta era una che sulla superficie sembrava piuttosto arida, riflette i miei sentimenti in un modo spaventevolmente simile. Da quanto mi ricordo, mi sono sentita sempre Italiana. Ma si può dire che il mio interesse e la mia attrazione per l'Italia in generale e la Campania specificamente, è cresciuta da una vacanza in Italia che ho fatto quando avevo cinque anni. In tutte le mie attività, mi sento spinta dalla forza del mio patrimonio culturale. Miei genitori mi hanno cresciuto come se fossero in Italia. Mi sento veramente privilegiata di avere la possibilità della doppia cittadinanza e l'approvazione della legge sul voto degli italiani all'estero è stata per noi giovani un grande conseguimento. Si pensa che gli italiani con passaporto a Johannesburg siano circa 24 000. Anche se sono punti notevoli, penso che riflettano più il legame concreto che viene con la provenienza italiana che i miei veri sentimenti - quelli di proprio essere italiana. Adesso provo di esplicare questi in un modo più descritto nel discorso che segue. - 26 -


Non voglio essere italiana solo quando l'Italia diventa campione del mondo o quando vince il cavallino rosso della Ferrari, invece voglio tenere sempre forte i valori e l'orgoglio di essere italiana e, soprattutto, campana. I giovani italiani all'estero della prima generazione non si sentono completamente italiani ne completamente sudafricani, americani, venezuelani, ecc. A partire dalla seconda e terza generazione, l'integrazione nel sistema del paese "adottato" diventa più definito. Questa integrazione porta con se il rischio della perdita d'identità culturale d'origine che si manifesta con la riduzione progressiva della comunità italiana. Ho paura per la perdita dell'identità campana e per questo vorrei assicurarmi che tra venti anni saremo ancora legati al paese di origine dei nostri genitori e dei nostri nonni. Perciò mi sento costretta di imparare del mio passato e anche più importante, mantenere il contatto costante con l'Italia. C'è timore nell'essere capace di camminare su un pavimento parquet con pannelli di legno fatti dagli alberi di olive, quegli alberi che si possono vedere crescere in una piantagione vicinissima al castello medioevale e pittoresco nel quale stiamo facendo il corso di formazione. Mi sono resa conto anche che la vita di famiglia italiana e i suoi valori incorporano il ruolo della donna (la madre), è molto legata con la mia identità italiana. Queste è visto contrapposto con molte famiglie sudafricane di lingua inglese, che si costruiscono in modo nucleare con una carenza di enfasi sulla famiglia estesa e invece un enfasi sull'individualismo. Secondo me, queste tradizioni sono un modo importante in cui le future generazioni di campani possono restare in contatto con le loro origini perché la maggioranza si sta staccando sempre più dalla cultura e dal tradizionale orientamento familiare. I figli di seconda e terza generazione degli emigrati, come me, necessitano di acquisire consapevolezza delle proprie radici culturali, credenze e tradizioni atte ad offrire ad essi una migliore conoscenza della propria identità culturale. Così desidero vivere uno stile di vita mediterraneo ed arricchire il multiculturismo sudafricano, e sopratutto non voglio mai dimenticare il mio retaggio napoletano. I figli degli italiani residenti all'estero acquistano una nuova ricchezza culturale aggiungendo la cultura del paese estero. In Sudafrica come in altri paesi esistono molti gruppi di italiani ma purtroppo non si conoscono e non sono in contatto tra di loro. Il risultato è che spesso il valido lavoro svolto da un gruppo, senza un coordinamento centrale, viene perso e non ha seguito. Ma in tutto, abbiamo le stesse speranze, gli stessi sogni. E per questa ragione che voglio impiegarmi di condividere le mie idee e utilizzare le mie esperienze per sviluppare modi in cui i giovani italo-sudafri- 27 -


cani in Sudafrica possono unirsi e applicarsi a mantenere i valori familiari attraverso questi scambi. Pertanto ho sentito una profonda tristezza che i giovani connazionali si stanno sempre più perdendo e sempre più allontanando dal loro legame con l'italianità, ho cercato di fare il più possibile per aiutare i giovani campani all'estero di ricordare le loro radici. Non possiamo accentuare l'importanza fondamentale di vari corsi di aggiornamento e approfondimento che ci spingono a venire più vicino con sano desiderio di conoscere il nostro paese e aumentano le opportunità di tenere la comunità informata. Il mio coinvolgimento nei vari settori sia come membro dell'Associazione per la Regione Campania in Sudafrica che come rappresentante agli stage, mi aiuterebbe a farmi portavoce per gli altri giovani campani in Sudafrica. Ci sono altre come me che mostrano l'entusiasmo e la voglia di creare un "networking" che ha grande potenziale per diffondere un cambiamento d'informazione e creare lo spazio per scambiare l'idee pieno d'ispirazione. La prima generazione della popolazione campana all'estero sta affrontando una diminuzione, e così l'individuo deve assumere un atteggiamento di responsabilità di inserirsi nella comunità italiana in una maniera che si crei un'energia dinamica. Cosi possono incorporare e portare avanti le loro nuove idee e la loro creatività con quelle idee già proposte nel passato per migliorarle. Le nuove generazione fanno parte di una comunità transnazionale e di una nuova forza politica, economica e culturale. Cioè, le nuove generazioni essendo vissute in un ambiente multiculturale, sono depositarie di conoscenze e di valori a cui l'Italia può fare riferimento per attingere dalla esperienza come dirigere ed integrare l'entrata di nuove culture all'interno della società italiana. Dobbiamo mantenere il legame con l'Italia e la diffusione della cultura italiana anche tramite la lingua, che si può vedere come veicolo il quale si può affrontare una cultura, un'altra definizione di italianità. In Sudafrica si manifesta una carenza d'interesse per la nostra lingua italiana. Il sistema educativo sudafricano si sta ristrutturando, e necessario oggi offrire la nostra lingua e cultura alle scuole pubbliche e private. Si sta lavorando per l'inserimento della lingua italiana nel curriculum delle scuole sudafricane. Se si riuscirà a fare questo, sarà possibile anche rinvigorire i dipartimenti di italiano presso le maggiori università del paese che oggi si trovano in serie difficoltà. Secondo me, il prospetto di multilinguismo è un valore non abbastanza promosso. Allegato a questo punto bisogna anche menzionare che dobbiamo assicurare l'equipollenza/ il riconoscimento dei titoli di studio (lauree). - 28 -


Essere Italiana è un valore che tengo molto sacro, e per quanto riguarda il mio coinvolgimento, sono stata coinvolta nelle riunioni informali che offrono un ambiente per la discussione su punti di interesse sulla Regione Campania; ho dimostrato la mia lealtà attraverso la mia presenza alle feste italiane organizzate dal Consultore in Sudafrica (certamente con cucina e gastronomia tipica), ed anche partecipando alle varie attività sportive che coinvolgono gli italiani. Ho una grande passione per la cucina napoletana, e per la pasticceria in particolare, e come conseguenza sono stato spinta ad aiutare mia madre che le piace molto fare le sfogliate. Siamo stati fortunati di aver seguito la novella televisiva intitolata "Capri" sulla RAI International e ci ha riportato nostalgicamente a farci conoscere tutte le bellezze campane come Capri, Positano, Sorrento e la Costiera Amalfitana. Vorrei tanto imparare molto di più e così invogliare gli altri a fare dei viaggi in Italia, come pure a portare gli italiani a vedere le magnifiche e diverse bellezze del Sudafrica, per esempio il Parco Nazionale del Kruger. Per visitare i luoghi principali della Campania ed apprezzare delle bellezze naturale e patrimonio storico-artistico di una terra straordinaria e conoscere meglio le realtà produttive del territorio, sarebbe veramente un sogno realizzato per me. Ogni volta che ho l'opportunità onorevole di visitare il mio paese di origine rinforza la mia propria identità e accorcia la distanza che sento tra me come persona e con un posto a cui mi sento molto legata; rafforza il mio rapporto con la terra d'origine. Tale stage e corsi di formazione danno la possibilità di una scena per la discussione e integrazione delle idee produttive e danno anche l'opportunità di una nuova sinergia dove delegati di origine italiana nei vari paesi nel mondo possono mostrarsi come strumenti di cambio e veicoli di comunicazione. Cosi aumentiamo la crescita delle collaborazioni con i campani all'estero e loro nella terra delle nostre origine. Ritengo la speranza che mi troverò in una posizione prestigiosa di contribuire allo sviluppo di intesi progetti che vedano le nuove generazioni protagoniste di un futuro migliore, con dialogo e collaborazione per la coesione di nuovi interessi. Ho il sogno di passare i miei ultimi giorni in un piccolo borgo come questo a riflettere sul mio ruolo fondamentale che ho giocato come protagonista nel mantenere l'equilibrio delicato tra la mia eredità italiana e quella identità italo-sudafricano da dove provengo. Per tanti, l'identità italiana si manifesta soltanto nel nome o in qualche legame con un paese al prima posto della moda (con case di moda profondamente apprezzate come Dolce e Gabbana o Gianfranco Ferrè). Non basta vendere l'immagine dell'Italia strettamente come paese di cultura, - 29 -


ma anche come paese industriale e moderno all'avanguardia degli sviluppi economici e tecnologici. Sono profondamente legata alla terra di mio padre e preparata per esporre un'immagine dell'Italia come luogo vivo, produttore di modelli di vita moderna, un patrimonio irrinunciabile e da valorizzare. Esperienze di scambio e collaborazione coi connazionali partner offrono l'opportunità di imparare dell'Italia da un'esperienza diretta ed anche formulare delle abilità culturali e linguistiche. Tengo forte l'opinione che i giovani campani-sudafricani si devono trasformare in veicoli di trasporto e agenti di turismo perché più impariamo a conoscere il nostro paese e meglio saremo in grado di scambiare la nostra conoscenza con molti. Sento forte il bisogno di presumere il mio dovere come un cittadino italiano, di assumere un atteggiamento di responsabilità e di occuparmi di una partecipazione molto più attiva e diretta, addossandomi l'onere e l'opportunità di portare avanti le mie idee di italianità Ogni giorno mi rendo più consapevole del grande valore legato ad essere di origine campana. Ti dico in somma che l'onore di essere italiana l'ho addosso e la Campania l'ho nel cuore e nel sangue e l'ho con passione. Questo è il racconto delle mie riflessioni come figlia di emigrati italiani in Sudafrica ed è solo una realtà di una comunità dei connazionali residenti all'estero. Il viaggio in questa scoperta è stato un viaggio meraviglioso e sono grata per questa opportunità

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GIANCARLO DI BIASE (CILE)

Il grande fumo, il gran fuoco, le grida, il suono assordante, le lacrime e le facce segnate dal dolore. Dopo un po', silenzio e ricordi. Così iniziano le domande, le possibilità e le decisioni decisive che marcheranno la vita di tante persone e dei suoi discendenti, come me. La domanda che far suonare il pensiero é una sola: "Adesso, dove andiamo"? Mi sembra abbastanza importante soffermarsi su questo interrogativo per cercare di capire le decisioni da prendere. La situazione, come alla fine di ogni conflitto bellico, é disastrosa e adesso, le grida, le lacrime e il dolore arrivano all'udito per un altra ragione: la fame. Le decisioni devono essere prese in fretta e senza tanti pensieri: "....il giorno delle grandi decisioni è arrivato...", frase assordante nella mente di tanta gente prima di inoltrarsi in quella avventura chiamata guerra, ma che si ripete adesso per altre ragioni che seguono altri sogni. La sola decisione di partire, di per sé, era un dramma, ma alla fin fine è una decisione da prendere in fretta: essa scalpita, come un cavallo selvaggio che vuol tornar ad esserlo; le prime sensazioni sono quelle di volgere lo sguardo ai parenti o agli amici che avevano preso la stessa decisione, per simili ragioni o per altre, e avevano avuto il coraggio di farlo. Altri cercarono,nell'oscurità di una geografia a loro sconosciuta, il famoso "sogno americano". Tutto pronto: le poche cose sono pronte e anche la voglia, accompagnata sin dalla partenza da una grande nostalgia, da un addio, o magari da un arrivederci da quella terra amara ma tanto amata. Fu una battaglia di sentimenti posti in atto dall'ormai stanco, offuscato pensiero di non poter più andar avanti così. Nel porto, sulla nave, gli occhi sono bagnati da lacrime che rincorrono la città di Napoli; man mano che la nave si allontana dal golfo, lo spettacolo della terra, il mare, il Vesuvio si mescolano con il fumo delle caldaie e la scia bianca prodotta dal movimento pesante della nave sul mare, come cicatrice che finalmente la natura cancella .Il pensiero adesso si volge ai tempi passati, alle feste, alle passeggiate, ai volti lasciati, amici e non, a tutto quello che si lascia indietro. I primi giorni trascorrono così, poi inizia a crescere l'ansia che porta l'arrivo a una - 31 -


terra sconosciuta, ma nella quale esistono parenti e possibilità che possono essere la risposta al richiamo d'aiuto. Per il lavoro non c'è problema, i cugini scrivevano meraviglie di questo paese chiamato Cile, che in realtà raccontavano si scriveva Chile. A Napoli si lavoravano i tessuti, si facevano i vestiti, a volte molto pregiati, convinti che sarebbero durati tutta la vita , se erano ben usati. Il cinquantesimo giorno di viaggio fu vista terra, la stanchezza accumulata sia mentale che fisica si lasciò andare all'emozione di una scoperta, una nuova scoperta vitale che si poneva davanti agli occhi. Punta Arenas, vicino all'Antartide, freddo, neve, molto vento, ma un bel paesaggio in complotto con quel mare che non vuol far dimenticare l´odore del mare che riempie i polmoni di un po' di Napoli. La famiglia e gli amici che erano emigrati alcuni anni prima aspettavano con ansia l'arrivo di Cosimo, Rosa, e il figlio Gennaro per poter riabbracciarli. La caratteristica della città di Punta Arenas è quella di essere un posto dove si trovano molti emigrati provenienti da tutto il mondo, specialmente inglesi e slavi. La collettività italiana non aveva una presenza importante come per esempio a Buenos Aires. La città più australe del mondo ha un'importanza dal punto di vista del commercio e della comunicazione. Questo porto cileno è il passo obbligato tra l'Oceano Atlantico e l'Oceano Pacifico, prima della costruzione del canale di Panama, attraverso lo stretto di Magellano. Questa situazione faceva di questa città un centro di rifornimento e anche un importante centro commerciale. Allora il lavoro dei tessuti aveva un qualcosa in più, come anche un locale di abbigliamento, dove gia lavorava la famiglia Foschino da una decina di anni. Dopo l'arrivo, dopo tante emozioni messe assieme, si iniziò a lavorare, le cose andavano abbastanza bene e Cosimo dopo un tempo compro casa e un negozio al centro della città. Dall'altra parte del paese, arriva la famiglia Cuomo con la sua figlia Agnese dall' Italia, anche loro da Secondigliano, ma dopo aver vissuto sette anni a New York. Adesso la destinazione finale é Santiago, la capitale cilena. Il capo famiglia Raffaele si occupa dell'elaborazione di formaggi e gelati; aprirono a Santiago un gran locale con questi prodotti. Il piccolo Gennaro e la piccola Agnese crescevano in città diverse, e le loro usanze italiane andarono avanti tutti i giorni della loro vita. Le usanze in quanto al cibo sono le stesse di una volta, magari con un altro tipo di qualità dei prodotti, che pian piano miglioravano col tempo. L'educazione - 32 -


ricevuta era molto importante, un rispetto grande per i genitori, una forte educazione cattolica, ma anche una vita piena di valori importanti portati dallo "stivale" e specificamente dalla Campania. Specialmente nelle riunioni del fine settimana in cui si facevano pranzi o cene che duravano tutta la giornata, si cantavano canzoni napoletane dove i visi esprimevano tanti sentimenti come ciascun color di un arco baleno può esprimere. La felicità e la nostalgia facevano da staffetta, una corsa che non finiva più fino alla fine della giornata. Così trascorreva la vita di tante persone, di tanti immigrati in terre lontane. Così fu la nascita, il punto di partenza di tante avventure che fino ai giorni nostri continuano a succedere, d'una forma o di un altra, ma nello stesso segno, il segno ci piaccia o no, di essere emigrati, emigrati campani. Tutta questa introduzione che ho scritto fino a questo momento sarà sicuramente qualcosa che già avrete ascoltato, ma per poter parlare di un tema come l'identità campana ci vuole una base da dove poter generare una certa comprensione di come é accaduto tutto, dall'inizio. Potrei scrivere e continuare a spiegare com'è stata la vita degli immigrati a inizio e metà del ventesimo secolo, ma anche questa operazione é già stata fatta, e ci sono molte testimonianze e raccolte scritte e parlate, e non mi sembra il caso di annoiarvi con storie di matrimoni, battesimi, feste che trasformerebbero questo dialogo in una cronaca, o nel peggiore dei casi, in un romanzo mal riuscito. Anche se ci sono delle referenze cronologiche e esperienze della mia vita, cercherò di raccontare e far capire a chi legge come oggigiorno l´identità italiana, e specialmente quella campana, si sviluppa in silenzio dall'altra parte del mondo, ma adesso attraverso la seconda e terza generazione. Un lavoro importante, sconosciuto che fa rinascere e sottolineare la nostra appartenenza e la nostra felicità di essere campani. Sin da piccolo a casa, a Santiago, si parlavano tre lingue: l´italiano, lo spagnolo, e una delle più belle lingue al mondo che ispira tanto sentimento, il napoletano. Si sentiva parlare, si ascoltavano tante canzoni che raffiguravano grande felicità nelle facce dei miei genitori e anche un pizzico di nostalgia; lo sguardo a volte si perdeva e si soffermava in un punto fisso, magari pensando in quella bella terra che gli ha visti nascere e crescere. Tutti questi sentimenti, si voglia o no, si trasmettono di generazione in generazione attraverso il tempo e sicuramente la mia forma di essere oggettiva e soggettiva ha nella base, nella colonna vertebrale, qualcosa d'italiano e qualcosa di cileno. - 33 -


Questi sentimenti verso la terra d'origine si possono identificare in molte caratteristiche che vanno avanti ormai da abbastanza tempo e che si sono sviluppate con il passare del tempo. Il fatto del cibo é una delle proprietà più importanti in ambito quotidiano, ma sicuramente una delle cose che più ha peso giorno per giorno, è il modo di pensare, che raggruppa ogni forma d´ essere nel mondo. Potrei affermare che il modo di essere napoletano ha avuto nella mia vita un influenza positiva e pure qualcosa di negativo, ma quest'ultimo non ha mai interferito nel sentimento di appartenenza o d'identità. Ci sono tante caratteristiche che non riuscirei mai ad elencarle o ad identificarle tutte, e cercherò attraverso il mio racconto, quello della mia famiglia e della società di appartenenza descrivere nel miglior modo possibile queste mie sensazioni. In Cile, la collettività italiana non è così grande come in altri paesi del sud America, sicuramente a causa della dispersione geografica, ma comunque esistono tanti italiani e sembra che sempre appaiano di più, specialmente dopo la grande vittoria ai mondiali di calcio celebrati qualche mese fa. La storia dei campani in Cile non è qualcosa massificata, infatti, gli italiani più numerosi nel mio paese di nascita sono i liguri, toscani e i veneti. Sono anche le regioni più organizzate dal punto di vista dei partecipanti e gli iscritti alle proprie associazioni. L'associazione campana, che risiede a Santiago, é stata fondata nell'anno 1997, quindi é qualcosa di nuovo. Dal punto di vista dell'organizzazione pian piano che passa il tempo ci si organizza di più e si cerca di aumentare e ri-scoprire i giovani che hanno discendenti campani, che non sono pochi. Personalmente il sentimento e il senso di appartenenza che ho con la Campania, e specificamente con la città di Napoli, é una cosa che non é facile descrivere, ma cercherò di farlo. Nella mia famiglia, come detto un po' fa, il rapporto tra le usanze napoletane é stato sempre vivo. A dire il vero, quando ero piccolo non mi piaceva molto che parlassero per strada l'italiano, mi faceva vergogna; ma quando uno é piccolo non capisce queste cose. Adesso potete pensare che il fatto sia rimasto nell' inconscio come un trauma, ma grazie a Dio non é così. Il sentirsi fiero di appartenere a un grande paese, il sentirsi fiero di appartenere a una città come Napoli é qualcosa che si sente di più quando uno si trova fuori dal proprio paese, e adesso vi racconto il perché. La mia famiglia un buon giorno ha deciso, quando avevo 6 anni di età, di partire a vivere a Monza, provincia di Milano. É stato un momento diffi- 34 -


cile ma che è risultato un fatto abbastanza importante dal punto di vista dell'educazione, della conoscenza della lingua italiana, ma anche una specie di studio dell'emigrazione campana ma nel proprio paese. E dico questo perché alla fine tutti i miei amici erano del sud Italia, e c'erano molti dalla Campania. L'avventura durò 12 anni, degli anni splendidi e una identificazione ancor più grande con le mie radici campane, che hanno fatto squillare il campanello del mio cuore e nella forma di carattere personale. Il cuore é una delle cose che si sono riempite di usanze e di colori e odori della Napoli, che tutte le estate visitavamo. In queste visite, mi ricordo una in particolare, la prima. In questa occasione all'arrivo a Napoli mi sentì proprio come nel salotto di casa; è questa può sembrare un espressione a volte molto quotidiana o detta da tante persone, ma i sensi si riempivano di allegria e di bei pensieri. La stessa cosa che é successo in questi giorni qui, a Terra Vecchia, Giffoni, in provincia di Salerno, é come se stessi a casa mia. Infatti il saper parlare bene l'italiano e il capir e cercar di parlar bene il napoletano, certe persone del luogo mi domandano se davvero sia cileno, mi dicono che sono proprio napoletano. La gente é un altra cosa che mi fa sentir bene, sono gioviali e simpatici, sono persone che non ti guardano dalla testa ai piedi e che se hai bisogno di qualcosa sono pronti per aiutarti, ed é questo la cosa più bella. Le persone sono tale e quale a quelle descritte dai miei genitori e nonni; la lingua napoletana é una delle più belle al mondo, con le loro canzoni fanno battere il cuore più forte, non so se esagero, ma una canzone napoletana é un insieme di colori e sentimenti. Cercherò di spiegarvi un po' come funziona e come percepisco personalmente la società cilena. Come uno dei tanti popoli del sud america, il Cile ha una storia che sin dall'inizio é stata marcata dal colonialismo; questo tipo di conquista, come mi immagino sappiate, é marcata da un profondo dolore e mancanza di rispetto per le tribù native che popolavano da molto tempo queste bellissime terre sperdute nel fin del mondo. Gli spagnoli arrivati in questa zona fecero delle popolazioni locali i suoi sudditi, cercando di cambiare le sue usanze e le loro abitudini. Trasformarono le loro società, furono assorbiti da tutta quella nuova forma di pensare e veder la vita. Il popolo cileno ha sempre avuto questo sasso nella scarpa, che sino ai nostri giorni ha una presenza importante in quanto alle relazioni umane che si stabiliscono tra gli abitanti di tutto il paese. Poi se aggiungiamo un'altra situazione assai complicata, come lo é stata la dittatura militare - 35 -


per quasi venti anni, mi sembra che il problema non riesca a risolversi. Le ferite e il dolore di tutto un popolo sono rimaste e ancor oggi, dopo quindici anni di democrazia, si vedono tante differenze e mal umore tra i propri cileni. Differenze che non solo troviamo in quanto a pensiero politico ma differenze molto importanti in quanto a classi sociali; un po' come in tutto il mondo. Queste situazioni che si susseguono giorno per giorno, e che influiscono il modo di pensare di tutta una società, pongono in essere un sentimento di sfiducia tra i cittadini di Santiago. Questa forma di pensare, si voglia o meno, influisce tutte le micro-società alle quali si appartiene. Com'è un fenomeno a livello locale e che si da specialmente nella capitale, tutte le persone hanno un po' di questo. Gli italiani se ne influiscono e anche noi campani. L'associazione dei campani a Santiago é una delle quali ha meno partecipazione a livello locale e anche Sudamericano, in confronto con altri paesi come l'Argentina, Brasile, Uruguay e il Venezuela. Ma non fraintendete, é importante la quantità di persone proveniente dalla Campania ma l'unione e il conoscersi fra di loro non é priorità, magari proprio per quest'influenza che parte dalla società o paese in cui si vive, ma che pian piano si sta facendo qualcosa per invertire questa situazione che non é delle migliori. La voglia e la necessità di farsi avanti e di far che le generazioni future siano più vicine é il lemma con il quale si stanno affrontando queste situazioni. Abbiamo bisogno di un avvicinamento, di un riscoprirsi campano, di una necessità di mantenere queste radici; una identità che spieghi molte cose che succedono ogni giorno, una forma di essere nel mondo in modo di scoprire come erano e perché erano così i nostri antenati; una forma di educazione che ci può servire per capire come siamo e da dove veniamo. Tutta questa spiegazione no é in vano. Volevo far capire al lettore la situazione locale che di una forma o l'altra fa che le micro-società prendano attitudini che si cerano con il tempo, ma che rimangono nell'inconscio collettivo e anche personale. Le famiglie di origine campane sono molte ma il suo avvicinamento no é palpabile ancora; abbiamo bisogno di una organizzazione più impegnativa per far che le persone di origine siano più unite. Dobbiamo mantenere in alto anche la bellezza della nostra lingua, far scoprire, non solo alle persone di origine italiano, ma anche alle persone locali. Infatti, da tempo che sto lavorando nel continuar mostrando la cultura italiana facendo lezioni d'italiano in forma privata e da qualche mese, con - 36 -


una amica italiana abbiamo aperto un corso e un programma d'italiano in un prestigioso istituto di lingue a Santiago del Cile che fino a quel momento impartiva solamente lezioni d'inglese e di cinese; la risposta della gente è stata ottima e molte persone, anche se non sono di origine italiana, si sono inscritte o hanno chiesto informazioni su questo programma. Mantenere la continuità delle usanze e delle bellezze della regione Campania non è affatto facile, ma penso che il lavoro dei giovani sia molto importante e su questo fatto stiamo facendo tutto il possibile insieme all'associazione. Abbiamo bisogno di una maggiore comunicazione tra i giovani e trasmettere questo grande tesoro con il quale siamo nati e ringraziare i nostri genitori e i loro antenati per mantenere viva questa grande cultura, molto importante a livello personale e anche a livello mondiale. Basti pensare tutte quelle persone che vogliono conoscere la nostra cultura. Quello che ho cercato di spiegare in queste pagine ha per scopo far conoscere agli italiani che ancor oggi, fuori dal vostro paese ci sono persone che lavorano arduamente per compiere un solo scopo: non perdere l'origine, non perdere la base di una persona, come la sua identità. Nel sud del Cile c'è un paesino dal nome Capitán Pastene nel quale ci sono solamente emigranti italiani, figli e nipoti di questi. Si sposarono tra di loro e hanno mantenuto tutte le usanze tipiche, grazie anche al fatto di avere a disposizione terre da coltivare e di animali da allevare. È stata una forma di colonizzare questa zona, proposta dal governo cileno e quello italiano, assegnando zone e terre. Questo particolare paesino mantiene ancor oggi vivo le usanze più importanti portate dall'Italia, come per esempio il prosciutto crudo, quello cotto, mozzarella e prodotti tipici italiani. Lo studio di questo paesino è una delle cose su cui voglio lavorare nei prossimi anni, e cercherò di farvi sapere i risultati ottenuti. La comunicazione con i parenti che sono rimasti in Italia è molto vivace nei nostri giorni, adesso con l'avvento della internet possiamo proprio comunicarci tutti i giorni e sapere le novità dal vivo. Prima era abbastanza difficile, telefonate solamente nei giorni di festa, o la domenica era abitudini che ancor oggi le persone anziane preferiscono. Sentir la voce del parente lontano è molto meglio che vederla scritta sullo schermo di un computer. Abbiamo anche la possibilità di poter vedere la Rai International in Tv e sapere così i fatti che si susseguono nello "stivale". Allora mi domando: perché le generazioni che non avevano questi strumenti hanno conservato le usanze e la forma d'essere campana? Noi gio- 37 -


vani che abbiamo la possibilità e il vantaggio di avere più strumenti con i quali poter parlare e spiegare le nostre radici. Per me, sarà sicuramente più facile spiegare ai miei figli com'è la terra e come sono le persone della Campania, magari guardando una foto in internet e spiegandola, anche se noi abbiamo avuto la fortuna di aver ascoltato storie su storie, racconti che da piccolo mi sembravano quasi fantastici, quindi sviluppando pure la nostra immaginazione. Il saper raccontare e il mettere dettagli su dettagli è proprio una specialità campana. Il fatto dell'identità campana, e in conseguenza quella italiana, ha fattori positivi e anche uno negativo. Si può chiamare effetto "doppia identità", che non ha nessun confronto con la definizione clinica di doppia identità o doppia personalità. Questo effetto di appartenere a due culture differenti può portare senza volere a un problema di relazioni con i pari. Adesso mi spiego per non essere frainteso. L'essere italiano e l'essere cileno, senza nessun dubbio non si assomigliano per niente fra di loro. Il popolo e la società cilena si sono sviluppate attraverso molte etnie provenienti da molti paesi, specialmente dall'Europa dell'ovest. Questo fatto fa che le persone sono state educate in un "doppio senso", ovvero con le usanze provenienti dal paese d'origine e quella ricevuta nel paese ospitante. L'idiosincrasia cilena, nei nostri giorni, si sviluppa verso un senso che ha nella sua base questa nuova forma di vivere la vita, una forma che vogliamo o no si può trovare un po' in tutto il mondo; l'importanza del proprio arricchimento e individualismo, che si sente a fior di pelle, e che non permette che le persone abbiano delle vere e solide relazioni umane fanno di questa società un qualcosa abbastanza denigrante. Ma dall'altra parte c'è questo apprendimento e benevolenza della società italiana che ogni giorno che passa ci fa andare avanti e ci arricchisce, e senza orma di dubbio é quella campana. Quindi, da questo punto di vista siamo salvati dalla contaminazione ambientale; ambientale in quanto a società. Il problema dell'identità, dell'influenza di varie strutture sociali fanno crescere il soggetto e le proprie possibilità di scoprire le necessità primarie come sono le relazioni umane di tutti i tipi; così una persona può dire che cresce, ampia gli orizzonti dei propri pensieri e saperli utilizzare correttamente per il futuro e comunicarli ai nostri figli, alle generazioni che verranno. Questi sentimenti di arricchimento personale che alla fin fine sono più importanti di qualsiasi denaro. Il valore del denaro va e viene, scende e sale, ma la propria identità é quella che rimane e rimarrà per sempre fino all'ultimo instante di vita è qualcosa che non ha nessun prezzo. Non ho - 38 -


mai visto che si venda l'identità, ma che si vendano le identità di alcune persone senza nessuna vergogna e senza nessun rammarico per la perdita della propria appartenenza esistente in ogni angolo. Per tutte queste ragioni mi sembra molto importante il lavoro che fanno tutte le associazioni nel mondo per mantenere vive le speranze di tante persone che vogliono sentire e sentirsi diversi, ma anche sentire che hanno un qualcosa in più rispetto ad altre persone. La ricerca delle proprie origini é e sarà qualcosa di importante per il proprio sviluppo; senza esagerare penso sia importate quanto l'identificazione con i propri genitori. La forza sta in noi giovani e nelle nostre idee che con l'ausilio di queste associazioni aumentano le possibilità di crescita, sviluppando un sistema di relazioni tra le generazioni future e così sentirsi più vicini alla propria realtà e a quella un po' più lontana, per esempio poter parlare e dare un parere anche dell'importanza del voto all'estero, che come abbiamo visto nelle ultime elezioni é stato fondamentale per la decisione finale; penso, ed è un parere molto personale, che se c'è questa grande possibilità di votare per un paese che è assai lontano, le persone hanno bisogno di una grande conoscenza di quello che succede in Italia e le reti comunicazionali devo essere sempre più forti e solide. Alla fin fine è tutto un impianto, un ingranaggio che funziona in forma simultanea, una cooperazione necessaria per lo sviluppo simultaneo della Campania in particolare e anche delle comunità campane nel mondo.

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MARIA CELESTE BRUNO (ARGENTINA) Nel tempo di guerra molte persone sono dovute uscire dall'´Italia per cercare tutte quelle cose che lì non si trovavano più. L'Argentina era la terra più simile alla terra che volevano, piena di opportunità e possibilità di lasciare la miseria, la fame e le persecuzioni. La maggioranza degli emigrati italiani che sono arrivati a Argentina erano del sud del paese per il suo deficit di crescita economica, portando i suoi misteri, la sua "arte": molti sono stati calzolai, sarti, lavoratori della pelle, agricoltori, giornalisti e commercianti. Senza dubbio tanti, (tra loro miei nonni) ognuno per sè, sono partiti per l'Argentina dal porto di Napoli, lasciando quel bel posto con il pensiero di rivederlo prima di morire. Pieni di sogni, desideri e paure, hanno preso la nave e hanno viaggiato per il mare, tanti giorni, in compagnia solo della "fede" che hanno soprattutto quelli che cercano il proprio destino. Alcuni di loro sono saliti sulla nave in compagnia dei propri parenti o amici, così hanno avuto quella solidarietà e conforto che si sente quando sei con persone che conosci, altri solo saliti da soli, ma con la sicurezza che sempre l'essere umano quando si trova nella stessa situazione si unisce; portando nel cuore le facce e momenti vissuti con la propria gente portando non solo la mancanza della sua terra ma anche la mancanza dei propri. Dopo tanti giorni nel mare, essi immaginavano come sarebbe stata la nuova terra, dove avrebbero vissuto e tutte le cose che aspettavano loro. I loro occhi avevano cominciato a vedere la terra in lontananza e l'emozione e l'angoscia aumentavano ogni minuto che passava. I miei nonni si sono conosciuti in Argentina, si sono sposati all'età di 25 anni, ed insieme hanno cominciato una famiglia di 3 figli. Anche loro sono cresciuti imparando la cultura italiana, e l'hanno data ai loro figli, creando un’unione di cultura con il paese di origine. La migrazione che serve è quella che non dimentica le sue origini; con questo pensiero molta gente che era dello stesso paese di mio nonno, si sono messe insieme per cominciare a fare un luogo per poter trovarsi, poter parlare la sua lingua e le avventure della sua vita. Hanno cominciato a costruire la scuola, senza rendersi conto che stava - 43 -


nascendo una cosa grandissima, più grande di quello che potevano immaginare. Oggi quella scuola conta l´asilo, l'elementare, la media e la superiore, nella quale miei fratelli e io abbiamo fatti gli studi. Cinque anni dopo è nato il “Circolo Sociale San Michele Arcangelo di Solofra”, per il patrono del paese. C'era una immagine che avevano portato nella nave, cosi loro hanno cominciato a farle culto, come si faceva in Italia. Oggi, 70 anni dopo, ancora si fa la processione per San Michele. I figli e i nipoti lavorano insieme perché non si perda questa tradizione. È una maniera di sentire l'eredità che ci anno lasciato, e sentirti vicino ai tuoi ed a quelli che non ci stanno più. Sono nata in Argentina, sono la prima nipote dei miei nonni in questo paese, si può dire che ho vissuto le radici italiani più che miei fratelli e cugini, solo io ho conosciuto mio nonno, così ho potuto imparare più cose. Da piccola a casa si parlava spesso l'italiano, soprattutto quando mia nonna si trovavano con le sue sorelle e con i suoi fratelli. Da bambina ho cominciato a fare un corso di italiano perché volevo capire quello che dicevano, volevo sapere di quel paese che i miei nonni raccontavano molto, e che si emozionavano ogni volta che usciva il tema. Con gli anni è arrivato l'opportunità di conoscere l'Italia, di ritornare al posto che è un pezzo di me, quel posto che avevo ascoltato tante volte ed adesso lo posso vedere con i miei occhi, con le differenze che fanno gli anni e l'economia, sapevo che trovavo altre cose diverse da quelle che loro avevano lasciato, ho cominciato cosi a capire un po' quello che sapevo dalle parole dei miei nonni. Così nel 2003 sono venuta per la prima volta in Italia, a vedere per la prima volta i miei parenti, che conoscevo per fotografie e per averci parlato alcune volte per telefono; però era arrivato il momento di conoscersi veramente, di parlare, di abbracciarsi, di potere parlare e guardarsi negli occhi. Mi sembrava una cosa molto strana, sapere che ti troverai con gente che ha lo stesso sangue però che mai avevo visto. Sull'aereo pensavo a come sarebbe stato l'incontro, e se il nostro rapporto aveva qualche cosa in comune, quelle cose che si sentono quando conosci qualcuno. Quando sono arrivata a Salerno, e li ho visti per il finestrino del treno, è stata una emozione grandissima, ci siamo salutati come amici che non si vedono da molto tempo. Quando sono arrivata a Solofra mi hanno fatto sentire a casa, ho cominciato a conoscere molti parenti che non sapevo che avessi, loro mi raccontavano cose di mio nonno cosi l'ho conosciuto di più - 44 -


e di un altra maniera. Andavo per le strade di Solofra e trovano gente che lo conosceva, tutti mi raccontavano il bravo uomo che era: l'orgoglio di ascoltarli è inesplicabile. Lui è morto quando ero una bambina, così veramente l'ho conosciuto di più: i suoi pensieri, la sua maniera di vedere la vita prima di partire dall'Italia. In Argentina faccio la fotografa; ho scelto questa professione perché posso giocare a vivere altre vite, a guardare la vita da un altro posto, a sentirti vicino all'altro. Mi piace il foto-periodismo, perché ti trovi più vicino alla gente e posso usare il mio lavoro per potere lasciare in immagine a quelli che nessuno vuole vedere, come tanti anni per gli emigranti, gente brava che arrivava in un posto cercando solo una opportunità di fare dei suoi sogni realtà. Io voglio lavorare con gli immigrati e con gente lasciata fuori dal sistema economico, che come immigrati arrivati tanti anni fa cercavano la loro opportunità, perchè non posso dimenticare le cose che hanno sentito i miei nonni per essere stranieri. La solidarietà e l´amore per le piccole cose della vita, ci hanno fatto imparare che loro avevano un gran senso della solidarietà e amore per le piccole cose, loro lo hanno imparato per forza vivendo una guerra, sapendo che è avere fame, loro hanno fatto tante cose perchè nessuno di noi conosca quella angoscia. Sono stati una lezione di vita dalla quale abbiamo capito con gli anni che era più di quello che credevamo e credevano loro. Abbiamo imparato a essere una famiglia unita, con tutte quelle cose che questo vuol dire, siamo cresciuti con amore, e questo si vede nel rapporto che abbiamo tra noi. Oggi guardando il mare nel quale loro sono partiti per l'Argentina cercando i loro sogni, pieni di desideri, cresce in me una sensazione di pace. La sensazione di essere parte di un posto che era lontano per la geografia, però vicino per il cuore, noi siamo il risultato della sua ricerca, dei suoi pensieri e ci hanno fatto capire che sempre dobbiamo cercare il nostro cammino e cercarlo con tutto il cuore, che se si crede si può fare e che la vita ti porta a posti che mai avessi pensato, e possono essere quelle cose che si cercano.

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PABLO ALFONSO VOTTOLA (ARGENTINA)

Mio nonno imparò da bambino il mestiere di ciabattino nella sua Ischia natale. Le scarpe, in quei tempi, erano un bene scarso e rIchiedevano attenzione e dovevano essere riparate, poiché comprarne un nuovo paio era una decisione che doveva meditarsi a lungo. Questo mestiere garantiva clienti in quantità, e perciò, Biagio cominciò come apprendista. Già a 20 anni poté istallare la sua piccola fabbrica di calzature a richiesta, e contava su cinque impiegati. Inoltre, parallelamente alla fabbricazione e riparazione delle calzature, Biagio lavorava nel settore di Sicurezza ed Igiene del Municipio d´Ischia. Come l´isola di Capri, Ischia è sempre stata una destinazione scelta per riposare, tanto che il Presidente della Repubblica, Giovanni Leone, nativo di Napoli, era uno dei visitatori del luogo e cliente affezionato di Biagio Vottola. Biagio si sposò nel 1942, cioè durante la Seconda Guerra Mondiale, Luisa Di Scala, appartenente a un famiglia di sette fratelli, la maggioranza dei quali scelse l´emigrazione come uscita dalla precaria situazione sociale di quei tempi. Fu così che Emidio Di Scala emigrò a New York, e gli altri quattro fratelli di Luisa, a Mar del Plata. Nonostante avesse oltre 40 anni, Biagio seguì la strada dei cognati Di Scala e Buonocore e arrivò nella città balneare. Lasciò in Italia la moglie, incinta del terzo figlio che nacque durante la sua assenza nel 1948. Appena giunto a Mar del Plata andò ad abitare con i suoi cognati, che si dedicavano alla pesca. Quando loro si recavano al porto, alle quattro del mattino, lui si dirigeva al suo piccolo negozio dove riparava scarpe. Biagio non immaginava che sarebbe diventato uno dei personaggi più conosciuti del quartiere del porto di Mar del Plata. Ma così fu. Pensava, con saggezza, che una persona non acquista importanza per la maggiore o minore quantità di denaro che si possiede, ma per il contributo fatto, alla famiglia e alla comunità, con le sue opere. Biagio lo realizzò a iosa. Il suo laboratorio si trasformò nel luogo di incon- 47 -


tro delle centinaia di immigrati che si riunivano a parlare di politica, sport, famiglia, musica, lavoro e diversi altri argomenti. Dopo due anni dal suo arrivo, chiamò la moglie e i figli, ai quali spediva mensilmente il denaro per vivere e, nel 1952, acquistò il terreno dove costruì la sua casa. Ci sono stati gruppi dei immigranti campani impiegati nella pesca, che si sono radicati in città atlantiche, a Mar del Plata per esempio, dove il 60 per cento dei suoi 750.000 abitanti sono italiani, campani prevalentemente. Oggigiorno le tradizioni italiane sono fortemente preservate e numerose sono le iniziative tese a trasmetterle alle nuove generazioni. L'italiano è la lingua straniera più diffusa e sta soppiantando l´inglese nelle domande delle scuole. La cosa che ci ha colpito è il forte interesse per la cultura italiana: libri, musica, giornali, teatro, cinema. Gli immigranti hanno portato abitudini organizzative, come le feste tradizionali. Nel 1955 la comunità italiana del porto, al completo, fu scossa dalla morte di Alberto Ascari (pilota dalla Formula 1) in un incidente di auto avvenuto in Italia. Biagio pensò di renderli omaggio facendo celebrare una messa di suffragio, alla quale assistettero le autorità consolari de La Plata e Buenos Aires. Biagio Vottola approfittò dell'occasione per chiedere l´autorizzazione per stabilire l´ASSOCIAZIONE ITALIANA DEL PORTO (oggi nota come CASA D´ITALIA) che avrebbe aggregato le migliaia di italiani del porto di Mar del Plata. Con la approvazione delle autorità si riunirono a casa di Giorgio Di Iorio, immigrato, pescatore e autore del libro ¨Desde la barca mia¨, che narra la vita degli immigranti pescatori del porto di quella città. Per istallare la sede vennero acquistate delle terre ubicate sul viale Edison, grazie al contributo di diversi compaesani. Così cominciò a funzionare la cinquantenaria CASA D´ITALIA, testimone dell'arrivo a Mar del Plata di centinaia di attori, sportivi e politici italiani nel corso degli anni. Biagio fu il primo socio fondatore e presidente di questa associazione che concentrava diverse associazioni regionali. L´ultima visita notevole avvenuta nel novembre del 2005, con a capo il vescovo dell'isola d´Ischia, Filippo Storfaldi, insieme al Sindaco, accompagnati da giornalisti della stessa isola. In riferimento all'allevamento dei figli, fedeli all'epoca, mio nonno Biagio e mia nonna Luisa li educarono con amore ma senza concessioni, incaricandogli diverse attività per preparali al lavoro. - 48 -


Mio padre, Alfonso, si disimpegnò come impiegato presso la "Farmacia y Ottica del Puerto" di Mar del Plata. Con il tempo, mio padre rimase come impiegato dell'ottica, ottenne il diploma di "TECNICO OTTICO". Oggigiorno è proprietario di una ottica. È, inoltre, membro del COM.IT.ES (Comitato d´italiani all'estero) con la carica di prosegretario del Consiglio Direttivo e presidente dei Residenti dell'Isola d´Ischia a Mar del Plata. È anche, vice-presidente della FEDERACION DE SOCIEDADES ITALIANAS di MAR DEL PLATA (federazione che aggiunge a tutte le federazioni da diverse regioni italiani di Mar del Plata). La missione di miei nonni era compiuta, ancor di più quando lui potè donare a ciascuno dei figli un esemplare di questa stessa storia della famiglia, scritto di propria mano. Nel 1986, un gruppo di campani ha formato in Mar del Plata l´ASSOCIAZIONE REGIONALE CAMPANA per riunire tutti i campani e i loro discendenti, residenti in città, come omaggio alla loro terra e alle loro radici che legavano quegli emigranti alla loro terra lontana. L´Associazione Dei Giovani Campani Mi chiamo Pablo, ho 26 anni e sono della terza generazione della famiglia Vottola. Appartengono alla Associazione dei Giovani Campani di Mar del Plata. Ho cominciato a lavorare insieme all'associazione nel 1996. Agli inizi dell'anno 1996 siamo stati convocati, sull'iniziativa dei dirigenti dell'Associazione Regionale Campana di Mar del Plata, a partecipare a un progetto proposto dalla REGIONE CAMPANA, il cui obiettivo era quello di promuovere e diffondere la lingua, la cultura, tradizioni, costumi e abitudini italiane, specialmente quelle con riferimento alla nostra regione, e avvicinarci alle nostre radici attraverso un corso che comincerebbe in luglio dello stesso anno con sede in CASA D´ITALIA. Sebbene, ognuno dei giovani già frequentavamo riunioni ed eventi che l´istituzione realizzava é stata grazie a questa proposta che si svegliò in ogni giovane l´interesse per conoscere e rivivere l´amore che i nostri genitori e nonni sentivano per le loro radici. Con il passar del tempo l´associazione è cominciata a crescere come gruppo ed è questo che ha agevolato una relazione "d´amicizia" e scambio con il resto dei gruppi e associazioni di Giovani Campani dell'Argentina. Nel 1998, abbiamo partecipato al concorso ¨50 anni della Repubblica Italiana¨ al quale hanno partecipato anche giovani discendenti di campani dal Cile, Venezuela, Uruguay, Brasile ed Argentina, aventi per oggetto letteratura, fotografia, musica e pittura. - 49 -


In questo modo, ci abbiamo incaricato di realizzare Mar del Plata il "PRIMO SEMINARIO INTERNAZIONALE DEI GIOVANI CAMPANI". Si hanno agevolato alti incontri a livello nazionale e internazionale. Nel 2003 il nostro gruppo è stato designato per il nostro consultore della regione campana, Dott. Luis Padulo, come incaricato del "PRIMO INCONTRO DEL CONSIGLIO GIOVANILE CAMPANO ARGENTINO", e in questo modo è stata creata la COMMISIONE NAZIONALE DEI GIOVANI CAMPANI. Nel 2004, siamo stati riuniti nella sede della "Casa d´Italia"; il gruppo di giovani discendenti di italiani e tutti loro oriundi di cittá e paesi della regione Campania, che comprende le provincie di: Avellino, Benevento, Caserta, Napoli e Salerno. L´Oggetto della riunione fu quello di costituire formalmente un´Associazione senza scopo di lucro, che aveva come obiettivo fondamentale la promozione dei valori e delle tradizioni Campane, tra i giovani residenti in Mar del Plata, e zone di sua influenza. Nel corso della riunione si ha discusso su progetti e metodologie di lavoro. Tutto ciò non solo ci ha dato la possibilità d´imparare la lingua, anzi ci ha aiutato a formare il gruppo umano, che pure oggi dopo undici anni di lavoro, con recente riconoscimento dalla REGIONE CAMPANIA, continua unito per il raggiungimento di nuove tappe e rinforzando molto di più le nostre aspettative. Grazie alla collaborazione e guida dei nostri dirigenti il gruppo é solido, compatto e aperto all'integrazione di altri giovani discendenti di campani per l´ingrandimento dello stesso. Ed è per questo che la realizzazione del terzo corso per gli agenti dell'emigrazione non fa più che rinforzare quello che già detto prima, e dimostrare che nonostante la distanza e gli inconvenienti, continua presente oggi, in tutti noi, il bisogno di stabilire vincoli ogni giorno più forti. Come integrante della gioventù Campana di Mar del Plata, condivido con altri giovani lo stesso interesse, ed entusiasmo per mantenere viva la nostra origine. Una delle barriere più grandi fra i giovani e i dirigenti, è quella della lingua, fondamentalmente per la comunicazione, integrazione e per mantenere vivi i vincoli fra i campani del mondo. Oggi l´associazione dei Giovani Campani di Mar del Plata è presieduta da Antonino De Angelis, e precedentemente presieduta da Franceso De Angelis tra 1986 e 1996, Antonio Truppa tra 1996 fino al 2001, e Antonio - 50 -


D´Antonio tra 2001 fino al 2006. Questa associazione vuole consolidare il gruppo facendo lavori di aiuto e collaborazione con altri "entità di benessere pubblico" (sono quelle entità che alberga gente indigente, rifugiati, ecc...) della nostra città.

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PASQUALE ROSANIA (VENEZUELA)

Mi chiamo come mio nonno, Pasquale Rosania, ho 21 anni e sono nato a Valencia (Venezuela) dove oggi abito. Il Venezuela è al nord di Sud America. Il mio origine italiano proviene del mio padre, lui si chiama Vito Rosania è stato nato a Cassano Irpino provincia di Avellino. Mio padre emigrò in Venezuela 25 anni fa. Prima aveva conosciuto mia madre nella città di Roma, dove lavoravano, e lei studiava all'Università della stessa città. Il viaggio di mio padre da Roma per il Venezuela non è lo stesso degli altri emigranti per il Sudamerica, perché lui non emigrò per la situazione del dopoguerra o la situazione economica del paese, ma perché lui accettò di sposarsi con mia madre in Venezuela, tutto questo perché mia mamma voleva essere insieme ai suoi genitori che erano lì. In questo caso è stato mio padre il più affranto, perché era lui che doveva lasciare la sua famiglia in Italia, ed anche lasciare la vita che aveva fatto. Grazie Dio per mio padre non é stato difficile adattarsi e trovare un lavoro in Venezuela, perché per fortuna cominciò a lavorare in un'impresa esclusivamente di italiani che lavorava insieme alla FIAT, facendo l'importazione di macchine, motori di navi, ecc... Mio padre cominciò in una officina; oggi, dopo 25 anni, lui é stato designato come incaricato dell'ufficio di vendita e provvigione. Grazie a questo lavoro, lui è ritornato in Italia per visitare la sua famiglia nel 2004, dopo 13 anni di assenza. Le altre due volte che visitò l'Italia fu a causa della morte dei suoi genitori. La nostra vita come famiglia in Venezuela é buona, perché abbiamo una fermezza economica di privilegio. Mio sorella, che si chiama Concetta in omaggio a mia nonna, ed io abbiamo ricevuto una buona educazione; noi abbiamo studiato in due delle migliori scuole della città. Oggi frequentiamo l'Università e nel 2009 Concetta finisce la sua laurea in medicine ed io in Psicologia clinica. Quest'anno ho parlato con il consultore della Regione Campania di Valencia, il signor Aurelio Pinto, che è amico di mio padre, per vedere la - 53 -


possibilità di andare in Italia per fare un Master in Psicologia all'Università di Salerno e di avere la possibilità di rimanere in Italia e di fare una famiglia. Nella mia famiglia abbiamo le abitudini italiane, come il cibo, la musica. Per esempio sul tavolo non può mancare la pasta o il vino, si mangia di più il cibo tipici italiani che quello di Venezuela. A Natale si mangia l'agnello al forno con patate, ed al primo giorno dell'anno ci mangiamo lenticchie con lo zampone; questi due cibi li fa mio padre che si sveglia alle 7 del mattino, metti il suo cd di Pino Daniele o Adriano Celentano e comincia a lavorare; molti di questi alimenti sono del suo orto. Tutto questo senza dimenticare di guardare sulla Tv la partite di calcio e la Formula 1. Noi ci parliamo frequentemente con la nostra famiglia in Italia, mio padre parla per telefono con mie zie e in internet con suoi cugini. Come aneddoto, io ricordo che mio padre sempre parlava per telefono alle 6 del mattino di Venezuela (12 ore in Italia) e ci svegliava a tutti quanti a casa. La mia vita come figlio d'immigrati è un po' complessa, grazie a i miei genitori sono cresciuto con due punti di vista diversi, uno è quello venezuelano, dove posso vedere la vita un po' più informale e più sacrificata, nel senso che posso trovare risorse di qualsiasi tipo. Questo mi da un aiuto per dare valore a tutto quello che miei genitori hanno fatto per me. Invece, l'altro punto di vista è quello italiano, dove la formalità è quella cosa necessaria e non devo essere allegro; grazie a questo punto di vista ho imparato a prendere decisioni di forma rigida e stretta; per esempio quando mio padre dice di no è no, e si fa quello che lui vuole. Questa personalità molte volte mi ha aiutato ad affrontare diverse situazione della mia vita. Nel mio gruppo di amici il 90% sono figli d'italiani, e di quella stessa percentuale il 70% sono figli o discendenti di campani che sono emigrati in Venezuela. Noi facciamo parte del Centro Sociale italo-venezuelano, quale frequento dall'anno 1991, quando mio padre ha preso delle azioni che oggigiorno abbiamo. Questo centro Sociale anche aiuta a mio padre, perché lo guarda come una "piccola Italia" dove ha l'opportunità di riunirsi ogni giorno con i suoi compaesani, non solo campani, ma di tutti Italia. Nello stesso modo, in quel Centro Sociale ho avuta la possibilità di conoscere la passione per il calcio, uno sport per il quale ho giocato per 16 anni; anche oggi gioco nella squadra della Regione Campania a Valencia. Altra attività che noi facciamo è quella di essere parte di un'associazione giovanile chiamata "TENDOPOLI" di origine cattolica, dove si fanno riu- 54 -


nioni benefiche per altri italiani che hanno bisogno di aiuto di qualsiasi tipo, e dello stesso modo, uno volte all'anno si fa una "convivenza" (dove ci riuniamo per convivere) per 3 giorni. Inoltre, l'incorporazione di mio padre nel Centro Sociale italo-venezuelano gli ha dato la possibilità di essere parte della commissione direttiva dell'associazione Regionale Campana dello stato di Carabobo, dove dall'anno 1991 all'anno 1995 si impegnò come direttore sportivo, posto che ha lasciato per prendere il posto di vicepresidente fino all'anno 2001. Oggi ha preso un'altra volta la direzione sportiva. In quei giorni festivi italiani tutte le associazioni si riuniscono e ognuna fa la sua cucina tradizionale, ed è qui dove si può vedere la gioia dei Campani: sempre cantano, ballano e dimostrando l'ospitalità caratteristica (sempre hanno vinto il primo premio). Mio padre non vuole dire che lui ha bisogno del suo paese, ma noi e i suoi parenti più vicini, sanno che lui vuole tornare a vivere in Italia. È difficile perché mio padre ha costruito un'altra vita (appartamento proprio, macchina propria) e diversi privilegi che permettono di avere una vita più stabile, lui non vuole ritornare per essere meccanico un'altra volta e l'unica forma di farlo è trovando la sua pensione tra 5 anni. Insomma, per finire, non è difficile essere figlio di immigrati, la cosa più complessa è convivere con due culture diverse e dare a ciascuna l'importanza che meritano. "Una emigrazione non per scomparire, ma per crescere. La comunità dei nostri genitori sono formate da grandi principi con dei grandi valori. Libertà, uguaglianza, giustizia, sacrificio al lavoro, famiglia, onestà. Con un grande senso dell'italianità, con il quid campano (creatività, fantasia, intraprendenza, allegria, solidarietà e intelligenza). I nostro genitori ci dicono che siamo italiani però noi campani siamo un poco meglio”.

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ANGEL OSWALDO VALLETTA (VENEZUELA)

La mia storia è iniziata tanti anni fa, quando i miei nonni sono emigrati dal loro luogo di origine chiamato San Nicola Baronia, nella zona dell'Irpinia, in provincia di Avellino, il quale è un paesetto di non più di settecento abitanti, localizzato in montagna, dove mio nonno faceva il calzolaio, questo dalla parte di mia mamma; dalla parte di mio padre, l'altro nonno è originario di Vallo della Lucania, in provincia di Salerno.Quando dico che penso che sia iniziata in quel momento è perché il mio modo di svolgere la vita è proprio all'italiana, tutto per la forte influenza dei miei nonni. Quando i miei nonni sono arrivati in Venezuela hanno avuto molti problemi, perché sono arrivati in una città talmente diversa dal loro luogo di origine ed hanno fatto fatica per ambientarsi. Grazie a loro io non ho avuto nessun tipo di problemi, questo in quanto mi hanno indirizzato sul da farsi, prima preoccupandosi molto per il futuro della sua famiglia, poi per i loro figli e dopo anche per i loro nipoti. Io, Angel Valletta, ho 23 anni, ho giocato a calcio a livello semi-professionistico, però non ho potuto proseguire per un infortunio al ginocchio. A ottobre finisco la laurea in dogane e commercio estero, è da sempre ho avuto l'interesse di venire a lavorare in Italia. Credo che questo amore e questa passione per l'Italia provienga grazie a i miei nonni, più che dai i miei genitori, perché mi hanno cresciuto principalmente loro; infatti, stavo più tempo con loro invece che con i miei genitori perché entrambi lavoravano tutto il giorno e non potevano stare con me. Non mi dispiace aver vissuto questa situazione perché ho potuto imparare meglio le tradizioni e la lingua italiana, ovvero il dialetto originario della loro zona, che ha un fascino incredibile. Quando io sono nato i miei nonni stavano già in Venezuela da 30 anni, però non avevano imparato ancora a parlare la lingua spagnola, e parlavano sempre in italiano, costringendomi a capire e a rispondere in italiano. Molte volte quando uscivo con loro non capivano la gente dei negozi, della strada, e io facevo come un interprete: allora loro mi insegnarono l'italiano e io lo spagnolo. Ci sono anche altri aspetti ed esperienze importanti che sono prevalse sulle tradizioni locali, come è il caso del mangiare, che quasi tutti giorni - 59 -


era italiano: pasta, formaggio, prosciutto, salumi; infatti c'e la abitudine di tutti i venerdì sera di mangiare la pizza fatta da mia nonna insieme a tutta la famiglia. A volte non si trovano gli ingredienti per preparare il cibo all'italiana e si mangiavano delle cose locali, ma si cerca sempre di sforzarsi per trovare gli ingredienti per fare il cibo italiano. C'e anche una esperienza che mi piace molto, quando aiuto a fare le bottiglie di salsa per tutto l'anno. Siamo tanti i ragazzi discendenti di campani e molte volte prevalgono le tradizioni e le abitudini italiane su quelle locali: un buon esempio è lo sport. In Venezuela lo sport tradizionale che si pratica di più è il baseball, però da quando ci siamo noi, italiani e discendenti, il calcio si è sviluppato e diffuso moltissimo, anche con l'aiuto degli spagnoli e portoghesi, tanto che adesso ci sono più squadre di calcio rispetto a quelli di baseball; questo succede in tutti i livelli, dai bambini fino ai professionisti. Se il Venezuela è una nazione sottosviluppata, gli italiani in generale, ma specificamente i campani, hanno dato un grande contributo al settore industriale, specificamente nell'industria delle scarpe. Io ho lavorato in una fabbrica di scarpe e di confezioni per le scarpe, e ho viaggiato per diverse città del paese, dove ho trovato molte persone di origine campana che lavorano in questo settore in tutta la catena, da produrre il prodotto fino ai negozi. In Venezuela siamo riconosciuti per lavorare in questo settore e siamo serviti di scuola per gli operatori ed impiegati locali Molte volte i venezuelani quando si accorgono che sono italiano, cominciano a domandarmi com'è l'Italia, se ci sono stato, e mi dicono sempre che gli piacerebbe andare a conoscerla, perché ha delle ricchezze storiche e architettoniche meravigliose e uniche al mondo. Succede spesso che quando diciamo che siamo della Campania, dove sta la città di Napoli, cominciano a dire che siamo dei mafiosi, che devono stare attenti a noi e questo mi fa ridere. Spesso mi capita di pensare se la mia famiglia ha fatto bene ad andarsene dall'Italia e come sarebbe stata la vita fin da bambino in Italia; mi chiedo questo non perché non mi piace la vita in Venezuela, ma perché quando vado in Italia mi piace tanto, ed immagino di vivere lì, però sotto questo aspetto non mi preoccupa molto perché la vita che sto svolgendo in Venezuela perché è come se fosse in Italia. Anche da quando ho il canale di televisione italiana mi sento più vicino, sono aggiornato di tutto quello che succede in Italia e anche posso conoscere qualche cosa che i miei parenti non mi raccontano. Siamo una comunità molto unita, ci riuniamo quando ci sono le feste reli- 60 -


giose, giorni importanti, come il giorno della mamma, a dicembre dove facciamo del mangiare tipico e anche facciamo la festa di anniversario della associazione. Tutte queste feste ci servono per capire la presenza importante dell'immigrazione campana in Venezuela. Quasi tutti i posti che io frequento, luoghi di divertimento, l'università, il lavoro, sempre c'è un campano, quindi dobbiamo lavorare perché tutte queste cose che sono riusciti a fare i nostri nonni e genitori, bisogna mantenerle e trasmetterle ai nostri figli, perché le nostre origini ci hanno dato tanto e possono dare tanto anche a loro. Dobbiamo essere sicuri di questo. Per questo sempre dirò che il Venezuela è un grande paese che ci ha accolto a braccia aperte, con gentilezza e con delle grandi opportunità per crescere in tutti i sensi, ma il vero paese nostro si chiama Italia.

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RODOLFO KEMPER PACHECO (CILE) Mi chiamo Rodolfo Kemper, ho 26 anni, sono nato a Santiago del Cile e quest'anno per la prima volta sono venuto in Italia a conoscere il paese di origine della mia famiglia emigrata in Sudamerica, di cui cercherò di raccontare la storia. Nell'anno 1916 nel nord Italia ai confini estremi, in un piccolo paese, Plezzo (Gorizia), nacque mia nonna, Justina Kravanja Zorc di origine slovena, c'era la prima guerra mondiale. Era sposata con un uomo austriaco che conosceva fin dall'infanzia, un uomo che l'aveva sempre voluta e che varie volte minacciava il suicidio in nome del suo amore: si chiamava Leopoldo Kemper Bovek, mio nonno. La loro unione portò la nascita di 2 figli, mio padre, di cui porto il nome Rodolfo Kemper e suo fratello Baltazar. La loro vita matrimoniale non cominciò nel migliore dei modi, appena sposati dovettero scappare dalle loro case, andarono verso sud, c'era il caos, il maresciallo Tito approfittando degli spostamenti degli alleati s'impadronì delle loro terre dichiarandole territorio Jugoslavo. Più di 2.000 persone in un giorno dovettero trasferirsi altrove; era anche il periodo della grande emigrazione verso il meridione d'Italia. La situazione sociale era gravissima; fermandosi a Napoli trovarono una prima sistemazione insieme a centinaia di altre persone in un campo profughi ad Aversa, non lo avrebbero mai immaginato ma quella sosta temporanea a Napoli durò 10 anni. In quel campo vivevano moltissimi rifugiati che dall'alba al tramonto sotto Il governo militare, avevano dovuto abbandonare le proprie terre e diventare profughi. Migliaia di persone al giorno, che arrivavano in questi campi di fortuna allestiti nelle periferie delle città, in condizioni di igiene precaria, mancanza di assistenza sanitaria e sociale, e per paradosso, spesso offrivano beneficio con la loro presenza, tanti rifugiati sotto la tutela di nessuno e tanti aiuti umanitari da ricevere nella zona. In questo "luogo dimenticato da Dio" nacquero mio padre, forse uno dei luoghi più sbagliati per nascere, ma è stato proprio questo campo che ha dato a mio padre e ai miei fratelli la possibilità di essere italiani. Spesso i responsabili del campo approfittavano di qualsiasi forma di aiuto a loro destinato: trattenevano vestiti e medicine, distribuivano cibo scaduto e qualche volta rubavano anche l'identità di qualcuno. Non capitava di rado infatti che per emigrare verso luoghi migliori venissero trafugati documenti d'identità, analisi mediche e certificati per dare la possibilità a qual- 63 -


cuno non in regola ma con la disponibilità di pagare coloro che governavano il campo profughi, di fuggire dall'Italia. Qualche volta accadeva anche che se una famiglia del campo tentava di presentare i documenti per partire, sistematicamente e inevitabilmente gli esami medici che occorrevano per imbarcarsi risultavano sempre non idonei; anche questo era un modo per conservare il posto a qualcun altro. In particolare era accaduto anche ai miei nonni che ogni qualvolta tentavano di presentare le pratiche per l'emigrazione, per quanto si sentissero in buona salute, si trovavano di fronte ad analisi mediche che non gli permettevano di ottenere il visto di espatrio. C'era sempre qualcosa che non andava, fino a quando un giorno ripetendo gli stessi esami da un medico diverso da quello preposto, le loro condizioni di salute erano migliorate pressoché miracolosamente e finalmente si aprì davanti a loro la possibilità di lasciare quel luogo per cercare una speranza altrove. Era più o meno il 1956 quando i miei nonni, mio padre di 6 anni e mio zio di 16 si imbarcarono sulla nave "Marco Polo" in partenza da Napoli verso il Cile. Il Cile rappresentava una speranza, il fratello di mio nonno aveva inviato una lettera che li esortava a raggiungerlo, c'erano possibilità di lavoro, c'erano posti disponibili in una miniera, un lavoro massacrante ma comunque una speranza di guadagno. Dopo 40 giorni senza terra in una mattina nebbiosa arrivarono sulle coste del Cile nelle cui acque nuotavano i delfini, esattamente nel porto di una piccola città dal nome confortante: "Valparaiso". Tutti rimasero abbastanza scossi nel vedere quel porto con tutte quelle case una sopra l'altra unite tra di loro senza alcun ordine logico, un posto cosi differente dalla loro Italia. Una volta a terra si spostarono verso Santiago, lì rimasero 3 mesi come rifugiati sotto la tutela degli Stati Uniti che offrivano loro il sostentamento necessario, fino a quando non gli venne offerto un lavoro a Valdivia; un posto dove gli indigeni non volevano vivere per le avverse condizioni climatiche e la desolazione dei luoghi. Nonostante ciò, dopo poco la situazione migliorò, mio nonno lavorava come carpentiere, avevano costruito una casa bellissima in riva ad un fiume e potevano, anche se con molti sacrifici, condurre una vita normale, tranne per il fatto che la convivenza con i cileni diventava sempre più difficile, molte volte accadevano situazioni insostenibili, dove dovevano sfuggire ad atti di violenza, la più frequente forma d'intolleranza è stata la sassaiola. In quei momenti il dubbio d'aver fatto una scelta sbagliata li assaliva: l'intolleranza da un lato e la tendopoli di Aversa dall'altro, con il latte scaduto che ha fatto crescere mio padre e mio zio, e dai cibi avariati che hanno fatto ammalare la mia nonna allo stomaco. Rimasero in quella zona circa 4 anni - 64 -


fino a quando un terremoto violentissimo che addirittura andò per potenza oltre le misurazioni massime dei sismografi, distrusse tutto e lo straripamento del lago Renigue provocò l'allagamento di tutta la zona. Per la terza volta la fortuna li aveva abbandonati e dovettero nuovamente migrare altrove, nuovamente ritrovarsi senza nulla dovendo ricominciare tutto da zero. Si spostarono verso la Capitale di Santiago di nuovo, capitale costruita in una vallata rinchiusa tra la cordigliera delle Ande da un lato e dall'altro dalla cordigliera della costa. Una metropoli troppo diversa dall'Italia, un paese del Sudamerica, un paese latino che non accettava però gli italiani ladri di terre e lavoro. E per caso proprio la terra diede la possibilità alla mia famiglia di ricominciare, si stabilirono in un terreno di un "dueno" (padrone) che gli permise di costruirsi una specie di capanno dove vivere, col patto di lavorare a salario minimo e nei campi. Cosi ricominciarono, mio nonno costruì questo tugurio al meglio delle sue capacità, non c'era l'elettricità, il bagno era al di fuori della casa a circa 50 - 60 metri vicino al pollaio, che ogni notte veniva sorvegliato da mio padre affinché gli animali selvatici non mangiassero le galline che rappresentavano un bene prezioso. Lavoravano duramente, mangiavano tutti i giorni polenta, l'unica cosa che potevano permettersi. La vita continuava faticosamente ma si andava avanti, i miei nonni invecchiavano nei campi e mio padre e mio zio diventarono uomini. Mio nonno decise nonostante le difficoltà di mandare mio padre a scuola per offrirgli una speranza di una vita migliore. L'integrazione non fu facile, spesso capitava che oltre a deriderlo per la sua condizione di emigrato i cileni lo emarginavo, addirittura a volte lo picchiavano, si fece insegnare dal fratello a difendersi, il quale della necessità di non essere sempre sottomesso ne aveva fatto virtù cominciando a fare il pugile in una palestra già precedentemente nella città di Valdivia. Mio padre a scuola otteneva ottimi risultati, impegnarsi nello studio: dopo tutte le peripezie gli stenti e i dispiaceri subiti era un vera ricompensa; era uno dei migliori, vinceva molti premi, quasi sempre libri di narrativa o dizionari molti dei quali vengono ancora oggi custoditi gelosamente. I miei nonni fieri di lui e della sua volontà di impegnarsi, terminate le scuole superiori decisero di iscriverlo all'università. L'unico modo per farlo però era di chiedere aiuto all'ambasciata italiana affinché lo sostenesse economicamente. Purtroppo però anche in questa occasione il fato si dimostrò avverso e l'ambasciata gli chiuse le porte in faccia negandogli l'aiuto economico di cui aveva bisogno. Purtroppo non vi fu alcun modo per ovviare al problema e mio padre dovette rinunciare all'idea di poter - 65 -


continuare gli studi. Si gettò nel lavoro, trovò occupazione in una officina meccanica dove con la stessa perseveranza di sempre riuscì pian piano a conquistarsi il ruolo di capo-meccanico. Lavorava tutto il tempo che poteva, dormiva su un lettino nell'officina nella pausa del pranzo qualche ora in prima serata poiché di notte, per cercare di guadagnare il più possibile, lavorava in un altro posto. Era instancabile, l'unica cosa che per lui importava era lavorare per cercare di guadagnare sempre di più, probabilmente perseguitato dallo spettro della miseria che lo aveva accompagnato fino a quel momento. Fu proprio in questo periodo che conobbe mia madre, durante un giorno di festa con i suoi colleghi al mare. Mia madre in quel tempo, stiamo parlando del periodo peggiore della dittatura di Pinochet, il tempo delle stragi, dei desaparecidos, dei migliaia di cadaveri gettati in alto mare con gli elicotteri. Era stata 2 anni prima la presidentessa di un campo di rifugiati; erano persone che non avendo un casa propria occupavano alcune terre per viverci e si organizzavano in gruppi per ovviare alle necessità quotidiane, come recuperare cibo, medicine, cioè sostenere il campo senza però mai compiere azione violente. Queste è stata una delle esperienze che ha segnato di più la vita della mia madre, avendo vissuto la realtà delle persone umili e povere molto da vicino, tutto ciò lasciato nel suo cuore ricordo di tante persone care, molte delle quelle non ha mai più potuto rivedere a causa della repressione perpetrata dal governo di Pinochet. In quel tempo lavorava a stretto contatto e segretamente con il partito di sinistra più importante che c'era in quel periodo. In seguito con il golpe militare dovete abbandonare il partito e nascondersi dall'esercito, più per paura di ripercussione versi i propri cari che verso sè stessa. Dopo che si sono conosciuti, per entrambi fu amore a prima vista, gli occhi cerulei di lui e i tratti esotici di lei, accesero l'amore. Cosi decisero di sposarsi sei mesi dopo, entro un anno nacque mia sorella Claudia di 29 anni, dopo 3 anni io e poi mio fratello minore Nicolas. Mia madre è cilena si chiama Gloria Pacheco e incarna bene i caratteri somatici e sociali del suo popolo. E'una bella donna di circa 55 anni di carnagione olivastra, ha occhi scuri grandi e profondi, un bellissimo sorriso e la solarità, l'intraprendenza che spesso si ritrova nel suo popolo, ovviamente possiede anche alcuni piccoli difetti ma quelli non li voglio elencare: è mia madre ed è perfetta. Tutte le mattine molto presto porta i bambini a scuola, guida un minibus di una scuola elementare, negli spazi di tempo tra una corsa e l'altra torna a casa e si dedica alle faccende domestiche. Mio padre ha continuato nel suo lavoro di meccanico facendo molti sacrifici dopo il matrimonio e con l'aiuto di mia madre ha comprato un terreno e una casa - 66 -


dove ha cominciato a lavorare in proprio. Mia nonna vive ancora li, in quel campo, da sola , mio nonno e mio zio sono venuti a mancare diversi anni fa, non è mai voluta andare via da quel posto come non ha mai voluto veramente integrarsi con il mondo circostante, forse tra quegli alberi di palta che aveva piantato mio nonno, i fiori e le piante, qualche volta dimentica di essere lontana dalla sua Italia, ora tra quei sudamericani che non sempre sono stati cordiali con la sua famiglia, che spesso guardavano la loro carnagione chiarissima, il colore azzurro dei loro occhi i loro capelli chiari quasi con disprezzo, erano diversi, erano ladri di terre, andavano a rubare lavoro e a non portate niente di buono. In quell'orto continua a condurre la stessa vita di sempre, logicamente nella misura in cui lo può fare una donna sola di 91 anni. E' una cosa che mi ha sempre affascinato, mia nonna dopo tutte le sofferenze che ha dovuto affrontare è arrivata a 91 anni certamente non in ottima salute ma con uno spirito incredibile, una forza d'animo e una lucidità nell'affrontare la vita che spesso credo di non possedere neppure io che ho oltre 60 anni in meno e non ho sofferto nemmeno 1/100 di quello che ha subito lei. Credo che sia proprio quello il segreto, la sofferenza, il dover avuto affrontare le avversità in continuazione, senza un attimo di tregua a farsi che ora riesca a vivere serena da sola in un campo senza nessuna comodità piena di acciacchi ma con la serenità di non dover abbandonare per l'ennesima volta tutto per ricominciare. Ci racconta sempre dell'Italia, di Napoli, di Milano dei santi che troneggiano sulle guglie del duomo della madonnina, parla piena di soddisfazione di questi ricordi anche se poi in fin dei conti le sue origini non hanno molto d'italiano, ma lei è cosi, si sente attaccata a questa terra e a questa nazionalità, ne sente fortissimo il senso di appartenenza, non ha mai voluto cambiare il suo essere italiano per adattarsi al Cile, spesso e volentieri rifiuta anche di parlare in spagnolo, quella non è la sua terra, non è la sua lingua e lei non è nata li, e ci crediate o no, fino ad oggi non è mai andata d'accordo con mia madre una cilena, appartenente a quel popolo che li aveva chiamati ladri di terre e di lavoro gli stava portando via l'unico familiare che le era rimasto. I contatti con l'Italia , la sua cultura e le sue tradizioni andava sempre di più affievolendosi. Mio padre cercò di portarci in un' associazione italiana a Santiago, un circolo di Trentini. All'inizio fu interessante provare l'esperienza di trovarmi a confronto con un altro popolo e una nuova cultura. Cominciavamo ad interessarci a questa nuovo modo di essere che pian piano sembrava cominciare a conquistare me e i miei fratelli. Purtroppo però, frequentare quel luogo divenne proibitivo perché le attività che si svolgevano prevedevano una partecipazione eco- 67 -


nomica abbastanza onerosa per la mia famiglia. Nuovamente cominciammo ad allontanarci anche da quell'unica "isola" italiana, sembrava che la maledizione dei Kemper che li spinge lontani dall'Italia continuasse ricadendo anche su di noi della terza generazione. Fu un desiderio improvviso e irrefrenabile di mia sorella maggiore Claudia, a contrastare questa situazione e a riequilibrare un po' la nostra sfortuna. Cominciò caparbiamente, quando quasi tutta la famiglia tranne mia nonna che però viveva in totale isolamento, aveva completamente cancellato la propria parte italiana; non se ne parlava più non c'era più interesse per il nostro paese d'origine era rimasto solo un velo di tristezza negli occhi di mio padre quando tornava da casa di mia nonna e si immergeva nei ricordi. Claudia cominciò le sue ricerche partendo dall'ambasciata italiana che come altre volte in passato però non si dimostrò disponibile a sostenerci. Successivamente cominciò attraverso qualche chiesa a cercare italiani, persone che potessero in qualche modo aiutarci a conoscere di più delle nostre origini tanto care a mia nonna, ma purtroppo a noi ancora poco conosciute. Trascorse un po' di tempo forse più di un anno quando riuscì a trovare un'associazione di campani a Santiago. Cominciò subito a frequentarla, faceva corsi di lingua, partecipava alle riunioni, si interessava a tutte le iniziative, si sentiva sempre più coinvolta da quella cultura tanto lontana ma che in qualche modo portava repressa dentro di se. Ad essere sincero devo ringraziare lei se mi trovo qui oggi a scrivere questa storia. Lei è stata l'unica a continuare a credere nel sogno di poter tornare in Italia. Cominciò a partecipare a tutti i concorsi che davano la possibilità di venire a studiare in questo paese, era diventata una ossessione ma era difficilissimo. Avrà fatto decine e decine di domande a tutte le associazioni e agli organismi italiani per ottenere una borsa di studio ma il risultato continuava a inchiodarci alla maledizione di famiglia. Un giorno per caso, ricevette una telefonata, era il nostro consultore, Nello Gargiulo che le disse:"Claudia hai controllato la posta elettronica?" E niente più. Controllava la sua mail ogni giorno ma quel giorno per puro caso non l'aveva fatto. Corse a leggere emozionata ed impaurita, si fece coraggio e leggendo la nuova mail ricevuta cominciò a gridare e piangere di felicità, qualcosa stava cambiando aveva ottenuto la possibilità di venire in Italia a fare questo stesso corso che ora sto frequentando io. Ricordo che tornò a casa gridando: "vado in Italia!" Nessuna all'inizio aveva capito, ma poi dall'incredulità di tutti noi si passò alla commozione. Mio padre era emozionatissimo, mia nonna non riusciva a immaginarlo, ventisette giorni in Italia, come era possibile se solo per il viaggio lei aveva impiegato più di 30 giorni? Alla fine dopo - 68 -


tanta emozione il suo unico desiderio era di entrare nella valigia di mia sorella per tornare qui. Il suo viaggio qui era andato bene anzi benissimo. Tornata dall'Italia era emozionatissima, era totalmente rapita da quell'esperienza vissuta e cercava di trasmetterci in tutti i modi tutto quello che aveva vissuto. Era diventata Italia - dipendente, il suo desiderio di conoscere le sue origini non si era appagato ma bensì era cresciuto esponenzialmente. Cominciò con il doppio delle energie di prima a cercare il modo per ritornare in Italia e con la sua costanza ci è riuscì per la seconda volta! Ad oggi vive in Italia da quasi 9 mesi, si è integrata benissimo e, a dire la verità, ora sembra quasi più italiana che cilena! Quando mi ha chiamato e mi ha detto che quest'anno nuovamente c'era il corso che aveva frequentato lei, senza pensare troppo mi sono lanciato in questa esperienza ed ora siamo qua insieme. Sono arrivato solo da pochi giorni e non ho visitato ancora molto, ma sto cominciando a capire che cos'era quel desiderio incontrollabile che l'aveva spinta a tornare, sarà forse il richiamo alle origini il fascino di questa terra e di questa cultura millenaria, non l'ho ancora ben chiaro, ma sembra che ci sia una specie di malattia che ha contagiato anche me. Chissà se la maledizione dei Kemper Kravanja forse ha cambiato direzione. Chissà…

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MELINA ANDREA MONDELLI (URUGUAY)

Il mio nome è Melina Mondelli, ho 32 anni e sono discendente per linea paterna da persone di origine campana. Si può dire che sono il prodotto di tutto quello che hanno vissuto i miei genitori, e i genitori dei suoi genitori. Penso che questo prodotto sia migliorato con il tempo, perché ho avuto la possibilità di studiare a livello universitario e di imparare altre lingue. Mi sono laureata l'anno scorso in Chimica, e mi sento inserita nella società uruguaiana, ma anche nella società italiana che lavora nel mio paese. Sono la terza generazione nata nel paese di quegli emigrati che molti anni fa sono venuti in Sudamerica, a Montevideo, dove non era ancora stato costruito il suo porto. Arrivarono così con la volontà di essere parte di un nuovo paese, di lavorare e costruire le sue famiglie. I miei bisnonni sono arrivati in una nuova città come Montevideo, dopo un lungo e difficilissimo viaggio verso l'oceano. Il viaggio aveva una durata di tre mesi e a volte moriva gente per motivi diversi, sia di malattie sia per mancanza di cibi; nel mio caso, il mio bisnonno ha perso un fratello. Bisogna avere in conto che questo è successo prima del 1935, e che non erano stati scoperti ancora gli antibiotici, con i quali la qualità della vita migliorò moltissimo. Ancor al giorno di oggi non so bene perché hanno scelto Montevideo; un motivo può essere che sarebbero voluti andare in Argentina e che nella nave ebbe luogo una epidemia (a quel tempo a Buenos Aires la nave dove c'era molta gente ammalata non era accolta e perciò la nave andò in Uruguay). Loro emigrarono perché nei loro paesi in Italia, Piano e Perdifumo (in provincia di Salerno) c'era molta fame, le terre non erano fertili e le risorse per vivere erano scarse e avevano notizie che in quella zona in America si poteva avere una vita più dignitosa di quella là. I primi anni di permanenza nel nuovo paese hanno abitato in una piccola stanza con altre famiglie, che lo stesso erano arrivate dai dintorni della zona in Italia dei miei bisnonni. Non fu facile, ma loro hanno costruito in quel modo legami di forte amicizia che sono sopravissuti fino ad oggi. - 71 -


Hanno fatto delle attività, come quella di essere contadini e muratori. Uno dei bisnonni, arrivato nel 1907, ha aiutato a costruire lo stadio Centenario, conosciuto per aver ospitato il primo campionato mondiale di calcio (nel 1930). In quel anno governava l'Uruguay José Balle y Ordoñez, un presidente che segnò un prima e un dopo, perché ha fatto molte riforme come quella del divorzio per la volontà da sola della donna e quella di indicare la Chiesa cattolica come religione ufficiale dello stato. Sposò a Montevideo una compaesana (di Piano), hanno avuto 5 figli e per questo motivo le tradizioni della famiglia si sono mantenute col tempo, soprattutto quella della cucina. Io ricordo come ogni 12 dicembre, i figli e i figli dei figli si riunivano col babbo a festeggiare il suo compleanno e si mangiavano gli struffoli, un cibo tipico de quella zona (in Italia). Ricordo il suo sapore e con che piacere lo mangiavo perché mi piaceva moltissimo. Un' altra tradizione era quella di bere tutte le domenica il vino con la pasta. Per questo motivo ho avuto il piacere di conoscere tutto sulla cucina tradizionale campana. Questo mi ha fatto inserire pochi anni fa in A.E.R.C.U (Associazione di Emigrati della Regione Campania in Uruguay). A.E.R.C.U esiste da venti anni, nata nel 1986, come conseguenza di un'iniziativa promossa dalla Regione Campania; fu costituita come associazione. L'associazione riunisce campani e i loro discendenti, realizza attività prevalentemente culturali e di riscoperta delle radici campane e il Ministero di Educazione e Cultura l'ha riconosciuta come entità . In questi 20 anni è stata guidata da persone che sono nate in Italia; i loro nomi sono Mario Novino, Giuseppe Capozzoli ed Elio Sottolano (nato ad Angelara). Ogni due anni ci sono le elezioni per scegliere una nuova Commissione Direttiva, e ogni anno si fa una riunione con suoi soci per studiare il bilancio annuale. Dalla nascita dell'associazione, la Commissione Direttiva è stata costituita da persone di origine diversa, voglio dire, sia nati in Italia sia di generazioni posteriori (nati in Uruguay) e anche di persone del gruppo di giovani. Ad esempio, oggi la Commissione Direttiva è una mescolanza di tutto quello che ho detto prima. La costituiscono Elio Sottolano, Mario Novino, Michele Chechile, Sofia Ramogida, Rosina Galzerano e Carolina Capozzoli (nati nella regione Campania); Ana Santucci, Eduardo Pena, Federica Raso, Veronica La Rocca e Fernando Toppi (appartenenti al gruppo dei giovani campani). Ci sono alcune sottocommissioni che hanno lo scopo di sviluppare alcune attività: Commissione di Cultura Si occupa di far conoscere la cultura campana. Oggi con la collaborazio- 72 -


ne della Regione Campania e con alcuni soci che sono professori di italiano, attraverso il progetto Vesuvio s'insegna l'italiano. Vanno a classe, divise in due livelli, una trentina di studenti, campani e non campani. Altra attività che ha avuto luogo due anni fa, grazie anche al contributo della Regione, alla collaborazione di diversi imprese di origini italiane in Uruguay, ed altri enti che lavorano in Uruguay per gli italiani, fu "Scetate Napule" (in dialetto), che vuole dire "Svegliati Napoli". A questa attività abbiamo partecipato tutti i giovani campani dell'associazione, tutta la collettività campana e altri giovani che sono venite dalla Argentina, da Cile e da Brasile. Ha avuto una durata di tre giorni e i posti scelti per farla furono il Cabildo di Montevideo (luogo storico della Città Vecchia, dove fino al 1925 si esercitava il potere legislativo), la stessa associazione e una azienda di agriturismo. Fu fatta una mostra di pittura, una di scultura e diverse conversazioni con il pubblico presente. Ha partecipato anche Donato (un conosciuto cuoco della regione di Sud America), che ci ha preparato diversi piatti tipici della regione, come gli spaghetti alla carbonara e gli struffoli. È stato uno spettacolo veramente meraviglioso perché l'acceso era aperto a tutte le persone (italiane e non italiane) e molta gente l'ha vissuto. L'anno scorso, con l'occasione del 20° anniversario dell'associazione, nel mese di luglio, si sono svolti altre attività come: l'inaugurazione della nostra biblioteca, che ha più di 500 elementi tra libri, CD, DVD e riviste. Tutti i soci possono accedere a questo materiale; un seminario sul presepe napoletano, con la spiegazione precisa del ruolo che ha ogni personaggio; una mostra di pitture; una cena con cibi tradizionali campani e uruguaiani; si passò un film italiano degli anni sessanta; una dimostrazione "in scena" su come si fanno alcuni cibi tradizionali come gli struffoli e le zeppole. Nel 1996 si fonda il Gruppo folk di danza che si chiama "Stelle Campane". Questo gruppo oggi ha 40 iscritti e mantiene attraverso il ballo le radici tradizionali campane. Il prestigio di questo gruppo in Uruguay è in crescita e fa diverse rappresentazioni in diversi eventi. Ad esempio l'anno scorso il gruppo ha ballato nella "Notte dei Musei" (organizzato dal Comune di Montevideo e dal Ministero di Educazione e Cultura, dove tutti i musei aprono le sue porte di notte e mostrano alla gente i suoi beni più importanti, e anche al di fuori ci sono tanti spettacoli come quello del gruppo di danza). Con l'occasione di essere il 10° anniversario del nostro gruppo di danza nel mese di settembre si organizza un evento dove altre collettività balla- 73 -


rono con noi, come la comunità russa, la gallese, la polacca e un gruppo di danza tradizionale uruguaiana. Si può dire che fu attraverso il ballo che si ebbe uno scambio culturale molto importante. Commissione di Sport e Tempo libero Si occupa di metterci in contatto ogni anno per giocare i giochi della collettività. Questo evento è molto importante per noi perché ci permette di essere in contatto con le altre associazioni italiane che sono a Montevideo (che sono 32). Diversi sport si giocano, tra cui il calcio, il calcio senior, la pallacanestro e i diversi giochi di carte (briscola, tre sette). Anche ci permette ogni due anni di giocare le Olimpiadi dell'Emigrazione, dove si scambiamo esperienze con altre collettività come i gallesi, i russi, i francesi, gli inglesi, i portoghesi e i greci. Commissione Eventi e Spettacoli Questa organizza ogni mese i pranzi sociali e altre attività che si riferiscano alla cucina e l'organizzazione del salone. Un evento che organizza i COMITES (Comitato degli Italiani al Estero) insieme con il console e l'ambasciata d'Italia in Uruguay ha luogo ogni anno, e questa commissione si incarica di elaborare i cibi per la vendita. Si chiama la "Giornata per gli italiani " dove ogni associazione e le imprese di origini italiane mostrano e vendono i loro prodotti. Il nostro salone si usa anche per pranzi e cene di altre associazioni, come quella laziale e i figli della Toscana. Bisogna dire che queste commissioni non lavorano da sole, hanno l'appoggio delle altre, che come si è visto, sono eventi che non si possono fare da soli. Nell'associazione, io appartengo al gruppo di giovani campani, alla commissione Eventi e Spettacoli e sono la segretaria. In questo momento il gruppo di giovani collabora in modo molto importante con i pranzi che si fanno ogni mese, aiutando alle donne e agli uomini della cucina e preparando il salone. Come parte della segretaria, il mio ruolo è fare tutto il lavoro amministrativo, preparare l'ordine del giorno quando si riunisce la Commissione Direttiva e altre cose diverse. Quest' attività mi fa conoscere il mio settore campano, mi ha aiutato a riscoprire le mie radici, e ho fatto forti vincoli di amicizia con gente della stessa età e più vecchia, e mi ha fatto capire molte cose che durante la mia vita ho fatto senza una spiegazione logica. Dico questo perché io sono l'unica persona della mia famiglia che mantengo vincoli così stretti con l'associazione. Oggi A.E.R.C.U ha 1800 soci, ma si sa che in Uruguay più del 40 per cento della popolazione è di origine italiana e di questo il 45 per cento è - 74 -


di origine campana (vuole dire che ci sono 630.000 persone). Con questa quantità, è una delle associazioni che ha il maggiore numero di soci. Rispetto all'emigrazione italiana in Uruguay si può dire che fino al 187080 la prima ondata migratoria somiglia a quella argentina, perché arrivano italiani del nord e altri gruppi di immigrati come i francesi, inglesi e baschi, ma in numeri molto più modesti. Nella seconda ondata, l'Uruguay si distanzia sempre di più dall'Argentina e dal sud del Brasile, perché il paese non ha più territori freschi di conquista e disabitati da offrire alle colonie di popolamento. Nel 1890 le persone che sono entrate in Uruguay erano prevalentemente del nord Italia, ma dal 1890 al 1914 prevalsero invece le regioni del sud, e in particolare la Campania, i cui cittadini arrivano a toccare il 50 per cento del totale degli immigrati italiani nel quinquennio 1890-94. In questo momento due dei miei bisnonni arriva in Uruguay e fa parte di questa percentuale. Quando cominciò la prima guerra mondiale si stabilirono 220 mila immigranti (90 mila dei cui italiani) maggiormente a Montevideo e in misura minore a Canelones (nei dintorni della capitale) e sul fiume Uruguay. Dopo la prima e la seconda guerra mondiale un'altra ondata migratoria molto importante entra in Uruguay, e i campani hanno fatto parte importante di queste (non ho i numeri ma so che furono importanti) . Dopo gli anni settanta, questa immigrazione in Uruguay si fermò e cominciò a darsi al rovescio, vuol dire a tornare in Italia. Il motivo di questo è che la situazione politica-economica non andava in più in crescita e i militari hanno preso il governo nel mio paese. Un altro motivo è che si cominciò a lavorare per l'unione dei paesi in Europa, costituendo la Comunità Economica Europea. Oggi si può dire che si vive più dignitosamente in Italia che in Uruguay. L'altro bisnonno è arrivato prima di 1892 in Uruguay (questo è così perché tutti i suoi figli sono nati nel nuovo paese e il primo è nato in quell' anno proveniente da Perdifumo, un piccolo paese nella provincia di Salerno. Sposò un'altra compaesana il 10 ottobre 1889, non so se a Montevideo oppure Perdifumo e hanno avuto dodici figli). Quando lei ha avuto il figlio numero dodici purtroppo morì di parto e mio bisnonno ha dovuto far crescere tutti i suoi figli da solo. Ma in quel tempo ha avuto l'aiuto di altre persone che provenivano della stessa zona in Italia. Lavorò facendo di tutto, ma col passare del tempo comprò un pezzo di terra e cominciò a lavorarla. Il pezzo di terra era vicino a Suarez, una piccola località nei dintorni di Montevideo, nel departamento di Canelones. - 75 -


Quando i suoi figli diventarono più grandi e si sposarono (con persone uruguaiane oppure italiane), otto hanno comprato pezzi di terra vicini a quello del padre e tre sono andati a Sayago (un quartiere di Montevideo), dove hanno creato una famiglia e una vita dignitosa. L'altro, il maggiore, ha fatto il prete, ordinandosi a Torino e ha fatto un lavoro stupendo nel quartiere del Prado (a Montevideo). Ha costruito con la società di quel quartiere una scuola cattolica e fino ad oggi si riconosce il suo impegno per lavorare nel benessere della società; si dice di lui che era una persona instancabile. Anche lui ha portato dall'Italia l'immagine della Vergine e l'ha messa a Aguas Blancas (un paese nel interno del Uruguay, nel dipartamento di Lavalleja, meraviglioso per i suoi paesaggi naturali ); oggi è un luogo di accoglienza spirituale dove numerosi gruppi di giovani cattolici vanno, e c'è un aula chiamata con il suo nome. Questo mi fa riflettere perché i miei genitori s'impegnarono nell'offrirci una educazione di quel tipo e alcuni anni fa apparteneva ad un gruppo di giovani che era guidato dai preti della zona dove abitavo. Di me posso dire che ho una profonda spiritualità e che la porto con me tutti i giorni della vita. Anche in Uruguay la presenza della religione è importante. La religione cattolica è un esempio chiaro dell' influenza degli immigrati di origine campana. Ogni 3 di giugno a Florida (capoluogo del dipartimento di Florida nell' interno del paese, a 100 km da Montevideo) si fa pellegrinaggio e si chiede qualche favore. C'è in quel luogo la scultura di San Cono, portata molti anni fa da Teggiano (in Campania) e moltissima gente va a chiedere per la sua salute, per il suo figlio, per poter aver figli, per vincere il campionato di calcio e altre cose più specifiche. Nelle vetrine della chiesa che ospita il santo si possono vedere immagini come fotografie di figli, medaglie, scarpe dei giocatori, tutto quello che la gente vuole dare per dire grazie per il favore concesso. Coloro che comprevano pezzi di terra svilupparono maggiormente un'attività agricola e di allevamento del bestiame. Hanno piantato i vigneti e facevano il vino (che negli anni cinquanta fu un impresa familiare molto importante), hanno piantato le patate (in quel tempo arrivarono ad essere i maggiori produttori del paese) e facevano altri tipi di attività ortofrutticola. Come il nome di mio bisnonno era Antonio, ed erano molto cattolici, ogni 13 giugno tutta la famiglia si riuniva a festeggiare il santo. Mio padre mi ha detto che c'era moltissima gente, e cominciavano a lavorare per la festa una settimana prima e che si mangiava moltissimo. - 76 -


Oggi quello che rimane di quella famiglia si riunisce una volta all'anno, ma non è lo stesso di quel tempo. Ci riuniamo la seconda, terza e quarta generazione in una data che non è fissa, e non si mangia tutto quello che si mangiava prima. Hanno perso col tempo le tradizioni della cucina e in questi tempi odierni non si perde il tempo cucinando; ma ad ogni modo sono riunioni per conoscerci. Mio padre, nasce a Montevideo 64 anni fa e i suoi genitori si chiamavano Francisco Mondelli e Josefa Di Matteo, era il primo dei tre figli che hanno avuto. Studiò in una scuola cattolica, ma lui da bambino lavorava nell'orto; questo gli ha insegnato a lavorare e a sapere tutto quello riferito alla produzione ortofrutticola. Studiò a livello universitario ottenendo la laurea in architettura; dei suoi cugini è uno dei pochi che lo ha potuto fare. Per la famiglia questo è molto importante perché quei immigrati che sono venuti non hanno avuto la possibilità e hanno tentato di dare questa possibilità ai suoi figli. Mi madre es la ultima hija de los nueve hijos que tuvo mi abuela. Si buscamos el emigrante mas cercano en el tiempo, se eencuentra uno que llego al Uruguay antes de que existiese propiamente como pais libre e indempendiente. Se tiene el dato que es de origen italiano y que llega alrededor de 1820. Como consecuencia de lo dicho anteriormente, puedo decir que mi madre es uruguaya de pura cepa. Mi abuela nacio y crecio gran parte de su vida en un departamento en el interior del pais, limitrofe con Brasil llamado Treinta y Tres. Se caso con un senor, de apellido Castillo, con el cual tuvo dos hijos, pero luego murio asesinado por un comerciante local. Luego de haber pasado por ese amargo momento se vuelve a casar con mi abuelo, Jesus Fleitas y se trasladan a Montevideo donde tienen siete hijos mas. En la casa de mi abuelo todos trabajaban para poder mantenerse, mi abuela tenia un pequeno tambo y ademas trabajaba en una fabrica de conservas alimenticias como lo hicieron luego mis tias. Mi abuelo pertenecia a la policia montada y ademas hacia diversos trabajos que requerian mano de obra no especializada. Mi madre, por ser la menor tuvo la posibilidad de estudiar hasta alcanzar nivel universitario, debiendo abandonar los estudios cuando yo naci. Algunos de mis tios al no contar con formacion a nivel de secundario, y cuando el trabajo de mano de obra no especializado comenzo a escasear, ademas por la situacion politica que estaba pasando mi pais como aquel de la dictadura militar, emigraron a otros paises para encontrar una vida mejor y aun hoy estan afincados. - 77 -


Dos de mis tias, ya casadas y con hijos emigraron a Australia, un pais desconocido para ellos no solo por la lengua sino que por la lontananza, donde encontraron posibilidades de trabajo.Se fueron a ese pais porque hubo en el ano 1974 posibilidades ofrecidas por el mismo gobierno australiano. La adaptacion no fue facil porque ademas de desconocer el idioma, desconocian las costumbres y las tradiciones locales; tanto asi que luego de 25 anos y haber obtenido la jubilacion una de mis tias volvio a Uruguay. Mi otra tia esta todavia en Australia y sus hijas completamente adaptadas al medio local se han casado con australianos o con otros emigrantes. Otros dos tios se fueron a Argentina, a Buenos Aires, donde se adaptaron mas rapido ya que no hay dos paises en el mundo que tengan las mismas costumbres, el mismo idioma y la misma forma de ser de la gente. Uno se caso con una chilena, formo su familia y trabaja hasta hoy en la vecina orilla (como nos decimos nosotros a los argentinos porque solo nos separa un rio como el Rio de la Plata). Otra tia en el ano 1966 emigra a los Estados Unidos, su principio en el pais no fue facil porque tambien ella tuvo la barrera de la lengua, pero sin embargo, se preocupo de terminar el secundario y estudiar un oficio como el de ser agente de viajes. Se caso anos despues con un ecuatoriano y tienen tres hijos nacidos en el nuevo pais, totalmente adaptados a las costumbres del pais. De mis tios emigrados puedo decir que forman parte de una nueva nacion y que vuelven de manera esporadica a visitar el pais pero no para quedarse, mis primos sin embargo no han venido mas que en una oportunidad y no s si volveran algun dia. Mis otros tres tios y mi madre se quedaron en Uruguay, donde se casaron y tuvieron sus hijos. Tuvieron un especial cuidado en ofrecernos la mejor educacion y la posibilidad de terminar el secundario. Puedo decir con propiedad que mi familia es un crisol de culturas porque mis primos, en particular los hijos de mis tios emigrados estan totalmente insertos en la sociedad de su pais y se han ido casando con personas de origenes y religiones diversas. Convivimos en mi familia con gente catolica apostolica romana, testigos de Jehova, judios; americanos, argentinos, australianos, canadienses, chilenos, ecuatorianos, italianos y uruguayos, entre otros. Tambien puedo decir que la mayoria de los primos, debido a la particular atencion que pusieron nuestros padres en ofrecernos una educacion mejor de la que ellos tuvieron llegamos a niveles universitarios, obteniendo titulos de ese nivel - 78 -


Por ello, digo que conozco con propiedad los fenomenos que ocurren tanto cuando se emigra de un pais como de cuando se inmigra a un pais. Estos hechos me hacen comprender a muchas de las personas cercanas a mi que han debido emigrar de mi pais por diversos, motivos, el mas importante, la escasez de trabajo, la situacion politica-economica y la expextativa de querer dar a sus hijos una vida mejor a laa que ellos tuvieron. Yo naci en el seno de las familias descritas anteriormente. Desde chica me inculcaron los valores fundamentales para poder ser la persona que soy hoy, dandole un giro academico a todo aquello que se hacia por haber sido ensenado de generacion en generacion, pero sin el debido fundamento cientifico del por que se hacia de ese modo y no de otro. Recuerdo de chica como nos reuniamos a hacer conservas de alimentos, ya sea tomates al natural, salsa de tomate o tomate fermentado con ajo, cebolla, laurel y granos de pimienta negra; o peras y duraznos en almibar; o dulce de higos, de duraznos, de tomates o de zapallo. Aquellos momentos eran magicos porque nos ensenaban la rutina del trabajo con el divertimento y que importante era ser parte de ese equipo. Recuerdo haber absorbido todo aquello que ciertamente era una ciencia, pasada de generacion en generacion, pero siempre tuve la voluntad de saber porque se hacia de ese modo y si no habia otro mejor. Otra cosa que me inculcaron es el gusto por la produccion ortofruticola, el como plantar, en que epoca del ano plantar y cuando saber si una fruta estaba pronta para cosechar. Anos despues llegue a tener un pequeno huerto donde plante ajo, cebolla, rabanitos, tomates y zanahorias para consumo propio. Ademas tenia castanos, ciruelos, limoneros, mandarinos y naranjos con los que elaboraba distintos productos para el consumo propio. Con las ciruelas hacia mermelada y una bebida alcoholica cuyo gusto y sabor era parecido a una sidra, pero un poco mas dulce. Con los naranjos y limoneros hacia el jugo para beber cada manana, confitura con las cascaras y con el jugo de la pulpa hacia otras bebidas alcoholicas totalmente naturales cuyo color al momento de estar pronta para ser bebido era un anaranjado oxidado; la gente me decia que el gusto se parecia mucho al de un jerez, pero mas gustoso. Las castanas se hacian al horno y en almibar. Tambien llevo en mis genes el placer que me produce conocer todo acerca del vino, tanto asi que hice los unicos dos cursos de enologia que existen a nivel universitario en mi pais, uno en la Facultad de Agronomia y otro en la Facultad de Quimica, cada uno con enfoques distintos. Desde hace seis anos pertenezco al panel de vinos de la facultad, donde fui entre- 79 -


nada para detectar olores y sabores de los vinos. Siempre en la misma disciplina pertenezco en Uruguay al Circulo de Bacco, una organizacion que se encarga de hacer visitas guiadas a bodegas cuyos propietarios son italianos o descendientes de italianos donde se hacen degustaciones de los productos de la bodega, asi como su posterior compra. Cada uno de ellos nos ha contado su propia historia familiar y puedo decir que son pequenas y singulares historias, muy similares a las que ya conte con anterioridad en este texto. Para mejorar mi conocimiento del area entre los meses de noviembre y febrero pasados realice una pasantia en una prestigiosa institucion paraestatal denominada L.A.T.U (Laboratorio Tecnologico del Uruguay). Esta, es la unica institucion nacional encargada de emitir los certificados de producto apto para la exportacion, es decir analizar el producto antes de ser exportado y ver si cumple con los requisitos de entrada al otro pais; y de analizar si aquellos vinos que se importaron cumplen con la legislacion vigente en mi pais. Esta pasantia me dio la posibilidad de degustar vinos que de otra manera no lo hubiese podido hacer. Es una pasantia que hice con mucho placer porque realmente me encanta el tema y me dio la posibilidad de vincularme con autoridades del area. En la Facultad de Quimica, que es donde realice mis estudios, trabajo desde hace doce anos. El primer trabajo que tuve fue en la biblioteca, trabajo que me dio la posibilidad de conocer a mucha gente, estudiantes y profesionales del area y de aprender a realizar busquedas bibliograficas, tanto a nivel de libros y revistas como de internet (en aquellos anos aun no desarrollada en la magnitud de hoy dia). Fue una experiencia enriquecedora, porque me daba cuenta de cuan importante es para la gente recibir la informacion que necesita, asi como de ser el primer eslabon en la investigacion cientifica rumbo al descubrimiento de nuevos medicamentos o de nuevos elementos para aumentar la satisfaccion del cliente y mejorar su calidad de vida. Son contactos que aun hoy mantengo. En el ano 1999 comence a trabajar en otra seccion de la facultad, en las catedras de Analisis Instrumental y de Quimica Analitica Cualitativa. Las actividades que realice fueron diversas, desde administrativas a practicas como la de tener que preparar todo aquello que el estudiante necesita para hacer las practicas en el laboratorio. Esto me brindo la posibilidad de aplicar todo aquello que estaba estudiando y de aprender a vincularme tanto con estudiantes como con profesores. Posteriormente esas catedras y algunas mas se unieron para formar un departamento, esto tuvo lugar como consecuencia de una reestrutura de carreras y de planes que se esta haciendo en la - 80 -


facultad con el fin de permitir la libre circulacion de docentes, materiales y recusos asi como su racionalizaacion. Hoy en dia puedo decir que somos un cuerpo cohesivo, que podemos seguir avanzando y que estoy completamente adaptada a los cambios que se produjeron y a los cambios futuros. Una experiencia inedita a nivel de facultad la implementamos el ano pasado en ocasion de realizarse entre los dias 22 a 27 del mes de mayo fue la Semana de la Ciencia y la Tecnologia, en donde estudiantes de nivel escolar vinieron a nuestro recinto con el fin de recibir una clase sobre Que es la ciencia? Esta experiencia maravillosa nos reporto un mejor conocimiento de la conducta de los ninos y que realmente existe interes a esa edad de conocer mejor ese campo, pero que llegado a un momento en la adolescencia esto se pierde. Nos dio tambien la posibilidad de presentarnos y realizar algunas experiencias en la feria del libro el pasado 7 de octubre. Nos reporto satisfaccion personal ya que se lleno dicho recinto y todo funciono a la perfeccion. Debo decir tambien que desde hace dos anos estoy haciendo investigacion cientifica en la Catedra de Quimica Inorganica de dicha facultad. En estos momentos estoy dedicada a la "Sintesis, caracterizacion estructural y estudio de sus posibles propiedades medicinales de complejos de metales de la primera serie de transicion con antibioticos" como lo son las sulfonamidas. Este trabajo me ha reportado muchas satisfacciones a nivel personal ya que sobre una parte de el realice mi tesis para obtener el titulo el ano pasado de "Licenciada en Quimica" ; ademas mi trabajo junto con el de otras personas ya fue presentado en diversos eventos a nivel internacional como el "XIII Brazilian Meeting in Inorganic Chemistry" y el "Primer Congreso Latinoamericano de Quimica Medicinal". En estos momentos nos estamos abocando a la escritura para la presentacion de un articulo en una prestigiosa revista de nivel internacional. En estos 32 anos que llevo de vida he vivido diversas experiencias que me han hecho crecer para llegar a ser la persona que soy hoy en dia. Experiencias como el escuchar a mis abuelos de la nostalgia que sentian por no poder estar en sus tierras de origen, por no poder oler la fragancia en particular de una flor que crecia en aquel lugar; o ver hacer pasta casera todos los domingos o ir a misa todos los domingos; o aquellas de no hace mucho tiempo atras en donde nos sentabamos una tarde de domingo para hablar al exterior (era un proceso que a veces llevaba toda la tarde, ya que no existia internet ni los medios de comunicacion que la acompanan) ; experiencias como la de hacer las conservas; o como la de ser parte - 81 -


querida e importante en mi familia (lo se porque a las reuniones familiares va mucha gente y se tienden puentes de amistad). Siento que llevo en mi sangre todas las experiencias, sentimientos, emociones y parte de la vida de todo aquello que mis predecesores vivieron. Soy lo que soy por todo lo que mis antecesores han hecho .... por ello Salute!!!! Y gracias.

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FERNANDO SEBASTIAN TOPPI (URUGUAY)

Io sono Fernando Toppi, figlio di Sebastiano Toppi che è un emigrato campano che è nato in Brusciano, provincia di Napoli. Lui è arrivato in Uruguay nel cinquanta dopo la seconda guerra mondiale. Io sono nato il 23 di dicembre di 1980. Quel giorno i miei genitori erano molto felici per la nascita del loro primo figlio. I primi tre anni della mia vita noi abitavamo a La Paz, che è un piccolo paese vicino alla città di Montevideo. Tre anni dopo noi abbiamo cambiato casa e siamo andati ad abitare a Colon, un quartiere nella periferia di Montevideo. Noi abitavamo in una casa grande con un gran giardino, pertanto io ho avuto una infanzia felice perché avevo un bel luogo per stare con i miei amici, e tutti i miei compleanni li festeggiavo nella mia casa. Io ho imparato tutte le tradizioni italiane che mio padre mi ha insegnato. Ricordo quando ascoltavo mio padre parlare il dialetto napoletano con la mia nonna e imparavo alcune parole. Mio padre faceva prodotti tipici in casa, ma questo secondo me per due motivi: per motivi economici, perché erano migliori di qualità, ma anche per mantenere la tradizione italiana in famiglia. Io ricordo che aiutavo a fare il vino e la salsa di pomodoro: pestavo l'uva con lui e con mio nonno. Per la salsa io e i miei fratelli tagliavamo il pomodoro e dopo mio padre e mia madre facevano il resto del lavoro. Questa era una attività molto buona perché aiutavo la famiglia. Noi eravamo una famiglia che non aveva una buona situazione economica, e mio padre e mia madre lavoravano tutto il giorno. Nonostante questo mi hanno mandato a una scuola privata perché volevano per me una buona educazione. A scuola era un buon alunno ma facevo anche altre cose: in particolare praticavo il calcio, che piaceva molto a me ed a mio padre. Noi siamo tifosi di Penarol, che è una squadra che ha una tradizione italiana e si chiama cosi a causa di un paese della Liguria con questo nome. Noi andavamo allo stadio a vedere questa squadra uruguayana ma quando - 85 -


c'era una partita della nazionale italiana tutta la famiglia si riuniva a casa e mangiavamo la pizza e bevevamo vino buono fatto in casa. A casa si mangia sempre la cucina tipica italiana, e ogni ventinove del mese mangiamo gli gnocchi che mia madre prepara anche se lavora tutto il giorno. Io sono sempre stato orgoglioso di essere figlio di italiani perché l'Italia è un paese con una lunga tradizione storica, in particolare i napoletani, perché sono persone accoglienti e calorose. Dopo la scuola io sono andato ad un liceo religioso per ricevere un' educazione cattolica; altra cosa che i miei genitori hanno voluto per me e miei fratelli. Da quando avevo otto anni ho fatto parte di una associazione scout, un attività sociale che mi ha permesso di conoscere gente diversa da me e condividere con loro molte esperienze sia di tutti i giovani che le avventure in montagna durante l'estate. Dopo il liceo io ho avuto la possibilità di andare in Chile per un incontro Scout Mondiale; questa è stata una grande esperienza per me, perché ho avuto la possibilità di conoscere gente di tutte le parti del mondo. Lì ho conosciuto molto giovani italiani, ho parlato con loro e ho scambiato alcuni ricordi: è stata una opportunità per parlare un po' l'italiano perché non lo conosco bene. Durante il liceo ho instaurato tantissime amicizie e raccontavo a loro la mia storia familiare. Nel primo anno, durante una lezione di geografia, ho portato in classe una pietra vulcanica del Vesuvio che la mia famiglia ha conservato per tanti anni. A.E.R.C.U (Associazione Emigrati Regione Campania in Uruguay) Questa Associazione è stata fondata nel 1986 come conseguenza di un iniziativa promossa dalla Regione Campania e fu costituita come associazione. AERCU riunisce campani e discendenti di campani, e realizza attività prevalentemente culturali e di riscoperta delle radici campane. Oggi l'associazione è guidata dal signor Elio Sottomano, nato a Salerno e un direttivo composto da giovani (Federica Raso, Veronica La Rocca, Jaqueline Zoppi e io) e altri nati proprio in Italia come Mario Norino, Rosina Galzerano, Carmelo Giordano e Luisa Pessolano. Le attività culturali che sviluppa l'associazione sono quei corsi di lingua e cultura tradizionalmente campana, corsi di danza per bambini e adolescenti, pranzi, etc. Io sempre sono stato interessato in a partecipare con la AERCU, ma non - 86 -


avevo tempo per partecipare, pertanto nel anno 2002 quando io stavo facendo un corso di italiano, ho parlato con il mio professore, che era un membro della AERCU, e gli ho detto che volevo essere parte dell'associazione. I primi anni nell'associazione non è stato facile perché non c'era confidenza con il resto delle persone, ma poi ho fatto amicizia con tutti. Mi piace molto lavorare nell'associazione facendo tanti tipi di attività; è un lavoro onorario perché è un lavoro che si fa con il cuore. Nel 2005 ho fatto parte della organizzazione di un evento culturale molto importante chiamato "Scetate Napule" (Svegliati Napoli) svolto al Cavillo di Montevideo. Ci sono stati diversi spettacoli con il fine di promuovere e informare circa la Regione Campania in Uruguay. È stato molto difficile questa attività, ma l'ho fatta con molto piacere perché mi ha permesso di aiutare a crescere la AERCU in Uruguay. C'era un cuoco italiano famoso che lavora nella Tv argentina, che si chiama Donato, che ha fatto una dimostrazione facendo cucina tradizionale campana. C'è stata anche una mostra di pitture e sculture di persone discendenti di campani. Infine un spettacolo di danza tipica italiana fatto dal gruppo di danza "Stelle Campane". Da 2006 sono parte integrante di AERCU. Dal 2006 ho lavorato nella segretaria administrativa di AERCU. Qui ero incaricato di organizzare le riunioni del direttivo e per i pranzi, far conoscere le varie attività che esistono nella associazione ( gruppo di ballo, lezioni di italiano, pranzo, etc). Queste attività sono molto importanti dal punto di vista economico per la AERCU, ma anche attività sociali, perchè permette a tutte le persone dell'a Associazione di lavorare insieme: mentre si prepara il pranzo, si parla di diverse tematiche, così le persone riescono a conescersi meglio. Dal 2006 vado a lezioni di lingua e cultura italiana nell' AERCU: questo mi permette di aumentare la mia conoscenza sulla cultura italiana ed anche di imparare l'italiano. Il gruppo è molto unito e organizziamo passeggiate a Montevideo e parliamo l'italiano. A novembre del 2005 il gruppo "Stelle Campane" dell' AERCU participa nell' incontro collettività a Rosario, in Argentina. È stata un'esperienza veramente importante per l' associazione e anche per me. Non solo abbiamo rappresentato la cultura campana - uruguayana, ma anche abbiamo conosciuto diverse culture. Mi sono molto emozionato quando il nostro gruppo di ballo ha fatto il suo - 87 -


spettacolo perchĂŠ tutte le persone hanno gradito il lavoro svolto. L'anno scorso mi sono laureato in Giurisprudenza e questa esperienza mi ha riempito di felicitĂ a me e alla mia famiglia, specialmente mio padre, per il fatto di essere un immigrato campano che non ha avuto la possibilitĂ di studiare all'universitĂ .

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GEORGE DOMINIC CIPOLLONE (STATI UNITI)

I miei genitori sono italiani. Loro vengono dalla Regione Campania. La mia mamma era nata in un piccolo paese che si chiama Sacco nella provincia di Salerno. Mio padre è nato in un piccolo paese che si chiama Gallo Matese in provincia di Caserta. Dopo la seconda guerra mondiale, quando il sud dell'Italia è stato rovinato, la famiglia di mio padre ha cercato di lasciare l'Italia per una vita migliore all'estero. La sua famiglia ha lasciato l'Italia per l'Argentina quando lui aveva soltanto due anni. Per undici anni mio padre ha abitato in Argentina. Poi la sua famiglia ha avuto l'opportunità di andare negli Stati Uniti. Loro sono arrivati a New York che indossavano i vestiti d'inverno durante l'estate. Lui non sapeva una parola in inglese ed alla scuola stato messo in una classe con gli altri studenti d'immigrati. La mia mamma è rimasta in l'Italia finché lei aveva quattordici anni. La famiglia di mia madre ha saputo dei paesani che sono venuti a New York e loro volevano abitare negli Stati Uniti. Il padre di mia madre era un carpentiere, lui ha preso un lavoro nella città di New York. La mia mamma è entrata dentro una scuola superiore. Lei ha incontrato molti studenti come lei che erano dell'Italia. Una ragazza è diventata l'amica migliore. Lei si chiamava Caterina ed abitava da un piccolo paese nella Regione Campania prima di venire a New York. Oggi ancora sono amici. Un giorno mio padre ha visto per la prima volta mia madre sulla sua via del lavoro. Lei stava lavorando dentro un negozio che vendeva i vestiti per le donne. Con la scusa che aveva bisogno di comprare un regalo per sua madre, ha chiesto lei per l'aiuto. In quel momento ha chiesto a lei se amerebbe uscire con lui una serata. Lei ha accettato. Dopo sei mesi insieme loro si sono sposati. Due anni dopo di matrimonio i miei genitori hanno fatto la prima figlia. Lei si chiama Roseanne. In 1978, due anni dopo che era nata mia sorella, sono nato. Io sono nato nella città di New York. The borough of New York that I was called was Bronx. I grow up in a neighborhood of the Bronx that was called the Morris Park area that was mostly Italian- Americans. Italian-American neighborhoods (are often referred to as 'Little Italy') one can find festive celebrations such as the well known San Gennaro Feast in - 89 -


New York City or the unique Our Lady of Mount Carmel "Giglio" Feast in the Williamsburg section of Brooklyn, New York. Italian feasts involve elaborate displays of devotion to God and patron saints. The most widely known is St. Joseph's feast day on March 19th. Feast (Festa in Italian) is an umbrella term for the various secular and religious, indoor and outdoor activities surrounding a religious holiday. Typically, Italian feasts consist of festive communal meals, religious services, games of chance and skill and elaborate outdoor processions consisting of statues resplendent in jewels and donation. I was five years old when I first visited Italy. My first experience in Italy was during the summer when all the Freast are celebrated in each town or city. I remember that my first experience was meeting my Italian cousins for the first time and marching through the streets of my mother's hometown of Sacco with plastic instruments alongside a real marching band. I remember witnessing a statue of La Madonna being carried from the church to the highest point of the town and my cousins and I marching alongside with plastic instruments. My cousins and I enjoyed the caravel games that followed the evening events. One morning my family and I decided to trek through the park of the Cilento. During this trek my cousin Luca was bitten by a poisonous snake and had to be rush to the hospital. I remember we had to travel a long distance to reach the closes hospital. The outdoor markets were on Saturday's and parents decided to get matching blueberry shoes that all Italian kids were wearing at the time. My first impression of the town of where my mother is from and of Italy is family, love, and memories. The second time that I visited Italy was in 1990 when I was ten years old. It was shortly after the World Cup had ended, however, in every small town in the Regione Campagne was decorated in the tri colors of Italy. On this trip my family went to swim in the Mediterranean Sea and I broke my arm falling down a stone staircase. I remember it took my parents a couple of hours to arrive at the nearest hospital. I was in a lot of pain and I had to wait three days to receive a cast for my broken arm. Despite being a cast I learned how to play scoppa with Napoleone Cards. I used to try to imitate the older man from Sacco when they used bang the table really hard when they score una scoppa. The third time that I was in Italy I first experience going to a Football game in the neighboring town called Piaggine. We used to go to all the games that the Sacco team played in at halftime we would get a bite to eat at the concession stand. The pizza was always good. Even though, we did - 90 -


not win the championship that year it was always an event to participate in those events. On this trip I learned how enjoyable life really is for someone that lives in the small of la regione campagna. Today, I am very interested in keeping this tradition still intact for those like myself that always want to feel that the la regione campagna remains somewhat the same despite technological developments such as in areas such as tourism. I have had the opportunity to visit my mother's town when I was very young. There are those in the United States who want to experience the same type of experience because it very important to our identity. For that reason I am writing my story to reach those that yearn for these experiences. The development of tourism needs to attract people to places like Pompeii but also needs those are want to experience the place of the origins.

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STEPHANIE KATE RAPA (GRAN BRETAGNA)

Questa mia riflessione sull'emigrazione dei miei genitori in Gran Bretagna parte da lontano, cioè dalla partenza di mio nonno Gennaro De Piano, che lasciò il suo paese, Serino, in provincia di Avellino nel 1953. In quell'epoca non doveva essere facile trasferirsi con tutta la famiglia, e da solo si avventurò in un paese di cui non conosceva nulla, neanche la lingua. Spesso, ancora oggi mi racconta quanto gli è successo, e mi fa venire in mente quanto sia stato difficile per lui adeguarsi a degli usi e costumi differenti da quelli del proprio paese e della prorpia famiglia. Mia madre aveva appena pochi anni a quell'epoca, credo quattro o cinque; fu molto difficile per mia mamma. Doveva abituarsi ad un sistema diverso; a scuola, spesso veniva additata come straniera, e spesso in un angolo da sola a mangiare quello che la mia nonna le aveva preparato. Quando io andavo a scuola, da piccola, era molto diverso: avevo degli amici, e non sono stata mai lasciata da sola perchè ero italiana. Tutti sapevano che ero un po' diversa, anche perchè fisicamente non ero come loro; ho la pelle scura, i capelli castani e si notano molto le mie origini mediterranee. Questo piaceva a tutti perchè pensavano che fosse una cosa bellissima, perchè parlo italiano, mangio bene ed ho una diversa mentalità. Spesso i miei amici mi domandano se possono venire a mangiare a casa mia, e vogliono che racconti loro com'è l'Italia. Mia mamma col passare del tempo si è integrata bene, si può dire che oggi è inglese, ma guai a chi offende il nome dell'Italia, ed anche per me è la stessa cosa. Mi piace il fatto che sono diversa dagli inglesi, soprattutto perchè ho delle regole morali. Purtroppo la vita dei giovani oggi è diversa, perchè loro hanno ben poche regole morali che rispettano. Sono sempre cresciuta in una famiglia che si vuole bene, che fa sacrifici per ogni membro della famiglia. I giovani di oggi non fanno questo, non hanno rispetto per loro stessi e per la prorpia famiglia. Non pensano al futuro, sono molto egoisti. Noi italiani siamo caldi di carattere, ma a Londra i giovani non sono così. Loro pensano che il Governo risolve sem- 93 -


pre i loro problemi. Inoltre, non sono stati educati a dei valori. Non sono coscienti e non fanno molti sacrifici, anche perchè sono cresciuti in un posto dove hanno di tutto eo di più. C'è anche un po' di storia di emigrazione da parte di mio nonno Domenico Rapa che, a differenza di nonno Gennaro, partì nel 1950 per andare nelle miniere del Belgio, a Charleroi, ma non riuscì a resistere a lungo,e dopo alcuni mesi ritornò al suo paese, San Potito Sannita, in provincia di Caserta, ma lì faceva la fame, e dovette emigrare nel nord dell' Italia, precisamente in Lombardia, a Samarate, in provincia di Varese. Anche a Samarate, l'integrazione non è stata facile. Ci vollevo molti anni di sacrifici e di bocconi amari, come spesso ripete mio nonno Domenico. Per cercare di dare un'educazione scolastica ai figli, spesso si è dovuto soffrire in silenzio alle angherie dei locali e, come spesso dice, mangiare solo pane ed acqua, per risparmiere qualche lira per farsi la propria casa. Mio padre, invece, dopo aver fatto i suoi studi in economia e commercio, partì da Samarate nel 1974 per la Gran Bretagna, per continuare gli studi e perfezionare il proprio inglese. Forse non doveva rimanere molto, ma incontrò mia madre, ed ancora oggi si trova in Gran Bretagna. Infatti, gli italiani pensano che è molto strano che una persona del nord stia con una persona del sud, perchè sono diversi sia per come parlano sia per i comportamenti che hanno.So che non fu facile neanche per lui, ma la voglia di imparare una lingua nuova, e la voglia di imporsi nella società, ha fatto sì che oggi sia io che mio fratello maggiore siamo stati educati dai nostri genitori a rispettare le istituzioni e i nostri simili, senza distinzione di razza o religione. Oggi mio padre è Console Onorario d'Italia a Watford, e si occupa dei nostri connazionali, in una circoscrizione che ha una comunità di oltre 2500 italiani, che dialoga spesso con le istituzioni inglesi affinchè ci sia sempre più integrazione e meno differenze. E' stato promotore di un gemellaggio tra le città di Fano, in provincia di Pesaro e Urbino, e St. Albans (Herts). Questo gemellaggio consisteva nel portare a Fano delle persone da Londra, sia italiane che non italiane, soprattutto gli italiani che non sono mai stati nei loro luoghi di origine, che infatti in molti non hanno mai visto. Questo per far conoscere il proprio paese, i prodotti locali, come per esempio il vino ed il formaggio fatto in casa; ma anche questo vuole essere come un passaparola, cioè il riportare le testimonianze di queste persone che, essendo state in Italia grazie a questa iniziativa, dovranno invogliare che ancora non ha intrapreso questo viaggio,a nche per far aumen- 94 -


tare il turismo in partenza dalla Gran Bretagna verso l'Italia. E' un motivo di orgoglio avere sulle tabelle dei paesi inglesi la bandiera italiana ed il nome della città gemellata, anche per ricordare le nostre radici. Sull'esempio del ruolo di mio padre, vorrei continuare queste tradizioni, anche perchè è lui ad invogliarmi, poichè lui ha guadagnato molto rispetto dalle comunità italiane presenti in Inghilterra. Il mio sogno sarebbe di vivere in Italia, perchè ci sono dei bei posti, c'è una buona cucina, le persone sono ospitali ed affettuose. In Inghilterra è diverso: per esempio, io posso avere un gruppo di amici, ma non siamo sempre insieme, il gruppo è sempre separato. Gli italiani, invece, si chiamano per stare tutti insieme perchè sono più uniti, perchè si vogliono bene, non sono freddi. Ogni volta che vengo in Italia mi sento sempre in famiglia, anche con le famiglie dei miei amici, mi sento tranquilla e rilassata. Ho un'amica, Raffaella, di San Giuseppe Vesuviano: chiamo sua madre "mamma" e per lei sono come una figlia. Altro motivo per cui mi piacerebbe vivere in Italia è per la presenza del mio fidanzato, Francesco, che vive a San Gennaro Vesuviano. Questa nostalgia deriva dal fatto che ho vissuto un anno e mezzo in Italia, a Fano, da sola, per via del gemellaggio tra Fano e St. Albans. Lì lavoravo coem estetista. Da questa esperienza porto dei ricordi belli. La differenza che ho risocntrato tra Fano e le città campane che conosco sta nella maggiore freddezza dei rapporti. In Campania mi sento più a casa, così come deve essere. Non mi sento come un pesce fuor d'acqua, ma uguale a tutti gli altri amici campani. Anche in Inghilterra dico che mi sento più italiana che inglese, anche se nata in Inghilterra. In Gran Bretagna i campani sono la seconda comunità più numerosa, dopo quella siciliana. Noi giovani siamo integrati, ma vogliamo mantenere i nostri contatti con l'Italia, in particolare con i nostri paesi di origine, quelli dei nostri nonni, perchè li sentiamo comunque nostri paesi, ma spesso ci scontriamo con dei problemi che non riusciamo a capire, come la lentezza della burocrazia e delle attività giornaliere dell'Italia, di una politica di governo difficile a capirsi. Ho molti amici italiani, e tutti mi dicono che sono fortunata a vivere in un posto dove ci sono più opportunità e risorse economiche; io però non riesco a farmi capace come mai nel paese della storia, della cultura, del mare, delle bellezze naturali, non si possa godere di quella pace e fraternità che noi italiani abbiamo esportato all'estero. Ringrazio la Regione Campania per l'invito che mi è stato dato per parte- 95 -


cipare a questo corso; ringrazio inoltre tutti i relatori e gli altri partecipanti, e sono sicura che questi giorni arricchiranno il mio bagaglio di conoscenze. Grazie.

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REBECCA BAGNARA (AUSTRALIA)

Italians have been migrating to Australia since 1788, however, the Italian migration peaked post war, with most Italian migrants settling in Australia between 1949 and 1970. Italians came to Australia in search of a better life, fleeing from war, persecution and poverty. It was with tremendous courage that they ventured to a foreign country, with a foreign language that would later become their home. Australia is a vast and spacious country and the distance between each state meant that Italian populations around Australia were unique. Often Italians already in Australia would sponsor family and people from the same town to come into Australia, meaning that persons from the same town would settle in the same area forming little networks and communities. For example, many Sicilians were in the Eastern states and would sponsor family and friends to come out, resulting in a large Sicilian population settling in the Eastern states and only a small Sicilian population settling in South Australia. Prior to the war a large Molfetta population settled in rural South Australia, namely Port Pirie, where many would work as fisherman, later having a great influence on the fishing industry. Given these differences it is only fair that I concentrate on the Italian population in South Australia, given that is where I am from and can speak with confidence of only this population. Prior to the war the largest regions of origin in South Australia were Veneto (29.2%), Calabria (20.5%), Puglia (11.6%) and Campania (9.6%). However, post war the make up of the region of origin of Italian migrants changed dramatically, with Campania being the largest region of origin (27.9%), followed by Calabria (23.5%), Veneto (10.5%), and Abruzzo (8.6%). The largest town of origin within the Campania region is Altavilla Irpina, Provincia di Avellino, followed closely by San Giorgio La Molara, Provincia di Benevento. The mass migration experienced post war had a life changing impact on South Australia. The homogenous society in South Australia was faced with their ideals and beliefs being challenged. A white Anglo Celtic community were being challenged by the invasion of a new culture. The lack of the English language, illiteracy, colour and their foreign language and - 99 -


culture were all seen as inferior characteristics and unwanted flaws that were not going to be tolerated. This intolerance grew to racial hatred and discrimination that led to many Italian migrants being mistreated and unfairly victimised. However, in the face of adversity, Italian migrants stood tall and continued to work hard, ensuring they could build their home and provide for their family. Many migrants sponsored family and friends to come out to Australia, meaning that they would often provide for family and friends who would be boarding with them. Many migrants worked and lived in the market garden areas; being the North Eastern and Western suburbs of Adelaide. As a result the two areas formed two distinct communities, often mirroring each other. Adding to the development of these two areas as Italian communities was the construction of a Roman Catholic Church in the heart of the two communities. Later in the 1950's and 1960's other migrants capitalised on the Italian domination and set up Italian businesses such as pizza bars, cafĂŠs, Italian restaurants, Italian style butchers and other Italian owned businesses which not only offered Italian produce and brands, but also provided employment for many Italians. With the development of many Italian clubs and associations, these two areas created two "little Italies". Despite these two "little Italies" offering a taste of Italian culture, it was predominantly Italians who were the consumers, offering a familiar lifestyle that would provide comfort and support in their new homeland. The density of the Italian population in these two areas was astounding, but none more so than that of the North Eastern suburbs. According to the 1991 Census, the Italian population in the North Eastern suburbs of Adelaide particularly that of Payneham and Campbelltown Local Government Areas had a population of 12%; that is one person out of every eight persons in the area were Italian. Second generation Italians who would attend school during the 1960's and 1970's were subjected to racial discrimination and school yard bullying, however, it was through those Anglo Celtic students who befriended Italians that the slow process of acceptance would begin. Many were teased and bullied in the school yard for having smelly salami sandwiches and other strange foods, or for having funny habits, or limited English ability, yet in some schools, particularly where Italians were the majority of students and Anglo Celtics became the minority they played together and became friends, resulting in white Australians being introduced to the Italian culture. As a result of many second generation Italians being so desperate to fit in, - 100 -


like all young people, many would rebel by refusing to speak Italian at home and change their behaviours so as to fit in better with their Anglo Celtic fellow students. Many married non-Italians, joined the work force made more non-Italian friends and denied their Italian heritage. As a result their children were raised with different ideals, often causing friction with the first generation Italians due to conflicting beliefs. Italian migrants continued to assimilate into Australian culture and Australians were slowly being introduced to the Italian culture through food and Italian quality products, yet it was only in the 1980's that Italians started to become more accepted among the wider Australian community. More to the point, Italians became accepted once the new wave of migrants commenced. It was the "Asian Invasion". White Australians became fearful of Asians and consequently, Southern Europeans were now deemed to be part of the wider society, giving way to the new concept of multiculturalism and living in a multicultural society. During the 1990's Italian culture became fashionable with the introduction of dining alfresco and more Italian brands and fashion made their way into mainstream fashion. It is at this point that third generation Italians become interested in reconnecting to their Italian heritage and roots. Entering the new millennium, young Italian Australians, now third and fourth generation Italians are identifying themselves as having an identity crisis, referring to the double identity of being Italian and Australian and having to find a way to live with both identities simultaneously, despite many conflicting issues arising where the two cultural beliefs are at odds with each other. Today young Italian Australians have embraced their multi identity being proud of their Italian heritage and grateful for the opportunities Australia offers them. However, they also want to move away from the stereotype of fast cars, fashion and spaghetti being Italian culture. It is time to move forward and show Australia that there is more to Italian culture than such superficial symbols. Italians are one of the largest ethnic communities in Australia; however, in South Australia they are the largest ethnic community. South Australia is the state with the largest ageing population and with the highest settlement period for Italians being between 1949 and 1963, it is no surprise that the largest ageing ethnic community in South Australia is that of the Italians. The Italian population has the highest ageing growth rate in South Australia (double the growth rate of the wider population in South Australia). Therefore, one of the largest issues in Australia, but particu- 101 -


larly that in South Australia is the access of aged care services and culturally appropriate aged care services for first generation Italian migrants. Italians have contributed greatly to Australia; one only needs to walk around and there are Italian influences on every street corner. The greatest influence has been that of Italian food. Post war many Italian migrants opened up the first pizza bars, cafĂŠs, Italian restaurants where Italians could take comfort in familiar smells and tastes. Many of these places would become icons in the history of Italian migration to Australia as they formed meeting places for Italians to be with similar people who spoke the same language and could provide support for each other and a sense of belonging, which is very important as Isaiah Berlin stated in 'Two Concepts of Liberty' "When I am among my own people, 'they understand me, as I understand them; and this understanding creates within me a sense of being somebody in the world.' To belong is to understand the tacit codes of the people you live with; it is to know that you will be understood without having to explain yourself. People, in short, 'speak your language'." Later these eateries became popular venues for non-Italians to experience good quality Italian cuisine aiding not just tolerance, but acceptance of Italians in Australia. Much of the urban planning in the cities of Australia needs to be credited to Italians with many piazza style areas being created giving a new sense of space as the Italian influence utilized the spacious characteristic of Australia. Long before the fashion of Tuscan style villas were introduced over the past decade, Italians also influenced the construction of housing. Many Italians were in the construction business, thus influencing houses they built, but the largest influence was the quality of the houses built and their attention to detail. Many streets have been named after influential Italian families or given an Italian name in honor of important Italians in the community. Italians have played an instrumental role in sports in Australia. During the 1950's soccer was first introduced to Australia. In South Australia the Adelaide City Soccer Club was formed and many great players have cemented their place in history. Italians also were involved in cycling and athletics as well as an array of other sports. In an attempt to fit in with the wider society, many Italians took up the sport of Australian Rules Football and as a result have made a large contribution to the national sport. Many of the great icons have been Italian migrants and their descendants. Religion is an important part of the Italian culture which has impacted on the wider community, none more so than the religious feasts celebrated - 102 -


throughout the year. This has sent a public affirmation of the religion as well as demonstrating the Italian culture to the wider population who have over the years come to enjoy the experience. Prior to the 1960's only one school in Adelaide offered the Italian language as a subject. Since then, the Italian language has slowly been offered at a primary, secondary and tertiary level to today being taught at over 200 schools. Italians have over the years contributed greatly to the arts with various artists being Italian migrants or of Italian heritage. In South Australia Italians have contributed immensely to commerce and industry. In a climate that is similar to the Mediterranean, South Australia has become the wine state of Australia. Many Italian migrants have developed the wine industry and introduced many Italian grape varieties. The Olive industry has developed substantially over the last decade. Australia's love affair with everything Italian today has meant that there has been a boost in Italian commerce and industry. My name is Rebecca Bagnara, I am 25 years old, born in Adelaide, Australia and am third generation Italian. All my grandparents were born in Italy; on my father's side, my grandmother was born in Larino, provincia di Campobasso, my grandfather was born in Altavilla Irpina, provincia di Avellino and on my mother's side, both my grandparents were born in Altavilla Irpina, provincia di Avellino. On my father's side, my grandfather had decided to venture to Australia, like many others, in search of work and a better life. Given many others from Altavilla Irpina had made Adelaide their home, he chose to do the same in 1950. Once in Australia, he boarded with others from his village and those who had already been in Australia for some time assisted him in finding work. With no English, the only work he could get was in the labour force in a factory. He found himself with many others at Holdens, an Australian car manufacturer. Once he had set himself up and was settled, he, like many others married by proxy. My grandmother married in 1955 in Italy with a relative standing in my grandfather's place. Once married, my grandmother came to Australia in 1956 and they met for the first time as she stepped off the boat, there was not an instant attraction, in fact, just the opposite, my grandmother took one look at my grandfather and wanted to jump back on the boat and return to Italy. The only problem was that she had no money to get a ticket back to Italy and what was she going to do if she returned. They had their family; they had 6 children, my dad being their third. They coincided in the same household, - 103 -


however, they were never really happy as they did not love each other and my grandmother resented my grandfather her whole life. Once their family was older they decided to separate and live their own lives. Failed proxy marriages are common, many separated after raising their family, but many stayed together, living miserably their entire lives. I believe this has a profound effect on everyone involved as it raises many important issues. I think there is a greater emphasis on the need to meet the right person, rather than marrying for convenience. The important message is to be true to yourself and to have the courage to do what is right. The separation of my grandparents was a pivotal moment in my life. I have mixed emotions about the event as it is obviously not nice to experience a marriage breakdown, however, in a time and place with a culture that did not approve of separation as the marriage of two people is sacred and you must stay together no matter what, show great courage for my grandparents to separate. There is no point living two lives together miserably when they can go their separate ways and live their lives the way they choose. Proxy marriages were truly a marriage of convenience, in my opinion, making a mockery of marriage in the first place and do not approve of them at all. On my mother's side, my grandparents lived in the same building and were childhood sweethearts. They dated and later married in 1956. With no job opportunities, my grandfather decided he wanted to go to Australia and build a life for his new family there. My grandfather left for Australia three days after their wedding leaving my grandmother with her parents. He was to go to Australia, find work and get settled and then call for her. When he went to Australia he found it difficult and took some time to get settled. He too worked at Holdens and boarded with others from their village. It took my grandfather two years before he called for my grandmother to come to Australia. In 1958 my grandmother went to Australia. They continued to board with three other couples, but a year later they started their family of three, my mother being the first, and they soon moved out and looked for their own house. With both my parents being born in Australia and educated in Australia, they were more comfortable speaking English at home. My grandparents had a fabulous idea to ask the grandchildren to speak only in English to them so that they can learn English, however, they forgot about the importance of the grandchildren learning Italian. Despite this, by the age of 5 I could already understand most Italian as I seemed to have a passion for the - 104 -


language and culture from the day I was born. This set me apart from my sister and cousins as they never really picked up the language. Throughout my school life I also made a point of studying Italian and over the years I have participated in courses that discuss the history and culture of Italy and in particular the Campania region, my family's region of origin. I also chose to study Italian at a university level, but after my first year at university, despite all my studies and efforts, I felt I was not at the level that I wanted to be at. I wanted to be fluent in Italian and have as high a proficiency in Italian as I do in English. There was only one way to do this and that was to completely immerse myself in the language. Since I did not have the opportunity to travel at the time, I did the next best thing, I rang around the Italian community asking to please volunteer somewhere I would have to speak Italian. I was sent to the Co-ordinating Italian Committee. The Co-ordinating Italian Committee is a not for profit welfare agency that provides assistance to the elderly and disabled in the Italian community. It ensures that they receive adequate services and through social interaction they are able to live in a meaningful manner. It also allows them to maintain their independence and prevent or prolong their need to go to a nursing home. Many Italian migrants still have very limited English skills and when people age they revert back to their native tongue, therefore the Co-ordinating Italian Committee provides language assistance and ensures that they are able to access all service in Australia. Volunteering at the Co-ordinating Italian Committee was the pivotal turning point in my life. Through speaking to the elderly clients I grew an even larger appreciation for Italy, the language and culture. I had a new found appreciation for our migrants who came out, leaving everything and everyone behind to venture to a land unknown in the hope and search for work and a better life. Many needed to raise their family in a place that could offer them more opportunities than were offered to them and sincerely believed that one day they would return to Italy, their homeland. However, once they set up these lives for themselves and their families were taking up the opportunities presented to them, they no longer wanted to return to Italy, nor could they as they had set their roots firmly into Australian ground. Through listening to their stories, I discovered and appreciated the wisdom and knowledge that our first generation Italians have. They became like my extended family and my involvement in the organisation increased to organising outings and special events for them, becoming a - 105 -


program co-ordinator and later a board member. The last 18 months, however, was when I became the manager of the organisation and faced many challenges, many being conflicting generation and cultural differences, but I found through these various challenges a new found respect for each other. The Co-ordinating Italian Committee also run the largest Italian festival of its type in South Australia and is unique in all of Australia, Carnevale in Adelaide. It is the one time in the year that all the regional associations come together and work collectively to promote and celebrate the Italian culture in South Australia. There are regional associations who cook regional cuisine for the weekend. There are hundreds of volunteers who are preparing the food months ahead. For two months prior to the Carnevale, volunteers are making hundreds of kilograms of pasta by hand, preparing pizza bases and preparing the design of their tent. They do an amazing job and the fruits of their hard work are finally realised on the weekend. Other associations provide a cultural participation, whereby they showcase a piece of culture from their region. For example, there has been photo exhibitions, art exhibitions, and costumes. Each year the various regions also talk to their region in Italy and we have been fortunate enough to receive a cultural participation from Italy. For example, we have had a master ceramist from Gubbio, who provided workshops and demonstrations as well as an exhibition of his works, we also have had gli sbandieratori from Umbria and Faenza come and perform. Each year there is at least one singer from Italy who comes and sings classic Italian songs. We also have many local artists who perform Italian Australian comedy, music, theatrical performance, and dance. Being involved in the organisation of Carnevale in Adelaide, to me, is a way of celebrating my Italian culture and heritage. It is also about promoting the Italian culture to the wider community, allowing them to enjoy a taste of Italy, as well as providing homage to the migrants who are now elderly and require a range of services and assistance, which the profits go towards providing. Once getting involved with the Co-ordinating Italian Committee and Carnevale in Adelaide, I began to get involved in other associations. I became a member of Australia Donna, an association that celebrates the contribution of Italian and Italian Australian women in Australia, be it through art, literature, health, community services, etc. Australia Donna essentially run a website that promotes - 106 -


I soon became involved in Giovani Campani in SA and Giovani SA, both Italian Australian youth associations that aim to promote and maintain the Italian language and culture as well as providing a mode of social interaction with people of similar background, culture, ideas and beliefs. These various associations provided an outlet for me to learn more about the Italian community and culture while pursuing issues which I was passionate about. As I became more and more involved I became more passionate about these issues. However, through my involvement in the Italian community, it was the encounters of various persons, the stories I heard and the experiences that I hold most dear. Each person I met, each story I have listened to, each experience that I have had have all had an impact on me and shaped be to be the person I am today. I started out wanting to practice the Italian language and found an appreciation for the Italian community, the migrants and their stories. As a result, I gave more of myself, volunteering and working more in the Italian community to eventually paying homage to our forefathers. As I became more involved, I received more back and am truly grateful for each person I encountered, for each story that I had the privilege of listening to and each experience has helped shape my Identity as an Italian Australian.

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ANALISI DELLE INTERVISTE AI GRUPPI DIRIGENTI E AI DELEGATI CAMPANI AI CONGRESSI NAZIONALI NEI PAESI DI EMIGRAZIONE a cura di Francesco Calvanese e Grazia Moffa * 1. Premessa E' difficile approfondire tutti i punti di un certo rilievo emersi in seguito all'indagine e che sono stati oggetto di conclusioni, seppure parziali. Pertanto ci si soffermerà sugli aspetti e le problematiche di maggiore utilità, ai fini della politica migratoria, per la Regione Campania. Sul piano metodologico, l'approccio globale allo spazio internazionale caratterizzato dall'emigrazione campana, nei due versanti del Paese di partenza e del Paese di arrivo, pur considerato nell'elaborazione del questionario, fa solo da sfondo all'analisi più diretta mirante ad evidenziare le particolari qualità dei delegati campani ai Congressi, al fine di individuare un certo numero di relazioni e corrispondenze, attive e/o potenziali, tra i paesi di emigrazione e la Regione, oltre che la più recente evoluzione delle caratteristiche degli stessi delegati, verificando se siano portatori di nuove istanze e di nuove disponibilità ad ipotesi progettuali comuni. In tal modo è stato possibile mostrare ad esempio il ruolo svolto dai nostri migranti nei paesi di emigrazione, la non consistenza delle ipotesi di ritorno, (anche se qualche contraddizione emerge al riguardo, come si vedrà), nonché il sistema di relazioni intercorrente tra paese di partenza e paese di arrivo, e, in generale l'incidenza del gruppo regionale campano nei paesi di residenza e all'interno delle stesse Comunità locali . Infatti a partire dal livello di coesione della Comunità di origine si può misurare il grado di evoluzione socioculturale delle stesse nostre Associazioni e dei delegati ai Congressi, oltre che le capacità professionali e le loro aspirazioni. Tutte queste caratteristiche si possono comprendere soprattutto in riferimento alla Comunità di origine. * il presente Rapporto è stato redatto da Francesco Calvanese, la preparazione del questionario è stata di F. Calvanese e Grazia Moffa, l'inserimento dati e le tabelle sono a cura di Grazia Moffa. Si ringraziano Teresa Di Florio per la collaborazione all'inserimento dei dati, i funzionari regionali: Massimo Angrisano, Ernesto Salzano, Giovanni Fanzini, Angelo Servo, per la collaborazione alla sensibilizzazione delle Associazioni campane all'estero, nonché, per lo stesso motivo i Consultori nei paesi di emigrazione.

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Allo stesso tempo diventa facile individuare la dimensione internazionale dello spazio migratorio attivato dall'emigrazione campana e approfondire le differenze esistenti, all'interno delle singole comunità, in riferimento ai luoghi di residenza, alle disparità economiche, all'eventuale distanza tra i migranti e le società di accoglienza. E' da considerare il fatto che l'attaccamento al paese di origine, mostra l'intensità del sistema di relazioni che uniscono i nostri emigrati con la Regione Campania, che va ben al di là della semplice configurazione del campo migratorio come bacino di manodopera, laddove invece, negli anni, ha preso consistenza un campo di relazioni umane e sociali che si esprime, in particolare, (almeno per quel che riguarda i delegati-oggetto dell'indagine), con la regolarità dei ritorni periodici, la continuità dei rapporti con le famiglie, la solidarietà che unisce i due poli della catena migratoria, e la volontà di sviluppare progetti e programmi di lavoro comuni con la Regione. La priorità di queste relazioni umane nel mantenimento e nella permanenza di questo campo migratorio è ancora più evidente nei Paesi nei quali una precaria situazione economica (vedi l'America latina) ha portato l'emigrato a richiamare con più forza l'attenzione del Paese di origine. Tuttavia, si deve tenere presente che tale tendenza, seppure con minore intensità, è individuabile in tutti i paesi di emigrazione. Inoltre, è anche importante riconoscere che l'evoluzione interna delle comunità stabilizzatesi nei paesi di emigrazione può modificare in futuro questa tendenza. Infatti mentre la crescita naturale delle famiglie campane all'estero in qualche modo sostituisce i precedenti flussi di emigrazione, ormai arrestatisi, così come l'ingresso nei mercati del lavoro locali (dei paesi di residenza) dei giovani di origine campana compensa e/o supera le perdite determinatesi nella fase dei ritorni (fine anni '70- inizio anni '80), il processo di acculturazione/e o di integrazione nel seno delle società di accoglienza in qualche modo può incidere nella dispersione dei legami personali e collettivi , che tenevano insieme gli emigrati della prima generazione con le loro comunità di origine attraverso le reti locali e regionali. Ma il grande attaccamento dei campani emigrati verso il loro paese e la forte coesione delle comunità campane, porta a prevedere che si tratterà di un processo lento e che il campo migratorio attualmente esistente continuerà a funzionare ancora a lungo, come la maggior parte degli spazi delle relazioni internazionali. Le considerazioni finora svolte evidenziano come in un certo senso sia stato delimitato il campo d'indagine. Ciò in considerazione del fatto che - 112 -


taluni elementi di valutazione, significativi, sono già compresi in una precedente ricerca " I campani e gli italiani nel mondo" (2004), curata per la Regione da Francesco Carchedi. Questa notazione va rivolta in particolare ai saggi su “Le associazioni dei campani” (Carchedi, cit.) e su gli “Squilibri del mercato del lavoro campano e processi migratori” (Calvanese, 2004) , laddove sono analizzate le caratteristiche ( e le tipicità) dell'associazionismo campano nel mondo, permettendo di individuarne la più recente evoluzione, o anche i percorsi che nei diversi paesi hanno favorito i processi di integrazione e, spesso, di promozione sociale nelle società di accoglienza. Per la realizzazione della presente indagine è stato utilizzato un questionario semistrutturato con circa 100 domande, suddiviso in due sezioni. La prima, sezione indirizzata a conoscere essenzialmente il livello di integrazione dell'intervistato nel paese di residenza ( vedi : percorso migratorio suo e della famiglia, collocazione professionale, titoli di studio-qualifiche professionali-competenze possedute e/o desiderate). Al riguardo va fatto notare che una ulteriore suddivisione è stata fatta tra lavoratori occupati e giovani in cerca di lavoro. La seconda sezione, mirante a comprendere l'effettiva partecipazione dell'intervistato alle attività comunitarie, il sistema di relazioni pubbliche e private funzionali alla valorizzazione della comunità campana, nonché i fabbisogni che, se soddisfatti, possano apportare benefici alla stessa comunità, fino alla possibilità di individuazione di nuovi percorsi progettuali di particolare utilità per il consolidamento delle relazioni con la Regione. L'esame dei questionari, somministrati in occasione dei Congressi , ha così portato alla selezione, sulla base della loro completezza, di 70 interviste considerate attendibili, riferite ai delegati ai Congressi dei campani svoltisi negli Stati Uniti (19), in Argentina (15), in Brasile (12), in Uruguay (11), ma anche a un numero più ridotto, e meno rappresentativo di delegati ai Congressi svoltisi in Francia (5), Svizzera (3) Sud Africa (3) e Canada (2).

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Tabella 1: Delegati ai congressi dei Campani

Fonte: Nostra Elaborazione

2. Caratteristiche generali dei delegati Entrando nel merito dell' analisi , ci soffermerà in primo luogo sulla parte del questionario finalizzata alla comprensione delle caratteristiche principali dei delegati, prefigurando in qualche modo l'identikit del delegato campano. In primo luogo si esamineranno i cosiddetti dati strutturali, l'età, la famiglia, la situazione professionale, il percorso migratorio, le competenze ecc.. Più avanti si approfondiranno gli aspetti di tipo qualitativo, osservando le risultanze degli incroci per nazionalità, sesso, età e livello di istruzione. Per finire al ruolo svolto dai diversi delegati nei confronti delle comunità di residenza e di origine. Il campione osservato, di 70 persone, suddiviso tra i Paesi di cui alla tabella 1, è composto per il 70 % di uomini e, ovviamente, per il 30% di donne. Questo dato suggerisce una prima considerazione: il fatto che le donne emigrate sono ancora sottorappresentate nell'ambito delle associazioni campane. Tuttavia se si confrontano questi dati con precedenti ricerche (Calvanese, 2000, "L'Italia tra emigrazione e immigrazione, ed. Filef) e con altre realtà regionali, si osserva una crescita recente della presenza femminile. La ripartizione per età dimostra che solo il 15,7% dei delegati ha meno di 40 anni (da 24 a 39), il 55,7% ha un'età compresa tra i 40 e i 59 anni, mentre il 28,6% supera la soglia dei 60 (oltre il 7% è più che settantenne). La presenza giovanile è davvero bassa, (nessun delegato ha meno di 24 anni) : può essere questo sicuramente un segnale di una preoccupante disaffezione dei giovani campani verso l'associazionismo, o quanto meno del persistere di meccanismi di esclusione alla loro partecipazione. E' probabile che questo dato rappresenti un ulteriore indicatore del fatto che i processi di integrazione nelle società di residenza per le seconde e soprattut- 114 -


to le terze generazioni, (già evidenziati in Premessa), ne favoriscano l'allontanamento dalle comunità di origine, rendendo più difficile l'instaurarsi di un sistema di relazioni attive con la Regione. Se poi si tiene conto che questi giovani vivono, come gli altri delegati, soprattutto nelle grandi città (e nelle città) dei paesi di emigrazione, e del potere attrattivo che gli agglomerati urbani esercitano nella circolazione della comunicazione (sicuro fattore di integrazione), la conferma di quanto detto finora appare evidente. Al riguardo vanno considerate una tendenza, e una potenzialità. La tendenza è individuata rilevando che le generazioni non nate in Campania sono di più facile assimilazione nella società di accoglienza. La potenzialità è rappresentata dal fatto che, consolidando un comune spazio campano/italiano, visti gli alti livelli d'istruzione di gran parte dei delegati , essi potrebbero risultare più sensibili ad iniziative progettuali e reti innovative, che coinvolgano le stesse comunità di origine, residenti all'estero, i Paesi di origine e la Regione. Come è noto da alcune esperienze, avviate per conto del Settore Emigrazione negli ultimi anni si sono mosse in questa direzione. Ma veniamo alle caratteristiche più generali della nostra emigrazione. I delegati sono nati prevalentemente in Campania (58,6%), ma molti di loro avevano già un genitore emigrato (62,9%). Sono emigrati prevalentemente a cavallo degli anni '50, per trovare lavoro o, come si è visto, per raggiungere i familiari . Attualmente sono abbastanza ben inseriti nel paese di residenza, essendo per l'85,7% occupati, anche in età avanzata, con una presenza in quasi tutti i settori lavorativi: con una piccola prevalenza nel commercio, nelle libere professioni (ingegneri, avvocati, imprenditori ecc.) e nelle attività legate all'insegnamento. I lavoratori dipendenti dichiarano per lo più rapporti di lavoro a tempo indeterminato (25,7%) e full time (34,3%), mentre circa il 50% di essi lavora in proprio. Le aziende in cui sono occupati appartengono nella maggioranza dei casi alla tipologia delle imprese di piccole e medie dimensioni: il 22,9% con meno di 5 dipendenti, il 32,9% a quelle con un numero di dipendenti compreso tra 5 e 50. E' poi alquanto significativo il fatto che in larga maggioranza sono in possesso di titoli di studio medio-alti : per il 42,9% di scuola media superiore e per il 34,3% di laurea. Dimostrano inoltre una buona consuetudine con la lingua italiana, conoscenze informatiche ottime (28,6%), buone (30,0%) o discrete (20,0%): si comprende pertanto come possano rappresentare dei leader presso le nostre comunità, ma anche come abbiano tutti - 115 -


i requisiti per essere interlocutori qualificati per la nostra Regione. Si dedicano infine, oltre che al lavoro, per il 27,1% ad attività di volontariato (e questo è un dato da sottolineare), per il 27,1% all'associazionismo e per il 15% ad attività sportive : ne consegue che in larga maggioranza sono impegnati in attività di tipo culturale e/o sociale. Come nel caso dei giovani, già messo in rilievo, emerge un diverso rapporto con la società locale rispetto alla società di origine. Infatti nei confronti della società locale, gli intervistati dichiarano l'esistenza di buoni rapporti con i colleghi di lavoro, una notevole partecipazione al lavoro di équipe nell'ambito lavorativo, l'utilizzazione frequente di strumenti formativi e di apprendimento professionale, e inoltre sottolineano una valutazione complessivamente positiva della propria condizione professionale, anche se non si ritengono del tutto soddisfatti dal punto dei vista dei compensi percepiti. Nei confronti delle aree di origine invece solo il 15,7% dichiara una frequentazione continua, e solo il 14,3% mantiene attive le sue comunicazioni con l'Italia ( il 10% nel settore export-import), anche se la metà dei delegati fa rilevare come l'essere comunque eredi della cultura italiana ha rappresentato e rappresenti in ogni caso un vantaggio per l'inserimento professionale. Un'attività non secondaria utilizzata in ambito associazionistico è poi rivolta a favorire l'inserimento lavorativo dei non occupati : come si è visto questo dato riguarda circa il 15% dei delegati. Gli strumenti cui si ricorre più facilmente per aiutare la ricerca del lavoro sono rappresentati da: diffusione degli avvisi (32,9%), corsi di lingua (25,7%), corsi di formazione professionale (10%), orientamento (7,1%). Riflettendo sui dati ora esposti, viene da sé una evidente sottoutilizzazione del ricorso allo strumento della formazione professionale: specie se si considera che mentre solo il 10% ha usufruito di tale possibilità, più del 24 % denuncia bisogni formativi. Su questo un terreno, è probabile che in futuro si potranno sviluppare forme di cooperazione fra i Paesi di emigrazione e la stessa Regione. Si tenga presente a tale proposito che circa il 42% degli intervistati dichiara che la buona conoscenza dell'italiano rappresenta un'utile risorsa per trovare lavoro (vedi: settore della ristorazione, 22,9%). Infine una positiva valutazione (54,3%) è riservata dai delegati al ruolo svolto dall'associazionismo, soprattutto nell'ambito delle attività ricreative e culturali. Anche in questo caso la situazione appare caratterizzata da una graduale ma evidente trasformazione. Se si osserva, in controtendenza rispetto al quadro precedentemente esposto, che secondo i delegati , tra i - 116 -


prossimi compiti delle associazioni nei prossimi anni dovranno trovare più spazio l'organizzazione dei corsi di formazione professionale (31,4%) e delle attività di orientamento (12,9%), da attivare in collaborazione con l'Italia (20,0%) e con la Campania (12,9%), nonché l'organizzazione di forme di cooperazione economica e culturale con l'Italia (18,6%) e con la Campania (20,0%). Alquanto sottovalutata è invece la possibilità di accedere ai fondi e alle reti attivate dall'Unione Europea. Ma anche questo dato va considerato alla luce dell'età dei delegati (visto che come si è detto è poco rappresentata la componente giovanile, di certo più sensibile a queste problematiche) e della loro esperienza in materia. 3. Caratteristiche dei delegati, suddivisi per Paese, per sesso, per età , per livelli di istruzione Si è fatto riferimento in precedenza alla composizione prevalentemente maschile dei delegati intervistati, nonché al fatto che comunque si osserva negli ultimi anni una certa tendenza a superare questo limite. Come la tabella 2 evidenzia, tuttavia, questo dato va letto nella sua articolazione per Paesi. Tabella 2: Delegati suddivisi per sesso secondo i Paesi

Fonte: Nostra Elaborazione

In alcuni di essi, quali l'Argentina e la Francia, si osserva una predominanza della componente femminile, in altri, quali il Brasile e la Svizzera (ma quest'ultimo dato non è rilevante, visto il numero ridotto di intervistati), la sottorappresentazione della stessa componente è meno visibile. Risulta invece statisticamente (e non solo) davvero significativo che tra i 19 delegati intervistati negli Stati Uniti soltanto 1 sia di sesso femminile. Le spiegazioni a tale proposito possono essere molteplici: - 117 -


1) una selezione del campione poco rappresentativa dell'universo dei delegati: ma c'è da dubitare al riguardo; 2) la difficoltà , soprattutto per le donne, a partecipare al Congresso, sottoponendosi a lunghi spostamenti, in un Paese-Continente come gli USA: ma anche in questo caso emergerebbe una condizione femminile di subalternità; 3) il fatto che la maggioranza dei delegati di quel Paese sia rappresentata, come si vedrà, soprattutto da Presidenti e Consiglieri di Associazioni: diverse e sparse per l'ampio territorio statunitense. Questa appare la spiegazione più convincente: ma è un dato da cui partire per avviare attività che coinvolgano anche le donne, assicurando la partecipazione anche ai livelli dirigenziali. La distribuzione per età conferma invece, anche nel riferimento ai singoli Paesi (tabella 3), come la classe di età di gran lunga predominante sia quella compresa tra i 40 e i 59 anni, con una scarsa presenza giovanile, eccetto che in Argentina. Tabella 3: Delegati suddivisi per età secondo i Paesi

Fonte: Nostra Elaborazione

Poco significativo appare invece il rapporto età-sesso, mentre invece è bene soffermarsi sul rapporto età strutture di lavoro ed età-settore di lavoro. Infatti i delegati appartenenti alla classe di età 40-59 lavorano per lo più in proprio, a dimostrazione in un certo senso, di una raggiunta maturità occupazionale e di una più alta integrazione. Tra questi vi è la maggioranza delle non risposte alla domanda rivolta ad individuare il settore di pertinenza. E' probabile che questa sia stata considerata una domanda superflua. Ne consegue che coloro che hanno indicato invece il settore lavorativo, siano soprattutto gli occupati alle dipendenze: in questo caso si osserva che i campani sono occupati - 118 -


in prevalenza nel commercio, nei servizi pubblici, nelle costruzioni, nell'industria e nella scuola. Non emergono grandi differenze secondo i Paesi. Poco diversa è infatti la situazione per quel concerne il rapporto Paese livello di istruzione dei delegati. Essi risultano più istruiti ( forniti di titolo di studio superiore o di laurea) negli Stati Uniti, in Brasile, in Canada, in Francia e in Sud Africa : ma, come si è visto, è tutto l'insieme dei delegati, che mostra livelli alti di studio. E' probabile che così vada spiegata la risoluzione dei problemi occupazionali e una certa soddisfazione per il lavoro intrapreso: anche in questo caso non si notano grandi differenze tra i Paesi. Gli alti livelli di studio, (tra questi emerge, come si è visto, anche il possesso di ottime e buone conoscenze informatiche), hanno inoltre influito in modo positivo sulla capacità dichiarata dai delegati di notevole apprendimento professionale, di buona disposizione al lavoro di gruppo e a sviluppare relazioni esterne. In questo contesto appare abbastanza contraddittorio il fatto che circa 1/3 dei delegati intervistati rappresenti la volontà di ritorno in Campania e in Italia: soprattutto i delegati residenti negli Stati Uniti e, (in percentuale meno significativa), in Uruguay. Come è facile constatare dalla tabella 4, il ritorno in Campania è considerato soprattutto dai delegati più anziani. Tabella 4: Ipotesi di ritorno dei delegati suddiisi per età

Fonte: Nostra Elaborazione

Ma tale ipotesi, per quanto minoritaria rispetto alla dichiarata soddisfazione, espressa da gran parte degli intervistati, circa il raggiunto livello di integrazione nella società di accoglienza, prende corpo se si tiene conto delle prossime tre tabelle (5, 6, 7) che mostrano con chiarezza una predilezione di diversi delegati a coltivare il rapporto con la propria regione, rispetto al rapporto con le stesse istituzioni locali.

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Tabella 5: Il rapporto dei delegati con le Istituzioni campane secondo i Paesi

Fonte: Nostra Elaborazione

Tabella 6: Il rapporto dei delegati con le Istituzioni italiane secondo i Paesi

Fonte: Nostra Elaborazione

Tabella 7: Il rapporto dei delegati con le Istituzioni locali secondo i Paesi

Fonte: Nostra Elaborazione - 120 -


4. Il ruolo svolto dalle associazioni campane Come si è visto, attraverso il questionario, sono state esaminate diverse problematiche, inerenti al lavoro, alla famiglia, all'integrazione. E' probabile che un excursus così ampio abbia condizionato le risposte date nell'ultima parte dello stesso. Esse appaiono in qualche modo più reticenti e spesso poco precise, là dove sono stati posti più direttamente i quesiti relativi al ruolo svolto dai delegati in ambito associativo e/o all'interesse per alcuni temi: ad esempio in merito alle iniziative e alle attività da intraprendere. Ne è emersa una situazione contraddittoria, che dovrà essere sicuramente approfondita: se non altro perché non tutte le comunità campane all'estero sono rappresentate nelle interviste. Entrando nel merito è necessaria una considerazione preliminare: i campani emigrati hanno comunque beneficiato dell'aiuto fornito dagli altri corregionali e/o connazionali, di più antica residenza nei paesi di emigrazione. Essi si sono inseriti nella società di accoglienza grazie alla solidarietà socio-culturale, nello spazio praticato e utilizzato tradizionalmente da chi li ha preceduti. Questo dato è essenziale per comprendere come essi siano stati dipendenti dall'appoggio dei loro compatrioti (e/o corregionali) che avevano già vissuto l'esperienza della ricerca del lavoro e le difficoltà della vita quotidiana nei Paesi di emigrazione. Tuttavia, col tempo, col loro inserimento, gli spazi relazionali si sono ampliati e fortemente diversificati. Queste prime considerazioni portano a valutare come soltanto iniziale lo studio dei diversi comportamenti dei delegati in ambito associativo. Ma veniamo ad altre indicazioni significative fornite dagli intervistati. Tra i delegati il 20% è rappresentato dai presidenti di associazione (la percentuale più alta è negli USA dove si raggiunge il 50%) e circa il 10% dai consiglieri (la percentuale più alta è in Francia): cioè quasi 1/3 dei delegati ha incarichi nelle associazioni di riferimento. Al loro interno, come è noto, sono stati scelti i Consultori. Ne consegue che è stato premiato il loro attivismo e/o il ruolo di leader all'interno delle comunità. Si tratta di un ruolo consolidato nel tempo, visto che spesso ricoprono i loro incarichi dirigenziali da un arco di tempo che va dai 5 ai 10 anni, senza grandi differenze a seconda dei Paesi. Un' altra indicazione va riferita alle modalità con le quali si è espressa la loro funzione nelle associazioni. Innanzitutto essi hanno promosso (e promuovono) l'associazionismo. Si tratta di strutture composte di campani, ma spesso aperte anche agli altri connazionali. Come dimostra la seguente tabella 8, le nostre associazioni, dove ope- 121 -


rano, non precludono in alcun modo la partecipazione alle loro attività agli altri emigrati di origine italiana, al contrario svolgono un importante ruolo di collante tra l'insieme dell'emigrazione, le società di accoglienza e l'Italia nel suo complesso: è esemplificativo il fatto che i collaboratori delle associazioni sono reclutati indifferentemente tra i campani e gli altri italiani. Tabella 8: Composizione delle nostre associazioni (v.a. v.p.)

Fonte: Nostra Elaborazione

Va poi sottolineato come i delegati abbiano fornito delle informazioni molto positive in merito alle dimensioni delle loro associazioni. Infatti il 32, 9% di esse ha un numero di iscritti che va da 60 a 150, il 21,4% ha un numero di iscritti che va da 151 a 300, mentre il 20% ha un numero di iscritti che va da 301 a 400. Si tratta di cifre rilevanti, visto che oltre il 40% delle associazioni supera i 150 iscritti: a dimostrazione del largo seguito che esse raccolgono nel mondo dell'emigrazione, oltre s'intende del peso politico che esse esercitano. Questi dati vanno letti anche in una dimensione temporale: l'associazionismo regionale è di recente costituzione e può essere datato a partire dagli anni ottanta del secolo scorso, allorché le Consulte regionali hanno sollecitato la promozione di strutture regionali. Ciò vale ancora di più nel caso della Campania: visto che solo a partire dagli anni novanta ha preso corpo l'attività della Consulta regionale dell'emigrazione. Se ne può dedurre che la già dimostrata tendenza alla crescita del nostro associazionismo fa ben sperare circa le capacità di iniziativa e di estensione del suo peso politico. I delegati inoltre hanno indicato come le prevalenti attività delle associazioni siano quelle di tipo culturale (vedi: Argentina, USA e Brasile), mentre solo in rari casi hanno messo in evidenza le attività politiche e sindacali. Tra l'altro va poi fatto notare come abbiano molto sviluppato i rapporti con altre associazioni locali (vedi: Uruguay): anche in questo caso in ambito soprattutto culturale (vedi: Francia), e /o realizzando iniziative a - 122 -


carattere sociale (vedi: USA). Infine, pur dichiarandosi molto integrati nelle società di residenza, (specie in Argentina, Brasile, Stati Uniti, Francia ed Uruguay), si dicono impegnati in iniziative finalizzate a favorire l'inserimento lavorativo dei giovani, attraverso l'organizzazione di Corsi di formazione (Argentina, Brasile, USA, Uruguay), e di attività di assistenza e orientamento. A tale proposito è bene tenere presente come essi segnalino diverse difficoltà per il perseguimento di tale obiettivo. Come si può rilevare dalle seguenti tabelle (9, 10, 11, 12) le principali difficoltà per la realizzazione di azioni di intervento sul mercato del lavoro in appoggio all'inserimento dei giovani campani e italiani, sono di ordine economico e amministrativo, oltre che riferibili ad un offerta di lavoro (i giovani di origine campana) spesso poco qualificata e/o motivata. Tabella 9: Difficoltà economica per l’inserimento lavorativo dei giovani (v.a. v.p.)

Fonte: Nostra Elaborazione

Tabella 10: Difficoltà amministrative per l’inserimento lavorativo dei giovani (v.a. v.p.)

Fonte: Nostra Elaborazione

Tabella 11: Difficoltà di individuazione di personale qualificato per l’inserimento lavorativo dei giovani (v.a. v.p.)

Fonte: Nostra Elaborazione - 123 -


Tabella 12: Difficoltà di individuazione di personale motivato per l’inserimento lavorativo dei giovani (v.a. v.p.)

Fonte: Nostra Elaborazione

Da quanto illustrato a proposito dell'inserimento lavorativo dei giovani e delle difficoltà incontrate nelle attività delle associazioni per favorirlo, si possono proporre alcune considerazioni. Esse riguardano di certo la mancanza di fondi pubblici e l'impasse che spesso si registra a muoversi nei meandri amministrativi dei singoli Paesi, ma riguarda anche, come si è visto, le caratteristiche dell'offerta di lavoro, con la conseguente necessità di qualificarla e motivarla. Si avverte dalle interviste in un certo senso la solitudine delle associazioni a muoversi su questo terreno. Nonostante i già riconosciuti livelli di integrazione nelle società di accoglienza, questo è senz'altro un punto debole. E' certamente molto difficile intervenire nei confronti dei Paesi di emigrazione, tuttavia è auspicabile un impegno della Regione per praticare, con gli stessi Paesi, forme di cooperazione, ad esempio utilizzando i Fondi comunitari gestiti dalla Direzione generale della Commissione Europea (AIDCO), in particolare per quei paesi considerati in via di sviluppo e dell'America latina. Come anche appare opportuno lavorare per estendere le esperienze di scambio di giovani, già citate, a proposito della formazione degli Agenti dell'emigrazione campana. Infine, per concludere, è il caso di fare presente come dalle interviste emerga un significativo limite: il fatto cioè che pochi delegati risultano interessati a progetti di sviluppo locale, di cooperazione, di costruzione di reti, di servizi finalizzati alla comunicazione (senza grandi distinzioni fra i Paesi). A conferma di quanto detto è bene tenere conto del bilancio poco positivo registrato alla domanda riguardante la presentazione, in sede di Congresso, da parte degli intervistati, di un Programma articolato di proposte. Va fatto notare, infatti, che in rari casi si registrano segnali di qualche interesse. Solo 12 delegati su 70, distribuiti tra il Sud Africa 2, gli USA 2, il Brasile 3, la Francia 3, l'Argentina 1, il Canada 1, si sono cimentati in questo campo. Se poi si analizza la tipologia delle proposte (vedi tabelle (13, 14, 15, 16, 17) esse sicuramente riflettono un imbarazzo progettuale, in un certo senso lontano dalle problematiche prima evidenziate (vedi ad esempio quelle connesse all'inserimento lavorativo dei giovani). - 124 -


Tabella 13: Proposte associative presentate dai delegati, suddivisi per Paesi

Fonte: Nostra Elaborazione

Tabella 14: Proposte progettuali presentate dai delegati, suddivisi per Paesi

Fonte: Nostra Elaborazione

Tabella 15: Proposte di recupero della memoria dell’emigrazione presentate dai delegati, suddivisi per Paesi

Fonte: Nostra Elaborazione - 125 -


Tabella 16: Proposte culturali presentate dai delegati, suddivisi per Paesi

Fonte: Nostra Elaborazione Tabella 17: Proposte di cooperazione presentate dai delegati, suddivisi per Paesi

Fonte: Nostra Elaborazione

Il quadro così delineato suggerisce alcune considerazioni finali. I nostri delegati mostrano una certa attenzione alle problematiche più direttamente riconducibili alla risoluzione dei problemi emergenziali, (vedi: l'inserimento lavorativo), ma hanno poca consapevolezza delle loro potenzialità, per perseguire fino in fondo più ambiziosi obiettivi. Diverso è il caso, come si è fatto rilevare, delle iniziative di medio-lungo periodo: quali le attività progettuali e/o di cooperazione. Il richiamo da essi rivolto alla Regione ha infatti il limite della semplice richiesta per l'intensificazione e il rafforzamento delle relazioni, senza meglio definirle. Inoltre, quando svolgono compiti di direzione nell'associazione, alla quale di certo garantiscono visibilità e dinamismo, in pochi casi vanno oltre le attività di tipo culturale e/o sociale realizzate nel Paese di residenza. In poche parole: si dimostrano poco propensi a introdurre nelle associazioni dei migranti forti innovazioni al passo dei processi di internazionalizzazione e delle Strategie europee per lo sviluppo della società dell'innovazione e della - 126 -


conoscenza. Ciò non significa che negli ultimi anni non si sia fatta strada una volontà di cambiamento, ma quando ciò accade, le energie sono prevalentemente proiettate a sviluppare relazioni e rapporti bilaterali tra il Paese di emigrazione da una parte, l'Italia e la Campania dall'altra: una scelta certo non di secondaria importanza e sicuramente da incoraggiare. Appare ancora minoritaria una cultura che si proponga però di percorrere i nuovi percorsi del mondo globalizzato e di condividere con coerenza le scelte perseguite dall'Unione Europea in direzione dell'occupazione e dello sviluppo sostenibile (nel senso più ampio del termine: ambientale, economico e culturale). E' invece questa la direttrice del futuro: il solo modo per valorizzare con efficacia le potenzialità del Paese di residenza, dell'Italia e della Campania. La Regione Campania, in tale contesto, ha un ruolo fondamentale: quello di proporre e costruire un nuovo quadro di opportunità. Partendo dall'obiettivo di fondo: la necessità e la possibilità di valorizzare l'emigrazione come risorsa.

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SCHEDA PROGETTUALE Associazione proponente : Filef Campania (Federazione lavoratori emigrati e famiglie) Via Porto, n. 28 ; cittĂ : Salerno; Stato : Italia ; Telefono/fax: 089-230828 Email: fcalvan@tin.it PROGETTO Denominazione: " Agenti dell'emigrazione campana 3" Responsabile : prof. Francesco Calvanese TIPOLOGIA Progetto di mutualismo e solidarietĂ X Progetto di Formazione Professionale Progetto Culturale Progetto per Giovani

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Premessa

Negli anni 2004 e 2005 la Filef Campania (fondata da Carlo Levi), associazione iscritta al Registro regionale delle associazioni dell'emigrazione e presente nella nuova Consulta Regionale dell'emigrazione, ha condotto per conto della Regione Campania-Settore emigrazione due esperienze di qualitĂ e di notevole valenza strategica: 2004: il corso formativo per Agenti dell'emigrazione 2005: il corso formativo per Agenti dell'emigrazione 2 Entrambi i progetti ispirati dall'esigenza di valorizzare le forze nuove della - 131 -


nostra emigrazione all'estero, cioè i giovani laureati di seconda e terza generazione presenti nelle nostre comunità residenti nei paesi extraeuropei, hanno avuto come obiettivo quello di creare dei canali permanenti di iniziativa sul piano economico-culturale e della comunicazione tra la Regione Campania e i diversi paesi di emigrazione. A tal fine per ognuno dei progetti, in seguito a bando sono stati selezionati 12 (2004) e 9 (2005) giovani laureati, che hanno frequentato con profitto, per oltre 30 giorni, corsi di formazione in aula e stage presso imprese, Camere di Commercio, ASL, Università ed Enti locali della Regione. I principali partner della Filef Campania in tali occasioni sono stati: Unops- Nazioni Unite (cooperazione internazionale), Camera di Commercio di Salerno, Provincia di Benevento, Apifor Salerno, EurocdaSalerno, Dipartimento di Sociologia e Scienza della Politica-Università di Salerno, Provincia di Salerno. Va fatto notare che nell'esperienza del 2004 i titoli di laurea richiesti erano i più vari per consentire un largo ventaglio di opzioni collaborative, mentre nel 2005 ci si è limitato a titoli di laurea nel settore dell'economia e/o della cooperazione, al fine di meglio precisare gli ambiti di attività sui quali incanalare i futuri Agenti. Questi corsi si sono giovati di prestigiosi docenti e hanno inoltre investito per gli stage significative realtà dello sviluppo locale presenti in Campania (ad es: la Città del fare e il Centro Marsec di Benevento ecc.) In seguito a tali iniziative si sono determinate molte attese nel mondo dell'emigrazione e in particolare presso i giovani di origine campana residenti all'estero. Positive esperienze tradottesi in seguito nella partecipazione numerosa dei giovani ai Congressi del campani svoltisi di recente in tutto il mondo, nella predisposizione di progetti autonomamente costruiti nelle sedi estere ( tra cui un importante documentario realizzato in Cile per iniziativa dell'Agente Bertrand Stingo), nell'ottenimento di una borsa di studio a Roma presso l'ENEA da una ingegnera cilena di origine campana (Claudia Kemper), formata nel corso Agenti 2.

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Limiti : il non proseguimento del rapporto di collaborazione successivamente allo svolgimento dei corsi come richiesto ai partner locali citati ( ad eccezione dell'Unops-Nazioni Unite), che non ha consentito la necessaria continuità dei progetti avviati, certamente di significativa valenza. Infine: la debolezza della compartecipazione finanziaria: sia nel 2004 che nel 2005 al congruo contributo della Regione Campania- Assessorato all'emigrazione, si sono aggiunti, nel 2004 esclusivamente il Comune di Salerno e la Provincia di Benevento, mentre nel 2005 ha partecipato finanziariamente (oltre s'intende la Regione) la sola Provincia di Benevento. E' evidente quindi, che in riferimento alla portata strategica, facilmente individuabile dei progetti , si è registrata un'effettiva corrispondenza e un reale partenariato solo nella fase di svolgimento dei corsi formativi e degli stage, mentre non si è notato analogo impegno ai fini della continuità dei progetti: in termini finanziari e in termini di costruzione di iniziative di sviluppo dei rapporti attivati con i nostri giovani presenti in emigrazione. Questi limiti andranno superati con il progetto "Agenti dell'emigrazione campana 3" sviluppando soprattutto un forte ruolo dei partner fin dalla fase progettuale dell'iniziativa: promuovendo cioè una forte campagna di sensibilizzazione, mirante a far proprie, nel comune interesse le finalitàcompresi gli aspetti organizzativi del progetto. Inoltre, viste le specifiche caratteristiche del settore di riferimento, il corpo docente sarà selezionato in concorso con i partner, valutando e selezionando le proposte che saranno richieste e formulate da ciascun partner, ai fini della piena valorizzazione delle finalità del progetto e delle esigenze di continuità dello stesso. Di conseguenza l'Ipotesi progettuale, qui di seguito articolata : "Agenti dell'emigrazione campana 3" ovvero del turismo sostenibile intende far tesoro delle due esperienze precedenti , valorizzandone i risultati positivi, in particolare le scelte in direzione dello sviluppo locale e correggendone i limiti: il settore di riferimento, sia per quel che riguarda l'aspetto formativo-sia per quel che riguarda gli stage, sarà limitato al turismo sostenibile, nell'accezione indicata dall'Unione Europea (e in conformità con gli obiettivi del - 133 -


processo di Lisbona per la crescita e l'occupazione) che vede tra loro strettamente collegati gli aspetti economici, socioculturali e ambientali: ciò al fine di rendere più facilmente definibile e praticabile il campo di azione, nonchè le iniziative di continuità rivolte a preservare le caratteristiche dei luoghi e contemporaneamente a individuare nuove fonti di finanziamento al termine dello specifico progetto. A tale proposito si fa presente che la FILEF Campania ha già preso contatti, oltre che con il dott. Franco Ianniello, responsabile del Settore turismo della Commissione Europea anche con il prof. Josep-Francesc Valls (Catedrático departamento Dirección Marketing y Centro Dirección Turística ESADE Business School) di Barcellona, che ha condotto di recente studi sul Turismo prossimo futuro, cioè il turismo dei migranti. Di conseguenza i titoli di studio richiesti ai giovani emigrati per partecipare al nuovo progetto riguarderanno in particolare le lauree e i diplomi attinenti al turismo; Per tutte le attività da intraprendere e che si realizzeranno interlocutori privilegiati saranno: a) la Direzione generale Impresa della Commissione Europea , diretta nel settore Turismo dal dott. Franco Ianniello, nostro corregionale; b) l'Osservatorio sul turismo della Camera dei deputati; c) gli assessorati al turismo e alle politiche sociali-Settore Emigrazione della Regione Campania, oltre che, s'intende, gli Uffici dello stesso settore emigrazione della Regione Campania, la citata scuola di Barcellona; 1) le realtà territoriali coinvolte riguarderanno tutti i paesi di emigrazione in cui è significativa la presenza campana, comprese quindi le realtà europee, al fine di rendere più praticabile l'attivazione di un circuito turistico virtuoso da e verso i paesi di emigrazione: di qui il passaggio dei corsisti da 9 dell'anno 2005 agli attuali 14-16; 2) i soggetti coinvolti all'estero saranno in primo luogo i giovani laureati emigrati, ma anche le strutture presenti in emigrazione che già si dedicano ad attività turistiche: quindi non solo le realtà associative dell'emigrazione campana, ma anche le Agenzie e le associazioni di categoria e professionali operanti nei paesi coinvolti e facenti riferimento alle piccole imprese del settore;

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3) i soggetti coinvolti nel partenariato locale saranno in primo luogo le Province della Campania, ma in particolare di Benevento* e Salerno, con i corrispondenti Uffici del turismo degli Enti locali ed Enti del turismo, le Agenzie del turismo, le associazioni di categoria ( ad. es. la Confesercenti), le piccole imprese sicuramente maggioritarie nel settore e in grado di coinvolgere anche le grandi imprese, oltre che a livello più generale la Regione Campania e l'Osservatorio del turismo della Camera dei deputati; 4) la Filef Campania intende coinvolgere nel progetto anche le altre associazioni iscritte al registro regionale e presenti nella Consulta dell'emigrazione: in particolare con l'associazione Fernando Santi e con le ACLI della Regione Campania, verranno discussi i criteri di selezione dei docenti, dando ampia disponibilità per l'inclusione di docenti del settore turistico indicati dalle stesse associazioni; 5) il progetto si svilupperà con la tradizionale articolazione di una fase di lezioni frontali in aula e di stage sul territorio ( per 21 giorni complessivi), ma ponendo attenzione al diretto coinvolgimento dei partner individuati anche nella scelta dei docenti del corso formativo, facendo riferimento anche alla Commissione Europea, DG Impresa-settore turismo; 6) per quel che riguarda la compartecipazione finanziaria, oltre che al congruo contributo della Regione Campania -assessorato all'emigrazione, ci si rivolgerà ai partner, che potranno optare tra il finanziamento diretto del progetto, la messa a disposizione di docenti a proprie spese, la messa a disposizione di strutture e/o servizi vari ( ad es. di trasporto ecc.): tra queste al momento hanno già espresso una disponibilità la Provincia di Benevento, la Provincia di Salerno e l'azienda di soggiorno e turismo di Salerno; 7) sulla base del ricevimento e dell'accoglimento in fieri di questa ipotesi di partenariato è stata stabilita in numero di 14-16 la partecipazione di giovani laureati, residenti all'estero, cui farà riferimento il progetto; 8) in fase avanzata di svolgimento del corso sarà sottoscritto tra i giovani partecipanti e i partner un protocollo d'intesa per la realizzazione di un'Agenzia di continuità del progetto. - 135 -


Obiettivi: Creare 14-16 figure di alto profilo professionale ( livello master) di giovani emigrati residenti nei paesi in cui è più significativa e organizzata la presenza dei campani, neo laureati in discipline attinenti alle politiche di cooperazione e di sviluppo locale, al fine di renderli promotori e vettori di scambi nel settore turistico tra la Campania ed i paesi di residenza. Nello specifico: tutti i paesi europei ed extraeuropei in cui è presente l'emigrazione campana rappresentata nella Consulta regionale dell'emigrazione. Il presupposto di tale progetto risiede nella ormai riconosciuta competenza e adattabilità dei nostri giovani emigrati : si vedano al riguardo sia una recente Ricerca della Filef nazionale (2000-2001) sui "Bisogni formativi dei giovani di origine italiana", svolta nei paesi di emigrazione su incarico del Ministero del lavoro italiano, sia i risultati positivi dei precedenti corsi di formazione (2004 e 2005) indicati di recente al Ministero degli esteri- (delegato agli Italiani nel mondo) dalla stessa Regione Campania settore emigrazione, come esempio di Buone pratiche. Questi giovani emigrati risultano in buona parte istruiti ai livelli universitari e/ o ai livelli di qualificazione professionale superiore, con una buona conoscenza di almeno due lingue straniere, con una certa padronanza degli strumenti di comunicazione telematica. Ne consegue che la formazione di 14-16 "Agenti dell'emigrazione campana 3" farà riferimento a questa base di partenza, anche coinvolgendo, nei rispettivi paesi di residenza, fin dalla fase della programmazione gli Agenti formati nel 2004 e nel 2005 : con essi infatti è tuttora vivo un rapporto di scambio informativo. Si punterà inoltre all'individuazione delle figure corrispondenti a tale livello presupposto attraverso un approccio strategico che, ai fini del buon successo e della piena valorizzazione del progetto, privilegerà le problematiche di più ampia rilevanza. Ciò al fine di valorizzare il "Made in Campania", sul piano più specificamente turistico, nel senso più ampio-prima descritto, includendo anche il turismo a/r dei nostri migranti e di dare impulso a forme organizzate di cooperazione tra la Campania e i paesi di residenza degli stessi giovani laureati. Sulla base di tali presupposti si porrà particolare attenzione a sviluppare : a) il partenariato attivo tra le istituzioni pubbliche e private, tra le rappresentanze politiche , economiche e della società civile; la complementarietà dei network d'impresa per difendere i mutui interessi e sviluppare i mercati ; la relazione stabile dei livelli locali e regionali con i gover- 136 -


ni centrali e le istituzioni transnazionali; b) una forte identità sociale e culturale, che tenda ad esprimersi nella definizione di un modello di sviluppo adeguato alle condizioni storiche economiche sociali proprie del territorio di riferimento ( il paese di emigrazione-la regione Campania) in un approccio cooperativo , per stabilire obiettivi comuni; c) l'efficacia di strumenti di supporto, che preferibilmente consistono in strutture di partenariato localmente definite, fortemente esecutive , capaci e flessibili, in grado di promuovere azioni di integrazione con le politiche di internazionalizzazione( a livello economico e culturale) e di cooperazione allo sviluppo della Regione Campania. Descrizione : L' intervento prevede una fase formativa di 120 ore suddivisa in due parti. La prima, teorica, si svolgerà in aula per un totale di 72 ore suddivise in 2 Moduli di 36 ore (6 ore per 6 giorni x due settimane). La seconda di stage di 48 ore (8 ore per 6 giorni). Il programma svolto in aula sarà propedeutico per la fase successiva che si svolgerà presso le strutture turistiche della Regione: Aziende di soggiorno, EPT, Parchi, Comunità montane, Università, strutture dedicate dalle Province e da enti locali che hanno sperimentato buone pratiche, nonché presso organismi preposti alla comunicazione nel settore turistico e istituti creditizi interessati ai circuiti turistici, Camere di Commercio, Confapi, strutture dello Sviluppo locale ed altre della Campania che si renderanno operative. Ad esempio: Contratto d'area della provincia di Salerno o anche aziende e istituzioni Campane che intendano iniziare o rafforzare gli interscambi con i paesi di residenza dei corsisti. Gli obiettivi formativi cui faranno riferimento gli argomenti delle lezioni e degli stage riguarderanno: 1) la conoscenza della legislazione, regionale, nazionale e internazionale di settore; 2) la conoscenza della mentalità imprenditoriale di settore; 3) la conoscenza dei trends dei flussi turistici nazionali e internazionali e del turismo futuro ( turismo dei migranti); 4) la conoscenza dei meccanismi di funzionamento di domanda e offerta turistica; 5) la conoscenza del mercato turistico regionale, nazionale e internazionale (vedi paesi di residenza dei migranti); - 137 -


6) apprendere le tecniche di redazione di un budget economico finanziario; 7) conoscere le tecniche di redazione di un Business Plan; 8) conoscere le modalità di reperimento delle fonti finanziarie; 9) conoscere le risorse storiche, artistiche, archeologiche turistiche dell'area; 10) conoscere le potenzialità del turismo legato all'innovazione tecnologica, alla cultura, alle attività ludiche, ai beni religiosi e nel campo congressuale presenti nelle aree interessate (Campania-paese di residenza); 11) apprendere le tecniche di comunicazione e relazione col pubblico; 12) essere capaci di utilizzare i principali software di gestione dei beni culturali e religiosi; 13) apprendere le tecniche di progettazione e costruzione di itinerari turistici. Criteri di valutazione del raggiungimento degli obiettivi formativi: E' prevista una verifica in ogni modulo per accertare l'identità tra gli obiettivi prefissati e i livelli di apprendimento raggiunti, con riunioni di programmazione e verifica degli obiettivi, ad inizio corso, a livello intermedio e nella fase terminale, fra il direttore del corso, i docenti, gli esperti e il tutor del corso. A conclusione del periodo di stage è prevista la compilazione da parte dell'Azienda - Ente ospitante lo stage di una scheda di valutazione dell'attività svolta dal corsista. In sede finale verranno valutati i progetti/Business Plan elaborati dai partecipanti. Moduli/Discipline Modulo 1: AREA di Base - Legislazione turistica e dei beni culturali - Autoimprenditorialità - Informatica di base - Economia turistica - Flussi turistici e turismo futuro ( turismo dei migranti) - Politiche europee di sviluppo nel settore turistico (Agenda 21) - Marketing strategico e operativo - Tecniche di redazione di Business Plan - Avviamento e finanziamenti alle imprese turistiche - Individuazione di efficienti strumenti di comunicazione telematica - 138 -


Modulo 2: Area specialistica A)

Profilo storico, sociale ed economico del territorio

- Storia dell'arte del territorio - Risorse del territorio - Software di gestione dei beni turistici e reti telematiche - Tecniche di elaborazione di itinerari turistici - Strategie di comunicazione istituzionale - Analisi dei programmi promossi dalle istituzioni locali e regionali della Campania - Business Plan di gestione e valorizzazione delle risorse turistiche B) Reti locali, reti lunghe e ruolo dello sviluppo locale nella cooperazione - Integrazione economica - Cooperazione decentrata e sviluppo locale - Animazione territoriale e costruzione di reti locali e sovralocali - Il ruolo delle imprese nello sviluppo e nella cooperazione - Sistema impresa, finanza agevolata e strategie di internazionalizzazione - Creazione di imprese in partenariato tra le aziende campane e strutture create nei paesi di residenza dei corsisti - Comparazione dei predetti programmi con le strategie in essere nei diversi paesi di emigrazione Stage presso le Strutture prima descritte L'attività formativa, come già descritto, sarà integrata da verifiche intermedie nonchè da valutazioni, report e conclusa da un seminario finale. Al fine di ottimizzare i risultati del corso di formazione sarà necessaria una fase preparatoria che consisterà in : a) informazione e pubblicizzazione del corso sulla rete delle associazioni campane all'estero, bando di selezione includente alcune informazione da raccogliere a monte circa le caratteristiche turistiche dei paesi di residenza; informazione nei confronti della Commissione Europea- Settore emigrazione, dell'Osservatorio del turismo della Camera dei deputati e della Università di Barcellona, cattedra prima citata ; - 139 -


b) costruzione e invio di un questionario, supportato da un modulo indicativo per avviare una prima selezione in loco dei candidati: le diverse associazioni campane dovranno inviare alla Regione una rosa di 3 candidati pre-selezionati in base al profilo professionale richiesto: qualsiasi Laurea ad indirizzo legato al settore turistico, ottima conoscenza dell'italiano, esperienze nel settore (stage, diplomi, attività formative ecc.) . Avvertenza: Solo nel caso non fossero disponibili laureati nel settore, si terrà conto di proposte di diplomati, comunque con esperienza nel settore. Di seguito al ricevimento delle proposte si procederà, costituendo una Commissione di 3 esperti (composta da 1 rappresentante della RegioneSettore Emigrazione, 1 rappresentante della Filef Campania e 1 rappresentante scelto tra i principali partner del progetto) all' esame definitivo delle candidature sulla base di indicatori predefiniti e coerenti con le caratteristiche richieste dal bando istitutivo del corso e con le finalità dello stesso. Da tale selezione usciranno i 14-16 ammessi al corso. Si definirà quindi,completamente, il piano formativo, costruendo inoltre i data base che conterranno i dati rilevati dall'analisi dei profili professionali richiesti, applicando le metriche di valutazione degli skill , così da creare un file delle competenze disponibili e dei fabbisogni stimati a seguito della ricerca effettuata, della prima fase di monitoraggio svolta nonché degli scenari ipotizzati; c) pubblicizzazione e sensibilizzazione degli attori locali; d) pubblicizzazione dei nominativi degli ammessi al corso, secondo il paese di emigrazione; e) ricevimento all'aeroporto di Napoli e trasferimento alla sede di svolgimento dei corsi e ai relativi alloggi (Hotel) (come nelle precedenti positive esperienze); f) conferenza stampa di presentazione del progetto e del corso, con la presenza di rappresentanti della Regione Campania, delle Istituzioni locali attive nella Regione, di operatori del settore turistico e della comunicazione. La seconda fase consisterà più direttamente in : a) corso di formazione secondo le modalità già descritte; allestimento somministrazione di un questionario ai partecipanti, utile per individuare le modalità più idonee per i percorsi cooperativi tra la regione Campania e i diversi paesi di emigrazione; b) stage secondo le modalità già descritte e sulla base della ricerca di otti- 140 -


mizzazione delle iniziative di cooperazione e sviluppo tra la Regione Campania e i paesi di emigrazione. In contemporanea si prevede l'utilizzazione di un efficiente sistema di comunicazione telematica attraverso la rete internet e intranet, e sistemi avanzati come il world web , la webcam e in qualche caso le video-conferenze con i paesi di emigrazione, assicurando lo scambio reale delle informazioni , dei documenti e di quant'altro potrà emergere e potrà servire a tenere aggiornati gli utenti del progetto. Si organizzerà altresì una competenza telematica locale, per poter tenere aggiornare le proprie pagine e provvedere alla tenuta del sito web e alla costruzione di data base comuni fornendo ai partner locali, regionali e transnazionali le necessarie informazioni per il caricamento dei dati. Saranno anche affrontate le modifiche necessarie per migliorare le politiche di cooperazione con i nostri migranti all'estero. La fase finale sarà rappresentata da: a) Seminario finale , con presentazione dei report e delle principali indicazioni fruibili per la viabilità e continuità del progetto, in termini di efficienza e di efficacia, nonché di pari opportunità. Presentazione di prodotti: cdrom, pubblicazioni, costruzione e strutturazione della rete permanente con gli Agenti dell'emigrazione campana 2; b) Ipotesi di Progetto di fattibilità per la Creazione di un'Agenzia per la sostenibilità e continuità del progetto, o di strutture similari di cooperazione internazionale, composta dai giovani formati in Agenti 1 e Agenti 2 ,al fine di favorire- i contatti tra le istituzioni campane e del paese di emigrazione -promuovere e organizzare attività di interscambio e confronto tra le diverse esperienze nel settore turistico, nel campo economico-commerciale, delle politiche culturali, dell'educazione e della formazione- realizzare campagne promozionali per la maggior conoscenza della realtà campana dal punto di visto ambientale e turistico- realizzare esperienze innovative transnazionali nel campo della formazione e degli scambi tra lavoratori, giovani e piccoli imprenditori. In tale ambito saranno considerate prioritarie le attività finalizzate alla valorizzazione della figura professionale di esperto per lo sviluppo del turismo sostenibile ( nell'accezione precedentemente indicata). c) Partenza dei giovani formati con trasferimento all'aeroporto di Napoli. - 141 -


Partenariato 1) L'Eurocda-Salerno (European cooperation development Agency), ( già impegnata nel precedente progetto), sulla base di una larga esperienza di progettazione e gestione di progetti comunitari, darà un apporto significativo alla costruzione di una rete permanente e tematica (Agenti di sviluppo) con i nostri emigrati, inserendo il progetto nella rete Leo.net ( e nel relativo sito web) : trattasi di un progetto del FSE che ha già presenti 10 paesi europei, che si propone di valorizzare le politiche europee per l'impiego a livello locale; 2) IREFORR spa di Potenza ; con notevole esperienza nel settore (corsi di formazione), in particolare per quel che concerne il turismo culturale, religioso e rurale, nonché con esperienza di ideazione di progetti comunitari rivolti al mondo giovanile. L'Ireforr è inoltre partner principale del Dipartimento di Sociologia e Scienza della politica dell'Università di Salerno per l'allestimento di un Master di Primo Livello sull'Economia sociale, con Associazioni e Università di Tolosa (Francia) , Pecs (Ungheria) e Almeria (Spagna); 3) Provincia di Salerno, che garantirà il concorso delle strutture di riferimento, impegnate nel settore turistico, nonché un congruo cofinanziamento; 4) La Provincia di Benevento, che garantirà il concorso delle strutture di riferimento, impegnate nel settore turistico, nonché un congruo cofinanziamento. La stessa Provincia già impegnata nelle precedenti esperienze di Agenti 1 e Agenti 2 , sarà punto di riferimento per le altre Province ed Enti locali della Campania, favorendo la creazione delle condizioni affinché i giovani laureati partecipanti al corso di formazione divengano le vere e proprie antenne (Agenti) nelle società locali per sviluppare le reti di relazioni economiche e commerciali con la nostra Regione; 5) L'Azienda di Soggiorno e Turismo di Salerno, in collaborazione con le altre strutture della Regione; 6) L'Ente Provinciale per il Turismo di Salerno, in collaborazione con le altre strutture della Regione; 7) L'Associazione Industriali di Salerno, parteciperà con le specifiche competenze del suo specifico nucleo operativo legato al settore del turi- 142 -


smo, amplificando anche nelle altre sedi campane l'impatto del progetto, anche valutando nel merito la possibilità di cofinanziarlo. 8) La ditta di trasporti marittimi Autori (Salerno) , metterà a disposizione del progetto le sue strutture per la fase di stage; 9) CIRCLE, Centro di competenza nato per effetto dell'accordo firmato il 30 marzo 2004 tra Regione Campania e Nazioni Unite, avente sede a Napoli presso il Rettorato della Università "Federico II", collegato alla rete di Agenzie di sviluppo locale, presenti nelle aree del mondo in via di sviluppo, collaborerà ai moduli didattici e ad adeguare le metodologie della cooperazione decentrata all'attivazione di canali permanenti di scambio economico e culturale tra i campani emigrati all'estero e la stessa regione. 10) La Confapi regionale (Confederazione delle piccole imprese), (già impegnata nei precedenti progetti), collegata alle strutture provinciali e territoriali: collaborerà all'insieme delle attività, e in particolare alla fase di stage fungendo da tramite per amplificare l'impatto dell'iniziativa presso le imprese associate e verso l'esterno, attivandosi per individuare le strutture in grado di garantire la continuità del progetto anche all'estero; 11) Il Dipartimento di Sociologia e Scienza della politica dell'Università di Salerno, (già impegnato nel precedente progetto), collegato all'insieme dei Dipartimenti Universitari della Campania e ai Dipartimenti di Sociologia (rete Ais) italiani ed europei, collaborerà in particolare attraverso le competenze emerse dal Corso post lauream per "Agente dello sviluppo locale e dell'integrazione europea", svoltosi negli anni 2001-2002, alle attività di progettazione ( per quel che riguarda la scelta dei programmi del Corso di formazione e dei docenti) e di gestione (per quel che riguarda l'ambito universitario). Farà da tramite per amplificare l'impatto dell'iniziativa presso il mondo universitario (in particolare i giovani) e verso l'esterno ( altre Università), attivandosi per individuare le strutture in grado di garantire stage adeguati alle finalità del progetto; 12) La Camera di Commercio di Salerno, già impegnata nelle precedenti esperienze, attraverso la struttura di internazionalizzazione di Intertrade, sarà punto di riferimento per le altre Camere di Commercio della Campania, favorendo la creazione delle condizioni affinché i giovani laureati partecipanti al corso di formazione divengano le vere e proprie antenne (Agenti) nelle società locali per sviluppare le reti di relazioni turistiche, economiche e commerciali con la nostra Regione; 13) La Soprind Srl, società di engineering,organizzazione e ricerche industriali, (già impegnata nel precedente progetto), collaborerà allo sviluppo - 143 -


dell'internazionalizzazione, agli stage in ambito locale, alle attività di monitoraggio e valutazione; 14) L'Osservatorio provinciale( SA)per gli italiani nel mondo (già impegnato nel precedente progetto): fornirà il suo contributo di esperienze scientifiche e di relazioni, parteciperà alla selezione del corpo docente, 15) La Filef nazionale (Roma) ( già impegnata nel precedente progetto) : metterà a disposizione la sua rete di rapporti con le comunità all'estero (400 sedi) per l'individuazione dei partecipanti al corso di formazione, parteciperà all'individuazione dei moduli didattici sulla base di esperienze recenti ed in corso, sulla stessa tematica del progetto, in Australia, nei paesi dell'America latina e con i giovani emigrati di seconda e terza generazione in Europa, metterà a disposizione la sua casa editrice e i suoi strumenti informativi ( bollettino, rivista, ecc), opererà per il coinvolgimento del CGIE dell'emigrazione italiana, di cui fa parte. Fornirà inoltre il supporto di materiali didattici: cdrom-video ecc. 16) Le diverse istituzioni locali che si renderanno disponibili nella fase preparatoria progettuale e per gli stage: in particolra gli Organi di informazione impegnati nella comunicazione legata al settore turistico; 17) NB: si chiederà, come già espresso in precedenza, anche il concorso delle altre associazioni dell'emigrazione residenti in Campania, in particolare dell'Istituto Fernando Santi e delle Acli per la scelta del corpo docente e per eventuali altre attività di collaborazione; si sperimenteranno forme di collaborazione attiva con la cattedra già citata dell'Università di Barcellona ( turismo futuro-turismo dei migranti) Modalità Realizzative Luogo di realizzazione Per il corso di formazione : Aula in Hotel (da definire): FILEF Campania in collaborazione con IREFORR spa (Ente formativo accreditato), con Eurocda Salerno e con i principali partner su indicati (Provincia di Salerno, Provincia di Benevento ecc,): aula attrezzata con tutti gli strumenti informatici e funzionali allo svolgimento delle lezioni (n.1 scanner, n.1 stampante laser, n. 1 HUB per il collegamento delle reti ad internet tramite linee ISDN , n. 1 videoproiettore collegato al server di rete, n.1 lavagna luminosa, n. 1 lavagna a fogli mobili, n. 5 postazioni hardware tipo Pentium 1000 suddivise in due reti , software tipo windows 2000, windows 1998, software vari) ; - 144 -


Per gli stages : presso i principali partner su indicati e le Strutture preposte allo sviluppo turistico della Campania (ad es.: Parco nazionale del Cilento e del Vallo di Diano, Contratto d'Area della provincia di Salerno), le Aziende, le strutture universitarie e associative, gli Enti locali, che saranno individuati nella fase di progettazione, di selezione dei partecipanti, di esame dei due tipi di questionario, che, come si è detto, saranno somministrati ex ante e in itinere; Sede centrale del progetto sarà quella della Filef Campania, in via Porto n°28 Salerno: dotata di locali -attrezzature (n.2 fotocopiatrici-videoproiettore-apparecchio televisivo -lavagna luminosa ), nella quale è in funzione una struttura di strumenti funzionali al coordinamento del progetto e di strumenti informatici (hardware: n. 7 postazioni tipo rete composta da 3 Pentium 4, 3 Pentium 2, 1 portatile ; software: windovs xp professional e suoi applicativi) per i collegamenti in rete con i partner locali - la Regione Campania- la rete Leo.net del FSE, le reti legate a IREFORR spa di Potenza, i paesi di emigrazione. Altre Sedi : quelli dei partner attuali, già elencati in breve in precedenza ( come può evincersi facilmente dall'esame delle loro caratteristiche, anch'essi dotati di strutture di supporto adeguate allo svolgimento del progetto), quelli che si aggiungeranno in corso d'opera; Sede alberghiera: Hotel (da definire), sulla base delle precedenti positive esperienze, col quale sarà stipulato un contratto di vitto e alloggio sulla base della migliore offerta costi/benefici. Durata del progetto: 21 giorni: Corso di formazione comprensivo di lezioni frontali, sussidi didattici (audiovisivi ecc, e stage) Durata ospitalità :21 giorni+ 1 giorno per accoglienza partecipanti e 1 giorno per partenza partecipanti : Totale 23 giorni Esso sarà preceduto da una fase di preparazione per la costruzione e l'invio dei questionari/moduli alle associazioni campane all'estero, esame e selezione delle candidature nel paese di emigrazione(prima fase) e nella Regione (seconda fase), ridefinizione dei programmi e delle sedi degli stages, organizzazione viaggi-albergo -trasferimenti, preparazione materiali didattici, reclutamento docenti, pubblicizzazione e sensibilizzazione, allestimento della reti telematiche già descritte); - 145 -


- la pubblicizzazione e sensibilizzazione. Esso sarà seguito da : 4 settimane conferenza stampa e Corso di formazione; 2 settimane : - stages, monitoraggio , allestimento report , messa a regime delle reti telematiche già descritte); valutazione finale, presentazione del progetto di continuità, adesione dei corsiste all' Associazione degli agenti dell'emigrazione ( già costituita nelle precedenti esperienze). Tempi e fasi di realizzazione : Nel merito se ne è già fatta ampia trattazione nei punti precedenti: si vedano le parti riguardanti la descrizione e le modalità realizzative. Fase finale/ valutazione ex post: 2 settimane. Destinatari: a) 14-16 giovani emigrati laureati, provenienti dai paesi europei ed extraeuropei dove è più fortemente rappresentata la comunità campana, secondo la seguente proposta: 1 per ciascun paese (Argentina, Australia, Brasile, Canada, Stati Uniti, Venezuela, Cile, Uruguay, Sud Africa, Belgio, Lussemburgo, Francia, Germania, Svizzera, Gran Bretagna, Svezia ). ( Si fa rilevare che, nel caso in uno o più paesi partecipanti non si riscontrassero le caratteristiche richieste per la partecipazione, per raggiungere il numero minimo di 14 partecipanti, si farà ricorso ai paesi dai quali è pervenuto il maggior numero di richieste qualificate). Questi giovani saranno i fruitori dell'intervento formativo " Agenti dell'emigrazione campana 3", e saranno i protagonisti di un positivo effetto a catena, conseguente alla buona riuscita del progetto ; b) l'Amministrazione regionale, principale beneficiaria del progetto in termini di know how, di relazioni da sviluppare, di promozione del Made in Campania, di attivazione dei processi di mainstreaming, di costruzione di un contesto di nuova fiducia presso le nostre comunità migranti, da valorizzare per quel che riguarda le future iniziative di cooperazione e di sviluppo locale; c) le associazioni campane nei paesi di emigrazione, destinatarie principali del progetto , dell'esperienza formativa, delle buone pratiche e dei servizi proposti dall'eventuale Agenzia di continuità; d) le associazioni dell'emigrazione, che potranno mettere in campo tutta la - 146 -


rete delle loro relazioni, utilizzando l'esperienza campana; e) l'Università di Barcellona, prima citata; f) le altre regioni italiane, in primo luogo quelle dimostrate interessate al precedente progetto : Abruzzo, Basilicata, Calabria e Sardegna; g) il Ministero degli esteri, in particolare la struttura con delega (Ministro Franco Danieli) per gli Italiani nel mondo; h) la Commissione Europea-DG impresa settore turismo; i) i deputati e senatori eletti nella circoscrizione Esteri; j) lo specifica Osservatorio per il turismo della Camera dei deputati; k) le amministrazioni locali, che potranno avviare iniziative positive in termini di cooperazione decentrata; l) i partner del progetto, con i quali sarà costituita una cabina di pilotaggio del progetto e organizzato il team operativo dello stesso, che si renderanno protagonisti anche dell'eventuale Agenzia per la Sostenibilità/ continuità -insieme ai partner regionali e locali; m) le Istituzioni e gli organismi pubblici , in specie le Università e i centri di formazione e ricerca, che potranno valorizzare la nuova esperienza formativa e sviluppare una rete di relazioni permanenti anche con le nostre comunità all'estero; n) gli organismi privati, in specie le imprese e i centri culturali, che potranno sfruttare l'occasione per nuove iniziative in campo economico e culturale; o) gli organismi internazionali preposti alla cooperazione internazionale, che potranno allargare il campo dei loro interessi in merito alla cooperazione con le comunità emigrate; p) le altre associazioni dell'emigrazione, residenti in Campania, prima citate. Verifiche ( descrivere le modalità previste di rilevazione in fase di realizzazione del progetto) La valutazione dell'intervento si articolerà in tre fasi principali: - valutazione ex ante; - valutazioni periodiche in itinere; - valutazione finale. La competenza di attivazione di tali attività sarà della Cabina di pilotaggio del progetto (composta come si è detto da rappresentanti di tutti i par- 147 -


tner) e affidata ad un team operativo selezionato in base a specifiche professionalità presenti tra i partner, nonché supportato da tecnici esterni al partenariato. Esso organizzerà periodici confronti con i responsabili della Regione Campania e con i giovani partecipanti ai corsi. Il monitoraggio transnazionale sarà realizzato da ciascuna associazione campana di riferimento dei giovani in formazione e formati, con la trasmissione periodica dei dati raccolti dai rispettivi sistemi di monitoraggio. Gli strumenti informatici di cui ci si avvarrà sanno inseriti nell'ambito del sistema informativo integrato del progetto e supportati da procedure informatizzate e software dedicati al fine di realizzare protocolli di colloquio che assicureranno l'omogeneità dei dati rilevati. Condizione per la buona riuscita del monitoraggio e della valutazione è la predisposizione di un sistema informativo tale da consentire informazioni utili e attendibili. Le informazioni che non saranno disponibili saranno effettuate con opportune rilevazioni ad hoc. Per identificare il contributo del progetto si costruirà un sistema di indicatori utilizzabili sia per il monitoraggio sia per la valutazione. Gli indicatori saranno così classificati: - indicatori finanziari e di input; - indicatori finanziari e fisici di realizzazione; - indicatori fisici di risultato ; - indicatori fisici di impatto. Gli indicatori di realizzazione considereranno i risultati delle attività secondo una tipologia suddivisa in: - assistenza alle persone e alle imprese; - azioni formative e di accompagnamento; - rafforzamento sistemi. Gli indicatori di realizzazione misureranno l'avanzamento finanziario e fisico per tipologia di azione prevista. Gli indicatori di avanzamento finanziario avranno cadenza bimestrale, tranne che per l'ultimo mese , al termine del quale presenteranno un'aggregazione di fine progetto. Gli indicatori di realizzazione fisica verranno rilevati su base bimestrale e verranno integrati a fine progetto con gli indicatori finanziari. Gli indicatori di risultato misureranno il raggiungimento degli obiettivi specifici (l'efficacia) del progetto, tra questi soprattutto gli effetti sui destinatari ( tasso di inserimento partecipativo). Gli indicatori di impatto misureranno l'efficienza del progetto: saranno analizzati per ogni singola azione e in rapporto alla strategia generale.

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Valutazione finale ( descrivere le modalità individuate di rilevazione sugli aspetti controllabili del progetto) Di essa si occuperà il team di cui al punto precedente, confrontandosi con la Regione Campania e i destinatari coinvolti nell'azione in sede di Seminario finale. Il percorso può essere così sintetizzato: - individuazione dei punti chiave, cioè degli aspetti che erano considerati critici ad inizio progetto e che è stato necessario tenere sotto controllo; - raccolta delle informazioni necessarie alla valutazione; - elaborazione di tali informazioni e valutazione ex post degli indicatori, cioè di quelle misure quantitative sintetiche in grado di fornire una rappresentazione di fenomeni complessi e di riassumerne l'andamento; - stesura del rapporto di gestione , nel quale sono contenuti i risultati degli indicatori, in forma aggregata. La valutazione in sintesi riguarderà: - la rilevanza del progetto; - la consistenza; - l'efficienza; - l'efficacia; - l'impatto; - la viabilità. La valutazione degli interventi verterà su 4 tipi di effetti: - effetti rispetto agli individui beneficiari; - effetti strutturali e/o impatti sulle performances di sistemi; - effetti di job creation; - effetti sullo sviluppo locale e la cooperazione.

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IL TESTO DI CARLO LEVI IN OCCASIONE DELLA FONDAZIONE DELLA FILEF

La Federazione italiana lavoratori emigrati e famiglie (Filef), dopo i primi mesi di preparazione e di inizio di organizzazione, dà principio alla sua concreta attività, in Italia e in tutti i Paesi di emigrazione, in tutti i campi, e ai vari livelli in cui la sua attività deve manifestarsi. La sua esistenza nasce da una necessità attuale, dai modi nuovi di una condizione umana antichissima, da una nuova coscienza che è sorta e si è maturata in questi anni nel mondo dell'emigrazione, che ha dato una nuova dimensione e un nuovo significato ai suoi problemi, che ha imposto, o va imponendo, anche a chi abbia interesse di nasconderlo o di rifiutarlo, la consapevolezza dell'emigrazione come uno dei problemi fondamentali della nostra società, della vita della comunità nazionale. Il fenomeno dell'emigrazione, resa forzata da strutture economiche e politiche che non consentono, in patria, condizioni possibili di lavoro e di vita a una larga parte di cittadini, non è mai stato finora considerato nella sua ampiezza e gravità, nel suo carattere determinante di un sistema sociale e economico che su di essa si fonde, che la rende obbligatoria, e che non potrebbe per ciò, senza una sua radicale trasformazione, estinguerla, o ridurla a problema marginale. E poiché l'emigrazione, con i suoi aspetti di espulsione dalle proprie radici e dalla propria terra, di rottura dei legami culturali e familiari, di esilio in paesi di costume e di lingua diversi, è in se stessa una realtà drammatica, piena di infinite tragedie, sacrifici e dolori, e non può non essere sentita che come una colpa collettiva, si è sempre cercato di nascondere i veri caratteri, di considerarla come un fenomeno naturale quasi esterno alla società nazionale, o di tacerne, o di coprirlo con l'ipocrisia dei buoni sentimenti e del paternalismo assistenziale, o dei falsi miti nazionalistici del nome d'Italia e del lavoro italiano. In queste condizioni, l'emigrante forzato, dopo essere stato espulso dal proprio paese, era del tutto abbandonato, e costretto a un reale e servile esilio. Ma in questi ultimi anni, in cui con straordinaria intensità e rapidità, in tutti i paesi del mondo, popoli e classi subalterni, rompendo la propria soggezione coloniale, sono andati, in modi diversi, affermando una nuova coscienza e una nuova libertà, anche il mondo della nostra emigrazione si è mosso dalla precedente condizione di immobilità, si è fatto, o si sta - 153 -


facendo, consapevole della propria realtà, dei propri bisogni, dei propri caratteri, della propria forza. E tutti coloro che si occupano, da vari punti di vista, del fenomeno dell'emigrazione, devono ormai tener conto di questa sua nuova realtà in sviluppo. E' questo modo moderno di affrontare i problemi della emigrazione, è questa maturità dei tempi, che ci ha mostrata come necessaria la fondazione della federazione, ci ha indicato gli indirizzi del suo lavoro. E' un movimento, che superando ogni limitazione e visione di parte o di partito, e rifiutando ogni paternalismo, prende forma secondo il principio dell'autonomia. Di esso devono fare naturalmente parte le associazioni autonome degli emigrati nei vari paesi, quelle che esistono e quelle che si andranno formando, e i singoli emigrati; e le loro famiglie nei paesi d'origine, e tutti coloro che, per diversi rapporti, sono, in qualche modo, toccati e determinati nella loro vita dal fenomeno dell'emigrazione. La federazione dovrà essere l'organismo democratico e lo strumento d'azione di quei milioni di italiani che riuniti da una condizione umana comune che li pone naturalmente a fianco di tutti gli uomini di ogni paese che lottano per la propria libertà e dignità umana, vanno riconoscendosi, non più cose o passivi strumenti di lavoro, ma come protagonisti. Perciò la federazione affronterà, con questo spirito nuovo, tutti i problemi dell'emigrazione: da quelli immediati e concreti, non più accettati come dono dall'alto, assistenza e beneficenza, ma affermati come diritto da conquistare con la lotta; a quelli fondamentali delle strutture economiche e politiche, e delle cause reali del fenomeno emigratorio, da emendare e modificare con la forza operante dell'organizzazione; quella continua inchiesta di base, presa di coscienza permanente e quotidiana della propria realtà; alla affermazione di un proprio valore di cultura. Il bollettino che inizia oggi la sua pubblicazione vuole essere, per ora, null'altro che un rendiconto sommario delle prime attività della federazione, e un contributo modesto, anche per l'iniziale scarsità di mezzi, allo sviluppo di questa realtà. Ma è nostro proposito e speranza che esso debba presto svilupparsi in un più largo e permanente strumento, che rappresenti, ad opera degli emigrati e delle loro organizzazioni che ne diventeranno i naturali redattori, la voce stessa dell'emigrazione, il luogo della sua espressione autonoma di nuova coscienza e di nuova realtà. Di fronte alla consapevolezza degli emigrati che partecipavano nel gennaio 1967 alla Conferenza di Roma, avevo detto, concludendo un mio intervento, che l'emigrazione non poteva più oggi, nella realtà e nell'animo degli emigrati, essere "il passivo esilio dei poveri, considerati una razza - 154 -


inferiore da espellere. E' oggi - dicevo - una battaglia che si combatte, fino in fondo, fino alle sue più remote conseguenze". Una battaglia contro l'alienazione, contro la servitù. Una battaglia che sta sullo stesso piano di quelle sociali per la terra, per il lavoro, per la libertà, a fianco di quelle che vedono popoli interi liberarsi della condizione coloniale e affacciarsi, nuovi alla storia; della grande lotta per un mondo umano. Così l'emigrazione, che è nei fatti, servitù, condizione coloniale, sacrificio rituale, mutilazione, razzismo, che è strumento di potere e mezzo di conservazione, diventa, per la nostra nuova coscienza, un punto di partenza per il rinnovamento totale della società, lo strumento della nuova cultura, il principio di una organizzazione operante, la leva per spostare il peso delle vecchie strutture, il nuovo elemento delle lotte operaie in Italia e in Europa, il lievito per spostare i paesi immobili; la ragione di un giudizio e di una condanna; il senso di una grande solidarietà storica mondiale, la scoperta e la rivelazione di una verità". Con questi pensieri, con questi sentimenti, con queste certezze che sono la realtà nuova e vivente dell'emigrazione, ci mettiamo oggi, tutti insieme, fraternamente al lavoro.

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Finito di stampare nel mese di maggio 2007 dalla “Tipografia Fusco� - Salerno



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