SEM 2020

Page 1

SEM 2020 La Società Escursionisti Milanesi si racconta

Club Alpino Italiano - Società Escursionisti Milanesi



SEM 2020 La SocietĂ Escursionisti Milanesi si racconta

S.E.M.

SocietĂ Escursionisti Milanesi Piazza Coriolano 2 20154 Milano 02 83412360 www.caisem.org facebook.caisem segreteria@caisem.org



Premessa all’edizione 2020 Dieci anni fa usciva il libro “La SEM nel 2010”, breve sintesi della nostra storia che aggiornava il precedente opuscolo uscito nel 2000. Dopo un decennio, è giunto il momento per una nuova edizione aggiornata. L’idea che sta dietro questo modesto lavoro è di mettere per iscritto quello che siamo e quello che facciamo, raccontare gli eventi più importanti per la SEM, ricordare le persone che hanno dedicato tempo ed entusiasmo nella nostra associazione. I primi dieci anni del nuovo millennio hanno visto la SEM adeguarsi ai tempi, modernizzare la propria forma societaria ed amministrativa e mi riferisco soprattutto all’essere diventati un’APS (Associazione di Promozione Sociale) ed aver acquisito la personalità giuridica. L’avvenimento principale di questo periodo è stato il cambio di sede. Abbiamo ricevuto da parte della proprietà (Comune di Milano), lo sfratto dal Casello di Porta Volta e in buona collaborazione con i funzionari del Comune è iniziata una lunga ricerca di locali adatti alle nostre necessità. L’attore principale di questa ricerca, tenendo buoni rapporti con i vertici del Comune e con gli uffici preposti è stata la Past President Laura Posani, e grazie a lei siamo riusciti ad ottenere la sede attuale di Piazza Coriolano. In questo decennio, le attività in montagna sono aumentate, aumentato il numero di accompagnatori, istruttori e di titolati CAI in tutte le discipline. Anche le attività culturali sono aumentate sia come quantità che soprattutto come qualità. In particolare, il Premio Marcello Meroni che è cresciuto fino ad assumere un ambito nazionale, non più solo milanese, con premiati provenienti da tutte le regioni italiane. Manteniamo stabilmente il numero di soci sopra quota mille, cosa che ci permette di avere degli introiti sufficienti per le spese della sede. Grazie alle donazioni dei Soci tramite il 5 x 1000 riusciamo a fine anno a far


quadrare i conti e finanziare le attività del Comitato Scientifico Culturale e del Premio Marcello Meroni. Gli altri gruppi interni sono autosufficienti e si finanziano con le loro attività senza ricevere contributi dal bilancio centrale. Le entrate dei rifugi sono interamente utilizzate per le manutenzioni straordinarie degli stessi. Ritengo la nostra una sezione del CAI veramente particolare perché ha un altissimo numero di soci che partecipano alle attività rispetto agli iscritti; quasi metà dei soci, contati includendo anziani e minori, è parte attiva, portando avanti attività in sezione: capi gita, istruttori e accompagnatori, organizzatori di conferenze, biblioteca o nel prezioso lavoro amministrativo e di segreteria. Siamo molto consapevoli che le nostre attività sul campo e in sede contribuiscono ad insegnare a chi entra in contatto con noi, l’amore per l’ambiente e la natura, la montagna in particolare e ad affrontare i vari percorsi consci delle difficoltà e dei pericoli dell’ambiente che frequentiamo. Il nostro sano ambiente sociale, la nostra attività, è portatrice di fondamentali valori sociali: rispetto, onestà con sé stessi e con gli altri, il concetto che gli obiettivi si raggiungono con sacrificio e dedizione, l’amicizia sincera tra le persone di ogni provenienza, ceto sociale e di ogni credo, il tutto insegnato soprattutto con l’esempio dei “vecchi” che sono il presidio fondamentale della SEM. L’auspicio è di riuscire a mantenere sempre il carattere di armonia e amicizia che accomuna tutti i soci nonostante le diverse e numerose attività che pratichiamo. L’armonia e l’amicizia tra i soci sono la caratteristica migliore della SEM. La sfida dei prossimi anni è di riuscire a coinvolgere nelle attività soci giovani che le portino avanti in futuro con la stessa filosofia. Questo libro riprende ciò che era contenuto nella precedente edizione arricchendola con la storia degli ultimi dieci anni. Raccoglie il contributo di tutti i gruppi che hanno voluto scrivere una relazione delle loro attività. Anche questa volta dobbiamo ringraziare chi ha contribuito alla stesura, impaginazione e controllo dello scritto: Lorenzo Bortoluzzi, Jeff Fava, Roberto Serafin, Gabriele Zerbi, Chiara Pesavento per le interviste e tutti gli autori degli articoli.

Il presidente, Roberto Crespi




SEM 2020 p. 11

1

La Società Escursionisti Milanesi 1.1 1.2 1.3 1.4 1.5 1.6 1.7 1.8 1.9

p. 45

2

Le Attività in Montagna 2.1 2.2 2.3 2.4 2.5 2.6

p. 113

3

4

Scuola ‘Silvio Saglio’ Gruppo Alpinismo Giovanile ‘Marcello Meroni’ Corso di Escursionismo ‘Nino Acquistapace’ Gruppo Grotte Milano Gruppo Seniores Gruppo Mountain Bike ‘Raggio x Raggio’

Le Attività Culturali 3.1 3.2 3.3 3.4

p. 143

La SEM Statuto e Finalità della Società Rapporto con la città di Milano Personalità Giuridica Organizzazione e Gestione della Società Finanziamento delle attività La Segreteria Soci La SEM in numeri La Sede

Comitato Scientifico Culturale Il Premio Marcello Meroni La Biblioteca, intitolata a ‘Ettore Castiglioni’ Stampa sociale e pubblicazioni

I Rifugi Alpini


p. 153

5

La Nostra Storia 5.1 5.2 5.3 5.4 5.5 5.6 5.7 5.8 5.9 5.10 5.11 5.12

p. 241

6

L’esperienza del ‘Gamba Bona’ e la nascita della SEM I primi 50 anni La SEM dal dopoguerra ai giorni nostri La storia dello sci in SEM Collaudo Anziani I Dirigenti dell’Associazione dal 1945 a oggi I grandi personaggi del passato Corollario SEM della storia di Ettore Castiglioni La storia delle sedi della SEM Breve storia dei Caselli di Porta Volta L’ultimo trasloco e la sede attuale Non una ma tante storie

Le Interviste 6.1 6.2 6.3 6.4 6.5 6.6 6.7 6.8 6.9 6.10

Dante Bazzana Dolores De Felice Nicla Diomede Oreste Ferrè Giacomo Galli Andrea Maconi Virginia Mandracchia Carlo Alberto Pinelli Mario Polla Laura Posani


p. 285

7

Relazioni e Articoli 7.1 7.2 7.3 7.4 7.5 7.6 7.7 7.8 7.9 7.10 7.11 7.12 7.13

L’altra faccia del progetto Bolivia: educare alla salute Vagabondando in Patagonia La SEM in Caucaso sulla cima del Monte Elbrus Agli albori del ciclismo: la Marcia Ciclo Alpina La Via del Gaggia Pizzo Palù m. 3828-3906-3881 Diario di una spedizione: Nepal 2012 Stouros 2011 Dalla Torre Costanza alla Tomasson... pensando a Mary Donna in quota... rosa Messico: spedizione italiana Tlàoc 2010 E... dopo un anno... ancora Rwenzori Relazione semiseria di un bel viaggio in Tanzania



1 La Società Escursionisti Milanesi foto Š Linda Streparola


1.1

La SEM

1.2

Statuto e Finalità della Società

1.3

Rapporto con la città di Milano

1.4

Personalità Giuridica

1.5

Organizzazione e Gestione della Società

1.6

Finanziamento delle attività

1.7

La Segreteria Soci

1.8

La SEM in numeri

1.9 La Sede


La SEM a cura di Roberto Crespi

La SEM, Società Escursionisti Milanesi, è un’associazione nata nel lontano 1891 con scopi ricreativi e culturali. L’associazione è cresciuta nel tempo rinnovandosi continuamente, ma mantenendo vivi i principi che la contraddistinguono quale luogo sano e famigliare dove i cittadini milanesi di tutte le fasce di età possono praticare la montagna in tutti i suoi aspetti ed in tutte le stagioni. Importante è l’aspetto di insegnamento delle tecniche di sicurezza nella frequentazione della montagna, svolto dai vari corsi e la divulgazione scientifica grazie ai molti convegni e conferenze tenute durante l’arco dell’anno. Ma ancor più importante è l’essere un presidio di educazione morale e una guida portatrice di valori sani in un periodo come quello che stiamo vivendo dove sembra che tutto si possa ottenere senza sacrificio e senza rispetto degli altri. L’amicizia, la parità di genere, la non discriminazione del diverso e la consapevolezza che l’ambiente va rispettato sono concetti che si respirano nella nostra associazione e sono insegnati con lezioni e conferenze ma più ancora con l’esempio quotidiano a chi ci frequenta anche solo per il breve periodo di un corso. L’attività dell’associazione, che ha superato i cent’anni di vita, è ben conosciuta in ambito alpinistico nazionale e locale. Nel 1991 alla SEM è stata conferita la “Medaglia d’Argento di Riconoscenza civica” del Comune di Milano per la sua attività nella città. Gli scopi e le finalità dell’associazione sono ben esplicitati nell’Articolo 5 del suo Statuto: a) diffondere, facilitare e rendere popolare la pratica dell’alpinismo in tutte le sue forme; b) tutelare gli interessi generali dell’ambiente montano e collaborare con tutti coloro – pubblici e privati - che si occupano di problemi ad esso connessi; La Società Escursionisti Milanesi

15


c) promuovere la conoscenza e lo studio delle montagne; d) promuovere attività di frequentazione responsabile dell’ambiente montano tra le quali: gite ed ascensioni collettive, corsi di istruzione e perfezionamento, conferenze, dibattiti, proiezioni; e) collaborare con il Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico; f) costruire e mantenere in efficienza sentieri, rifugi, bivacchi fissi ed altre opere alpine; g) assumere iniziative per la difesa dell’ambiente naturale montano; h) assumere ogni altra iniziativa atta a conseguire gli scopi sociali, in osservanza delle disposizioni emanate dal CAI. La SEM è un’associazione senza scopo di lucro, apolitica ed aconfessionale. Vicende storiche hanno fatto sì che da associazione indipendente, dal 1931 la SEM sia entrata a far parte del Club Alpino Italiano affiancando a Milano l’esistente sezione del CAI. È iscritta al No 156 del Registro Provinciale delle Associazioni senza scopo di lucro, Sezione F, APS (Associazioni di Promozione Sociale). Attualmente la nostra società conta circa 1100 iscritti provenienti da tutte le zone della nostra città e dai paesi limitrofi. I soci si ritrovano tutte le sere della settimana per le varie attività didattiche dei vari corsi escursionistici, alpinistici, sciistici e speleologici, per le conferenze e anche solo per incontrarsi e per scambiarsi esperienze, programmare escursioni, salite alpinistiche e organizzare gite sociali nella sede di Piazza Coriolano 2. La sede è aperta anche il mercoledì pomeriggio. La segreteria soci è aperta solo il giovedì di ogni settimana dalle 21.00 alle 23.00. Periodicamente la sede ospita conferenze, mostre pittoriche o fotografiche, proiezioni di film, presentazioni di libri sempre dedicati alla montagna in tutti i suoi aspetti scientifici e ricreativi. Le attività della SEM sono molteplici e, per poterle meglio coordinare si sono formati dei “gruppi interni”, che sono responsabili di organizzare e gestire la loro area di specializzazione.

16

La Società Escursionisti Milanesi


La Scuola di Alpinismo e Sci Alpinismo “Silvio Saglio” Organizza i seguenti corsi: - Corso di Arrampicata su Cascate di Ghiaccio - Corso di Sci Alpinismo (base e avanzato) - Corso di Sci Fuoripista - Corso di Sci Escursionismo - Corso di Alpinismo di base - Corso di Alpinismo di base per giovani sotto i 23 anni - Corso di Arrampicata su Roccia - Corso di Salite su Ghiaccio in Alta Montagna - Corso di Arrampicata Sportiva I corsi comprendono lezioni teoriche e pratiche. Le lezioni teoriche, tenute da esperti delle materie, vertono sull’insegnamento di tecniche alpinistiche e di cultura generale, quali ad esempio: come affrontare una gita in sicurezza, tecnica di progressione, topografia, meteorologia, geologia, tutela dell’ambiente alpino. Le lezioni pratiche sul campo sono tenute da istruttori del CAI, soci della nostra società, che assicurano l’insegnamento delle tecniche più aggiornate di progressione in sicurezza, contribuendo così a ridurre gli incidenti in montagna. L’organico istruttori della scuola attualmente conta 110 istruttori di cui 36 titolati, vale a dire abilitati da appositi corsi/esami istituiti dal CAI, che fungono da coordinatori e garanti della qualità di insegnamento. Nel solo 2018, i nostri corsi sono stati seguiti da circa 120 persone, cifra non indifferente tenendo conto del carattere estremo di queste attività. AG - Alpinismo Giovanile È il futuro dell’associazione, l’attività più cara. Portare i bambini, ragazzi, i nostri figli ad imparare ed apprezzare le bellezze della natura e della montagna. Organizzato con vari corsi per fasce di età dagli 8 ai 17 anni, tenuti durante il corso dell’anno compatibilmente con gli impegni scolastici dei ragazzi. Il Gruppo Grotte Milano GGM Il glorioso gruppo di speleologi di Milano che hanno fatto scuola in Italia e nel mondo. È un gruppo interno della SEM nato come associazione scientifica storica autonoma entrata in SEM negli anni ‘60, che mantiene comunque una sua indipendenza. Continua le sue proficue esplorazioni nelle grotte lombarde, è impegnato in spedizioni esplorative all’estero e ogni anno organizza il Corso di Speleologia. La Società Escursionisti Milanesi

17


Il Corso di Escursionismo “Nino Acquistapace” È un corso nato da pochi anni al quale partecipano mediamente 20 persone. Non va alla ricerca di difficoltà alpinistiche, ma si mantiene nella media montagna. Ha uno spiccato contenuto culturale. Il Gruppo Seniores Formato da soci anziani, organizza gite in montagna adatte ai seniores, contribuisce alla tenuta in ordine della sede, fornisce informazioni su corsi e attività della società, indispensabili. Il Gruppo Mountain Bike “Raggio x Raggio” Organizza un corso di istruzione alla guida sicura della MTB in montagna e numerose gite durante l’anno. Gruppo Gite Organizza gite escursionistiche, alpinistiche, sciistiche e a sfondo culturale di uno o più giorni durante tutto l’arco dell’anno. Tutte queste uscite sono sempre organizzate da capi gita qualificati in sezione che si occupano della logistica: prenotazione rifugi o alberghi, mezzi di trasporto, orari di partenza, descrizione degli itinerari, garantendo il sicuro svolgimento delle gite. Parete didattica di Arrampicata La sala arrampicata ospita una paretina didattica dedicata ai corsi e agli aggiornamenti tecnici. È attrezzata con alcune vie di salita e con ancoraggi per esercitarsi a predisporre soste e manovre alpinistiche. Data la sua altezza, circa sette metri ci permette di sperimentare delle calate e discese in corda doppia. L’utilizzo della parete è regolamentato e può essere utilizzata solo in presenza di un istruttore o accompagnatore della SEM. Il 12 Aprile del 2019 la paretina è stata dedicata a Franco Rainoldi compianto amico e istruttore della Scuola Silvio Saglio. Commissione Culturale Organizza conferenze, dibattiti, presentazioni di libri durante tutto l’anno. È un altro dei fiori all’occhiello della nostra associazione e garantisce l’aspetto di divulgazione scientifica che è uno degli scopi societari più importanti. La Biblioteca “Ettore Castiglioni” La biblioteca della SEM, con più di 3000 titoli, comprende libri di letteratura alpina, poesia, testi di geologia, biologia, antropologia, morfologia alpina disponibili a tutti. Sono disponibili inoltre tutte le più 18

La Società Escursionisti Milanesi


aggiornate guide alpinistiche su Alpi ed Appennini. Ampio anche il numero di pubblicazioni relative alle montagne di tutto il mondo. La biblioteca ha collezionato libri fin dal periodo della fondazione dell’associazione, alcuni di questi datano più di cento anni. Molti di questi, scritti da nostri concittadini (abbiamo copie autografe dall’autore), rappresentano una preziosa testimonianza di più di un secolo di storia alpinistica e storia milanese. Conserva inoltre la raccolta completa delle riviste che hanno fatto la storia della SEM e del CAI, e cioè: Le Prealpi, Lo Scarpone e La Rivista Mensile. Bacino di utenza Il bacino di utenza dei soci SEM e simpatizzanti è la grande Milano, intesa come Milano città e le sue cittadine satelliti. Abbiamo anche parecchi soci che abitano in comuni lontani o anche residenti all’estero. L’età dei soci va dai neonati, iscritti alla nascita da genitori soci fedelissimi, ai centenari che rappresentano la memoria storica della società. Il numero degli iscritti presenta un sostanziale equilibrio tra i due sessi, e le donne sono ben rappresentate anche negli organi decisionali societari. La SEM collabora attivamente con altre associazioni o gruppi milanesi legati alla montagna: organizza gite in collaborazione con altre sezioni del CAI, ospita il Comitato Glaciologico Lombardo, che controlla e registra l’andamento dei ghiacciai lombardi. La SEM ha anche un rapporto affettivo particolare con il coro alpino ASPIS di Milano, che conta parecchi dei suoi componenti tra gli iscritti del sodalizio. La SEM è gemellata con il CAI ULE di Genova dal 1994. Rifugi Alpini La SEM possiede 2 rifugi alpini: il rifugio Zamboni Zappa all’Alpe Pedriola nel comune di Macugnaga (VB) e il rifugio Omio all’Alpe dell’Oro, comune di Val Masino (SO). I rifugi del CAI sono aperti ai soci e non soci, sono meta di gite e sono la base per le salite sulle vette delle montagne vicine.

La Società Escursionisti Milanesi

19


Statuto e Finalità della Società

Lo Statuto della SEM è in linea con i requisiti e le finalità richieste dal Club Alpino Italiano di cui fa parte e le indicazioni di Legge per quanto riguarda le APS (Associazioni di Promozione Sociale), all’albo delle quali è iscritta la nostra società. Fu emesso per la prima volta dai fondatori nel 1891; nonostante mantenga lo stesso spirito della prima stesura, lo statuto è stato revisionato più volte per adeguarlo ai cambiamenti della società civile. Lo statuto attuale è datato 16 Novembre 2016 e verrà revisionato il prossimo anno per adeguarlo alle richieste della nuova legge per il Terzo Settore. L’Assemblea dei Soci e il Consiglio Direttivo sono gli organi che governano la società, danno indirizzi ai gruppi, eleggono il Presidente, preparano e approvano i bilanci preventivo/consuntivo. Tutte le cariche sono volontaristiche e gratuite. La copia integrale dello Statuto è disponibile sul nostro sito.

20

La Società Escursionisti Milanesi


La SocietĂ Escursionisti Milanesi

21


Rapporto con la città di Milano a cura di Laura Posani

La SEM ha sempre avuto un rapporto privilegiato con la cittadinanza di Milano, in primo luogo perché la stragrande maggioranza dei soci è formata appunto da cittadini milanesi di tutte le fasce sociali e di tutte le età. Poi perché la SEM, come tutte le altre associazioni senza scopo di lucro, svolge un’azione benefica per i cittadini come centro di aggregazione insegnando l’avvicinamento alla montagna e fornendo le nozioni necessarie per la pratica in sicurezza degli sport alpini. Ancora oggi, grazie alla buona organizzazione di gite e corsi, permette anche alle fasce meno abbienti di trovare uno sfogo domenicale “alternativo e salutare” ad un costo contenuto. Negli ultimi 10 anni si è ulteriormente giunti ad un rapporto continuativo, collaborativo e di sostegno reciproco con l’amministrazione cittadina grazie soprattutto ad alcune attività svolte dalla SEM ed ormai ampiamente strutturate. Una di queste è il Premio Marcello Meroni, di cui si parla ampiamente nel capitolo dedicato, che ha visto la costante presenza del Consiglio di Zona 1 e Zona 7 per la sua realizzazione; anche lo stesso Comune di Milano ha voluto esprimere il proprio sostegno e riconoscimento nei confronti di questo prestigioso premio nell’ambito della montagna, ospitando l’evento per ben due anni nella preziosa Sala Alessi di Palazzo Marino. Per il suo impegno nel sociale la SEM è stata più volte invitata dall’Assessore alle Politiche Sociali a parlare della propria attività: la pluriennale collaborazione tra SEM e “La Cordata”, uno tra i migliori e vitali esempi di cooperativa sociale che Milano possa vantare, è stato uno dei temi illustrati all’interno dell’annuale appuntamento con il Forum delle Politiche Sociali. Nei nove anni di attività SEM-LaCordata, sono stati avvicinati alla 22

La Società Escursionisti Milanesi


montagna, alla sua valenza ludica, educativa e sportiva un centinaio di ragazzi extracomunitari non accompagnati, tra i 16 e 18 anni, appartenenti al Progetto “Case Saltatempo”. Questo Progetto, con i suoi Educatori, rappresenta all’interno de La Cordata un punto di riferimento importante per il Comune di Milano che affida questi ragazzi alla Cooperativa al fine di dare loro una casa, un titolo di studio ed una professione, oltre a favorirne l’integrazione. La collaborazione SEM-LaCordata è un punto di saldatura importante tra lo spirito del CAI ed il suo ruolo anche nel sociale. A tutto titolo si inserisce all’interno della montagnaterapia, realtà ormai ben strutturata nel CAI con linee guida precise, che si rivolge a quelle fasce di popolazione che presentano una qualche fragilità fisica, psichica o sociale. A questo proposito con il CAI Milano, che si appresta a dar vita ad un percorso dedicato per disabili motori e non vedenti sul Monte Stella, la SEM si renderà disponibile a offrire un servizio di accompagnamento ai disabili motori con l’uso delle Joelette. La medaglia d’argento del Comune di Milano alla SEM Il 7 dicembre 1991, il Comune di Milano ha conferito alla Società Escursionisti Milanesi la Medaglia d’Argento di Riconoscenza Civica con la seguente motivazione: “Nata cent’anni fa, ha portato avanti l’impegno di diffondere e rendere accessibile a tutti la pratica dell’escursionismo alpino. La passione, e l’azione propositiva dei suoi animatori, rivolte soprattutto alla formazione dei giovani ed al loro avviamento all’amore per la montagna, non sono mai venuti meno nell’intero arco della sua storia. Ispirata alla semplicità ed alla concretezza proprie del più genuino spirito ambrosiano, la Società ha accumulato numerosi e meritatissimi riconoscimenti.” Nella motivazione del riconoscimento, riteniamo particolarmente azzeccato il riferimento ai giovani ed alla loro formazione.

La Società Escursionisti Milanesi

23


24

La SocietĂ Escursionisti Milanesi


Personalità Giuridica a cura di Silvana Savoldelli

La S.E.M. Società Escursionisti Milanesi, fondata nel lontano 1891 è un’A.P.S. ovvero una Associazione di Promozione Sociale. Per associazioni di promozione sociale, in diritto si intendono delle associazioni riconosciute (cioè aventi una personalità giuridica) e non riconosciute, movimenti e le altre aggregazioni sociali costituite al fine di svolgere attività di utilità sociale a favore di associati o terzi, senza finalità di lucro. La distinzione tra associazioni riconosciute e associazioni non riconosciute è fondamentale, specialmente per quanto riguarda l’aspetto della responsabilità per l’adempimento delle obbligazioni contratte in nome e per conto dell’associazione. La differenza tra le due categorie sta nella modalità di costituzione, nel riconoscimento o meno della personalità giuridica e nel livello di responsabilità degli amministratori. Soffermiamoci per un attimo a valutare quali e quante obbligazioni la S.E.M. contrae ogni anno per svolgere la sua attività istituzionale: ogni volta che viene organizzato un corso o una gita, la S.E.M. assume un’obbligazione con ognuno dei partecipanti a svolgere un corso od a condurre a buon fine un’escursione. In particolare, l’art. 38 del Codice civile regola l’adempimento delle obbligazioni per le associazioni non riconosciute e recita: “Obbligazioni. Per le obbligazioni assunte dalle persone che rappresentano l’associazione, i terzi possono far valere i loro diritti sul fondo comune. Delle obbligazioni stesse rispondono anche personalmente e solidalmente le persone che hanno agito in nome e per conto dell’associazione” Vero è che il criterio della responsabilità personale e solidale dei rappresentanti delle associazioni è stato ampiamente mitigato dall’art. 6 c. 2 L. 383/2000 che ha introdotto il beneficio della preventiva La Società Escursionisti Milanesi

25


escussione e cioè imponendo di rivalersi in prima battuta nei confronti dell’associazione e solo in un secondo momento nei confronti degli amministratori dell’associazione stessa: “Per le obbligazioni assunte dalle persone che rappresentano l’associazione di promozione sociale i terzi creditori devono far valere i loro diritti sul patrimonio dell’associazione medesima e, solo in via sussidiaria, possono rivalersi nei confronti delle persone che hanno agito in nome e per conto dell’associazione”. Ma comunque anche una responsabilità solo residuale è sempre un bel peso che grava sulle spalle di chi, gratuitamente e per puro spirito di associazione, si impegna e lavora. Si distinguono dalla categoria che abbiamo appena descritto le associazioni riconosciute e cioè quelle compagini che hanno ottenuto il riconoscimento della personalità giuridica da parte dello Stato. La personalità giuridica consente alle associazioni di avere un’autonomia patrimoniale perfetta, in altre parole si determina la separazione completa del patrimonio dell’ente da quello dei soci, che agiscono in nome e per conto dell’ente stesso. Inoltre, le associazioni riconosciute possono usufruire di particolari benefici previsti dalla legge, quali la possibilità di richiedere contributi da parte di enti pubblici o la possibilità di ricevere eredità e donazioni o di comprare immobili. Questo significa che le responsabilità di tipo economico derivanti da attività svolte in nome e per conto dell’associazione ricadono solo sull’associazione e sui suoi beni e non sui patrimoni delle singole persone che la compongono o degli amministratori. Ecco quindi che nel 2015 il Consiglio della S.E.M., ritenendo ormai anacronistica la forma associativa in considerazione dell’attività svolta e per tutelare maggiormente gli amministratori ed il presidente, ha deciso di sottoporre la questione all’assemblea dei soci, chiamandola a deliberare se richiedere il riconoscimento della personalità giuridica o meno. La decisione dell’assemblea è stata positiva ed abbiamo iniziato l’iter che ci ha impegnato per parecchi mesi. La costituzione dell’associazione riconosciuta è avvenuta seguendo una ben precisa proceduta formale prevista dalla legge. È stata quindi indetta un’assemblea straordinaria alla presenza di un notaio che ha redatto l’atto pubblico curando le successive formalità, tra cui la registrazione dello statuto. Era inoltre necessario stanziare un capitale, da rimanere vincolato a garanzia di solvibilità dell’associazione verso i creditori. Nel nostro caso, non avendo la disponibilità economica a causa degli ingenti lavori di ristrutturazione della nuova sede, abbiamo quindi deliberato di sottoporre a vincolo uno dei nostri due rifugi (la Omio). 26

La Società Escursionisti Milanesi


La domanda con tutta la documentazione è stata poi presentata in Provincia che ci ha accordato il riconoscimento che è avvenuto negli ultimi mesi del 2016. In questo modo la separazione patrimoniale totale si è perfezionata e ciò tutela e garantisce maggiormente gli amministratori della nostra associazione. Naturalmente tutto ciò vale solo in ambito civile, e ferme restando le eventuali responsabilità di carattere penale che sono strettamente personali.

La Società Escursionisti Milanesi

27


Organizzazione e Gestione della Società a cura di Roberto Crespi

L’organizzazione e la conduzione della nostra società è complessa e nonostante il carattere di volontarietà dell’associazione, la SEM è gestita in modo serio dalle molte persone che dedicano buona parte del loro tempo libero a questa incombenza. L’Assemblea dei Soci elegge: consiglieri, revisori dei conti/ probiviri e delegati alle assemblee del CAI. Il presidente è eletto dal Consiglio Direttivo, le altre cariche sono nominate dal consiglio direttivo o proposte direttamente dai gruppi interni. Riportiamo sotto i nomi delle persone e loro incarichi per l’anno 2019: CONSIGLIO DIRETTIVO Roberto Crespi Alberto Cozzi Laura Posani Dante Bazzana Nicla Diomede Lorenzo Dotti Sergio Franzetti Stefano Ronchi Andrea Nicola Rossi Mario Sacchet Silvana Savoldelli Enrico Tormene Gabriele Zerbi

28

La Società Escursionisti Milanesi

Presidente Vicepresidente Vicepresidente Consigliere Consigliere Consigliere Consigliere Consigliere Consigliere Consigliere Consigliere Consigliere Consigliere


REVISORI DEI CONTI e PROBIVIRI Maria Longari Revisore dei Conti / Probiviro Mauro Longari Revisore dei Conti / Probiviro Anna Vaccari Revisore dei Conti / Probiviro DELEGATI ASSEMBLEE CAI Laura Posani Enrico Tormene AMMINISTRAZIONE e SEGRETERIA SOCI Sergio Franzetti SEGRETERIA ISCRIZIONI Leila Kataoka Mauro Longari Enrico Tormene BIBLIOTECA ‘ETTORE CASTIGLIONI’ e MOSTRE Enrico Barbanotti Responsabile Anna Vaccari COMMISSIONE GITE SOCIALI Andrea Campioni Responsabile Mauro Longari Mario Sacchett COMMISSIONE RIFUGI Giovanni Brazzoli Alberto Cozzi Roberto Crespi Piero Risari COMITATO SCIENTIFICO CULTURALE Dolores De Felice Responsabile Enrico Barbanotti Nicla Diomede Gilberto Grassi Laura Posani Stefano Ronchi Gabriele Zerbi

La Società Escursionisti Milanesi

29


SITO WEB Enrico Barbanotti NOTIZIARIO SOCIALE ‘LA TRACCIA’ Luca Arzuffi Direttore Responsabile Gianfranco “Jeff” Fava Direttore Editoriale SEDE SOCIALE Oreste Ferré Filippo Venerus

Responsabile Tecnico Responsabile Programmazione

SCUOLA ‘SILVIO SAGLIO’ Antonio Mattion

Direttore

GRUPPO GROTTE MILANO Virginia Mandracchia

Presidente

CORSO DI ESCURSIONISMO ‘NINO ACQUISTAPACE’ Sergio Daniele Direttore ALPINISMO GIOVANILE Mario Polla

Responsabile

GRUPPO MTB ‘RAGGIO X RAGGIO’ Davide Bossi Responsabile GRUPPO SENIORES Enrico Tormene

Responsabile

GRUPPO SENTIERI E CARTOGRAFIA Lorenzo Dotti PREMIO MARCELLO MERONI Nicla Diomede Coordinatrice Comitato Organizzatore La società è gestita del Consiglio Direttivo su mandato dell’Assemblea dei Soci. Il braccio operativo della società è poi la Segreteria, che si occupa di gestire le spese correnti sempre nel rispetto delle decisioni del Consiglio Direttivo. La Segreteria si occupa di un’infinità di cose: dal pagamento delle 30

La Società Escursionisti Milanesi


bollette al ritiro e distribuzione della posta, nonché dell’organizzazione delle varie manifestazioni societarie. Si occupa del tesseramento Soci ed essendo la SEM una sezione CAI, la segreteria deve anche occuparsi dei rapporti amministrativi con la Sede Centrale CAI. L’anima della segreteria è il sempre presente Sergio Franzetti. Delle iscrizioni sono incaricati Mauro Longari con Leila Kataoka ed Enrico Tormene che si occupa in particolare dei programmi informatici per la gestione dei Soci. Le varie attività pratiche sono poi svolte dai Gruppi, più o meno corrispondenti con gli OTC (Organi Tecnici Periferici) del CAI, che sono delle piccole organizzazioni interne con gestione di budget proprio. I consuntivi di tutti i gruppi sono poi consolidati a fine anno nel bilancio della società SEM.

La Società Escursionisti Milanesi

31


Finanziamento delle attività a cura di Roberto Crespi

La Società SEM non riceve alcun contributo ordinario da parte del Comune, della Provincia della Regione o altro ente pubblico o privato; il finanziamento di tutte le attività ed il mantenimento della sede sono interamente basati sul contributo volontario dei soci tramite la quota d’iscrizione annuale, eventuali donazioni sempre da parte dei soci e la quota di partecipazione alle varie attività da parte di chi ne fruisce. Data l‘iscrizione all’albo Provinciale delle Associazioni di Promozione Sociale, abbiamo ora accesso al contributo del 5 per 1000 del reddito di chi decide di devolverlo alla nostra associazione. Va evidenziato inoltre che la quota versata annualmente dai soci viene in parte versata al CAI Centrale e parte rimane in cassa della società per le sue spese di gestione. I gruppi interni sono autofinanziati dalle quote di iscrizione dei corsi che servono per i rimborsi spese agli istruttori e accompagnatori ed al ripristino dei materiali tecnici necessari per i corsi. La cifra che ogni anno viene raccolta dall’affitto dei rifugi è totalmente utilizzata per la manutenzione degli stessi. Questa cifra è assolutamente insufficiente dati i costi di manutenzione di tali strutture e in caso di manutenzioni straordinarie il CAI Centrale, Commissione Rifugi, e gli enti locali hanno in passato contribuito ad alleggerire le spese sostenute dalla Società. Questi ultimi anni hanno visto il cambio di sede dal Casello di Porta Volta alla nuova sede di Piazza Coriolano 2. Lo stabile era in condizioni precarie, con muri e tetto da ripristinare, tutti gli impianti tecnici da fare o da rifare. Per poter portare a termine tutti questi lavori è stato necessario uno straordinario esborso economico che è stato coperto in parte con i fondi accantonati prudentemente dalle varie amministrazioni negli ultimi vent’anni e derivanti dalla vendita del rifugio Cavalletti e da 32

La Società Escursionisti Milanesi


sostanziose donazioni da parte di Soci fedelissimi. Una targa posta nella sala Bramani elenca i soci che hanno effettuato le donazioni. Altri soldi sono stati raccolti grazie ad una campagna di iscrizioni anticipate di tre anni. Mancavano ancora molti contanti che sono stati reperiti grazie ad un prestito straordinario non fruttifero dal CAI ottenuto grazie all’impegno della Presidente di allora: Laura Posani. Restituiremo questo prestito in dieci anni. Il contratto firmato con il Comune di Milano per l’affitto di questi locali in Piazza Coriolano prevedeva la ristrutturazione a nostre spese avendo come contropartita il poter stare in questi locali per 30 anni senza il pagamento di affitto. Durante i prossimi 30 anni riaccantoneremo dei fondi affinché chi ci seguirà si troverà nelle stesse condizioni finanziarie da cui siamo partiti con il contratto di affitto dei nuovi locali. In conclusione, la SEM mantiene la sua piena indipendenza finanziaria e grazie alla tradizione di oculate gestioni economiche da parte degli amministratori che si sono susseguiti fin dalla fondazione ci permette di portare avanti le nostre attività in piena tranquillità ed autonomia.

La Società Escursionisti Milanesi

33


34

La SocietĂ Escursionisti Milanesi


La Segreteria Soci a cura di Mauro Longari

Sono diventato socio della SEM nel 1998, anno in cui ho frequentato il XXV corso di alpinismo. Alla fine del corso, come purtroppo spesso accade, la maggior parte degli allievi si è dispersa ai quattro venti, tranne un piccolo nucleo che ormai fa parte del cosiddetto “zoccolo duro” della SEM. Del mio primo anno in SEM non ho ricordi particolari riguardanti la segreteria; conservo sempre la ricevuta del mio primo bollino: si tratta di una ricevuta in bianco stampata con una stampante ad aghi, compilata a mano da Sergio Franzetti (da sempre segretario della SEM insieme a Etta Ferluga) e recante un timbro con data e numero progressivo. Da quella vecchia ricevuta abbiamo fatto parecchi passi avanti. Ho cominciato a lavorare nella segreteria della SEM nel 1999 quando si cominciò a prendere in considerazione l’idea di informatizzare l’archivio soci e la gestione dei rinnovi per cercare di eliminare il più possibile le code allo sportello, specialmente nei mesi da gennaio a marzo, che sono quelli in cui si registra maggior affluenza di soci per i rinnovi delle quote. Enrico Tormene, che conobbi in quell’occasione, aveva appena predisposto un nuovo software per gestire i rinnovi; dopo 14 anni di eccellente lavoro, il software è stato completamente rifatto da me in occasione dei rinnovi 2014. Quel primo anno di informatizzazione della segreteria, il fatidico anno dei rinnovi 2000, è stato particolarmente difficile: bisognava sottoporre a interrogatorio tutti i soci per controllare la correttezza dei dati anagrafici da inserire nell’archivio informatico; inoltre i conti di fine serata erano sempre complicati perché, a causa della grave situazione finanziaria di allora, il Consiglio, come anche nel 2016 in occasione dei lavori di restauro della nuova sede, aveva deliberato di permettere ai soci che volessero dare un aiuto alla sezione di rinnovare in anticipo a loro scelta per uno, due o tre anni. La Società Escursionisti Milanesi

35


Finito questo periodo di rodaggio pensavamo di riuscire ad abbassare i tempi di attesa, ma il nostro CAI centrale, sempre più burocratico, puntualmente ci affligge con nuovi adempimenti e obblighi… - con i rinnovi 2003 è apparso il primo modulo della privacy da far compilare e firmare a tutti i soci... - con i rinnovi 2009, ecco arrivare il modulo dell’integrazione assicurativa, da far compilare e poi da fotocopiare … - anno Domini 2014: nuovo modulo della privacy che sostituisce i precedenti: altre code assicurate! - 2015: nuovi moduli (per fortuna aboliti due anni dopo) per le assicurazioni degli istruttori… che gioia! - 2016: possibilità di rinnovo triennale deliberata dal Consiglio per raccogliere fondi: lavoro a non finire e code, code, code! - 2018: ennesima versione dei moduli per la privacy… no comment! Nel frattempo, abbiamo fatto importanti passi avanti: dal mese di novembre 2007 abbiamo il bancomat e dal 2008 una linea ADSL; abbiamo più volte sostituito i computer e le stampanti con macchine più potenti e da quando ci siamo trasferiti nella nuova sede, grazie all’impegno del nostro socio e istruttore Domenico Pesavento, possiamo disporre di una rete alla quale sono collegati i PC, le stampanti e un’unità di backup. Dal 2016 la brava Leila Kataoka ci affianca allo sportello il giovedì sera durante l’orario di apertura. Forse i soci che frequentano la segreteria solo per rinnovare non si rendono conto fino in fondo di quanto lavoro ci sia da svolgere al di fuori di quel paio d’ore di apertura settimanali: trasmettere i dati al CAI centrale, confrontare i loro tabulati dei rinnovi con i nostri, recepire i rinnovi di chi paga mediante bonifico e spedire i bollini, tenere aggiornati i dati anagrafici, preparare le tessere e archiviare il tutto... Il team della segreteria è attualmente composto da Etta, che non sta più allo sportello ma continua a svolgere un importante lavoro di archivio, Sergio, Enrico, Leila ed io: in segreteria però c’è sempre tanto (troppo) da fare: attendiamo volontari!

36

La Società Escursionisti Milanesi


La SEM in numeri a cura di Enrico Tormene

Come già è stato fatto nel 2010, vogliamo riassumere brevemente la composizione del corpo sociale così come si presenta oggi ed i dati risultano ora anche più significativi in quanto facilmente raffrontabili con quelli esposti una decina di anni fa. In realtà, chi vorrà togliersi la curiosità di confrontare i dati attuali con quelli di allora non troverà differenze di particolare rilievo, se non per il fatto che il corpo sociale è cresciuto, nel frattempo, di circa il 6,5% e non credo di sbagliare se affermo che anche la nostra bellissima nuova Sede ha avuto in questo la sua parte, oltre ovviamente al grande impegno profuso da tutti i responsabili dei vari gruppi interni, che tanto lustro danno alla nostra Sezione. La situazione descritta sotto è relativa al 2018 perché la situazione relativa al 2019 l’avremo solo nel 2020 quando questo libro sarà già stato stampato. Ebbene al 31 dicembre 2018 (massimo storico come numero di iscritti dei tempi recenti) la situazione era la seguente: Distribuzione soci al 31 Dicembre 2018 (totale 1101)

Uomini 63%

Donne 37%

La Società Escursionisti Milanesi

37


Vediamo poi, più in dettaglio, quale sia la distribuzione dei Soci in base alla loro categoria ed osserviamo che nel frattempo il CAI ha costituito una nuova categoria di Soci e precisamente quella dei Soci Ordinari Juniores (fascia di età dai 18 ai 25 anni) che gode di tutte le prerogative dei Soci Ordinari, ma è agevolata sul piano economico, pagando la medesima quota associativa dei Soci Familiari.

Suddivisione per categorie

17,1%

10,8%

7,4%

64,6%

Ordinari Ordinari Juniores Familiari Giovani Vitalizi

38

La Società Escursionisti Milanesi

0,2%


Turn-over nelle iscrizioni Come tutte le sezioni delle grandi città soffriamo di un marcato ricambio di soci; alcuni si iscrivono solo per partecipare ai numerosi corsi che organizziamo o perché hanno deciso per l’anno di usufruire dell’assicurazione CAI e purtroppo l’anno seguente non rinnovano. Dati i molti corsi che la SEM organizza, da noi questo fenomeno è più importante che in altre sezioni. Approfondiamo un po’ l’analisi della situazione. Alla fine del 2009 si era visto come, sul totale, si potesse stimare una base stabile di Soci attorno all’87%, contro un ricambio annuale di circa il 13%. Oggi i dati si sono leggermente affinati nel senso che la base stabile è scesa attorno all’86%, però il ricambio consta di una perdita (non rinnovo) di circa il 14% ed un recupero (nuovi soci) di poco meno del 17%, con un incremento di circa 3% sul totale.

Andamento Soci nell’ultimo anno

153

179

1075 1101

Soci precedenti

Numero nuovi soci

Numero soci uscenti

Nuovo totale soci

La Società Escursionisti Milanesi

39


Distribuzione per fasce d’età e sesso Vediamo poi quale sia attualmente la distribuzione dei nostri Soci suddivisi per fasce di età e per sesso. Così come dieci anni fa, il primo diagramma indica la suddivisione tra le seguenti le fasce d’età: - bambini generalmente accompagnati dai genitori (fino a 7 anni) - ragazzi fino a tutta la scuola media inferiore (inizio ufficiale dell’alpinismo giovanile), da 8 a 13 - adolescenti sotto la maggiore età (conclusione dell’alpinismo giovanile), da 14 a 17 - nuova categoria Ordinari Juniores, da 18 a 25 - adulti fino ai 30 anni, non più Ordinari Juniores - fascia dai 31 ai 45 anni (massimo sviluppo dell’attività lavorativa e famiglie con figli piccoli) - fascia dai 46 ai 60 anni (apice della carriera lavorativa) - oltre i 60 anni (fedelissimi ed inossidabili)

Soci uomini Socie donne

40

La Società Escursionisti Milanesi


Il prossimo diagramma, in una prospettiva leggermente diversa, mostra come i soci sono distribuiti semplicemente per fasce d’età.

15

235

62 42

331

81 63 272

Fino ai 7 anni

dai 26 ai 30 anni

dagli 8 ai 13 anni

dai 31 ai 45 anni

dai 13 ai 17 anni

dai 46 ai 60 anni

dai 18 ai 25 anni

oltre i 60 anni

Concludiamo la nostra presentazione della SEM in numeri con una nota di colore: dieci anni fa ricordavamo come tra i nostri Soci meno giovani – di età, ma non certo di spirito – ce ne fossero ben 57 (39 uomini e 18 donne) dai 75 in su. Ebbene oggi ne contiamo ben 76 (44 uomini e 32 donne) e tra questi alcuni decisamente ancora in ottima forma: basti ricordare che lo “Scarponcino d’oro” dell’ultima edizione del “Collaudo degli Anziani” è andato ad un “giovanotto” che, soltanto due mesi dopo ha compiuto la bellezza di 88 anni e risponde al nome di Roberto Cantù. Il record precedente apparteneva al Socio Fulvio Campiotti, che lo aveva conquistato nel 1988 all’età di 81 anni.

La Società Escursionisti Milanesi

41


La Sede a cura di Alberto Cozzi

Fin dai tempi del Sindaco Ferrari (1951-61) la SEM ha sempre avuto sede in stabili di proprietà del Comune di Milano (e di questa attenzione da parte del Comune bisogna darne atto): prima in via Ugo Foscolo poi nell’ex Casello Daziario di via A. Volta. Nel luglio 2012 l’Amministrazione Comunale ha deciso di destinare l’ex Casello ad altre utilizzazioni e quindi ha dato disdetta alla SEM, impegnandosi, però, a ricercare, di comune accordo, una nuova sede al fine di consentire “il prosieguo delle attività proprie della SEM, considerato l’alto valore sociale e culturale delle stesse” (come dicono gli atti). Sono seguiti due anni di incontri e di sopralluoghi in vari stabili di proprietà del Comune, finché, nel 2014 è stato individuato lo stabile di via Cenisio 2, con caratteristiche di posizione e di conformazione particolarmente idonee alle esigenze della SEM. La struttura era, però, in uno stato di completo degrado e necessitante di un importante intervento di recupero edilizio ma il Comune non intendeva addossarsi i costi della ristrutturazione. Bisognava, quindi, trovare una soluzione tecnica, economica e formale in grado di soddisfare le nostre esigenze funzionali, la sostenibilità economica nel rispetto delle nostre disponibilità finanziarie e gli stringenti vincoli normativi della Pubblica Amministrazione. Grazie al generoso impegno della Presidente Laura Posani nella gestione delle complesse trattative con i vari Uffici Comunali, si è concordato una concessione ad uso gratuito per un numero di anni tali da compensare, con il mancato pagamento del corrispondente affitto, la spesa iniziale a carico dalla SEM. Si è quindi definito, con l’aiuto dello Studio di Architettura Dubini, Risari e Melzi d’Eril per gli studi tecnici ed economici, un progetto di intervento congruo con la durata di 30 anni della concessione prevista. Il 23 dicembre 2014 la Giunta Comunale ha deliberato la concessione alla SEM dell’immobile e, dopo una ulteriore laboriosa 42

La Società Escursionisti Milanesi


La palestra di arrampicata

La SocietĂ Escursionisti Milanesi

43


definizione dei dettagli formali, il 16 giugno 2015 è stato firmato il relativo contratto. I soci Piero Risari, Alberto Cozzi e Roberto Crespi, versati nell’edilizia e nella gestione cantieri, hanno formato la squadra da affiancare allo studio DRM, incaricato della Direzione Lavori, per la definizione di dettaglio del progetto e il controllo dei conseguenti, in modo da garantire il raggiungimento degli obiettivi tecnici ed economici del progetto. Il 26 luglio 2016 è stato depositato in Comune il progetto esecutivo e, dopo la valutazione dei preventivi e la selezione dell’impresa esecutrice, si è dato il via ai lavori. Questi sono proseguiti, sempre seguiti dal gruppo dei soci tecnici e con qualche inevitabile sorpresa, fino all’estate del 2017 e, finalmente, con l’autunno dello stesso anno la SEM ha traslocato nella nuova sede. I costi sono stati notevoli, pur mantenendosi in un extra-budget inferiore al 5%, e qualche risparmio è stato possibile anche grazie all’impegno di diversi soci che hanno eseguito direttamente gli ultimi lavori di finitura. Un particolare ringraziamento va a Dante Bazzana e alla sua squadra di pittori, a Domenico Pesavento per la fornitura e l’installazione del nuovo sistema informatico e a Gianni Laganaro per la pavimentazione del locale biblioteca. E i ringraziamenti vanno anche a tutti i soci che hanno generosamente aderito alla raccolta fondi, coordinata da Lorenzo Dotti, e alla società VIBRAM, per il contribuito in ricordo del socio Vitale Bramani, al quale è stata dedicata la nuova sala conferenze. Per far fronte all’intero impegno economico si sono inoltre impiegati il fondo derivante dalla vendita del Rifugio SEM Cavalletti e i vari fondi a riserva. Ma il tutto non sarebbe comunque bastato e si sarebbe dovuto ricorrere ad un finanziamento bancario senza l’ottenimento, sempre grazie all’impegno della Presidente Laura Posani, di un consistente prestito infruttifero dal CAI centrale. Come da delibera assembleare, il prestito e i fondi verranno rimborsati e ricostituiti, nel corso della durata della concessione, con un’uscita a bilancio pari al mancato costo dell’affitto. Caratteristiche della nuova sede. L’edificio ha un solo piano, prospetta su piazza Coriolano, da cui vi si accede, e su un ampio cortile in comunione con uffici tecnici del Comune; è posto a 50 metri dall’uscita della stazione Cenisio della M5 e dalla fermata di 2 linee tranviarie; tale allocazione garantisce massima agibilità ai soci e isolamento totale (soprattutto nelle ore serali) da e verso attività rumorose. La superficie costruita è di mq. 320, articolata in un ampio salone per convegni; cinque locali multifunzionali; una segreteria; una hall 44

La Società Escursionisti Milanesi


di ingresso e i servizi igienici. A fine 2018, grazie all’impegno della Scuola Silvio Salvio, una delle sale multifunzionali è stata attrezzata con una palestra di arrampicata ad uso dei corsi di alpinismo. Lo stabile è dotato di impianti idrici, elettrici e di riscaldamento/ raffrescamento a mezzo pompa di calore, tutti di nuova realizzazione, salvo che in alcuni locali un tempo adibiti ad abitazione del custode, in cui sono stati ripristinati gli impianti esistenti.

La Sala Bramani

La Società Escursionisti Milanesi

45



2 Le Attività in Montagna foto Š Pierluigi Colalongo


2.1

Scuola ‘Silvio Saglio’

2.2 Gruppo Alpinismo Giovanile ‘Marcello Meroni’ 2.3 Corso di Escursionismo ‘Nino Acquistapace’ 2.4 Gruppo Grotte Milano 2.5 Gruppo Seniores 2.6 Gruppo Mountain Bike ‘Raggio x Raggio’


Scuola di Alpinismo, Scialpinismo, Arrampicata Libera e Sciescursionismo ‘Silvio Saglio’ a cura di Massimo Pantani

Nel 1958, grazie all’interessamento dell’alpinista-scrittore Silvio Saglio, all’epoca presidente della SEM, nasce in seno alla sezione una Scuola di Alpinismo che, grazie all’elevato livello tecnico dei suoi istruttori e alla continuità dimostrata nella conduzione delle attività didattiche (oltre una dozzina di corsi, tra roccia e ghiaccio, nei primissimi anni di vita), ottiene dal CAI, nel 1965, l’importante qualifica di “Scuola Nazionale”. Alcuni anni dopo la morte del suo promotore (avvenuta nel 1964) la Scuola verrà poi giustamente intitolata proprio alla memoria di Silvio Saglio. I primi anni Nel suo primo triennio di attività (1958-1960) i corsi della Scuola sono affidati alla direzione tecnica del forte alpinista Luciano Tenderini che, per l’occasione, consegue il titolo di Istruttore Nazionale di Alpinismo del CAI (anni dopo, diventerà Guida Alpina). In questo primo periodo Tenderini è coadiuvato da altri alpinisti di valore della SEM, quali Emilio Amosso, Aldo Antonioli, Cornelio Bramani, Luciano Maietti, Luciano Negri, Angelo Pavesi (detto Hondo) e Andrea Porta. Può qui essere curioso ricordare che la lezione a tema “Materiali d’alpinismo” del primissimo corso della neonata Scuola (il corso di roccia del 1958) fu tenuta da Riccardo Cassin in persona, per l’occasione invitato nella sede SEM di Milano, in Galleria Vittorio Emanuele, dall’amico Silvio Saglio. A partire dal 1961, e per circa un decennio, la Scuola è quindi diretta Le Attività in Montagna

49


dal forte e risoluto Sergio Lucchini (INA)(1), coadiuvato da Lucio Brambilla, Pino Cettin e Fabio Masciadri. In questo periodo storico vengono organizzati corsi di roccia sia primaverili sia estivi (questi secondi definiti “di perfezionamento”) e anche corsi di alpinismo (così chiamati, ma in realtà trattasi di corsi di ghiaccio d’alta montagna). Molti di questi corsi si sviluppano in Valle dell’Oro (Valmasino) e a Macugnaga utilizzando i rifugi SEM come basi di appoggio. All’epoca, l’organico della scuola è composto da una dozzina di istruttori tra cui, oltre a quelli già citati, ricordiamo i forti alpinisti Nino Acquistapace, Ernesto Ferrari e Luigi Magenes. Nel 1970, forti dissidi tra gli istruttori in merito alle attività e alla gestione della Scuola portano a una momentanea sospensione dei corsi e alle dimissioni del direttore Lucchini. Fortunatamente, l’anno successivo la Scuola trova nuovo vigore grazie all’intraprendenza di Oreste Ferrè, già fortissimo alpinista, e ben presto INA (titolo che, già a quei tempi, risultava indispensabile per poter dirigere una Scuola). Dopo pochi anni, anche l’amico e compagno di cordata Mario Bertolaccini si qualifica come INA, potendo così affiancare Oreste nella conduzione della Scuola, e dei corsi, per tutti gli anni Settanta. Tra i migliori alpinisti della SEM di questi anni, oltre ai citati Ferrè e Bertolaccini, ricordiamo anche il fortissimo Roberto Fragale (il cui curriculum annovera vie di assoluto prestigio quali la Cassin alla Cima Ovest di Lavaredo, il Diedro Livanos alla Cima Su Alto e anche una via nuova, aperta con il suo compagno di cordata Tino Donarini, la DonariniFragale al Campanile Alto di Brenta, nel 1970). Rammentiamo inoltre gli istruttori e alpinisti Franco Cagliari, i fratelli Griffini, Gianni Lipodio (persona ricordata da molti semini per le eccezionali doti tecniche e umane), Ambrogio Maggioni, Carlo Molinari ed Enrico Tormene (che sarà poi anche Presidente della SEM, a testimonianza del vincolo indissolubile che, da sempre, lega la Scuola Silvio Saglio alla sua sezione). Altri personaggi importanti che entrano nella scuola negli anni Settanta sono Gianmario Piazza (che diverrà poi INA e che sarà direttore del corso di roccia per ben dieci anni, dal 1982 al 1991), Massimo Cantu e Aurelio Triulzi. C’è da dire che, fin dalla sua costituzione, la Scuola aveva sempre dedicato le proprie risorse all’organizzazione di corsi di roccia e di alpinismo (ghiaccio) di un certo impegno e di una discreta difficoltà. (1)

Il titolo di Istruttore Nazionale di Alpinismo (INA), all’epoca, qualificava con “due stellette” l’istruttore che era stato abilitato dal CAI, dopo una serie di esami, a operare sia sulle Alpi orientali (dolomia e granito), sia sulle Alpi occidentali (ghiaccio e misto).

50

Le Attività in Montagna


Gianni Lipodio in azione sulla Cresta Sud del Salbitshen

Le AttivitĂ in Montagna

51


I corsi della Silvio Saglio erano cioè, per certi versi, “elitari”, accogliendo preferibilmente alpinisti già promettenti, e sfornando alpinisti provetti. Nei primi anni Settanta, un gruppo di soci vicini alla Scuola, tra cui Franco Bozzini, Roberto Fiorentini, Sergio Franzetti, Angelo Galbiati, Romano Grassi, Sansone Zuccolotto, e il loro capofila, Luigi Magenes, avverte la necessità di organizzare anche un corso meno impegnativo, il cui scopo non avrebbe dovuto essere quello di insegnare le più raffinate tecniche di roccia e di ghiaccio, ma piuttosto quello di avvicinarsi con sicurezza alla montagna, magari dai versanti più facili o dalle vie meno prestigiose. È così che nel 1974, inizialmente osteggiato - o comunque poco ben visto - dai forti alpinisti della Silvio Saglio (che si rifiutano di riconoscerlo tra le attività ufficiali della Scuola) nasce il primo corso di “Introduzione all’Alpinismo” della SEM (fu probabilmente anche il primo corso del genere in seno al CAI). I succitati semini, per l’occasione, si auto-battezzarono “accompagnatori” perché neanche gli organi centrali dell’associazione vollero riconoscere tale attività: il titolo di “istruttore” era infatti riservato solo a chi prestava un’attività ufficialmente riconosciuta all’interno di una Scuola d’Alpinismo. Quasi cinquant’anni dopo, possiamo dire che quell’intuizione fu quantomai giusta e opportuna: oggi il corso di alpinismo della SEM è pienamente maturo e costituisce, senza dubbio, uno dei fiori all’occhiello della Scuola Silvio Saglio. Arrivano le scarpette! Verso la metà degli anni Settanta, quando ancora non esistono le imbracature e ci si lega in vita con il “nodo Bulin”, mentre il sistema per assicurare il compagno è la “sicura a spalla” e l’utilizzo del casco è occasionale e ben poco diffuso, una serie di novità rivoluziona in breve tempo l’alpinismo. Iniziano per esempio a essere utilizzati prima i chiodi a pressione e poi gli “spit” (e, con questi, vien data la possibilità di superare placche di roccia altrimenti del tutto improteggibili). Le corde di perlon e nylon, fabbricate con procedure moderne, guadagnano in leggerezza e resistenza, mandando in cantina quelle pesanti, rigide e a grossi trefoli. L’onda lunga dei movimenti politico-sociali del “Sessantotto” porta anche in montagna nuove visioni, spesso dissacranti, come ad esempio l’idea che l’arrampicata non debba avere l’esclusivo fine di “raggiungere la cima” ma possa invece essere di per sé un gioco, uno sport dilettevole anche se vissuto a pochi metri da terra. In pochi anni, poi, lo sviluppo 52

Le Attività in Montagna


tecnico e tecnologico dei materiali alpinistici (si pensi alle piccozze, che divengono sempre più corte - e con lama ricurva - per poter essere usate in “piolet traction”) cambiano del tutto il modo di andare in montagna, e quasi sempre - peraltro - a vantaggio di una maggior sicurezza. Soprattutto, fanno la loro comparsa le rivoluzionarie scarpette da arrampicata a suola liscia. L’alpinista tipo del CAI, ciononostante, calza imperterrito i famosi “rigidones”, ovvero gli scarponi in cuoio a suola rigida, utilizzati sia per le passeggiate che per le più impegnative salite sulle grandi montagne. Con questi stessi scarponi si arrampica indistintamente, all’epoca, sulle guglie della Grignetta così come sullo Sperone della Brenva al Bianco... E nonostante l’evidente vantaggio che le scarpette danno sulle vie di roccia, per alcuni anni rimane obbligatorio (a causa di un antistorico “diktat” della Scuola Centrale del CAI) utilizzare gli scarponi rigidi durante i corsi di roccia. La rivoluzione in atto nel mondo alpinistico, tuttavia, non guarda certo alle “resistenze” del CAI e, ben presto, dalla tecnica frontale di arrampicata tipica degli scarponi, i primi autodidatti imparano a gestire e applicare le nuove movenze e i nuovi equilibri dettati da scarpette che, si dice, rendano più “facili” (fino a un grado in meno, si raccontava all’epoca...) le arrampicate su roccia. Con l’introduzione delle imbracature arriva inoltre anche il discensore e la possibilità di calarsi in corda doppia in maggior sicurezza (prima si scendeva la “doppia classica vestita”, con la corda che scorreva dietro la spalla e sul fondo schiena), mentre dal punto di vista tecnico è rivoluzionaria l’introduzione del freno “mezzo barcaiolo” che, ben presto, soppianta la sicura a spalla. La SEM, in questo vento di cambiamento degli anni Settanta, è una delle sezioni del CAI tra le più attente e veloci nell’assimilare le novità in arrivo. Parte del merito può probabilmente essere ascritto al corso di roccia del 1976, un corso particolarmente “fortunato” perché è qui che si incontrano cinque ragazzi giovani e bene affiatati che divengono - dopo poco tempo - istruttori della scuola: Andrea Gentilini (poi INA), Pietro Moretti, Laura Posani (poi ISFE(2) e, negli anni Duemila, primo Presidente donna della sezione SEM), Lino Tarenzi e Roberto Crespi (IA e anche ISFE, e poi anch’egli divenuto - in tempi recenti - Presidente della SEM). (2)

IA (istruttore titolato di alpinismo) – INA (istruttore nazionale di alpinismo) ISA (istruttore titolato di scialpinismo) – INSA (istruttore nazionale di scialpinismo) IAL (istruttore titolato di arrampicata) – INAL (istruttore nazionale di arrampicata) ISFE (istruttore titolato di sci di fondo-escursionismo) – GA (Guida Alpina) CNSASA (Commissione Nazionale Scuole di Alpinismo e Scialpinismo)

Le Attività in Montagna

53


Aurelio Triulzi in azione sul Campanile Alto di Brenta

54

Le AttivitĂ in Montagna


Questo gruppo di giovani, mostrando grande spirito d’intraprendenza, e riuscendo a coinvolgere anche i “più maturi” Oreste Ferré e Mario Bertolaccini, adotta fin da subito le nuove tecniche e i nuovi materiali, spingendo di fatto la Scuola verso orizzonti inesplorati. Tale spinta porta, inevitabilmente, anche a un ricambio generazionale per ciò che riguarda l’organico: molti istruttori lasciano il servizio, altri più giovani e meglio disposti verso le nuove tecniche alpinistiche vi entrano. La “nuova” Scuola Silvio Saglio, alla fine degli anni Settanta è ora composta da una ventina di istruttori. Oltre ai sempre validi Ferrè e Bertolaccini, è soprattutto Andrea Gentilini a stimolare il gruppo con le sue eccezionali imprese alpinistiche. Riportiamo di seguito, come esempio del livello tecnico raggiunto in questi anni, l’elenco delle salite effettuate nel 1978 dal complesso degli alpinisti di punta della SEM così come riportato dallo Scarpone CAI del gennaio 1979. Attività alpinistica della Scuola Silvio Saglio nel 1978 Alpi Marittime: Monte Matto, Spigolo E Bianco: Monte Bianco, Sperone E (della Brenva); Mont Blanch de Tacul, Coloir E (Gervasutti); Tour Ronde, Parete N; Tour Ronde, Via Normale; Roy du Siam, Via Contamine. Monte Rosa: Lyskamm Occ., Parete N; Pizzo Tignaga, Cresta SO. Gran Paradiso: Ciarforon, Parete N; Becca di Monciair, Parete N. Alpi di URI: Salbitschijen, Spigolo S; Bergeeschijen, Spigolo SE. Masino Bregaglia: Punta Milano, Via Normale; La Sfinge, Parete SE Via Bramani; Torre Est Cima di Zocca, Spigolo SE Via Parravicini; Pizzo Cengalo, Spigolo NO; Pioda di Sciora, Spigolo NO. Le Attività in Montagna

55


Disgrazia: Pizzo Ventina, Cresta NNE; Punta Kennedy, Cresta E; Pizzo Rachele, Sperone SE; Pizzo Rachele, Parete ENE; Pizzo Cassandra, Via Normale; Torrione Porro, Parete O Via Perego. Piccole Dolomiti: Baffelan, Via Verona; Primo Apostolo, Spigolo E Via Faccio; Brenta: Castelletto Inferiore, Via Heinemann; Castelletto Inferiore, Spigolo Gasperi; Castelletto Inferiore, Via Normale; Campanile Basso, Via Normale; Crozzon di Brenta, Spigolo N; Crozzon di Brenta, Via delle Guide. Pale di S. Martino: Pala del Rifugio, Spigolo NO; Dente del Rifugio, Spigolo NO. Catinaccio: Vajolet, Torre Delago Spigolo E Via Piaz; Sassolungo: Cinquedita Pollice Spigolo E Punta Gromhann, Spigolo S Via Dimai. Sella: 1a Torre, Spigolo O Via Steger; 1a Torre, Parete S Via Trenker; 1a Torre, Via dei Camini; 1a Torre, Via dei Pilastrini; 2a Torre, Via Gluck; 3a Torre, Via Jahn; Piz Ciavazes, Via del Torso; Sasso Pordoi, Parete SO Via Dibona. Fanis: Sass di Stria, Spigolo SE; Piccolo Lagazuoi, Parete S Via Ghedina. Cinque Torri: Torre Grande Cima Sud, Via Miriam; Torre Grande Cima Sud, Via Normale. Pomagagnon: Costa di Bertoldo, Spigolo S Direttissima. 56

Le AttivitĂ in Montagna


Traversata dal Rifugio Torino al Refuge des Cosmiques

Le AttivitĂ in Montagna

57


Lavaredo: Punta Frida, Parete S, Via Comici; Cima Piccolissima, Fessura E, Via Preuss; Cima Grande, Parete N, Via Comici. Anche negli anni seguenti continuano gli exploit alpinistici, e gli istruttori di punta della Scuola scalano il Cervino (Parete N Via Schmidt), il Civetta (Parete NO, Via Solleder), il Badile (Parete NE, Via Cassin), il Grand Capucin (Via degli Svizzeri) e tante altre. Purtroppo non mancano gli incidenti: il più grave capita a Michele Matasoglio, scomparso nel 1976 durante una salita in solitaria alla Cresta Signal, sul Monte Rosa. La Scuola mette gli sci! Se il livello tecnico medio delle salite alpinistiche in Italia, grazie alle succitate innovazioni di materiali e tecniche di scalata, si alza progressivamente e repentinamente, permettendo a sempre più alpinisti di compiere ascensioni fino a quel momento ritenute alla portata di pochi eletti, anche nell’alveo della Scuola entrano in questi anni, poco alla volta, alpinisti di rango destinati a segnarne la storia. L’attività di molti semini diviene via via sempre più intensa, sia con salite alle cime più difficili, sia con l’apertura di nuove vie. Ricordiamo, tra gli altri: Pietro Moretti che apre nel 1981 “Pelle di Daino” in Antimedale (con Dinoia e Roverselli) e Giovanni Chiaffarelli che apre nel 1984 “Breakdance” sul Medale (con Villotta e Zanetti), quest’ultima ancor oggi considerata una delle più difficili vie del gruppo delle Grigne. Il 1983 rimarca, per la Scuola, un ulteriore e significativo “cambio generazionale”: dopo ben dodici anni di ininterrotta direzione, Oreste Ferré lascia infatti il comando della Silvio Saglio ad Andrea Gentilini. Assieme a quest’ultimo, i nomi che scrivono gli anni Ottanta della Scuola (e ci limitiamo a tutti coloro che sono poi divenuti Istruttori titolati del CAI, impegnandosi quindi in posizioni direttive nei vari corsi) sono quelli di Dante Bazzana (IA, più volte direttore dei corsi di roccia e ghiaccio, nonché istruttore rimasto attivo nella Scuola fino ai 75 anni!); Claudio Bisin (attivissimo INA, per un biennio direttore del corso di ghiaccio, e per un anno sia del corso di roccia, sia di un insolito corso di roccia avanzato); Giovanni Chiaffarelli (IA); Marco Merlini (IA); Giuseppe Tappella e Roberto Vigo (entrambi IA ed entrambi direttori per un paio d’anni, del corso di ghiaccio). Un discorso a sé stante lo merita il corso d’alpinismo che, grazie 58

Le Attività in Montagna


soprattutto all’opera di istruttori e alpinisti di primo piano come Franco Chiaffarelli, Luciano Di Reda, Angelo Meani e Roberto Perolfi (tutti IA che si alternano alla direzione del corso negli anni Ottanta), acquisisce gradualmente la giusta importanza in seno alla SEM. Questo processo di crescita viene coronato, nel 1988, con la sua entrata - a pieno titolo - tra le attività ufficialmente riconosciute dalla Scuola Silvio Saglio. Nel frattempo, sotto l’impulso di Dante Bazzana, Claudio Bisin, Luciano di Reda e Romano Grassi, nel 1985 viene varato il primo corso di scialpinismo della SEM. Il direttore è Aldo Beretta, cui succede Gabriele Bianchi (che sarà poi, anni dopo, niente di meno che Presidente Generale del CAI). Ma l’impronta e l’ascesa definitiva dello scialpinismo in seno alla Silvio Saglio vengono dati soprattutto dall’apporto e dall’encomiabile lavoro di Romano Grassi (ISA), che ne cura brillantemente la direzione dal 1987 al 1992. Sempre nel 1985, si segnala anche la ripresa del corso di ghiaccio (grazie soprattutto all’iniziativa di Gentilini e Piazza che, per l’occasione, lo rinominano “di alta montagna”). Tale corso non era più stato messo a programma fin dal lontano 1973 e, da quel momento, diviene uno dei cardini delle attività della Scuola. Tra gli anni Ottanta e Novanta, la figura semina di Mario Bertolaccini diviene intanto un prioritario riferimento a livello nazionale, grazie all’enorme mole di lavoro che egli svolge prima come presidente della neonata Commissione regionale Lombarda delle Scuole di Alpinismo e Scialpinismo (da lui stesso ideata), poi come fondatore della relativa Scuola regionale, e quindi come membro - con incarichi di rilievo - sia della CNSASA (di cui scrive i primi regolamenti statutari) sia della Scuola Centrale di Alpinismo (per la quale contribuisce, tra l’altro, alla stesura dei primi manuali di tecnica e didattica - a tema alpinismo - del CAI). In pratica, diviene l’architetto dell’attuale struttura piramidale su cui si fondano oggi tutte le attività specialistiche del CAI, promuovendo la costituzione delle commissioni periferiche interregionali e delle relative scuole di alpinismo, con un lavoro determinante per la crescita di tutte le scuole del territorio italiano. Altrettanto importante, infine, è il suo ruolo nella nascita ed evoluzione di quello che ora è il Centro Materiali e Tecniche del CAI. Contemporaneamente, nella Silvio Saglio, fa notizia l’ingresso - tra le fila degli istruttori - di molti giovani che, grazie alle loro capacità e alle loro nuove idee, avrebbero poi portato in SEM concetti moderni e originali relativi alle tecniche (e alla didattica) dell’alpinismo. Si tratta di una vera e propria “ventata di gioventù” che porta, Le Attività in Montagna

59


Umberto, Dante, Roberto C. e Roberto M. sul Piz Ciavazes

60

Le AttivitĂ in Montagna


soprattutto, a una riscoperta di quell’etica alpinistica che l’ambiente del CAI, e della montagna in generale, aveva messo da parte una volta spentasi l’eco idealista della filosofia di Paul Preuss. Non a caso, in questi anni va di moda “liberare” le vie originariamente aperte in artificiale salendole senza l’ausilio di elementi esterni (staffe o altro), e nasce - o meglio, viene rivalutato - il concetto di “arrampicata sportiva”, ossia di quello stile puro e onesto nei confronti della natura, che si impone di scalare le pareti usando i chiodi esclusivamente come protezione dalla caduta e non come mezzo o ausilio di progressione. “Rivoltata come un calzino” L’effetto concreto di questa “botta di gioventù” che contrassegna la Scuola nel periodo a cavallo tra gli anni Ottanta e i Novanta si delinea soprattutto nell’opera di due “ragazzini terribili”, Luca Biagini e Nicolò Berzi, che - pur giovanissimi (Luca ha 16 anni quando si iscrive al corso di roccia del 1985, Nicolò, suo coetaneo, frequenta lo stesso corso a 18 anni, nel 1987) - in breve tempo diventano i nuovi punti di riferimento della Silvio Saglio. Entrambi dirigono corsi, si titolano con il CAI ai più alti livelli (INA) e ricoprono il ruolo di direttore della Scuola, finendo anni dopo con lo scegliere l’alpinismo come professione e diventare, di conseguenza, Guide Alpine. Prima di quest’ultimo passaggio, fanno tuttavia in tempo - di concerto con gli altri forti giovani alpinisti di quest’ultimo decennio di secolo: Renata Pelosini (primo istruttore, in tutta la SEM, a ottenere il titolo di INSA), Giacomo Galli (INA) e Marco Crivelli (INA, INAL) - a riorganizzare integralmente, con criteri moderni e per un certo verso “aziendalistici”, le attività della Scuola Silvio Saglio. Storicamente, infatti, i singoli corsi della Scuola erano da sempre abituati a vivere e agire in modo del tutto indipendente, con organici tra loro differenti oltre che con un’assoluta autonomia relativa alla gestione tecnica, didattica ed economica della propria attività. Tutto ciò comportava, all’evidenza, una diffusa carenza di uniformità (soprattutto nell’insegnamento delle tecniche alpinistiche) e generava situazioni di attrito tra componenti della Scuola che, invece, avrebbero potuto, e dovuto, dialogare costruttivamente. Così, dopo lunghe e agitate riunioni (perché la paura di non poter più coltivare il proprio orticello aleggiava palesemente su una buona parte del corpo istruttori) ecco arrivare la decisione che “rivolta la Scuola come un calzino”: con pari dignità, e mantenendo una parziale autonomia per alcuni specifici aspetti delle rispettive attività, tutti i corsi della Silvio Le Attività in Montagna

61


Saglio, dall’alpinismo allo scialpinismo fino allo sciescursionismo (che era stato avviato in SEM, a partire dal 1988, grazie a un’intuizione di Alfio Popi e alla competenza di Dario De Stefani che ne fu il primo direttore e il primo ISFE), vengono riuniti sotto l’unico cappello della Direzione, costituita per l’occasione da un collettivo partecipativo e rappresentativo delle varie voci delle Scuola stessa, che prende il nome di “Commissione Tecnica”. Gli anni Novanta diventano così il trampolino di lancio per una Silvio Saglio adesso bene organizzata, efficiente e coinvolgente, che non perde tuttavia quei tratti caserecci di “grande famiglia allargata” che da sempre ne contraddistingue l’identità. Il grande lavoro di riorganizzazione e di riassetto della Scuola effettuato in questi anni permette la creazione di un centro permanente di attività formativa di elevato livello (relativo all’alpinismo e allo scialpinismo in tutte le loro variegate sfaccettature) con un preciso indirizzo anche per ciò che riguarda gli obiettivi primari dei corsi, che devono innanzitutto puntare a formare alpinisti in grado di muoversi autonomamente, e in sicurezza, nei vari ambienti, piuttosto che puntare al mero “accompagnamento” degli allievi in belle o prestigiose ascensioni fini a se stesse. La Direzione della Scuola (sotto le vesti della succitata “Commissione Tecnica”... che ai tempi, probabilmente, pareva brutto che un organo superiore prendesse decisioni per tutti chiamandosi “Direzione”) coordina e controlla l’attività e il programma didattico dei vari corsi, per ciascuno dei quali sono previste lezioni teoriche che si tengono in sede, nel corso della settimana, e lezioni pratiche che si effettuano in montagna nei fine settimana. La Silvio Saglio diventa così, negli anni Novanta, non solo un utile mezzo per diffondere la pratica in sicurezza dell’alpinismo, dell’arrampicata e dello scialpinismo, ma anche un importante punto di riferimento per tutta la comunità alpinistica italiana. Sotto questo attraente impulso, l’organico cresce ulteriormente, cosicché altri validi alpinisti-istruttori si aggiungono al gruppo in questi anni: sul finire degli Ottanta entrano per esempio in SEM Giorgio Bagnato (IA), Riccardo Frigo (INA), Carlo Frova, Antonio Mattion (INA), Roberto Moiraghi, Franco Rainoldi (INAL), Elia Sartorio, Guido Valgattarri (IA-IAL) e Monica Viziano, mentre all’inizio dei Novanta tocca a Cristina Alvazzi (IAL), Valentina Casellato (GA), Daniela Donizetti (ISA), Massimo Pantani (INA), Francesco Pitonzo (GA) e molti altri. Bonatti ai Dru, Nord dell’Eiger, Diritto d’Autore al Badile, Fachiri alla Cima Scotoni sono, tanto per dire, alcune delle vie superate dai semini in questi anni. 62

Le Attività in Montagna


Nuovi orizzonti alpinistici... e nuovi corsi Mentre sulla roccia arrivano i trapani a batteria e sulle pareti spuntano i primi fix inox, mentre le imbracature basse prendono decisamene il sopravvento su quelle intere, e mentre l’utilizzo del caschetto diviene regola di prudenza imprescindibile, prende corpo in SEM, sempre sotto la spinta di Biagini e Berzi, anche un nuovo modo di fare alpinismo, attraverso l’esplorazione, l’apertura e la salita delle cascate di ghiaccio. Ancora con le picche belle dritte - seppure accorciate in lunghezza collegate all’imbracatura attraverso le coulisse (lunghi cordini ai quali ci si appende al momento di martellare gli “snarg” o di avvitare nel ghiaccio lunghi spinotti elicoidali prima, e gigantesche viti tubolari poi), nasce nel 1993 il primo corso di arrampicata su cascate di ghiaccio (con direttore Nicolò Berzi). E la SEM è la prima sezione del CAI a organizzare ufficialmente in Italia, tramite la Silvio Saglio, un corso di questo livello tecnico. Nota: a questo primo corso partecipa, in qualità di allieva, la già citata Valentina Casellato che, anni dopo, diverrà (oltre che moglie di Luca Biagini) la prima GA donna lombarda. In via sperimentale, nel 1994, parte anche il primo corso di Scialpinismo avanzato (con direttrice Renata Pelosini). Purtroppo, questo stesso anno porta anche una tragedia che ancora pesa nel cuore di tutti noi: l’amico Mauro Sala ci lascia, cadendo da un seracco durante un’uscita del Corso Regionale che lo avrebbe dovuto qualificare come ISA. A lui sarà dedicata, qualche mese dopo, una via aperta da Claudio Bisin sulla nord del Sassolungo. Nel 1995 la Scuola cambia ufficialmente denominazione e, con il riconoscimento dell’importanza della propria componente scialpinistica, diventa “Scuola Nazionale di Alpinismo e Scialpinismo - Silvio Saglio”. Ma i cambiamenti non sono ancora finiti. Nel 1998, sotto l’egida di Marco Crivelli e, soprattutto, di Umberto Pellegrini (INAL), vero e proprio “guru” della disciplina, la Scuola promuove il suo primo corso di arrampicata libera (il primo in tutta la Lombardia). E questo, nonostante il CAI non abbia ancora riconosciuto in via ufficiale tale attività fra quelle attinenti la propria missione. Così come accaduto pochi anni prima per il corso di cascate, anche qui la SEM “forza la mano” e anticipa i tempi, segnalandosi tra le prime sezioni in Italia a capire che l’arrampicata sportiva ha una propria dignità e una propria ragion d’essere, distinta e peculiare rispetto alle altre attività outdoor alpinistiche, e non merita - non più - d’essere riduttivamente intesa come semplice allenamento propedeutico all’andare in montagna. Ma la Silvio Saglio non precorre i tempi solo dal punto di vista Le Attività in Montagna

63


alpinistico… lo fa anche da quello informatico: è infatti tra le prime scuole del CAI a dotarsi di un sito web. Sui PC gira il nuovissimo Windows 95 quando, grazie all’opera illuminata di alcuni istruttori (inizialmente Umberto Pellegrini, Giorgio Bagnato, Paolo Prosperi e Massimo Pantani) le attività della Scuola vengono riversate su “interpop.it/caisem”, il primo storico sito web della scuola. In seguito, grazie al lavoro creativo e meticoloso di Marcello Meroni e Cinzia Marini, e poi alla professionalità di Lorenzo Castelli (a cui si deve l’ultima macroscopica ristrutturazione), per arrivare infine a Fabrizio Villa, il sito assumerà poi connotazioni, funzionalità e grafiche più moderne, rispondendo al nuovo indirizzo “caisem.org” adottato a partire dal 2006. Nell’ultima decade del secolo si afferma infine la tendenza, da parte di alcuni istruttori della Scuola, all’organizzazione di spedizioni alpinistiche (a volte alpinistico-scientifiche o anche alpinistico-umanitarie) extraeuropee patrocinate dalla SEM. È così che, partire dalla metà degli anni Ottanta, fino ad arrivare ai giorni nostri (2020), si possono contare numerosi istruttori della Silvio Saglio che hanno posato il piede sulle cime dei cinque continenti salendo, tra le altre, anche queste montagne: Africa Monte Kenya Punte Bastian (5.199 m), Nelion (5.188 m) e Lenana (4.985 ). Kilimangiaro 5.895 m Ruwenzori - Cima Margherita, 5.109 m. Eurasia Caucaso - Monte Elbrus 5.642 m Pamir - Muztagh Ata 7.546 m Pamir – Picco Ibn Sina (ex Pic Lenin) 7.134 m Nepal Kumbu - Ama Dablam, 6.856 m Nepal Kumbu - Gokio Ri Peak, 5.360 Nepal Langtang - Naya Kanga 5.122 m Karakorum - Diran Peak, 7.266 m Laddakh - Mt. Kanghiatse, 6.401 m Nord America Yosemite - El Capitan 2.307 m Yosemite - Half dome 2.694m Monte Denali (ex McKinley) 6.190 m

64

Le Attività in Montagna


Sud America Patagonia - Cerro Torre 3.128 m Patagonia - Aguja Poincenot 3.002 m Ande - Aconcagua 6.962 m Perù , Cordillera Blanca - Nevado Alpamayo 5.947 m Perù , Cordillera Blanca - Mt. Huascaran 6.768 m Perù , Cordillera Blanca - Nevado Pisco 5.752 m Bolivia, Ande, Cordillera Real - Nevado Condoriri 5.596 m Bolivia, Ande, Cordillera Real - Nevado Huana Potosi 6.120 m Bolivia, Ande, Cordillera Real - Nevado Anchouma, 6427 m Elbrus 5.642 m Aconcagua 6.962 m Huascaran 6.768 m Da questo punto di vista, tra gli istruttori della Silvio Saglio maggiormente attivi in campo extra-europeo possiamo senz’altro citare Dante Bazzana (IA), Stefano Botto (IA), Roberto Crespi (IA), Oreste Ferrè (INA), Romano Grassi (ISA), Antonio Mattion (INA) e Laura Posani (ISFE). Il Duemila Il primo decennio del nuovo millennio è caratterizzato da una forte continuità d’intenti, da un consolidamento delle varie attività e da una naturale crescita della Scuola, in questo sostenuta e meticolosamente guidata da Giacomo Galli, che ne è impareggiabile direttore per oltre un decennio (ufficialmente, dal 2002 fino al 2010). La grande novità del periodo è costituita dal trasloco della sede SEM: dagli storici locali in Galleria al casello di Porta Volta. Tale epocale evento permette alla Scuola (ovvero ai suoi molti istruttori e ai suoi moltissimi allievi) di avere adesso a disposizione uno spazio di aggregazione formidabile - con annesso ampio giardino! - ideale per lo svolgimento delle attività didattiche e delle riunioni dei corsi, oltre che per la pianificazione delle gite e delle uscite personali degli istruttori. La nuova location accresce la voglia e il piacere di stare insieme... ed è anche funzionale all’organizzazione di grandi feste all’aperto! Oltre alla continua crescita delle competenze tecniche degli istruttori e alle formidabili capacità organizzative dei responsabili della Scuola, anche la nuova sede diviene così un grandissimo volano di crescita per la Silvio Saglio del Duemila. Per quel che riguarda il comparto alpinistico, nella Scuola si segnala soprattutto l’avvento del forte e preparato Marcello Meroni Le Attività in Montagna

65


66

Le AttivitĂ in Montagna


Le AttivitĂ in Montagna

67


(INA) capace di prendere brillantemente in mano la pesante eredità del corso cascate (le neo Guide Alpine Berzi e Biagini si dedicano infatti alla professione). Affiancato da Paolo Gaetani, Daniela Donizetti e, più avanti, da Massimo Pantani, lo stesso Meroni imprime poi al vecchio corso di “introduzione all’alpinismo” della SEM una svolta che ne rinnova e ne eleva le caratteristiche tecniche, incrementandone anche le potenzialità e la struttura didattica. Se oggi il corso d’alpinismo della SEM è un modello preso a riferimento da tutte le altre scuole del CAI, non v’è dubbio che il merito sia soprattutto di Marcello. Un altro forte INA arricchisce nel frattempo la schiera dei titolati della Scuola di questo periodo: si tratta di Fabrizio Lucchini, istruttore che dà il cambio a Meroni assumendo la direzione del corso cascate dal 2007 al 2010. Nel comparto scialpinistico, ad affiancare le storiche figure di Romano Grassi, Dante Bazzana, Giacomo Galli e Renata Pelosini, interviene invece Filippo Venerus (INSA), già “semino di primo pelo”, avendo seguito da allievo il corso di roccia del 1973 (!) e il corso di ghiaccio nel 1996, e ora definitivamente legatosi allo sci e all’alta montagna. Pochi anni più tardi, Venerus risulterà anche il primo istruttore della Silvio Saglio accolto nel “Club 4.000”, l’associazione che riunisce gli alpinisti che hanno salito almeno 30 vette superiori ai 4.000 m sulle 82 ufficialmente riconosciute dall’UIAA. Prima del suo ritorno e del suo impegno nella Scuola in ruoli di responsabilità, il corso di scialpinismo segna tuttavia un periodo di sofferenza per carenza di titolati disponibili alla direzione, tanto che negli anni 2003 e 2004 esso non viene svolto. Problematica che tocca anche il corso di ghiaccio/alta montagna il quale, oltre che con la carenza di istruttori titolati disponibili alla direzione, deve anche vedersela con i primi caldissimi anni del nuovo secolo, portatori di condizioni climatiche difficili e assai poco compatibili con le attività alpinistiche d’alta montagna, per lunghi periodi dell’anno. Il corso non trova svolgimento nel 2002, nel 2003 e nel 2005, ma reperisce poi nuova linfa vitale - verso la fine del decennio - grazie alla dedizione di Giorgio Bagnato e alla passione di un giovane e fortissimo nuovo istruttore, Lorenzo Castelli (INA). Pure il comparto di arrampicata vive un breve momento di difficoltà (tanto che nel 2005 nessun titolato si mostra disponibile per dirigere il corso), necessitando di un cambio generazionale dopo il formidabile avvio d’attività dettato dalla coppia Crivelli-Pellegrini. Per fortuna il cambio arriva velocemente, con il nome di Andrea Corradi (IA) che ne seguirà poi la direzione per ben sette anni (fino al 2011). In tutto questo, il “punto fermo” della Scuola resta come sempre l’inossidabile corso di roccia che, pur rinnovato e ammodernato dalle 68

Le Attività in Montagna


conduzioni di Giacomo Galli prima, e Guido Valgattarri dopo, costituisce da sempre la bussola capace di guidare la Silvio Saglio anche attraverso i sentieri più lunghi e più impervi. Nel corso del primo decennio del nuovo millennio, si consolida anche il rapporto con la Scuola Regionale Lombarda di Alpinismo che, dopo avere goduto del costruttivo contributo di alcuni “nazionali” SEM negli anni Novanta (Berzi, Biagini e Bisin, oltre all’inossidabile Ferré), si avvale ora soprattutto dell’impegno di Pellegrini e Crivelli (che concepiscono, e poi organizzano, il primo corso formativo destinato all’inedita figura dell’Istruttore titolato di Arrampicata Libera). Saranno poi Mattion, Meroni e Galli, in un primo tempo, e a seguire ossia in tempi più recenti - Castelli e Costantini (tutti INA) a dare continuità a questa tradizionale e fattiva presenza di istruttori della Silvio Saglio nella Scuola Regionale Lombarda di Alpinismo. La forza di risollevarsi Tra il 2007 e il 2013 una serie incredibile di terrificanti e tristi eventi porta via alla Silvio Saglio, uno dopo l’altro, quattro cari amici: quattro preziosi compagni di cordata, tutti Istruttori Nazionali. Marcello Meroni (INA) scompare nel 2007 per malattia; Franco Rainoldi (INAL) lo fa nel 2009 per un incidente in montagna; Luca Gaggianese (da poco diventato INA) ci lascia alla fine del 2012 anch’egli per un incidente in montagna; Fabrizio Lucchini (INA), scompare nel 2013 ancora per malattia. Un colpo del genere, che non solo strappa via dalla famiglia alpinistica della Silvio Saglio un’insostituibile componente umana, ma la priva anche, e in breve tempo, di quattro preziose risorse professionali, qualificate per le più alte cariche direttive, avrebbe probabilmente abbattuto e costretto alla resa qualsiasi Scuola. Non la Silvio Saglio. La più grande Scuola di montagna in Italia In tempi più recenti, dapprima sotto la Direzione di Massimo Pantani, e quindi quella di Antonio Mattion (quest’ultimo rientrato alla grande presso la “casa madre” della SEM dopo un lungo periodo di servizio, come istruttore CAI, fuori Milano), sfruttando il terreno fertile preparato con passione, dedizione e competenza, da tutte le persone che hanno avuto compiti direttivi negli anni precedenti, la Scuola Silvio Saglio ha avviato un ulteriore step di crescita, portando il proprio organico a Le Attività in Montagna

69


superare le 100 unità, arrivando a mettere in calendario - ogni anno - un numero compreso tra gli otto e i dodici corsi (diversi) e, soprattutto, incrementando esponenzialmente il numero degli istruttori ufficialmente titolati. Quest’ultima novità si riverbera sulla Scuola con conseguenze dirette, sia producendo un miglioramento qualitativo generale delle competenze e delle conoscenze, tecniche e didattiche, caratterizzanti l’insieme del corpo istruttori; sia offrendo maggiori opportunità di ricambio nei ruoli chiave delle varie attività della Scuola, attraverso una ripartizione su base più ampia dei tanti carichi e delle tante responsabilità direttive che caratterizzano, forzatamente, tali ruoli. Per contro, impedisce qui, in questo scritto, di citare nome per nome tutti i bravi e capaci istruttori che, negli ultimi anni, hanno acquisito la qualifica di “titolato”. Alle soglie del 2020, tanto per dare un’idea, circa il 50% del corpo istruttori della Silvio Saglio è a tutti gli effetti costituito da istruttori titolati di primo o secondo livello. Si tratta di una percentuale più unica che rara, in ambito CAI, che testimonia - appunto - l’elevata qualità complessiva raggiunta dalla struttura didattica dalla Scuola. La Silvio Saglio, d’altro canto, costituisce oramai da alcuni anni il più grande centro formativo a tema “montagna” in Italia (e probabilmente fra i primi al mondo), spiccando sia per il numero di allievi annualmente veicolati, sia per la quantità di corsi organizzati, sia per il numero di istruttori in organico. In seno al CAI, e rispetto alle confraterne scuole di alpinismo e scialpinismo lombarde, la Silvio Saglio è vista e riconosciuta come un vero e proprio modello di riferimento: una grande scuola aperta e inclusiva, un centro di competenza e di eccellenza che mette volentieri a disposizione le proprie risorse per chiunque abbia necessità tecniche o didattiche, costituendo così una presenza positiva sul territorio. Dal punto di vista degli eventi di maggior rilievo, ripercorriamo infine le principali novità che caratterizzano la storia della Scuola nella seconda decade del Duemila. Nel 2008 la Scuola istituisce, e poi promuove ininterrottamente per tutti gli anni seguenti (prima insieme a un apposito Comitato, alla SEM e alla Scuola Regionale Lombarda di Alpinismo, poi insieme anche a numerose istituzioni comunali e culturali di Milano) il Premio Marcello Meroni. Si tratta di un riconoscimento destinato a persone, o gruppi di persone, che operano con particolare impegno (profuso a titolo volontaristico), in uno dei seguenti ambiti: alpinismo, solidarietà alpina, tutela dell’ambiente e delle risorse montane, conoscenza e promozione della cultura alpina e alpinistica, scienza, didattica, storia e tradizioni della gente di montagna. Nella stagione 2009-2010 la Silvio Saglio incrementa la propria offerta 70

Le Attività in Montagna


Un allievo in azione sulla Goulotte Chere al Mont Blanc du Tacul durante il Corso di Ghiaccio 2016

Le AttivitĂ in Montagna

71


didattica nel settore scialpinistico mettendo in programma, oltre al classico corso di scialpinismo e al rientrante corso di scialpinismo avanzato, anche uno specialistico corso di sci fuoripista, condotto in collaborazione con alcune Guide Alpine e con alcuni Maestri di sci. Dopo otto anni ininterrotti, questa attività è stata poi valutata “poco funzionale” rispetto agli obiettivi didattici generali della Scuola ed è momentaneamente sospesa. Nel 2011 viene avviato in SEM il primo (figurandosi come primo anche a livello nazionale) Corso di formazione dedicato agli aspiranti istruttori della Scuola. Si tratta di un corso interdisciplinare caratterizzato da elevati e specifici contenuti (su tutto ciò che un istruttore deve sapere e deve saper fare), grazie al quale i futuri istruttori possono uniformare il proprio sapere tecnico e culturale, plasmandolo in sintonia con gli indirizzi didattici della Silvio Saglio. Il corso, inoltre, costituisce un’opportunità per conoscere le varie realtà della Scuola (e del CAI), è utile per confrontarsi con i maggiori esperti delle varie discipline e serve, soprattutto, a prepararsi alle responsabilità inevitabilmente associate al ruolo di istruttore. Si è dato così il via a una buona abitudine che si è poi consolidata negli anni seguenti. Nello stesso anno il nome della Scuola viene ufficialmente modificato con il giusto riconoscimento dell’oramai rodato settore di arrampicata, diventando così: “Scuola di alpinismo, Scialpinismo e Arrampicata Libera - Silvio Saglio”. Dopo poco tempo, tuttavia, a seguito del rientro dello sciescursionismo tra le attività istituzionali proprie della Scuola (l’attività ne era difatti fuoriuscita del 1995, in seguito a disposizioni degli organi centrali dei CAI), il nome si arricchisce anche di questa disciplina e viene nuovamente modificato, assumendo la connotazione più completa di: “Scuola di alpinismo, Scialpinismo, Arrampicata Libera e Sciescursionismo - Silvio Saglio”. A tutti gli effetti, quella sviluppatasi nel corso degli anni all’interno della SEM è oggi una delle pochissime strutture didattiche del CAI (non si contano su una mano) che può vantare l’attività di esercizio in tutte e quattro le macro-aree specialistiche dell’alpinismo. E proprio in merito al rientro dello sciescursionismo nell’alveo della Silvio Saglio (che avviene nel 2013, sotto la spinta della CNSASA), merita senz’altro una citazione Giovanni Sacillotto (ISFE) che - in tale delicata quanto obbligata fase di transizione - si dimostra un sicuro e valido punto di riferimento sia per la Direzione della Scuola, sia per tutti gli appassionati della disciplina. 72

Le Attività in Montagna


In questi anni il comparto di scialpinismo cresce per quantità (di istruttori) e qualità (con un buon numero di titolati), mentre la lunga e operosa direzione di Venerus lascia spazio a Daniela Donizetti, prima, e al giovane Pietro Garattoni più avanti. Nel gruppo, complessivamente, si fa più forte e marcata la componente “alpinistica” legata allo sci d’alta quota, soprattutto grazie a un positivo e reciproco interscambio di esperienze e di istruttori tra i comparti di scialpinismo e di alpinismo. Non a caso, a partire dal 2014, il corso avanzato trova senza fatica una periodicità annuale, dopo che negli anni del suo rilancio era stato inizialmente pianificato con cadenza biennale. Un esempio di questo interscambio disciplinare può certamente essere individuato nella figura di Paolo Gaetani che, dopo una lunga militanza nel comparto alpinistico della Scuola, poco alla volta trasferisce le proprie capacità e competenze verso lo scialpinismo, fino ad acquisire il titolo di INSA. Per quel che riguarda il comparto alpinistico, la novità di maggior rilievo è costituita dalla nascita, nel 2013, di un nuovo corso di alpinismo. Tale corso viene pensato e strutturato in modo da incontrare le capacità e le esigenze dei più giovani: internamente alla Scuola, e in accordo con la sezione (anche per dare continuità all’ottimo lavoro svolto in SEM dall’Alpinismo Giovanile), si decide infatti di limitarne la frequentazione agli “under 23”. A fare da “tutori” di questo nuovo corso sono le colonne di sempre della Silvio Saglio: Romano Grassi, Oreste Ferré e Dante Bazzana (con quest’ultimo che ricopre il ruolo di direttore per i primi cinque anni di corso), affiancati da un corpo istruttori in parte formatosi ad hoc per lo scopo, in parte “preso a prestito” dagli altri corsi della Scuola. Il corso di alpinismo “under 23” è più avanti passato nelle mani di Roberto Crespi ma, avendo formato al proprio interno giovani e capaci nuovi istruttori, è adesso pronto ad “autoalimentarsi” di titolati disponibili a dirigerlo e a darsi il cambio, così come avviene per tutti gli altri corsi della Scuola. Il suo fratello maggiore (ossia il corso d’alpinismo vero e proprio) gode intanto di ottima salute e passa dalla direzione Pantani a quelle dei più giovani Simone Cordara (IA), Massimo Tortarolo (IA) e Marco de Bon (IA-ISA) con un intermezzo di tre anni curato dalla “vecchia guardia” di Antonio Mattion. Si tratta di un’attività che ha oramai assunto il ruolo di “corso vetrina” della SEM, essendo quello che raccoglie maggiori richieste di iscrizione (oltre un centinaio, ogni anno), con un corpo istruttori che, nel decennio in oggetto, si è progressivamente e fortemente “irrobustito” di numerosi istruttori titolati e di altrettanto numerosi giovani promettenti, Le Attività in Montagna

73


Andrea Nespoli in azione in Yosemite

74

Le AttivitĂ in Montagna


alpinisticamente molto attivi. Lo storico corso di roccia vede anch’esso un parziale rinnovo generazionale, con la direzione di Luca Gaggianese (per il biennio 20102011), e quindi quella di Joannes Capitanio (IA) e poi Stefano Botto (IA). Nel mezzo, anche in questo caso, un intervallo costituito da un elemento della “vecchia guardia”, l’inossidabile Dante Bazzana (per il biennio 20122013). Quello di ghiaccio, dopo la Direzione Castelli (dal 2008 al 2011) vede alternarsi i nomi di Antonio Mattion, Cristina Ribolzi (IA), Lorenzo Costantini (nuovo giovane e forte INA) e Luca Anelli (IA), in un contesto meteo-ambientale-organizzativo che, anno dopo anno, sembra farsi sempre più complesso e che assegna a questa attività l’etichetta di “corso più difficile” da tenere in piedi per la Scuola. Il corso di cascate, per contro, passa dalla lunga e brillante direzione di Castelli (che lo conduce dal 2012 al 2017) a quella di Massimo Pantani prima, e Lorenzo Costantini, poi. I nuovi direttori lasciano intatte tutte le valide e oramai consolidate specifiche di questo corso prettamente stagionale che, essendo caratterizzato da elevati contenuti tecnici, costituisce indubbiamente uno dei “fiori all’occhiello” della SEM. Il comparto di arrampicata, nel frattempo, vede Matteo Caffini (IAL) succedere al settennato di Corradi. Più avanti il corso passa nelle salde mani scalatorie di Federico Guerrini (IA-IAL), valido istruttore e preziosa risorsa della Scuola. Poco alla volta anche questo corso - che è indubbiamente quello maggiormente capace di calamitare verso la SEM (e verso il CAI in generale) le nuove e giovani generazioni - si arricchisce di nuovi titolati, e questo fa legittimamente sperare, o comunque ipotizzare, interessanti sviluppi futuri per la disciplina. L’intreccio tra le elevate competenze della Scuola e la professione di Guida Alpina prosegue anche in questi anni con altri nomi (ossia quelli di Massimo Tamborini, Giovanni Rivolta, Marco Bigatti e Marcello Barzanò) che vanno ad aggiungersi alla lunga lista di istruttori che hanno in qualche modo incrociato il proprio sentiero con quello della Silvio Saglio, e che hanno poi scelto di fare della montagna il loro lavoro. Tra luglio e settembre del 2014, grazie all’impegno e al lavoro degli istruttori della Scuola, viene aperta in Valmalenco (su una struttura rocciosa nei pressi della diga di Campo Moro) una nuova via di arrampicata, la Via del Gaggia, in ricordo dell’istruttore Luca Gaggianese. Si tratta della prima “apertura collettiva” di una via, da parte della Scuola Silvio Saglio, dai tempi della sua fondazione. Più avanti, ossia nella primavera del 2019, nella nuova splendida sede della SEM (in Piazza Coriolano 2, a Milano), la Silvio Saglio inaugura Le Attività in Montagna

75


una piccola ma ben strutturata parete di arrampicata indoor che, per l’occasione, viene dedicata all’indimenticata e indimenticabile figura di Franco Rainoldi. Nell’ultimo decennio preso in considerazione (2010-2019) la quantità complessiva di allievi che la Silvio Saglio ha veicolato (mediamente tra 130 e 140 all’anno) risulta straordinaria, con numeri che sono al “top” rispetto al complesso di tutte le Scuole di alpinismo e scialpinismo del CAI. Grazie a un bacino d’utenza davvero considerevole, quello della città di Milano, e a un sito web preciso, completo e ben indicizzato, la Silvio Saglio non ha neanche la necessità - oramai da anni - di pubblicizzare i propri corsi... Così come da tali grandi numeri possono derivare grandi soddisfazioni, non v’è tuttavia dubbio che essi comportino anche problematiche non comuni alla stragrande maggioranza delle Scuole del Club Alpino Italiano, e che essi costringano a una grande, grande mole lavoro, per un’attività che resta, non di meno, di puro volontariato. Ciononostante, di questa affascinante e storica “straordinarietà” della Silvio Saglio c’è una serena consapevolezza da parte di tutti i semini. Cosicché, fin quando tale peculiarità la sapremo tutti assieme ben gestire... beh, oltre che consapevoli potremo anche andarne orgogliosi.

La stesura del testo prende spunto da un precedente scritto a tema curato da Roberto Crespi e dalla pubblicazione “In montagna... quando eravamo giovani alpinisti”, curata da Gianfranco Fava. Si ringraziano per i costruttivi interventi e per le loro memorie: Claudio Bisin, Oreste Ferré, Giacomo Galli, Andrea Gentilini, Antonio Mattion, Renata Pelosini e GianMario Piazza.

76

Le Attività in Montagna


Gruppo di Alpinismo Giovanile intitolato a ‘Marcello Meroni’ a cura di Sergio Confalonieri e Mario Polla

Vivere la montagna in modo gioioso - e soprattutto in sicurezza è la proposta dell’Alpinismo Giovanile del CAI, che ritiene l’ambiente montano il più idoneo per realizzare esperienze formative di gruppo che aiutino i ragazzi a crescere sotto il profilo umano, tecnico e culturale. Lo scopo principale delle attività di Alpinismo Giovanile è, infatti: “...aiutare il giovane nella propria crescita umana, proponendogli l’ambiente montano per vivere con gioia esperienze di formazione”. In questo modo, i giovani possono avvicinarsi al mondo della montagna vivendo esperienze “gioiose” attraverso un’ampia serie di attività che consentano loro di avvicinarsi nel modo corretto ed in sicurezza alle nostre belle montagne, imparando a conoscerne in modo approfondito la vegetazione, la fauna, i paesaggi, ma anche la cultura e le tradizioni dei popoli che sempre hanno vissuto e tuttora vivono sulle loro pendici. All’interno delle attività di AG i “protagonisti” (esattamente così è sancito nel Progetto Educativo, cardine e fondamento dell’Alpinismo Giovanile) sono i giovani della fascia di età che va dall’inizio della fase di socializzazione ed indipendenza (8 anni) fino al completamento del processo di maturazione dell’adolescenza (17 anni), con gruppi operativi strutturati secondo le tre classiche fasce di età: 8/11, 11/14, 14/17 anni. I termini di passaggio fra le tre fasce presentano volutamente sovrapposizioni: si intende infatti lasciare all’esperienza degli Accompagnatori una scelta oculata del corretto inserimento del giovane, valutandone il livello di maturità. Le due età “di sovrapposizione” fra una fascia e l’altra (11 e 14 anni) rappresentano infatti un momento, nella vita del giovane, nel quale, a seconda delle proprie caratteristiche personali (esperienza, attitudine, carattere, etc.) egli potrebbe rientrare nella “fascia” precedente o in quella successiva, e l’assegnazione ad una di esse è senza dubbio di pertinenza degli Accompagnatori. Le Attività in Montagna

77


È di fondamentale importanza, quindi, approfondire la conoscenza del giovane, nell’arco dei dieci anni presi in considerazione dal Progetto Educativo, con particolare riguardo al processo evolutivo ed alla complessità della sua personalità. È purtroppo una realtà di questi tempi che molti giovani, pur vivendo a volte anche in una zona montuosa, conoscano ugualmente molto poco della loro terra: addirittura, alcuni di loro potrebbero non aver mai visto un capriolo o una marmotta, o non sapere come procedere in sicurezza in montagna... assurdo... ma vero. L’ambizione (e la speranza) di tutti noi Accompagnatori di AG del CAI è senz’altro quella di trasmettere loro quell´amore verso la montagna che ci accomuna. Storia dell’AG in SEM È stato di certo quell’impulso che ha spinto, nell’autunno del 2002, il gruppo di persone costituito da Sergio Confalonieri, Dolores De Felice, Paolo Molena, Mario Polla e Roberto Raia, esperite le procedure istituzionali interne alla Sezione, a costituire il Gruppo di Alpinismo Giovanile (“AG”) della SEM, in piena autonomia e con grande entusiasmo ed impegno nell’organizzare compiutamente il primo corso, da tenersi l’anno successivo. Di fatto, in Sezione c’era già stato un precedente tentativo, tempo addietro, di costituire un gruppo AG, ma i lunghi tempi richiesti dalle attività formative e le poche risorse a disposizione avevano costretto i Soci SEM promotori di questa iniziativa a soprassedere. Con questi precedenti, l’arrivo in SEM del gruppo di persone sopra indicato, già strutturato ed organizzato, è stato salutato dalla SEM con grande entusiasmo. Fin da subito, il Socio Bruno Tumiati, che già aveva partecipato ad uscite in montagna, a titolo personale, con alcune scuole dell’obbligo, ha dato la sua disponibilità al gruppo ed è stato integrato a tutti gli effetti come Operatore Sezionale. Da quell’ormai lontano 2002, il gruppo di Accompagnatori di Alpinismo Giovanile della SEM di strada ne ha fatta molta... per cominciare, Dolores De Felice e Mario Polla hanno acquisito il titolo di Accompagnatori Nazionali di Alpinismo Giovanile (ANAG); Bruno Tumiati e Domenico Pesavento (inseritosi nel gruppo qualche anno più tardi) sono diventati Accompagnatori Regionali di AG (AAG) come già prima Paolo Molena e Roberto Raia; infine Sergio Confalonieri ha recentemente acquisito la qualifica di Accompagnatore Sezionale di Alpinismo Giovanile (ASAG) (ex- aiuto-Accompagnatore di AG). Un altro titolato AAG, Marco Ferrari, proveniente dalla Sezione CAI di Cologno Monzese, collabora attivamente da alcuni anni con il gruppo AG 78

Le Attività in Montagna


SEM. A loro si sono aggiunti, nel tempo, anche una quindicina di volontari, inseriti formalmente nel gruppo come “Operatori Sezionali di AG”, i quali collaborano a pieno titolo nell’organizzazione e nella gestione delle attività: alcuni fanno parte della SEM, altri provengono da altre Sezioni. Essi sono: Dante, Oreste e Romano (Scuola “Silvio Saglio” SEM), Gabriella, Giulia, Mattia, Mikko, Stefania, Thea, Valentina e Vanda (Soci SEM); Enzo e Gianni (Soci CAI Paderno Dugnano). Il gruppo AG inizia quindi ad operare attivamente presso la SEM nel 2003, organizzando il primo Corso Base di Alpinismo Giovanile, a cui hanno partecipato 18 ragazzi. L’anno successivo gli iscritti erano 27 mentre a partire dal 2005 l’attività si è differenziata in due corsi separati, relativi alle fasce di età da 8 a 11 anni e da 11 a 14 anni, per un totale di 50 iscritti. Al pari del 2005, anche i corsi degli anni 2006 e 2007 si sono strutturati e differenziati per fasce di età, arricchiti anche con nuove esperienze, come ad esempio il trekking di quattro giorni “extra corso” ed il week-end in rifugio, occasione ideale per veder realizzata una bella e spontanea collaborazione fra ragazzi più grandi e più piccoli: in pratica, i ragazzi più grandi hanno assistito i più piccoli durante i due giorni del trekking, e questo, con grande gioia degli Accompagnatori, si è verificato anche in altre occasioni. Gli anni 2008 e 2009 hanno visto un ulteriore incremento del numero degli iscritti, ormai stabilizzatosi intorno alle 60 unità, e ciò ha permesso l’organizzazione di ben tre Corsi di AG (corso base; di perfezionamento ed avanzato) strutturati secondo le tre “classiche” fasce di età del Progetto Educativo : 8-11, 11-14, 14-17 anni. Nel 2009 il corso base di AG, destinato ai ragazzi tra gli 8 e gli 11 anni, ha visto la presenza di 30 iscritti; il corso di perfezionamento, per i ragazzi di età compresa tra gli 11 ed i 14 anni, ha avuto 14 iscritti ed il corso avanzato, per ragazzi dai 14 ai 17 anni, ha avuto anch’esso 14 allievi. Le proposte educative e tecniche contenute nei programmi dei corsi sono strutturate in funzione delle diverse fasce d’età, sia per quanto riguarda gli aspetti didattici che quelli tecnici, adeguando quindi i contenuti, il linguaggio e le difficoltà tecniche all’età dei ragazzi. In particolare, nell’impostazione del corso base il gioco riveste un ruolo molto importante, poiché è attraverso di esso che la maggior parte dei ragazzi di quella fascia di età si esprime ed entra in contatto con il mondo. Fra i temi trattati nei vari corsi compaiono argomenti quali: flora, fauna, geologia, sicurezza in montagna, progressione su neve/ghiaccio e sentieri attrezzati, tecniche di arrampicata. Tutti i corsi iniziano generalmente a febbraio, proseguendo sino al mese di giugno con una media di un’uscita al mese della durata di un giorno (principalmente la domenica). Le Attività in Montagna

79


80

Le AttivitĂ in Montagna


I ragazzi del corso avanzato in cima al Monte Cevedale m. 3769

Le AttivitĂ in Montagna

81


Nel mese di settembre viene abitualmente organizzato un week-end in rifugio, e nel mese di novembre è in genere prevista una giornata aperta anche ai genitori degli iscritti, a chiusura del corso annuale. Il gruppo AG SEM, secondo i dettami del “Progetto Scuole” del Club Alpino Italiano, collabora attivamente anche con le Scuole ed i gruppi docenti, mettendo a disposizione materiale didattico, Accompagnatori titolati di AG ed altri esperti. L’obiettivo è quello di fornire agli alunni esperienze e testimonianze importanti ai fini di un percorso formativo “completo”. In quest’ottica sono stati realizzati importanti progetti, quali “La montagna è la mia compagna di banco” ed il “Corso di avvicinamento alla montagna”, in collaborazione con la Scuola “Quintino di Vona” di Milano, coordinati in modo specifico dall’AAG Paolo Molena. In particolare il secondo progetto ha permesso, sin dall’anno 2005 in cui è partito e per gli anni successivi fino ad oggi, di avvicinare alla montagna ragazzi della Scuola (dalla prima alla terza media) non iscritti al CAI. Esso è risultato il primo progetto in Italia avente caratteristiche tali da ricevere riconoscimenti a livello nazionale. L’anno 2005 ha visto anche la realizzazione del progetto “Io vivo qui”, coordinato dall’ANAG Dolores De Felice. Questo progetto, proposto alle Sezioni lombarde del CAI da parte del Comitato di Coordinamento delle Sezioni Lombarde ed Est Monterosa, è stato divulgato presso le Scuole milanesi dalla SEM ed ha avuto lo scopo di sensibilizzare alunni, insegnanti e famiglie abitanti sul territorio locale alla difesa ed al rispetto di una preziosa risorsa come l’acqua, indispensabile per l’uomo e l’ambiente. Inoltre, a partire dall’anno 2007 il gruppo di Alpinismo Giovanile SEM sta partecipando attivamente a tutte le edizioni della “Settimana dell’ambiente”, organizzata a cura del plesso scolastico: Via Martinengo - V.le Puglie - Via Monte Piana, con lezioni in classe su temi ambientali inerenti la montagna e alcuni laboratori. A queste attività si aggiunge una serie di interventi non inclusi in progetti specifici, che prevedono presentazioni in diverse classi di alcune Scuole milanesi e della provincia, associate ad escursioni in montagna integrative e dimostrative dei temi trattati in classe ma con il fine aggiuntivo di far vivere ai ragazzi delle Scuole quelle “gioiose” esperienze formative che rappresentano la realizzazione pratica del Progetto Educativo e del Progetto Scuola del Club Alpino Italiano. Nel complesso, tutte le attività svolte ed i risultati ottenuti, di particolare rilievo, hanno consentito di diffondere la conoscenza della SEM e delle conoscenze che le sono proprie presso un amplissimo numero di studenti (oltre 1500, nell’arco degli anni), i quali potranno trarre dalle importanti esperienze vissute molti fattori importanti per la propria crescita umana, culturale... ma anche alpinistica. 82

Le Attività in Montagna


Anche nella conduzione dei gruppi di studenti, è importante evidenziare che la sicurezza, da parte del gruppo AG SEM, viene sempre considerata fattore prioritario, suddividendo però in questo caso le “competenze sul campo” fra Accompagnatori (competenza tecnica) ed Insegnanti (competenza disciplinare). Il Gruppo di Alpinismo Giovanile ‘Marcello Meroni’ oggi Alpinismo Giovanile... ci siamo lasciati nel 2010, quasi un decennio, ma il gruppo non si è mai fermato, ha continuato a lavorare sul territorio lombardo e si è fatto conoscere sempre di più per le sue variegate attività. Negli anni il numero dei ragazzi iscritti all’ A.G. è stato sempre buono, con una media di 60/70 unità, diviso sempre per le tre fasce di età 8-11, 11-14 e 14-17. Le attività proposte ai ragazzi sono sempre state molto varie, non è mai mancata la ciaspolata di inizio anno (a volte rincorrendo la neve, soprattutto negli ultimi anni), il gioco di arrampicata, la cultura generale del folclore e del territorio montano visitato, il mini trekking di luglio che vede protagonista la montagna al mare, il trekking estivo e molto altro che ogni anno cerchiamo di studiare per dare un’infarinatura generale di tutti i tipi di territorio che si possono incontrare. La proposta ai gruppi è stata in particolare sulle Alpi: dall’Alta Via delle Dolomiti, al giro del Monviso, dal Sentiero della Pace, al Parco dello Stelvio, dalle Marittime a quello di quest’anno, l’adesione al progetto C.A.I. Sentiero Italia; ci siamo fatti tutta l’Alta Via dell’Adamello n° 1, hanno partecipato 16 ragazzi. Da alcuni anni l’Alpinismo Giovanile in S.E.M. ha dedicato i corsi a Marcello Meroni, Istruttore della S.E.M., che aveva i nostri stessi obiettivi nell’accompagnare gli allievi in montagna. Oltre alla proposta per i ragazzi gli accompagnatori si sono impegnati a vari livelli, sia regionale che centrale. Domenico Pesavento, Thea Squarcina, Lorenzo Cavagnera sono stati e alcuni sono ancora componenti della Commissione Regionale, Mario Polla è stato Direttore della Scuola Regionale e componente del direttivo della Scuola Centrale come ANAG, Dolore De Felice in Commissione Centrale, sempre come ANAG. Fiore all’occhiello, secondo me, è stata la costituzione della Scuola Regionale di Alpinismo Giovanile, fondata nell’aprile del 2013, nominata “Città di Milano”. Questa scuola con un corso specifico ha formato 25 accompagnatori sezionali, che ora operano, alcuni da noi in S.E.M., altri in varie sezioni della Lombardia.

Le Attività in Montagna

83


84

Le AttivitĂ in Montagna


Foto di gruppo sul Ghiacciaio dei Forni

Le AttivitĂ in Montagna

85


Come scriveva Sergio Confalonieri, nello scorso decennio... “Ne consegue che il Gruppo di Alpinismo Giovanile, la cui esperienza e le cui competenze sono attualmente già di buon livello, possiede tutte le caratteristiche per poter crescere ancor più negli anni a venire, e questo costituisce di certo un ottimo presupposto affinché un numero di giovani sempre maggiore di giovani possa avvicinarsi alla SEM…e alle nostre meravigliose montagne!” ...il gruppo degli accompagnatori è numeroso: - 2 Accompagnatori Nazionali; - 7 Accompagnatori Regionali (4 diventati formatori nell’ultimo corso Regionale); - 6 Accompagnatori Sezionali; - 2 Istruttori di Alpinismo che sono sempre al nostro fianco nei momenti di escursioni dove serve la loro esperienza e il loro carisma. Visto che i nostri ragazzi crescono e negli anni ne abbiamo avuti tanti, è stata data loro la possibilità di proseguire oltre i 17 anni e, come proposto da alcuni accompagnatori ai quali dispiaceva perdere questi ragazzi seguiti e formati per anni, hanno organizzato il “Corso Under 23” che ha dato grandi soddisfazioni. Viene data precedenza ai ragazzi usciti dai nostri corsi, ma le iscrizioni sono aperte al territorio e sono state necessarie selezioni perché le domande superavano sempre il numero di posti disponibili del corso; il corso è poi gestito dalla Scuola Silvio Saglio. Alcuni di questi ragazzi/e formati ora ci aiutano a portare i gruppi più piccoli nelle varie gite annuali, con grande soddisfazione sia loro che nostra perché in questo modo vediamo concretizzare e proseguire il nostro lavoro di questi anni e siamo contenti di aver passato l’Amore dell’accompagnare i ragazzi/e per le nostre Montagne! Con l’auspicio che questo possa essere scritto anche nel prossimo decennio, direi di augurarci che questo accada! W la Montagna!!!

86

Le Attività in Montagna


Corso di Escursionismo intitolato a ‘Nino Acquistapace’ a cura di Jessica Bagnoli

Da poco superati i venti anni, il Corso di Escursionismo Nino Acquistapace è tra i più recenti tra quelli istituiti nell’offerta formativa della nostra Sezione. A distanza di circa dieci anni dalla nascita della Commissione Escursionismo all’interno del Club Alpino Italiano, nel 1998 prende forma in S.E.M. un ciclo di gite escursionistiche strutturato su base didattica, esperienza che ha portato, l’anno successivo, all’istituzione del primo vero e proprio Corso di Escursionismo. Fin dalle prime edizioni le finalità ed il programma del Corso di Escursionismo della S.E.M. recepiscono a pieno le direttive della Commissione Escursionismo del CAI. Il corso nasce infatti con lo scopo di introdurre all’ambiente montano quelle persone che lo hanno frequentato solo da amatori, o che sono fondamentalmente digiune da qualsiasi nozione in materia. Dopo i primi anni in cui si alternava un corso base ad uno di carattere avanzato, dal 2003 la struttura del corso si è stabilizzata consentendo ai partecipanti di passare in un solo anno dai primi approcci alla montagna alla progressione lungo una via ferrata. Quello stesso anno il Corso di Escursionismo è stato dedicato ad un autorevole socio della nostra Sezione: Nino Acquistapace (1914-2005). Giovanni Acquistapace, Nino per gli amici della SEM, è stato per molti anni Istruttore Sezionale e Vicedirettore di quella che oggi è conosciuta come “Scuola di Alpinismo e Scialpinismo Silvio Saglio”. Inoltre, ha coperto i ruoli di Consigliere, Vicepresidente e infine Presidente della Sezione dal 1973 al 1981. Escursionista di grande esperienza e capacità, Nino ha dato un grandissimo contributo alle attività della Sezione, sempre con grande passione ed entusiasmo. Intitolare il corso a Nino è stato quindi un gesto di affetto e di riconoscimento del grande impegno e delle energie profuse per la Sezione e, in particolare, per i suoi soci. Le Attività in Montagna

87


Sebbene negli ultimi anni venga organizzato esclusivamente in modalità “base”, il corso rappresenta tutt’oggi un percorso completo attraverso l’ambiente montano e i suoi molteplici aspetti. Un percorso che passa attraverso l’approfondimento dei temi della sicurezza, propria e altrui, delle tecniche di orientamento, della preparazione fisica, e molto altro ancora fino ad arrivare all’aspetto culturale, umano, storico e scientifico che i luoghi e gli abitanti rappresentano. Un percorso che porta chi lo intraprende alla consapevolezza di quelli che sono i fondamenti dell’ambiente montano e, in particolare, di quelle che sono le nostre responsabilità e azioni nei suoi confronti. Andando più nel dettaglio, il corso si organizza in lezioni teoriche in sede e uscite pratiche in ambiente. Ciascuna lezione è dedicata ad un argomento specifico, che viene quindi ampiamente trattato sia sul piano teorico che su quello pratico. Dopo le prime lezioni teoriche in sede, dove si coprono argomenti basilari, come l’attrezzatura e l’equipaggiamento, si comincia ad affrontare il terreno con delle prime escursioni di un solo giorno. Questa è la fase di preparazione del gruppo, dove avviene una prima conoscenza e coesione tra i partecipanti e gli accompagnatori. Le escursioni successive sono quasi tutte di due giorni con pernottamento in rifugio, durante le quali il gruppo ha modo di consolidarsi e di eseguire in modo più approfondito ed efficace le esercitazioni pratiche degli argomenti trattati in sede, di particolare importanza sono quelle di topografia e orientamento. Le escursioni vengono selezionate in modo da coprire una varietà di ambienti montani più ampia possibile, di difficoltà crescente con l’avanzamento del corso, entro i vincoli che un corso base comporta (sentieri con massimo livello di difficoltà “E”). I partecipanti sono sempre seguiti dagli accompagnatori, presenti in numero adeguato alle attività svolte. Questo aspetto è particolarmente importante, infatti gli allievi possono mostrare delle criticità o delle debolezze momentanee dovute proprio alla scarsa familiarità con la montagna, a prescindere dalle buone condizioni fisiche della persona o dal grado di difficoltà relativamente semplice dei sentieri. Il corso punta anche a colmare queste lacune, attraverso la conoscenza delle pratiche di sicurezza e la consapevolezza delle reazioni del proprio fisico in tali ambienti, così da poterle gestire con lucidità. È proprio durante lo svolgimento delle uscite pratiche che gli allievi entrano in contatto con l’ambiente montano in tutti i suoi aspetti, non solo dal punto di vista naturale, ma anche storico, culturale, umano. Dal contatto con gli abitanti del posto, o anche da un semplice scambio di parole con i rifugisti, si può imparare molto sulle condizioni e le 88

Le Attività in Montagna


Le AttivitĂ in Montagna

89


90

Le AttivitĂ in Montagna


problematiche che una vita in montagna comporta, e sicuramente porta a rispettare maggiormente chi ci vive o ci lavora. Sensibilizzare a questi aspetti chi si appresta a fare i primi passi in montagna è fondamentale per avere visitatori più rispettosi di questi luoghi e di chi vi abita. Un tema, quello del rispetto per ambiente e persone, che ci auguriamo i partecipanti possano mettere in pratica anche in contesti non esclusivamente montani, e trasmettere a loro volta. Il programma si conclude a settembre con un’uscita pratica organizzata dai corsisti, della durata di uno o due giorni. La preparazione di solito inizia qualche mese prima, occorre infatti del tempo per valutare con cura i percorsi e testarli prima del giorno dell’escursione di gruppo. È l’occasione per consolidare tutto quello che si è appreso durante il corso e per mettersi alla prova in prima persona con cartine e schizzi di rotta, organizzazione dei trasporti e del pernottamento, valutazione delle condizioni meteo e della composizione del gruppo, e molto altro ancora. Da parte nostra, tendiamo a lasciare quanta più autonomia possibile durante la preparazione, limitandoci a ricordare agli allievi gli aspetti organizzativi più importanti e dando qualche consiglio sui percorsi che ci vengono proposti. Dopo il corso, molti scelgono di proseguire il loro percorso in autonomia, altri invece continuano a frequentare la Sezione. Tra questi, alcuni vengono selezionati per far parte del gruppo di accompagnatori, inizialmente in fase “training”. Attualmente l’organico del corso è composto da 4 titolati AE (Accompagnatori di Escursionismo); Elena, Valeria, Domenico e Sergio D. (titolato anche come EEA, cioè abilitato ad accompagnare su via ferrata), mentre completano lo staff 7 accompagnatori sezionali; Jessica, Marialuisa, Sonia, Edo, Francesco, Mauro e Sergio F. Durante l’anno il gruppo di accompagnatori del corso di escursionismo organizza degli aggiornamenti teorici e pratici (principalmente rivolti ai propri componenti in training), ed una gita sociale di escursionismo inserita nel calendario sezionale, che vede spesso anche la partecipazione di alcuni corsisti degli anni passati. Il corso e il suo organico sono sempre in evoluzione. I collaboratori in fase di training sono entrati a far parte dello staff come accompagnatori sezionali, mentre due giovani accompagnatrici sezionali si sono recentemente titolate AE. L’obiettivo è quello di ampliare ulteriormente il numero di titolati, in modo da incrementare le potenzialità e l’esperienza del gruppo, che di conseguenza porteranno ad un miglioramento dei servizi offerti ai soci che intenderanno frequentare i nostri Corsi di Escursionismo.

Le Attività in Montagna

91


Gruppo Grotte Milano a cura di Virginia Mandracchia

Il Gruppo Grotte Milano compie 120 anni. La storia del GGM è anche la storia di un’area metropolitana e del nostro Paese. E’ difficile da cogliere nel suo complesso ed è anche una memoria non semplice da ricostruire. Ma è un racconto affascinante. La storia del Gruppo Grotte Cai Milano è strettamente legata ad una realtà metropolitana sempre evoluta in ambito tecnologico, con sedi universitarie di rilevanza europea e una economia indubbiamente importante. Per questo, il GGM ha spesso accolto persone presenti su Milano, ma provenienti da molteplici realtà. Questo ha portato vivacità culturale, curiosità di ricerca e sperimentazione di materiali, che hanno favorito l’esplorazione e studi sistematici. 120 anni di attività pongono, comunque, il Gruppo Grotte Milano tra le realtà speleologiche con più storia in Italia e non solo. Quella che presentiamo è da considerarsi una somma di appunti, poiché una vera e propria biografia del gruppo non esiste. La storiografia richiede distanza, valutazioni, criticità. Ma 120 anni non si possono esaurire in alcune pagine. Auspichiamo che questa traccia possa essere da stimolo per una pubblicazione più esauriente che incontrerebbe l’interesse del mondo speleologico e non solo. Ritorno alle origini, al momento in cui la speleologia diventa anche realtà sociale Alla fine dell’800 assistiamo alla nascita dei primi gruppi speleologici. È un passo decisivo verso la moderna concezione della speleologia, o meglio verso la speleologia stessa, intesa come disciplina di conoscenza e comunità di interessi e di azioni. Nel 1893, sotto l’impero asburgico, era nata a Trieste “L’Alpina delle Giulie”, 92

Le Attività in Montagna


ma, aldilà delle primogeniture, qui ricordiamo l’ottobre del 1897, quando un gruppo di escursionisti, per interessamento di Mariani, Salmoiraghi e Bertarelli fondò la commissione speleologica del CAI di Milano. Nello stesso mese, nasce a Udine il Circolo Speleologico ed Idrologico Friulano. Due anni dopo, a Brescia, viene fondato il Circolo “La Maddalena”. Sono gli anni delle prime grandi esplorazioni lombarde alla Grotta Guglielmo, all’Antro delle Gallerie, al Buco della Nicolina, all’Abisso Remeron. Occorre considerare che nel corso delle esplorazioni, si adattavano gli apparati illuminanti, nascevano le tecniche e le modalità delle stesse esplorazioni. La prima Guerra Mondiale segna un’ovvia sospensione delle attività. Speleologi muoiono al fronte, altri vengono fatti prigionieri. Dopo la guerra la ricerca speleologica riprende, anche con l’esplorazione, nel 1924 de l’Arma del Lupo in Piemonte, grotta che successivamente si rivelò essere la risorgenza di uno dei maggiori sistemi carsici in Italia, ovvero Piaggiabella in Marguareis, nelle Alpi Marittime.. Alla presidenza del gruppo, troviamo un giovane chimico, che nel 1963 vincerà il Premio Nobel. È Giulio Natta, curioso ricercatore anche nel mondo sotterraneo. Il 1926 è un anno cruciale. La Commissione Speleologica assume l’attuale nome di Gruppo Grotte Milano; Luigi Bertarelli (tra i promotori della sezione speleologica e presidente del Touring Club) ed Eugenio Boegan, animatore de L’Alpina delle Giulie realizzano “Duemila Grotte”. Il volume è incentrato sulle grotte del Carso, ma si tratta della prima opera di relativamente grande divulgazione in Italia. La parte sulla tecnica diviene, per molti anni, un riferimento imprescindibile. Intorno agli anni ’30, sotto la Presidenza di Ardito Desio, si raccoglie un valido nucleo di speleologi che svolgono una brillante attività. Le esplorazioni di questi anni interessano diverse cavità lombarde e si utilizzano tecniche e attrezzature pionieristiche, ma efficaci. Desio convinse anche altri gruppi lombardi a unificare il materiale di progressione, rendendo possibili esplorazioni complesse. Si ricordano, tra le grotte di maggior rilievo, l’abisso Guglielmo sul Monte Palanzone (Como), il Bus del Remeron al Campo dei Fiori (Varese) e il Bus de Sorivo a Molina (Como) con un pozzo di oltre 150 metri. Nell’imminenza della seconda Guerra Mondiale, il gruppo conosce una fase di momentaneo declino. Nel periodo di guerra, non si può ignorare l’attività di Mario Pavan, che passò ai membri della Resistenza il catasto speleologico lombardo consentendo una efficace azione contro l’esercito tedesco. Già nel 1933, il Catasto Grotte aveva in repertorio oltre 150 cavità.

Le Attività in Montagna

93


Elvia alla Grotta Guglielmo, Monte Palanzone, 1972

94

Le AttivitĂ in Montagna


Il secondo dopoguerra vede una grande attività, che è segno di vitale rinascita Nell’immediato dopoguerra, Vincenzo Fusco del Touring Club Italiano coordina la ripresa delle attività nella veste di Commissario Provvisorio del GGM fino al 1947, quando si giunge alla presidenza del noto geografo Giuseppe Nangeroni che resterà in carica fino al 1964. In questo periodo, l’attività di Claudio Sommaruga, rientrato dalla prigionia in Germania e professore di scienze presso il Liceo dell’Istituto Gonzaga, dà una svolta fondamentale allo sviluppo della speleologia non soltanto a Milano. Dopo aver suscitato grande interesse per la speleologia in alcuni allievi, fonda la prima Scuola di Speleologia in Italia presso il Gonzaga, formando decine di speleologi. Sempre nel dopoguerra, si stabilisce una stretta collaborazione con le Forze Armate (il Comiliter di Milano), che mette a disposizione automezzi per le spedizioni più importanti. Allo stesso tempo si sviluppano intense collaborazioni con enti turistici che consentono l’allargamento dell’attività anche al di fuori della Lombardia, ad esempio in Sardegna, ove viene studiata la Grotta del Nettuno di Capo Caccia, ad Alghero. Il materiale utilizzato per le esplorazioni di quegli anni è recuperato nella maniera più varia, come le prime scalette che sono probabilmente di origine militare. Anche l’attività subacquea si sviluppa sia pure lentamente. Claudio Sommaruga modifica una maschera antigas con un lungo tubo sperimentando il tutto con successo nella vasca da bagno. La prima volta che sperimenta l’attrezzatura in una grotta si rende conto che non riesce a respirare perché l’aria non è fornita con una pressione sufficiente a contrastare quella dell’acqua: infatti lo snorkel funziona soltanto in superficie! Così si passa a sistemi meno artigianali e più tecnologici come l’autorespiratore ad ossigeno. I corsi di addestramento sono fatti alla storica piscina Cozzi di Milano tra gli sguardi di tanti milanesi che nel pieno dell’inverno guardano meravigliati dei baldi giovani con cappotti e sciarpe e il sacco con le pinne a spalla. L’attività subacquea, in fase decisamente pionieristica, vede l’esplorazione di alcune cavità marine e poi di numerosi sifoni (ovvero parti di grotte allagate) in Lombardia, Veneto, Piemonte e Liguria, soprattutto grazie al giovane speleo sub Tito Samorè. Nel secondo dopoguerra si riparte anche con la revisione di tutte le cavità sino ad allora studiate, poiché a causa dei sequestri e dell’incendio del Museo di Storia Naturale di Milano, si era persa gran parte dei dati degli archivi del gruppo. Il GGM è uno dei gruppi più dinamici contribuendo attivamente alla rinascita della speleologia italiana. Nel 1946 il gruppo fonda il periodico speleologico, “Il Grottesco”, mentre nel 1947 organizza il primo corso di speleologia svoltosi in Italia e, a Chieti, il III Le Attività in Montagna

95


congresso nazionale di speleologia. Sono gli anni ’50 e un personaggio fuori dal comune conduce varie spedizioni all’Antro di Corchia con gente del GGM. Si tratta di Beppo Occhialini che proprio in quegli anni per ben due volte rasenta il Premio Nobel per la Fisica, concesso poi ad altri che hanno lavorato con lui. A questo proposito Bruno Pontecorvo (Premio Lenin per la Fisica) era solito sdrammatizzare con un ormai goliardico brindisi: “Brindo non a Beppo, ma a tutti noi: se abbiamo la fortuna di lavorare con lui, siamo sicuri di vincere un premio Nobel!” Con le migliorie apportate ai materiali, quali scalette auto costruite molto più leggere, utilizzo di elmetti della guerra come caschi e torce elettriche poste su di essi, la progressione in grotta risulta più agevole e si affrontano esplorazioni più profonde ed impegnative, raggiungendo il fondo della Grotta Guglielmo, dell’Abisso dei Campelli ai piani di Artavaggio, Antro del Corchia e molte altre cavità italiane lavorando ed esplorando insieme a torinesi, faentini, triestini ed altri. A seguito di una serie di gravi incidenti, si decide di fondare, insieme a tali gruppi speleo, un corpo di “Soccorso Speleologico” che, nato nel 1965 come unità indipendente, diventa poi parte integrante del Corpo Nazionale di Soccorso Alpino e Speleologico (CNSAS). Verso la contemporaneità, dove esperienze si intrecciano e l’unione di varie competenze porta a grandi risultati Lo spirito pioneristico del gruppo si ritrova anche in un insolito ambito: quello cinematografico. Nel 1968, dietro insistenti richieste da parte della Commissione Cinematografica del CAI, è realizzato da A. Frigerio il primo film italiano sulla speleologia: “Lumen Zero”, presentato nell’anno successivo al “Festival internazionale della Montagna Città di Trento”. L’inizio del terzo millennio, vede il GGM molto collaborativo con vari gruppi lombardi in attività sia in Grigna che Pian del Tivano. Nasce il Progetto Ingrigna! con l’intento di riunire i gruppi speleologici che lavorano nelle stesse zone per favorire la collaborazione e lo scambio di dati e conoscenze. Il GGM è diventato uno dei principali sostenitori e partecipanti. Nel 2010, il gruppo si ritrova ancora una volta protagonista nella fondazione della Federazione Speleologica Lombarda, ente che si propone di riunire i vari gruppi lombardi ed essere un unico e forte interlocutore con le autorità di governo del territorio.

96

Le Attività in Montagna


Abisso W le Donne, Grigna Š foto di Ivan Licheri

Le AttivitĂ in Montagna

97


Ingresso Fornitori, Salone Australia, Valle del Nosê © foto di Ivan Licheri

98

Le Attività in Montagna


La lunga scoperta della Grigna Negli anni ’30 inizia a nascere l’interesse del GGM per la Grigna Settentrionale, che in breve si rivelerà essere una delle zone carsiche più promettenti della Lombardia. Nel 1933, Cesare Chiesa pubblica un primo elenco catastale delle grotte della zona, seguito poi da un secondo elenco nel 1948 e dalla tesi di laurea di Ettore Servida, nel 1953. Il 1960 vede l’inizio della prima esplorazione sistematica delle grotte della Grigna Settentrionale, che nel 2016 risultano più di 1000. Negli anni ’80, grazie all’avvento delle nuove tecniche di progressione su corda, che permettono di abbandonare le pesanti e ingombranti scalette e rendono le esplorazioni verticali più rapide e sicure, inizia l’esplorazione dei grandi abissi della Grigna. In collaborazione con i gruppi speleologici CAI di Malo, Verona, Lecco, Como (e l’Associazione Speleologica Comasca), Bergamo, Cassano, il Gruppo Speleologico Piemontese CAI UGET e il gruppo belga CSARI, vengono scesi alcuni tra quelli che ancora oggi sono i più importanti abissi della zona, come l’abisso dei Maron Glaces fino a – 557. Nel 1987 viene esplorato l’Abisso Paolo Trentinaglia fino a – 298m e l’abisso Orione fino a – 456m, ma soprattutto iniziano le esplorazioni all’Abisso W le Donne, che ad oggi raggiunge i -1315 metri di profondità. Nel 2012, lo speleosub del GGM Davide Corengia si immerge nel sifone terminale, a – 1.140 m di profondità, scoprendo nuove prosecuzioni. Grazie allo svuotamento del sifone tramite una pompa, speleologi del Progetto Ingrigna! stanno portando avanti le esplorazioni in queste nuove vie, senza necessitare di bombole. Parlando di Grigna non si può non citare la figura di Alfredo Bini, speleologo e docente universitario, per anni presidente del GGM. Alfredo Bini fu anche il primo direttore della rivista Speleologia e compì uno straordinario lavoro topografico e catastale anche in queste aree carsiche. Complesso del Nosê al Pian del Tivano, per alcuni anni la grotta più estesa d’Italia Negli anni ’60 il GGM inizia ad interessarsi all’area del Pian del Tivano (LC), dove le prime esplorazioni (ad opera del Gruppo Speleologico Comasco), iniziate negli anni ’30, avevano mostrato il grande potenziale dell’area. Nel 1969 è effettuata la congiunzione tra le grotte Zelbio e Tacchi, di cui vengono riscoperte e topografate alcune notevoli prosecuzioni, realizzando così un sistema che superava i 9 km di sviluppo. Nel 1979, l’apertura della frana iniziale dell’Abisso presso la Capanna Stoppani aprì la via all’esplorazione di quella che per molto tempo Le Attività in Montagna

99


rimase una delle grotte più importanti della zona e che nei primi anni ’90, raggiunse i 7.020 m di sviluppo. L’apertura della grotta di “Ingresso Fornitori” da parte di vari speleo, tra cui qualche membro del GGM, portò ad esplorare in due anni più di 20 km di grotta. Nel gennaio 2008 Andrea Maconi (GGM) e Daniele Bassani (Associazione Speleologica Comasca) realizzarono la giunzione con l’Abisso presso la Capanna Stoppani, portando il complesso a 38 km. Nei due anni successivi, si raggiunsero i 48 km di sviluppo. Nel febbraio 2012 il GGM ha partecipato, sempre con il Progetto InGrigna!, alla storica giunzione tra Tacchi-Zelbio e Fornitori-Stoppani, che ora formano il Complesso del Pian del Tivano-Valle del Nosê, che, con oltre 64 km di sviluppo, è la seconda cavità per sviluppo in Italia (la prima, dal 2016, è il Complesso che comprende Su Palu, Monte Longos, Su Molente e Bue Marino in Sardegna).

100

Le Attività in Montagna


Gruppo Seniores a cura dei ‘Seniores’

Dal ‘Collaudo Anziani’ SEM ai ‘Seniores’ CAI, ma sempre e comunque “ulteriormente abili” ‘La speranza vede quello che non è ancora e che sarà’: associando questa riflessione di Charles Péguy all’intuizione di quanti, come la SEM (Società Escursionisti Milanesi) che, nel lontano 1934, organizzò il primo “Collaudo degli anziani”, come Sugliani, Campiotti, Romanini, Quaroni, per arrivare alla indimenticabile e indimenticata Anna Clozza, hanno compreso e creduto che, nell’ambito del Club Alpino Italiano, i Soci allora definiti “anziani” meritassero una attenzione ed un trattamento particolari. Quello stesso spirito e quel testimone sono stati entusiasticamente raccolti e fatti propri dall’attuale Commissione Regionale per le Attività dei Soci Seniores... (1) Partecipazione alle iniziative del ‘CAI Seniores Escursionismo’ 2012 - Borno, Valle Camonica (BS): il 30 maggio 2012 la SEM è entrata a far parte della grande Famiglia dei Seniores del CAI, con 20 Soci nuovi tesserati e la partecipazione al ventunesimo Raduno Regionale dei Seniores. Un esordio magnificato dai 1500 Seniores presenti a quello che è stato definito un mega raduno. Molto gradita è stata la squisita ed esemplare ospitalità delle Sezioni organizzatrici e dell’ANA. 2013 - M.te Poieto, Aviatico (BG): il meteo della seconda esperienza non è stato per niente favorevole ad una gradevole salita, peraltro di pochi temerari causa la collera di “Pluvio”, ma poi giunti alla meta ci si è potuti (1)

Fonte: “Il Quaderno dei Seniores” 1° ed. aprile 2009 - stralcio della «Introduzione» a firma di Vincenzo Torti - Presidente Generale del CAI (allora Componente Direttivo Centrale)

Le Attività in Montagna

101


asciugare e godere del Coro che ci ha allietato per tutto il lauto pranzo. «E’ il nostro secondo appuntamento al raduno. Dopo una primavera fredda e piovosa si sperava a fine maggio in una giornata di sole. Invece partiamo in pullman da Milano con acqua a catinelle che ci accompagna per tutto il giorno. Ma noi, non più giovani, non ci lasciano intimorire e dopo tanti ricordi di altrettante gite bagnate, ci accertiamo di avere ombrelli, mantelle, indumenti di ricambio e partiamo. Arrivati ad AVIATICO, il punto di ritrovo è la stazione di partenza della bidonvia (1020 m.) per il Monte Poieto (1.360 m.). Nonostante il forte richiamo della salita in bidonvia 7 persone del nostro gruppo decidono di proseguire la salita a piedi, ovviamente sotto l’acqua. Purtroppo il programma di raduno in montagna come una volta, con l’occasione di trovarci tutti insieme per condividere le nostre esperienze con i soci delle altre sezioni, per credere ancora una volta che la montagna è un’amica salda e scanzonata, è stato sacrificato. Così anziché trovarci sui prati del Monte Poieto, per un pranzo al sacco, con canti e allegria, abbiamo ripiegato per un pasto (ottimo) presso il ristorante del luogo. Comunque l’allegria non è mancata e la giornata si è conclusa con la certezza della nostra partecipazione per il prossimo raduno. E’ stato un evento di successo con grande partecipazione nonostante, come già detto, il tempo non sia stato generoso. Ora siamo in vacanza, la nostra età ci può permettere di non contare il tempo che passa, ci rendiamo attivi facendo buone passeggiate per ritrovarci alle prossime gite in allegra compagnia. Invitiamo tutti a partecipare ed a rendere il gruppo Seniores sempre più numeroso. Buone Vacanze a tutti, ci rivediamo a settembre. I Seniores» 2014 - 2° Convegno Nazionale Seniores al Palasport di Bergamo. 2014 - Domegge di Cadore (BL): nell’ambito della XVI Settimana Nazionale di Escursionismo, si è tenuto il 1° Raduno Nazionale del Settore Escursionismo Senior. I Soci Escursionisti Seniores del CAI si sono ufficialmente costituiti in Settore Escursionismo Senior, al quale hanno presenziato 39 Sezioni dalla Sicilia al Veneto con 485 partecipanti. I semini hanno colto l’occasione per effettuare escursioni nello splendido ambiente cadorino, intrattenendosi per l’intera settimana trascorsa in piacevole compagnia e con grande soddisfazione. Ecco la testimonianza: «A fine settembre 2013 ci giunse la comunicazione della Commissione Seniores Lombarda che il raduno nazionale Seniores si sarebbe svolto per la prima volta in Cadore e, più precisamente, a Domegge il 2 luglio 2014 nell’ambito della Settimana Nazionale dell’Escursionismo CAI (organizzata in Cadore dal 28 giugno al 6 luglio 102

Le Attività in Montagna


Le AttivitĂ in Montagna

103


2014). L’occasione di programmare una settimana di permanenza in Cadore, regione nella quale non vi è che l’imbarazzo della scelta delle località che meritano una visita, ci ha subito messo in movimento per cercare programmi ed adesioni. Dopo pochi giorni arriviamo alla conferma di nove soci più due non soci. Decidiamo di raggiungere San Vito di Cadore, dove abbiamo prenotato l’albergo; la settimana Semina sarà quella dal 28 giugno al 6 luglio 2014 compreso. Sabato 28 giugno partiamo quindi con tre autovetture per raggiungere la splendida conca di San Vito a 7 chilometri da Cortina d’Ampezzo. Il primo giorno prendiamo visione del luogo facendo la passeggiata della vecchia ferrovia delle Dolomiti, sede della ex ferrovia del “trenino delle Dolomiti”. La settimana prosegue con il gruppo al completo; ci si divide solo per le escursioni in base alle difficoltà e durata delle medesime ma con il piacere di ritrovarsi, al termine, al Rifugio per continuare l’instancabile contemplazione delle imponenti montagne che ci circondano. Mercoledì 2 luglio c’è il ritrovo a Domegge per il 1° Raduno Nazionale Seniores; sono presenti 480 seniores provenienti da tutta Italia. La giornata è organizzata dalla Commissione Seniores con possibilità di scegliere tra cinque escursioni e una visita guidata ai musei e paesi limitrofi. Segue il pranzo comunitario e i saluti delle autorità (per la Lombardia è presente il nostro ex socio Sellari Marcello). Nel corso della settimana sono state effettuate diverse gite fra cui: - Capanna degli Alpini – Pian della Gravina – Cascate del Pile; - Malga Ra’stua e visita al Rifugio Fodara Vedla; - Costapiana – chiesetta San Dionisio – Rif. Antelao; - Eremo dei Romiti – Monte Froppa; - Rifugio Padova e giro ad anello negli spalti; - Rif. Auronzo e giro delle Tre Cime di Lavaredo; - Rif. San Marco – Rif. Galassi – Forcella Piccola – Cima Scotter. Non sono mancate anche le serate culturali quali: - concerto del Coro di Cortina e di San Vito del Cadore a Barca; - concerto sull’organo del 1791 a Barca di Cadore; - concerto bandistico a Barca. Il tempo è stato clemente con noi, pioveva di notte ed al mattino si presentava incerto sino a virare al bello. Tutto questo, ed altro ancora, ci ha presentato il Cadore oltre a vedute a dir poco mozzafiato. A noi solo il grande piacere di apprezzare e gustare tutto: la sua gente, il suo cibo, i suoi fiori e le sue meravigliose montagne. Queste le nostre emozioni vissute, in quei pochi giorni, in buona compagnia quali sono i Semini. I Seniores» 104

Le Attività in Montagna


2015 - Piano dell’Avaro Cusio (BG): il raduno si è svolto il 27.05.2015 ed otto Soci vi hanno partecipato in una splendida giornata nell’incantevole cornice dell’alta Val Brembana. A latere sono state effettuate le seguenti escursioni: ai Rifugi Brunino m. 1.000 - Terz’Alpe m. 793 - Gherardi m. 1.650 - Alpe Corte m. 1.410 - Capanna Mara m. 1.125, giro del Monte Barro, Brunate - Monte Balletto, Pasturo - Cornisella Rif. Brunino – colle Balisio, Colico - Abbazia di Piona, alcune tappe del Sentiero del Viandante. 2016 - Cavriana, Colli del Basso Garda (MN): preistoria, medievo, culto e battaglie risorgimentali. 24 sono state le Sezioni presenti per 903 Soci, di cui 124 delle 7 provenienti da altre Regioni del nord. Per il contesto Don A. Mazzi osservò: “Era bello vedere giovani e anziani vivere lo stesso spazio. Un buon augurio per i miei e un auspicio di lunga e feconda vita per voi.” 2017- Aprica (SO): giornata calda e luminosa ben organizzata, frutto di grande lavoro, per 655 presenze di 22 Sezioni Lombarde più quella di Merano. Questa è stata l’ultima organizzazione del caro Marcello Sellari per fine dei suoi mandati. 2019 - Morimondo (MI): come sempre diceva ai giovani Silvio Saglio, per salire non occorre correre, ma mantenere sempre il passo della “vacca stracca”. Con questo passo, anno dopo anno, i nostri Seniores, che considerano il rapporto con la montagna un mezzo per acquisire gioia interiore, continuano il loro lento cammino. Senza mai perdere la volontà di esserci, come dimostrato dalla presenza costante, manifestando la felicità di ritrovarsi sui sempre frequentati, tranquilli, sentieri e di riunirsi tutti insieme per vivere la montagna, per condividere i racconti delle proprie esperienze, per contarci e per far conoscere la nostra dignitosa attività alpina vissuta all’interno della SEM, perché l’aggregazione è aiuto alla vita, stimolo per la salute del corpo e della mente: “In cima non ci si arriva superando gli altri, ma superando se stessi”. «Anche quest’anno la Commissione Escursionismo Seniores Lombardia ha organizzato il periodico raduno. La località prescelta è al confine con il Parco del Ticino, dove è situata la famosa Abbazia. Sono state organizzati diversi itinerari per visitare i fontanili, le cascine, i canali d’irrigazione o navigabili, le chiese e le cappellette del territorio circostante. Le escursioni, di lunghezza variabile, erano gestite da diversi accompagnatori e, nelle località di particolare interesse, competenti guide naturalistiche illustravano le peculiarità dei luoghi con dovizia di particolari e vari aneddoti. La SEM era presente col suo gruppo di Seniores che, ormai da diverso tempo, frequenta questi piacevoli raduni nei quali è facile incontrare vecchi amici, qualche socio del vicino CAI Milano ed altri da ogni parte della Lombardia. Particolarmente simpatico è stato l’incontro Le Attività in Montagna

105


con un gruppo seniores di Bressanone che frequenta abitudinariamente i raduni delle vicine regioni; numerosi ed affiatati si sono fatti notare per una piacevole esibizione canora con canti, dei quali si sta perdendo la memoria, con gradevole intonazione. Al solito un buon pranzo ha suggellato la giornata che, iniziata con la presenza di nuvoloni, è terminata anche con qualche raggio di sole. All’anno prossimo! Oreste Ferré» 2014 - Una peculiare partecipazione dei Seniores SEM in quel di Gemonio «Mercoledì 22 ottobre in dodici Soci della SEM abbiamo visitato la Mostra dell’alpinista/artista Eugenio Fasana presso il Museo Civico(2) “Floriano Bodini” di Gemonio, dove è nato nel 1886. Magistrale è stata la guida e la presentazione di Daniele Astrologo, curatore del Museo ed al quale rinnoviamo i ringraziamenti, che ci ha consentito l’accesso esclusivo e personalizzato, per la disponibilità della SEM ed un minimo contributo di documentazione all’allestimento della stessa. Fasana è stato socio della SEM per molti anni fino alla sua scomparsa nel 1972, e la sua famiglia ha conservato tutta l’attrezzatura di montagna a lui appartenuta per le sue molteplici attività di arrampicata, escursionismo e sci, decidendo così di fare una ricca e interessante Mostra esponendo tutto il materiale: le sue tessere di iscrizione, le medaglie di merito e di benemerenza per la Sua dedizione alle tante iniziative. Si è distinto come bravo pittore del quale sono esposte in due sale le opere tutte riguardanti le più belle montagne e alcune con dediche ad amici e parenti. Eccellente scrittore di libri di montagna e autore di numerose guide di montagna. Alcuni nostri soci che a suo tempo hanno asceso una Sua via, sulla parete a Lui dedicata in Grigna settentrionale, hanno potuto conoscere ed apprezzare le peculiarità dell’autore che si è guadagnato ripetute benemerenze dalla nostra Società. La visita è continuata alla bellissima chiesetta romanica del X secolo dedicata a San Pietro(3), ricca di affreschi quattrocenteschi bene illustrati da una appassionata guida. In fine abbiamo visitato il Museo(4) dell’artista Innocente Salvini: pittore di talento particolare per la sua modalità originale d’impressionare tele ed affreschi, con vivi sentimenti per la natura e la sua famiglia ben espressi dal nipote che ci ha guidato nell’esplorazione. Oltre alle sue molteplici opere abbiamo anche visto funzionare, con sorpresa, l’acquatico mulino che la sua famiglia utilizzava per macinare orzo e grano ed un frantoio per olio d’oliva e di noci, entrambi funzionanti ancora perfettamente: veri gioielli di archeologia industriale. 106

Le Attività in Montagna


Ma la più grande e piacevole sorpresa è stata di trovare il nostro socio Ruggero Grassi, vitalizio dalla nascita, discendente da una famiglia che è da sempre lo Sponsor di una manifestazione molto cara a noi Seniores della SEM: il “Collaudo Anziani” che quest’anno conta l’81ma edizione. Ebbene Ruggero ha saputo dell’iniziativa ed ha velocizzato un impegno di lavoro per raggiungerci a pranzo in un ristorante a lui famigliare, come l’ambiente che lo circonda, per il piacere di rivederci e passare qualche ora con noi. Grazie all’ottima organizzazione, è stata una piacevolissima, interessante ed appassionante conoscenza ben condivisa da tutti noi Seniores partecipanti. I Seniores»

(2)

Realizzato nel centro storico di Gemonio, in una tipica corte settecentesca appositamente restaurata, il Museo ospita una vasta collezione di scultura, pittura e grafica di molti protagonisti dell’arte contemporanea italiana ed europea. (3)

Edificio in stile romanico di probabile origine nel 712 e successivo rifacimento presumibile tra il 925 e il 950, è stato nominato Monumento nazionale nel 1912. Al suo interno si ammirano affreschi di ottima fattura risalenti al XV ed il XVII secolo. All’esterno, il piazzale antistante è circondato dalle cappellette della via Crucis costruite nel 1768 e restaurate nel 1930. (4)

Ospitato nel mulino che si erige dal 1870 su una delle anse più strette del fiume Viganella, qui vi nacque il pittore Innocente Salvini nel maggio 1889 e lavorò tutta la vita con la sua pittura che resterà sempre al di fuori di scuole e movimenti, in una patria solo sua, distanziata da qualunque altro “realismo” italiano dell’epoca.

Le Attività in Montagna

107


Gruppo MTB ‘Raggio x Raggio’ a cura di Davide Bossi e Federico Chiovato

Il gruppo di Mountain Bike della SEM nasce nel marzo 2008 dall’idea di un gruppo di amici, soci SEM, diversi dei quali istruttori di scialpinismo ed alpinismo della Scuola Silvio Saglio. Nel 2007, dopo più di dieci anni di esperienza sulle ruote grasse, alcuni di loro decidono di frequentare il corso per accompagnatori di mountain bike presso la Scuola Nazionale Maestri di MTB dell’AMI bike (Associazione Mountain bike Italia dell’UISP). L’intenzione è di creare in SEM un gruppo di mountain bike, da affiancare alle altre discipline, per poter offrire un punto di riferimento e di formazione per la MTB all’interno della sezione. Nasce così il Gruppo “Raggio X Raggio” MTB SEM, costituito da un direttivo e da una serie di affiliati, tutti soci SEM. Nel 2008 parte anche la prima edizione del corso di MTB, il primo del suo genere a Milano e precursore dell’attività CAI nel settore cicloescursionismo in Lombardia. Il corso fin dal suo nascere si delinea in puro “stile SEM”: alto livello tecnico, didattica all’avanguardia ed ambiente accogliente ed informale. Nel 2009 “Raggio X Raggio” è rappresentato nel neonato gruppo di cicloescursionismo all’interno della Commissione Regionale CAI di Escursionismo, che propone di introdurre progressivamente la pratica della MTB all’interno del CAI in regione. Dal 2009 ad oggi il Gruppo “Raggio X Raggio” è cresciuto in numero, competenze, attività e soci. Per quanto concerne il comparto tecnico, nel corso degli anni i componenti del direttivo hanno continuato la formazione tecnico didattica attraverso le strutture nazionali di UISP, FCI (Federazione Ciclistica Italiana) e CAI conseguendo qualifiche di maestri ed istruttori di MTB nei diversi ambiti. Nasce così all’interno del Gruppo una vera e propria Scuola di 108

Le Attività in Montagna


MTB del CAI SEM: la “MTB High School”. Il motto della scuola riassume lo spirito del Gruppo “Raggio x Raggio”: Per migliorarsi sempre. Per imparare a guidare con eleganza, tecnica e rispetto. Per fare nuove amicizie. Per imparare a sfidare i propri limiti in Mountain Bike. Per vivere la montagna, in sicurezza, come sport ed emozione. Per imparare a non confondere il fine con il mezzo. La Scuola negli anni ha sviluppato un piano didattico proprio, in continua evoluzione, che mette a frutto la passione, la preparazione e l’esperienza di Maestri della Federazione Ciclistica Italiana , della Scuola Nazionale Maestri di MTB dell’UISP e degli accompagnatori della Scuola Centrale di Escursionismo del CAI. In questo senso la Scuola rappresenta, in ambito MTB, il primo esempio in Italia di integrazione didattica tra i tre maggiori enti nazionali (FCI, UISP, CAI) preposti alla formazione tecnica ed all’accompagnamento in montagna. L’esperienza maturata in anni di attività didattica CAI fa sì che la Scuola rappresenti la SEM nel suo spirito più genuino di storia e tradizione. Nel corso degli anni la Scuola ha avvicinato alla MTB numerosi allievi che oggi continuano a praticare questo sport con impegno e passione. Il corso di introduzione alla MTB, riproposto regolarmente con frequenza annuale, giunge nel 2019 alla sua 12° edizione. Per alcuni anni la Scuola ha proposto anche un corso di free ride dedicato alle tecniche di guida avanzate e realizzato esclusivamente in bike park. L’attività del Gruppo si è sempre integrata in quella della Scuola proponendo un ricco programma annuale di gite sociali, aperte a tutti i soci SEM, nel periodo compreso tra marzo e novembre. Se il corso è da sempre l’occasione per conoscere e formare persone nuove, le gite sono invece un’opportunità concreta per inserire nuovi soci in SEM. Negli anni il Gruppo ha sempre avuto un numero di soci importante, oscillante tra le 50 e 80 unità, con una numerosa partecipazione alle gite sociali ed alle serate a tema organizzate in sede. Oggi lo staff tecnico è costituito da Massimo Bertolone (maestro FCI), Davide Bossi (AC CAI e maestro UISP), Federico Chiovato (aspirante AC CAI), Boris Gruppo (maestro FCI), Angelo Leone (ASC CAI e maestro FCI, UISP), Roberto Mauri (maestro FCI) e Federico Rossi (ASC CAI e maestro UISP).(1) (1)

AC = Accompagnatore di Cicloescursionismo, ASC = Accompagnatore Sezionale di Cicloescursionismo, FCI =Federazione Ciclistica Italiana, UISP = ente di promozione sportiva affiliato al CONI

Le Attività in Montagna

109


110

Le AttivitĂ in Montagna


Le AttivitĂ in Montagna

111


Nel 2018 il Gruppo ha festeggiato il 10° anniversario con una maglietta speciale in edizione limitata ed una bella festa in sede aperta a tutti i soci SEM. Dieci anni di attività, impegno, dedizione ma soprattutto divertimento e passione, sono un traguardo importante e per nulla scontato; che abbiamo celebrato con soddisfazione ed ancora tanta voglia di progettare i prossimi 10 anni. Seguendo le direttive della Scuola Centrale di Escursionismo e Cicloescursionismo, il corso di MTB del 2019 sarà il primo classificato CE1 dopo avere ottenuto il Nulla Osta della Commissione Regionale di Escursionismo. È un traguardo importante che finalmente sancisce l’ufficialità della proposta della nostra Scuola di MTB, quale attività istituzionale CAI. La Direzione del corso sarà infatti affidata per la prima volta ad un istruttore titolato CAI, Accompagnatore di Cicloescursionismo (AC), alla stregua dei corsi della Scuola Silvio Saglio. L’attività del Gruppo attualmente prevede uscite settimanali “non ufficiali” e 7/8 Escursioni Sociali. La formula dell’escursione che copre il weekend ha permesso il consolidarsi dell’amicizia tra i soci, offrendo inoltre l’opportunità di esplorare zone lontane non raggiungibili in giornata, come la Val Maira, la Val di Susa e l’Alta Badia. L’impegno e la passione profusi in 12 anni di attività hanno permesso

112

Le Attività in Montagna


di mantenere vivo il Gruppo. Ci stiamo impegnando per farlo crescere ulteriormente, in continuità col passato, adattando modalità e contenuti alle direttive della Commissione di Escursionismo e Cicloescursionismo, perché i nostri soci frequentino la montagna in modo consapevole, rispettoso ed in sicurezza anche su due ruote. In un futuro ormai prossimo è prevedibile che il CAI si doti di una struttura tecnico/didattica Regionale in cui il nostro gruppo potrà essere parte attiva. È auspicabile in tal senso coinvolgere nella formazione tutti quei soci che abbiano voglia di essere parte attiva del processo di integrazione della pratica della MTB nel CAI. Solo con la preparazione, il confronto e la condivisione delle esperienze si può far crescere ed arricchire il nostro sodalizio fedeli ai valori dello Statuto.

Le Attività in Montagna

113



3 Le Attività Culturali foto Š Valeria Casali


3.1

Comitato Scientifico Culturale

3.2 Il Premio Marcello Meroni 3.3 La Biblioteca, intitolata a Ettore Castiglioni 3.4 Stampa sociale e pubblicazioni


Il Comitato Scientifico Culturale a cura di Dolores De Felice e Gilberto Grassi

L’esperimento, fortunato, partito in SEM oltre 10 anni fa e riguardante la creazione di un programma di attività scientifiche-culturali con decise caratteristiche divulgative e di sensibilizzazione, prosegue senza sosta e con successo. I cittadini di Milano (ma non solo) possono infatti tuttora beneficiare, a titolo gratuito e senza necessariamente essere Soci del Sodalizio (elementi molto importanti), di questa proposta ormai collaudata e altamente strutturata. Certo, si spera che dopo averci frequentato per un po’ e aver visto le tante cose belle e interessanti che proponiamo, decidano poi di associarsi... Vale la pena, ricordare, in questa sede, l’obiettivo fondamentale della nostra proposta: offrire una visione della montagna come luogo vivo di tradizioni storiche, unicità culturali e ricchezze ambientali, quale opportunità per allontanarsi da un uso consumistico, senza altro valore aggiunto se non quello puramente edonistico (spesso principalmente alimentare), che spesso viene fatto dell’ambiente montano, dimenticandosi ogni forma di rispetto per quell’ambiente che tanto generosamente accoglie coloro che lo avvicinano. Questo progetto nacque infatti proprio per mostrare come una Sezione storica del CAI come la nostra, che ne condivide quindi gli obiettivi di conoscenza e difesa dell’ambiente naturale delle montagne, poteva aiutare gli abitanti del territorio, attraverso il proprio patrimonio di conoscenza, ad una sua corretta fruizione. La qualità delle proposte si è sempre mantenuta ad un livello medio/ alto, ma sempre tenendo saldi i principi base della divulgazione, che richiedono linguaggio e proposte fruibili da un pubblico ampio e variato. Rispetto ai primi anni dalla sua fondazione, la Commissione Scientifica Culturale (che qui chiameremo per praticità e simpatia CSC, da non confondere con identico acronimo del Comitato Scientifico Centrale CAI) si è arricchita di altri importanti contributi: dapprima Enrico Le Attività Culturali

117


Barbanotti, attuale Direttore della biblioteca SEM, poi Gilberto Grassi, appassionato ed esperto di cinema, e, recenti “acquisti”, Gabriele Zerbi, che si è unito ad Enrico per rinforzare il lavoro sulla comunicazione editoriale, e Marinella Pessina, una bravissima Socia SEM, “maga” della computergrafica, a supporto, con Gabriele, delle comunicazioni riguardanti gli eventi CSC e dell’aggiornamento e realizzazione delle locandine informative. In tempi più recenti abbiamo avuto anche il ritorno di Stefano Ronchi, “storico” membro del GGM e Consigliere SEM, dopo un breve periodo di assenza. Nicla Diomede e Laura Posani, rappresentanti della cultura nel Consiglio SEM, completano il nostro “dream team”. Quindi, nel tempo, le competenze e le risorse della Commissione si sono alquanto estese: un altro grande risultato, a conferma di quel ruolo, prima conquistato e poi rapidamente evoluto, di “laboratorio culturale aperto” (alla popolazione del territorio, ad Enti, ad esperti, ad Associazioni) e sempre più prezioso strumento di conoscenza e sensibilizzazione. Il fantastico viaggio realizzato dalla CSC in questi ulteriori 10 anni di attività ci ha portato a conoscere innumerevoli e bellissimi storie, personaggi, luoghi, avventure e mondi visibili e invisibili. È bello qui ripercorrerne brevemente il percorso: - Luoghi (Rift Africano, Catinaccio, Azzorre, Alpi Retiche, Sahara, Alpi francesi, Messico, Antartide, Groenlandia, Argentina, Nilo azzurro, Uzbekistan, Islanda, Alpi Orobie, Valgrande, Dolomiti, Cervino, Scandinavia, Monviso...) - Personaggi (Dino Buzzati, Catherine Destivelle, Vittorio Sella, Duca degli Abruzzi, Angelo Dibona, Bruno Detassis, Oliviero Bellinzani, Angelo D’Arrigo, Walter Bonatti, Paolo Rumiz, Alessandro Gogna, Claudio Smiraglia; Yann Arthus-Bertrand, Ninì Pietrasanta, Gabriele Boccalatte, Bartolomeo Peyrot...) - Eventi/Sociale (“Kalenda Maia”: canti e storie dei popoli; “Montagne senza cima”: letture, musica e racconti di montagne, donne e uomini; “Libere in vetta”: donne in montagna per tornare a vivere dopo la violenza; “L’alta via dell’educazione”: esperienze innovative fra scuola e montagna; “(Dis)abili in montagna”: montagne senza ostacoli; “Tra-monti e leggende”: musica, storia e tradizioni delle terre alte; “Milano Green Week”...) - Proiezioni (Oltre le cime; Avventura nel Grande Nord; Sulle tracce dei ghiacciai; Lo spettacolo dei cristalli giganti; Il risveglio del fiume segreto; Italiani all’Antartide; 1954: spedizione al K2; L’albero fra le trincee; L’universo verde; Home: la nostra terra; Prima del diluvio/Before the flood; Il Paradiso in un giardino; La grotta dei colori; Finis Terrae; Una volpe da 118

Le Attività Culturali


Il CSC posa davanti alla quercia Eugenio Montale presso i Giardini Montanelli a Milano

Le AttivitĂ Culturali

119


ammaestrare; Still alive: dramma sul monte Kenya; selezione di film dal Sondrio Festival e dal MiMoFF; Jel Tegermen: mulino a vento; B. Peyrot: il primo italiano sul Monviso...); - Avventure (speleosub; speleologia; grotte vulcaniche; il Grande Nord; geoturismo; Dolomiti 360°; in viaggio sul Po; italiani in Antartide; Ararat:sulle tracce dell’Arca; Mongol Rally; spedizione K2; vetta Kilimanjaro; spedizione italiana in Tibet occidentale; speleo in Uzbekistan, Svizzera, Sardegna, Lombardia; esplorazioni in Patagonia e Terra del Fuoco; grotte, canyon e pareti; m.te Kenya; spedizione Gasherbrum IV...) - Storie (alpinismo e speleo al femminile; arte rupestre; 150 anni del CAI; storia della speleologia; storia delle glaciazioni nelle leggende alpine; principali leggende dolomitiche; storia e cartografia alpina; testimonianze della Grande Guerra; voci dalla Val Montone; aiuto a villaggi in Bolivia: l’esperienza della comunità di Penas; spedizioni in Everest; uomini e K2; slavine: storia di un sopravvissuto; “guerra bianca” in Adamello; la “Linea Cadorna”; il “guardiano del Cervino”; le “signore delle cime”: guide alpine al femminile; archeologia di montagna...) - Libri (Dino Buzzati; Pietro Guglieri; Albano Marcarini; Silvano Cazzaniga; Mirella Tenderini; Eugenio Fasana; Alessio Pezzotta; Giovanni Storti/Alex Rossi; Dante Colli; David Bellatalla; Alberto Cavaciocchi; Ella Torretta; Guido Caironi; Kurt Lauber; Stefano Torrione; Laura e Giorgio Aliprandi; Paolo Confalonieri/Orobie; Roberto Ciri; Alessandro Giorgetta; Ruggero Meles; Raffaele Occhi; M.Teresa Cometto; Chiara Todesco...) - Scienza (storie e personaggi mitologici ispirati dalle costellazioni; la fisica dei colori; luce e “materia oscura” nell’universo; Leonardo 500: dalla Terra alla Luna...) - Natura (cristalli giganti; carsismo lombardo; vulcani da record; vita in ambiente ipogeo; il mondo delle api; arte rupestre; flora e fauna alpine; grandi carnivori delle Alpi; il segreto dei bombi; funghi ed erbe commestibili e nocivi...) - Ambiente (inquinamento fluviale; ghiacciai e clima; Alpi e futuro; le foreste; il cambiamento climatico; CAI e salvaguardia ambientale; Parchi Nazionali; globalizzazione degli animali; ambiente urbano...) Anche se molto è già stato fatto, tantissimi progetti sono in programma: quasi come una “pentola in ebollizione”, molte idee sono già salite in superficie e si sono rivelate, altre stanno rapidamente giungendo alla meta, altre ancora stanno per partire... un moto senza sosta, un continuo fluire, per essere sempre più al passo con i tempi restando punto di riferimento, risorsa affidabile e competente per tutti coloro che da tempo e con interesse ci stanno seguendo e (si spera) continueranno a seguirci. Dopo il 2010, infatti, molte sono state le novità: - Collaborazioni con nuovi Enti / Associazioni (Comitato Scientifico 120

Le Attività Culturali


Centrale del CAI; Comitato Scientifico Veneto Friulano Giuliano; Società Italiana Scienze Naturali; Civico Planetario di Milano; Orto Botanico di Brera; Univesità degli Studi di Milano; Gruppo Botanico Milanese; Servizio Glaciologico Lombardo; Commissione Tutela Ambiente Montano CAI della Lombardia e dell’Emilia Romagna; LIPU; Sondrio Film Festival; Associazione Montagna Italia/MiMoFF). - Ancor più attenzione alle tematiche sociali (la montagna per le donne/le donne per la montagna; diversamente abili, solidarietà fra popoli). - Sempre maggior presenza sul territorio (Milano Green Week, Bookcity). - Apertura ad altre serate “speciali” (eventi corali, importante elemento della cultura alpina: Coro UniMi, Coro CAI Milano). - Avviamento delle “Good news” (nate nello stesso anno, ed ispirate dal turbinio innovativo portato in città dall’Expo di Milano): uno spazio per novità positive, aggiornamenti sui temi più disparati... innovazione, ambiente, scienza, tecnologia, urbanistica, astronomia, agricoltura, società e futuro, medicina, economia circolare e sostenibilità, cinema, intelligenza artificiale... una panoramica davvero ampia su tante buone notizie! Ma attenzione! Non si tratta solo di una “vetrina di novità”, una specie di “telegiornale”: l’obiettivo fondante (e la speranza) delle nostre “good news” è di sollecitare riflessioni e approfondimenti sui temi di volta in volta trattati, che spesso hanno risvolti importanti nella nostra società e quindi meritano di essere rivalutati e “ripensati” in seguito. Ma abbiamo tanti progetti ed obiettivi anche per il prossimo futuro… qualche esempio? Eccoli: - Coinvolgimento negli eventi culturali di altre realtà CAI sul territorio (Sezioni e Sottosezioni milanesi) - “Rete” e scambi con altri gruppi scientifici e ambientalistici - Collaborazioni con Enti formativi e Scuole - Attività dedicate ai giovani I nostri gruppi interni (GGM, MTB, S.Saglio, Escursionisti) continueranno a rappresentare una preziosa risorsa, da valorizzare ogni qualvolta sarà possibile. E “dulcis in fundo”, “last but not least”, etc., anche in collegamento col titolo di questo capitolo, siamo lieti di poter scrivere che tutto quanto sopra ci ha valso l’opportunità e l’onore di poterci ora denominare ‘Comitato Scientifico Culturale’, coerentemente e in accordo con gli obiettivi e le attività culturali del CAI centrale. Denominazione approvata dalla Presidenza Generale, dal Comitato Scientifico Centrale e ratificata dal nostro Consiglio! Le Attività Culturali

121


Questo cambiamento può apparire banale o quasi insignificante, ma dal punto di vista formale ci apre invece tutta una serie di opportunità e risorse nel contesto della rete di tutti gli altri Comitati Scientifici attualmente operativi, sia a livello sezionale che regionale che centrale. Non possiamo quindi che essere orgogliosi di tutto questo, e grati alla nostra cara ‘Commissione’, che con affetto salutiamo e porteremo nel cuore per quello che, con l’instancabile lavoro di tutti, ci ha regalato, mentre diamo il benvenuto al “nuovo” ‘Comitato Scientifico Culturale’ SEM. Ringraziamo anche gli organi del CAI centrale che ci hanno concesso questa importante opportunità. Ora il contesto è cambiato, ma noi tutti continueremo a lavorare con la stessa passione, proseguendo spediti il nostro cammino in un magnifico viaggio che non ha limiti, sempre alla ricerca di nuove avventure, sfide e scoperte: ma... un momento... questo ci ricorda forse qualcosa? Ma certo! La mitica “Enterprise”: nave stellare pioniera alla ricerca di nuove civiltà nell’universo: come Ulisse perennemente in viaggio, nell’oscurità del cosmo, inseguendo un pensiero alato... E anche noi voleremo sempre diritti verso sempre nuove mete della conoscenza... Appuntamento, dunque, alla prossima tappa! Il cinema in CSC L’attività cinema, all’interno del Comitato Scientifico Culturale SEM, si è sviluppata a partire dal 2012 con la proiezione di Oltre le cime, film eccezionale preso in prestito dalla Cineteca CAI, Genziana d’oro al Festival di Trento 2008, che ha come protagonista la grande alpinista francese Catherine Destivelle. Film molto richiesto dalle Sezioni CAI. È stato realizzato per la prima volta in alta definizione e con l’impiego di droni, una novità assoluta nel cinema di montagna. Sempre nel 2012 abbiamo proiettato: Sulle tracce dei ghiacciai, film/ documentario presentato al Festival di Trento 2011. Un team di scienziati e di fotografi ripercorre le orme della spedizione italiana del 1909 in Karakorum. In quella occasione abbiamo invitato il geologo Claudio Smiraglia che ci ha illustrato le problematiche dei ghiacciai durante una conferenza che precedeva la proiezione del film. Il 2013 si è aperto con una conferenza sulle avventure di Filippo de Filippi, Vittorio Sella e “il Duca dell’avventura” (cioè il mitico ‘Duca degli Abruzzi’: Luigi Amedeo di Savoia-Aosta). Un ammiraglio esploratore, un medico chirurgo, un chimico. Tre uomini che hanno amato visceralmente la montagna e che hanno trovato la forza di compiere grandissime imprese. 122

Le Attività Culturali


Non è mancata l’occasione di proiettare un documento originale girato da Vittorio Sella nel 1909 che mostra delle riprese eccezionali in Himalaya. Nello stesso anno, il regista Alessandro Scillitani ha presentato: Il risveglio del fiume segreto - In viaggio sul Po con Paolo Rumiz, film documentario che racconta un viaggio alla riscoperta di un corso d’acqua ancora selvaggio e dei suoi incredibili abitanti. Altro bellissimo documentario: Italiani all’Antartide, una serata dedicata alla prima spedizione italiana in Antartide organizzata nel 1968 dal CNR, in collaborazione con il Club Alpino Italiano. Il 2013 si è concluso con una emozionante serata su Angelo D’Arrigo, aviatore, deltaplanista e ricercatore italiano, “l’uomo che volava con le aquile” purtroppo scomparso tragicamente, quasi per una beffa del destino, precipitando con un piccolo aereo da turismo durante una dimostrazione a Comiso (Catania). La vita e la straordinaria personalità di Angelo sono state narrate dalla moglie Laura Mancuso, che gli ha dedicato un libro e una fondazione per aiutare i bambini e le persone meno fortunate. Presenti alla serata, Roberto Serafin (giornalista), che ha intervistato Laura Mancuso, e Soledad Nicolazzi (attrice) che ha letto dei brani di un libro scritto da Laura. In seguito, a chiusura di serata, la proiezione di: Il volo senza confini dell’Uomo Condor, descrizione dell’impresa che lo ha portato a sorvolare l’Everest a bordo di un deltaplano. Il 2014 si apre ancora con il regista Alessandro Scillitani che ci ha portato: L’albero tra le trincee, primo film/documentario girato seguendo Paolo Rumiz durante un lungo viaggio nei luoghi della Grande Guerra, nel quale lo scrittore dedica una lettera ai propri figli ripercorrendo racconti, leggende, piccole grandi storie tramandate da custodi della memoria incontrati durante il viaggio. A chiusura d’anno, Valeria Ferioli, componente della Commissione Tutela Ambiente Montano del CAI Emilia Romagna, ci ha presentato: Voci dalla Val Montone, la storia di una valle dell’Appennino, l’Alta Valle del Montone, a confine tra l’Emilia Romagna e la Toscana, raccontata dalle voci degli agricoltori e allevatori che da generazioni l’hanno abitata. Una storia di coraggio, fiducia, timori e incertezze sul futuro, ma anche di lavoro e caparbietà, da parte di coloro che nonostante tutto hanno deciso di non abbandonare le loro amate montagne. Dopo una pausa dovuta all’allestimento della nuova Sede SEM, il 2017 vede l’esordio de: Finis Terrae, la libertà di esplorare, un film di Fulvio Maraini (Italia, 1999) che ripercorre per intero, in compagnia di Walter Bonatti, le straordinarie esplorazioni di Alberto Maria De Agostini nelle aree più remote del Sud America. Le Attività Culturali

123


124

Le AttivitĂ Culturali


L’anno successivo, il 2018, Kurt Lauber e Roberto Serafin presentano Il guardiano del Cervino. La mia vita alla capanna Hörnli. Intervistato da Serafin, Lauber - autore del libro e gestore da ben 23 anni del rifugio Hörnli - racconta la sua esperienza di mille spedizioni di salvataggio e come si svolge la vita quotidiana in uno dei rifugi storici delle Alpi. Al termine della serata è stato proiettato un film storico del 1911 girato per documentare i primi tentativi di salita al Cervino. A brevissima distanza di tempo, un grande documentario/film che ha suscitato grandi emozioni: Still Alive - Dramma sul Monte Kenya. Dalla Cineteca CAI il primo film di Reinhold Messner, che riprende una storia realmente accaduta negli anni settanta sul Monte Kenya. A raccontarla sono gli stessi protagonisti di allora, ora anziani, ma uniti da una solida amicizia. Il 2018 ha rappresentato una “pietra miliare” per le attività cinematografiche della SEM: l’inizio di una collaborazione tra SEM e Sondrio Film Festival per poter proiettare in Sede i film in concorso presso questo prestigioso concorso internazionale, interamente dedicato ai documentari naturalistici sui Parchi. Sondrio Festival è una rassegna unica nel suo genere, di alto livello scientifico e cinematografico, che raccoglie documentari realizzati nei parchi naturali e aree protette di tutto il mondo. Per gentile concessione, una prima serata con due film in visione gratuita ai soci: - Isole del tempo, nate dal fuoco. Un trionfo della Natura dove le immense forzedella Terra generano un regno di incomparabile biodiversità e bellezza; - L’orso bruno nelle Alpi. Attraverso le stagioni, si seguono le vicende di una coppia di orsi sulle Alpi Orientali, per raccontare la loro quotidianità. Ancora, nel 2018: Carlo Limonta e Ruggero Meles con I tesori della DOL (Dorsale Orobica Lecchese), filmato proiettato in anteprima a Milano durante una serata organizzata dal mensile di montagna ’Orobie’. Il video racconta uno spettacolare viaggio di quattro giorni organizzato dalla rivista lungo la Dorsale Orobica Lecchese, con l’intervento del direttore di ‘Orobie’ Paolo Confalonieri e il musicista Martin Mayes, che ha stupito i partecipanti con le originali sonorità del suo corno delle Alpi: uno strumento musicale talmente imponente che, quando montato, ha avuto difficoltà ad entrare dalla porta di ingresso della Sala Bramani. E prosegue il fecondissimo 2018 con il film: Jel Tegermen, il mulino a vento. Alpinismo autentico. È quello di tre italiani che puntano ad una montagna bellissima, sperduta in Kyrgyzistan, che assomiglia un po’ al nostro Cervino, è sempre battuta dal vento, e quindi è stata battezzata “Mulino a vento”. Presente in sala il regista Alessandro Beltrame. Le Attività Culturali

125


In chiusura di una stagione da ricordare, abbiamo avuto il piacere e l’onore di poter proiettare, subito dopo la conclusione del concorso, i principali film dal ‘Milano Mountain Film Festival MiMoFF’: una serata dedicata alla proiezione dei film vincitori del concorso, l’unico, a livello internazionale, del cinema di montagna realizzato nel territorio della Provincia di Milano. Per gentile concessione dell’Associazione Montagna Italia abbiamo proiettato: - In the starligh, film vincitore per le splendide immagini girate in varie parti del mondo sotto la volta celeste; - L’aritmetica del lupo, premio speciale CAI “Renata Viviani” per l’importante messaggio sul ritorno spontaneo dei grandi carnivori sulle Alpi. E arriviamo infine (ma sempre guardando avanti, alle prossime avventure... cinematografiche) ad un altro capitolo del Sondrio Film Festival, in apertura del 2019: Il segreto dei bombi. Serata interessantissima, in cui il documentario naturalistico, gentilmente concesso dal Sondrio Festival, è stato preceduto da una breve conferenza intitolata ‘Fiori e insetti: una sorprendente evoluzione parallela’, condotta da Alberto Sessi, illustre ed esperto Presidente del Gruppo Botanico Milanese. A seguire, Alessandro Giorgetta, Direttore editoriale del CAI, ha presentato: Gasherbrum IV - La montagna lucente. Uno straordinario libro fotografico, con immagini inedite scattate da Fosco Maraini, che ripercorre l’impresa che portò nel 1958 alla conquista, a 7.980 metri, della vetta più impervia e affascinante del massiccio del Gasherbrum, nel gruppo del Karakorum. La presentazione del libro è stata seguita da un estratto del film originale, messo a disposizione della Cineteca CAI. A metà anno, Bartolomeo Peyrot il primo italiano sul Monviso: Il film di Marco Fraschia - prodotto dalla sezione CAI UGET Valpellice ricostruisce la conquista del Monviso in cui emerge la figura umana del primo salitore italiano, Bartolomeo Peyrot, la cui scalata precedette la salita di Quintino Sella, il fondatore del Club Alpino Italiano. Un crescendo di novità ed emozionanti proposte, il percorso della sezione “cinema” del CSC SEM dalla sua nascita ad oggi: visti i precedenti, non può altro che far presagire altre straordinarie serate, con immagini che catturano la vista... ed il cuore.

126

Le Attività Culturali


Il Premio Marcello Meroni a cura di Roberto Serafin

Ambiente, alpinismo, cultura, impegno sociale. Per il dodicesimo anno la Società Escursionisti Milanesi ha assegnato il 22 novembre 2019 all’Università degli Studi i premi dedicati a Marcello Meroni suddivisi nelle citate quattro categorie. Venticinque erano i candidati (1) , cinque le realtà della montagna insignite. Tutto come previsto dal regolamento. Istituito dalla Scuola di Alpinismo e Scialpinismo “Silvio Saglio” e dalla Commissione lombarda delle scuole di alpinismo, scialpinismo e arrampicata del Cai, organizzato dalla Società Escursionisti Milanesi e dall’Associazione Ricreativa e Culturale dell’Università degli Studi, il premio dedicato a Marcello Meroni, amatissimo e indimenticabile istruttore di alpinismo, ha molte virtù. Ma di una in particolare gli iscritti alla SEM possono essere fieri: la determinazione con cui gli organizzatori hanno creato un solido ponte fra la montagna e le istituzioni cittadine. Nel ritessere la preziosa tela di queste dodici edizioni del premio mettendo in luce l’importanza del lavoro svolto dai volontari, vale dunque la pena di porre l’accento sulla vocazione montanara di Milano già in fermento per l’organizzazione dei Giochi olimpici del ‘26 da spartire con Cortina d’Ampezzo. Dopotutto la consegna di questi riconoscimenti mentre stanno per accendersi le luminarie natalizie corrisponde per il mondo milanese della montagna all’inaugurazione della stagione alla Scala. Particolare significativo. Questo moderno rito ambrosiano a lungo e minuziosamente messo a punto nella bella sede della gloriosa Società Escursionisti Milanesi richiede un impegno che mai viene meno nel corso dell’anno. Un esempio fra i tanti? Alla soglia dell’estate gli amici del Comitato cominciano a interrogarsi sulle innovazioni da apportare al regolamento e a mettere a punto la ricerca dei candidati secondo un particolare monitoraggio affidato al passaparola e, soprattutto, alle (1)

Per conoscere tutti candidati e i vincitori, anche delle edizioni passate, è possibile consultare il sito https://premiomarcellomeroni.it

Le Attività Culturali

127


segnalazioni che verranno attraverso il web. Da quel momento in poi tutte le attenzioni sono concentrate su una complessa sequenza di eventi: la raccolta delle candidature, la scelta della sede in cui avverrà la consegna, i rapporti con i giurati, la comunicazione sul web. Si tratta, come avviene per i celebri e concomitanti Piolets d’or che si consegnano in varie località dell’arco alpino, di celebrare lo spirito di cordata, di condivisione e di solidarietà, di far conoscere chi unisce al gusto dell’avventura il senso dell’esplorazione e della condivisione. Ma a differenza dei piolets, i criteri di valutazione non possono essere fissati una volta per tutte pur avendo sempre il premio il rispetto dell’ambiente e delle generazioni future di alpinisti come stella polare. L’aspetto etico e sociale dei premiandi vengono sempre privilegiati nell’accreditamento delle candidature e nelle riunioni della giuria che si protraggono talvolta fino a tarda ora per sciogliere i non pochi nodi in vista del verdetto finale. In questo rito che ogni anno si celebra davanti a folte platee di appassionati ai quali si chiede di esprimere a loro volta un giudizio sui premiati, va sempre tenuto presente un aspetto importante. Nel campo del volontariato, che comprende in Italia 6,63 milioni di cittadini (2), a Milano questa realtà è ben radicata e opera in vari campi di intervento: ambiente, minori, handicap, anziani. E il CAI ne è in parte lo specchio con le sue molteplici iniziative. Per quanto riguarda chi frequenta la montagna, il volontariato “attivo” è dunque di casa nelle sezioni e sottosezioni del Cai, quelle milanesi in particolare. Ma quale è sul territorio nazionale la situazione di questo volontariato “attivo”? A quanto si può apprendere dagli atti del 100° Convegno nazionale svoltosi nel 2015 a Firenze (“Il volontariato nel Cai di oggi”, relatore Francesco Carrer), i profondi mutamenti del contesto sociale hanno messo in risalto l’esigenza di una elevata professionalità e di una progressiva specializzazione in ogni tipologia di prestazione e di servizi. Ecco perché è stata rimarcata al Congresso la distinzione fra “volontariato professionale” (cioè competente) e “professionismo” (tout court). Una distinzione che di sicuro influenza le decisioni della giuria del “Meroni”. “L’eticità/responsabilità dell’impegno del socio”, spiega nella pubblicazione citata Annibale Salsa, antropologo, a suo tempo presidente generale del Cai, “deve esplicarsi, nel repertorio delle politiche associative, nell’operato attivo volto alla sensibilizzazione nei confronti della conoscenza e della frequentazione consapevole della montagna. Ma, nel volontariato, vale la massima latina che ‘ad impossibilia nemo tenetur’. Altrimenti si rischia la caduta nel dilettantismo e nell’approssimazione dell’agire”. (2)

fonte: “Volontari e attività volontarie in Italia. Antecedenti, impatti, esplorazioni”, Il Mulino 2016

128

Le Attività Culturali


Dilettantismo e approssimazione dell’agire sono ovviamente banditi nella selezione del Premio Meroni significativamente attribuito a “persone normali ma speciali”. Va ribadito che il premio è rivolto a chi si impegna per il bene della montagna, a volontari “attivi” che in maniera disinteressata dedicano il loro tempo libero agli altri con spirito di proselitismo. Vale la pena di notare che questo riconoscimento si inserisce in un decennio di grandi cambiamenti a Milano, diventata capitale di innovazione (sociale) come risulta dal “Rapporto sulla città” promosso dalla Fondazione Ambrosianeum: un’innovazione che aiuta a ripensare il rapporto tra benessere e sviluppo, mettendo al centro le persone e la loro capacità di migliorare la propria condizione. L’alpinismo non può che essere considerato, in questo contesto, come espressione di amore dove l’uomo, come si è pronunciata a suo tempo la compianta alpinista triestina Bianca di Beaco, “trova finalmente l’umiltà e l’armonia che lo spingono a stare uno accanto all’altro, ad avvicinarsi ai monti, cioè alle cose, non come impongono le regole di questo mondo afflitto da classi e divisioni ma sulla base di una civile convivenza”. Se poi misuriamo quanto debordante spazio si dedica sui giornali all’inutile vocabolario della politica ci si rende conto di quale sia l’importanza di portare alla luce, come avviene con il Premio Marcello Meroni, le storie della vita (e della morte), la realtà delle cose, i fatti, i gesti concreti che si riflettono nelle biografie dei candidati. Va pur sempre tenuto conto, per ciò che può significare, che un premio come questo, nato e cresciuto all’interno di una comunità alpinistica, non è un Nobel dove corrono fiumi di dollari e determinanti sono gli interessi politici in gioco. Ebbene, questo nostro Premio Marcello Meroni dovrebbe valere, dal punto di vista etico, ben più di un Nobel anche se clientelismo e “tribalismo” possono rappresentare limiti con cui le giurie devono talvolta fare i conti quando operano in quelle che Karl Popper definisce società chiuse. L’alpinismo è indubbiamente una di queste società: ne ha perlomeno tutta l’apparenza, i rituali, le rivalità, i codici di comportamento, e anche talvolta le invidie, le ipocrisie. Dalle quali peraltro il riconoscimento assegnato dalla SEM risulta fino a prova contraria estraneo, provvisto com’è dalla provvidenziale corazza dell’amicizia, affidato al buon senso di eccellenti organizzatrici il cui “tifo” per i candidati si esprime, quando si esprime, in forme ragionevolmente condivise con gli altri esponenti del Comitato. In sede di bilancio, va ribadito che nell’assetto del premio un particolare rilievo hanno assunto in questa dozzina d’anni figure come quella dello scrittore ed esploratore Franco Michieli, garante internazionale di Mountain Wilderness, che ha portato il “messaggio” nella prestigiosa sede del Trentofilmfestival. E come quella di Walter Polidori Istruttore Le Attività Culturali

129


130

Le AttivitĂ Culturali


Le AttivitĂ Culturali

131


nazionale di alpinismo del CAI, amichevolmente battezzato “The Pres” dagli allievi, che a sua volta ha assunto la veste di ambasciatore del Premio. Di notevole rilievo va poi registrata nel 2015 l’iniziativa di intitolare a Marcello Meroni il Gruppo alpinistico della Scuola Media di Mosso (Biella), portavoce di un nuovo modo di fare scuola in cui cultura e amore per la montagna s’incontrano e fanno crescere i ragazzi all’insegna dei valori che la montagna stessa può trasmettere. E a proposito di scuola, di sicuro merita, per concludere, un bel dieci e lode in pagella la “Classe della montagna” del professor Stefano Piana che l’ha ideata ricevendo nel 2017 una menzione speciale. Tra i primi a congratularsi con l’insegnante genovese fu in quell’occasione il presidente generale del Cai Vincenzo Torti. Ad appoggiare l’iniziativa alla scuola secondaria di primo grado dell’Istituto Comprensivo di Campomorone Ceranesi risulta infatti la Sezione di Genova Bolzaneto del Club Alpino Italiano. Del professor Piana la giuria ha in particolare apprezzato la “contagiosa capacità di coinvolgere ed entusiasmare gli studenti sui temi legati alla cultura e alla natura delle montagne”. Fu quello un preludio, se ci è concesso, all’affermarsi della nuova outdoor education sullo sfondo delle battaglie giovanili per la giustizia climatica che si sarebbero sviluppate nel 2019. Ed è doveroso tenere presente come nel rivolgere particolari attenzioni sui rapporti tra scuola e montagna, il Premio Mercello Meroni abbia ridato impulso a quella virtuosa educazione alpina di cui il CAI con le sue celebri carovane scolastiche fu precursore agli inizi dell’altro secolo. Chi era Marcello Scomparso il 14 dicembre 2007 per una malattia che non gli ha dato scampo, Marcello Meroni ha lasciato di sé una traccia profonda e duratura nella grande famiglia degli appassionati di montagna. Il suo carisma a dieci anni dalla morte è intatto, linfa vitale per il premio che i familiari e i tanti amici della Società Escursionisti Milanesi gli hanno voluto dedicare. Lo si era capito nel 2008, quando nell’Aula Magna dell’Università degli Studi di Milano più di trecento persone si sono date appuntamento per rendergli omaggio pochi mesi dopo la sua morte nel corso di un simposio sul connubio tra scienza e montagna significativamente intitolato “Per Aspera Et Astra - I monti e il cielo, percorsi per conoscere”: un’ideale continuazione, si disse, di quel viaggio fantastico nel sistema solare con gli occhi dell’alpinista che Marcello amava immaginare. La visione del cielo generava in lui un senso di partecipazione all’infinito e di curiosità di conoscenza; stimoli e sensazioni che anche le 132

Le Attività Culturali


bellezze naturali della Terra, e in particolare le montagne, sono in grado di provocare. C’è spesso un percorso comune tra chi si dedica alla scienza e chi frequenta la montagna per professione o passione. Ciò è vero per tanti fisici/astrofisici che hanno segnato tappe fondamentali della conoscenza in fisica e astronomia: basti citare Enrico Fermi, Edoardo Amaldi, Giuseppe Occhialini, Bruno Rossi, fisici ma anche capaci alpinisti. Fisico e divulgatore scientifico, Marcello Meroni è stato alpinista, coordinatore e progettista della Divisione Telecomunicazioni dell’Università degli Studi di Milano, Istruttore Nazionale di Alpinismo, Istruttore della Scuola ‘Silvio Saglio’ e della Scuola Regionale Lombarda di Alpinismo, abile ghiacciatore e ottimo cascatista. Chi gli è stato vicino, come Giorgio Bagnato (compagno di cordata alla SEM e collega di lavoro), non manca di sottolineare in Marcello una grande preparazione in tutti gli aspetti tecnici nei campi alpinistico e scientifico, un’ampia cultura di base a fondamento della sua capacità di cogliere le problematicità - che ad altri potevano sfuggire - di determinate situazioni, per esempio nell’ambito dell’organizzazione dei corsi della scuola in cui insegnava alpinismo. Tale granitica formazione tecnico/scientifica non è mai stata ostentata da Marcello: la sua innata modestia gli permetteva di condividere questo grande bagaglio culturale con altri senza mai esibirlo. Anzi, l’attività di volontariato nel CAI consentiva a Marcello (pur assieme a tanti altri) di esprimere al massimo il proprio grande amore per le persone, per la vita in genere e ovviamente per la montagna. Questa scelta di fondo è stata fortemente voluta: svolgendo questa attività nei panni di “dilettante” poteva realizzare nel modo migliore i propri ideali, cioè quelli di lavorare essenzialmente per la gente. Una totale onestà unita al coraggio e a una forza d’animo straordinaria, di cui ha dato prova durante la sua malattia e nello sport che praticava: questo il tratto dominante del suo carattere espresso in una delle tante lettere a Marcello che illuminano il sito della SEM. Il padre Franco, strenuo animatore del premio, lo ricorda con tenerezza: “Da sempre Marcello ha vissuto in armonia con se stesso e con chi gli stava attorno, col mondo intero. Era consapevole di ciò che faceva e tutti i suoi amici lo testimoniano. Era per me figlio e amico, così per la mamma. La nostra anima è legata alla sua. Viveva in pace con se stesso sempre. Era una persona con cui è bello stare. Ha illuminato la nostra vita. Io e la mamma lo abbiamo cresciuto con amore, era così facile volergli bene e so che anche Marcello è stato bene e che la sua vita è stata bella. Spero di essere stato un buon padre, degno di un figlio così. Nonna e mamma lo hanno cresciuto con generosità, grazia e amore infinito”.

Le Attività Culturali

133


134

Le AttivitĂ Culturali


Il ricordo degli Istruttori e degli allievi della Scuola ‘Silvio Saglio’ Di premi ce ne sono tanti. Marcello invece è stato unico. Noi abbiamo avuto la fortuna di conoscerlo, non solo come generoso e partecipe istruttore della Scuola di Alpinismo e Scialpinismo “Silvio Saglio”, CAI-SEM, ma anche, e soprattutto, come compagno di cordata. In tanti, allievi o istruttori anch’essi, hanno condiviso con lui la passione per la montagna. Tuttavia resta immensamente difficile spiegare chi era Marcello. Difficile, in special modo, per chi - come noi - gli è stato accanto per tanto tempo su sentieri, pareti di roccia, creste affilate, cascate di ghiaccio, pendii di neve e allegri tavoli di trattorie alpine. Per chi, insieme a lui, si è svegliato alle 3 di notte in bui rifugi tintinnanti di moschettoni o in angusti bivacchi scossi dal vento. Potremmo raccontarvi del suo curriculum alpinistico davvero invidiabile. Oppure delle sue qualifiche e dei suoi impegni… Istruttore Nazionale di Alpinismo, direttore a più riprese sia del Corso di Cascate, sia del Corso di Alpinismo della nostra Scuola, Istruttore della Scuola Regionale Lombarda, sottile e preciso redattore di dispense per alpinisti. Potremmo elencare le vie percorse o raccontarvi le sue capacità di sublime ghiacciatore, contare la quantità di lezioni tenute ad allievi e istruttori di tutta la Lombardia o farvi leggere i suoi scritti su ghiacciai e cascate. Invece vi diremo solo che Marcello aveva il fascino, arcano e misterioso, che appartiene alle persone speciali. Quelle con cui stai bene e ti senti sereno, ma non sai spiegarti il perché. Quelle con cui puoi parlare di stelle (il suo pane), di musica o cinema, di fisica o letteratura, di surf o vela (eh sì, la vela!), di informatica (ah… linux!)… senza che abbiano mai ostentato alcunché della loro cultura, intelligenza, genialità. Il suo vivere la montagna era trasversale alla retorica, al protagonismo, alla prestazione, alla conquista. Il suo vivere la montagna era solo ricerca di libertà, bellezza e sensazioni altrimenti introvabili. Marcello era sempre un passo avanti, sia che dovesse condurre la cordata, dirigere un gruppo di allievi o analizzare una situazione complessa. Eppure, appena fatto il passo, si fermava ad aspettarti. Adesso il passo l’ha fatto lungo. Così, nel mentre fatichiamo e arranchiamo in questa nostra vita che continua, ci piace l’idea di lui che ci aspetta e di noi che lo ricordiamo attraverso l’emozione di un simbolico riconoscimento. Di premi ce ne sono tanti. Ma quello intitolato a Marcello Meroni è, per noi, unico.

Le Attività Culturali

135


La Biblioteca, intitolata a ‘Ettore Castiglioni’ a cura di Enrico Barbanotti

La biblioteca della SEM è una biblioteca tematica “storica”, attiva sin dai primi anni di vita del sodalizio e ricca di più di 3.000 monografie (materiale a stampa, manoscritti, video, ecc.) e più di 150 testate di periodici, che spaziano su tutti gli argomenti attinenti la montagna, coprendo un arco di tempo di un secolo e mezzo. Nel 2010 la biblioteca è stata intitolata a Ettore Castiglioni, importante figura dell’alpinismo degli anni a cavallo tra le due guerre mondiali, scrittore di numerose guide alpinistiche tra cui ben quattro della collana “Guida dei Monti d’Italia” ed ex socio della SEM. È organizzata in vari settori a seconda del tipo di pubblicazioni e comprende tra l’altro: libri di letteratura alpina e poesia, testi scientifici di geologia, biologia, antropologia, architettura in montagna, morfologia alpina, oltre a numerosi manuali relativi alle attività sportive realizzabili in montagna. Il settore più consultato è naturalmente quello delle guide alpinistiche ed escursionistiche. La biblioteca possiede numerose guide delle Alpi ed Appennini e parecchie sulle montagne di tutto il mondo. Possiede anche un discreto numero di cartine topografiche aggiornate che coprono completamente l’arco alpino e in parte altri settori montuosi. Guide e carte topografiche sono in effetti frequentemente consultate per la preparazione delle uscite escursionistiche e alpinistiche che la SEM organizza durante tutto l’anno sociale. Nel patrimonio storico della biblioteca va poi annoverato un interessante archivio di carte topografiche, che vanno dalla seconda metà dell’ottocento alla prima metà del novecento. In biblioteca sono consultabili alcune riviste di montagna e natura ed esiste un settore video con documentari e film a soggetto alpinistico, che possono essere presi a prestito. La biblioteca ha collezionato libri fin dal periodo della fondazione 136

Le Attività Culturali


‘Le Prealpi’: storica rivista mensile della SEM

Le Attività Culturali

137


dell’associazione. Il volume più antico “Le vicende della Brianza e de’ paesi circonvicini” di Ignazio Cantù è del 1853, ma sono più di un centinaio le opere che datano prima del ‘900. Molti di questi volumi, scritti da nostri concittadini (abbiamo copie autografe dell’autore), rappresentano una preziosa testimonianza di un secolo e mezzo di storia alpinistica e milanese. Inoltre sono raccolte tutte le pubblicazioni emesse negli anni dalla SEM e dal CAI (Le Prealpi, La Traccia, Lo Scarpone, La Rivista Mensile) e pubblicazioni di altri club alpini europei. Pregevoli sono le copie di alcune annate dell’Alpine Journal di inizio ‘900. Esiste anche una biblioteca speleologica gestita direttamente dal Gruppo Grotte Milano. Questa biblioteca, molto specialistica, oltre ai libri stampati dal gruppo grotte durante tutti gli anni di attività, include relazioni, pubblicazioni, scritti di tutti gli altri gruppi speleologici italiani ed esteri. Conta anche molte pubblicazioni a carattere scientifico sempre attinenti l’ambiente grotte. Il patrimonio della biblioteca è completamente catalogato nel “Catalogo unico dei beni culturali del Museo della Montagna”, utilizzato dalla Biblioteca Nazionale del CAI e da molte biblioteche sezionali CAI ed è disponibile online all’indirizzo http://mnmt.comperio.it/biblioteche-cai/ CAI-SEM. Tutti i volumi (monografie e periodici) sono consultabili in sede durante l’orario di apertura (vedere il sito web della SEM www.caisem.org o quello della biblioteca) ed una parte delle opere monografiche (circa la metà) è fruibile tramite il prestito a domicilio. Le attività della biblioteca hanno avuto nuovo impulso in questi ultimi anni con la nomina da parte del Consiglio Direttivo della SEM di una Commissione Biblioteca costituita da soci che, pur senza essere esperti del settore, dedicano parte del loro tempo al buon funzionamento della stessa. La Commissione si prende cura di tutti gli aspetti, dall’apertura al pubblico alla gestione del prestito, dalla raccolta fondi all’acquisizione e catalogazione di nuove pubblicazioni, dall’informativa ai soci circa le nuove acquisizioni all’aggiornamento della pagina web, dai contatti con le altre biblioteche del CAI alla presentazione di nuovi libri, quest’ultima attività in collaborazione con il Comitato Scientifico Culturale della SEM.

138

Le Attività Culturali


La biblioteca

Le AttivitĂ Culturali

139


Spazio espositivo SEM La Commissione Biblioteca gestisce anche lo spazio espositivo SEM che si trova all’ingresso della sede e nel corridoio che conduce alla biblioteca ed è a disposizione dei soci per mostre fotografiche di carattere montano o legate alla natura e all’ambiente. Negli ultimi anni sono state ospitate decine di mostre, tra cui la tradizionale mostra annuale con foto delle nostre gite sociali, alcune mostre di acquerelli realizzati da nostre socie, mostre a tema speleologico del Gruppo Grotte Milano, alcune esposizioni originali quale ad esempio quella sugli ex libris e numerose mostre fotografiche a carattere botanico e zoologico. Nello spazio espositivo trova posto anche una mostra permanente di 8 pannelli dedicata alla figura di Ettore Castiglioni, a cui è intitolata la biblioteca.

L’atrio e lo spazio espositivo presso la Sede SEM

140

Le Attività Culturali


Stampa sociale e pubblicazioni a cura di Gianfranco “Jeff” Fava

La stampa sociale La necessità di comunicare ai soci le attività in corso e prossime e di relazionare su eventi che interessano l’associazione, ha fatto si che nel tempo ci si dotasse di pubblicazioni e in tempi più recenti di un sito internet. La rivista storica della SEM fu Le Prealpi. Per un lungo periodo, l’informazione ai soci fu devoluta allo Scarpone, finche una ventina di anni fa si decise di tornare a pubblicare un foglio tutto nostro: “La Traccia”. In aggiunta il gruppo grotte Milano (GGM) pubblica da tempo un suo periodico che, visto di cosa parla, è simpaticamente chiamato “Il Grottesco”. La Traccia Il notiziario per i soci SEM, La Traccia, è nato grazie soprattutto ad un pool di volenterosi, tra i quali Mario Gastaldin, che ne fu l’ideatore e il Direttore Editoriale per il primo periodo. Oggi La Traccia è una certezza che arriva puntualmente tramite la posta elettronica e porta le notizie, le novità e i fatti della SEM anche a chi non può frequentare la sede; ci aggiorna su ciò che fanno i vari gruppi e ci informa sulla vita della sezione. Tutto questo grazie a Gianfranco Fava ”Jeff”, Direttore Editoriale, che assembla edita e stampa. È una Testata autorizzata dal Tribunale di Milano N° 129/2000. Direttore Responsabile è Luca Arzuffi. Quando è nata La Traccia. Fu più di venti anni fa, addì il 1997, quando nel Consiglio della SEM avvenne un ricambio generazionale di un terzo dei Consiglieri, tutti neofiti volenterosi e desiderosi di cambiamento ed innovazione. Le Attività Culturali

141


In questo contesto, spinti dalla necessità, voglia e volontà di comunicare con tutti i Soci, maturò la convinzione che ciò sarebbe stato possibile solo disponendo di un notiziario dedicato a tale scopo, ma non solo; sarebbe stato anche il mezzo a disposizione degli stessi per raccontarsi, esporre e proporre istanze, scambi culturali e quant’altro attinente alle attività sezionali. L’idea riscosse anche il consenso dello “zoccolo duro” della compagine consigliare e prese corpo con l’assegnazione, in rapporto alle disponibilità individuali, dei compiti per ognuno dei promotori. Così con tanto entusiasmo e pochi mezzi propri cominciò l’avventura editoriale, che dopo le banali “pecche” proprie del dilettantismo, la fase sperimentale della pubblicazione continuò con non poche difficoltà e vicissitudini, tutte superate. Con la determinazione, la caparbietà e la sfida di mantenere lo status raggiunto, caratteristica insita nel volontarismo, è stata conferita l’indispensabile veste d’ufficialità e regolarità, con la registrazione della testata al Tribunale - imposta dalla legge vigente per qualsiasi tipo di stampa - che avvenne agli inizi del 2000. Condizione che ha determinato un maggior rigore generalizzato e l’inevitabile rinnovamento della redazione che, con l’aiuto di un Socio “addetto ai lavori”, ha consentito un’adeguata impostazione grafica successivamente ritoccata. Con l’avvento della divulgazione degli account informatici e disponendone un congruo numero, dal maggio 2012 è stato avviato recapito tramite e-mail, incrementato con la gradualità consentita dalla comunicazione dei Soci del proprio indirizzo. Oggi la gestione logistica del recapito postale, inizialmente particolarmente laboriosa per fruire di tariffe postali agevolate, effettuata in prima battuta da Soci volenterosi ma poi dal “Gruppo del mercoledì pomeriggio”, grazie alla collaborazione dei destinatari si è ridotta oggi a poco meno di cinque decine. Attualmente il recapito informatico del notiziario, che alla fine del 2019 conterà 120 edizioni, avviene per circa 1000 Soci e per circa 600 tra ex Soci e Simpatizzanti, oltre ad essere disponibile sul sito Web della SEM per le edizioni redatte dal gennaio 2005, unitamente agli indici elaborati dai Bibliotecari e relativi ai numeri pubblicati, agli articoli ed agli autori. Un’utile avventura pensata, progettata e iniziata da pochi che nel suo percorso e sviluppo ha raccolto consenso, condivisione e collaborazione fattiva. Sinergie che ne permetteranno la continuazione e l’ampliamento delle esperienze, in virtù delle quali avrà vita il notiziario della SEM “La Traccia”, per far vivere la propria avventura a tutti coloro che lo vorranno. La testata del notiziario curò anche la pubblicazione di edizioni straordinarie in formato libello: relative a ricorrenze ed inaugurazioni con 142

Le Attività Culturali


copertina a colori, oltre a raccolte di relazioni in formato libro sempre con copertina a colori come la corrente presentazione: - I 65 anni del Rifugio Antonio Omio (2002) - Quando il sacco... si fa più pesante - Rassegna dei 70 anni del Collaudo Anziani (2003) - 50° del Rifugio Mario Zappa e 80° del Rifugio Rodolfo Zamboni (2004) - La SEM nel 2000 - La SEM del 2010 - Ettore Castiglioni - Ricordo nel centenario della sua nascita [1908- 2008] (2011) - Ettore Castiglioni alla Croda dei Toni (2011) - I nostri primi 120 passi.. Macugnaga 17-18 settembre 2011 - Ettore Castiglioni una vita di alpinismo (2016) - X° Premio Marcello Meroni - Sala Alessi Palazzo Marino Milano (2017) - Collaudo dei Longevi appassionati di Montagna Tutte le pubblicazioni sono raccolte e disponibili in Biblioteca, oltre che sul sito internet della SEM in formato “pdf” limitatamente a quelle qui elencate.

Le Attività Culturali

143



4 I Rifugi Alpini foto Š Alessandro Sacconi



I rifugi alpini a cura di Gianfranco “Jeff” Fava

La SEM, attualmente, è proprietaria di due Rifugi Alpini: il rifugio Zamboni - Zappa nel gruppo del Monte Rosa e il rifugio Antonio Omio in alta Val Masino; essa ha perseguito, fin dalla sua fondazione, l’obbiettivo, evidenziato anche nello Statuto Sociale, di avere in montagna dei punti di ritrovo per gli alpinisti: i rifugi, appunto. Essi, che sono aperti a tutti i soci CAI e anche ai non soci, hanno sempre costituito un notevole impegno di risorse sia economiche che umane per la SEM, in primis nella fase della loro realizzazione, ma anche successivamente, per il loro mantenimento. La manutenzione ordinaria e soprattutto quella straordinaria (in questi ultimi anni resa necessaria per l’adeguamento a normative varie emesse dallo Stato e dalle Regioni) sono molto gravose anche per l’ubicazione dei rifugi stessi. Ripercorrendo la storia della SEM, si rende evidente lo sforzo fatto in questo settore: infatti i rifugi realizzati dalla sua fondazione sono più numerosi di quelli attualmente in proprietà: ma questa “malattia della pietra”, non solo spinse la Società a realizzare rifugi di proprietà, ma spinse anche alcuni singoli soci, a costruire o adattare modesti edifici per le vacanze loro e delle loro famiglie; ricordiamo: la Capanna Vittoria sulle pendici del Legnone, la Capanna Erna ai piani d’Erna, la baita Guidali a S. Sisto sopra Campodolcino. Il Rifugio Zamboni (poi Zamboni Zappa) È sito all’Alpe Pedriola, sotto la monumentale parete est del Monte Rosa, nel comune di Macugnaga (VB) a mt. 2065 di altitudine. Fu inaugurato il 12 luglio 1925 e dedicato a Rodolfo Zamboni morto per lo scoppio di una bomba a mano, incautamente raccolta durante una gita sociale. I Rifugi

147


Il rifugio Zamboni Zappa

148

I Rifugi


Fu sede di numerosi corsi di alpinismo organizzati dalla SEM e punto di partenza per importanti ascensioni. Nel 1952 la SEM decise di costruire, a lato, un nuovo rifugio, più grande e più moderno, intitolato al socio Mario Zappa, valente alpinista e sciatore, e di connetterlo col vecchio rifugio, risistemato; l’inaugurazione avvenne nel 1954. Negli anni ’90 venne realizzata una scala di sicurezza per garantire l’esodo degli ospiti dal 1° e 2° piano e venne realizzata una centralina che utilizza un modesto salto del torrente per produrre l’energia elettrica necessaria per il funzionamento degli elettrodomestici di cui il rifugio è dotato e per l’illuminazione. Nei primi decenni della sua costruzione, lo Zappa fu meta anche di raduni invernali e gite sciistiche: ultimamente viene utilizzato essenzialmente nella stagione estiva. Nel 2014 sono stati realizzati importanti lavori per: - efficientamento dell’impianto di generazione di energia elettrica; - sistemazione dei servizi a Piano Terra (cucina e servizi igienici). È gestito da Tania Bettineschi (tel. 0324 653113). Nei dintorni la SEM ha realizzato due cappellette: una sulla morena in ricordo di Ermanno Pisati ed una sulle pendici del Pizzo Bianco in ricordo di Ettore Zapparoli. Il Rifugio Antonio Omio Sorge all’Alpe dell’Oro in val Ligoncio, nel comune di Valmasino (SO) alla quota di 2100 mt. Fu inaugurato il 12 settembre 1937; è dedicato ad Antonio Omio, ufficiale degli Alpini durante la Grande Guerra, morto nella tragedia alpinistica della Rasica nel 1935 con altri cinque soci della SEM. Il Rifugio fu incendiato nel 1944 per fatti di guerra, ricostruito e reinaugurato nel 1948; fu oggetto di un primo ampliamento nel 1968/69 e della aggiunta di un corpo di fabbrica nel 1997/98; nel 2009 sono state realizzate delle uscite di sicurezza. Viene utilizzato esclusivamente nella stagione estiva, sia come base di partenza di ascensioni che come punto di ricovero su percorsi organizzati (Sentiero Roma - sentiero delle Bocchette). Nel 2017 in occasione della nuova Gestione sono stati effettuati i seguenti lavori principali: - rifacimento totale delle tre canne fumarie non più a norma; rovinate; - sistemazione della cucina: rifacimento pavimento, soffitto e sostituzione del 90% dell’arredamento; - installazione di due nuove porte tagliafuoco per isolare la cucina dagli altri locali; - sistemazioni varie bagno custode e bagni ospiti; I Rifugi

149


150

I Rifugi


Il rifugio Omio

I Rifugi

151


- riparazione tetto dove c’erano infiltrazioni di acqua; - sostituzione pannelli solari e impianto batterie/inverter; - installazione gas detector e luci di emergenza indicanti le uscite. Nel 1979 venne realizzato, a lato del rifugio, ma indipendente da esso, un bivacco, ad uso di locale invernale, dedicato a S. Saglio. Il rifugio è gestito da Graziano Gilardi dal 2017; tel +39 0342 640020 cellulare: +39 331 3253274 I rifugi del passato Il Rifugio SEM (poi SEM Cavalletti) Sorgeva ai Piani Resinelli, nel comune di Ballabio (LC) a 1354 mt di altitudine; è stato inaugurato il 29 ottobre 1899 e fu il primo rifugio costruito nella zona. Subì una serie di ampliamenti: nel 1900, nel 1904 e nel 1912; fu ristrutturato completamente nel 1956 utilizzando in parte un lascito del socio E. Cavalletti; poi, nel 1960 gli venne aggiunta la Sala Erna, con i fondi donati da alcuni soci che avevano alienato una baita di loro proprietà ai Piani d’Erna. Venne collegato con una strada comunale al centro dei Piani Resinelli e poi ancora subì modifiche negli anni ‘80 e nel 1998. All’inizio servì come base per gite e ascensioni sulla Grigna, poi anche per soggiorni e scuole di alpinismo. Pur essendo il rifugio più amato e frequentato dai Soci i costi di manutenzione elevati ci impedirono di mantenerlo attivo. Venne chiuso e poi alienato nel 2004 avendo perso la sua caratteristica di Rifugio Alpino per divenire un esercizio turistico privato. Il Rifugio al Pialeral (poi M. Tedeschi) Sorgeva sul versante est della Grigna Settentrionale (Grignone), nel comune di Pasturo (LC) a 1450 mt. di altitudine, sul sentiero che da Balisio e da Pasturo sale alla Capanna Brioschi. Fu realizzato nel 1906 e visse fino al 1944 quando venne distrutto per fatti di guerra. Venne ricostruito ex novo nel 1946/47 e dedicato a Mario Tedeschi, un grande sostenitore dell’alpinismo popolare. Venne utilizzato sia nella stagione invernale per lo scialpinismo, sia nella stagione estiva. Venne distrutto interamente il 31 gennaio 1986 da una eccezionale valanga caduta dalle pendici della Grigna Settentrionale e mai più 152

I Rifugi


ricostruito per mancanza di fondi e perché l’area su cui sorgeva è stata dichiarata soggetta a pericolo di valanghe. Nonostante l’impegno della SEM e dei soci per trovare soluzioni alternative e finanziamenti adeguati, l’operazione non è mai andata in porto ed è stata abbandonata. Restano, sul posto, a ricordo, una cappelletta realizzata nel 1944 dedicata a G. Maggioni, risparmiata dalla valanga e le fondazioni del rifugio, la cui area è stata ceduta all’ultima gestione. Il Rifugio Savoia (poi Rifugio V. Ratti - poi Rifugio V. Ratti / R. Cassin) Sorge ai Piani di Bobbio, nel comune di Barzio (LC) a 1680 mt di altitudine; fu inaugurato nel 1929 e contribuì a far conoscere agli sciatori milanesi la località. Venne distrutto per fatti di guerra nel 1944 e ceduto alla sezione di Lecco del CAI che lo ricostruì; i fondi ricavati furono utilizzati dalla SEM per la costruzione del Tedeschi. Ora anche questo rifugio è passato in proprietà di privati. Per regolamento generale del Club Alpino Italiano, che la SEM poiché sezione è tenuta a rispettare, i rifugi non possono essere venduti, pur essendo di proprietà della sezione, senza prima ottenere un nullaosta dal CAI stesso.

I Rifugi

153



5 La Nostra Storia foto Š Valentina Calori


5.1

L’esperienza del ‘Gamba Bona’ e la nascita della SEM

5.2 I primi 50 anni 5.3 La SEM dal dopoguerra ai giorni nostri 5.4 La storia dello sci in SEM 5.5 Collaudo Anziani 5.6 I Dirigenti dell’Associazione dal 1945 ad oggi 5.7 I grandi personaggi del passato 5.8 Corollario SEM della storia di Ettore Castiglioni 5.9 La storia delle sedi della SEM 5.10 Breve storia dei Caselli di Porta Volta 5.11 L’ultimo trasloco e la sede attuale 5.12 Non una ma tante storie


L’esperienza del ‘Gamba Bona’ e la nascita della SEM a cura di Roberto Crespi

La storia degli Escursionisti Milanesi inizia nel 1884, quando un gruppo di attivi milanesi provenienti dalle più disparate professioni: artigiani, impiegati, operai, tutti appassionati della vita all’aria aperta, tenaci esecutori di programmi podistici e di passeggiate in montagna decise di riunirsi in un gruppo per conferire un carattere collettivo alle loro passioni. Il gruppo si denominò Società Escursionisti Milanesi “Gamba Bona”, ebbe il suo battesimo il 1° Dicembre 1884 e la sua prima sede sociale fu in Via S. Fermo, 11. Trascinatore di questo gruppo fu Giuseppe Tagliabue che, lavorando come commesso presso la Casa Artaria di Via S. Margherita, editrice e distributrice di pubblicazioni scientifiche e carte topografiche, era perfettamente aggiornato su tutte le pubblicazioni dalle quali si potevano ricavare itinerari escursionistici o notizie utili per passeggiate istruttive sui colli della Brianza e sui monti del Comasco, del Varesotto e del Bergamasco. Le relazioni delle gite effettuate dai Gamba Bona furono registrate e catalogate dallo stesso Tagliabue in ben cinque volumi mai pubblicati, ma disponibili ai soci. Si trattava di gite culturali effettuate presso località di interesse storico o paesaggistico o di escursioni sulle Prealpi Lombarde. Queste escursioni fecero proseliti, anche per l’effetto della modesta quota di 50 centesimi mensili, quota nella quale era compreso il diritto ad un viaggio pagato in ferrovia, per l’annuale gita sociale. Una di queste gite ebbe per meta il Pizzo Arera (m. 2512) nella Bergamasca, in vetta al quale arrivò solo uno dei partecipanti alla gita. “L’Uomo di Pietra”, giornale umoristico milanese del tempo, colse quest’occasione per prendere in giro gli escursionisti. Pubblicò una relazione, illustrandola con vignette umoristiche, nelle quali erano rappresentati gli scalatori stremati lungo la via e, sulla vetta, La Nostra Storia

157


il conquistatore che sbandierava una sciarpa e gridava: ”Excelsior!” (famoso motto alpinistico dei tempi). La spiritosa relazione era conclusa dall’affermazione che la “Gamba Bona”, in realtà di gambe buone ne possedeva soltanto due. Altro episodio narrato in chiave umoristica fu in occasione della gara indetta per la salita alla più alta guglia del Duomo di Milano. Si trattava di una gara originale intesa a stabilire quante volte, nel tempo di due ore, si poteva salire dalla base della scala alla cima, proprio sotto la Madonnina. Il vincitore riuscì a compiere quindici salite e discese, per un totale di 15.000 scalini! Il giornale affermava che sarebbe stato molto più semplice se i concorrenti si fossero limitati ad andare su e giù dallo stesso gradino per 15.000 volte, nell’attesa di essere ricoverati a Mombello. Questi non furono i soli interventi dei giornali di allora sull’attività della Società escursionistica e in ogni modo fanno comprendere come fosse importante, per la società milanese, questo gruppo di persone del popolo, che cominciava ad interessarsi di cultura e di svago; siamo alla fine del 1800! Possiamo immaginare l’impressione che facevano ai milanesi, questi “gambabonini”, quando si recavano alla stazione per prendere il treno e spostarsi verso le montagne, vestiti in modo strano ed originale con zaino e alpenstock. Successivamente la Società fu costretta a trasferire la propria sede sociale in Via Panfilo Castaldi al civico 2, zona Corso Buenos Aires. Un gran locale, al piano terreno, nel quale si poteva anche far ginnastica ed attrezzare un bar. Questo trasferimento, apparentemente innocuo, doveva risultare deleterio per la vita della Società: infatti, Corso Loreto, oggi Corso Buenos Aires, si trovava allora all’estrema periferia della città, e conseguentemente, la frequentazione della sede sociale da parte degli associati risultò irrimediabilmente compromessa; non solo, anche l’organizzazione delle gite ne risentì in modo considerevole. Le gite raccoglievano pochi partecipanti e benché fossero mandate ai soci apposite circolari, spesso alla stazione si ritrovavano solo tre o quattro persone. Fu così che una sera, due soci, che erano anche tipografi, decisero di inventarsi uno stratagemma per cercare di ricreare quel gruppo che andava sfaldandosi. Pochi giorni dopo, i “gambabonini” ricevettero la solita circolare col programma di un’escursione nel Varesotto, sulla quale era stato incollato un ritaglio dal quotidiano di allora, “Il Secolo”, evidentemente falsificato, che portava la seguente notizia: “Telegrafano da Viggiù, in quel di Varese, che nei pressi delle cave, su un pianoro del Monte San Giorgio, nella notte del 12 corrente, è caduto dal cielo un bolide, che si presume un pezzo di stella. Detto bolide ha aperto un grande e profondo buco nel terreno 158

La Nostra Storia


Elenco dei fondatori. Il documento originale è esposto presso la Sede.

La Nostra Storia

159


e presto sul posto avrà luogo una visita dei luminari della scienza e delle autorità per ricavarne qualche campione a scopo di studio”. L’occasione era troppo allettante e dei 30 soci, ben 23 presero parte alla gita, compreso il presidente Giuseppe Tagliabue ed il suo amico Angelo Borghini, che portarono martello e scalpello allo scopo di prelevare qualche pezzetto del bolide. Quando, giunti sul posto, i gitanti si accorsero dello scherzo, gli autori, uno dei quali si chiamava Giuseppe Scaramuccia, dovettero darsela a gambe fino a Varese. Dopo di che, nelle carrozze delle Ferrovie Nord, la storia raccontata nei minimi particolari divertì tutti i viaggiatori e mise pace fra gli escursionisti. Ma lo stratagemma del bolide caduto dal cielo non poteva essere ripetuto e le gite continuarono a diradarsi ed i partecipanti pure. Il “Gamba Bona” veniva sciolto nel Febbraio del 1891, dopo 7 anni d’attività. Nasce la SEM L’esperienza di vita sociale e di organizzare attività insieme non fu dimenticata, e, infatti, già nell’Agosto dello stesso anno i pochi fedeli rimasti decisero di persistere nei loro propositi e fondarono una nuova Società per gite in montagna a carattere popolare: la SEM, Società Escursionisti Milanesi. Per mezzo del quotidiano ‘Il Secolo’, lanciarono l’invito ad una riunione che si tenne l’11 Agosto 1891 al ristorante ‘Vittoria’ di Via Orefici, data ufficiale di fondazione della Società. Alla riunione partecipò un buon numero di persone, animate dai migliori propositi. Purtroppo, uno degli intervenuti ebbe la malaugurata idea di raccontare la paurosa avventura di tre alpinisti finiti in un crepaccio del Monte Gleno e salvati per miracolo. Gli entusiasmi si smorzarono e alla fine soltanto quindici dei presenti si iscrissero alla neonata Società. Ciò non impedì ad un comitato provvisorio di studiare e preparare lo statuto, che fu poi approvato definitivamente nell’assemblea del 17 Settembre 1891. Lo scopo della Società riportato in statuto recitava quanto segue: “Art. 1 – In Milano, 11 Agosto 1891 si è costituita la Società Escursionisti Milanesi allo scopo di diffondere, facilitare e rendere popolare l’escursionismo. Art. 2 – Per raggiungere il suddetto scopo la Società: a) Indice gite economiche mensili in montagna, gite giovanili, 160

La Nostra Storia


marce di resistenza, escursioni di carattere storico ed artistico; b) Favorisce le gite dei soci mediante prestazioni di carte topografiche, note, itinerari ed attrezzi alpini; c) Promuove letture, conferenze e studi di indole alpinistica; d) Apre concorsi a premi per relazioni, itinerari, fotografie; e) Cura le segnalazioni in montagna e la costruzione di rifugi; f) Si interessa delle iniziative e manifestazioni di sport affini. La Società non si occupa di questioni politiche e religiose.” Lo statuto è stato revisionato nel 1989, ma gli scopi della società non sono sostanzialmente cambiati. Il motto della società era “Col Popolo, per il Popolo”.

1894 - Soci SEM in posa per una foto di gruppo

La Nostra Storia

161


Disegno di A. Beltrame apparso sulla “Domenica del Corriere� il 27 dicembre 1925 rievocante la X marcia invernale in montagna organizzata dalla SEM

162

La Nostra Storia


I primi 50 anni

La gita inaugurale avvenne il 3-4 Ottobre 1891, ebbe come meta il Monte Generoso e riscosse un notevole successo di partecipazioni. Il 22 Ottobre 1891 la prima sede sociale della SEM aprì i battenti in un locale sito al piano terreno al civico 12 di Via del Pesce. Tutte le seguenti gite effettuate in quell’anno ebbero notevole successo propagandistico e la famiglia iniziò a prosperare. Negli anni che seguirono, grazie all’appassionata attività dei soci, i vincoli sociali si strinsero sempre di più così da instaurare nell’ambito del sodalizio un carattere di viva e fraterna cordialità. La Società era fonte di simpatie che si trasformavano in affetti, di conoscenze che si trasformavano in amicizie. Le serate trascorse in sede e i raduni escursionistici della domenica cementarono ancor di più l’unione tra i soci e fece sì che in un anno (si parla del 1892!) il resoconto segnalasse ben 63 escursioni effettuate, con partecipazione di 232 soci e simpatizzanti. È necessario tenere conto che le gite erano tutte impegnative data l’assoluta mancanza in quel tempo di mezzi di trasporto. Iniziò da subito anche l’attività didattica alpinistica, nelle gite, anche le più modeste, non mancavano le esercitazioni con corda e piccozza, la tecnica di arrampicata veniva esercitata anche a Milano sugli sconnessi parapetti del ponte sul laghetto di S. Marco in Via Montebello. Nel 1893 la sede sociale fu trasferita in Piazza del Carmine e, nel 1894 in Piazza S. Simpliciano. Le “Sezioni” e le attività storiche Per indirizzare i soci verso le specialità a loro più idonee, le attività promosse dalla Società vennero suddivise in “Sezioni”; tra le più importanti e originali vanno ricordate: la “Sezione Skiatori”, la “Sezione La Nostra Storia

163


Ciclo-Alpina” e la “Sezione Escursionisti-Tiratori” e naturalmente la “Scuola di Alpinismo”. Della Scuola di Alpinismo, così come di tutte le altre attività tuttora vive parleremo più avanti; diamo di seguito brevi cenni alle attività, anche bizzarre, che per motivi storici sono ormai state abbandonate. La Sezione Skiatori nasce nel Febbraio del 1904. Dopo un rapido rodaggio iniziale inizia l’attività agonistica che vede il gruppo dei Diavoli Rossi della SEM gareggiare con grande impegno e notevoli risultati. In sede sono esposte più di un centinaio di coppe, targhe e medaglie vinte dalla Società e dai suoi atleti negli intensi anni di attività. Nel 1923 viene istituita una scuola di sci al Pialeral. Nel 1925 la sezione indice il primo campionato milanese di sci. Nel 1927 venne ideata la “Staffetta dello Stelvio”, che diventò una gara sciistica a livello internazionale. Fu organizzata dal 1927 al 1954, con la sola interruzione del 1944 e ’45, per ovvi motivi. La gara consisteva in una staffetta di tre specialità: salita (dal Passo al Rif. Livrio), piano (dal Livrio alla punta Nagler) e discesa (al passo). La partenza era in linea. Il tempo inferiore sommando le prove decideva la coppia vincente. Successivamente, l’organizzazione della gara fu ceduta in gestione alla Scuola Sci Pirovano dello Stelvio. L’eredità della Sezione Skiatori è poi confluita nello Sci Club SEM Milano. La sezione Ciclo-Alpina nasce nel Maggio del 1908 e riscuote un immediato successo perché coniugava l’attività propria della sezione con il più comune mezzo di trasporto dell’epoca. Sono 19 anni di attività, di propaganda, di gite che videro la partecipazione di migliaia di partecipanti. La Sezione Escursionisti-Tiratori nasce nel 1907 per portare nell’ambito del sodalizio la pratica del tiro a segno già sviluppata individualmente da diversi soci. Attività temporaneamente sospesa nell’immediato dopoguerra, riprende nel 1925 per cessare definitivamente nel 1927. Gli Antenati della “Silvio Saglio” “Le esercitazioni di alpinismo fatte, diremo così, sul vivo a scopo didattico e denominate «scuole», «corsi» o con altri appellativi sinonimi, non sono certo una novità di questi ultimi anni, ché fin dai primordi, come si può apprendere dalla storia generale della SEM, di manifestazioni simili se ne fecero da noi a varie riprese e con risultati tecnici e pratici i quali, rapportati ai tempi, si possono definire notevoli.” Così si esprime Eugenio Fasana nel suo libro sui primi 50 anni di vita 164

La Nostra Storia


della SEM ed aggiunge alcune note che ci rivelano chiaramente lo spirito con cui si facevano quelle cose, il notevole livello al quale si operava, nonché la mentalità che caratterizzava gli alpinisti dell’epoca. A questo proposito su Lo Scarpone dell’epoca scrivevamo fra l’altro: «Il corso, ispirandosi non a criteri che vengono di fuorivia, ma a sentimenti nostrani, ha per iscopo il raggiungimento di un optimum per quegli arrampicatori appassionati che ancora non fossero, diciamo così, tutto pane e cacio con la roccia granitica.» E più oltre: «Deve servire a rinfrescare nozioni di carattere generale, indirizzando quanto più possibile i partecipanti nell’impiego giudizioso e corretto dei mezzi tecnici di cui oggi dispone l’alpinista. E non già, si badi, compiendo di quelle scalate in sedicesimo su sassi di esercizio o brevi affioramenti rocciosi di fondo valle che danno un senso di laboratorio, di esperimento sui topi, di alpinismo sterilizzato; ma per mezzo di autentiche ascensioni, ogni volta con la sua brava sgambata per raggiungere il rifugio e arrivare agli attacchi. Il carattere del corso resta dunque fissato, a grandi linee, come una successione di tenzoni collettive gradualmente più difficili, sì che tutti possano, a corso finito, riportarne, come giusto premio, un piccolo repertorio di scalate non disprezzabili e la conoscenza non superficiale di una determinata zona di interesse alpinistico.» Potremmo dire che la “Scuola di arrampicamento su granito” che si tenne, per la prima volta, nel giugno-luglio del 1938 fu la prima vera e degnissima antenata della nostra attuale ‘Silvio Saglio’. Vorrei aggiungere che possiamo sentirci ben fieri di essere gli eredi di una simile Scuola anche se le opinioni sulle arrampicate in falesia sono un poco cambiate. Traggo, per farcene un’idea, alcuni stralci, sempre dal testo di Fasana. “Campo di azione: le creste di serizzo e ghiandone della Val Ligoncio. Base: il rifugio Antonio Omio. «È qui che gli allievi (una trentina) convengono ogni sabato sera, con due buone ore di marcia in corpo.» Prima domenica: mattino, Punta Milano cresta SO e parete SE; pomeriggio, esercitazioni sulle placche di granito, provando un po’ tutte le situazioni in cui ci si potrebbe trovare. Seconda domenica: Cresta NNE del Pizzo Meridionale dell’Oro. Purtroppo, non ho notizie sull’organico della scuola, ma un’idea ce la dà questa frase: «Vitale Bramani è in testa alla cordata di punta; Elvezio Bozzoli, con l’ultima ai serrafile; nel mezzo, sta Gabriele Boccalatte. Tre strateghi in posizioni strategiche. Scelti capocordata completano i quadri.» Terza domenica: Punta della Sfinge. Salita per parete NE, discesa per cresta SE.” Altro passo rivelatore: La Nostra Storia

165


30 Giugno 1928 - In vetta all’Adamello m. 3554

166

La Nostra Storia


“Già si avverte un sensibile progresso negli allievi, fatti più pronti agli accorgimenti e alle risorse dello stile. Si sa che per giudicare dello stile, dell’abilità e anche dell’ardimento di uno scalatore, bisogna vederlo in arrampicata libera sul 4° grado o poco più. I gradi superiori, con due o tre assicurazioni ed annessi armeggii, non contano per tale valutazione. Quarta domenica: Spigolo NO del Pizzo Meridionale dell’Oro. Le lezioni precedenti hanno operato una specie di selezione, e a questa prova maggiore partecipano tutti i “progrediti”. Sulla via del ritorno, ultimo esercizio della giornata all’Alpe dell’Oro, dove si trova un enorme masso spaccato con un liscio camino che mozza il fiato a più d’uno.” Altre Attività Storiche Le altre attività storiche della Società furono molteplici, tutte portate avanti con il massimo impegno. È interessante notare che alcune di queste attività inventate 100 anni fa non sono poi così dissimili da sport praticati il giorno d’oggi; tra queste ricordiamo in particolare: _ Le gite Domenicali, che hanno spinto in montagna centinaia di migliaia di milanesi d’ogni età, anche in epoca in cui fare una gita al Pizzo dei Tre Signori significava percorrere a piedi 32 chilometri di strada rotabile. _ Le Marce Alpine di 24 ore sono state ideate fin dal lontano 1895 con le seguenti finalità dichiarate: suscitare il desiderio di provare le proprie forze di fronte alla montagna, sviluppare un sano spirito di emulazione far conoscere larghe zone delle nostre montagne. Queste manifestazioni di notevole impegno (bisogna sempre tenere presente che parliamo della fine del ‘800), che si svolgevano una sola volta l’anno durante l’estate, ebbero sempre un largo seguito di partecipanti. Si registrano otto marce, l’ultima si tenne nel Settembre del 1915. _ Gli Accampamenti Accantonamenti, attività iniziata nel 1910 per consentire la salita delle vette più impegnative, impossibili da raggiungere da Milano senza una base d’appoggio. La SEM organizzò accantonamenti lungo tutto l’arco alpino dalla Valle d’Aosta alle Dolomiti di Sesto. Quest’attività cessò con il secondo conflitto mondiale. _ L’Alpinismo Popolare d’Alta Quota, gite organizzate grazie ai punti d’appoggio degli accantonamenti che permettevano ai partecipanti di realizzare la grande aspirazione di salire sui grandi colossi alpini. _ Le Esercitazioni Alpino-Natatorie, attività ideata dalla SEM con l’assistenza tecnica della Rari Nantes Milano. Aveva come punto di riferimento i laghetti alpini d’alta quota. Al termine della salita era prevista La Nostra Storia

167


una gara di nuoto nelle gelide acque del lago. Ne furono disputate otto edizioni, l’ultima delle quali il 19 Luglio 1925. _ Le Marce Invernali in Montagna; iniziate nel 1916, si svolgevano annualmente, quasi sempre nel mese di dicembre in località sempre diverse. I percorsi erano scelti per avere mediamente una durata di 10 ore. Numerosa la partecipazione di gruppi sportivi e di Società ginniche. L’11a marcia, nel Dicembre 1926, vide la partecipazione di 2.723 concorrenti. Il raduno di chiusura di questa attività si svolse a Lecco nel Dicembre del 1937. In totale i raduni furono 22. _ Le Marce Popolari Sciistiche; tipiche manifestazioni legate all’idea della SEM di divulgare l’attività sciistica tra i milanesi di tutte le classi sociali. Erano marce di regolarità a squadre che prevedevano un premio ricordo a tutti i partecipanti, oltre ai vari premi di categoria. Un premio considerevole era previsto per la Società che avesse portato in gara il maggior numero di sciatori. Tale premio, di notevole valore artistico, fu denominato “Coppa Zoia”. La prima gara si svolse ai Piani di Bobbio nel Gennaio del 1920. _ Sagre di Primavera; concepite con intento ricreativo si riallacciavano alla tradizione delle feste primaverili. La prima sagra organizzata dalla SEM si svolse il 25 Aprile 1920; ebbe luogo a Varedo nei giardini della Villa Bagatti-Valsecchi. _ Le Feste degli Alberi, la prima delle quali, nel 1900, radunò in Grignetta duemila partecipanti. _ Il Collaudo Anziani; originale prova di resistenza fisica per ultracinquantenni, ma in realtà seguita anche dai più giovani. Questa manifestazione classica nata nel 1934, è tuttora disputata ogni anno (nel Giugno del 2019 si è tenuta la 86a edizione) e richiama sempre un nutrito numero di partecipanti tra soci e simpatizzanti. La prova consiste nell’effettuare entro un certo limite massimo di tempo un percorso prestabilito. È sufficiente arrivare al traguardo; sarà poi la Carta d’Identità a stabilire il vincitore. La SEM Sezione Milanese del CAI Nel 1931 la SEM entra nella grande famiglia del Club Alpino Italiano. Diventa così la seconda sezione del CAI con sede a Milano, seconda perché entrata dopo. Questo accorpamento fu sicuramente sollecitato dalla volontà del regime fascista di allora di eliminare qualsiasi tipo d’autonomia locale. L’ingresso nel CAI fu certamente una decisione difficile, non bene accetta dalla totalità dei soci; infatti, dai 1800 soci del 1921 si scese ai 700 168

La Nostra Storia


soci che aderirono alla SEM, sezione del CAI. Già dal 1929 la società era retta da un “Commissario Regio” imposto dal regime ed i presidenti dal 1931 fino al 1945 furono sempre “nominati dall’alto”. Pare tuttavia che l’adesione al CAI fosse votata all’unanimità dall’assemblea dei soci presenti e che il presidente imposto, si affidasse completamente ai vicepresidenti, dei semini da lunga data. La SEM diventa così Sezione del CAI, perdendo quell’indipendenza e quella libertà d’azione che ne avevano sempre caratterizzato l’attività. All’improvviso ci si trovò a dover sottostare ad ordini ed imposizioni del tutto estranee allo spirito ed al carattere del gruppo, e ciò fu motivo di scissioni e d’aspre polemiche tra gli associati per alcuni anni. Il tutto era però anche mitigato dal fatto che molti soci prestigiosi della SEM erano già anche soci del CAI, ed erano orgogliosi di appartenere alla SEM ed al CAI della loro città. Dopo la guerra, la situazione andò stabilizzandosi e, pur rimanendo sezione del CAI, fatto ormai accettato dai soci, riuscì a ricostruire quel clima fraterno e familiare che è da sempre la caratteristica della nostra Società. Maggiori dettagli sulla storia della società dalla sua fondazione al 1941 sono descritti sul libro “Cinquant’anni di Vita della SEM” di Eugenio Fasana, disponibile in sede.

La Nostra Storia

169


La SEM dal dopoguerra ai giorni nostri

I Primi anni dopo la guerra furono anni di ricostruzione fisica e psicologica per tutta la società civile. Le attività ricreative furono ovviamente accantonate con tutto ciò che doveva essere riavviato e con tutte le difficoltà del periodo. Lentamente poi, nei milanesi ritornò la voglia di svago e riemerse potente la passione per la montagna; ricominciarono quindi le gite escursionistiche, alpinistiche e sciistiche. Dal dopoguerra ai giorni nostri, la SEM si è totalmente integrata nel Club Alpino Italiano, cui è fiera di appartenere, ed ha dunque adottato la struttura organizzativa del sodalizio. Per cui ha costituito dei “gruppi interni” per meglio gestire le varie attività e discipline. I gruppi SEM rispecchiano quindi le suddivisioni di attività e le commissioni del CAI. Una singolarità della nostra società è che si basa esclusivamente su volontari che portano avanti un grande volume di lavoro. Da rimarcare che il numero di soci attivi, cioè di chi partecipa a qualche attività come organizzatore, accompagnatore, istruttore è veramente grande rispetto al numero totale dei soci. Specie nell’ultimo decennio, le attività sono cresciute sempre di più in numero e qualità e spaziano dall’organizzazioni di gite e corsi per escursionismo, alpinismo, scialpinismo, mountain bike, speleologia per soci e non soci. I suddetti gruppi interni hanno il fondamentale compito di organizzare corsi per insegnare a frequentare l’ambiente alpino e speleologico in sicurezza e nel rispetto dell’ambiente. Per far questo, ogni gruppo si è dotato, per la propria disciplina, di accompagnatori o istruttori titolati, cioè persone che hanno superato con successo un processo di formazione culminato con un esame CAI di abilitazione all’insegnamento. A fondamentale supporto dei “titolati” 170

La Nostra Storia


c’è poi un gran numero di accompagnatori e istruttori sezionali qualificati all’interno della sezione. Completano il quadro le attività culturali legate alla montagna, coordinate dal Comitato Scientifico Culturale SEM, svolte prevalentemente in sede che includono: presentazioni di libri, proiezioni di film, conferenze e il Premio Marello Meroni; ogni settimana minimo un evento! Con tutto questo lavoro, la nuova sede, pur grande che sia è sempre piena e le varie sale la sera sono sempre tutte occupate. Segue in breve una descrizione di ciascun gruppo e della sua storia in ambito SEM. Scuola di Alpinismo, Scialpinismo, Arrampicata Libera e Sci escursionismo ‘Silvio Saglio’ Nel 1958, grazie all’interessamento dell’alpinista-scrittore Silvio Saglio, all’epoca presidente della SEM, nasce in seno alla sezione una Scuola di Alpinismo che, grazie all’elevato livello tecnico dei suoi istruttori e alla continuità dimostrata nella conduzione delle attività didattiche (oltre una dozzina di corsi, tra roccia e ghiaccio, nei primissimi anni di vita), ottiene dal CAI, nel 1965, l’importante qualifica di “Scuola Nazionale”. Alcuni anni dopo la morte del suo promotore (avvenuta nel 1964) la Scuola verrà poi giustamente intitolata proprio alla memoria di Silvio Saglio. La storia dettagliata della Scuola Silvio Saglio è narrata nel capitolo secondo di questo libro. Gruppo Grotte Questa élite, che pratica l’esplorazione scientifica del sottosuolo, è uno dei più antichi ed importanti gruppi speleologici italiani. Ha al suo attivo l’esplorazione e la mappatura di un numero considerevole di grotte in Italia e nel mondo. Il GGM (Gruppo Grotte Milano) è entrato a far parte della SEM nel 1964. Il GGM è un gruppo interno e ha sempre mantenuto una sua indipendenza gestionale e decisionale nell’ambito della sezione; partecipa appieno alle attività della sezione ed è rappresentato in consiglio. Alpinismo Giovanile È stato nell’autunno del 2002 che un gruppo di persone costituito da: Sergio Confalonieri, Dolores De Felice, Paolo Molena, Mario Polla, Roberto Raia e Bruno Tumiati ha deciso di costituire all’interno della nostra associazione il Gruppo di Alpinismo Giovanile (“AG”) che con grande entusiasmo ed impegno ha organizzato nel 2003 il primo corso per ragazzi. Da allora il gruppo ha continuato e migliorato il proprio impegno e La Nostra Storia

171


grazie a loro alla SEM arrivano ogni anno molte ragazze e ragazzi ai quali insegnano ad amare la natura e la montagna. Queste ragazze e ragazzi educati a questi principi sono il futuro della SEM e il futuro della società. Corso di Escursionismo Sembra strano ma la Società Escursionisti Milanesi non aveva un corso di escursionismo... Escursioni e gite le ha organizzate fin dalla fondazione ma il corso mai. Finalmente dalla primavera del 1999 questa lacuna è stata colmata e il corso è stato organizzato e tenuto ogni anno. Nel 2003 il Corso di Escursionismo della SEM è stato dedicato ad un autorevole socio della nostra sezione: Nino Acquistapace (1914-2005). Nino oltre ad aver dedicato molti sforzi all’escursionismo in SEM, ha anche ricoperto per molti anni la carica di Presidente della sezione. Gruppo Seniores È composto da un gruppo di persone seniores che si ritrova il mercoledì pomeriggio tenendo aperta la sede. Segue proiezioni di film e diapositive o semplicemente si riunisce per il piacere di incontrarsi. Organizza inoltre gite durante la settimana. Le persone si occupano anche di dare informazioni sulle attività e sulle gite in programma e accolgono, nel periodo del tesseramento, i soci per il rinnovo delle tessere. Gruppo Gite La SEM le gite le ha sempre organizzate fina dalla sua nascita questo era infatti lo scopo principale dell’associazione al momento della sua nascita. A un certo punto si è sentita l’esigenza di strutturare meglio questa attività, sia per pubblicizzare meglio le uscite che per garantire la sicurezza dei partecipanti e per tutelare i capigita da eventuali problemi in caso di incidenti. Per far ciò si è formata la Commissione Gite Sociali. Oggi il gruppo Commissione Gite Sociali organizza gite escursionistiche, alpinistiche / scialpinistiche e culturali, di uno o più giorni durante tutto l’arco dell’anno. Dal 2000 la Commissione prepara un calendario gite, dove sono elencate date e mete o itinerari proposti, indicando nome del capogita, difficoltà e tempi di percorrenza. Il calendario è esaminato dal Consiglio direttivo della sezione che lo esamina e se non ha commenti lo approva. La SEM, a differenza di molte altre sezioni CAI, ha un programma molto impegnativo con tante gite, alcune delle quali di grande impegno e difficoltà e quindi si è organizzata per svolgerle in modo il più possibile sicuro. Pur tenendo conto che le gite si svolgono in ambiente di montagna selvaggio, che per sua stessa natura può presentare margini di rischio che non possono essere del tutto eliminati. 172

La Nostra Storia


In SEM esiste un albo dei capigita e cioè persone che sono state ritenute capaci di condurre una gita e che partecipano ad aggiornamenti periodici tenuti da istruttori titolati. La posizione e le responsabilità del Capogita e della SEM nell’organizzazione e conduzione delle gite e dei partecipanti sono chiarite nel Regolamento Gite. RxR Raggio x Raggio è il simpatico nome dato all’ultimo, in ordine di tempo, gruppo interno della SEM, che si occupa di Mountain Bike. Nasce nel marzo 2008 e oltre a tante gite durante l’anno organizza un corso per insegnare ad utilizzare la bicicletta in montagna in sicurezza e senza disturbare l’ambiente alpino e gli altri frequentatori della montagna. Commissione Rifugi Nel primo dopoguerra, una delle attività intraprese dalla sezione, che assorbì molte valide risorse, fu la ricostruzione dei nostri rifugi, tutti più o meno distrutti durante la guerra perché ritenuti possibili covi di partigiani. Una grande parte del merito per questi lavori va ad Ambrogio Risari che non soltanto progettò i nuovi stabili ma che assieme a parecchi altri soci volenterosi, partecipò materialmente alle costruzioni. Oggi la commissione rifugi continua a seguire i lavori di manutenzione ai due rifugi Omio e Zamboni-Zappa per mantenerli attivi e in regola con le leggi e normative vigenti.

La Nostra Storia

173


La storia dello sci in SEM

La storia dello sci nella nostra associazione inizia nel lontano 1904, attività scialpinistica e agonistica si mescolano e confondono in questi pionieri. Lo Sci Club SEM fu il più antico sci club di Milano affiliato alla FISI (Federazione Italiana Sport Invernali), fu immatricolato dal 1946 con la sigla MIL00; purtroppo ora lo Sci Club SEM non esiste più. In sede sono esposte più di un centinaio di coppe, targhe e medaglie vinte dalla Società e dai suoi atleti in quegli intensi anni di attività. Per descrivere l’attività svolta dallo Sci SEM fino agli anni ’60, riporto il seguente articolo comparso sullo Scarpone nel 1964 a firma di Gaspare Pasini. ‘Lo Sci SEM ha sessant’anni’ Preponderante azione nello sviluppo dello sci italiano. Sessant’anni fa, precisamente nel febbraio del 1904, dal tronco vigoroso della Società Escursionisti Milanesi (trasformata poi in autonoma Sezione S.E.M. del CAI) nacque col nome di “Skyatori SEM” l’attuale Sci S.E.M. Fu la quarta associazione del genere, in ordine cronologico, sorta in Italia, dopo lo Ski Club Torino, fondato nel 1901, lo Ski Club della Sezione milanese del CAI, nato nel febbraio 1902 e lo Ski Club di Genova, costituito nel dicembre 1903. L’idea era venuta in mente qualche anno prima al “semino” Ing. Gustavo Englemann che faceva parte, insieme al Kind, dello sparuto gruppo di appassionati che avevano introdotto lo sci in Italia. Egli riuscì a trovare e convincere poi 28 amici uniti nella stessa passione (allora definita “mania”) che dettero vita a questa pionieristica attività della SEM. Erano alpinisti in gamba, considerati dai colleghi un 174

La Nostra Storia


22 Luglio 1928 - 2a Gara di Ski a Staffette allo Stelvio

La Nostra Storia

175


po’ originali per la loro fede in quella bizzarra scarpa prolungata. E furono proprio due soci dello “Skyatori SEM”, Castelli e Robbiati, a usare gli sci per compiere nel 1905, il giro del Diavolezza, diventato poi un classico. Impresa tanto più straordinaria quando si pensi che in quei primi tempi, la tecnica era decisamente sommaria, basata su una pertica alta un paio di metri, che terminava con un puntale rivestito di latta, al di sopra del quale era fissato un disco di legno. La pertica serviva per dare la spinta, dopo la quale la si teneva tutta indietro e raspante, premendovi sopra per governare la discesa, per arrestarsi e girare. Sci rudimentali, attacchi pure; quanto agli scarponi, erano quelli che allora si adoperavano in montagna. Fu un altro semino, Vittorio Anghileri, che contemporaneamente all’introduzione dei pattini di legno, ideava la prima scarpa da sci e portava qualche innovazione negli attacchi, anticipando l’attività di Vitale Bramani che molto più tardi lanciava le suole in gomma. L’entusiasmo dei 28 fondatori fu proiettato alla diffusione del nuovo sport: la sua “quinta colonna” si spinse al Gottardo per carpire i segreti del “Telemark” e diffonderlo in Italia. Altri si dedicarono all’organizzazione delle prime gare, con la Coppa Valsassina, che richiamò la partecipazione dello Ski Club Andermatt, i cui soci si esibirono in una serie di salti perfetti, primi stranieri scesi in Italia a gareggiare. Altri ancora crearono una scuola, che svolgeva le sue lezioni su campi diversi, nelle traversate e nelle ascensioni alpine in comitiva. Nella fase iniziale, infatti, lo sci si fuse con l’alpinismo invernale. Poi si curò l’agonismo e gli atleti della SEM si affermarono con lo Zoia, il Flecchia e il Parodi, che nel 1912 si aggiudicò il Campionato italiano di salto e di stile, e con il Carrettoni, che conquistò addirittura il Campionato svizzero. La Sezione sciatori SEM si coprì di gloria nei reparti alpini sciatori durante la Prima guerra mondiale. I reduci diedero il via al secondo periodo con corsi speciali e con un’intensa propaganda culminata nelle marce popolari sciistiche a squadre, allo scopo di agevolare la diffusione dello sci tra i meno abbienti; le partecipazioni furono così numerose che dovettero intervenire le autorità tutorie, poiché, pur di far numero, le squadre racimolavano elementi che vedevano gli sci per la prima volta. L’agonismo aveva la sua massima espressione nella “Staffetta dello Stelvio” che diventò classica e che ebbe sempre grande successo per l’innovazione della partenza in linea, poi imitata dalle competizioni nazionali, mondiali e olimpiche. Sempre tra le fila della Sezione SEM, gli atleti si affermarono in numerose gare: da Mariani a Zappa, a Negro, ai fratelli Bramani, a Venzi che s’impose come discesista e saltatore di livello internazionale. Continuò coi fratelli Risari e nel 1928 trionfò nei Campionati italiani col 1° 176

La Nostra Storia


posto di Bernasconi e il 4° di Testa. Tra una gara e l’altra, i fedeli dell’alpinismo si dedicarono all’organizzazione delle gite invernali, tutte con esito felice per numero di partecipanti e importanza di mete raggiunte, lungo l’intera catena alpina, sia sul versante italiano che su quelli francese, svizzero e austriaco. La scalata di queste numerose cime lasciò il segno con le monografie di Silvio Saglio, pubblicate nei primi anni di vita di questo giornale (ndr “Lo Scarpone”) e con le guide e le carte, opera dello stesso Saglio e di Ettore Castiglioni. Con l’avvento del discesismo e con l’abolizione dei “cittadini” nelle gare sciistiche nazionali, che videro a poco a poco il predominio dei valligiani e di atleti che potevano considerarsi professionisti, i giovani semini abbandonarono le competizioni e rimasero in campo soltanto i Costantini, i Marnati, i Deltorre, i Cosi, i Bonazzi, i Gelli e i Galletto. Dopo la stasi della Seconda guerra mondiale, si entrò nel periodo che tutti conoscono; basti ricordare l’organizzazione della Coppa Pisati, le ultime Staffette dello Stelvio e l’impeccabile organizzazione del XII Rally internazionale, nonché l’annuale scuola di sci. Da questa scarnissima sintesi risalta quanto sia stata preponderante l’azione della Sezione sciatori SEM nella propaganda dello sci, sia agonistico che alpinistico; fu insomma fra gli artefici principali dello sviluppo sciistico italiano, che tanta importanza ha assunto attualmente, per i suoi eccezionali effetti in campo turistico ed economico...” La ripresa degli anni ‘80 Fu solo all’inizio degli anni ’80, grazie a nuovi trascinatori quali Alfio Popi e Dante Bazzana, che questa attività ricominciò in pieno, il rinato gruppo sci organizzò gite domenicali, settimane bianche e scuole sia per lo sci di discesa che per lo sci di fondo con Maestri di Sci milanesi. Per tutti gli anni ’80, questa attività visse un periodo di popolarità e successo, grazie a trascinatori quali Felice Di Bari e Dario de Stefani, riuscendo ad organizzare gite domenicali così frequentate, da dover noleggiare anche 5 pullman per portare tutti gli sciatori sui campi da sci. Negli anni ‘80 rinacque anche l’attività agonistica SEM, certo non gloriosa come quella dei predecessori, ma comunque animata da un buon gruppo di atleti. Si organizzarono le partecipazioni alle grandi maratone classiche dello sci di fondo quali: Marcialonga e Pustertaller Skimaraton che videro la partecipazione di più di 50 iscritti SEM per gara. Si partecipò alla classica 24h di Pinzolo (poi 24 ore di Andalo), gara per staffette a squadre La Nostra Storia

177


o individuale della durata appunto di 24 ore. Questa gara era così seguita dai semini, che nel 1987 riuscimmo a parteciparvi con 5 squadre di cui una femminile, totale 20 atleti più cronometristi, massaggiatore e assistenti al seguito. In questa edizione, la SEM fu tra le società premiate in base la numero totale di chilometri percorsi. La massacrante gara individuale (24 ore sempre sugli sci) fu completata da Renata Pelosini, Marco Morosini e Giacomo Galli in edizioni diverse. Nel 1992 Renata Pelosini stabilì ad Andalo il nuovo record italiano femminile con 320 Km percorsi. Altri sciatori parteciparono a livello dilettantistico a gare di fondo FISI e di Coppa Italia, rimediando qualche coppa come squadra. Anche lo sci di discesa vide dei semini partecipare a gare di gigante FISI. Per anni la SEM ha organizzato il “Campionato Milanese Sci Fondo” assieme agli altri gruppi di fondisti di Milano. Poi inevitabilmente la passione per lo sci in pista e le competizioni è scemato e i soci si sono indirizzati verso attività in ambiente selvaggio quali scialpinismo e sci escursionismo abbandonando completamente le piste così che ai giorni nostri non si organizzano più da tempo gite sciistiche con pullman. Infine, nel 2002 è stato chiuso lo SCI CLUB per mancanza del numero minimo di adesioni richieste dalla FISI (25 tesserati).

178

La Nostra Storia


Scuola di Sci di Fondo Escursionismo intitolata ad ‘Alfio Popi’ Nel 1988, grazie alla spinta di Alfio Popi, nacque il Corso di Sci Fondo Escursionistico; primo istruttore ISFE e direttore del corso fu Dario de Stefani. Il corso si occupava di insegnare le tecniche del fondo su pista battuta come la maggioranza dei corsi svolti dalle altre sezioni del CAI. Con gli anni, altri soci SEM frequentarono i corsi / esami del CAI e diventarono istruttori titolati, alternandosi nella direzione dei corsi (Roberto Crespi, Giuliano Vidori, Laura Posani, Francesco Gentile, Giovanni Sacilotto, Stefano Fiocchi) e portando avanti la pratica dello sci fondo escursionismo nella nostra sezione. Nel 1995, grazie alla qualità e alla costanza nel tempo dei corsi organizzati si ottenne dal CAI la qualifica di Scuola di Sci Fondo Escursionistico. La scuola fu dedicata ad Alfio Popi che di quest’attività fu l’ispiratore ed il vero fondatore. Negli anni più recenti, l’attività della scuola si spostò completamente verso l’escursionismo fuori pista, lasciando l’insegnamento delle tecniche su pista battuta ai professionisti. Si adottò definitivamente la riscoperta tecnica del Telemark per la discesa, ARVA, pale e sonde diventarono materiale sempre presente nello zaino, praticando così il vero escursionismo invernale. Seguendo disposizioni degli organi centrali del CAI, nel 2011 lo sci escursionismo è confluito nella commissione Alpinismo e Scialpinismo, così in SEM la Scuola di Sci Fondo Escursionismo è stata chiusa e il gruppo confluito nella Scuola Silvio Saglio. La storia degli sciatori SEM prosegue nella narrazione della Scuola Silvio Saglio.

La Nostra Storia

179


Collaudo Anziani a cura di Gianfranco “Jeff” Fava

La nascita Come risulta dalla documentazione autografa, il Collaudo degli Anziani nacque il 17 Giugno 1934, data di svolgimento della prima manifestazione, anche se il suo atto di nascita porta la data del 12 Marzo dello stesso anno. Ideatore di questa particolare prova fu Natale Conconi, artigiano milanese, Socio della SEM, scomparso il 2 Aprile 1952. Se vi siano state delle particolari motivazioni ad indurre il Conconi a produrre un simile sforzo di fantasia, non ci è dato di sapere. Certo è che nemmeno lui avrebbe potuto supporre, che la sua idea avrebbe registrato un successo per oltre cinquant’anni. Delle molteplici manifestazioni semine del passato, e furono molte, nessuna ha resistito così a lungo. Ma, forse, il segreto del Collaudo degli Anziani sta proprio nella sua semplicità: un po’ di fantasia e tanta buona volontà. Il resto è solo una questione di gambe e di fiato. In quale misura una prova così semplice sia in grado di avvincere, è dimostrato dal considerevole numero dei partecipanti che ogni anno si iscrivono al cimento alpino. E quanto ambito sia questo famoso “scarponcino d’oro” è dimostrato dall’accurato, prolungato allenamento al quale si sottopongono coloro che, dopo una scrupolosa verifica dei dati anagrafici dei concorrenti più anziani, si ritengono i probabili candidati al primo premio. Il Regolamento iniziale, quello manoscritto dal Conconi, ha subito, nel tempo, alcune modifiche dettate soprattutto da ragioni di carattere pratico. Sono state ridotte le ore di marcia effettiva, è stato ridotto il dislivello, sono state opportunamente condizionate sia l’anzianità associativa che il numero delle frequenze, per renderle determinanti ai fini dell’assegnazione del primo premio. 180

La Nostra Storia


Il primo regolamento “È indetta dalla SEM per il 17 Giugno 1934 la Marcia degli Anziani. 1 La marcia è libera a tutti i Soci della SEM che abbiano superato il 40° anno di età. Detta marcia ha scopo di riunire tutti i Soci anziani della SEM in una prova annuale di resistenza al cammino in terreno alpestre, non scevro di attrattive alpinistiche. Può essere consentita la partecipazione di elementi non Soci, purché presentati da un Socio partecipante alla manifestazione. [...]” La prima modifica del 1940 “Art. 1) - Allo scopo di dimostrare che la pratica della montagna che la S.E.M. propugna dalla sua fondazione, mantiene vigore e agilità ai muscoli, nonché vivo lo spirito di amicizia ed il cameratismo fra i Soci, la Sezione Escursionisti Milanesi del Centro Alpinistico Italiano, indice annualmente fra i soci anziani della Società una escursione in montagna con attrattive alpinistiche che viene denominata: [...]” Lo spirito Fin dall’inizio il Collaudo degli Anziani ha rappresentato, per i Soci della SEM, un impegno, un importante appuntamento annuale al quale non si doveva, non si poteva mancare. In realtà si trattava di un impegno triplice: infatti era assunto con la SEM, con se stessi e con le Prealpi Lombarde. E la prova che così sia sempre stato inteso da tutti, non si deve ricercare nel fatto che si partecipava comunque, con qualsiasi tempo, ma è chiaramente dimostrata dagli avvenimenti del Giugno 1944. Si era nel periodo più critico della guerra civile, di una guerra che ebbe come principale teatro di operazioni la montagna. Oggi saremmo tutti d’accordo nel riconoscere che un evento così terribile come la guerra, sarebbe sicuramente sufficiente per giustificare uno spostamento della manifestazione. Ma i semini di allora non la pensarono così. Ed ecco che nel Giugno 1944 la SEM indice regolarmente il suo Collaudo e porta una comitiva sulla vetta del Moregallo dalla quale, in lontananza, si sentiva tuonare il cannone. Saranno stati in pochi, ma c’erano. E c’era anche lui, il nostro Giuseppe Danelli, che proprio in quell’occasione si vide attribuire il primo premio: l’ambito scarponcino d’oro. La Nostra Storia

181


C’è solo un aspetto per il quale possiamo dire che lo spirito iniziale del Collaudo si è modificato e cioè nell’indicazione contenuta nel regolamento del Marzo 1934, laddove il Conconi afferma che “...la marcia ha lo scopo di riunire i soci anziani della SEM ...”. In realtà, fin dalle prime prove, si ebbe netta la sensazione che la competizione esercitava un notevole richiamo non solo per gli anziani, ma anche per i giovani e addirittura per i giovanissimi e non solo per gli uomini ma anche per le donne. Dalle classifiche della nostra antologia è possibile rilevare quanto numerosi siano stati i premi assegnati in 50 anni ai giovani e alle signore. Bene allora scrisse il cronista: “Sotto certi aspetti la SEM vuole dire anche ai suoi soci che non vi sono barriere fra i 20 e i 70 anni, tant’è vero che insieme ai più vecchi premia i più giovani. Gli anziani vi partecipano seguiti dai giovani in fraterna comunione di spirito. In tutto questo c’è un po’ dell’antico gioco ellenico, della lampada da trasmettere accesa. Ma è soprattutto un pretesto per ritrovarsi, per riconfermare l’idealità del Sodalizio, per dire che esso rimane sempre giovane e vitale anche se i soci, per legge naturale, diventano vecchi”. Curiosità statistiche delle prime cinquanta edizioni “Suddividendo i cinquanta “Scarponcini d’oro” e classificandoli in base all’età di conseguimento, si ottengono i seguenti dati: 1 a 65 anni, 2 a 66, 2 a 67, 2 a 68, 4 a 69, 2 a 70, 2 a 71, 7 a 72, 6 a 73, 3 a 74, 6 a 75, 5 a 76, 6 a 77, 2 a 78, 1 a 79. Il più giovane “Scarponcino d’oro” è stato Alessandro De Vecchi che lo ha ottenuto nel 1941 a soli 65 anni. Il più anziano risulta Raffaele Morandi che lo ha ottenuto nel 1970 a 79 anni. L’età che ha registrato il maggior numero di premiati è di 72 anni. L’età media risulta di anni 72 e giorni 86. Le cifre evidenziano altresì un sempre più ritardato “invecchiamento” dei vincitori: infatti nel primo venticinquennio l’età media è stata di anni 70 e giorni 12, mentre nel secondo venticinquennio è salita ad anni 75 e giorni 60. Se poi ci si limita a considerare solo gli ultimi 10 anni, si constata che l’età media dei premiati è ulteriormente aumentata, raggiungendo gli anni 76 e 180 giorni. Il nostro attento operatore ha tratto dall’Albo d’oro un’altra curiosità statistica: Ia quota massima raggiunta nei cinquanta Collaudi è stata quella del Corno Stella a m. 2620, nel 1966. La quota minima è stata quella del Monte Nudo a m. 1235, nel 1970.”

182

La Nostra Storia


L’ispirazione per l’evoluzione (da il “Quaderno dei Seniores 1a Edizione-Aprile 2009”) “‘La speranza vede quello che non è ancora e che sarà’: ho associato questa riflessione di Charles Péguy all’intuizione di quanti, come la SEM (Società Escursionisti Milanesi) che, nel lontano 1934, organizzò il primo ‘Collaudo degli anziani’, come Sugliani, Campiotti, Romanini, Quaroni, per arrivare alla indimenticabile e indimenticata Anna Clozza, hanno compreso e creduto che, nell’ambito del Club Alpino Italiano, i Soci allora definiti ‘anziani’ meritassero una attenzione ed un trattamento particolari. [....]” Questa è stata l’introduzione per presentare Il “Progetto Soci CAI Seniores”, al quale la SEM ha aderito in occasione del 21° Raduno del 30 maggio 2012, ma senza abbandonare la propria tradizionale manifestazione, che avrà vita fino quando la partecipazione dei Soci lo consentirà.

La Nostra Storia

183


La rassegna dei predecessori N°

Anno

Golden Senior

Età

Anno

Golden Senior

Età

1

1934

Oggioni Camillo

71

27

1960

Gallo Giuseppe

73

2

1935

Bertolazzi Guido

72

28

1961

Pagani Andreina

73

3

1936

Valera Giuseppe

72

29

1962

Oriani Felice

74

4

1937

Zaquini Natale

72

30

1963

Scalella Umberto

74

5

1938

Banfi Galileo

75

31

1964

Croce Costante

75

6

1939

Franzosi Francesco

69

32

1965

Cambiaghi Enrico

75

7

1940

Dalla Cola Ernesto

67

33

1966

Curti Costante

75

8

1941

De Vecchi Alessandro

65

34

1967

Ferrari Paolo

78

9

1942

Gini Angelo

70

35

1968

Castellini Arnaldo

77

10

1943

Carioni Margherita

66

36

1969

Pautasso Eugenio

78

11

1944

Danelli Giuseppe

66

37

1970

Morandi Raffaele

79

12

1945

Ongetta Attilio

69

38

1971

Bramani Cornelio

73

13

1946

Cornalba Pietro

67

39

1972

Rattazzi Giuseppe

74

14

1947

Fontana Cesare

72

40

1973

Comola Oreste

75

15

1948

Radaelli Felice

69

41

1974

Bignami Mario

76

16

1949

Porrini Mario

68

42

1975

Gaetani Bianca

76

17

1950

Moro Libero

72

43

1976

Villa Loris

76

18

1951

Pozzi Domenico

75

44

1977

Castellani Maria

76

19

1952

Rampinelli Giacomo

73

45

1978

Abba Attilio

77

20

1953

Ciapparelli Abele

70

46

1979

Castoldi Ermanno

76

21

1954

Camagni Emilio

68

47

1980

Barattini Leo

77

22

1955

Bouffier Filippo

73

48

1981

Basilli Benvenuto

77

23

1956

Dell’Asen Ugo

69

49

1982

Petazzi Guglielmo

77

24

1957

Bolla Mario

72

50

1983

Gelosa Mario

77

25

1958

Bottani Arturo

71

51

1984

Bellini Gilda

78

26

1959

Mascardi Silvio

72

52

1985

Ghiringhelli Piero

79

184

La Nostra Storia


Anno

Golden Senior

Età

Anno

Golden Senior

Età

53

1986

Marnati Angelo

79

79

2012

Risari Lia

74

54

1987

Rogiani Piero

77

80

2013

-

-

55

1988

Campiotti Fulvio

81

81

2014

Nidasio Emilio

75

56

1989

Romano Bruno

77

82

2015

Ferré Oreste

75

57

1990

Lorenzini Achille

77

83

2016

Gaetani Maurizio

76

58

1991

Acquistapace Nino

77

84

2017

Fava Gianfranco

75

59

1992

Pisati Carlo

76

85

2018

Cantù Roberto

87

60

1993

Leoni Giuseppe

73

86

2019

Calori Valentina

77

61

1994

Riva Enrico

74

62

1995

Pasi Angelo

76

63

1996

Tanara Oliviero

70

64

1997

Ferrario Pinuccia

72

65

1998

Santambrogio Samuele

72

66

1999

Pellegatti Maria Teresa

72

67

2000

Rosson Natalina

72

68

2001

Giambelli Antonio

73

69

2002

De Grada Giuseppe

75

70

2003

Fiorini Giuseppe

73

71

2004

Crimella Ottorino

74

72

2005

Franchino Aristide

74

73

2006

Colla Gianni

74

74

2007

Grassi Renzo

75

75

2008

Ajani Dante

77

76

2009

Ferluga Antonietta

76

77

2010

Cinquanta Maria

77

78

2011

Risari Piero

78

La Nostra Storia

185


I dirigenti dell’associazione dal 1945 ad oggi

Prima del 1931, la SEM fu diretta da biunvirati, triunvirati ed altre forme, durante il periodo del fascismo, esattamente nel ’29, alla SEM fu imposto un Commissario Regio. Dal 1931 in poi si consolidò la figura del Presidente. Il nostro statuto odierno prevede che l’associazione sia guidata dal Consiglio Direttivo. Il Consiglio Direttivo si compone di tredici Consiglieri, eletti dall’Assemblea dei Soci, che durano in carica tre esercizi e sono rieleggibili. Alla prima riunione dopo le elezioni il Consiglio elegge al suo interno il Presidente. Il Presidente eletto dura in carica non più di tre esercizi. Egli è rieleggibile una prima volta e può esserlo ancora dopo almeno un anno di interruzione. I personaggi, i consiglieri, i presidenti che fecero parte dei consigli direttivi della SEM fino al dopoguerra sono elencati nello scritto intitolato: “Il Ricordo dei Predecessori”, trascrizione dell’intervento fatto da Paolo Ferrari in occasione del 70° Anniversario di Fondazione dell’associazione. L’Albo d’Oro dell’associazione, stampato più recentemente, ricorda anche i dirigenti più recenti. Queste due pubblicazioni sono disponibili in sede. Nella pagina accanto l’elenco dei presidenti che hanno guidato l’associazione dal dopoguerra al presente.

186

La Nostra Storia


1945 - 1950

Elvezio Bozzoli Parasacchi

1951 - 1963

Silvio Saglio

1964 - 1969

Bruno Romano

1970 - 1971

Filippo Belotti

1972

Piero Risari

1973 - 1981

Nino Acquistapace

1982 - 1986

Franco Bozzini

1987 - 1998

Giuseppe Marcandalli

1999 - 2001

Gianfranco Fava (Jeff)

2002 - 2008

Enrico Tormene

2009 - 2010

Roberto Crespi

2011 - 2016

Laura Posani

2017 - In carica

Roberto Crespi

La Nostra Storia

187


I grandi personaggi del passato a cura di Roberto Crespi

Le inevitabilmente brevi biografie dei “nostri” personaggi, di seguito raccolte, sono tratte dagli articoli di commemorazione pubblicati sulla Rivista Mensile del CAI o sullo Scarpone scritti dai loro contemporanei. Per chi fosse interessato ad approfondimenti, riferimenti e copie degli articoli originali possono essere trovati nella fornitissima biblioteca semina. Abele Miazza (1879 – 1914) Nacque a S. Genesio (PV), compì i suoi studi al Politecnico di Milano e fu uno dei personaggi che animava la vita alpinistica milanese del tempo. Compagno di cordata di Fasana salì con lui le guglie della Grignetta e delle Prealpi lombarde. La sua carriera alpinistica lo portò a effettuare la prima salita dell’Obelisco di Geissfad, della Punta Occidentale del Pizzo Cornera di Fuori, la prima salita del canale ghiacciato della Finestra di Boccarecio, ecc. Effettuò moltissime salite nelle Alpi Retiche e Lepontine. Professionista alacre e stimato fu dipendente dell’Ente Autonomo Case Popolari; fu pure assistente alla cattedra di architettura pratica all’università di Milano e fu chiamato in Italia meridionale a partecipare alla ricostruzione delle scuole dopo il terremoto siculo-calabro. Scompare il 17 Maggio 1914 assieme ad Armando Venturoli e Attilio Del Vecchio dopo aver compiuto, con Eugenio Fasana, la prima salita della famosa via Albertini allo Spigolo Sud del Torrione Magnaghi Meridionale. Fasana racconta che una volta giunti sulla vetta i tre si fermarono a riposare, mentre lui slegatosi partì in avanscoperta per cercare la via di discesa; d’un tratto un grido, torna sui suoi passi, ma è troppo tardi, i tre amici sono caduti nel vuoto... Una lapide commemorativa della disgrazia è affissa presso il nostro rifugio Cavalletti a Pian dei Resinelli. 188

La Nostra Storia


Celso Gilberti (1910 – 1933) Nasce e si afferma alpinisticamente nel suo Friuli. Entra nella Società Alpinistica Friulana a 15 anni e quando giunge a Milano (per motivi di studio, frequenta il Politecnico di Milano) è già un famoso alpinista. Di lui Emilio Comici ha scritto: ”...era il vero Cavaliere della Montagna, veramente il più puro ed il più modesto che io abbia conosciuto; arrampicatore formidabile, credo fra i migliori e forse il migliore...”. Si iscrive alla SEM nel 1930, e con i nostri migliori arrampica sulle Alpi Centrali e poi Occidentali. È tra i primi a superare vie di sesto grado, allora il limite massimo. Entra nelle file del CAAI (Club Alpino Accademico Italiano) e fu pure nominato socio dell’Oesterreichischer Alpen Club di Vienna. Precipita dalla Paganella con il suo compagno da una via perfettamente all’altezza delle sua capacità in circostanze mai chiarite a soli 23 anni. Lascia un curriculum di 46 vie nuove, alcune di sesto grado, numerose prime ripetizioni di vie aperte da alpinisti italiani e stranieri ed un centinaio di altre arrampicate su tutto l’arco alpino. Per tramandarne la memoria, la Società Alpinistica Friulana eresse e dedicò al suo nome un rifugio nel 1934. Antonio Omio (1884 – 1935) Nacque a Lovere, si trasferì giovanissimo a Milano e nel 1903 si iscrisse alla SEM. Da allora la sua attività alpinistica non ha soste ed innumerevoli sono le ascensioni compiute; si può affermare che nessun angolo, anche il più recondito, delle nostre Alpi non sia stato da lui visitato. Lo sci lo attrasse in modo particolare, perché fu tra i primi a capire quali soddisfazioni si potessero trarre dall’alpinismo invernale d’alta montagna; questo fu il suo più importante campo di attività. Durante la grande guerra fu Capitano degli Alpini e si guadagnò due medaglie d’argento al valore militare. Diciannovenne, fu anche fra l’esiguo gruppo dei fondatori della Sezione Sciatori della SEM, alla quale diede tutto il tempo e l’attività che gli rimanevano liberi dal lavoro e dalla famiglia. Fece parte del consiglio direttivo per molti anni, fino alla sua scomparsa. Col suo soprannome di “Tougnela” guidò i semini in innumerevoli gite ed escursioni. Nel 1935, ormai cinquantenne ma ancora attivissimo, accettò di partecipare alla fatidica prima ripetizione della via aperta poche settimane prima da Bramani, Bonacossa, Bozzoli e Negri sulla Punta Rasica, che si trasformò nella più grave tragedia della storia della nostra associazione e dove perse la vita assieme ad altri cinque alpinisti. La Nostra Storia

189


Ettore Castiglioni (1908 – 1944) Di famiglia benestante milanese, si laureò in legge, ma non esercitò mai dedicandosi ad altre attività. Amava la letteratura e la musica, conosceva francese, tedesco e inglese che gli servirono egregiamente per la compilazione delle sue guide alpinistiche. Era conosciuto in tutto l’ambiente alpinistico italiano ed estero. Fu socio SEM, socio CAAI e socio del CAI Milano. Formidabile è il numero delle sue “prime” nelle Alpi: l’elenco pubblicato su una Rivista Mensile del ’54 in un articolo/biografia di Bonacossa occupa letteralmente tre pagine. Arrampicò con tutti i più grandi alpinisti italiani del tempo: dai semini Bramani e Gilberti a De Tassis e Vinatzer. La vicenda della sua morte è triste e romantica: grande antifascista fu arrestato una prima volta in Svizzera mentre accompagnava un gruppo di ebrei in fuga dall’Italia. Dopo un mese di prigione fu rilasciato ed espulso dalla Svizzera. Castiglioni non cessò questi sconfinamenti e nel marzo del 1944 fu riconosciuto e ricatturato. Fu imprigionato in un albergo al passo del Maloja e per impedirgli di fuggire gli furono requisiti sci, pantaloni e scarponi. Era il 12 marzo, Castiglioni fuggì usando una coperta per coprirsi e stracci come scarpe; inseguito, riuscì ad eludere i gendarmi svizzeri e scollinò in Italia, in Valmalenco attraverso il passo del Forno. Purtroppo non raggiunse mai il fondovalle abitato; la tempesta di neve che imperversava e l’inadeguato vestiario ne causarono la morte per assideramento e sfinimento. Aveva solo 35 anni. Il suo cadavere fu ritrovato soltanto tre mesi dopo, il 3 giugno, allo sciogliersi delle nevi. A lui il CAI Centrale ha dedicato un rifugio sito al lago Fedaia. Mario Zappa (1902 – 1949) Fu una magnifica figura di cittadino, di alpinista e di sportivo e la SEM fu il suo nido nel quale trovò l’esempio e l’incoraggiamento di compagni che gli furono quasi fratelli. Zappa fu un campione di canottaggio e di sci agonistico. Larga eco ebbe la sua impresa (assieme a Cattaneo e Maggioni) di portare con la loro “jole” il gonfalone della città di Milano alla redenta città di Trieste attraverso il Naviglio Pavese, il Po, la Laguna Veneta e il Golfo di Trieste nel 1918. Come sciatore fu ripetutamente tra i primi nei campionati milanesi e lombardi (vinse due volte questo titolo nel ’26 e nel ’27), le sue specialità: salto e discesa. Ma lo sci diede a lui ben più grandi soddisfazioni con lo scialpinismo, tracciando interminabili itinerari dal Delfinato alle Venoste, dal Vallese alle Dolomiti, dal Monte Bianco all’Oberland Bernese. 190

La Nostra Storia


In estate messi a riposo gli sci si dedicava all’alpinismo e le cuspidi della Grignetta, delle Orobie, del Masino e del Monte Bianco lo videro a più riprese in cordata con Bramani, Bozzoli, Fasana, Risari, Romanini, Vallepiana, Polvara e altri ancora in gran parte anch’essi soci della SEM. Ad esempio nel 1930 con i fratelli Polvara, aprì una via nuova alle Aiguille Rouges du Brouillard che fece epoca. Era la lealtà e la generosità personificate: non mancava mai occasione perché agli amici più bisognosi pervenisse un anonimo presente. E ancor oggi molti ignorano chi ne fu il donatore. Viveva per il suo lavoro, per la famiglia e per la montagna. Fu un eccellente fotografo e cineasta. All’Alpe Pedriola, sopra Macugnaga, la SEM ha costruito un rifugio che gli è stato dedicato. Eugenio Fasana (1886 – 1972) Nacque a Gemonio (VA), il 29 Aprile del 1886. Sotto ferma militare col battaglione Alpino Morbegno scopre le montagne lombarde. E’ subito pioniere e salitore di montagne inesplorate. Dopo la ferma militare si trasferisce a Milano con la famiglia, si iscrive alla SEM dove trova l’ambiente ideale per realizzare i propri desideri. Inizia così la carriera alpinistica di Fasana: dapprima la Grignetta, palestra dei milanesi, lo Zuccone Campelli ed il Resegone, poi lo spazio si allarga alla bergamasca, alle montagne della Valtellina, al Monte Rosa, ai giganti del Vallese. In Grignetta, praticamente tutte le guglie, furono salite per primo da Fasana: il Sigaro, il Campaniletto, la Torre, la Lancia, il Fungo, il Torrione Palma, il Magnaghi Centrale e Meridionale. Innumerevoli le prime salite su tutta la catena alpina. Nel 1915 è richiamato sotto le armi come ufficiale, fu maggiore degli alpini e decorato al valore militare. Alla fine del 1919 rientra a Milano e assume la carica di consigliere dirigente della SEM, che con lui vive forse il suo periodo di maggior popolarità ed attività. Anche la sua attività alpinistica riprende in pieno. Entra nel Club Alpino Accademico Italiano, i suoi compagni di cordata più frequenti furono: il fratello Piero, Piero Mariani, Enrico de Enrici, Ermino Dones, Gigi Vassalli, Abele Miazza, Vitale Bramani, Antonio Omio, Elvezio Bozzoli Parasacchi, Aldo Bonacossa, Ettore Castiglioni, Celso Gilberti, Ugo di Vallepiana. Fu anche guida della regina Maria Josè e di papa Ratti. La sua vita alpinistica fu anche segnata dalle tragedie: 1914, dopo l’apertura della nuova via “Albertini” al Magnaghi Meridionale, la caduta dei suoi compagni (Abele Miazza, Venturoli, Del Vecchio). Nel 1923 scendendo dal Petit Dru fu colpito da un fulmine e rimase La Nostra Storia

191


temporaneamente paralizzato. Fu salvato dai compagni: il fratello Piero e Vitale Bramani. Nel 1935, sopravvisse alla terribile tragedia della Punta Rasica, dove persero la vita per congelamento e sfinimento: Agostino Parravicini, Mario del Grande, Vittorio Guidali, Antonio Omio, Pietro Sangiovanni e Nella Verga. Da lui prende nome la parete “Fasana” al Pizzo della Pieve, anticima Nord del Grignone. Fu anche un grande scrittore, giornalista ed un discreto pittore. Nel 1934 viene ammesso al Gruppo Italiano Scrittori di Montagna. I suoi volumi: Uomini di sacco e corda, ed. SEM, 1926; Il Monte Rosa (vicende, uomini, imprese) ed. Rupicapra, Milano, 1931; Cinquant’anni di vita della SEM, ed. SEM, Milano, 1941; Quando il gigante si sveglia, ed. Montes, Torino, 1945. Fu redattore e poi collaboratore della rivista Le Prealpi, ha scritto centinaia di articoli sulla Rivista Mensile del CAI. Vitale Bramani (1900 – 1970) La storia di Vitale Bramani va divisa in due parti: l’alpinista e l’inventore delle rivoluzionarie suole VIBRAM. Iniziò la sua carriera alpinistica fin da ragazzo nell’ambiente familiare della SEM, col fratello maggiore Cornelio, con i fratelli Fasana, Bozzoli Parasacchi, Barzaghi e altri ancora, arrampicò dapprima sulla Grignetta, la montagna dei milanesi, allargando poi man mano i suoi orizzonti a tutta la Lombardia e quindi a tutte le Alpi. Arrampicò con molti fuoriclasse dei tempi, oltre ai già citati, effettuò salite con Castiglioni, Gilberti, Negri, De Tassis, arrampicò anche con Re Alberto del Belgio. Per la sua intensa attività alpinistica e di apritore di nuove vie fu accolto nel Club Alpino Accademico Italiano. Il Bramani imprenditore iniziò con l’aprire un negozio di equipaggiamento alpinistico, in Via Spiga, che presto diventò il negozio di Milano più specializzato per l’alpinismo e diventò centro di ritrovo per tutti gli alpinisti milanesi o di passaggio. Poi l’invenzione geniale: le suole degli scarponi di allora erano in cuoio pesante chiodate o semplici suole in gomma appena rugosa. Bramani ebbe l’idea di stampare delle suole con dei chiodi incorporati (sempre in gomma), brevettò queste suole con il suo nome: VIBRAM. Ora le suole di VIBRAM sono applicate su quasi tutti gli scarponi e pedule del mondo, non solo per l’alpinismo ma anche per scarpe invernali, scarponi da lavoro, ecc.; sono riconoscibili per l’inconfondibile ovale giallo stampato.

192

La Nostra Storia


Silvio Saglio (1896 – 1964) Nasce a Novara il 21 aprile 1896. Avviato agli studi tecnici, si diploma in ragioneria nel 1914 e prosegue poi gli studi iscrivendosi all’università Bocconi di Milano. Partecipa alla prima Guerra Mondiale, inizialmente come soldato e poi come sottotenente del Genio (fu richiamato alle armi nella seconda Guerra Mondiale con il grado di capitano ed il comando di un battaglione). Al termine del conflitto ritorna all’università e, nel 1921, consegue la laurea di dottore in scienze economiche e commerciali. Esercita quindi l’attività di commercialista che però male si adatta con la sua passione per la montagna, col suo grande desiderio di vagabondare per i monti. Si iscrive alla SEM nel 1926 ed entra nel gruppo giovani arrampicatori semini: Vitale Bramani, Ettore Castiglioni, Eugenio Fasana, Antonio Omio, Elvezio Bozzoli Parasacchi, con i quali apre parecchie vie nuove in Grigna, in Presolana, in Val Masino e nelle Pale di S. Martino; mostrandosi un alpinista medio ma tenace, che considera il rapporto con la montagna un mezzo per l’acquisizione di una gioia interiore. Si mette subito in luce per la sua efficace attività di coordinatore occupandosi dei problemi organizzativi della sezione, particolarmente nella direzione delle gite sociali, tracciando gli itinerari, la descrizione del gruppo montano o della vetta meta dell’escursione, i tempi di marcia e la logistica dell’avvicinamento, il tutto pubblicato su foglietti volanti ad uso e consumo dei partecipanti dai quali, con solerzia e pazienza, riscuoteva la simpatia e la stima. Il frutto dell’organizzazione delle gite sociali da Lui curate in SEM, ha dato origine alle monografie alpinistiche, sciistiche ed escursionistiche pubblicate per 247 puntate su “Lo Scarpone”, fondato nel 1931 da un altro socio della SEM, Gaspare Pasini, che man mano ampliate e perfezionate sono poi culminate nella collana “Da rifugio a rifugio”. Nel 1950, dopo aver ricoperto diverse cariche sociali, Silvio Saglio è stato eletto Presidente della SEM, carica che ha mantenuto fino alla sua scomparsa il 19 luglio 1964. L’autorità della sua competenza e del suo giudizio pacato e pratico, prevaleva spesso nelle discussioni del Consiglio, perché non si limitava a “presiedere” ma, pur circondato da collaboratori attivi, si assumeva la parte più onerosa di molti incarichi e la soluzione pratica delle questioni più spinose. In contrapposizione all’esuberante impulsivo dinamismo del suo predecessore (Bozzoli Parasacchi), Silvio Saglio portò una nota più pacata, se pur altrettanto attiva, nella gestione della SEM; continuando anzi accentuando lo scrupolo amministrativo nell’oculata gestione del patrimonio sociale, specialmente per quanto riguardava i rifugi e la sede La Nostra Storia

193


sociale, portando la SEM a una solidità finanziaria che poche Sezioni potevano vantare. Tutto ciò con i notevoli impegni finanziari derivanti da: acquisto del terreno adiacente al rifugio Tedeschi nell’agosto 1954; costruzione del rifugio Zappa inaugurato nel settembre 1954; ristrutturazione ed ampliamento del rifugio Zamboni e collegamento con il rifugio Zappa nel 1955; ricostruzione e ampliamento del rifugio SEM Cavalletti inaugurato nel novembre 1956; ampliamento con la costruzione della sala “Erna”, al rifugio SEM Cavalletti nel 1960. Non usciva una lira dalla cassa che non ne fosse attentamente vagliato e controllato il motivo della spesa. A questo risultato, non era estranea la messa in moto delle proprie vaste conoscenze che, facendo perno sulle sue entrature, riusciva a procurare qualche vantaggio materiale e/o morale alla SEM; la qual cosa lo rendeva felice e soddisfatto del suo operato. Era sempre disponibile ad esaminare ed accogliere le richieste dei gruppi interni e volle fortemente la creazione della Scuola d’alpinismo che, dopo i primi momenti d’incertezza, si affermò tanto da venire classificata tra quelle di carattere nazionale; giustamente prese il suo nome e venne a lui dedicata post mortem. Forse la SEM non ha fatto abbastanza per perpetuare la memoria di Silvio Saglio fra i soci ed alpinisti in genere, sia come suo presidente per la completa dedizione alla Sezione, che come Uomo per il grande impegno profuso nell’ambito del CAI, al quale egli diede moltissimo come dirigente: dal 1945 è stato Consigliere Centrale, dal 1946 al 1955 è stato vice Segretario Generale, dal 1956 al 1958 è stato Segretario Generale. Parallelamente è stato designato anche alle mansioni di: Consigliere della Sezione di Milano dal 1945 al 1950; Presidente della Commissione Toponomastica del CAI dal 1950; Presidente del Comitato delle pubblicazioni del CAI; Consigliere del movimento per la protezione della natura dal 1952; Segretario della commissione organizzativa per la spedizione Italiana al K2; Membro della Commissione per la revisione toponomastica della carta d’Italia presso l’IGM; Membro della Commissione propaganda e Scialpinismo; Direttore del Parco Valentino al Coltiglione. Ma la grande passione di Silvio Saglio, che ha prodotto il segno tangibile demandato ai posteri, è stata la sua opera di autore, redattore e coordinatore di innumerevoli pubblicazioni, guide e carte toponomastiche; prodotte quasi nella totalità nel dopo guerra, quando il suo impegno nell’ambito del CAI è stato globale, anche se l’incarico di redattore della “Guida dei Monti d’Italia”, affidatogli dal TCI e che diede inizio all’attività di Silvio Saglio scrittore e fotografo di montagna, la sua qualità più 194

La Nostra Storia


conosciuta, risale all’aprile 1932. Lavoro di non poco conto se si considera che le sue guide, prima di essere scritte, erano vissute in prima persona scarpinando in lungo ed in largo per le Alpi, con l’ingombrante e pesante attrezzatura fotografica che non mancava mai, talvolta accompagnato da un allievo della Scuola Alpina della zona, tra i quali si ha notizia di: Lucio Brambilla, già socio SEM ed istruttore della scuola di alpinismo, e Nino Acquistapace, futuro presidente della SEM. Queste “sgobbate” duravano talvolta più di un mese e si ripetevano quasi ogni anno; ad esempio: per preparare la guida Alpi Retiche Occidentali della collana “Da rifugio a rifugio”, Silvio Saglio percorse in un mese dell’estate 1952, ben 400 chilometri in montagna superando complessivamente più di 100 mila metri di dislivello. Imprese che, unitamente agli eccezionali meriti culturali in campo alpinistico, nel 1949 gli valsero l’ammissione nelle fila del CAAI. Il panorama della produzione editoriale curata da Silvio Saglio è molto vasto e spazia in: guide di attività alpinistiche, sciistiche, scialpinistiche, escursionistiche, principalmente edite dal CAI-TCI, dal TCI, ma anche dalla Sezione di Milano e Sottosezione Tecnomasio, dalla SEM, da La Gazzetta dello Sport; annuari, riviste, guide regionali, annuario generale dei Comuni d’Italia, per il TCI; opere edite dal CAI, dal CAI-TCI, dall’ENIT ed un manuale tecnico edito da Montes; articoli per le rubriche de Lo Scarpone, La Rivista mensile del CAI, Le Vie d’Italia, Bollettino del TCI; saggi di storia dell’alpinismo, argomenti tecnici e rifugi, botanica con evidenza delle caratteristiche estetiche e medicinali dei fiori alpini; carte toponomastiche edite dal CAI, dal TCI, dal R.A.C.I.. Non esiste un elenco completo dell’imponente attività editoriale di Silvio Saglio, ma la maggior parte delle guide sono consultabili presso la Biblioteca della SEM o presso la Biblioteca Nazionale del CAI, come pure gli articoli apparsi sulla stampa sociale; mentre i documenti, tutte le fotografie, i libri e il suo archivio personale, sono conservati presso il Centro di Documentazione del TCI. Non ci si può però esimere dal citare le collane delle guide più importanti: “Da rifugio a rifugio” e “Guida dei Monti d’Italia”, nonché il trattato “I cento anni del Club Alpino Italiano”, che rappresentò per Silvio Saglio il canto del cigno, per i sei argomenti più importanti da lui presentati e consistenti nel 50% dell’opera. Silvio Saglio è stato un Uomo tanto modesto e schivo da mantenersi distante dalla notorietà ed anche dalle immagini, nonostante non gli sia mancata l’occasione per la Sua rilevanza nei vari ambiti frequentati; questo forse spiega perché non ha ricevuto onorificenze dalle istituzioni che tanto devotamente e fedelmente ha servito. La Nostra Storia

195


Ambrogio Risari (1902 – 1963) Arriva alla SEM nel 1927 proveniente dalla SOEM (Società Operaia Escursionisti Milanesi), auto scioltasi per non accettare l’imposizione del regime fascista di aggregarsi a altre associazioni più “controllate”. Nella SEM trova il clima fraterno che cercava e rimarrà socio e attivo dirigente dell’associazione per tutta la vita. Nel 1927 è già un affermato campione di sci, la sua carriera agonistica prosegue anche nella SEM. Nel 1927 è primo nella prova individuale di combinata nordica: fondo e salto; secondo nella gara a squadre di fondo nello Sci d’Oro del Re, gara per studenti universitari e secondo a Ponte di Legno. Nel 1928 partecipa al campionato lombardo dove si classifica secondo nel salto e terzo nella prova di sci di fondo. Nel 1929 bissa il secondo posto del ’27 nel Campionato Nazionale Universitario. Nel 1930 è primo nella prova di sci di fondo al campionato lombardo. Partecipa a tantissime gare individuali e a squadre, tra cui la rinomata Staffetta dello Stelvio. Fa parte del comitato organizzatore delle numerose gare e gite sociali sciistiche dirette dalla SEM. Per lunghi anni fu presidente dello Sci SEM. Fu anche un discreto alpinista e scialpinista: ricordiamo la prima ascensione invernale versante valtellinese del Pizzo Legnone 2610m con gli sci, le arrampicate su tutte le cime della Val Masino, ove era di casa, le salite di tutte le cime del Bernina e l’intensa attività scialpinistica nel gruppo del Rosa. Ma il motivo per cui Ambrogio Risari è così importante per la nostra associazione è la sua attività volontaristica di costruttore e ristrutturatore dei nostri rifugi. Opere alle quali ha dedicato parecchio tempo libero, sia per la progettazione a tavolino che nell’attività materiale di costruzione. Elenchiamo le sue realizzazioni: 1937, progettazione e costruzione della capanna ‘Antonio Omio’ in Val Masino; 1944, progettazione e costruzione della cappelletta ‘Giorgio Maggioni’ al Pialeral; 1946-47, ricostruzione dalle fondazioni, su progetto completamente nuovo, della capanna ‘Mario Tedeschi’ al Pialeral, distrutta durante la guerra; 1948, ricostruzione della capanna Omio anch’essa distrutta durante la guerra; 1952-54, progettazione e costruzione della capanna ‘Mario Zappa’ all’Alpe Pedriola con relativo acquedotto di oltre 700 metri con ammodernamento e sopralzo della capanna ‘Rodolfo Zamboni’ e suo collegamento allo Zappa; 1953, progettazione e costruzione della cappelletta ’Ermanno Pisani’ sulla morena del Monte Rosa a Macugnaga; 1954, progettazione e costruzione della cappelletta “Mario Zapparoli” sempre al Monte Rosa; 1954-56, rifacimento ed ampliamento della capanna ‘SEM - Cavalletti’ ai Resinelli, con relativo acquedotto sospeso sulla Val Grande; 1959-60, costruzione della Sala Erna alla capanna ‘SEM – Cavalletti”. 196

La Nostra Storia


Elvezio Bozzoli Parasacchi (1898 – 1969) Nato a Milano nel 1898, mosse i suoi primi passi su roccia con Eugenio Fasana e frequentò alpinisti della SEM come Vitale Bramani, Carlo Negri ed Ettore Castiglioni. Pur essendo un forte arrampicatore, solitamente non fungeva da capocordata quando arrampicava con compagni ai quali, per sua innata modestia, si riteneva inferiore, gli bastava far parte della cordata, tra amici dalle stesse aspirazioni. E questo fu sempre il suo, apprezzatissimo, modo di intendere e praticare l’alpinismo. Risiedendo a Milano, la sua attività si svolse prevalentemente in Lombardia, ma avendo amici ovunque, si spinse sovente lontano, specialmente in Dolomiti. Ottimo scialpinista, oltre che arrampicatore era un compagno ricercato perché portava nella cordata un entusiasmo esuberante che non si spegneva neppure nei momenti difficili. Entrò a far parte del CAAI (Club Alpino Accademico Italiano) nel 1929. A causa della guerra, col suo duro seguito, abbandonò, come tanti altri, il grande alpinismo, ma non abbandonò la montagna: si diede all’escursionismo ed al turismo alpino. Presidente della SEM dal 1945 al 1950, fu chiamato a ricoprire la carica di Segretario Generale del CAI dal 1946 al 1955 e quindi quella di Vice Presidente dal 1957 al 1967. Per la sua speciale attività nel sodalizio gli fu attribuita nel 1967 la Medaglia d’Oro del CAI. Per la SEM, fu il presidente della ricostruzione e seppe coordinare l’attività dei Saglio, Risari e di tutti i membri del consiglio. Nino Acquistapace (1914 – 2005) Giovanni Acquistapace, per tutti e da sempre, “il Nino” nasce il 2 agosto del 1914 a Lecco, tra il rione Castello e quello di S. Giovanni, proprio sotto il paretone del Medale e alla vista del Resegone. Come maggiore di due fratelli e due sorelle e con la famiglia che si trasferisce a Milano il lavoro è il miglior passatempo fino al servizio militare. Da militare, arruolato negli Alpini, viene assegnato come “portatore di attrezzature” a Silvio Saglio, ex presidente della S.E.M. e personaggio di prestigio nel C.A.I. e nel T.C.I., che stava iniziando a preparare i primi volumi della famosa “Guida dei Monti d’Italia” e che lo introduce all’alpinismo. Dopo il servizio militare, a Lecco, conosce Riccardo Cassin di cui diviene amico e che profondamente ammira. Nel 1939 la salita “da primo” della Parete Fasana sul Grignone lo avvia ad un periodo breve di arrampicate sulla nostra Grigna. Poi la guerra mondiale blocca tutto. Nel 1945, congedato dagli Alpini, si iscrive al C.A.I. e nel 1951 alla La Nostra Storia

197


S.E.M., dove fin dall’inizio e per tantissimi anni ha profuso tutte le sue energie. Nel frattempo, svolge una seria attività alpinistica di arrampicata soprattutto sulle nostre Grigne. Magnaghi, Fungo, Angelina, Teresita, Cinquantenario e tante, tante delle guglie e delle pareti di calcare bianco incominciando a portare con se il giovane figlio Claudio per contagiarlo della stessa passione. Dal 1960 entra nella “Scuola Nazionale di Alpinismo Silvio Saglio” come Istruttore prima e come Vicedirettore poi. Dal 1966 è stato l’instancabile organizzatore di numerose edizioni del “Collaudo Anziani” della S.E.M. e di un numero incalcolabile di Gite escursionistiche. È stato a lungo Consigliere, poi Vicepresidente e infine Presidente della nostra Società, dal 1973 al 1981. Nel 1991 conquista lo Scarponcino d’Oro, l’ambito premio del “suo” Collaudo. Sempre animato dalla voglia di conoscere nuovi orizzonti, dopo il primo infarto che lo colpisce nel 1984, smette di arrampicare e reagendo con forza si dedica ancora e con più voglia all’Escursionismo. Le Alpi tutte ma soprattutto le “sue” Grigne, le “sue adottate” Dolomiti ma anche l’Appennino, lo vedono pestare i loro sentieri appoggiandosi ai fidi bastoncini. Nove “Alte Vie”, spesso accompagnando l’adorata nipotina alla scoperta del “suo” mondo, e poi ancora avanti e avanti. La S.E.M. gli dedica, intitolandoglielo, il “Corso di Escursionismo”. Poi nel 2004 gradatamente, le sue presenze in Sezione si diradano, l’età e la malattia lo piegano e nell’aprile del 2005 si spegne con un’ultima battuta: “Peccàà che go de morì a novantun agn, pensavi de rivàà a novantadu!” Ricordiamo di seguito altri soci che furono importanti per la storia della nostra associazione, ad alcuni di questi è stata dedicata una cima, una vetta, una manifestazione, un rifugio. Arturo Andreoletti Forte alpinista fu socio SEM e CAAI. Oreste Biella Consigliere SEM, a lui è dedicata la punta Biella 3079 m nel gruppo del Bernina, salita per la prima volta dai soci Giuseppe Brambilla, Battista Robbiati e Domenico Volpi

198

La Nostra Storia


Franco Bozzini Presidente della SEM dal 1982 al 1986, fu protagonista di numerose iniziative che contribuirono a mantenere alto in nome della nostra società, sotto la sua presidenza furono avviati lavori di ristrutturazione dei nostri rifugi. Cornelio Bramani Fratello maggiore del più famoso Vitale, fu anch’egli un buon alpinista, fu per molti anni nel Consiglio Direttivo della SEM. Paolo Caimi A lui è dedicato il Canalone Caimi alla Grigna Meridionale. Fu consigliere SEM. Fulvio Campiotti Fulvio Campiotti, (27/11/1907 – 13/10/1993) Varesino di nascita, giornalista e scrittore fu un buon alpinista e un eccellente sciatore. Iscrittosi al Cai di Varese nel 1916, passò alla SEM nel 1954. Nel 1926 calzò per la prima volta gli sci, la sua grande passione: restò poi imbattibile fino ad età avanzata nei campionati dei giornalisti. Nel 1943 conobbe Dino Buzzati, reporter di guerra imbarcato sulla nave in cui era anche lui, ufficiale degli Alpini. Tra i due nacque un’amicizia e più tardi una collaborazione al Corriere della Sera che durò molti anni. In effetti Campiotti per il Corriere firmò molti articoli sulla montagna dal 1954 al 1974. Di questi, numerosi trattavano le disgrazie della montagna, il che gli procurò tra i colleghi la nomea di menagramo. Invero fu testimone diretto di tragedie: in gioventù subì un’inchiesta per la morte di una ragazza che era con lui in montagna. Era anche sull’auto che ebbe un incidente in cui perirono Francesco Freund (che guidava) e Piero Ghiglione. Era un attivo organizzatore: a lui si devono iniziative come la “100 donne sul Monte Rosa” organizzata con il CAI Menaggio. Era il 1960 e l’impresa fece scalpore: ben 115 alpiniste su 118 (comprese alcune straniere) raggiunsero la Capanna Margherita. A Varese organizzò anche la “Pre Nimega” una marcia non competitiva che negli anni Settanta arrivò a contare migliaia di appassionati. Pubblicò manuali di alpinismo, sci fondo e scialpinismo. Tra i suoi libri più famosi “Il vero sciatore” scritto con Freund; “Come si va in montagna”, il polemico “K2” e “Le guide raccontano”. Notevole anche la sua longevità escursionistica, visto che si aggiudicò lo Scarponcino d’Oro nel Collaudo Anziani del 1988, all’età di 81 anni, un record di età che è durato per trent’anni. La Nostra Storia

199


Egidio Castelli Fu Presidente della SEM, ha compiuto con Risari la prima ascensione invernale versante valtellinese del Pizzo Legnone 2610m con sci. Ettore Clerici Fu consigliere SEM. A lui è intitolato il torrione Clerici in Grigna salito per la prima volta da Giuseppe Dorn. Erminio Dones Dà il nome al Sigaro, gruppo dei torrioni Magnaghi, al Dito. Con Fasana effettuò la prima all’Ago Teresita. Giuseppe Dorn Dà il nome allo Spigolo Dorn al Magnaghi Meridionale. Fu autore tra l’altro della prima salita al Torrione Clerici. Piero Fasana Fratello di Eugenio, grande alpinista, socio SEM e membro del Club Alpino Accademico Italiano (CAAI). Paolo Ferrari Fu consigliere della sezione. Va ricordato per la sua importante collaborazione con il CAI Centrale soprattutto per quanto riguarda gli aspetti statutari del sodalizio. Giuseppe Marcandalli “Pino” Una figura molto importante per la SEM degli anni ’80 e ’90. Sono da menzionare i suoi 42 anni di militanza come socio CAI, di cui ben 26 nel Consiglio direttivo della Società Escursionisti Milanesi che ha guidato come presidente dal 1987 al 1999. Nel contempo è stato anche per diversi anni Consigliere Centrale CAI e poi Segretario Generale del CAI fino al 1995. In seguito, ha continuato, con la consueta dedizione, la sua attività come consulente dell’Organizzazione centrale nel Nucleo di Valutazione sull’attività dell’Ente. Nel 1999 gli fu conferita una medaglia d’oro di benemerenza, quale riconoscimento da parte del Convegno delle sezioni lombarde del CAI, per l’attività svolta in tanti anni. Eugenio Moraschini A lui è dedicata l’omonima torre in Grigna. Cesare Morlacchi Fu Segretario dell’Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, autore delle 200

La Nostra Storia


prime raccolte di itinerari sentieri Prealpi Lombarde e verbanesi edite dal TCI. Antonio Parravicini Fu socio CAI Milano, socio e consigliere SEM. Luigi Pizzini Fu socio CAI Milano, socio e consigliere SEM. Il CAI Milano gli ha dedicato un rifugio. Alfio Popi Oltre che consigliere SEM, fu il responsabile del Gruppo Sci per molti anni. Sotto la sua guida furono organizzati corsi per lo sci di discesa, lo sci di fondo. Fu uno dei propugnatori dell’attività scialpinistica e grazie a lui nacque il Corso di Scialpinismo ed il Corso di Sci Fondo Escursionistico (a lui è stata dedicata la Scuola di Sci Fondo Escursionismo), due tra le realtà più attive della sezione. Assieme agli altri responsabili milanesi inventò il Campionato Milanese di Sci Fondo. Carlo Porta Fu socio CAI Milano e socio SEM. A lui è intitolato il Canalone Porta sulla Grigna Meridionale ed anche il rifugio del CAI Milano ai Pian dei Resinelli. Aristide Sala Forte alpinista fu socio SEM e CAAI. Olindo Schiavio Forte alpinista fu socio SEM e CAAI. Guido Silvestri Forte alpinista fu socio SEM e CAAI. Mario Tedeschi Fu socio SEM, CAAI e presidente del CAI Milano. A lui fu dedicato il nostro rifugio al Pialeral distrutto dalla valanga nel 1986. Ettore Zapparoli Morto sul Monte Rosa. Pietro Zoia Grande campione di sci, a suo nome fu intitolato un trofeo sciistico. La Nostra Storia

201


Ricordiamo di seguito i soci scomparsi nell’ultimo decennio. Marcello Sellari (+ Sett 2017) Marcello si era iscritto alla SEM nel 1971 e aveva partecipato ai corsi di alpinismo sotto la guida di Oreste Ferrè; subito erano state apprezzate le qualità di organizzatore ed era stato eletto nel Consiglio Direttivo dal 1974 al 1977 e poi ancora nel 1990 e 1991 quando fu Vicepresidente. In quell’anno, però, si trasferì a Lecco per motivi di lavoro e passò in forza al CAI di Lecco dove fu subito apprezzato; fu consigliere, segretario, tesoriere e Vicepresidente. In seguito, si dedicò al GEO (Gruppo Età dell’Oro) del Cai di Lecco. Assunse anche incarichi in ambito Regionale, come Consigliere e come Presidente dei Seniores, carica che lasciò nella scorsa primavera. [tratto da un’articolo di P. Risari pubblicato su La Traccia n.108] Maurizio Gaetani (+ Dic 2017) Maurizio è stato uno dei Soci SEM più rappresentativi degli ultimi 50 anni. Grande fondista portò a termine quasi tutte le edizioni della Marcialonga dal 1971 fino all’ultima proprio nel 2017. Nel 1973 si classificò 566° su oltre 6000 partecipanti, risultato di grande rilievo, fra i migliori fondisti italiani e scandinavi. Partecipò a numerose gare fra cui la staffetta dello Stelvio, organizzata dalla SEM e diverse sci-alpinistiche da lui organizzate fra cui alcuni “4000”. Ma è sulla catena himalaiana che ha operato come esploratore e scienziato. Partecipò ad un programma scientifico nel 1975, organizzato da Ardito Desio e dal suo collega geofisico Antonio Marussi. Aveva lo scopo di misurare la “profondità” dei massimi rilievi del globo: è noto infatti che le montagne galleggiano come degli iceberg sul mantello terrestre e misurò la massima profondità (circa 100 Km) in corrispondenza al Nanga Parbat, il colosso himalaiano più meridionale. Il risultato fu raggiunto con prospezioni geofisiche, in collaborazione con russi e pachistani. Qualche anno dopo Maurizio Gaetani prese la leadership delle ricerche in Himalaya guidando una spedizione nella valle dello Zanskar, affluente dell’Indo, con due mesi di alta quota. Nel 1986 si spostò sul Karakorum, guidando ben 11 spedizioni (comprese quelle in Himalaya), affermandosi come il massimo specialista della Geologia di queste catene, con numerosissime pubblicazioni. A lui fu affidata la guida di una escursione geologica himalayana in connessione con l’International Geological Congress, cui parteciparono geologi stranieri di grande fama. In pensione dal 2005, tenne la “Lectio magistralis” sul Paleozoico di quella catena, illustrando la conferenza con magnifiche foto. In 202

La Nostra Storia


quell’occasione i suoi studenti lo festeggiarono mettendo in risalto la sua figura di docente, che ha applicato la massima di Plutarco: insegnare non significa riempire un vaso ma accendere un fuoco. [tratto da un’articolo di R. Casnedi pubblicato su La Traccia n.109]

La Nostra Storia

203


Corollario SEM della storia di Ettore Castiglioni | 1994-2019 a cura di Gianfranco “Jeff” Fava

L’avvincente storia “privata” dell’intensa esistenza di Ettore Castiglioni, interrotta drammaticamente a soli 35 anni (12/03/1944), è stata svelata dai suoi diari celati per riservatezza caratteriale dell’Autore. Quasi un’autobiografia, consegnata alla “Stampa” per la pubblicazione a cura di M. A. Ferrari con il titolo “Il Giorno delle Mesules” - Edizioni l’Arciere / Vivalda Editori, nell’immediata prossimità della celebrazione del 50° anniversario della Sua scomparsa. Manifestazione promossa dal “Gruppo Alpinistico Val d’Illasi” di Tregnago, affiliato alla Sezione del CAI “Lessinia” di Bosco Chiesanuova, e con il patrocinio degli Enti locali. Ettore Castiglioni aveva un particolare legame con Tregnago, eletto a suo primo rifugio nella casa di campagna che la famiglia possiede ancora. Poche settimane prima della morte scrisse in uno dei suoi diari: “La mia patria è tra i monti, la mia casa a Tregnago, a cui sono legato da tanti affetti e da tanti ricordi; unico punto fermo della mia vita tanto randagia e irrequieta, ove son certo di potermi sempre ritrovare anche nei momenti di maggiore smarrimento, è la cappella dove riposano i miei genitori.”, ed è lì che riposano le sue Spoglie. A questa iniziativa fu invitato l’allora Presidente Generale del CAI Roberto De Martin, che non potendo partecipare ne delegò il Segretario Generale del CAI in carica, Giuseppe (Pino) Marcandalli, che era anche Presidente pro-tempore della SEM. In virtù di questa fortunosa circostanza, la SEM poté ricordare il suo Socio con una testimonianza storica, pubblicata anche da “La Rivista del CAI” sul N. 10/94 con diverse altre relative. Ciò nonostante sul finire del suo mandato in SEM, nel 1999, Giuseppe Marcandalli riservò personalmente il materiale della sua ricerca allo scrivente, suo successore, forse un testimone per conoscenza intellettuale ma che rimase nell’oblio per quasi due lustri. 204

La Nostra Storia


Poi nell’ottobre 2008 è apparsa su “Lo Scarpone” la comunicazione dell’inaugurazione della mostra “Ettore e Bruno Castiglioni - due Fratelli e la Montagna”, organizzata a Belluno dal 03 al 19 ottobre 2008 dalla “Fondazione Giovanni Angelini - Centro Studi sulla Montagna”, per il centenario della nascita di Ettore Castiglioni, facendo così emergere quella documentazione e scoccare la scintilla della pubblicazione rieditata su “La Traccia”, notiziario SEM del novembre 2008. Successivamente, nell’agosto 2009 e sempre “Lo Scarpone”, pubblicò l’annuncio che la Sezione CAI di Tregnago (evoluzione del Gruppo Alpinistico Val d’Illasi), organizzava una mostra/convegno per la celebrazione del decennale della propria costituzione col nome di “Ettore Castiglioni”, congiuntamente alla celebrazione del Suo precedente centenario della nascita. Coincidenza di eventi che la SEM non ha perso, rinnovandone l’interessamento con la proposta di partecipare alla manifestazione con l’edizione d’una prima modesta monografia dell’illustre Socio: “Ricordo nel centenario della nascita (1908 - 2008)”. Proposta che riscosse attrattiva e compiacimento, anche per il nesso con lo scomparso past-President Giuseppe Marcandalli, che si è tramutato in entusiasmo per la possibile presenza del figlio di Elvezio Bozzoli Parasacchi, Lorenzo, venerando Socio SEM che fu testimone di significativi e toccanti ricordi giovanili delle ultime dolorose vicende di Ettore Castiglioni. E il fervore è sfociato in commozione quando, durante la manifestazione, Lorenzo donò alla Sezione una piccola borraccia d’argento con dedica, che suo padre con altri semini amici e compagni di scalate regalarono a Ettore Castiglioni, e che il fratello Manlio ha poi ritornato in segno di riconoscenza per la particolare partecipazione e dedizione alle vane ricerche dello scomparso. Ma il fermento delle celebrazioni continua anche in altri ambiti, non CAI, quando finalmente in SEM matura l’iniziativa di dedicare la propria Biblioteca a “Ettore Castiglioni ”, per ricordarlo nel tempo indeterminato. Avvenne nella serata del 30 aprile 2010 che si è aperta con i brevissimi saluti di Roberto, Presidente SEM, e poi Enrico Barbanotti, responsabile della Biblioteca, ne ha tracciato per sommi capi la storia: dai resoconti de “Le Prealpi”, il notiziario SEM di inizio ‘900, alle collezioni di volumi e riviste vecchie nuove, fino ai film in DVD. Anche Ugo Gianazza, coadiutore, ha brillantemente indicato le motivazioni della dedica, certamente legate all’appartenenza al sodalizio ed alla figura di grande alpinista, ma anche e soprattutto all’opera di scrittore e divulgatore, di grande precisione e sensibilità. Con questa cerimonia la SEM si è quindi riconosciuta nella La Nostra Storia

205


personalità poliedrica di Ettore Castiglioni, per la sua ricchezza di sfaccettature e d’interessi molteplici. La Sezione del CAI di Tregnago, a lui intitolata, ha inviato un contributo scritto, non potendo presenziare alla cerimonia. Ai lati del palco furono esposti i pannelli della mostra appositamente allestita per ripercorrere l’esistenza di Castiglioni, con fotografie (alcune provenienti dall’archivio della famiglia Bozzoli Parasacchi rappresentata dal capostipite Lorenzo) e lettere inedite: una proveniente dall’archivio di Angelo Recalcati e due avute dall’archivio del CAI Milano al quale Ettore fu associato, ed anche con la riproduzione di una mostra sull’ultimo periodo di vita dell’alpinista che il “Centro di vacanze e formazione” di Salecina (CH) ha concesso. Inoltre “La Traccia” ha rielaborato e ripubblicato la prima monografia citata. L’eco della visibilità di questa manifestazione ha consentito di ricevere l’invito di partecipare, il 9 luglio 2011, al Convegno “Ettore Castiglioni – Protagonista sulle Dolomiti”, organizzato dal CAI Auronzo presso la sala Consiliare del Comune di Auronzo ed all’inaugurazione, presso il Palazzo Corte Metto, della medesima Mostra Fotografica “Ettore e Bruno Castiglioni, due fratelli e la montagna” sopracitata. Anche per questa occasione “La Traccia” ha rielaborato e ripubblicato la prima monografia citata. L’iniziativa della manifestazione è stata di Beppe Monti Fabbro, gestore del rifugio Giosuè Carducci del CAI Auronzo, che chiese anche la collaborazione della SEM per l’allestimento di un’altra mostra in rifugio, come anteprima dell’inaugurazione di una palestra di roccia, in prossimità dello stesso e dedicata ad Ettore Castiglioni, avendone scoperto la sua notevole attività alpinistica svolta in loco. Iniziativa encomiabile che la SEM accolse da subito destando l’estro di celebrare nuovamente l’insigne Socio, coadiuvando il merito ed il risultato dell’impresa con la raccolta della stesura originale, pubblicata sul Bollettino1946 del Club Alpino Italiano (oggi CAAI), delle relazioni di prima ascensione effettuate da Ettore Castiglioni sul Gruppo della Croda dei Tóni. Così prese forma una monografia dedicata con anche delle immagini, per favorirne la conoscenza, facilitarne la consultazione e la fruizione sul campo d’azione. Un progetto che non poteva mancare di essere impreziosito da corpose e precise note culturali sulla Croda dei Tóni quali: storia, geologia e relativa bibliografia, così come non potevano mancare delle belle immagini di appositi scatti altamente professionali. L’edizione col titolo “Ettore Castiglioni alla Croda dei Tóni” venne distribuita ai convenuti dell’inaugurazione, ed il successo ottenuto comportò diverse ristampe per soddisfare le richieste degli assidui avventori del Rifugio.

206

La Nostra Storia


Con l’approssimarsi del settantesimo anniversario della scomparsa, due proposte si affacciarono alla SEM, entrambe nella seconda metà del 2013 e molto interessanti: la prima alla fine di agosto e la seconda alla metà di dicembre. Due possibilità inedite che la SEM non ha trascurato, rendendosi disponibile a collaborare per il possibile approfondimento e l’eventuale successivo supporto alla realizzazione. Nell’ordine d’arrivo, quella di Paolo Cirillo, alpinista per passione e ricercatore per curiosità, era relativa alla georeferenziazione del luogo di ritrovamento della salma di Ettore, già pronta per essere pubblicizzata. Questo è stato il significativo approccio di Paolo Cirillo con la SEM, ed avendone ottenuto l’apprezzamento, mostra un’altra ricerca che ha percorso a ritroso la cronologia delle vicende che hanno segnato la vita di Castiglioni: “8 settembre 1943, la permanenza ad Ollomont e poi all’Alpe Berio”. Mentre quella di Andrea Azzetti, filmaker per professione, meno avventurosa ma non meno significativa e d’impegno ambizioso, soprattutto per quello economico, che in prima battuta non fu risolto minimamente dal Centro Cinematografico del CAI. Proposta relativa alla realizzazione di un “filmdocumentario sull’alpinista Ettore Castiglioni”, chiedendone il patrocinio. Entrambe queste iniziative, sono approdate alla SEM dopo che non ne è stata ottenuta l’attenzione degli ambiti specifici ma, nell’attesa di approfondire i relativi progetti, i propositi della SEM si volsero alle manifestazioni per il settantesimo anniversario della morte di Ettore Castiglioni, che nel 2014 sono state cronologicamente: _ 12 giugno: Sede CAI-SEM – Convegno “Un Alpinista Tre Confini - Narrazione corale a 70 anni dalla Morte”, Patrocinato dal Consiglio di Zona 1 del Comune di Milano, presentato da Lorenzo Dotti per l’esposizione di Gianfranco Fava (Jeff) con la dia-proiezione contestuale di Enrico Barbanotti, e per gli interventi di: Andrea Azzetti (Regista), Paolo Cirillo (Alpinista e poeta e voce narrante per l’occasione), Marco Albino Ferrari (Scrittore e giornalista), Roberto Piccoli (CAI Tregnago - VR), Ferdinando Rollando (Guida Alpina VdA), e con la partecipazione del CAI e delle Istituzioni della Valmalenco. Invitati speciali: Vincenzo Torti (allora Vice Presidente Generale CAI), Piero Carlesi (Presidente Centro Cinematografico del CAI, Segretario GISM, Funzionario TCI, Consigliere CAI MI, di questi ultimi, salvo che per il primo, ambiti in cui è stato attivo Ettore Castiglioni). Significativi i Loro interventi ed in particolare quello del “Regista”, dopo la proiezione del trailer del docu-film, che al suo termine è stato invitato ad esporre anche le difficoltà incontrate per avere l’attenzione del CAI. La reazione degli “Interessati” presenti è stata immediata per un incontro propositivo nelle Sedi preposte (1). Poi il momento clou dell’ammirevole serata: Paolo Cirillo, con un suggestivo La Nostra Storia

207


Ettore Castiglioni

208

La Nostra Storia


fondo musicale, ha recitato la sua composizione dedicata a Ettore Castiglioni. Non è mancata la mostra allestita dalla Biblioteca SEM “Ettore Castiglioni”, magistralmente arricchita dall’inedita documentazione militare del Sottotenente Ettore Castiglioni. _ 30 agosto: Mostra ospitata dalla Truna di Chiareggio e Conferenza ospitata dalla Teca di Chiesa Valmalenco, sulla traccia della precedente del 12 giugno, in collaborazione delle Sezioni CAI di Valmalenco, Tregnago e dell’Associazione Amici di Chiareggio - “Ettore Castiglioni il fuggiasco del Passo del Forno - Ricordo del grande alpinista e scrittore a 70 anni dalla morte”. _ 06 settembre: Passo del Forno (2560 m) Alpi Retiche - Escursione sul luogo in cui fu trovato il corpo di Ettore Castiglioni, preceduta da un intervento effettuato il 16 luglio da Paolo Cirillo con due Semini, per appendere un chiodo con stampigliato il nome e la data della scomparsa. _ 07 settembre: partecipazione alla tradizionale cerimonia del CAI Valmalenco, che la prima domenica di settembre ricorda i caduti della Montagna all’Alpe Ventina, con una Messa di fronte alla Cappella dove, nella circostanza, è stata posta anche la Targa Ricordo di Ettore Castiglioni. _ 20 - 21 settembre: Fenêtre Durand (2803 m) Alpi Pennine Escursione “Sulle tracce di Ettore Castiglioni e Luigi Enaudi”. Inoltre, sempre in questo comprensorio e per Ettore Castiglioni, la SEM ha proposto all’Editore “BENO di Benedetti Enrico” la pubblicazione, sulla propria rivista locale “Le Montagne Divertenti”, di un peculiare articolo affidato agli autori “Eliana e Nemo Canetta”, ai quali ed all’Editore, si rivolgono i fervidi ringraziamenti per il magnifico risultato pubblicato sul N° 32 della primavera 2015. Rinvigoritosi l’eco con le ultime manifestazioni, sul finire dell’estate il Cai Parma ci ha contattato per chiedere la nostra disponibilità ad organizzarne un’altra a fine ottobre, in occasione della dedica di un Parco Comunale ad Ettore Castiglioni. Un’opportunità ideale per concludere in crescendo il 70°anniversario, ed in breve tempo vengono concordate tutte le componenti compresa la disponibilità dei partecipanti. Purtroppo il meteo si è messo di traverso, ed a causa della devastante inondazione di Parma il programma è stato rimandato a data da destinarsi. Nel contempo, a parziale consolazione, giunse la notizia della conclusione positiva degli accordi per la contribuzione del CAI al progetto di produzione del docufilm: “Oltre il Confine, la Storia di Ettore Castiglioni” e le prime riprese iniziarono tra giugno e luglio 2015. (1)

La promessa è stata mantenuta e l’incontro risolutivo è avvenuto l’8 luglio presso la Sede Centrale del CAI, per la concessione del patrocinio oneroso. La SEM ha doverosamente presenziato, ma anche per autonoma richiesta degli interessati.

La Nostra Storia

209


All’inizio di primavera 2016 il CAI Sezione di Parma ed il Comune di Parma hanno rinnovato la precedente proposta, ed il 23 aprile 2016 nel quartiere Montanara di Parma si è svolta la cerimonia di inaugurazione del Parco comunale dedicato a “Ettore Castiglioni”. Hanno partecipato l’Istituto Storico della Resistenza di Parma, l’Associazione Nazionale Alpini Sezione di Parma, il CAI Sez. Tregnago (Verona), il CAI Sez. SEM di Milano, l’Associazione Montanara Insieme, l’Istituto Comprensivo Salvo D’Acquisto, Radi Officina Web Radio, il Centro Giovani Montanara. Nell’occasione sono stati organizzati: - un convegno dal titolo “Ettore Castiglioni - Alpinista, scrittore, partigiano” svoltosi il 23 aprile in mattinata al Cinema Edison, con gli interventi di: Fabrizio Russo (CAI Parma), Laura Maria Ferraris (Assessore Comune Parma), Marco Minardi (Istituto Storico della Resistenza), Lorenzo Dotti (CAI-SEM), Gianfranco Fava (CAI- SEM), Roberto Piccoli (CAI Sezione “Ettore Castiglioni” di Tregnago - Verona), Alessandro Tutino (nipote di Ettore Castiglioni), alcune classi medie dell’Istituto Comprensivo Salvo D’Acquisto, Andrea Azzetti (regista film documentario su Castiglioni), Paolo Cirillo (CAI Ligure), Marco Albino Ferrari (autore di diverse pubblicazioni a tema Ettore Castiglioni e Direttore della rivista Meridiani Montagne); - una mostra dedicata a Ettore Castiglioni, realizzata dalla Biblioteca “Ettore Castiglioni” CAI-SEM e dal CAI Tregnago, esposta - presso il Centro Giovani Montanara - dal 18 al 29 aprile; - attività didattiche presso l’Istituto Comprensivo Salvo D’Acquisto e un incontro delle classi con Marco Albino Ferrari, il 22 aprile; - una caccia al tesoro “Sulle tracce di Castiglioni” - Bibliomondo Famiglie volontarie e classi elementari dell’Istituto Salvo D’acquisto, il 22 aprile. Alla manifestazione non è mancata una edizione speciale de La Traccia per la monografia “Ettore Castiglioni – una vita di alpinismo”, oltre alla successiva pubblicazione digitale delle poesie e diario della classe 3aB - Scuola Secondaria di 1° Grado “Salvo D’Acquisto”. Sempre nel 2016, un’altra dedicazione di pubblica benemerenza a Ettore Castiglioni. Il 6 maggio in località Solaro (MI) nel “Bosco dei Giusti”, sito nel Parco delle Groane, le Associazioni “Senza Confini” e “Gariwo” hanno organizzato una manifestazione, per la messa a dimora di tre querce in ricordo di Tre “Giusti” identificati da un cippo granitico con targa. La Sezione CAI di Seveso (MI) cogliendo l’occasione condivisa dalla SEM, ha chiesto ed ottenuto d’inserire nel novero dei celebrati anche il nome di Ettore Castiglioni, predisponendo un cippo similare appositamente personalizzato, scoperto dai rappresentanti delle due Sezioni CAI proponenti. 210

La Nostra Storia


Ettore Castiglioni tra i “Giusti Del Monte Stella” - Milano Il 6 marzo 2017 si è tenuta in Milano a Palazzo Marino la relativa cerimonia alla presenza dei media e delle autorità. Con la speranza che il suo nome possa anche essere unito ai “Giusti tra le Nazioni”, che si trovano “esclusivamente” nel giardino Yad Vashem di Gerusalemme. Ne diede notizia Tito De Luca (GISM) in un articolo dal titolo <La comprensione è amore: Castiglioni fra i “Giusti”>, sul numero di maggio 2017 di Montagne360, che ripercorre le tappe fondamentali della vita dell’alpinista/scrittore (2). In compenso è stato conseguito un importante traguardo per il docu-film “Oltre il confine, la storia di Ettore Castiglioni” per il quale la SEM ha sostenuto il determinante ruolo per l’ottenimento del patrocinio CAI, con il fondamentale contributo del “Centro di Cinematografia e Cineteca”. Sabato 6 maggio 2017, presso il Castello del Buonconsiglio di Trento si è tenuta la cerimonia di premiazione della 65° edizione del Trento Film Festival, una delle manifestazione internazionali più importanti e prestigiose nell’ambito del cinema di montagna e dell’avventura. Tra i premi speciali è stato assegnato il Premio Città di Imola (dal 2007 al miglior film italiano) al film “Oltre il confine, la storia di Ettore Castiglioni” di Federico Massa e Andrea Azzetti, dalla giuria presieduta da Reinhold Messner e composta da Roberto De Martin (presidente del Trento Film Festival), Valter Galavotti, Roberto Paoletti, Giuseppe Savini e Mauro Bartoli. Ancora la sezione del CAI di Tregnago “Ettore Castiglioni” è stata protagonista; ed il 25 aprile 2018 inaugura la posa di un Cippo, ricavato dalla roccia locale, nella piazza Municipale in occasione del 110° anniversario della nascita. Anche in questa occasione la SEM è stata debitamente rappresentata. Nel contempo è stato ultimato l’iter per la proiezione pubblica del docu-film “Oltre il Confine La storia di Ettore Castiglioni”, che è avvenuta a Milano il 04 giugno 2018 nella sala ampia e prestigiosa dello Spazio Oberdan, alla presenza dei registi Andrea Azzetti e Federico Massa, dello scrittore Marco Albino Ferrari, dello sceneggiatore Gerassimos Valenti e del produttore Giuliano Torghele. Un traguardo che chiude il cerchio sulla linea d’avvio esecutivo del progetto, nel 2014, che in un anno aveva già totalizzato otto prestigiosi premi e riconoscimenti in tutti i “festival” nazionali ed internazionali partecipati. La SEM non ha perso l’occasione di (2) La SEM non ha potuto partecipare perché non ne è stata coinvolta, pur avendo avuto nel 2014 il Patrocinio del Consiglio di Zona 1 per la manifestazione del 2014 che precede. Inoltre, nel 2010, la biblioteca della SEM è stata pubblicamente denominata “Biblioteca Ettore Castiglioni”, che appartiene al CAISiDoc - Sistema Documentario del Club Alpino Italiano; ed è iscritta con il Codice ISIL: IT-MI1995 all’Anagrafe delle Biblioteche Italiane.

La Nostra Storia

211


La scultura ‘Modarc’ di Barbara Tutino, sita all’alpe Thoules m. 2380

212

La Nostra Storia


corredare e distribuire ai numerosi presenti un volantino - programma con note informative sul Personaggio protagonista. Le celebrazioni per il 110° anniversario della nascita di Ettore Castiglioni si conclusero l’11 Agosto 2018 a Ollomont, ove la SEM non ha purtroppo potuto partecipare per l’insufficiente tempo di preavviso. Un vero peccato perché l’iniziativa partita timidamente con un programma sui generis, si è poi concretizzata con la partecipazione di alcuni eredi Castiglioni, degli eredi Pagliani - Peyronel e di 14 componenti di tre famiglie Macchietto; questi ultimi tre capostipiti sono stati personaggi molto importanti per Ettore Castiglioni. A coronare il successo della manifestazione ci ha pensato Paolo Cirillo, che nella relazione richiesta dalla SEM e pubblicata su La Traccia scrisse: “[...] Dovrò essere più attento e discreto, per loro è un momento speciale, per me un’altra occasione per riflettere e conoscere. Spiego a loro perché sono io ad accompagnarli, come ho incrociato la storia di Ettore, quando sono uscito dalla parete grazie ai suoi vecchi chiodi, perché ho voluto riscoprire il luogo dove ci lasciò per sempre, entrando nel mito. [...]”. Per l’occasione, la scultrice Barbara Tutino figlia di Saverio e pronipote di Ettore Castiglioni, ha realizzato due sculture in acciaio corten: una piana che simboleggia delle figure umane con dedica ad Ettore e posata al Berio Desot 1719 m, e l’altra ad arco ‘Modarc’ posta poco prima dell’alpe Thoules 2380 m verso la Fenêtre Durand. Questa rassegna, si conclude con la partecipazione attiva della SEM alla manifestazione “Montagne di Libertà” organizzata il 24 - 25 agosto 2019, per il 75° anniversario della morte di Ettore Castiglioni. La celebrazione è avvenuta logisticamente in due fasi nei Comuni di Amblar e di Romeno, adiacenti a “Ruffrè Mendola” dove è nato, al tempo “Ruffrè”, conseguentemente al deprecabile conflitto ideologico instauratasi nell’anno precedente, con il boicottaggio di un’iniziativa similare costretta a rinchiudersi in un giardino privato di “Ruffrè Mendola”. L’importante peculiarità di questa Celebrazione, ben pensata dai lungimiranti promotori: “Associazione la Storia Siamo Noi”, “Coro San Romedio” e dal “Pasionario” ideatore dominante Paolo Vita, è stata di imprimere all’evento anche una finalità Sociale con la donazione di fondi per opere benefiche. Questa è la prima iniziativa del genere in un quarto di secolo di eventi per Ettore Castiglioni, che è auspicabile sia ripetuta nelle tante altre a venire per assumere ed esprimerne l’ulteriore valore umanitario. Nella fattispecie la beneficiaria preposta: “Onlus Giuliano De Marchi per il Nepal”, è stata presentata dall’Accademico del CAI Sergio Martini, amico e compagno di ascensioni di Giuliano De Marchi, che ha poi invitata la vedova Simonetta Civran a dettagliare le attività associative. La Nostra Storia

213


Duplici affinità tra Ettore Castiglioni e Giuliano De Marchi, entrambi affascinati e con la passione per la montagna ed aventi il riconoscimento di Accademici del CAI, oltre alle coincidenti celebrazioni di anniversario dalla scomparsa, nonché per la generosità di rischiare la propria incolumità per preservare quella degli altri. Valore prevalente in Ettore Castiglioni negli ultimi sei mesi della sua vita che, per le tragiche mutazioni della guerra dopo l’armistizio, ha sacrificato l’infinita passione per la montagna alla necessità di salvaguardare le persone a lui vicine, le cui conseguenze lo hanno poi condotto al sacrificio inconsapevole ed improvviso della vita. Ma un’altra ricorrenza si è intrecciata a queste: il CAI Sezione “Ettore Castiglioni” di Tregnago nel 20° anniversario della sua costituzione, ha partecipato con 38 Soci all’escursione programmata per l’evento, partendo dal Passo Mendola e passando dalla Malga Romeno per salire al monte Roen - m 2104: un gruppo direttamente per l’itinerario escursionistico ed un altro per la Ferrata Mendola al Roen transitando dal Rifugio Oltradige. Mentre ciò avveniva, in un grande spiazzo prativo suddiviso in più piani e adiacente alla citata Malga, fervevano i preparativi per la riunione conviviale successiva al Concerto del “Coro San Romedio”, le cui pregevoli esibizioni sono state intercalate dagli interventi che precedono e di altri significativi, tra i quali quello della SAT di Fondo, nonché da letture di testi estrapolati dai diari di Ettore Castiglioni e di testimonianze varie. Tutte le sinergie approntate per la migliore riuscita della manifestazione sono state molto efficienti, ma è doveroso evidenziare la versatilità dei componenti il Coro, che dopo i graditi canti si sono prodigati per la distribuzione delle gradite vivande, ma non solo, hanno anche provveduto al riassetto ambientale alla fine del convivio. Esemplare volontarismo che ha consentito alla “Onlus” di beneficiare del contributo di € 600,00, risultante dal ricavato della ristorazione (più di 130 coperti) dedotte le spese vive. E’ curioso ma significativo che tutto questo sia stato ispirato da Paolo Vita, alla ricerca estenuante di amplificare l’attrattiva della sua terra valorizzandone l’interesse storico ed intellettuale, ed accomunato ad Ettore Castiglioni solo per il luogo di nascita. Con questa ostinata finalità ha potuto ottenere il patrocinio dei citati Comuni, ma anche la concessione della Sala Polifunzionale di Amblar per la proiezione presentata dall’”Associazione la Storia Siamo Noi”, del docufilm “Oltre il Confine La storia di Ettore Castiglioni”. Serata partecipata da poco meno di un centinaio di convenuti ai quali la SEM ha riservato la Monografia “Ettore Castiglioni - Una Vita di Alpinismo” edizione speciale de La Traccia. Gli altri patrocini ottenuti sono stati: La Sezione CAI-SAT di Fondo (BZ), La Sezione CAI “Ettore Castiglioni” di Tregnago (VR), L’Onlus Giuliano De Marchi per il Nepal, La Proloco Romeno, La Ciaspolad, Il Birrificio Artigianale Trentino. 214

La Nostra Storia


Potendo ruotare in senso antiorario la ruota del tempo fino al 1994 per mostrare la presente, il past President della SEM Giuseppe (Pino) Marcandalli, che di fatto ne ha formulato l’inizio, esclamerebbe: “Excelsior - Avanti Sempre Così”

Ritratto di Ettore Castiglioni

La Nostra Storia

215


La storia delle sedi della SEM a cura di Gianfranco “Jeff” Fava e Roberto Crespi

La SEM fin dalla sua nascita ha sempre avuto una sede sociale in Milano. La sede, luogo d’incontro dei soci ha sempre avuto una grande importanza. Deve essere collocata in zona centrale, facilmente raggiungibile con i mezzi pubblici. Deve avere una dimensione adeguata alle attività che ci si svolgono, con una grande sala conferenze, è la nostra seconda casa dove incontriamo gli amici e come tale deve essere accogliente. Deve essere dignitosa per far bella figura quando riceviamo visite da ospiti. Abbiamo raccolto qui le notizie riguardanti le sedi passate raccolte da Jeff Fava. La sede dei Gambabona La prima sede dei Gambabona (i Precursori della SEM) consistette in una “...modesta cameretta al secondo piano di una casa di via S. Fermo 11...” affittata da Giuseppe Tagliabue, ma a causa dell’esuberanza dei Gambabonini venne trasferita in via Panfilo Castaldi 2: “Un grande locale, al pian terreno, nel quale si poteva fare ginnastica e attrezzare un bar.” Dove la “Società” cessò l’attività nel 1891. Le sedi SEM Successivamente e dopo pochi mesi si costituì la Società Escursionisti Milanesi che si insediò in via Del Pesce 12, per cambiare poi in piazza Del Carmine nel 1893. Dal 1894 la SEM si trasferì in piazza S. Simpliciano e quindi in via S. Pietro dell’Orto nel 1910. Di quest’ultima e della successiva di via Piatti, 8 nel 1933 ne fanno 216

La Nostra Storia


menzione ‘Le Prealpi’. Mentre di via Zebedia, 9 si ha una testimonianza di Gianluigi Cielo su ‘La Traccia’. “Sovente mi capita di passare per Piazza S. Alessandro e Via Zebedia. A pensarci bene alle volte allungo il percorso appunto per passare in quelle zone così cariche di bei ricordi. La piazza S. Alessandro e precisamente sulle gradinate della chiesa avvenivano gli incontri di noi giovani per programmare gli itinerari alpinistici oppure le accanite discussioni dei gruppi dissenzienti che accusavano il Consiglio della SEM di essere più orientato alla manutenzione dei rifugi piuttosto che curarsi delle esigenze dei giovani. D’altronde in quegli anni era veramente pesante la gestione dei quattro rifugi: Zappa - Zamboni, SEM Cavalletti, Mario Tedeschi, Omio e le preoccupazioni assorbivano in pieno l’attività consigliare. A pochi passi al n°9 di Via Zebedia ti dava accesso alla sede situata al primo piano. Le riunioni avvenivano al martedì e al venerdì (a quei tempi tutti lavoravano al sabato mattino e le gite partivano dopo le 14) e la sede pur di una certa capienza sovente era in crisi di spazio da tanti soci la frequentavano. Il locale d’ingresso era monopolio dei giovani che in seguito alla loro vociante allegria, nelle serate di Consiglio creavano rimostranze e venivano invitati alla moderazione. Primo locale a destra era adibito appunto alle riunioni di Consiglio ed alla ordinatissima biblioteca tenuta da Attilio Melli con una tal precisione da far invidia ad un bibliotecario professionista. Come entravi ti sentivi soggiogato da un religioso silenzio, era un angolo completamente diverso dal bailamme che lo circondava. Nelle riunioni del Consiglio dovevi programmare anticipatamente l’argomento che ti interessava altrimenti come consigliere non avevi la parola anche su problemi importanti. Il secondo locale a destra era riservato ai Naturalisti che s’incontravano il lunedì sera. Mobili e vetrinette contenenti minerali e fossili tutti ben ordinati con le debite etichette recanti il nome e la categoria di appartenenza. Alle pareti qualche animale imbalsamato oltre a coppe e trofei della SEM riposti nelle ampie vetrine armadio. Qui si parlava di flora, geologia, mineralogia, zoologia ecc. ecc. Di fronte all’ingresso non poteva mancare la segreteria tenuta dal Torri, anche lui, come gli attuali tesorieri passava sempre le serate in quei pochi metri quadrati comparendo fugacemente in mezzo al gruppo per salutare qualcuno. A sinistra dell’ingresso si trovava il salone: luogo centrale delle riunioni; locale che a malapena conteneva i numerosi soci, nonostante le sue ampie dimensioni. Luogo di assemblee, serate danzanti, pranzetti sociali, esposizioni di fotografie. In fondo al salone troneggiava un vecchio bancone da bar, ma quello non l’ho mai visto funzionare: non c’erano bicchieri e neppure bottiglie: gli scaffali erano completamente vuoti. La Nostra Storia

217


Dietro al bancone, tramite una porticina semi nascosta si entrava in un localino angusto tutto pieno di fornelli, pentole piatti e bicchieri il tutto a disposizione per le serate culinarie gestite, come dicevo prima, da volonterose socie con la collaborazione delle simpatiche signorine. Verso le ore 23 si formava il gruppo del dopo SEM detto anche” SEM bis “ (società enologica milanese) che partiva alla volta del Cantinone Valpetrosa, oppure Dalverme, Scofone, Retorbido, Morigi terminando la serata dietro un buon bicchiere di vino e canti a più voci con tono sommesso e guai a chi stonava. Ciao Via Zebedia 9, la nostalgia, i bei ricordi, le belle serate dopotutto sono cose che essenzialmente ricordano la mia giovinezza. Gianluigi Cielo” Le sedi SEM più recenti Dalla seconda metà del secolo scorso la SEM si trasferì in locali affittati dal Comune di Milano con ingresso in via Ugo Foscolo, 3 e finestre orientate sull’ottagono della Galleria Vittorio Emanuele II. La sede di via Ugo Foscolo era sicuramente prestigiosa ma con pregi e difetti: la posizione centralissima era sicuramente un pregio ma essendo praticamente un appartamento al quinto piano non aveva un salone grande e non permetteva attività pratiche tanto chieste dai vari corsi che si stavano inventando. Siamo rimasti in quella sede dal 1953 al 2005, più di 50 anni! Negli ultimi anni avevamo ricevuto lo sfratto dal Comune per motivi di ristrutturazione di tutti gli appartamenti del lato destro della Galleria e assieme a funzionari del comune ci fu la ricerca di una possibile nuova sede che rispettasse le nostre esigenze. La ricerca durò tre anni ci portò finalmente in una nuova sede accogliente e pratica, dotata addirittura di un giardino: l’ex Casello Daziario di Porta Volta lato destro. Come per Ugo Foscolo il Comune ci affittò i locali con affitto agevolato per le associazioni, ma con l’onere di una pesante ristrutturazione che fu portata a termine dai soci. Lasciamo la Galleria Cos’è la Sede per un’associazione, cosa rappresenta per la nostra Società Escursionisti Milanesi?? È il luogo dove immagazzinare il materiale tecnico per i corsi e per le attività. È il posto dove abbiamo archiviato i libri acquistati nel corso degli anni e li prestiamo ai soci. Sono i locali 218

La Nostra Storia


Documento che testimonia l’inaugurazione della sede di via S. Pietro dell’Orto - 1910

La Nostra Storia

219


Articolo sulla rivista ‘Le Prealpi’ per l’inaugurazione della sede di via S. Pietro dell’Orto - 1910

220

La Nostra Storia


dove tenere le lezioni teoriche per i corsi, dove tenere le conferenze, le presentazioni, le proiezioni di diapositive. È la segreteria dove rinnoviamo l’iscrizione al CAI, dove organizziamo le gite... è tutto questo ma non solo questo. Per prima cosa la sede è l’immagine esteriore dell’associazione, è quella che dà la prima impressione, quella che presentiamo a chi viene a trovarci a chi si iscrive per la prima volta, a chi frequenta raramente e non entra nel giro degli abitudinari per i quali invece, sicuramente l’aspetto della sede passa in secondo piano, sostituito dalla certezza di incontrarvi degli amici, di passare qualche ora chiacchierando e scherzando. Appunto questo, secondo me è la sede, il luogo dove incontrare gli amici, dove progettare le attività che ci piacciono assieme ad altri che condividono le nostre stesse passioni, dove rivedere i momenti lieti passati assieme. Dal 1953 la SEM si è insediata nei locali attuali Via Ugo Foscolo, 3 al quinto piano, quarto per l’ascensore, con vista verso l’interno della Galleria Vittorio Emanuele II. Per tantissimi anni abbiamo abitato sopra il salotto di Milano, da lassù abbiamo potuto vedere i cambiamenti della nostra città e in particolare della Galleria. Il ristorante raffinato sotto di noi è stato sostituito da un Mc Donalds, alcuni negozi storici sono spariti sostituiti da mega librerie e bar per turisti. Dall’alto abbiamo visto frotte di turisti giapponesi affollare la galleria durante tutto l’anno con i loro sorrisi timidi e le immancabili macchinette fotografiche. Vergognosi turisti nostrani ripetere il rito di calpestare le intimità del toro piastrellate sul pavimento dell’ala che porta a via S. Pellico, cinesi vendere macchinine o foulard per poche lire. L’uscita degli spettatori dalla Scala, qualche “sbandato” che chiede l’elemosina.Per raggiungere la sede abbiamo attraversato Piazza del Duomo, Piazza della Scala, Corso Vittorio Emanuele o via Torino, abbiamo visto il susseguirsi delle continue e instancabili opere di restauro per mantenere la nostra cattedrale quel gioiello che è. Da quando mi sono iscritto alla SEM, sono entrato da quella porta migliaia di volte, ho passato tanto, tantissimo tempo in questi locali, che sono diventati per me una seconda casa. Credo che questi pensieri siano nella testa di molti di noi. Ora stiamo per cambiare indirizzo, ci spostiamo in una zona comunque centrale di Milano, Piazza Baiamonti, un casello della Porta Volta. Potrebbe essere un passaggio critico per l’associazione, alcuni soci forse non gradiranno lo spostamento, altri meno affezionati troveranno scomodo arrivare alla nuova sede. L’abitudine che ci porta il giovedì in U. Foscolo potrebbe essere rotta. Ma la nuova sede è magnifica, per gli spazi interni più che raddoppiati rispetto a quelli che oggi occupiamo ed il giardino: avremo un giardino!!! Piazza Baiamonti è facilmente raggiungibile con la metropolitana, è vicina all’Arena e a Corso Garibaldi. Potremo inventarci La Nostra Storia

221


molti nuovi modi come utilizzare gli spazi, rendendoli più fruibili da tutti noi e mantenere le molte attività che già organizziamo. L’alternativa era lo sfratto senza una garanzia di trovare qualcosa di adatto alle nostre esigenze. Questa nuova sede ha la porta sulla strada, questo ha un significato sia pratico che ideale: potremo integrarci meglio con la città, organizzare manifestazioni veramente aperte a tutti coloro che amano la montagna, gli ambienti incontaminati, l’avventura e anche il ricordo del passato alpinistico e sciistico di Milano. È un momento storico per la SEM e per tutti noi soci che ne siamo l’essenza. È sicuramente un momento di rinnovamento che sono sicuro nessuno di noi vorrà mancare.

222

[articolo di R. Crespi pubblicato su La Traccia n.30]

La Nostra Storia


Vista sulla Galleria Vittorio Emanuele II dalle finestre della sede di via Ugo Foscolo

La Nostra Storia

223


Breve storia dei Caselli di Porta Volta a cura di Francesco e Stefano Ronchi

Il circuito di circa 10 km delle Mura fu commissionato dal governatore “spagnolo” di Milano Ferrante Gonzaga nella seconda metà del ‘500. Nel 1560 nel punto dove inizia via Legnano venne realizzata una delle nuove porte cittadine, che per la forma del bastione di protezione della Pusterla - in un punto strategico non lontano dal sistema difensivo “stellare” del Castello - fu detta Porta Tenaglia. Nel 1571 il nuovo governatore Alfonso de Fonseca Pimentel decise di abbatterla, perché poco utilizzata e di intralcio all’ampliamento del fossato esterno del Castello; tuttavia nella zona aveva fatto in tempo a formarsi un piccolo nucleo abitato di qua e di là delle mura, ed il toponimo rimase. Durante la prima parte della dominazione austrica, agli inizi del XVIII secolo, le Mura ebbero quale funzione principale quella di cinta daziaria; la loro manutenzione era affidata all’ente collettore dei dazi, il Banco di S. Ambrogio. Nell’ottobre 1783 l’ing. Carlo Prada presentò al Banco una nota spese da cui risultava evidente come “L’industriosa malizia de’ Frodatori [del dazio] e de’ Contrabbandieri abbia di nuovo scomposte e annientate le riparazioni [testé] eseguite”. In effetti le autorità non riuscirono mai a reprimere il fenomeno del contrabbando, di cui pure avevano una percezione immediata confrontando l’esiguità del gettito in rapporto al volume di traffico delle merci per le strade cittadine. Era diffuso il sospetto che la destrezza dei contrabbandieri venisse esagerata al fine di coprire gli “arrotondamenti” praticati dagli stessi addetti alle esazioni, nonostante il fatto che casellanti e guardie venivano premiati ad ogni sequestro eseguito. La lotta al contrabbando da parte degli amministratori del Banco ricevette un duro colpo dal dicembre di quello stesso 1783 dall’annuncio del “brillante” conte Firmian, longa manus di Vienna a Milano, che si sarebbero realizzati “Giardini Pubblici nel luogo che era già occupato dal soppresso 224

La Nostra Storia


convento di S. Dionigi verso le mura della città, in poca distanza dal dazio di Porta Orientale “. Nel 1786 una nuova legge riclassificò tutte le strade dei domini asburgici in: Regie, Provinciali, Comunali e Vicinali (cioè di campagna; la manutenzione di queste ultime era a carico dei proprietari terrieri. Le strade di circonvallazione esterna a ridosso delle Mura, lungo le quali sino ad allora avevano vigilato i dazieri del Banco, vennero considerate Provinciali. Questo ente, cronicamente a corto di fondi, ne curò la piantumazione, ma non seppe o non volle impedire che sorgessero nuovi edifici a ridosso delle Mura nei borghi già più densamente urbanizzati. Oltretutto, il territorio immediatamente al di fuori della cinta daziaria venne inglobato in un unico grande Municipio a forma di ciambella, detto “dei Corpi Santi”, la cui principale fonte d’entrata era l’interscambio con la città. Nel 1789 la porzione di bastione tra i giardini di P.ta Orientale e P.ta Comasina venne allargato, pavimentato, e alberato, così da allungare di qualche km il percorso della passeggiata delle carrozze dei nobili. Dall’alto delle Mura, divenute in quel tratto uno dei più animati punti di ritrovo dei milanesi, la vista s’estendeva sino alle Alpi. Interventi napoleonici e austriaci Napoleone Bonaparte, tornato da vincitore a Milano nel 1800 dopo la fortunata battaglia di Marengo, ordinò di smantellare il baluardo a stella e i rivellini che proteggevano il Castello; parte del materiale di recupero servì a costruire l’Arena. Dal 1807 viene creata a Milano, divenuta capitale del Regno Italico, la Commissione d’Ornato: composta da cinque membri, le era attribuito il controllo sull’attività edilizia cittadina, specie la privata. La Commissione si impegnò anche nel riassetto del sistema viario, integrando nello schema radiale ereditato dall’epoca viscontea una maglia di vie larghe e diritte ad andamento principalmente ortogonale. Nel 1810 il borgo di Porta Tenaglia venne collegato con quello di Porta Comasina (e Porta Nuova), andando a formare uno dei sestieri in cui divisa la città, in corrispondenza delle sei porte principali: Romana, Tosa, Orientale, Comasina, Vercellina e Ticinese. Tuttavia, i programmi dell’architetto Antolini per realizzare un nuovo centro amministrativo non furono adottati, perché non prevedevano adeguati incentivi ai privati. Durante la Restaurazione austriaca (1814/1859) l’antico tessuto urbanistico venne in gran parte rinnovato, data la continua crescita della popolazione residente; aumentarono le strade lastricate e vennero introdotti nuovi servizi: l’illuminazione a gas e i trasporti pubblici. Lungo La Nostra Storia

225


Prospetto e pianta del Casello di Porta Volta del 1884 realizzato da C. Beruto

226

La Nostra Storia


le vecchie Mura spagnole, ormai denominate Bastioni, vennero ricostruiti alcuni caselli daziari annessi alle porte (come quelli di P.ta Nuova dell’architetto Zanoia) ed era stato aperto qualche nuovo passaggio ben sorvegliato. Secondo i dati pubblicati da Cesare Cantù in occasione della riunione degli scienziati italiani nel 1844, era stato speso negli ultimi anni un milione e mezzo di lire austriache per la sistemazione dei Bastioni a viali alberati e per dotare i Navigli, all’interno della città, di una ringhiera in granito (al posto della vecchia in legno risalente al 1725); e ben sei milioni per “allineare, allargare, rifognare e lastricare le vie”. Nella Milano postunitaria Anche nel decennio successivo all’Unità d’Italia gli introiti derivanti dal passaggio delle merci attraverso le mura rappresentavano una voce fondamentale del bilancio comunale; quando venne decisa la costruzione di una nuova Stazione Centrale nell’area dell’attuale P.zza Repubblica si preferì realizzare un costoso sottopassaggio di collegamento col Centro storico - il primo tratto dell’attuale via Turati pur di non intaccare i Bastioni. Il progetto fu affidato all’ing. Balzaretti, che nel 1860 aveva già realizzato i giardini di via Palestro. Tuttavia, la situazione cambiò con la costruzione di un’importante opera pubblica esterna ai Bastioni della ex Porta Tenaglia: il Cimitero Monumentale, iniziato alla fine di quel decennio. Va ricordato che il comune di Milano nel 1873 riuscì ad ottenere dal governo l’aggregazione del comune dei Corpi Santi, dov’era in atto uno sviluppo urbanistico impetuoso; questo allargamento dei confini cittadini era la premessa necessaria per il passaggio da una tassazione prevalentemente indiretta (basata sui dazi) ad imposte dirette che andavano a gravare sulle famiglie, in cambio dell’erogazione di servizi quali scuole, ospedali, pubblica illuminazione, acqua potabile, ecc. Questo passaggio fu molto avversato e contrastato da numerosi settori della cittadinanza, e poté essere pienamente applicata solamente profittando della situazione da “stato d’assedio” applicata dal famigerato generale Bava Beccaris per reprimere i moti popolari del 1898. In quel periodo si dibatté a lungo in merito all’opportunità di aprire nuovi varchi nella cinta daziaria, consentendo ad alcuni proprietari di aree un tempo agricole di valorizzare i loro investimenti in periferia. Nel 1876 venne decisa la costruzione (rimanendo all’interno delle mura) di una nuova grande strada rettifila larga 14 metri che partiva dal Largo La Foppa in direzione del nuovo Monumentale; il progetto fu La Nostra Storia

227


affidato all’architetto Cesare Beruto e al suo collega Caimi. Nel luglio 1878 La Società degli Omnibus, interessata allo sviluppo della nuova zona residenziale, aprì una linea di due chilometri e mezzo da Porta Venezia (nome dato alla Porta Orientale in occasione della fine della Restaurazione in onore della citta, in quegli anni appena collegata a Milano tramite ferrovia, rimasta sotto il dominio austriaco) a Porta Tenaglia, sfruttando i viali della Circonvallazione esterna. I terreni prospicenti il nuovo piazzale Baiamonti, sorto lungo la circonvallazione esterna appartenevano a due influenti consiglieri comunali, Giacomo Feltrinelli e Angelo Molteni, i quali fecero pressione perché fosse aperto un nuovo varco, onde consentire un accesso diretto al Monumentale. In quel punto il terreno permeabile rendeva impossibile realizzare un altro sottopasso, quindi nel dicembre 1879 si decise (a malincuore per alcuni) di interrompere la passeggiata dei Bastioni e di affidare al Beruto la costruzione di due nuovi caselli daziari, che entrarono in funzione dal primo dicembre 1880. I progettisti si preoccuparono di abbattere il minor numero possibile di piante sui Bastioni; cercarono di realizzare un’opera filologica richiamandosi alle fortezze cinquecentesche, pur se rimanendo nell’ambito del gusto “eclettico” dominante nel periodo a Milano. L’accesso più monumentale era dall’esterno, tramite due rampe che consentivano il passaggio pedonale nei due tratti alberati del Bastione interrotti dai due caselli, che all’esterno presentano ancor oggi un muro a scarpa di grossi mattoni in bugnato rustico. La nuova cinta daziaria Nel 1884, in previsione di possibili finanziamenti dello Stato analoghi a quelli deliberati l’anno prima per il risanamento di Napoli, venne approntato da Beruto il primo organico Piano Regolatore di Milano, su incarico della Giunta presieduta dal nuovo sindaco Gaetano Negri. Esso prevedeva la realizzazione, ai nuovi confini della città, di una nuova circonvallazione formata da viali paralleli rispetto a quelli della Circonvallazione austriaca. Così, per esempio, ai viali Piave e Premuda avrebbero corrisposto i viali Dei Mille e Piceno; al viale Monte Nero, il viale Umbria, e così via. I nuovi viali avrebbero formato la nuova Cinta daziaria: una cinta di fatto virtuale, sia perché molte delle nuove strade non erano ancora state realizzate, sia perché sarebbe stato impensabile effettuare controlli efficaci su di un territorio tanto vasto. Le indicazioni del piano regolatore a proposito della sorte dei Bastioni vennero solo parzialmente contestate, nel 1885, dal Collegio degli ingegneri milanesi: un’apposita Commissione chiese all’Amministrazione 228

La Nostra Storia


L’ingresso della sede al Casello di Porta Volta

La Nostra Storia

229


di acquisire, magari anche tramite espropri, tutta la vasta fascia allora ancora disponibile rimasta inedificata ai piedi dei bastioni, tra essi e la Circonvallazione già esistente; “Su quell’area si potrà distribuire ed aprire i mercati, i lavatoi ed ogni altro pubblico servizio, distribuendovi per intanto alcuni prati piantumati ed escludendo, almeno momentaneamente, qualsiasi fabbricato d’abitazione, anche se villini”. Leggendo tra le righe del documento, comunque, si comprende come la Commissione non nutrisse grandi speranze al proposito: nella consapevolezza delle forti spese di acquisizione e dotazione dei servizi previsti si proponeva di vendere ai privati una parte delle aree sopra descritte, naturalmente a caro prezzo, perché l’eliminazione dell’antica barriera consentiva un accesso diretto alla Circonvallazione e contemporaneamente ai servizi del Centro. Non bisogna dunque stupirsi del fatto che a partire dall’ultimo ventennio dell’800 venne consentita la realizzazione di palazzi proprio a ridosso delle ormai inutili Mura, specie nelle zone non soggette alla ristrutturazione d’epoca austriaca; l’ultimo atto fu l’effettiva demolizione, avvenuta in varie tappe in quanto ormai non indispensabile: un costo che era meglio diluire nel tempo. Entro la fine del XIX secolo scomparvero i tratti dal Castello a P.ta Vercellina (primo tratto di via Boccaccio; via Carducci) fino alla zona del nuovo carcere di S. Vittore. Nel 1905 fu costruita la scuola femminile “C. Tenca” (Istituto Magistrale) su progetto di Emilio Brotti; lo stesso progettista nel 1907 costruì anche la scuola elementare sita lungo i Bastioni di Porta Volta. Nel 1911, il tratto di mura tra P.ta Ticinese e P.ta Ludovica diventarono i viali Gian Galeazzo, Beatrice d’Este. Pochi anni dopo si distrusse quanto restava intorno ai bastioni di P.ta Genova. Dopo la Grande Guerra, anche per offrire occasioni di lavoro ai disoccupati, vennero eliminati i bastioni tra P.ta Venezia e P.ta Vittoria, e sorsero gli alti eleganti palazzi dei viali Majno e Bianca Maria; nel 1930 il regime fascista decise una profonda ristrutturazione di tutta l’area di P.zza Repubblica (allora P.zza Fiume); nell’occasione venne demolito il tratto da via Manin a P.ta Nuova. Dal 1924, a seguito dei collegamenti fra l’Italia e l’Estremo Oriente si sviluppò, in via P. Sarpi, la presenza di una forte comunità cinese, che da allora non ha cessato di espandersi nella zona. Nel 1947, ancora per dar lavoro ai disoccupati, scomparvero i tratti superstiti nelle zone di P.ta Garibaldi, P.ta Volta, P.ta Vittoria; a ridosso di essi, comunque, già da tempo erano sorte delle abitazioni. L’ultimo grosso intervento sui Bastioni, se si eccettua la manutenzione e la sistemazione a verde dei tratti lasciati qua e là per ragioni estetico-sentimentali, risale al 1952: seguendo le indicazioni del piano regolatore del 1950 venne completata la circonvallazione dei bastioni fino a P.ta Romana col viale Filippetti. 230

La Nostra Storia


L’ultimo trasloco e la sede attuale a cura di Roberto Crespi

Cambiano le giunte comunali e già dal 2012 ci arrivò la notizia che il Comune di Milano non ci avrebbe rinnovato la concessione a restare in Porta Volta. Il Comune decise di mettere a frutto i caselli comunali, affittandoli ad attività commerciali a rata intera invece che ad associazioni di promozione sociale come la nostra che godono di affitto agevolato. Ci dobbiamo spostare ancora! Dopo aver visitato molte possibili locazioni, dopo aver fatto valere il peso della nostra associazione con grande impegno del presidente Laura Posani, finalmente trovammo una possibile sede: uno stabile fatiscente in via Cenisio / piazza Coriolano nelle vicinanze al muro di cinta del cimitero Monumentale. La posizione è buona abbastanza vicina al centro città, servita dalla nuova metropolitana 5, fermata Cenisio (non ancora attiva al momento delle discussioni) ma da ristrutturare completamente a nostro carico. Questa fu una decisione importante, il costo della ristrutturazione elevato, più del capitale disponibile. Il Consiglio SEM decise di procedere e confermare al comune la nostra disponibilità ad accettare i locali. Fu fatto fare un progetto preliminare per avere una stima costi attendibile sulla quale si basò poi il conteggio degli anni di affitto gratuiti per controbilanciare le nostre spese. I costi corrispondevano all’affitto dovuto per i locali per trent’anni, e questo fu la base di contratto col Comune. I locali ci vennero affidati con Delibera comunale del 23 dicembre 2014 per la concessione in uso gratuito per 30 anni dei locali. Concessione gratuita a patto della completa ristrutturazione ovviamente. Si passò al progetto esecutivo e alla scelta della ditta appaltatrice. I lavori iniziarono il 18 luglio 2016 e terminarono in primavera del 2017. Oltre ai fondi accantonati dalla sezione servivano altri soldi e parecchi, fu lanciata una campagna di anticipo tesseramento per tre anni e una richiesta di donazioni da parte dei soci che ebbe un ottimo successo. La Presidente ottenne un notevole prestito dal CAI Centrale. La Nostra Storia

231


La festa per l’inaugurazione della nuova sede di Piazza Coriolano si tenne il 7 ottobre 2017: Carissime e carissimi, la festa del 7 ottobre per l’inaugurazione della nuova Sede è stata un successo. È stato un piacere incontrare tante persone, soci, simpatizzanti e amici, che magari non si vedevano da anni ma che sono venuti a festeggiare con noi. Abbiamo conteggiato più di 600 le persone intervenute durante la giornata. È stato particolarmente bello rivedere alcuni soci anziani, magari non più attivi, ma ai quali dobbiamo molto perché da loro abbiamo ereditato i valori e i principi che animano la SEM. Questa è davvero una data storica per la nostra associazione, una nuova casa che passeremo ai nostri figli, garantendo alla SEM la tranquillità e la sicurezza di non dover cambiare Sede per parecchi anni. Alla festa sono intervenute le autorità cittadine; in primis l’assessore alle politiche sociali Pierfrancesco Majorino che pur pressato da altri interventi istituzionali nel primo pomeriggio, prima di lasciarci, ha trovato il tempo per un interessante a partecipato intervento. Il consigliere comunale Diana De Marchi, i presidenti del Municipio 1 Fabio Arrigoni e del Municipio 8 Simone Zambelli e altri. La nuova sede rientra nel territorio del Municipio 8 con il quale dovremo instaurare un rapporto collaborativo e duraturo. Sono anche intervenuti alcuni dei funzionari comunali che ci hanno seguito e aiutato nella ricerca e nell’assegnazione della sede e che ancora ringraziamo vivamente. Il fatto che tante autorità cittadine siano intervenute testimonia il buon lavoro che stiamo facendo per la città di Milano. Ovviamente molto gradita e importante per noi è stata poi la presenza alla festa delle più alte rappresentanze del CAI: il Presidente Generale del CAI Vincenzo Torti, che ha ritardato la sua partenza per un incontro CAI in Toscana per salutarci e tenere un sentito ed appassionato discorso, poi è intervenuto anche il Past President e direttore del Festival di Trento Roberto De Martin. Presenti durante la giornata il vice Presidente Generale CAI Erminio Quartiani e il Presidente CAI Lombardia Renato Aggio, i Presidenti delle altre sezioni del CAI: Milano - Massimo Minotti, Edelweiss - Giorgio Mussati, Lecco - Alberto Pirovano. Alla festa abbiamo visto anche il Presidente di Giovane Montagna, del Club dei 4000 di Macugnaga e del MiMoFF Vincenzo Acri e tanti altri. Insomma la SEM conta, interessa, fa montagna e cultura della montagna. La giornata è iniziata con la presenza di tanti Soci in rappresentanza delle tante attività che pratichiamo, proseguita con l’inizio delle proiezioni di cortometraggi e filmati, poi l’apertura della paretina di arrampicata 232

La Nostra Storia


per i bambini. All’esterno sono stati allestiti i gazebo di due ditte che hanno voluto partecipare alla festa: una cantina produttrice di vini, che ha offerto assaggi della propria produzione e il Consorzio Turistico Sondrio e Valmalenco che ha offerto prodotti locali. Alle 11,30 è iniziato il momento culminante della giornata con i discorsi di Laura Posani, past President SEM che ci ha guidato ad avere la nuova sede, il mio e quindi quelli delle autorità intervenute citate sopra. Di seguito la scopertura di una targa dedicata a chi ha collaborato attivamente alla ristrutturazione con donazioni o con prezioso lavoro volontario e alla intitolazione del salone alla memoria di Vitale Bramani nostro grande socio del passato che fa il paio con l’altro grande Ettore Castiglioni a cui è intitolata la biblioteca. È seguito il brindisi fuori nel piazzale sul retro dell’edificio dove soci volenterosi hanno servito con gentilezza e cortesia letteralmente centinaia di invitati. Particolare successo hanno avuto gli aperitivi serviti dai ragazzi dell’alpinismo giovanile. Durante il pomeriggio è ripresa la proiezione di filmini nel salone, tanti bambini si sono divertiti sulla paretina di arrampicata assicurati dal papà o da istruttori della Silvio Saglio. Fuori e dentro sono proseguiti i saluti, le chiacchierate con gli amici, il ricordare bei momenti passati assieme, il pianificare tante belle cose, tante belle attività da fare nel prossimo futuro. Ho visto tante facce contente. La lunga esibizione del coro ASPIS con il suo repertorio di canti di montagna ben eseguiti è stata la degna chiusura di una giornata semplicemente splendida e indimenticabile per la SEM. Per chiudere devo ringraziare, anzi dobbiamo tutti ringraziare i tantissimi Soci che hanno partecipato attivamente alla riuscita della festa con il loro lavoro per la preparazione dei cartelloni, dei banchi gruppi, per la pulizia dei locali, la proiezione dei filmati e la distribuzione di panini e bibite durante tutta la giornata. Soprattutto per la passione che ci hanno messo; la SEM è un grande gruppo di amici, grazie ancora a tutti. [articolo di R. Crespi pubblicato su La Traccia n.108] Dal novembre del 2017 sono passati solo due anni ma sembra un secolo, la nuova sede impreziosita da una bella e grande sala conferenze che è stata intitolata a Vitale Bramani, da una sala Biblioteca, una sala Ipogea ad uso degli speleologi e dalla sala parete di arrampicata permette lo svolgersi contemporaneamente di conferenze, lezioni di corsi e incontri tra amici. L’ingresso con l’alternarsi di mostre fotografiche e pittoriche rende il tutto un ambiente accogliente e piacevole, quello che serve per un’associazione come la SEM.

La Nostra Storia

233


Non una ma tante storie a cura di Stefano Ronchi

Non si sa da chi e quando esattamente è nata l’idea dei Gambabona, ciò che è certo è che nel 1885 un gruppo di conoscenti decise di trovarsi non al comodo e vicino “trani” sotto casa, ma di raggiungere a piedi - o con i mezzi pubblici che proprio in quegli anni cominciavano a diffondersi - luoghi fuori porta ed anche mete più lontane ed impegnative, ma da escursionisti, non alpinisti (non a caso il motto della SEM è “Col popolo, per il popolo”). Un ricordo di queste prime gite riguarda proprio la nostra nuova sede: in due diverse occasioni, a marzo ed in maggio di quell’anno, i Gambabona si danno appuntamento a Porta Tenaglia (da cui partiva la strada sterrata che conduceva agli ex Corpi Santi di Porta Comasina - nel frattempo rinominata P. Garibaldi) per raggiungere due mete ai tempi abbastanza famose. Per ragioni di spazio ho trascritto le loro relazioni. Passeggiata Mattiniera fatta la Domenica dell’8 Marzo 1885 La Simonetta e Villa Pizzone erano i luoghi che, stando a quanto erasi deciso nell’antecedente passeggiata, si dovevano visitare in questa Domenica, ma imprevedute circostanze ne impedirono l’effettuazione. Gli ultimi giorni della settimana essendo stati piovviginosi, fecero sì, che al luogo di ritrovo (dazio della Porta Tenaglia) si trovassero soli due soci, io e Florio, più l’amico mio Luini Riccardo il quale aveva manifestato il desiderio di entrare in società. Trovandoci così in pochi, abbandonammo l’idea di andare a Villa Pizzone, ma per non perdere la mattinata ch’era discretamente bella, risolvemmo di fare una piccola gita per le campagne: così prendendo 234

La Nostra Storia


L’ultima parte del discorso inaugurale dei Gambabuona - SEM

La Nostra Storia

235


S. Rocco disegnata da Attilio Panizza

236

La Nostra Storia


lo stradale a sinistra del cimitero monumentale arrivammo a S. Michele (detto Covise) dove ci fermammo per bere il solito bicchierino di grappa. Di là, poi, continuando per la medesima strada, pervenimmo alla piccola e modesta chiesuola di S. Rocco tanto simpatica nella sua semplicità, dove ci soffermammo ad ammirare i due affreschi dipinti dal Lanino nell’esterno della chiesa sotto i portici. Poscia voltando a sinistra per una piccola strada, errammo a casaccio in cerca di un negozio onder poter comperare del pane e del salame stante il formidabile appetito che quel malaugurato grappino ci aveva causato. Ma quanto va si più curioso si è che facendo tale ricerca, girando da una cascina all’altra, ritornammo quasi inconsapevolmente al luogo di partenza, cioè al borgo di P. Tenaglia: talchè, ciò vedendo, abbandonammo l’idea di continuare la passeggiata e facendo l’acquisto di pane misto ed un bel luganeghino, entrammo in Milano per porta Volta dove appena entrati sedemmo al Caffè Mendrisio a fare il nostro dejèuner. Fine. Attilio Panizza Gita a Villapizzone Quello che io descrivo in questo foglio non è una relazione completa, ma bensì una semplice gita fatta in mezzo a campi e prati ridenti, il giorno 17 Maggio nei d’intorni di Milano. Non dimenticherò che in compagnia, di Tagliabue, Panizza e Doglio, partii dal dazio di P. Tenaglia alle 4 ant., per la via di Sant. Michele Covish, dirò anche che strada facendo faceva molto freddo causa la recente neve caduta ai monti, del che per riscaldarsi, si bevette il grappino all’osteria della Lupetta, poi avanti arrivati che fummo ad un cascinale, voltando a sinistra in mezzo ai campi ci indirizzammo alla volta di Villapizzone, ivi arrivati ci sembrò, di aver perduto la strada per il ritorno; allora facemmo capolino nel paese ove trovato la mura d’un giardino libero ove abbondavano una quantità di rose fiorite tutti ne cosciemmo, senza essere messi in contravvenzione, di là per la Melgasciata, ove trovato un delizioso sentiero, che io diggia conosceva, tutto seminato di fiori campestri ne prendemmo or qua or la sin che arrivati alla svolta d’un ruscelletto d’acqua limpida e scorgendo un sambuco fiorito spiccai un salto al di la per fare raccolta di questo odoroso fiore, e poi ritornato al primiero passo trovai un asse che si faceva da parte coraggiosamente tutti l’attraversammo, poi costì ridendo per alcune barzellette narrate dal socio Tagliavacche, ci trovammo alle 4 strade ove per una che stava alla nostra manca, indicataci da un allegro contadino, ci condusse al famoso palazzo della Simonetta, La Nostra Storia

237


dove l’eco si ripete per ben 37 volte, vi entrammo ne fabbricato esterno, da dove si ammira i ruderi di un sotterraneo ove attualmente vi scorre dell’acqua in un canale, inutile sarebbe la descrizione di questo avanzo d’infamie perché quasi tutti lo sanno e forse più di quel che so io. Ne uscimmo e per una piccola viuzza posta nel mezzo di un arido campo ci trovammo al piccolo oratorio di S. Rocco ove trovasi degli affreschi del Lanino, il disegno di questa piccola chiesa trovasi sulla relazione di una gita precedente, fatto dal socio Panizza. Lasciato di poi alle spalle l’oratorio, ed attraversato di nuovo due volte il binario della ferrovia A. S. e rifacendo la via di S. Michele Covicchio, in seguito seguendo l’orme dei passi spietati vicino al Monumentale entrammo in Milano passando per P. Volta. Salvo l’amico Doglio, ci salutandoci amichevolmente ci lasciammo colla speranza di rivederlo, invece di lì a pochi giorni partì per Genova senza che io gli dessi il buon viaggio. A. Borghin Le descrizioni delle due passeggiate ci permettono di ripercorrere la storia dello stabile di via Cenisio 2. La costruzione del Cimitero Monumentale (1864-1866) comportò la distruzione di tutto ciò che era prima presente all’interno del perimetro murario. In particolare, venne raso al suolo un villaggio, S. Michele al Quadicio, facente parte dei Corpi Santi, storicamente legato al Monastero di S. Simpliciano. Di questo borgo, conosciuto con vari nomi (tra cui “alle Quattro Vie”, Coviscio, Cuis, Covise, Covicchio...) era restato, proprio in quel terreno che poi sarebbe diventato piazza Coriolano, solo un piccolo nucleo abitativo, con l’osteria in cui entrarono i nostri avi. Ma anche la cascina Lupetta, risalendo il piccolo fontanile omonimo, aveva una sua osteria: può quindi essere che il Panizza avesse sconsigliato di prendere il grappino dove si era trovato male la prima volta. Nella passeggiata di marzo, i tre escursionisti raggiungono subito, senza problemi, la chiesetta di S. Rocco (che è stata demolita nel 1905 per lasciare spazio allo scambio ferroviario, che ne ha conservato il nome). Nello stesso periodo anche gran parte del giardino della “villa” Simonetta è stato occupato dallo scalo ferroviario, ma ai tempi dei Gambabona la zona era ancora nota per le gesta degli aderenti alla “Compagnia della Teppa” durante il dominio austriaco, come ci è stato tramandato dal Rovani. Altro particolare, il giro nelle cascine fatto a marzo, a differenza del diretto arrivo a Villapizzone. Nella zona c’erano ancora molte cascine e le strade erano sterrate e poco frequentate, quindi è semplice pensare che in marzo, col freddo e senza conoscere la strada, magari un po’ di foschia, oltre agli effetti del grappino, avesse fatto 238

La Nostra Storia


Carta di Milano datata 1904. Notare lo sviluppo della ferrovia e S. Rocco ormai isolata. Sono visibili ancora i fontanili.

La Nostra Storia

239


perdere l’orientamento. Va però fatta un’altra considerazione: dove sono finiti quei fontanili e canali costeggiati ed attraversati dai “Semini”? La zona era stata bonificata già dai tempi dei romani, come ricorda il Rota nell’articolo su S. Michele, e nel 1885, come del resto anche per quanto riguarda i navigli, non aveva senso coprirli. Solo successivamente, in particolare con l’avvento delle industrie ed il conseguente inquinamento, ci si è resi conto che per questioni anche d’igiene pubblica era auspicabile canalizzare e coprire i corsi d’acqua almeno in prossimità delle abitazioni e delle principali strade. Torniamo quindi a via Cenisio: nella carta del 1865, la zona intorno alla Cascina Lupetta, S. Michele, Simonetta ed un paio di altre cascine risulta sostanzialmente coltivata un po’ come tutti i Corpi Santi, in sostituzione delle foreste che caratterizzavano il territorio alcuni secoli prima; nella zona di P. Tenaglia ci sono molti orti, ma il terreno ad Ovest del Cimitero Maggiore vede anche la presenza di frutteti, oltre ai “soliti” Gelsi maritati alle Viti ( A Milan, i moron fan l’uga) ed ai prati e campi coltivati a cereali. Passano vent’anni, Milano ha ormai superato i moti del ’98 e le conseguenze del regicidio di Monza: si sta preparando all’esposizione del 1906 e, come successo anche recentemente per Expo 2015, si “tira a lucido” per dare una bella impressione, approfittando del progresso tecnologico che ormai la caratterizza. Ormai i Corpi Santi sono solo un ricordo, la città si sta espandendo e li ha inglobati, presto lo stesso destino toccherà ai piccoli paesi confinanti, destinati a diventare periferia. L’Amministrazione Comunale prepara un libretto dedicato all’appuntamento del 1906 su cui vengono presentate non solo la Storia e le “bellezze” della città, ma anche la sua operosità, i suoi progressi, le sfide che sta affrontando. Tra le altre cose, un capitolo è dedicato alle strade ed alla viabilità, al nuovo piano regolatore: cose che daranno spunto proprio per l’ideazione e la costruzione dell’edificio in via Cenisio 2. Un capitolo della pubblicazione è dedicato allo sport e la SEM (ormai non più Gambabona) è ricordata - subito dopo la sezione del CAI - con gli altri gruppi aderenti alla Prealpina. Un capitolo è dedicato anche ai cimiteri milanesi, in particolare viene ricordato come esista un trasporto delle bare e dei famigliari su vetture apposite dal Monumentale al Maggiore (Musocco). La fermata è sul lato del Monumentale dove poi sarà la via Nono e quindi il percorso passa da via Cenisio. Finita l’Esposizione, ricordata anche per l’incendio che distrusse dei padiglioni con quasi tutto il materiale che avevano in mostra (tra le persone accorse a cercare di recuperare il più possibile vi era anche Achille 240

La Nostra Storia


Ratti, prefetto della Biblioteca Ambrosiana e socio del CAI Milano) partono finalmente anche i lavori per la costruzione degli uffici e dei laboratori in via Cenisio 2. A Cascina Lupetta risiedevano ancora un po’ di famiglie, in parte ancora agricoltori, ma anche scalpellini nel vicino cimitero ed operai nelle prime fabbriche sorte nella zona. Una risorsa particolare, a cui si dedicavano anche i bambini, era la raccolta delle fragole, nei pressi della Simonetta: se si aveva fortuna, si riusciva a coglierne abbastanza da venderne al mercato, ma era un lavoro faticoso, da fare di prima mattina perché i frutti non si rovinassero. Nel ventennio fascista, frequentò la cascina anche una delle persone coinvolte nell’omicidio Matteotti. Nel dopoguerra, l’impiego agricolo finì quasi completamente e quindi la cascina si spopolò. Al suo interno trovarono sede alcune attività commerciali e produttive, ma quel che ne resta è in vendita. La parte in cui probabilmente prima c’erano le stalle ed il fienile è stata invece completamente ristrutturata alla fine del secolo scorse ed attualmente ospita un Centro Diurno per Disabili. In via Cenisio 2 ormai non ci sono più laboratori: il Comune ha conservato nel plesso centrale il “Settore Tecnico Cultura e Beni Comunali Diversi” oltre al “Settore Pianificazione Urbanistica Servizio Pianificazione Generale e Servizio Certificati urbanistici”, che occupano uno spazio da poco ristrutturato in fondo al cortile interno. Negli spazi interni liberi è dal 2012 ospitata la Piccola Scuola di Circo (ingresso da via Messina) e dall’anno scorso, dopo l’inaugurazione della nuova fermata della linea Lilla della Metropolitana, ha aperto un centro ricreativo per anziani. Noi siamo quindi gli ultimi arrivati, anche se siamo i discendenti di quei Gambabona che, 132 anni fa, sostarono da queste parti a bersi un paio di grappini ed ammirare il bel paesaggio... chissà se, fondando quella che poi divenne la SEM, ebbero mai sentore che gli Escursionisti Milanesi avrebbero ripercorso i loro passi?

La Nostra Storia

241



6 Le Interviste foto Š Ivan Licheri


6.1

Dante Bazzana

6.2 Dolores De Felice 6.3 Nicla Diomede 6.4 Oreste Ferrè 6.5 Giacomo Galli 6.6 Andrea Maconi 6.7 Virginia Mandracchia 6.8 Carlo Alberto Pinelli 6.9 Mario Polla 6.10 Laura Posani


In questa edizione del libro della SEM abbiamo deciso di includere interviste fatte ad alcune figure attuali particolarmente importanti per la nostra associazione. La scelta non è stata casuale, queste persone sono dei trascinatori, degli esempi che hanno dato e stanno dando tanto alla SEM. Certo molte altre persone fanno tanta attivitĂ in sezione e avrebbero meritato di essere inclusi nella lista, non me ne vogliano e sappiano che sono comunque nel cuore di tutti noi. Sentire il parere di questi dieci testimonial su alcuni temi legati all’ambiente, alla montagna e sul ruolo del CAI di oggi ci è sembrato significativo e rappresentativo del pensiero di molti soci.

Le Interviste

245


Intervista a Dante Bazzana a cura di Chiara Pesavento

Bravo alpinista, sci alpinista e fondista. Con il suo entusiasmo è sempre riuscito a trascinare soci SEM in mille iniziative. È stato ed è una persona chiave per la nostra associazione. È un membro anziano del Consiglio Direttivo della SEM, da almeno 20 anni e il suo parere e i suoi preziosi consigli sono sempre fondamentali e hanno permesso alla nostra associazione di diventare la bella associazione di amici che siamo. Quando è arrivato in SEM nel 1976 già praticava la montagna. Subito è entrato in organico come istruttore del corso di roccia (l’unico corso che esisteva in quegli anni). È stato IA (Istruttore di Alpinismo a livello regionale), ora avendo superato i 75 anni di età è diventato IE (Istruttore Emerito del CAI) ma non può più insegnare nei corsi, cosa che gli dispiace parecchio. È stato direttore del corso di roccia e del corso di ghiaccio, istruttore nei corsi di roccia, scialpinismo, alpinismo e cascate. L’ideatore del corso di alpinismo under 23 di cui è stato direttore fino al 2017. In aggiunta ha partecipato ad alcune spedizioni extraeuropee sempre con successo tra cui: Monte Kenia (5200m), Monte Kilimangiaro (5895m), Mawenzi (tentativo 5200m), Nevado Alpamayo (5947m) per la via dei Ragni di Lecco, Naya Kanga (5850m), Ama Dablam (6850m), Aconcagua (6950m), Elbrus (5640m). È stato uno dei fautori della rinascita dello Sci in SEM degli anni ’80 quando la SEM organizzava anche cinque pullman di discesisti e tre pullman di fondisti ogni domenica della stagione invernale. Ha partecipato a numerose Marcialonga e altre maratone sciistiche inclusa la mitica Vasaloppet in Svezia (90 km). Ha partecipato ad alcune edizioni della massacrante 24 ore di Pinzolo, gara a squadre della durata di una intera giornata. Con l’avvento del passo di pattinaggio ha smesso di praticare lo sci di fondo. Ha spinto perché anche in SEM si tenesse il corso di Scialpinismo 246

Le Interviste


e finalmente nel 1985 è partito il primo corso, lui ovviamente tra gli istruttori. Negli ultimi anni è entrato anche a far parte dell’organico del gruppo AG. Parlaci di te: come è nato il tuo amore per la montagna? Io sono nato in montagna in un paese a 1100 metri vicino all’Adamello, perciò l’amore per la montagna lo avevo quasi nel sangue. A 11 anni ero già in cima all’Adamello, senza attrezzatura, solo con una corda di canapa. La montagna la vivevamo proprio con spensieratezza perché per noi era normale andarci soprattutto per camminare. Poi ci siamo evoluti e abbiamo cominciato ad arrampicare. Quando per lavoro mi sono trasferito a Milano, ho conosciuto una ragazza speciale, mi sono sposato e sono entrato nella SEM. C’è una montagna o una salita che hai particolarmente nel cuore? La salita che mi è piaciuta di più è stata la parete Nord del Nevado Alpamayo in Perù. È una bella salita di neve e ghiaccio; ci siamo fatti portare fino alla base con dei cavalli e poi da lì abbiamo proseguito per giorni a piedi portandoci dietro tutto il necessario per allestire i campi e il materiale tecnico per salire la parete. È stato molto bello. Naturalmente l’ho fatta con il Romano e l’Oreste, il trio perfetto! Come vedi il futuro della montagna e della sua frequentazione? Io sono molto ottimista e vedo un buon futuro, soprattutto perché vedo tanti giovani che si stanno ancora appassionando alla montagna. Colgo l’occasione per agganciarmi a due belle attività che facciamo in SEM: Alpinismo Giovanile e Corso di Alpinismo Under 23, quest’ultimo il primo corso in Italia di questo tipo. Vedo che lo spirito che anima questi gruppi è molto buono, le persone che si iscrivono a questi corsi sono ragazzi che hanno veramente voglia di frequentare la montagna, non solo per arrampicare, ma anche per andare in alta montagna, non hanno paura di faticare e arrampicare in quota. Quali aspetti della montagna andrebbero meglio tutelati? Soprattutto l’ambiente perché a volte, anche solo sui sentieri, si trova molta sporcizia e questo secondo me non è giusto. Bisognerebbe veramente educare la gente ad andare in montagna rispettandola perché mi sembra veramente una cosa stupida portarsi ad esempio una lattina di coca cola, berla e lasciare la lattina giù in terra! Oltretutto vuota pesa di meno, quindi riportatevela a casa! Insomma ci sono tante piccole cose a cui si potrebbe fare attenzione Le Interviste

247


per valorizzare la montagna. Non è solo un problema delle Alpi, anche durante le mie spedizioni in alta quota ho visto un sacco di sporcizia in giro, addirittura corde lasciate lì a marcire. Però adesso ci sono delle associazioni di persone che vanno a ripulire le montagne in alta quota e questa secondo me è una cosa molto bella. I nuovi media secondo te hanno giovato all’immagine della montagna e al modo di frequentarla? Penso di sì perché hanno fatto conoscere la montagna a tanti, a tutti. Infatti, ne abbiamo riscontro con il fatto che quasi tutti i ragazzi che si iscrivono ai nostri corsi arrivano non più solo per passaparola o sentito dire, ma perché l’hanno letto sui social e questo secondo me è un beneficio per tutti. Perché noi insegniamo ad andare in montagna in sicurezza e rispettando l’ambiente. Quale personaggio rappresenta oggi meglio la montagna? Io direi il CAI stesso, il CAI secondo me è quello che deve insegnare ad andare in montagna. Non vedo altre entità più importanti perché ad esempio le palestre di arrampicata non insegnano quello che insegniamo noi del CAI. Certi valori da loro non vengono trasmessi perché la loro è solo un’attività commerciale. Noi invece siamo tutti volontari che dedicano il proprio tempo all’insegnamento, perché siamo noi stessi appassionati e quindi riusciamo a trasmettere meglio la passione per la montagna. Se devo invece pensare ad un personaggio allora mi viene in mente Cassin; io l’ho ammirato tanto e ho cercato di ripetere tante sue vie. Tutte le volte che ne salivo una quasi mi veniva la pelle d’oca a pensare che l’aveva salita per la prima volta senza sapere se fosse possibile farla. È un personaggio che mi ha molto ispirato. Quale libro recentemente ti ha più appassionato o interessato? Di libri ne ho letti tanti, ora sto finendo un libro su Oggioni che era contemporaneo di Bonatti e ha fatto delle salite bestiali e lo ammiro molto. Ha iniziato ad arrampicare negli anni dal ’45 -’50 in avanti e ha fatto un sacco di salite su montagne difficilissime. Purtroppo, è morto durante una salita con Bonatti sul Pilone centrale del Freney in Monte Bianco. Leggere questo libro mi ha veramente impressionato. Quali effetti temi di più per i cambiamenti climatici in corso? La prima cosa sono i ghiacciai; i ghiacciai li vedi che quasi non ci sono più… dai miei tempi ad adesso il cambiamento è enorme! Io ho salito tante pareti nord che adesso non esistono più. Ad esempio, il ghiacciaio dei Forni: da come lo ricordo negli anni ‘60-’70 ad oggi la riduzione dei 248

Le Interviste


ghiacci è impressionante. Non vado più su questo ghiacciaio perché mi fa male al cuore vedere il cambiamento che ha subito. Ovviamente non si tratta solo di quel ghiacciaio e di quelle montagne, ma di tutti i ghiacciai del mondo e in alta quota questa mancanza si sente, perché senza il ghiacciaio si perde una parte importante della montagna. Quali pensi che siano i motivi principali che rendono il CAI unico e insostituibile? È un’istituzione unica che è nata per far conoscere la montagna, per portare la gente in montagna, non conosco altri enti che hanno questo scopo. Secondo me il CAI ha ancora un suo valore e naturalmente nel CAI hanno valore le sezioni e le scuole di alpinismo. Quale aspetto può oggi risultare penalizzante per il Club Alpino che tuttavia, in base al numero di iscritti, sembra oggi godere di buona salute? Quando mancherà quella voglia di portare la gente in alta montagna, sia ad arrampicare che a camminare, il CAI verrà penalizzato. Se capiterà che la gente andrà in montagna solo per fare free climbing non avrà più bisogno del CAI e questa è la cosa che io temo di più. Perché andare in montagna vuol dire fare fatica, e il mondo di oggi tende a fare meno fatica possibile, così si perde un po’ quel valore aggiunto alla vita che dà la montagna e quindi anche il CAI.

Le Interviste

249


Intervista a Dolores De Felice a cura di Chiara Pesavento

Dolores ha portato in SEM due grandi iniziative: AG e CSC. È stata parte del gruppo che nell’autunno del 2002 ha costituito il Gruppo di Alpinismo Giovanile (“AG”) della SEM che ha poi organizzato il primo corso AG a partire dal 2003. Dal 2007 ha iniziato in SEM un programma di attività culturali-scientifiche, con marcate caratteristiche divulgative e di sensibilizzazione. Contestualmente è stata una delle fondatrici della “Commissione Culturale-Scientifica” che in armonia con lo spirito del CAI ha lo scopo di diffondere la conoscenza della montagna da tutti i punti di vista, incoraggiandone anche la difesa dell’ambiente naturale. È ONCN (Operatore Naturalistico Culturale Nazionale) cioè titolata CAI. È ANAG (Accompagnatore Nazionale Alpinismo Giovanile). Parlaci di te: come è nato il tuo amore per la montagna? Mia mamma era del Trentino Alto-Adige, della Valsugana, quindi già da piccola frequentavo la montagna nelle vacanze estive dai parenti. C’è una montagna o una salita che hai particolarmente nel cuore? Di montagne ce ne sono diverse molto belle; a me piace andare in Dolomiti, quindi per esempio il gruppo del Sella ma in genere amo tutti i sentieri delle Dolomiti. Se devo dire una salita che mi ha colpito in particolare scelgo la salita al Lagazuoi. Come vedi il futuro della montagna e della sua frequentazione? Ci sono moltissime persone sensibili al rispetto della montagna e del suo ambiente, ma ce ne sono anche tante che pensano alla montagna come un parco giochi e non la rispettano; manca la consapevolezza dell’impatto che potremmo avere noi con le nostre azioni sulla montagna. 250

Le Interviste


Io sono ottimista e voglio sperare che la gente impari e chi tratta bene l’ambiente prenda il sopravvento. Quali aspetti della montagna andrebbero meglio tutelati? Sicuramente l’ambiente e la frequentazione responsabile della montagna: ad esempio, ci sono troppe persone che pensano di andare in montagna con mezzi motorizzati senza far fatica. Credo che le pubblicità delle auto di oggi ne siano in parte responsabili: sicuramente vedere in televisione SUV che vanno sull’erba, sulla neve e in mezzo all’acqua, non fa molto bene all’ambiente, non dà un messaggio corretto. Non so quante persone vogliano effettivamente emulare questi esempi, però questo è un aspetto molto dannoso, il pensare di andare in certi ambienti e in certi contesti con le macchine e con i mezzi motorizzati senza rispettare l’ambiente va proibito. I nuovi media secondo te hanno giovato all’immagine della montagna e al modo di frequentarla? I media sono una grandissima idea, sono un grandissimo strumento che però ha un rovescio della medaglia: sono potentissimi nel diffondere delle buone idee e delle buone informazioni, però d’altra parte sono altrettanto potenti nel diffondere idee negative. Quindi se vogliamo guardare solo l’aspetto positivo dei media che diffondono idee, proposte, soluzioni, sono sicuramente una buona cosa, l’importante è che vengano utilizzati con criterio. Quale personaggio rappresenta oggi meglio la montagna? Tutti coloro che vanno in montagna solo per sé stessi non giovano molto nel diffondere un’immagine della montagna degna di rispetto. Ho sentito recentemente una conferenza di Hervé Barmasse, lui a me è piaciuto molto perché è un alpinista un po’ diverso che è capace di tornare indietro quando è il momento, non deve conquistare la montagna a tutti i costi. È l’espressione dell’alpinista che rispetta la montagna per come è. Quale libro recentemente ti ha più appassionato o interessato? Ho letto tanti libri che mi sono piaciuti, ad esempio il libro dal titolo “Quando arrivi in cima continua a salire” di Walter Polidori. È un po’ l’espressione di quello che è la sfida con sé stessi, non nel senso di sfidare la montagna, ma della montagna come terreno di “gioco” per vedere se effettivamente riesci a superare i tuoi limiti, superare le tue paure o anche risolvere dei tuoi problemi.

Le Interviste

251


Quali effetti temi di più per i cambiamenti climatici in corso? Sicuramente il tema dell’acqua, che diminuisce come disponibilità e aumenta come inquinamento. Ma anche molto grave è la fusione del permafrost perché in alta quota in montagna questo terreno ghiacciato tiene insieme rocce e i sassi e, se dovesse fondersi, questo avrebbe un effetto disastroso causando frane e devastazione del territorio. Quali pensi che siano i motivi principali che rendono il CAI unico e insostituibile? Il CAI è una delle tante associazioni europee di alpinismo. Frequentando il gruppo dell’UIAA ho notato che molti, ad esempio i francesi, quelli dell’est Europa o gli inglesi, sono orientati solo all’arrampicata. Invece il CAI copre anche molti aspetti culturali e di difesa dell’ambiente e di fatto lo si può definire un’associazione ambientalista. Quello che ha di speciale il CAI è la grandissima ricchezza dei contenuti che tratta: dalla tecnica alpinistica alla difesa dell’ambiente, passando per la storia e la cultura della montagna. Quale aspetto può oggi risultare penalizzante per il Club Alpino che tuttavia, in base al numero di iscritti, sembra oggi godere di buona salute? Temo la deriva tecnicistica, nel senso che in futuro potrebbe essere prevalente un certo tipo di approccio alla montagna solo come pura fonte di sfida con sé stessi e sfida con la montagna. Vedo che gli aspetti culturali ultimamente sono abbastanza limitati e questo è ciò che mi preoccupa di più.

252

Le Interviste


Intervista a Nicla Diomede a cura di Chiara Pesavento

Nicla è un’alpinista che ha fatto tante salite di roccia ma soprattutto è una delle iniziatrici del premio Marcello Meroni (Marcello era il suo compagno) ed è, da anni, la mente e il cuore del premio. Grazie a lei il premio è diventato un grande evento a livello nazionale. Nicla è membro del Consiglio Direttivo della SEM. Parlaci di te: come è nato il tuo amore per la montagna? Sono arrivata in SEM perché un mio collega, con cui ho lavorato per tanti anni, “improvvisamente” è diventato il mio fidanzato. Lui era un bravo istruttore di alpinismo della SEM ed è stato il direttore del corso di cascate e del corso di alpinismo. Io invece ero una cittadina, che in realtà ha iniziato ad amare la montagna guardando le foto che Marcello, il mio compagno, aveva piacere a condividere con me per farmi vivere le sue avventure tramite le sue foto appunto. Marcello amava trasmettere agli altri le sue passioni e così è riuscito a trasmettere anche a me la sua passione per l’alpinismo attraverso l’arrampicata. Dopo la morte di Marcello volevamo lasciare le sue ceneri in cima al Monte Bianco. Per far questo gli amici istruttori del corso di alpinismo mi hanno iscritto di ufficio al corso per permettermi di perfezionare la mia tecnica di montagna. È proprio grazie a questo corso che ho capito ancora meglio la passione che Marcello aveva per la montagna. C’è una montagna o una salita che hai particolarmente nel cuore? In realtà ne ho diverse, almeno un paio: la prima è una via di arrampicata che ricordo di aver fatto con Marcello in Sardegna assieme a uno dei suoi amici, Ricky Felderer, un famoso videomaker e fotografo di montagna. La seconda è stata la salita al Nadelhorn che ho fatto con le mie Le Interviste

253


amiche di alpinismo, quindi non saprei scegliere la più importante tra le due perché sono ambienti tanto diversi. Volendo trovare un fattore comune è che in tutti e due i casi le persone con cui sono salita erano persone a me molto care. Come vedi il futuro della montagna e della sua frequentazione? Come lo vedo o come lo vorrei, c’è differenza. Ti dico quello che mi piace e quello che vedo, perché non so prevedere quale sarà il futuro della montagna. Io vedo la montagna come un posto dove andare e fare esperienze di crescita anche interiore. Questo è quello che io cerco e che vorrei che le persone cogliessero della montagna. Non sono convinta però che sia il futuro della montagna perché non tutti frequentano la montagna con questo fine. Quali aspetti della montagna andrebbero meglio tutelati? Preservare l’ambiente montano, cioè da una parte preservarlo in senso lato e dall’altro preservare quella che è la natura della montagna e quindi l’economia della montagna. Ci sono diversi modi per valorizzare la montagna in modo da non sfruttare e da non distruggere. Ad esempio l’Università Statale ha UniMont (Università della Montagna) dove studiano anche modi per promuovere l’economia di montagna, un’economia che tuteli anche le tradizioni e la ricchezza della montagna evitandone uno sfruttamento che la distrugga. I nuovi media secondo te hanno giovato all’immagine della montagna e al modo di frequentarla? Personalmente non sono convinta che abbiano giovato, quindi la risposta di primo acchito senza meditare è no, non credo abbiano giovato, se parliamo di immagine. Questo perché dipende dall’uso che si fa della tecnologia. In relazione all’immagine data dai media in generale, credo che oggi mostrino la montagna con uno stile usa e getta e di spettacolarizzazione e questa immagine non è positiva per la montagna stessa. Anche di fronte alle situazioni di cronaca, i media tendono ad esagerare dando giudizi affrettati e sensazionalistici, guidando chi non è già conoscitore dell’ambiente verso conclusioni errate. In questo io riconosco molto invece il ruolo del CAI che ha un modo di diffondere e far conoscere la montagna attraverso lo sviluppo delle competenze e delle conoscenze. Quale personaggio rappresenta oggi meglio la montagna? Ce ne sono tanti, ma io posso dire in realtà che chi rappresenta meglio per me la montagna sono una serie di persone con cui ho avuto 254

Le Interviste


a che fare, che ho conosciuto, che stimo e che non sono famose, ma rappresentano per me dei modelli. In questo senso questo è il pensiero che c’è dietro al premio dedicato a Marcello, in cui non si cerca il “personaggione” ma le persone che operano per rendere migliore la montagna, che operano per la crescita della montagna in senso lato. Marcello per me è la persona che nella vita ha rappresentato di più la montagna, ma non solo lui, anche in SEM ci sono molte persone che per me sono di stimolo. Anche tutti coloro che io ho avuto modo e la fortuna di conoscere attraverso il premio e sono tutte persone che la rappresentano al meglio. Quindi non ti dico un nome famoso, ma ti dico che ci sono tante persone che per me rappresentano la montagna. Quale libro recentemente ti ha più appassionato o interessato? Franco Michieli, “Andar per silenzi”; Franco è uno dei premiati del Premio Meroni ed è una persona che rappresenta in modo eccellente la montagna perché unisce tanti aspetti come l’ambiente, la conoscenza, la cultura; è una persona a tutto tondo che peraltro rappresenta il mio modo di andare in montagna quindi il silenzio, il mettersi in contatto e in sintonia con la natura. Il suo libro è un libricino piccolo ma denso di spunti su cui meditare. Quali effetti temi di più per i cambiamenti climatici in corso? In generale credo che sia il problema della desertificazione delle terre e lo scioglimento dei ghiacciai del globo. Il fatto che molte terre non saranno più coltivabili avrà degli effetti sociali ed economici dirompenti. In ambito strettamente montano si vede lo scioglimento dei ghiacciai e qui vicino a noi ne abbiamo tanti esempi, come il Ghiacciaio dei Forni. Quindi tutto sommato siamo ancora fortunati a vedere le montagne così, ma se non ci sarà un cambiamento radicale temo che questa fortuna resterà un ricordo. Quali pensi che siano i motivi principali che rendono il CAI unico e insostituibile? I suoi valori, tra cui l’elemento fondante del volontariato; io sono una persona che crede molto nel volontariato e in questo avevo tanti punti in comune con Marcello. Operare e mettere a disposizione le proprie competenze in modo volontaristico è a mio parere ciò che fa molto la differenza. Fare la cosa giusta in modo spassionato, lontano dai protagonismi e in questo il CAI è l’emblema perché unisce grandi competenze, ideali e volontariato.

Le Interviste

255


Quale aspetto può oggi risultare penalizzante per il Club Alpino che tuttavia, in base al numero di iscritti, sembra oggi godere di buona salute? Il non essere percepito dai giovani in modo corretto per il suo grande impegno. Probabilmente se ci fosse maggior capacitĂ di attirare i giovani si riuscirebbe forse a dare maggior valore a tutto quello che il CAI fa a tutto tondo per la montagna e anche per l’Italia, quindi per natura in generale e per i valori che trasmette.

256

Le Interviste


Intervista a Oreste Ferré a cura di Chiara Pesavento

Oreste Ferré, detto “il Mitico Oreste”, è a memoria dei soci SEM il primo vero e forte alpinista dei tempi moderni della nostra associazione; praticamente ha salito tutte le pareti e le vie delle Alpi. Quando gli chiedi se ha salito una tal via ti risponde che l’ha salita già 4 volte e ti elenca in che anno e i suoi compagni di cordata. Ha conosciuto molti dei forti alpinisti italiani tra gli anni ’60 e ’90. Ogni volta che vai con lui in un rifugio delle Alpi trova sempre qualcuno che lo conosce. Istruttore Nazionale di alpinismo, è stato componente della scuola centrale CAI. In SEM è stato per 15 anni direttore della scuola di alpinismo Silvio Saglio e per più di 50 anni ne è stato uno degli istruttori più attivi e capaci. Si è sempre impegnato nel far crescere nuovi alpinisti e nuovi istruttori per la scuola, un vero trascinatore. Ha partecipato a parecchie spedizioni extraeuropee tra cui: Monte Kenia (5200m), Monte Kilimangiaro (5895m), Mawenzi (tentativo 5200m), Cho Oyu (8200m), Mutzagata (7550m), Naya Kanga (5850m), Ama Dablam (6850m), Aconcagua (6950m), Elbrus (5640m). Parlaci di te: come è nato il tuo amore per la montagna? È nato da un’occasione nel 1960, a Pasturo. Ero lì con degli amici e abbiamo deciso di andare sul Grignone. Siamo partiti ma man mano che salivamo, pian piano qualcuno si lamentava per la fatica e arrivati ai Comolli e ci siamo fermati tutti. Io però stavo bene e da solo ho continuato fino alla cima; era pomeriggio e non c’era nessuno ed è stata un’esperienza così nuova e meravigliosa che mi è piaciuta un mondo. L’anno successivo mi iscrissi al CAI; in segreteria ebbi una bella occasione perché il segretario, che si chiamava Ettore Savi, dopo avermi iscritto mi chiese: “Ti interessa fare il corso di alpinismo?” e io risposi “sì”, ovviamente. È stata una combinazione da favola perché quando mi sono Le Interviste

257


iscritto il corso era già iniziato ma mi presero lo stesso. Lì ho conosciuto tanti amici e ho iniziato ad andare in montagna. C’è una montagna o una salita che hai particolarmente nel cuore? Una in particolare no, ma una bella è stata la via Solleder al Civetta; nel 1962 ero in Civetta e vedevo una moltitudine di vie di sesto grado, un ambiente da favola e tutte le pareti erano piene di gente e la Solleder era agognata da tutti ma anche temuta perché la più difficile. Dopo esserci passato sotto un po’ di volte, nel 1979 mi sono deciso, sono partito e l’ho fatta fino in cima. È stata veramente bella, una grande impresa. Come vedi il futuro della montagna e della sua frequentazione? Io dico che è un po’ una sinusoide, nel senso che le cose vanno a cicli, perché adesso c’è il boom della falesia e piano piano io penso che si ritornerà a fare anche altro. Negli anni ’70 ricordo che si scoprivano le falesie e le rocce dimenticate, poi c’è stato un briciolo di tranquillità e la gente è andata a fare altro. Adesso c’è di nuovo il boom delle falesie e delle palestre indoor perché evidentemente siamo diventati pigri, con più possibilità economiche, con più impegni, per cui a questo punto se uno ha 3 ore libere prende la macchina, va all’Angelone, così torna a casa presto e può fare altre cose. Questa è un po’ una cosa brutta perché anni fa prendevi, andavi in giro e stavi in giro volentieri anche per più giorni, insomma non ti veniva in mente di tornare a casa a fare altro. Ora mi sembra che manchi un po’ il concetto della cima a favore dei gradi di arrampicata e quindi spero che prima o poi si torni a dare importanza alla cima. Quali aspetti della montagna andrebbero meglio tutelati? Andrebbe tutelato e incentivato proprio il fatto di andare in montagna con più calma, senza fretta. Bisognerebbe sensibilizzare le persone a seguire i sentieri perché, spesso e volentieri, i sentieri vengono danneggiati dai molti che tagliano scorciatoie sia in salita che in discesa perché si vuol correre e secondo me la velocità porta un po’ a distruggerla la montagna. Dal punto di vista della flora e della fauna, non c’è molta buona educazione nella gente che va in montagna oggi, soprattutto da parte degli “escursionisti domenicali” che urlano e schiamazzano, per cui gli animali scappano perché sono disturbati. Quindi credo che si debba tutelare la cultura della montagna sotto tutti gli aspetti incluso il rispetto per l’ambiente che ci circonda.

258

Le Interviste


I nuovi media secondo te hanno giovato all’immagine della montagna e al modo di frequentarla? Per quanto riguarda le pubblicità, queste cose moderne pubblicizzano l’exploit, quindi la cosa difficile, veloce e comunque qualcosa che non è alla portata di tutti; sarebbe bello pubblicizzare salite di un certo impegno ma, magari, fattibili da molti. Adesso si guarda tanto il grado di difficoltà: se io faccio un IV grado sono un “poveretto”. Le ultime volte che sono andato in Dolomiti, ho notato che le vie erano vuote, questo perché la gente non ha voglia di impegnarsi affrontando vie lunghe di 700 o 800mt di avventura poco protette; ovviamente qualcuno bravo ci va, ma non sono più frequentate come una volta, perché credo che pochi oggi abbiano le capacità e la voglia di affrontare vie di un certo impegno e di una certa lunghezza. La gente preferisce fare cose veloci e muoversi sulle alte difficoltà anche perché questo è il messaggio che appunto passano i nuovi media. Quale personaggio rappresenta oggi meglio la montagna? Uno che ho ammirato tantissimo è stato Walter Bonatti che, grazie alle sue doti eccezionali dal punto di vista fisico e mentale, è stato capace di partire subito da giovane a fare salite impegnative anche in condizioni più difficili rispetto, ad esempio, a Messner. Se fossero partiti alla pari, quindi stessa epoca e anche stesse possibilità economiche, probabilmente avrebbe fatto meglio Bonatti. Insomma, per me è stato un fantastico alpinista. Come mentalità innovativa penso che Bonatti sia stato uno dei migliori. Comunque ce ne sarebbe una miriade di grandi alpinisti da nominare. Quale libro recentemente ti ha più appassionato o interessato? Sto leggendo un libro da favola sulla vita di Angelo Dibona: si intitola “Da Cortina d’Ampezzo alle Alpi”; è un libro di un po’ di anni fa. Angelo Dibona era una persona eccezionale, lo chiamavano “il principe” perché aveva evidentemente un movimento di arrampicata particolare e soprattutto non ha mai avuto nessun incidente, anche se ha fatto salite da tutte le parti. Considera che a quei tempi, quindi nel 1900, spostarsi dalle Dolomiti al Monte Bianco era difficile, lui invece si muoveva sempre dappertutto e ovunque andava faceva bene, apriva vie nuove fantastiche. È un libro che mi ha molto colpito e che rileggo ogni tanto. Quali effetti temi di più per i cambiamenti climatici in corso? Sicuramente lo scioglimento dei ghiacciai ha un grande impatto e di conseguenza le vie di ghiaccio diventano sempre più pericolose, rischi Le Interviste

259


di trovare poca neve con le rocce sotto non sicure. Questo porta anche a una modificazione degli approcci per affrontare una salita, perché questo abbassamento dei ghiacciai porta ad avere specie nelle parti basse delle pareti delle difficoltà che di solito non si trovavano. Quali pensi che siano i motivi principali che rendono il CAI unico e insostituibile? Il fatto che, grazie al cielo, il CAI porta sempre in giro tanta gente e penso che tutti quelli che vanno in montagna provino una bella sensazione di tranquillità, proprio grazie agli insegnamenti che il CAI dà. Soprattutto è bello riuscire a spingere le proprie capacità oltre il pensiero, cioè uno va in montagna, è stanco morto, ma continua ad andare avanti e magari arriva in cima. Questa secondo me è la cosa più bella, proprio la soddisfazione di fare delle cose che sono inutili, ma che ti spingono ad andare oltre i tuoi limiti. Penso che sia questo concetto che il CAI porta avanti L’altra cosa bella che sta facendo adesso il CAI è il lavoro con i giovani; una volta i giovani per carità c’erano, ma adesso si sta più attenti a loro e la trovo una cosa bellissima. Se ci sono dei buoni istruttori o accompagnatori che li entusiasmano, che li portano a divertirsi e a provare cose che magari non avrebbero mai fatto, allora l’andare in montagna diventa la cosa più bella del mondo anche per loro. Quale aspetto può oggi risultare penalizzante per il Club Alpino che tuttavia, in base al numero di iscritti, sembra oggi godere di buona salute? Non vedo aspetti che possano penalizzare il CAI oggi, forse l’unica cosa è che quando si va in giro, anche per i rifugi, i soci CAI ormai vengono trattati come tutti gli altri e quindi si rischia di non sentirsi parte di un’associazione. Poi è vero che se sei socio CAI hai l’assicurazione in caso di incidente, però può essere che un socio CAI rischi di non sentirsi tale.

260

Le Interviste


Intervista a Giacomo Galli a cura di Chiara Pesavento

Bravo alpinista, Istruttore Nazionale di Alpinismo, è stato Direttore della Scuola di Alpinismo, Sci alpinismo, Arrampicata e Sci escursionismo Silvio Saglio dal 2002 al 2010. Questo è stato un periodo di grande crescita della Scuola che ha aumentato il numero di corsi e il numero di istruttori. Durante la sua direzione, Giacomo ha riformato l’organizzazione e la contabilità della scuola. È uno dei fondatori del premio Marcello Meroni. Parlaci di te: come è nato il tuo amore per la montagna? Il mio amore per la montagna è nato in ambito familiare, nel senso che il mio papà mi portava in montagna quando ero piccolo a fare delle escursioni e questo mi ha permesso di apprezzare il mondo della montagna da una parte e dall’altro mi ha dato delle conoscenze basilari sulla montagna. Il mio babbo non era un alpinista, però il muoversi sui sentieri, lo stare in giro tanto tempo, il camminare, il saper dosare le proprie forze, mangiare in condizioni diverse dal solito, il dormire in posti non confortevoli, il saper anche misurare il proprio corpo in un ambiente di montagna è stato l’insegnamento fondamentale trasmessomi da mio padre. Poi c’è stato un lungo periodo in cui in montagna ci sono andato un po’ di meno. Poi occasionalmente e del tutto fortuitamente incontrai la SEM, iscrivendomi ad un corso di roccia e da lì nacque una passione più matura e più tecnica che però poggiava sul sentimento di piacere verso la montagna e l’ambiente alpino che invece evidentemente era già sedimentato da tempo. Le Interviste

261


C’è una montagna o una salita che ha particolarmente nel cuore? Allora, di salite che ho amato ce ne sarebbero tante e per ragioni diverse; se devo dirtene una, più che una montagna c’è un gruppo montuoso che io ho particolarmente a cuore che è il gruppo montuoso del Gran Paradiso. Il Gran Paradiso e la Valle di Cogne sono i luoghi dove mio padre mi portava quando ero ragazzo e quindi lì avevo percorso tutti i sentieri. Il Gran Paradiso è stato ed è forse ancora per me una delle montagne più importanti e che presenta una duplice faccia, nel senso che la cima del Gran Paradiso è una montagna di 4000 metri ed è anche considerata il 4000 più facile delle Alpi, viceversa a fianco del Gran Paradiso ci sono delle montagne, soprattutto nel versante della Val di Cogne, che sono molto poco salite ma che sono molto spettacolari dal punto di vista ambientale, cioè tanto è facile la cima più alta del gruppo quanto sono impegnative e più selvagge le montagne che le stanno attorno. Come vedi il futuro della montagna e della sua frequentazione? Ci sono due tipi di cambiamenti che sono importanti per la montagna: il riscaldamento globale e la deglaciazione, questi cambiamenti presenteranno alle generazioni future delle montagne radicalmente diverse da quelle che abbiamo vissuto noi, soprattutto per quanto riguarda le salite glaciali e in ambiente di alta montagna. La montagna sta cambiando ed è destinata a cambiare. Poi ci sono gli uomini che cambiano, nel senso che cambia il loro modo di andare in montagna; lì ci sono secondo me due correnti molto diverse: quelli che prediligono l’arrampicata sportiva di alta difficoltà e c’è un alpinismo che ciclicamente si tende a dare un po’ per morto e invece non lo è per niente, che è un alpinismo più esplorativo in alta montagna. Questo secondo me continua a ritornare e a riproporsi in forme diverse. Io non credo che ci saranno grandi cambiamenti nell’andare in montagna: l’uomo continuerà a misurarsi con sé stesso e con l’ambiente. Quello che ha mosso l’uomo e che sempre lo muoverà è la passione per la montagna, che non cambierà. Quali aspetti della montagna andrebbero meglio tutelati? La montagna è un ambiente che andrebbe più protetto. In alcuni casi e in tanti luoghi è abbastanza protetto, in altri casi non lo è affatto. La montagna andrebbe protetta soprattutto negli ambiti e nei luoghi dove è più sottoposta a “stress”, ad esempio certe valli, in cui ci sono strade invadenti o troppi impianti di risalita, andrebbero protette fermando altre costruzioni. Oppure certe vie alpinistiche troppo frequentate o certi rifugi presi d’assalto nei periodi più favorevoli: tutto questo va limitato. 262

Le Interviste


Viceversa, ci sono dei luoghi che paradossalmente la montagna un po’ si riprende, nel senso che passano di moda e vengono abbandonati dagli alpinisti e dagli escursionisti. La montagna si riappropria di questi luoghi che si rinselvatichiscono: forse esiste un certo tipo di equilibrio. In sostanza la montagna andrebbe più tutelata dall’invadenza dell’uomo e dovrebbe essere frequentata dall’uomo in maniera rispettosa. I nuovi media secondo te hanno giovato all’immagine della montagna e al modo di frequentarla? L’hanno cambiata tantissimo e come tutti i cambiamenti ci sono dei vantaggi e degli svantaggi. Quando ho cominciato ad andare in montagna e a maggior ragione anche prima, per organizzare una salita in montagna dovevi leggerti dei libri, dovevi studiarti le relazioni scritte, ti trovavi nelle sezioni del CAI, adesso la maggior parte delle informazioni sulla montagna e sugli itinerari, le trovi su internet. Questo da una parte è un vantaggio perché le informazioni circolano molto di più, dall’altra parte il fatto che le informazioni sulla montagna circolino tanto crea ogni tanto delle congestioni su certi itinerari. Ci sono quindi vantaggi e svantaggi: sicuramente i social network hanno cambiato tantissimo il modo, non tanto di andare in montagna, quanto di organizzare la preparazione della gita in montagna. Non c’è bene o male in assoluto, dovrebbe esserci un buon equilibrio, ogni tanto c’è e ogni tanto non c’è. Quale personaggio rappresenta oggi meglio la montagna? Faccio un po’ fatica a rispondere perché da una parte ci sono i grandi nomi e quelli rimangono comunque dei pilastri della storia dell’alpinismo, da Gervasutti a Bonatti. Dall’altra parte ci sono le persone con cui io sono andato in montagna e quindi con cui io ho condiviso la mia passione e il mio tempo. Quelli potrebbero essere tanti e sono per la maggior parte soci della SEM e amici istruttori della scuola di alpinismo. La persona però con cui ho fatto la maggior parte delle salite e con la quale ho condiviso i giorni “grandi” per me è Guido Valgattarri che è un socio della SEM e istruttore della scuola. Te ne cito un altro: Franco Rainoldi. Franco è stato un mio compagno di scalata dei primi tempi in cui io imparavo ad arrampicare ed è stato un compagno con cui io sono cresciuto, non siamo sempre andati d’accordo perché avevamo due caratteri diversi, però a lui sono legati tantissimi miei ricordi. Lo cito perché è mancato e perché per me Franco era un po’ l’emblema dell’arrampicata e dell’alpinismo. Lo voglio ricordare per un paio di cose in realtà, la prima perché lui mi considerava (per quanto mi riguarda del tutto a torto) un alpinista forte e ogni volta che me lo diceva lo guardavo con aria imbarazzata e un po’ Le Interviste

263


interdetta come per dire “ma di cosa stai parlando?”, ma questa era una cosa molto tra me e lui; l’altra cosa, perché lui mi diceva sempre “Non diventeremo mica come quegli istruttori, vecchi a 60 anni, rimbambiti! Tu secondo me diventerai così!”, ora lui non c’è più e io non ho ancora 60 anni ma non sono più un istruttore, quindi rimbambirò senza rimbambire degli allievi. Quale libro recentemente ti ha più appassionato o interessato? Ti direi l’ultimo che ho letto ma non ricordo neanche il titolo. Ora libri di montagna non ne sto leggendo da un po’ e di altri… ho letto dei libri di narrativa, ma anche lì non ricordo i titoli. Quali effetti temi di più per i cambiamenti climatici in corso? C’è un luogo delle Alpi dove il ritiro dei ghiacciai è misurato scientificamente ed è abbastanza a portata sia degli escursionisti che degli alpinisti, è il Ghiacciaio del Morteratsch. Per raggiungere il Ghiacciaio del Morteratsch c’è una lunga camminata per una valle dove ci sono delle paline che segnano il ritiro del ghiacciaio a partire grossomodo dal 1800. Le ultime paline, quelle degli ultimi anni, sono impressionanti perché sono molto lontane tra loro, segno che lo scioglimento è aumentato. Le ultime volte che mi è capitato di andare su quel ghiacciaio, quando sono passato dalle paline del 1989, 1995, 2002, ho pensato al fatto che io di lì ero passato quando in quel punto c’era il ghiacciaio e ora non c’è più, anzi è lontanissimo. Questa è una cosa che mi ha fatto molta impressione. Gli effetti quindi sono visibili e terribili, non c’è molto da dire. La natura ha dei cicli di glaciazione e di scioglimento ma la situazione attuale è che la natura è fortemente condizionata dall’uomo. Avanti di questo passo avremo dei grandi problemi, non per gli alpinisti ma per tutte quelle persone che usano le risorse della montagna per vivere. Quali pensi che siano i motivi principali che rendono il CAI unico e insostituibile? Sono diversi, la storia al primo posto, cioè una storia lunga, bella ma con qualche neo. La storia del CAI è anche riconosciuta dalle istituzioni e quindi importante. Al secondo posto la serietà e la preparazione dei suoi organici a tutti i livelli, perché il CAI è fatto di persone preparate e appassionate. La terza cosa è il fatto di essere diffuso sul territorio, questo fa tanto nel senso che altre organizzazioni sono molto locali o localizzate in certe valli piuttosto che in altre. Il CAI invece ha una copertura territoriale straordinaria. La quarta cosa è anche il dare riscontro a un desiderio di 264

Le Interviste


aggregazione che comunque c’è nella società, cioè fare delle cose insieme, e il CAI è un ambito aggregativo notevole e questo è un valore molto importante. Quale aspetto può oggi risultare penalizzante per il Club Alpino che tuttavia, in base al numero di iscritti, sembra oggi godere di buona salute? In realtà il CAI è un’organizzazione solida, di questo vive e da questo trae beneficio. Io non ne vedo di cose che potrebbero essere penalizzanti per il CAI in questo momento. Il CAI è riuscito a mantenere una sua collocazione del tutto onorevole anche di fronte al fiorire di associazioni diverse, allo sviluppo delle palestre di arrampicata indoor, allo sviluppo dell’arrampicata sportiva e alla creazione della FASI (Federazione Arrampicata Sportiva Italiana). Il CAI non ha avuto contraccolpi grossi, ha sempre saputo mantenere il suo spazio e la sua peculiarità e io credo che lo farà anche in futuro.

Le Interviste

265


Intervista a Andrea Maconi a cura di Chiara Pesavento

Andrea Maconi è uno speleologo del Gruppo Grotte Milano della SEM. In quest’ultimo decennio si è dedicato ad importantissime scoperte ed esplorazioni sia in Grigna che al Pian del Tivano. È una delle punte di diamante del GGM. Passa un numero incredibile di giornate in grotta ogni anno, ha scoperto nuovi concatenamenti e nuovi bracci di grotte, raggiunto profondità incredibili (-1000m) rimanendo in grotta continuativamente per molte giornate. Parlaci di te: come è nato il tuo amore per le grotte? Sono originario della Valle Imagna nella bergamasca e vicino a casa ci sono delle grotte. Fin da piccolo mi piaceva andare sia in montagna che in grotta con mio padre e quindi la mia passione per le grotte è nata fin da allora. Inoltre, mio padre aveva frequentato un corso di speleologia 20-30 anni prima e quindi anche l’emulazione del genitore è stato un altro motivo che mi ha spinto ad iniziare questa attività. C’è una grotta che hai particolarmente nel cuore? Mah, in realtà ce ne sono tante… magari “Ingresso Fornitori” al Pian del Tivano, la grotta più lunga di Lombardia, oppure “Topino e le giostre” in Grigna. Sono nomi un po’ strani, ma le grotte hanno tutte nomi particolari e fantasiosi. Queste due grotte in particolare le ho nel cuore perché forse sono quelle in cui ho esplorato di più, quindi quelle che sento mie. Come vedi il futuro della grotta o della montagna e della sua frequentazione? In realtà per la frequentazione in grotta non credo che il futuro 266

Le Interviste


sarà molto diverso da ora, penso che data la particolarità dell’ambiente, in futuro non ci sarà molta più gente di adesso che si avvicinerà alla speleologia. Per quanto riguarda la montagna invece, probabilmente ci sarà un aumento nella frequentazione rispetto ai tempi passati, però probabilmente la frequentazione avrà uno stile diverso, magari meno impegnativo. Quali aspetti della montagna e della grotta andrebbero meglio tutelati? Secondo me andrebbe meglio tutelato l’ambiente in generale. Spesso mi è capitato di visitare dei bei posti, come alcuni Parchi Nazionali, in cui la natura dovrebbe essere assolutamente preservata, mentre invece si vedono cumuli di rifiuti. Questo non deve succedere e sicuramente è importante far capire alla gente che la natura va preservata e tutelata. In grotta vale lo stesso discorso. Ovviamente, essendo meno frequentata, è minore anche l’impatto umano. Anche se credo che l’ambiente ipogeo sia da tutelare forse ancor di più e meglio rispetto all’ambiente esterno perché le grotte sono in diretta connessione con i sistemi idrici. È importante far capire che l’acqua che circola nelle grotte è quella che entra nei nostri acquedotti e che noi tutti beviamo, soprattutto in zone come la Lombardia. Questo va considerato e impone la tutela assoluta dell’ambiente sotterraneo. I nuovi media secondo te hanno giovato all’immagine della montagna e al modo di frequentarla? Secondo me no, perché molto spesso i social media danno un’immagine un po’ distorta della realtà, sono una bacheca per farsi vedere e per mettersi in mostra. I social danno un’idea distorta della montagna, bisogna per forza fare cose grandiose altrimenti non si è nessuno, mentre invece si possono benissimo fare cose “normali” provando in ogni caso delle belle emozioni e facendo esperienze appaganti. Quale personaggio rappresenta oggi meglio la montagna o la grotta? Così su due piedi non mi vengono in mente tante persone. Relativamente alla montagna penso a Bonatti, che con i suoi racconti riusciva a coinvolgere veramente tanto. Il mondo della speleologia è un po’ diverso dal mondo dell’arrampicata o dell’alpinismo, perché la speleologia non è fatta da una singola persona predominante, ma da una squadra. È il gruppo che porta i risultati nell’attività in grotta, in quanto la singola persona Le Interviste

267


da sola non riuscirebbe a fare molto. Perciò per la speleologia non mi viene in mente un personaggio in particolare, sono tante le persone che hanno contribuito e contribuiscono tutt’ora in maniera significativa alla speleologia. Quale libro recentemente ti ha più appassionato o interessato? Sono molti i libri che ho letto che mi hanno interessato. Qualche anno fa mi sono appassionato ad una collana di libri di montagna che uscivano allegati al Corriere della Sera: ne ho letti parecchi ed erano tutti molto interessanti. Trovo che questa del Corriere è stata una bella l’iniziativa. Quali effetti temi di più per i cambiamenti climatici in corso? Diciamo che gli effetti dei cambiamenti possono essere vari, anche se credo che nel nostro ambito lombardo-milanese di pianura, i cambiamenti nei prossimi anni influiranno relativamente poco. Però ci sono sicuramente altre zone che saranno maggiormente colpite dai cambiamenti climatici. L’esempio più classico dalle nostre parti sono i ghiacciai che si stanno ritirando: questo potrebbe in futuro anche influenzare la disponibilità idrica, soprattutto per settori come l’agricoltura o i fiumi che in estate avranno meno acqua causando disagi e potenzialmente catastrofi. Per quanto riguarda il mondo delle grotte il discorso è un po’ diverso: in Grigna, ad esempio, ci sono delle cavità che 40 anni fa erano piene di neve e ghiaccio, mentre ora il livello è drasticamente sceso; in altre grotte, invece, il ghiaccio è addirittura aumentato. Quindi questo fenomeno è sempre stato abbastanza variabile, anche se la tendenza va verso una diminuzione generale della presenza di neve e ghiaccio. In realtà, che in grotta ci sia o non ci sia il ghiaccio non cambia molto per la grotta stessa, solo che mancando di ghiaccio viene a mancare una riserva idrica preziosa. Comunque, è da tenere presente che la grotta rispetto all’esterno risente dei cambiamenti climatici con un tempo molto più ritardato, perché tutti i processi sono più lenti. Quindi i mutamenti del clima sono ancora difficilmente visibili nell’ambiente ipogeo, a parte questo fenomeno della riduzione del ghiaccio che in certi casi è abbastanza evidente. Quali pensi che siano i motivi principali che rendono il CAI unico e insostituibile? Il CAI è l’unica organizzazione di grandi dimensioni che ha come scopo la diffusione della conoscenza e della frequentazione della montagna in tutti i suoi aspetti, coinvolgendo moltissime persone. Credo che sia proprio il “gruppo” l’elemento che rende il CAI unico ed insostituibile, un gruppo formato da decine di migliaia di persone con gli stessi interessi e gli stessi valori. 268

Le Interviste


Quale aspetto può oggi risultare penalizzante per il Club Alpino che tuttavia, in base al numero di iscritti, sembra oggi godere di buona salute? Un aspetto penalizzante credo sia l’eccessiva burocrazia che sta appesantendo le varie attività, sia le uscite che i corsi. Capisco che questo aspetto è in parte legato all’evoluzione della società che impone determinate regole e non è una caratteristica esclusiva del CAI, ma bisogna cercare di limitare al minimo indispensabile questo aggravio. Un altro aspetto penalizzante è lo scarso legame al CAI e alla Sezione che purtroppo sempre più spesso si riscontra tra le persone che partecipano ai corsi, terminati i quali molti dei partecipanti smettono di frequentare e non si vedono più. Anche questo aspetto, però, non è legato direttamente al CAI quanto, piuttosto, alle dinamiche della società che cambia.

Le Interviste

269


Intervista a Virginia Mandracchia a cura di Chiara Pesavento

La presidente del GGM (Gruppo Grotte Milano). Super appassionata di speleologia si è perfino sposata con il suo Carlo nella grotta Zelbio nel triangolo lariano, zona dove GGM è attivo da sempre. Parlaci di te: come è nato il tuo amore per le grotte? Il mio amore per le grotte nasce per pura casualità; io vengo da un posto di mare e mi sono trasferita a Milano dove è nata la passione per la subacquea in ambiente lacustre e da questo è stato un passo arrivare all’amore per la speleologia subacquea. Solo che per arrivare a questo obiettivo non si possono saltare degli step e quindi sono stata “costretta” a fare un corso di speleologia. Grazie al mio istruttore ho iniziato ad andare in grotta, a fare un corso presso il gruppo di Milano e da qui mi sono incamminata per sentieri, montagne e una cosa tira l’altra, una passione tira l’altra e quindi dalla subacquea, dalla speleosubacquea sono arrivata alle grotte e poi anche alla montagna. C’è una grotta che hai particolarmente nel cuore? Sì, decisamente; in particolare ce ne sono due: si trovano entrambe al Pian del Tivano, in questa zona carsica dove c’è un complesso molto importante dal punto di vista speleologico (fino a pochi anni fa era anche il più lungo d’Italia, ora è il secondo) che è il frutto del lavoro di tanti anni di tanti speleologi, il gruppo di Milano ha cominciato a lavorare 40 anni fa e ci lavoriamo ancora oggi. Del complesso una grotta per me importante è l’ingresso principale che si chiama “Ingresso Fornitori” perché è stata sia la mia palestra di grotte sia il posto in cui ho incontrato mio marito. 270

Le Interviste


Poi nel cuore mi porto la grotta che è stata la mia prima più grande esplorazione che è “Il buco del latte” che è stata l’emozione più grande che ho condiviso con quello che oggi è mio marito, anche lui speleologo, conosciuto in grotta, sposato in grotta sempre al Pian del Tivano e forse avrei dovuto menzionare questa come terza grotta che mi porto nel cuore, se non addirittura la prima. Come vedi il futuro della grotta o della montagna e della sua frequentazione? Per quanto riguarda la frequentazione della grotta non prevedo molti cambiamenti, nel senso che ci saranno sempre i gruppi di speleologia che continueranno il loro lavoro di esplorazione nelle grotte. Per quanto riguarda invece la montagna potrei dirti che forse sta cambiando il modo di andare in montagna anche in relazione ai cambiamenti della vita quotidiana delle persone. Quali aspetti dell’ambiente montano andrebbero meglio tutelati? Sicuramente quello su cui ci si dovrebbe concentrare di più è l’attenzione da parte di chi frequenta la montagna principalmente per i rifiuti che è la cosa che noto con maggior amarezza, perché è vero che la montagna, così come la grotta, è di tutti e ognuno la vive a modo suo, però quello che noto è che non c’è sempre tanta attenzione ai rifiuti in generale, da parte di tutti, anche da parte di frequentatori assidui. Questa cosa la noto perché noi come speleologi non sempre facciamo sentieri ma andiamo in giro “a caso” perché il nostro scopo è trovare grotte e quindi anche fuori dai sentieri troviamo molta sporcizia. I nuovi media secondo te hanno giovato all’immagine della montagna e al modo di frequentarla? Secondo me i nuovi media, fondamentalmente i social network, sono un’arma a doppio taglio perché sono dei social fantastici, mediatici e immediati; però le informazioni non vengono più filtrate e spesso prendiamo per buono quello che ci piace o quello di cui abbiamo bisogno in quel momento e smettiamo di ragionare e di essere più critici, anche rispetto alle informazioni che riceviamo. D’altro canto ci facciamo incantare da belle foto e belle immagini che pubblicizzano posti bellissimi e quindi questo ci sprona ad andarci e pur di fare una bella foto o pur di andare in quel determinato posto si perde l’attenzione che si dovrebbe avere, per capire se si hanno le potenzialità, le capacità. Questo è da tenere sempre ben presente per evitare inconvenienti.

Le Interviste

271


Quale personaggio rappresenta oggi meglio la montagna o la grotta? Su questo ho un po’ di difficoltà a risponderti perché nel mondo della speleologia ci sono si tanti personaggi importanti per la nostra attività, però io ho vissuto esperienze con delle persone che per me sono diventate loro personaggi importanti. Sono tutte quelle persone che mi hanno insegnato ad amare la grotta, la montagna e rispettarla. Sono due le persone fondamentali che ho conosciuto, sono Luigi Casati (Gigi) uno speleosub grazie al quale ho fatto i primi passi sia subacquei che speleo e Alfredo Bini che è stato una persona molto importante per il Gruppo Grotte Milano e la sua passione per le grotte e l’amore per la scienza e la ricerca, che ha manifestato in tutte le sue forme. Il suo esempio è stato per me di grande sprone a continuare in questa attività e a trovare sempre spunti diversi. Poi un po’ tutte le persone del Gruppo Grotte Milano, che sono una grande famiglia e sono tutti dei personaggi che ogni giorno hanno qualcosa da insegnare. Quali effetti temi di più per i cambiamenti climatici in corso? Quello che noi vediamo da vicino è sicuramente lo scioglimento dei ghiacciai e ci riguarda molto anche a livello speleologico, proprio perché noi studiamo anche la parte speleoglaciale e quindi anche il monitoraggio di alcuni ghiacciai delle nostre zone. Questi studi stanno dando dei risultati non molto belli dal punto di vista del cambiamento climatico. Già le grotte nel ghiacciaio sono grotte effimere e durano poco; con questo problema climatico che stiamo provando ad affrontare sicuramente i tempi si sono accelerati tantissimo, quindi strutture che ieri c’erano e sono durate anche per un po’ di anni scompaiono con una rapidità molto maggiore rispetto anche a solo 10 anni fa. Quindi è abbastanza preoccupante e non so fino a che punto troveremo delle vere soluzioni. Quali pensi che siano i motivi principali che rendono il CAI unico e insostituibile? Il CAI è sicuramente un’entità in cui tutti si riconoscono ed è riconosciuta a livello internazionale anche dai non soci. Un aspetto molto importante è la sicurezza ed essere il punto di riferimento per molti perché la montagna è di tutti e per tutti, però bisognerebbe capire i propri limiti e quindi avere il CAI come riferimento aiuta sia gli esperti che i meno esperti a vivere al meglio la montagna ed evitare problematiche o incidenti che si potrebbero banalmente evitare.

272

Le Interviste


Quale aspetto può oggi risultare penalizzante per il Club Alpino che tuttavia, in base al numero di iscritti, sembra oggi godere di buona salute? Il CAI oramai è così consolidato che si fa fatica a pensare a una cosa del genere, anzi a maggior ragione vedo, anche nelle nuove generazioni, una maggior affiliazione anche a livello familiare, un’aggregazione di persone che fanno parte del CAI e che iscrivono anche i propri figli, perché ci tutela e fornisce anche tante attività sane per i giovani.

Le Interviste

273


Intervista a Carlo Alberto Pinelli a cura di Roberto Serafin

Carlo Alberto Pinelli è uno dei padri fondatori di un alpinismo che ha fatto della tutela ambientale una ragione di vita. Accademico del CAI, regista, scrittore, fine intellettuale, presidente onorario di Mountain Wilderness Internazionale, è ideatore e propugnatore di progetti di tutela ambientale di grande respiro dal Monte Bianco all’Himalaya, basti citare “Free K2” che nell’altro secolo diede il via anche nei fatti a una rinnovata visione ecologista degli ottomila. Si onora di considerarlo tra gli amici più sinceri la Società Escursionisti Milanesi che nel 2016 assegnò a Mountain Wilderness il prestigioso Premio Marcello Meroni e nella cui sede accoglie di frequente le riunioni di questo sodalizio ultratrentennale nato da una costola del Club accademico. Va precisato che Betto non si è fatto pregare per rispondere a queste domande, benché travolto con le sue 83 primavere da mille impegni, tutti apparentemente inderogabili. Era appena rientrato dal Pakistan e sommerso dalle lezioni universitarie, dai problemi di MW International, dalla precaria situazione dei parchi nazionali, dal rimaneggiamento di un documentario su Giuseppe Tucci e il Tibet, dall’organizzazione dei trekking di metà agosto, dal progetto di un nuovo film di finzione. Parlaci di te: come è nato il tuo amore per la montagna? Nel 1951 mia madre costrinse me e i miei fratelli ad accettare l’invito di mia nonna che aveva affittato una spaziosa casa estiva a Dolonne (Courmayeur). Io allora consideravo la montagna come uno stucchevole fondale retorico utilizzato da una certa parte dell’Azione Cattolica, dalla quale ero appena uscito, come metafora: ascesi verso l’alto, cordate da portare in paradiso, ecc. Ma appena giunto di fronte al Monte Bianco me ne innamorai immediatamente già dal primo giorno. Invece la mia propensione per l’arrampicata si sviluppò sui 274

Le Interviste


grandi massi del fondovalle dove mi accorsi di scalare meglio di molti altri miei coetanei. Su quei sassi, tra l’altro, ho conosciuto per la prima volta Walter Bonatti. Devo riconoscere che la mia storia alpinistica ebbe inizio come “sassista”. Un ruolo chiave per il mio avvicinamento alla montagna intesa come esperienza “globale” e non solo sportiva, l’ebbe in seguito la guida Laurent Grivel, l’inventore dei ramponi a dodici punte. Fu lui il mio vero maestro, anche dal punto di vista del rispetto ambientale. C’è una montagna o una salita che hai particolarmente nel cuore? Mi sono sempre considerato un alpinista del Monte Bianco dove ho compiuto quasi tutte le mie più importanti ascensioni. Il mio cuore è lassù. Per questo mi feriscono profondamente tutte le aggressioni all’integrità di quegli straordinari ambienti naturali (e all’esperienza che in essi si può vivere) come la recente, ributtante stazione di arrivo della funivia alla punta Helbronner, o ciò che sta accadendo lungo la via normale francese. Le salite che mi stanno particolarmente a cuore sono quelle che, per una ragione o per l’altra, non sono riuscito a fare, come la Cassin alle Grandes Jorasses, la cresta sud delle Noire di Peuterey, l’Arrète sans nom della Aiguille Verte, la via Mayor alla est del Bianco. Come vedi il futuro della montagna e della sua frequentazione? I vecchi, credo fin dalla preistoria, hanno sempre considerato i tempi recenti non all’altezza dei tempi in cui loro erano giovani. Per questo, avendo ormai superato la boa degli ottant’anni, sono reticente ad esprimere un giudizio sull’alpinismo odierno e più in generale sull’attuale e futura frequentazione della montagna. Diffido del mio giudizio. Concordo però con Kurt Diemberger il quale sostiene la necessità di difendere lo spirito dell’alpinismo evitando di abbattere ulteriormente la barriera della fatica e del disagio. Nuove strade di penetrazione, vie ferrate, sentieri manipolati, rifugi accoglienti come alberghi di quota, certamente portano tanta gente in più tra i monti. Però man mano che queste folle viziate avanzano di un passo il significato della montagna arretra di un passo. Questo è verissimo in Himalaya; ma è altrettanto vero per le Alpi. Consiglio di leggere, su tale argomento, le Tesi di Biella, documento fondante di Mountain Wilderness. Quali aspetti della montagna andrebbero meglio tutelati? Le montagne, da un punto di vista morfologico, non sono altro che mucchi di rocce e di neve. Personalmente non ne riconosco una sorta di sacralità oggettiva. Considero invece sacro – vale a dire prezioso – l’investimento affettivo ed esistenziale su quegli spazi incontaminati e selvaggi che tante persone hanno fatto o possono fare. Direi in sintesi Le Interviste

275


che bisogna difendere l’integrità della montagna intesa come potenziale catalizzatrice di una parte segreta di noi stessi. Un volto inaspettato che solo attraverso quell’incontro rischioso possiamo talvolta far uscire alla luce. I nuovi media secondo te hanno giovato all’immagine della montagna e al modo di frequentarla? No, non mi sembra. Manca in genere il coraggio di assumersi la responsabilità di indicare un percorso etico rigoroso. E di fare scelte di campo. Penso con raccapriccio al reality realizzato un paio d’anni fa dalla RAI sull’alpinismo del Monte Bianco. Poi ovviamente ci sono eccezioni come i blog di Serafin e di Gogna. Quale personaggio rappresenta oggi meglio la montagna? Non lo so. Francamente non lo so. Spesso però quelli che tu chiami “personaggi” pongono tra se stessi e l’esperienza della montagna il filtro sterilizzante del proprio super io e della propria ossessiva ambizione competitiva. E’ imbarazzante notare come molti di loro, pur compiendo grandiose imprese, del significato autentico dell’alpinismo capiscano ben poco. Quale libro recentemente ti ha più appassionato/interessato? “Viva il latino – storie e bellezza di una lingua inutile” di Nicola Gardini. O anche l’Aldo Leopold di “Pensare come una montagna” (ma con qualche riserva sulla pratica della caccia). In genere ormai leggo pochi libri di alpinismo. Spesso trovo le loro pagine autoreferenziali e al fondo insincere. Da giovane però li divoravo. L’”Amateur des Abimes” di Samivel è stato per anni il mio “livre de chevet”. Quali effetti temi di più per i cambiamenti climatici in corso? Soffro profondamente per l’arretramento dei ghiacciai come se fossero amici colpiti da un morbo incurabile. Forse inconsciamente li vedo come una metafora del mio stesso declino fisico. Il discorso sui cambiamenti climatici è troppo complesso per essere affrontato in questa sede. Quali pensi che siano i motivi principali che rendono il CAI unico e insostituibile? Unico e insostituibile sono, come ora si usa dire, parole grosse. Però al fondo concordo. Il CAI è la mia famiglia di origine. Sono socio della sezione di Roma dal 1954; ho guidato la TAM nazionale; ho diretto la scuola di alpinismo Paolo Consiglio; sono stato anche consigliere 276

Le Interviste


centrale. Faccio parte del CAAI. Penso che il Sodalizio sia una ricchezza per la nostra società, anche se lo vorrei più efficace, più tagliente e più coraggioso nel difendere le montagne dall’assalto dell’antropizzazione consumistica. Mi piace l’attuale presidente Torti ma alle sue spalle temo che ci siano ancora troppa zavorra e troppi compromessi. Un esempio? Il CAI non ha aperto bocca per ostacolare i deleteri e ridicoli progetti di sviluppo sciistico del Comelico, lasciando la responsabilità della battaglia a Mountain Wilderness e ad alcune altre associazioni ambientaliste (WWF, Italia Nostra, Pro Natura, Legambiente). Ne ho parlato con i dirigenti del CAI Veneto ma con risultati insoddisfacenti. Con tutto l’affetto e il rispetto per la mia casa di origine reputo che ancora oggi i soci CAI davvero preoccupati della progressiva degradazione della montagna dovrebbero iscriversi anche a Mountain Wilderness e attivarsi a fianco di questa combattiva associazione che tanti anni fa ho contribuito a fondare.

Le Interviste

277


Intervista a Mario Polla a cura di Chiara Pesavento

Mario è uno dei fondatori del gruppo di Alpinismo Giovanile SEM e tuttora un’anima fondamentale del gruppo. Bravo alpinista ed eccellente accompagnatore di giovani è da tempo titolato Accompagnatore Nazionale di Alpinismo Giovanile e componente dell’organico della Scuola Nazionale di Alpinismo Giovanile del CAI. È stato per alcuni anni nel Consiglio Direttivo della SEM. Parlaci di te: come è nato il tuo amore per la montagna? Il mio amore per la montagna nasce dal fatto che sono nato in montagna e quindi la montagna mi è sempre piaciuta. Io vengo dal Trentino, fin da piccolo sono stato abituato a frequentarla e questa passione mi è rimasta anche quando sono venuto qui a Milano. È da tanti anni che sto mettendo la mia passione per la montagna al servizio dei più giovani, cercando di trasmettere anche a loro questo amore, che io ho scoperto da bambino. C’è una montagna o una salita che ha particolarmente nel cuore? Si, il Carrè Alto, perché è la montagna sopra casa mia e quindi per me è la mia montagna e ce l’ho nel cuore. Come vedi il futuro della montagna e della sua frequentazione? Non lo vedo proprio molto bene perché oramai in montagna ci vogliono andare tutti, anche chi non è preparato in nessun modo e quindi si rischia sia un sovraffollamento che un possibile aumento di incidenti. Sotto il profilo della cultura e del lavoro in montagna sono un po’ pessimista perché ho l’impressione che alla gente non importi molto mantenere la cultura e le tradizioni dei propri avi. 278

Le Interviste


Quali aspetti della montagna andrebbero meglio tutelati? Andrebbe meglio tutelata la vita negli alpeggi; bisognerebbe evitare di continuare a fare strade, funivie e altro perché si rovina sia il paesaggio di per sé, ma anche perché si va ad intaccare la vita e la natura della montagna stessa. I nuovi media secondo te hanno giovato all’immagine della montagna e al modo di frequentarla? Per certi versi sì e per certi versi no. Da un lato hanno giovato all’immagine della montagna perché stanno facendo conoscere veramente l’ambiente delle nostre montagne a livello nazionale. Le montagne non ci sono solo in Lombardia e in Valle d’Aosta, ma ci sono in tutta Italia. Dall’altro, fanno credere al grande pubblico che per fare una qualsiasi salita ci vuole poco, come andare al supermercato, quindi semplificano troppo le cose. Quale personaggio rappresenta oggi meglio la montagna? I miei due miti sono sempre stati due grandi alpinisti e guide trentine: Bruno Detassis e Cesare Maestri che ha aperto vie in solitaria, soprattutto vie in Dolomiti. Ora come ora vedo molto bene Ermanno Salvaterra anche lui bravissimo alpinista che, oltretutto, viene proprio dalle mie zone. Quale libro recentemente ti ha più appassionato o interessato? L’ultimo libro che ho letto è quello di Simone Moro, “in cordata”; mi è piaciuto molto. Adesso ho cominciato a leggerne uno di Manolo di cui non mi ricordo precisamente il titolo (eravamo immortali), ma che parla della sua vita. Quando sono andato alla presentazione del libro sono rimasto entusiasta, primo perché il personaggio mi piace a tutti i livelli sia perché è veramente carismatico, sia per i giovani che per i meno giovani. Poi è un buon divulgatore del saper andare in montagna in generale, nonostante sia più portato verso l’arrampicata pura. Quali effetti temi di più per i cambiamenti climatici in corso? L’effetto che temo di più è la mancanza d’acqua, non solo in certe zone del mondo, ma anche dalle nostre parti. Dicono che i ghiacciai sono eterni ma questo non è vero, infatti ormai ci sono rifugi che hanno problematiche di mancanza d’acqua perché pescavano acqua da ghiacciai che ora non ci sono più. Ovviamente il problema non riguarda solo i rifugi e si ripercuote anche sull’agricoltura e sull’allevamento, soprattutto sugli alpeggi.

Le Interviste

279


Quali pensi che siano i motivi principali che rendono il CAI unico e insostituibile? Io penso che il CAI sia unico, non solo in Italia ma a livello internazionale, perché sa portare la montagna a tutti, in tutti gli ambienti dove va, come ad esempio nelle scuole. Perché sa lavorare con tutti, dai bambini di 4 anni alle persone di 90 anni. Questo credo che sia il più grande valore del CAI. Quale aspetto può oggi risultare penalizzante per il Club Alpino che tuttavia, in base al numero di iscritti, sembra oggi godere di buona salute? Secondo me ciò che è penalizzante per il CAI sono le tante associazioni che promuovono la montagna in modo commerciale e la fanno passare come una cosa fattibile per tutti, come un grande lunapark, cosa che non è. Io credo che la montagna vada presa seriamente in tutti gli ambienti e in tutte le stagioni.

280

Le Interviste


Intervista a Laura Posani a cura di Chiara Pesavento

Dopo essere stata consigliere per molti anni, Laura è diventata il primo presidente donna della SEM. La SEM sotto la sua guida ha allargato la sua influenza nell’ambito dell’alpinismo e della popolarità nell’ambiente alpinistico milanese. L’attività culturale in SEM è aumentata con tante manifestazioni e conferenze, molte mirate a valorizzare il ruolo della donna nel CAI e nella storia alpinistica. Ha portato in SEM la collaborazione con associazioni di solidarietà, come ad esempio l’esperienza con la cooperativa “La Cordata”, favorendo l’integrazione di minori extracomunitari non accompagnati facendo loro vivere e conoscere l’ambiente di montagna nei suoi vari aspetti. È stata una delle iniziatrici del Premio Marcello Meroni adoperandosi a pubblicizzarlo e organizzarlo. Anche per merito suo il premio è oggi un riconoscimento a livello nazionale le cui serate di premiazione si sono tenute per alcuni anni in Sala Alessi a Palazzo Marino e ora nell’aula magna dell’Università Statale. Da ultimo è solo merito suo se abbiamo trovato questa sede bellissima di Piazza Coriolano, grazie al suo interessamento e ai suoi contatti con gli ambienti politici e tecnici del comune di Milano. Già membro della Commissione Centrale Medica del CAI fa ora parte della Commissione Medica CAI Lombardia. Ha frequentato il corso di roccia nel 1976 e dopo pochi anni è diventata istruttore del corso di roccia. In tanti anni di alpinismo ha realizzato bellissime salite tra le quali spicca la Tommason-BettegaZandonel sulla parete Sud della Marmolada ma anche molte altre. Ha partecipato, anche come medico di spedizione, ad alcune spedizioni extraeuropee sempre con successo tra cui: Monte Kenia (5200m), Monte Kilimangiaro (5895m), Mawenzi (tentativo 5200m), Rwenzori (5.109m), Naya Kanga (5850m), Chachacomani (6074m). Fuori dalle Alpi ha arrampicato in Corsica, Spagna e Francia. Per molti anni si è dedicata allo sci di fondo partecipando a parecchie Le Interviste

281


gare tra le quali spicca la partecipazione, per due edizioni consecutive, alla massacrante 24 ore di Pinzolo con una squadra di sole donne SEM. Laura si è poi dedicata allo sci escursionismo fuori pista e dal 1991 è diventata ISFE (Istruttore Sci di Fondo Escursionismo CAI), una delle prime donne in Italia a conseguire questo titolo. È stata anche direttore del corso di sci escursionismo. Oggi continua ad essere uno dei punti di riferimento della nostra associazione, attiva in sede e sul campo come sempre. Parlaci di te: come è nato il tuo amore per la montagna? Gli amori nascono in modi diversi: ci sono i colpi di fulmine, oppure nascono e si alimentano nel tempo e il mio amore per la montagna è stato così; ho avuto un avvicinamento e una piacevole esperienza nei confronti della montagna facendo il corso di alpinismo della SEM. Ma io già andavo in montagna con i miei genitori e da piccola ho fatto tante camminate, però non cose impegnative. Partecipando al corso di alpinismo ho imparato a conoscere meglio me stessa perché arrampicando ho scoperto di avere degli schemi corporei che non sapevo di avere e con cui mi trovavo molto bene, quindi diciamo che l’amore per la montagna è nato contemporaneamente a una mia scoperta personale. La montagna la amo particolarmente sia per quello che è, sia per quello che ho vissuto, sia per le relazioni che ho potuto intrecciare. È dove ho conosciuto uomini e donne straordinarie, le mie amicizie più care che fanno indelebilmente parte del mio “viaggio“. C’è una montagna o una salita che hai particolarmente nel cuore? La montagna che ho nel cuore si trova in Val Zoldana, nel gruppo degli Spiz de Mezdì. Vi é qui una via di spigolo bellissima, una successione di spigoli e fessure verticali ed eleganti: lo Spigolo Gianeselli. Ho avuto occasione di salire questa via prima dello Spigolo Giallo alla Piccola di Lavaredo, di quest’ultima Comici diceva “Hai cielo sopra, hai cielo sotto, hai cielo a destra e a sinistra”. Ecco, sulla Gianeselli ho vissuto proprio questa emozione che ha descritto Comici, cosa che invece non ho riprovato allo Spigolo Giallo. Un’altra via che ho nel cuore è la Tomasson, alla parete sud della Marmolada; è stata aperta da Beatrice Tomasson nel 1901 insieme alle sue due guide e dopo 110 anni ho voluto salire questa via aperta da una donna, molto lunga con i suoi 700mt di dislivello e 1000mt di sviluppo. È una via di ambiente e ce l’ho proprio nel cuore sia perché è stata una ripetizione femminile e proprio come la Tomasson siamo arrivati in cima con un temporale con tanto di grandinata, sia per il suo valore storico, è stata infatti la prima via ad essere aperta sulla parete d’argento, la bastionata sud della “Regina delle Dolomiti”. 282

Le Interviste


Come vedi il futuro della montagna e della sua frequentazione? Io ho notato che le vie definite classiche, che ti facevano sentire un alpinista “vero e proprio”, un tempo erano quasi prese d’assalto, oggi invece quelle vie che erano lunghe, in ambiente, con gradi di difficoltà variabili, oggi sono poco frequentate a favore di altre più corte ma con gradi di difficoltà maggiori. Penso che la montagna e l’andare in montagna, per quanto riguarda l’alpinismo, stia andando più verso il voler fare delle imprese sensazionalistiche, con un’asticella un po’ più alta, perdendo di vista, a volte, quello che è l’insieme dell’ambiente alpino, dell’avvicinamento, della ricerca, del vivere la montagna in modo lento e contemplativo. Mi sembra che le persone vadano in montagna più per esternare e dimostrare qualcosa, piuttosto che per interiorizzare qualcosa di intimo. Non voglio dare un giudizio di merito, noto però questo cambiamento. Quali aspetti della montagna andrebbero meglio tutelati? Da un lato non vorrei che ci fosse una “ZTL” della montagna, ma dall’altro non vorrei nemmeno una pubblicizzazione esagerata di itinerari in stile “promozione turistica”, perché alcune zone hanno anche la capacità di assorbire un certo tipo di affluenza, altre zone invece sono più delicate e fragili. È vero che se io amo un posto splendido vorrei farlo conoscere a tutti, però devo anche tutelare questo posto perché se porto le masse e se queste non sono educate al rispetto della montagna e dell’ambiente si rischia veramente di rovinare tutto quello che di bello abbiamo. Noi siamo sempre andati in montagna con il sacchetto della spazzatura nello zaino perché a volte ci capitava di raccogliere rifiuti lasciati sui sentieri. Ho notato che ora questa cosa accade sempre più spesso. Penso che la montagna sia un ambiente naturale al quale le persone devono essere educate fin da giovani, anche a livello didattico; se a scuola insegnassero i diversi ambienti naturali e sensibilizzassero alla loro tutela, creerebbero delle persone in grado di avvicinarsi con attenzione e riguardo a questo ambiente. Questo discorso vale sia per la montagna che per il mare che per qualsiasi altro luogo da rispettare. I nuovi media secondo te hanno giovato all’immagine della montagna e al modo di frequentarla? Non posso essere precisa perché io non seguo nessun social network. So che i social sono un mezzo potentissimo per cui puoi trasmettere cose anche molto belle; quindi anche suggerire un posto di montagna con delle considerazioni personali può essere molto educativo. Tutte le novità nella comunicazione hanno reso più nuovo il modo di affrontare le cose. Se alla base di tutto viene dato valore alla formazione dell’individuo e al rispetto Le Interviste

283


dell’individuo per l’ambiente, chiaramente i risultati non possono essere altro che positivi. Quale personaggio rappresenta oggi meglio la montagna? Per me? In senso strettamente personale è doveroso che nomini Riccardo Frigo, istruttore nazionale di alpinismo, persona che conosco da 35 anni e con cui, nel giro di pochi anni, ho avuto il piacere di “accarezzare” più di 100 vie di alpinismo d’ ambiente, di buon livello. È con lui che ho toccato livelli di difficoltà per me molto alti, è stato capace di tirare fuori da me ciò che avevo già e non lo sapevo: le mie capacità atletiche e di concentrazione e quelle capacità tecniche che avevo appreso e fatto mie nel corso degli anni. Tutto questo si rende possibile solo grazie al rapporto con una persona affidabilissima, capace di dare sicurezza, trasmettere calma e condividere la bellezza. Mi ha insegnato molto, sia dal punto di vista tecnico che di approccio alle diverse situazioni. È importante avere un compagno di cordata di cui ti fidi al 100% anche nelle situazioni più drammatiche. Quale libro recentemente ti ha più appassionato o interessato? Per quanto riguarda la montagna recentemente ho letto “Due montanari: Arturo e Oreste Squinobal dalle Alpi all’Himalaya” di Maria Teresa Cometto. Mi è piaciuto tantissimo perché è la storia di due fratelli, falegnami e guide alpine, che sono stati dei grandi alpinisti sia sulle Alpi che in Himalaya. Dal libro esce molto l’umanità di questi due personaggi; non c’è solo la storia delle loro imprese alpinistiche ma il libro trasmette anche l’amore e l’umiltà che questi fratelli, originari della valle di Gressoney, avevano nei confronti della montagna. Le descrizioni sono molto belle, la scrittura è scorrevole, la lettura è piacevolissima. Ma il libro che più mi ha rapito di recente è “La misura eroica” di quella straordinaria autrice che è Andrea Marcolongo. Racconta del mito degli Argonauti e della ricerca del vello d’oro, usando la metafora del viaggio dove viene lasciato il noto per l’ignoto; la scrittrice affronta tutto quello che è fondamentale nella vita di ognuno di noi: l’amicizia, la crescita, l’amore, il coraggio di mettersi in gioco e di affrontare il pericolo, l’emozione di raggiungere una meta non come punto d’arrivo ma come luogo di svolta per un viaggio più lungo. La cosa più bella è come viene affrontato il tema della maturità che per la Marcolongo racchiude il concetto di “portare a termine” qualcosa. Quindi la maturità non è una fase della vita, ma interessa ogni età della vita, per tutta la vita, basta volerlo. In qualsiasi età si inizi qualcosa e la si porti a termine, allora si matura. Questo piccolo libro denso di spunti, di meraviglie e stimoli è il classico libro che io definisco “da tenere sul comodino”. 284

Le Interviste


Quali effetti temi di più per i cambiamenti climatici in corso? Io sono “ignorante” in materia, ma mi fido degli studiosi e degli scienziati; che ci saranno dei cambiamenti climatici è ovvio, dei cambiamenti ambientali pure. La Terra sta cambiando a una velocità esponenziale rispetto a quello che succedeva decenni fa. Io però sono anche dell’idea che ci sono sempre dei riaggiustamenti; come noi ci adattiamo all’ambiente io penso che ci possa essere anche un adattamento dell’ambiente, però ripeto, io non sono una scienziata. Ci sono e ci saranno dei cambiamenti che saranno sicuramente drammatici e di rottura per chi li vivrà perché il mondo sarà diverso da quello a cui si è abituati, ma spero che quello che succederà dopo sarà un adattamento alla nuova situazione. Quali pensi che siano i motivi principali che rendono il CAI unico e insostituibile? Il CAI è una grande realtà positiva ed è unico nel suo genere perché è un’istituzione che fa tantissime cose a livello differenziato, nel senso che segue, tutela e valorizza sia l’aspetto sportivo, che l’aspetto ambientalistico, che l’aspetto culturale, che l’aspetto di solidarietà tra le persone. Il CAI quindi è un valore che racchiude in sé tutta una serie di altri valori, che non sono di tipo moralistico o religioso, ma sono dei valori che tirano fuori da ognuno di noi degli aspetti e dei comportamenti che ci permettono di esprimere il meglio di noi in un ambiente meraviglioso. Quale aspetto può oggi risultare penalizzante per il Club Alpino che tuttavia, in base al numero di iscritti, sembra oggi godere di buona salute? In realtà io penso che il CAI stia facendo bene e quindi aspetti penalizzanti non ne vedo; piuttosto posso dire quali aspetti il CAI dovrebbe continuare a coltivare affinché non si abbiano delle “battute di arresto”. Deve continuare a fare luce sul femminile nel CAI di ieri, penso ad esempio alla bellissima monografia su Bianca di Beaco, e di oggi, penso a Lorella Franceschini, primo Vicepresidente donna del CAI, e a Renata Viviani già presidente CAI Lombardia. È importante valorizzare la figura della donna ed il suo sguardo sulla montagna vissuta in un modo inevitabilmente diverso rispetto all’uomo. Un’altra cosa a cui bisogna dare sempre più valore è l’area dei giovani. E anche qui il CAI sta facendo bene, penso all’AG ed al Family CAI. Quindi in realtà quello che potrebbe penalizzare il CAI è una distrazione da queste aree; molto si sta facendo ma molto ancora si dovrà fare.

Le Interviste

285



7 Relazioni e Articoli foto Š Mario Zaja


7.1

L’altra faccia del progetto Bolivia: educare alla salute

7.2 Vagabondando in Patagonia 7.3 La SEM in Caucaso sulla cima del Monte Elbrus 7.4 Agli albori del ciclismo: la Marcia Ciclo Alpina 7.5 La Via del Gaggia 7.6 Pizzo Palù m. 3828-3906-3881 7.7 Diario di una spedizione: Nepal 2012 7.8 Stouros 2011 7.9 Dalla Torre Costanza alla Tomasson... pensando a Mary 7.10 Donna in quota... rosa 7.11 Messico: spedizione italiana Tláloc 2010 7.12 E... dopo un anno... ancora Rwenzori 7.13 Relazione semiseria di un bel viaggio in Tanzania


L’altra faccia del progetto Bolivia: educare alla salute a cura di Laura Posani

Oggi Maruska e Antonio raggiungeranno in moto, per strade sterrate, un centro rurale facente parte della Parrocchia di Penas; si chiama Chachacomani, proprio come il “nostro” ghiacciaio, e dista circa un’ora dalla Missione. Qui Santusha, 27 anni, vedova dal 2014, vive coi suoi tre bambini di 4, 6 e 8 anni. Vivono in una casa 3 metri x 4 fatta di mattoni argillosi, con tetto in lamiera e pavimento in terra battuta. Nell’unico locale si svolge tutta la loro vita e si trovano tutte le loro cose: due letti con materassi in paglia, coperte, un fornello a gas, un piccolo tavolino, una cesta, uno scaffale. Non ci sono sedie. Ci sarebbe anche un altro locale 3 metri per 3, costruito da Padre Topio, con l’aiuto dei volontari della Missione, per far trascorrere dignitosamente a papà Esteban, malato di sarcoma osseo, gli ultimi mesi di vita. Da allora, da quando è morto, nessuno è più entrato in quella stanza e mamma Santusha teme che i bambini possano ammalarsi di tumore. Maruska e Antonio, in accordo con Padre Topio, vanno a portare qualche genere di conforto; per l’occasione, consegno a Maruska, da portare alla mamma e ai suoi bambini, spazzolini da denti, dentifrici, saponette e integratori salini. È una parte del materiale igienico-sanitario che abbiamo portato in Bolivia allo scopo di effettuare degli incontri di educazione sanitaria, presso la Missione di Penas, su come prevenire alcune delle patologie qui più diffuse. È noto che nelle zone rurali, come in quelle suburbane, sono molto diffuse le patologie del cavo orale (edentulia da parodontopatie e carie mai curate) causate dalla cattiva igiene orale e dalle cattive abitudini alimentari, come l’assunzione esagerata di bibite dolci. Per questo motivo, a tutti i bambini che frequentano la Missione, abbiamo distribuito spazzolini e dentifrici spiegandone l’uso corretto con l’aiuto di un “dentierone” e del “maxi spazzolino” da denti, strumenti che normalmente utilizziamo nelle nostre classi materne ed elementari durante gli interventi di educazione all’igiene Relazioni e Articoli

289


del cavo orale. Altre patologie drammaticamente diffuse sono quelle a carico dell’apparato gastroenterico, trasmesse attraverso gli alimenti non sufficientemente cotti oppure manipolati da mani non sottoposte ad adeguate misure igieniche. È ormai noto che un’ottima prevenzione delle malattie infettive, non solo gastroenteriche ma anche respiratorie, passa attraverso un’accurata e ripetuta igiene delle mani. Ogni anno, infatti, nel mese di maggio, l’OMS proclama la Giornata Mondiale dell’Igiene delle mani, lo slogan è: “Save lives: Clean Your Hands” (”Salva Vite: pulisci le mani”). E nelle grandi città come La Paz, nei luoghi più affollati (aeroporto, stazioni di pullman, metro sospeso), campeggia la scritta “Lavase las manos para prevenir las infeciones”. Se questa campagna serve soprattutto a sensibilizzare gli operatori sanitari, è più che mai indispensabile che tale messaggio raggiunga capillarmente anche tutta la popolazione, al fine di prevenire l’insorgere di malattie contagiose poi difficili da curare e i cui costi non potrebbero essere sostenuti da una popolazione estremamente povera. Per tale motivo tutti i farmaci e i parafarmaci portati in spedizione sono stati alla fine donati all’infermeria della missione, davanti alla quale una o due volta alla settimana si materializza una piccola folla di bisognosi, provenienti dalle zone rurali circostanti ma anche da più lontano, La Paz ed El Alto, per ricevere prestazioni e cure gratuite. È proprio nel corso di una di queste giornate che abbiamo avvicinato mamme, bambini e adulti offrendo loro prodotti per l’igiene personale, accompagnate da schede con illustrato come e quando è assolutamente necessario lavarsi le mani. Nel corso della prossima Spedizione Glaciologica, che si svolgerà sul Chachacomani nel 2020, verrà proseguito a Penas, con il sostegno del Consolato Boliviano di Milano, un intervento di sensibilizzazione all’igiene, prevedendo anche il coinvolgimento di una comunità di donne (mamme, nonne, educatrici, sanitarie, ecc...) che vivono sulle sponde del Lago Titicaca e che, da anni, sono sensibili e attive sul tema della salute della mamma e del bambino.

290

Relazioni e Articoli


Momenti della missione boliviana

Relazioni e Articoli

291


Vagabondando in Patagonia a cura di Lorenzo Castelli [tratto dalla Traccia n.112 _ Luglio 2018]

L’Aguja Poincenot, 3002 mslm, per la via Whillans Cochrane, 550m V+ 70° e M4, rappresenta il culmine della nostra esperienza in Patagonia, raggiunta domenica 14 gennaio 2018. Il nome della montagna ricorda Jacques Poincenot, un giovane e forte alpinista della spedizione francese che compì la prima salita assoluta al Fitz Roy nel 1952, sotto la guida di Lionel Terray, e che morì per un banale incidente durante il guado del Rio Fitz Roy. La via Whillans-Cochrane è stata la prima via di salita per la montagna, compiuta dal leggendario Don Whillans nel gennaio del 1962 nell’ambito di una spedizione irlandese. Whillans condusse la cordata fino in cima nel giorno dell’assalto finale, dopo che nelle settimane precedenti furono fissate le corde fisse sulla rampa. Oggi è possibile compiere questa come altre salite in due o tre giorni, contando gli avvicinamenti naturalmente, che in Patagonia sono “importanti” e poco hanno a che fare con le nostre Alpi. Siamo 3 istruttori nazionali del CAI e della scuola Regionale Lombarda di Alpinismo e Arrampicata Libera: Marco Beccalli, della scuola di alpinismo Attilio e Piero Piacco di Valmadrera; Valerio Corti del gruppo Corvi di Mandello del Lario; e io, Lorenzo Castelli, della scuola Silvio Saglio della SEM Milano. Ma soprattutto amici, ci conosciamo e facciamo salite insieme da oltre 10 anni. Per questa esperienza insieme all’estero, la scelta della Patagonia è venuta naturale e così, avendo dovuto rimandare nel 2016 per un infortunio di uno dei tre, ecco che il 27 dicembre 2017 siamo sull’aereo per Buenos Aires, destinazione El Calafate prima, ed El Chaltén poi, il nostro “campo base”. Se infatti fino a 10 anni fa gli alpinisti facevano base ai vari accampamenti, il De Agostini per la valle del Cerro Torre, piuttosto che il Rio Blanco per il versante Est del gruppo del Fitz Roy, oggi 292

Relazioni e Articoli


più nessuno si ferma ai campi in pianta stabile ma di fatto fa base ad El Chaltén, 400 mslm, un villaggio all’interno del Parque Nacional Los Glaciares dove si trovano praticamente tutti i servizi di cui si ha bisogno: provviste nei mini market; vitto e alloggio per tutti i gusti visto che il turismo è in forte crescita; connessione Internet, fondamentale per le previsioni meteo. A seconda delle destinazioni, da El Chaltén occorre una giornata di marcia per raggiungere i posti da bivacco da cui partire la notte per la salita. Nessuno dei tre aveva esperienza di salite in Patagonia, così come nessuno dei tre può dire di poterci tornare tutti gli anni. Quel che ci era chiaro dall’inizio è che molto dipende dalle condizioni meteo e della montagna, che come noto sono estremamente aleatorie a quelle latitudini. Puntare al Cerro Torre sapendo che le probabilità di poter fare la salita nell’arco delle nostre 4 settimane sono limitate? Oppure concentrarci sul massiccio del Fitz Roy che offre più possibilità, sia come logistica che come varietà degli itinerari? Decidiamo di puntare al Fitz Roy come obiettivo principale, per la via Franco Argentina o la Californiana. Entrambe si approcciano dal versante Est, attraverso il Paso Superior. Ed è qui che portiamo parte del nostro materiale, non prima di aver scavato una truna nella neve per ospitarci comodamente. Troviamo infatti già una truna ricavata da tre simpatici e forti ragazzi tedeschi, e con qualche ora di lavoro la allarghiamo ulteriormente in modo da poter ospitare comodamente anche noi tre. Da qui in poi è una sorta di valzer con i bollettini meteo e le giornate non buone che passiamo in Chaltén, scalando sulle strutture vicine, in alcuni casi con il sole e un vento comunque fastidioso, mentre le montagne sono avvolte dalla tormenta. Ogni giorno si scrutano le previsioni meteo che teniamo d’occhio sui vari siti internazionali e che impariamo anche a interpretare per trovare la “ventana” buona, cioè la “finestra” di bel tempo e assenza di vento di un paio di giorni almeno. In generale il meteo è sempre molto instabile, l’inverno è stato molto nevoso e in quota c’è molta neve e ghiaccio. Le vie di roccia come la Franco Argentina, per la quota a cui si trovano, sono del tutto impraticabili perché intasate di neve e ghiaccio. Martedì 9 e mercoledì 10 sembra ci sia una finestra buona di un giorno e mezzo. Saliamo al Paso Superior e mercoledì tentiamo la Aguja Poincenot per la Whillans. È l’unica via in condizioni e che porta su una cumbre rilevante. Nessuna cordata va al Fitz Roy, mentre alle 5 di mattina abbiamo davanti a noi 4 cordate quando affrontiamo la doppia crepacciata terminale al sorgere del sole. Procediamo a tiri di corda su neve e ghiaccio con pendenze intorno ai 60° fino al termine della rampa Whillans dove inizia la parte di misto, due tiri Relazioni e Articoli

293


corti fino all’M4 che sono il tratto chiave della salita. A questa segue la terza parte della via che normalmente si arrampica in assetto da roccia ma che in queste condizioni dobbiamo affrontare sempre con ramponi e piccozze. Il granito è fantastico, ricorda quello del Monte Bianco, sebbene molto più ruvido, e l’esposizione è notevole. Man mano che si sale, la via si avvita lungo la Poincenot portandoci dal versante est, a quello sud e poi ovest, di fronte al Cerro Torre e allo Hielo Patagonico Sur; il panorama ci toglie il fiato. Sono le 13:30 quando, puntuale come da previsioni, si alza il vento e le nuvole arrivano dallo Hielo, scontrandosi prima e scavalcando poi i Torre. La cordata prima di noi, una guida altoatesina con la sua cliente, fa dietro-front. Altre due cordate da due, partite prima e veloci, stanno invece facendo le doppie. Manca poco alla cima, la vediamo sopra di noi, saranno poco più di 150 metri. Facciamo altri due tiri poi, a malincuore, decidiamo di scendere anche noi. Personalmente ho promesso a casa di non prendere rischi e in quel preciso momento mi rendo conto che potremmo anche raggiungere la cima ma che la discesa si complicherebbe sicuramente. Valerio e Marco concordano che purtroppo si tratta della scelta corretta da fare e così verso le 19:30 siamo di ritorno alla truna. Quel giorno su 6 cordate, 2 hanno raggiunto la cima. Siamo di nuovo ad El Chaltén quando si annuncia una seconda finestra di 2 giorni prevista per sabato e domenica. Fare un tentativo al Fitz Roy con scarse possibilità di successo, oppure salire la Poincenot al secondo tentativo? Per fare il Fitz Roy servirebbe una finestra più ampia, almeno un giorno di bel tempo per ripulire la parete, e due giorni per poter salire e scendere partendo dal Paso Superior. E comunque con l’incertezza sulle condizioni della salita, la Franco Argentina presenta infatti 13 tiri su roccia fino al 6b, poi un lungo tratto dove si scalano i gendarmi della cresta che porta in vetta. È la “via normale” al Fitz Roy in quanto la più diretta, ma certamente non è la più facile. Sappiamo che non è ancora salito nessuno e la scalata, nel complesso, è più lunga della Whillans. L’idea di tornare a casa con una bella cima come la Poincenot nel nostro curriculum ci piace per cui decidiamo di ritentare la Whillans, questa volta fino in cima. Partiamo domenica alle 3:45 dalla truna, la giornata non è così bella come speravamo, è parzialmente nuvoloso e fa freddo. Davanti a noi ci sono già 3 cordate almeno, di cui una di amici italiani, la guida Gianni Canale del Trentino, con Alessandro, suo cliente e Lucas, il figlio di Cesarino Fava. Le condizioni sono cambiate, c’è più neve e ghiaccio dopo le ultime precipitazioni, le temperature sono più basse, risolviamo i due tiri di misto in un unico tiro da 60 metri passando più a sinistra per una magnifica goulotte che durerà giusto una giornata. Il 294

Relazioni e Articoli


L’Aguja Poincenot m. 3002, Monte Fitz Roy

Relazioni e Articoli

295


fatto di aver già fatto buona parte della salita e sapendo che il meteo oggi rimane buono, almeno personalmente, mi toglie quella tensione e po’ di ansia che avevo la volta precedente. L’impegno è comunque notevole, scaliamo sempre in assetto da ghiaccio fino a che non raggiungiamo il punto più alto. Sono le 16:30 e la gioia è tanta! La giornata si è anche aperta, non c’è vento e il panorama è fantastico, il Fitz Roy davanti a noi è davvero enorme e svetta 400 metri più in alto. Ci godiamo la cima e ci prendiamo finalmente del tempo per mangiare e bere qualcosa, prima di cominciare la lunga serie di doppie che ci aspetta. Quello stesso giorno i tre amici tedeschi conosciuti in truna sono andati all’attacco della Franco Argentina ma, constatata l’impossibilità di scalarla, sono scesi e hanno aperto i primi due tiri di una via nuova alla Aguja di Val Bois che termineranno il giorno dopo sotto l’arrivo della bufera. Lo stesso dicasi per due americani che, arrivati all’attacco della Californiana (l’avvicinamento è già un’ascensione a sé) torneranno indietro. A posteriori siamo quindi contenti di aver fatto le scelte giuste e di aver sfruttato bene le giornate buone che la Patagonia ci ha concesso. Rientrati alla truna alle 21:45 ci fermiamo per la notte, ceniamo a base di polenta istantanea e formaggio prima di infilarci nei nostri sacchi a pelo per una dormita e un risveglio memorabili. Ci rimangono pochi giorni prima del rientro, il tempo di salire una bella via di roccia, la Comesana-Fanrouge alla Aguja Guillaumet con avvicinamento da Piedra del Fraile e Piedra Negra. Se non fosse per il freddo, il vento e il ghiaccio qua e là sulla roccia, potrebbe anche risultare una via “plaisir” per gli standard della Patagonia, ma quando sull’unico tiro difficile della via, un diedro verticale di 6b+ all’ombra e al vento ti si congelano le mani dopo 1 metro, tutta la poesia viene meno e tu non vedi l’ora di arrivare su in cresta. Chiudiamo quindi così la nostra esperienza in Patagonia di questo mese di gennaio 2018, dalla quale portiamo a casa l’emozione di aver raggiunto la cumbre dell’Aguja Poincenot per la via tracciata dal mitico Don Whillans, ma anche o forse soprattutto il piacere di aver vissuto un mese in una terra meravigliosa. El Chaltén, nonostante l’espansione turistica degli ultimi anni, rimane un posto con una sua magia, fatta dal clima della Patagonia, dalle incredibili montagne circostanti, dalle stradine sterrate (sempre meno) e dai locali più o meno improbabili, non ultimo dalle persone, semplici, amichevoli e che ti salutano con un “Suerte!” quando ti vedono partire con lo zaino stracarico.

296

Relazioni e Articoli


La SEM in Caucaso sulla cima del Monte Elbrus a cura di Anna Vaccari [tratto dalla Traccia n.102 _ Novembre 2016]

Finalmente è arrivato il giorno della partenza. Dopo diversi mesi di preparativi, giri di mail fra Antonio e Slava per organizzare il viaggio, qualche patema con i visti, è arrivata l’ora di partire. L’appuntamento è per il 31 luglio all’aeroporto di Malpensa terminal 2 alle ore 22. Ci siamo tutti e cinque, Dante, Oreste, Leila, Antonio e io. In macchina per arrivare all’aeroporto di Malpensa si fatica a vedere la strada dal fortissimo temporale. La meta è il Caucaso, in Russia, per la salita dal versante nord del monte Elbrus. Unica cosa certa, il resto è un gran bel punto di domanda perché anche se gli scambi di mail sono stati tantissimi, ci sono ancora molte incognite e quindi non sappiamo bene cosa succederà nei giorni seguenti. Arriviamo puntualissimi a destinazione a Mineralnye Vody la mattina dell’1 agosto: ad attenderci fuori dall’aeroporto c’è Sergio, la nostra guida, che ci accompagnerà per i prossimi 10 giorni. La bella sorpresa è che parla anche un po’ italiano altrimenti sarebbe stato un problema visto che ogni scritta è in un indecifrabile, per noi, cirillico e le persone non parlano inglese. Arriviamo in albergo a Kislovodsk e dopo un breve riposo riusciamo a visitare brevemente città, che scopriamo essere una città termale, con l’area delle terme in ristrutturazione. Dopo cena riusciamo anche a vedere uno spettacolo carino, presso la fontana della piazza principale, di colori e getti d’acqua accompagnati da musiche e canzoni per lo più italiane. L’Italia quindi non è così lontana come sembra e tutti, appena scoprono che siamo italiani, sono molto cordiali con noi. Il 2 agosto alle 8:30 ci troviamo con la nostra guida e dopo una colazione non proprio all’italiana, composta perlopiù dal minestrone tipico russo borsch, saliamo sul pullmino che ci accompagnerà al campo base a 2.500 m. La strada per arrivarci non è delle migliori e l’ultima parte non Relazioni e Articoli

297


asfaltata e con grosse buche taglia un pendio piuttosto ripido. Arriviamo finalmente sul pianoro dove ci sono accampamenti con molte tende e parecchie persone. La zona, infatti, è meta molto frequentata dai russi nei mesi estivi, per turismo e campeggio nella natura alle pendici dell’Elbrus. Ci installiamo nella nostra baracchetta di legno e lamiera, piuttosto comoda e spaziosa quanto basta. Il 3 agosto iniziamo la fase di acclimatamento e portiamo al campo alto, a 3.500 m, un po’ del materiale che ci servirà per la scalata e che lasceremo in quota. Sono 1.000 m di dislivello piuttosto faticosi, prima su sentiero e poi sulla morena glaciale, ma con viste panoramiche molto molto belle sul monte Elbrus e la catena del Caucaso. Nel pomeriggio, dopo un ottimo borsch rigenerante, riscendiamo al campo base. Il 4 agosto saliamo di nuovo con il nostro restante materiale al campo alto, dove prendiamo posto in una delle due piccole baracche del nostro accampamento. Sono decisamente polverose e sporche e lo spazio è molto ridotto, ma riusciamo a disporre tutto il materiale e sistemare materassino e sacco da bivacco. Non c’è acqua, non ci sono servizi igienici e fa decisamente freddo appena va via il sole. I gestori del campo sono una giovane coppia di Leningrado, un ragazzo ed una ragazza molto carini e disponibili pur nella precarietà della situazione. E soprattutto la loro cucina è ottima. Il 5 agosto saliamo circa 1.000 m di dislivello per acclimatarci: poco dopo il campo avanzato si entra nel ghiacciaio, da percorrere con piccozza e ramponi. Saliamo il ghiacciaio del versante nord fino alle lents rocks, una barriera rocciosa posta a circa 4.500 m. La giornata è ventosa ed è molto faticoso salire con il forte vento contrario. Il 6 agosto è di riposo e passiamo la giornata camminando nei dintorni del campo avanzato. La partenza per salire in cima è prevista per l’1:30 del 7 agosto, meteo permettendo. Ogni giorno nel pomeriggio e durante la notte arrivano temporali molto forti: la catena del Caucaso si estende sopra la pianura tra il Mar Nero ed il Mar Caspio e quindi è caratterizzata da una notevole variabilità della situazione meteo, con forti correnti ventose e precipitazioni molto repentine. Infatti il 7 agosto ci svegliamo alle 00:30 ma fuori c’è tempesta, grandine e pioggia con vento fortissimo: non possiamo partire con quelle condizioni. Rimandiamo di un’ora ma il tempo non migliora e quindi decidiamo di ritornare a stenderci nei sacchi e riprovare il giorno successivo. Il mattino dell’8 agosto è splendido, con il sole del Caucaso che ci riscalda fin dalle 5 del mattino. Passiamo la giornata nell’attesa, muovendoci nei dintorni e nel ghiacciaio e visitando le piazzole dove sono accampati altri alpinisti, perlopiù russi. Il pomeriggio come al solito il cielo 298

Relazioni e Articoli


Anna, Antonio e Leila sulla vetta del Monte Elbrus m. 5642

Relazioni e Articoli

299


ritorna ad essere nuvoloso e cade nevischio e pioggia, fino a poco dopo mezzanotte. Alle 1:30 decidiamo di partire, considerato anche che il vento si è calmato. Dovremo fare 2.000 m di dislivello: sono parecchi a quella quota, e perdipiù con il meteo molto incerto. Comunque saliamo e passo dopo passo raggiungiamo la cresta sud e poco dopo la cima ovest, la più alta a 5.642 m: io, Leila, Antonio e Sergio, la nostra guida. Sono le 9:50 di lunedì 8 agosto, dopo circa 8 ore di salita. Durante il percorso abbiamo dovuto usare il gps per orientarci in mezzo alle nuvole. Sulla cima sbuchiamo al sole, sopra un velo sottostante di nuvole che non ci dà la possibilità di vedere il panorama sotto di noi. Mangiamo qualcosa e facciamo qualche foto di rito. Siamo felicissimi: io poi non avrei scommesso un centesimo sulla mia riuscita. Dopo circa mezz’ora ripartiamo per la discesa che sarà lunga e faticosa. Infatti, arrivati alle 13:30 al campo alto dopo 2.000 m di discesa, ne faremo quasi subito altri 1.000 per scendere al campo base, molto più comodo e con l’acqua. Decidiamo infatti di caricare tutto il materiale e proseguire la discesa perché abbiamo ancora energie per risparmiarci un’altra notte scomoda in quota. Inoltre per evitare di condividere gli spazi, già molto precari, con un gruppo di francesi invadenti, disordinati, e maleducati, che nel frattempo erano saliti. Ci guardiamo un attimo in faccia e condividiamo la decisione all’unisono: giù tutti, così domani potremo riposarci direttamente al campo base. Questi ultimi 1.000m in discesa sono stati per me i più faticosi della giornata dovendo portare sulle spalle tutto il materiale che in salita avevamo suddiviso in due viaggi. Finalmente, prima di prendere la solita pioggia pomeridiana, arriviamo esausti al campo base, dove abbiamo anche la possibilità di farci una doccia e poi un buon pasto caldo. Siamo ancora tutti e 5 assieme e dopo la cena ci scoliamo la botticella di vino che Sergio ha portato per festeggiare la salita dell’Elbrus. Sono stanchissima, ma la notte non riesco a chiudere occhio per l’eccitazione. L’aria è diventata limpidissima ed esco al freddo, non ce la faccio più a stare rannicchiata nel sacco. Il naso mi cola, continuo a tossire, vorrei cambiarmi i vestiti, stare sotto una doccia calda e poi pettinarmi, ascoltare un po’ di musica. Mi mancano i miei figli, come vorrei abbracciarli. Ma stanotte ho tutta la via lattea che brilla sopra di me: guardo il cielo e mi perdo nelle sue luci infinite. Il giorno dopo, 9 agosto, facciamo una gita nei dintorni per sgranchirci le gambe, una cascata, un canyon, prati verdi con ruscelli limpidi: il tempo è bellissimo ed il panorama è fantastico. La giornata passa in un batter d’occhio e dobbiamo rifare i bagagli per il ritorno. Infatti il 10 agosto arriva il pullmino che ci riporterà a Kislovodsk 300

Relazioni e Articoli


attraversando il solito pendio che taglia la montagna e che ci mette un po’ di ansia per l’esposizione nel percorrerlo. Arriviamo a destinazione in città nel pomeriggio e per la sera chiediamo a Sergio di portarci a mangiare le specialità russe ma, soprattutto a bere della birra o dell’acqua. I giorni precedenti l’unica cosa che si poteva bere era the caldo. Giovedì 11 agosto si riparte per tornare in Italia, l’esperienza è finita; ci portiamo a casa la gioia di aver visto il Caucaso, queste montagne così lontane e delle quali avevamo sentito parlare fin da piccoli.

Relazioni e Articoli

301


Agli albori del ciclismo: la Marcia Ciclo Alpina a cura di Enrico Barbanotti [tratto dalla Traccia n.99 _ Maggio 2016]

Il binomio bicicletta-montagna ha preso forma ben prima dell’affermarsi delle numerose discipline cui ha dato vita l’invenzione della mountain bike. Già alla fine dell’800, l’affermarsi della bicicletta come mezzo di locomozione economico e dunque alla portata di molti aveva permesso a schiere sempre più folte di escursionisti di raggiungere i luoghi della loro attività. Verso la fine del 1907 la S.E.M. e l’U.S.M.(1) si accordarono per tentare di organizzare una marcia ciclo-alpina sul percorso Milano-Pialeral (Valsassina), ma la mancanza di fondi le costrinse ad accantonare il progetto. La primavera successiva, però, ai due promotori si aggiunse il giornale la “Lettura Sportiva” e il progetto si concretizzò il 17 maggio 1908 con la I marcia ciclo-alpina organizzata sul percorso Milano-Pialeral, da percorrersi in bicicletta sino al Colle di Balisio e poi a piedi sino al Pialeral. Inclusi nel programma: una festa primaverile alla capanna Pialeral, una corsa ciclistica dilettanti Milano- Ballabio e un convegno ciclo-alpino in Valsassina. Centoventi i partecipanti. Un’interessante cronaca delle vicende legate al ciclo-alpinismo si trova nel notiziario “Le Prealpi”, edito dalla SEM dal 1902 al 1936, dal quale sono tratte anche le immagini di questo articolo. Essa ci permette di seguire come la tradizione della marcia ciclo-alpina sia andata via via affermandosi e come sia rimasta viva e vitale per alcuni decenni, con grande coinvolgimento di partecipanti e di pubblico, trasformandosi il più delle volte in grande festa popolare. La II marcia ciclo-alpina si svolse il 16 maggio 1909 sul percorso (1)

Unione Sportiva Milanese, polisportiva fondata a Milano nel 1902, fusa nel 1927 con la F.C. Internazionale.

302

Relazioni e Articoli


Milano, Lecco, Ballabio Inferiore, Capanna S. E. M. (ciclistica fino a Ballabio). «Per impedire che degenerasse in gara si stabilì una tabellaorario e si incaricarono i direttori di farla rispettare. Così s’è ottenuto che senza il più piccolo incidente 128 dei 134 inscritti arrivassero alla meta in ottime condizioni, guadagnando la medaglia d’argento di conio speciale. La S. E. M. e l’Unione Sportiva Milanese, alleate ormai definitivamente per questa annuale manifestazione, hanno messo in gara per tre anni la bella targa delle Grigne da assegnarsi in proprietà a quel sodalizio che avrà negli anni 1909-1910- 1911 il maggior numero di arrivati. Per quest’anno la targa è in possesso della S. E. M. con 27 punti; seguono la U. S. M. con 19 e l’Audax con 17 punti. [da ‘Le Prealpi’ del 12-7-1909]» Un primo salto nel numero dei partecipanti (440!) si ebbe con l’edizione successiva, la terza, del 1° maggio 1910, associata alla Festa Primaverile al Pialeral, organizzata da SEM e USM con il patrocinio del giornale ‘Il secolo’. Nell’occasione la SEM bandì tra i dilettanti un concorso fotografico a premi. Nonostante la bufera 144 arrivarono alla meta e questa è la classifica delle Società che parteciparono alla marcia: 1°_Società Vigili Urbani di Milano - Targa d’oro del Secolo - Targa delle Grigne (in possesso); 2°_Unione Sportiva Milanese - Medaglia d’oro; 3°_Società Escursionisti Milanesi - Medaglia d’argento grande della Pro-Valsassina; 4° e 5° - Routier Club Milano e Floreal Club Milano - Medaglia vermeil; 6° e 7° - Audax Sezione di Milano e Forza e Coraggio - Medaglia d’argento. Negli anni 1911 e 1912 uscirono solo tre numeri del notiziario SEM e nessun articolo parla della marcia ciclo-alpina che pure si svolse regolarmente in entrambi gli anni, nel 1911 sino a Pasturo ove fu fermata per pioggia e nel 1912 sino al Monte Bisbino. E così non sappiamo a chi sia stata assegnata la Targa delle Grigne nel 1911 alla scadenza del triennio. La VI marcia ciclo-alpina si svolse l’8 giugno 1913 sul percorso Milano-Canzo-Corni di Canzo e ritorno. I partecipanti furono ben 613. “Applaudite furono pure diverse signorine partecipanti“ riferisce il notiziario SEM. Interessante è la presentazione della VII marcia ciclo-alpina fatta da Scalvio Disarmi su “Le Prealpi” del maggio 1914: «Ma non soltanto la forma viene via via evolvendosi con Relazioni e Articoli

303


l’effettuarsi delle varie ciclo-alpine. Anche la finalità dei nostri scopi, che dapprima era ristretta nel breve ambito della conoscenza delle nostre capanne sulle Grigne, ha subito la naturale trasformazione con l’aumentare dell’importanza della manifestazione e per l’aggiungersi e il sovrapporsi di nuovi elementi e di più vasti concetti. Esulando dalla Valsassina ove ebbe sua culla, la nostra Marcia Ciclo-Alpina, fatta grande e forte, visita ora ad una ad una le più belle fra le numerose località di cui sono ricche le nostre Prealpi. Ad ognuna essa reca il proprio tributo di quella sincera ammirazione rumorosa ed espansiva che sgorga spontanea alla vista dei loro incantevoli panorami. Così quest’anno la VII Marcia Ciclo-Alpina passerà le belle rive dell’Adda, e sia che si arresti nell’ubertosa Valle Imagna, sia che si spinga nella pittoresca Valle Seriana, essa visiterà nuove contrade a noi pure già note per bellezze di paesaggio e facilità di accesso, suscitandovi nuovi entusiasmi e nuove simpatie. A tutti i Soci della S.E.M. che sono ciclisti, e sono molti, dico quindi arrivederci al 21 Giugno.» La guerra non interrompe quella che è diventata ormai una vera e propria tradizione, anzi le marce sono utilizzate in chiave patriottica, come è evidente nei resoconti de ‘Le Prealpi’. L’XI marcia ciclo-alpina fu organizzata il 7 luglio 1918 col patrocinio de La Gazzetta dello Sport sull’itinerario Milano-Erba-Canzo (in bici) Canzo-Corni di Canzo Alpi di Pianezzo (a piedi). Vi parteciparono 671 concorrenti divisi in 14 squadre e numerosissimi furono i premi tra cui la medaglia d’oro del re alla società sportiva che nei 3 anni 1917-18-19 avrebbe raggiunto il maggior numero di partecipanti complessivi (nel 1917 aveva vinto lo Sport Club Genova di Milano, nel 1918 vinse l’Unione Sportiva Milanese). Da ‘Le Prealpi’ apprendiamo che l’11 aprile 1919 si costituì in SEM la sezione ciclo-alpina, segno inequivocabile dell’importanza che le attività ciclo-alpine avevano assunto nelle associazioni alpinistiche ed escursionistiche. Il 22 giugno 1919 si svolse la 12° marcia ciclo-alpina al Monte Monarco e fu assegnata definitivamente la medaglia d’oro del re: non sappiamo a quale società sportiva perché non vi è nessun resoconto ne Le Prealpi. Negli anni successivi le marce furono organizzate direttamente dalla sezione ciclo-alpina della SEM ed ebbero un successo di partecipanti veramente notevole: - 1120 partecipanti alla 13° marcia ciclo-alpina sul percorso Milano-Como-Torno-Monte Piatto - 1100 partenti e 925 arrivati nonostante il cattivo tempo alla 14° marcia Milano-Erba-Capanna Mara 304

Relazioni e Articoli


- poco più di 800 iscritti per le difficoltà dovute alle tensioni politiche e sindacali del 1922 alla 15° marcia sul percorso Milano-Varese-Induno Olona-Monte Monarco - 850 iscritti alla 16° marcia Milano-Corte-Colle di Sogno - 1300 partecipanti nel 1925 alla 18° marcia Milano-Erba- Villalbese-Bocchetta di Molina-Capanna San Pietro - 700 iscritti 250 partecipanti 207 arrivati il 16 maggio 1926 alla 19° marcia fermata a Calusco per maltempo. Qui si fermano anche i resoconti de ‘Le Prealpi’, segno che qualcosa si guastò nel rodato meccanismo delle marce ciclo-alpine. Sappiamo solo che il 21 aprile 1931 una marcia ciclo-alpina venne organizzata dalla FIE sul percorso Milano-San Fermo della Battaglia, ma è l’ultimo riferimento che troviamo sul notiziario prima della sua chiusura. Rimane il fatto che le marce ciclo-alpine rappresentarono un evento importante nel panorama sportivo di inizio ‘900 per il numero di partecipanti, per l’interesse che seppero suscitare nel grande pubblico, per lo spirito non competitivo e di squadra che le pervadeva e per la capacità di raggiungere località e popolazioni diverse delle montagne lombarde.

Relazioni e Articoli

305


La Via del Gaggia a cura degli Istruttori della ‘Silvio Saglio’ [tratto dalla Traccia n.90 _ Novembre 2014]

Una nuova via di arrampicata, la Via del Gaggia, è stata aperta tra luglio e settembre 2014 in ricordo di Luca Gaggianese (Istruttore Nazionale di Alpinismo della Scuola di alpinismo, scialpinismo, arrampicata libera e scialpinismo “Silvio Saglio” - CAI SEM - Milano), grazie all’impegno e al lavoro degli istruttori della Scuola. Possiamo orgogliosamente affermare che si tratta della prima “apertura collettiva” di una via, da parte della Scuola “Silvio Saglio”, dai tempi della sua fondazione. La Via del Gaggia si trova in Valmalenco (sopra Sondrio), presso la diga di Campo Moro, a circa 2.200 metri di quota. Il tracciato sale su una bella struttura di serpentino denominata “Pilastri del lago”, correndo sull’estrema sinistra della parete, circa 15-20 metri a sinistra della nota via “Caprice”. Ha un’esposizione nord (consigliati i mesi estivi e un clima asciutto) e offre 7 tiri piuttosto lunghi (35-50 metri), con difficoltà media di 5a e pochi passaggi tra il 5c e il 6a+. La Via del Gaggia è attrezzata a fix da 10 mm (soste con doppia maglia rapida e cordone di giunzione) ma non in modo “sistematico”: se i tratti chiave sono ottimamente protetti, quelli facili possono invece presentare una distanza che invoglia a integrare con dadi e friend. La si può discendere in doppia (nel caso: obbligatorie due corde da 60 metri) ma è consigliata la discesa a piedi (dalla cima si scende sul versante opposto, in Val Poschiavina, e si torna poi alla base piegando verso sinistra, per prati e sentiero, in ca 35 minuti). Durante le fasi di apertura, la via è stata anche disgaggiata e ripulita. I familiari di Luca, che hanno sempre seguito gli sviluppi del progetto, hanno presenziato alla sua inaugurazione: domenica 19 ottobre abbiamo posto una piccola targa all’attacco della via e l’abbiamo dichiarata ufficialmente “aperta”. 306

Relazioni e Articoli


Gli Istruttori della ‘Silvio Saglio’ chiodano “La via del Gaggia”

Relazioni e Articoli

307


Pizzo Palù m. 3828-3906-3881 a cura di Oreste Ferré [tratto dalla Traccia n.89 _ Settembre 2014]

Il Pizzo Palù è situato nel gruppo del Bernina all’estremità Est. Bellissima montagna che si eleva sullo spartiacque principale a guisa di grande cresta con tre cime ben distinte, tra la Forcola Bellavista m. 3686 che la separa dal Monte Bellavista e la Forcola Pers-Palù m. 3457 che la separa dal Piz di Cambrena. A Sud sale dall’Italia l’Altopiano di Fellaria, a Nord precipita sulla Vedretta da Pers. Se il versante sud è abbastanza normale, il versante Nord è semplicemente meraviglioso con tre speroni che scendono dalle tre cime con una altezza che va dai 600 agli 800 metri. Dal rifugio Diavolezza m. 2973, raggiungibile in funivia, migliaia di turisti ammirano questa fantastica visione e tanti alpinisti sognano di salire su questi tre speroni. Le salite degli speroni, stranamente, vengono effettuate con difficolta decrescenti e precisamente: la prima più difficile, la seconda un po’ meno difficile e la terza la più facile . Il 1° settembre 1887 venne salito lo sperone centrale, m. 3906, da Hans Bumiller da cui prese il nome. La salita fu possibile dopo che lo stesso rese pubblico un testamento a favore delle famiglie delle guide, per il caso fosse accaduta una disgrazia. Il 31 Luglio 1899 venne salito lo sperone occidentale m. 3881 che prese il nome della guida Christian Zippert, che per questo divenne famoso; tra l’altro partecipò anche alla prima salita dello sperone centrale. Dopo pochi giorni, il 22 Agosto 1899, venne salito lo sperone orientale m. 3823 al quale le guide diedero il nome di Moritz Von Kuffner che le aveva ingaggiate. Passò molto tempo prima che il Palù approdasse nuovamente alla cronaca alpinistica. Ed è solo nell’inverno del 1964, evidentemente per le buone condizioni del tempo, che vengono saliti nel mese di gennaio 308

Relazioni e Articoli


tutti e tre gli speroni da parte di cordate lombarde. Il 5 viene salito lo sperone Zippert da: Mario Curnis, Romano Coatti, Virginio Quarenghi, Riccardo Soresini, Rino Zocchi. Il 26 viene salito Io sperone Kuffner con ancora Romano Coatti, Riccardo Soresini, Rino Zocchi e Marco Zappa. Lo stesso giorno Vasco Taldo, Angelo Pizzoccolo, e Piero Nava salivano lo sperone centrale per la via Bumiller. Negli ambienti alpinistici lombardi tali imprese focalizzano l’attenzione sul Pizzo Palù ed anch’io con altri eravamo ansiosi di provarci. E non a caso nel successivo mese di Luglio ero al Diavolezza, ma 50 anni fa le previsioni meteo erano più che approssimative e si partiva al mattino e poi si valutava cosa fare: quel giorno siamo dovuti rientrare al rifugio per tempo incerto. Ed è così che ho potuto sentire uno strano rumore provenire da un locale, scoprendo che si trattava di un depuratore delle acque nere. Al che sono rimasto molto meravigliato, perché nei rifugi in alta quota che avevo visitato le acque nere venivano scaricate dove capitava, senza tanti scrupoli. 50 anni fa gli svizzeri avevano già una buona visione della conservazione del territorio. Passarono sei anni ed il 23 Luglio 1970, con Alfredino salivo lo sperone centrale (Bumiller). Era l’ultimo anno che ci si legava con la corda in vita. Il tempo era fantastico e diverse cordate erano in parete, tra queste c’era Carlo Bambusi di cui divenni ottimo amico. Nell’estate 1973 ci accordammo per salire gli speroni ed il 30 Giugno, io con Fragale salivamo lo sperone Zippert. Mario con Diego lo sperone Bumiller. Pochi giorni prima una nevicata aveva imbiancato gli speroni, pertanto le condizioni della montagna erano buone per la parte glaciale, ma non molto buone per la parte roccia. Io e Roberto alle 8:45 eravamo in vetta allo sperone occidentale. Passati sullo sperone centrale siamo rimasti in attesa di Mario e Diego sino alle 14:00 dopo di che, cotti dal sole, siamo scesi al rifugio dove i nostri amici erano rientrati di primo mattino. Ad Agosto, decisi che potevo completare il trittico degli speroni e con Ambrogio partimmo per salire la Kuffner. Il giorno dopo il tempo non era molto bello e ripiegammo sul Piz Cambrena m. 3620 per la parete Nord Via Zippert. La domenica successiva il 19 Agosto 1973, io con Maurizio Gnudi ed Ambrogio con Ernesto, salimmo finalmente la Kuffner. Via semplicemente meravigliosa, con la cresta finale di neve che sembrava una scala verso il cielo. Ma Mario mi aveva decantato il ghiacciaio del Morterasch, e per vederlo ho traversato le altre due cime scendendo dalla Fortezza Grat per raggiungere la stazione del trenino, dove i nostri amici ci aspettavano per festeggiare la salita ed il compimento della salita ai tre speroni. Nel 1985 in SEM abbiamo organizzato un giro sci alpinistico nel gruppo del Bernina. C’erano Aurelio, Luciano, Francesca, Moretti, Bisin Relazioni e Articoli

309


310

Relazioni e Articoli


Il versante nord del Pizzo PalĂš

Relazioni e Articoli

311


ed il sottoscritto. Partiti dal rifugio Diavolezza siamo saliti sul pizzo Palù orientale m. 3881 e scesi alla capanna Boval m. 2495. Il giorno seguente volevamo salire al Bernina attraverso il ghiacciaio del Morterasch ma giunti al rifugio Marco e Rosa m. 3597 ci siamo fermati e ridiscesi alla capanna Boval. II giorno dopo siamo saliti sul Piz Morterasch m. 3751 e passando dalla Fuorcla Boval m. 3347 siamo scesi alla Chamanna Tschierva m. 2583. Il mattino dopo mentre Claudio e Pietro scendevano a Pontresina, noi 4 salivamo alla capanna Coaz m. 2610 e poi attraverso il passo Sella m. 3268 siamo scesi al Rifugio Marinelli Bombardieri m. 2813. Il mattino successivo, saliti attraverso la Vedretta di Fellaria Occ. siamo giunti al Passo del Sasso Rosso m. 3519 e per la Vedretta Palù siamo scesi all’Alpe Grum m. 2091. Poi tramite il trenino delle Alpi Retiche siamo tornati alla partenza della funivia del Diavolezza per riprendere le auto e tornare a casa. Il Palù ci era entrato nel sangue e il 23 Luglio 1989 c’è stata una spedizione Sociale sullo sperone Kuffner e precisamente: io con Piazza e Jeff, Luciano con Francesca, Perolfi con Annalisa e Romano con Lori. La salita è riuscita bene, soltanto che le ultime 2 cordate più lente hanno perso la funivia per scendere dal Diavolezza e se la sono dovuta fare a piedi sotto un forte temporale. Nel 1997 ancora una spedizione sociale sci alpinistica, eravamo almeno 12 persone. Partiti dalla funivia del Piz Corvatsc m. 3295 siamo scesi alla Chamanna Coaz m. 2610 dove pensavamo di pernottare e salire sulle cime vicine. Non essendoci posto siamo saliti al passo Sella m. 3268 e scesi al rifugio Marinelli Bombardieri m. 2813. Al mattino, partenza per il Pizzo Palù m. 3906: passando dalla Vedretta di Fellaria Occ. e l’aItopiano di Fellaria siamo saliti sul Pizzo Centrale e quello orientale e scesi al Rifugio Diavolezza. Il giorno seguente era coperto, pertanto con un’allegra sciata siamo scesi alla stazione della funivia e tornati a Silvaplana a recuperare le auto. Il 23 Luglio 2000 risalivo con Fabrizio lo sperone Zippert, come raccontato nel n. 87 de La Traccia . Ad Agosto 2001 sentito che Giacomo e Marcello intendevano salire sulla Bumiller, io e Riccardo ci siamo aggregati. Il 25 siamo saliti al Diavolezza e piantato le tende. Il mattino dopo, arrivato all’attacco mi sono accorto di non avere il casco. Non mi sentivo di rinunciare cosi sono salito con un bel berrettino di lana. Anche questa volta avevo i pantaloni alla zuava, ma rispetto alla prima volta che avevo fatto Ia salita con gli scarponi, all’inizio delle rocce ho messo le scarpette ed è stata ovviamente tutta un’altra cosa (che tutti quelli che l’hanno provato possono capire). Come l’anno prima sono stato lento e sono arrivato alle 18:00 alla funivia Diavolezza, ma questa volta non c’era nessuno da impietosire con i miei capelli bianchi come era successo l’anno precedente, e siamo dovuti scendere a piedi con circa 3 ore di cammino. E grazie al cielo che Giacomo 312

Relazioni e Articoli


e Marcello avevano già portato le tende a valle, anche se dovevano comunque aspettarci perché le chiavi della macchina le aveva Riccardo. Eravamo tutti allegri in quanto Giacomo e Riccardo avevano fatto per la 1° volta uno sperone del Palù, tra l’altro il più difficile, Marcello aveva completato il trittico e io avevo completato il secondo trittico. Sinceramente non pensavo di salire ancora sul Palù, ma il 7 Luglio 2007 durante lo svolgimento del corso per Istruttori Regionali di Alpinismo della Lombardia, ho avuto l’opportunità di salirne l’Orientale per la parete NNE. Una via di ghiaccio aperta nel 1963 da Adelio Bedetti, Riccardo Soresini, Marco Zappa. Ho visitato il Pizzo Palù 9 volte salendo per sei diverse vie, ho sempre trovato tempo da buono a ottimo e condizioni buone; tra l’altro, a parte qualche ritardo, non abbiamo mai avuto incidenti di nessun tipo così come le altre cordate in parete. Ogni volta che passo sulla strada o andiamo sul ghiacciaio del Morterasch per esercitazioni, lo sguardo cade sugli speroni che mi hanno regalato momenti bellissimi. Rileggendo quanto ho scritto per quanto riguarda gli speroni ho notato che: - nel primo trittico ho salito gli speroni seguendo l’ordine delle prime salite; - nel secondo trittico completamente al contrario; - nelle mie sei salite ho avuto sette compagni diversi; - tre dei miei compagni sono scomparsi in tempi successivi; - con ognuno di questi avevo salito uno sperone diverso. Concludo pensando con gratitudine ed affetto a tutti i miei compagni di cordata che con la loro capacità e disponibilità mi hanno permesso di vivere esperienze indimenticabili. Alcuni dati sono stati ricavati dalla guida Bernina del CAI-TCI edito nel 1959 e 1996.

Relazioni e Articoli

313


Diario di una spedizione: Nepal 2012 a cura di Michele Crespi [tratto dalla Traccia n.79 _ Gennaio 2013]

21-22 ottobre 2012 - Arrivo in Nepal Ci ritroviamo il 21 ottobre a Malpensa; partenza per Kathmandu con scalo a Doha, è la mia prima gita alpinistica fuori dall’Europa, la “S.E.M. Expedition 2012 - Nepal Trek - Nayakhanga 5844m climb”. Siamo in sedici, un bel gruppo!!! Volo BR38-QATAR AIRLINES e dopo circa 6 ore di viaggio atterriamo a Doha in Qatar. Dopo qualche ora di attesa in aeroporto prendiamo il volo BR320 diretto in Nepal (altre 5 ore di viaggio). Atterriamo a Katmandu nel tardo pomeriggio e appena fuori dall’aeroporto c’è Padam ad accoglierci insieme con altri ragazzi che ci danno il benvenuto donandoci coloratissime collane di tagete. Padam è l’organizzatore del trekking cui mio padre (il capo spedizione) si è rivolto per realizzare il viaggio. Un camioncino porta noi e i nostri bagagli al nostro alloggio, l’Hotel Tibet, passando per le intricate e polverose strade di Katmandu che si fanno via via sempre più strette man mano che ci avviciniamo alla nostra meta. L’Hotel Tibet è molto accogliente, potrei pensare che sia uno dei più belli della città, i soffitti sono in legno intarsiato, così come le colonne e i mobili. Quadri raffiguranti paesaggi naturali e scene di vita rurale sono appesi alle pareti. Dopo esserci sistemati nelle rispettive camere, ci troviamo tutti nella hall, dove Padam insieme a Ram, una delle guide nepalesi che ci accompagneranno fino alla salita del Naya Kanga, ci consegna il materiale che abbiamo affittato: ramponi, sacchi a pelo, piumini ecc... Cena tutti insiemi al ristorante dell’albergo; ordino un hamburger vegetariano molto buono. Il pasto è accompagnato da numerosi black out che fanno continuamente spegnere la musica e il televisore e fanno variare l’intensità della luce, probabilmente alimentata da un generatore interno o qualcosa di simile, non siamo in Europa!! 314

Relazioni e Articoli


23 ottobre 2012 - L’avvicinamento Partenza in pullman alle 8.00. Passiamo nuovamente per le strade di Katmandu, che oggi, con la luce del giorno, mostrano meglio la realtà cittadina. Katmandu è un immenso e caotico formicaio. Tutti suonano il clacson, ci sono spesso macerie a bordo strada, i pali che sorreggono i cavi della corrente sono dei grovigli indissolubili, le impalcature edili sono fatte di bamboo, ci sono tantissime moto, gommisti, meccanici e fruttivendoli, e nei negozi vendono le matasse di filo per far volare gli aquiloni, mi pare il gioco preferito dei bambini da queste parti. L’autista del pullman ha una guida sportiva e una particolarità del nostro mezzo è che il clacson è attivato da un pulsante posizionato sopra la portiera. Dopo circa venti minuti di viaggio facciamo un piccolo incidente durante un sorpasso, si rompe lo specchietto retrovisore sinistro, nessun problema... È una bella giornata di sole, la temperatura è mite e le buche sull’asfalto si fanno sentire. Lentamente usciamo dalla città e ci spingiamo in una larga valle i cui pendii sono spesso segmentati in terrazzamenti per la coltivazione del riso. I freni del pullmino nel frattempo hanno cominciato a fischiare quasi incessantemente ad ogni discesa. Entriamo nella valle che ci porterà all’inizio del nostro trek, siamo a oltre 2000 m s.l.m. su una strada a tratti non asfaltata e in parte franata. Qualche brivido in un punto critico della strada: dieci centimetri di spazio tra noi e il precipizio infinito alla nostra sinistra, il pullman si inclina... poi fortunatamente si raddrizza. Tutti stranamente zitti incluse le guide nepalesi. La valle è profonda e non si vedono ancora le montagne da cui si origina. La vegetazione è molto diversa da quella visibile nelle montagne sopra Lecco a cui sono abituato: bamboo, piante dall’aspetto esotico, campi di tagete, miglio e riso. Al’’1.30 vediamo per la prima volta una montagna innevata all’orizzonte che mi dicono essere la “Langtang Lirung” (7200 m), la montagna simbolo della regione. Entriamo nel Langtang National Park e alle tre, dopo 7 ore di viaggio turbolento ma divertente, arriviamo finalmente al villaggio di Shyabru Besi, il punto di partenza del nostro trekking. Ci sistemiamo nelle camere e facciamo un giro per la strada del paese, dove si svolgono scene di vita quotidiana: delle donne lavano dei panni in grosse bacinelle di metallo, dei bimbi giocano con delle bottiglie colorate usandole come tamburi. 24 ottobre 2012 - Inizia il trek La sveglia ci impone il ”wakeup”alle 6.00, colazione a base di “ciapati bread with honey & black coffe”, buono! Alle sette cominciamo il trekking e camminando inizia la vera avventura. Appena partiti oltrepassiamo il primo ponte tibetano di una lunga serie, sospeso nel vuoto sopra ad un Relazioni e Articoli

315


vivace torrente. Giunti sull’altra sponda, la sensazione data dall’ondeggiare del ponte permane, come sui tappeti elastici. Lungo il sentiero ci sono molte piante di bamboo, alberi alti dall’aspetto centenario, tante erbacee officinali, felci, fiori rossi. Passiamo accanto a degli orti di insalata, patate, alchechengi, girasoli e cannabis. Pianta che dai locali viene chiamata “ganja” e che da quanto riferito da una delle guide sembra proprio essere l’origine del nome del passo “Ganja La” e della rispettiva montagna “Ganja La Chiuli” (ovvero il Naya Kanga) dove andremo tra qualche giorno. Il cammino procede tranquillo cin qualche sosta per riposare. Alle tre e mezzo arriviamo a “Chang Tang” - “Lama Hotel & Lodge” (2470 m). Le camere sono in legno, spartane ma pulite e molto accoglienti. Cena per le 18.00 a base di zuppa di patate e aglio e i ravioli di verdura “momo”. Mentre sto per andare a letto, da fuori sento delle voci che recitano dei mantra tibetani “om mani padme hum”. Ore nove: Buona Notte! 25 ottobre 2012 Buon giorno! Facciamo colazione alle 6.30 con pane-ciapati, uova e caffè e si parte a camminare su un sentiero ben segnato che segue l’andamento del fiume “Langtang Cola”. A metà mattina facciamo una piccola sosta a “River Side Lodge” e poco dopo aver ripreso a camminare, nella fitta vegetazione si apre un piccolo scorcio idilliaco attraverso il quale si vede l’incombente cima del Langtang Lirung. Dopo alcune ore, proporzionalmente alla quota, la valle, che prima era stretta e a “V”, si allarga a “U” dando spazio ai prati e pascoli per gli yak. Rododendri, rosa canina e artemisia crescono ai lati del sentiero. Pranzo al “Buddha Guest House” con Noodles with vegetables & black tea. Riprendiamo a camminare sul sentiero, che spesso si incrocia con delle strutture in pietra, i muri “Gompa”, le cui lastre costituenti presentano delle preghiere incise denominate “Mani” alcune anche molto antiche. Queste strutture vanno rigorosamente superate sulla sinistra o in senso orario, come vuole la religione buddista. Delle donne lavorano nei campi, probabilmente raccolgono patate. Alle due e un quarto arriviamo al Langtang Village (3400 m), un villaggio inserito in un contesto paradisiaco: ci sono molti yak nei prati e dei torrenti fanno girare le ruote della preghiera mentre molte bandierine colorate sventolano nell’aria. Curiosamente notiamo che sul muro della toilette ci sono degli escrementi di yak ad essiccare; serviranno ad alimentare la stufa per stasera. A queste quote tutto serve! Passeggiando per il paese, con stupore troviamo un caseificio! Nel ‘98 degli italiani hanno insegnato a fare la scamorza (rigorosamente a base di latte di yak) e il pane ad un signore locale. Entrambe le pietanze erano squisite! Ci stiamo acclimatando bene! Prima 316

Relazioni e Articoli


Il Langtang Lirung 7234m

Relazioni e Articoli

317


di cena faccio la doccia, la prima (e probabilmente anche l’ultima) da Katmandu. Cena per le sei: mixed momo e zuppa di patate. 26 ottobre 2012 Sveglia alle sette, colazione con ciapati, miele e caffè, alle otto siamo in marcia. Oltrepassiamo molti Stupa e finalmente ad un certo punto vediamo le cime del complesso roccioso del Naya Kanga. Parlando con gli sherpa lungo la via, ho raccolto due ipotesi per quanto riguarda le origini del nome “Langtang”. Secondo la prima sarebbe una storpiatura dell’inglese “Long Tongue”: lingua lunga, mentre per i sostenitori della seconda ipotesi il nome derivererebbe da una leggenda in cui un Lama (“Lang”) inseguì uno yak (“tang”) fin addentrandosi nella valle, non ci sono origini certe. Alle undici arriviamo a “Kyangin gumpa”: sopra di noi volano le aquile (Padam dice che da queste parti ce ne sono di ben tre specie) e uno stupa bianco domina dall’alto il paesino. Di sicuro però la cosa più impressionante e che attira di più la nostra attenzione è l’anfiteatro di montagne innevate che ci circonda. Il nostro lodge ha delle scale per andare sul tetto e da qui si ha una perfetta visione del Naya Kanga parete Nord; il versante che saliremo. La mia stanza, che è al terzo piano del lodge, è accogliente anche se quando passa qualcuno sul ballatoio fuori, il pavimento balla su e giù come un ponte tibetano. Nel pomeriggio controllo tutti insieme dell’attrezzatura per la grande salita al Ganja Li Chuli: Ramponi, piccozze, scarponi, ghette, imbraghi, fettucce, cordini, moschettoni, maniglie jumar, guanti e calzettoni, sono tutti distesi ordinatamente su una panca di pietra per la supervisione da parte dei più esperti e degli sherpa. Dopo l’ispezione facciamo un giro per il paese con Roberto (detto il “Pile”). Ci sono ovunque yak, cavalli, e bambini che giocano e corrono. Mentre passeggiamo, avvicina una signora locale invitandoci ad entrare nella sua casetta-negozietto. Lì ho avuto modo di comprare dei braccialetti di corno di yak e una copertina molto calda fatta con lana di piccolo di yak. Cena per le 18.00. Il menù è sempre lo stesso ormai. Questa sera ho preso la mia prima compressa di Diamox (un diuretico che serve per prevenire il mal di montagna). Dopocena a base di barzellette e poi si va a letto presto, domai salita di acclimatamento. 27 ottobre 2012 - Acclimatamento Per colpa del Diamox questa notte sono andato in bagno due volte e mi sento uno strano formicolio alle mani, però tutto bene. Ci alziamo alle 6.30 e dopo la solita colazione abbondante partiamo in direzione del “Kyanjin La” (“La” significa collina!!!), una montagna di 4500 e rotti metri! Salendo la quota comincia a farsi sentire: il cuore batte 318

Relazioni e Articoli


più velocemente e bisogna coordinare bene i respiri con i passi. Il sentiero è ripido (“bergamasco” direbbe mio padre) e polveroso, però la vista da quassù ripaga la fatica. Si vedono le montagne che segnano il confine con il Tibet. Rimaniamo in cima per trenta minuti, per acclimatarci bene. Nel pomeriggio si è messo a nevicare e ci siamo tutti rintanati in sala da pranzo con la stufa accesa e tra una chiacchierata e una partita a briscola arriva la sera. Alle 18.00 si cena: pasta con uova strapazzate (assomiglia vagamente alla carbonara e sono contento). Domani inizieremo la salita del Naya Kanga e dovremo dormire al “Base Camp”, ad una quota paragonabile a quella del Kyanjin La e alla cima del Cervino. 28 ottobre 2012 - Base Camp Buon giorno! Sono le otto meno dieci e abbiamo appena iniziato a camminare. Il sentiero oggi è per la maggior parte all’ombra ed è ancora innevato dal giorno prima. A mezzogiorno arriviamo al Campo Base (4300 m s.l.m.), oggi poca fatica, poche ore di cammino. E’ un posto bellissimo: cominciamo ad immergerci sul serio nel paesaggio montano, le cime innevate si fanno sempre più vicine e affascinanti. Il campo base è molto ben organizzato: ci sono le tende per noi, dei belli igloo gialli da due posti, la tenda- mensa blu, la cucina gialla e la tendatoilette verde. Alle 16.00 il sole si nasconde dietro le montagne e cala un gelo cane; domani saliamo all’High Camp. C’è un imprevisto, Padam ci informa che apparentemente il laghetto usato per il rifornimento idrico del campo alto si è prosciugato, e quindi propone di fermarci più in basso dove dovremmo trovare dell’acqua. Non siamo d’accordo, questo allungherebbe la salita alla vetta di altri 300m, più dei 900m già previsti. Secondo papà e Dante, questo ridurrebbe drasticamente le possibilità di arrivare sulla cima. Perciò decidiamo di portare ciascuno di noi dei litri di acqua extra, ma di accamparci comunque nel luogo previsto. Fortunatamente Gianni e Laura hanno portato una tanica pieghevole da 15 litri che a turno porteremo su fino al campo alto, sommata alle borracce e all’acqua che porteranno i nepalesi dovrebbe essere sufficiente. Alle 18.00 ceniamo tutti assieme, su dei materassini isolanti stesi a terra, nella tendamensa. Mangiato molto bene, ancor meglio che nei lodge: Minestra di zucca, dalbath, wurstel e patate e una torta simile allo strudel. Dopo cena fuggo in tenda, sono in tenda, nel sacco a pelo con il sacco-lenzuolo, 2 calzettoni, calzamaglia, maglia di capilene, pile leggero, pile pesante, piumino imbottito, guanti, cappello, sciarpa... ma ho freddo. Fuori c’è una luna piena grandissima che illumina a giorno le montagne. Si sente solo il rumore della macchina fotografica di Michele Gusmeroli che fotografa il paesaggio. Resoconto di oggi: circa 800 metri di dislivello in tre ore di cammino, bellissima giornata, sto bene, non ho mai dormito a Relazioni e Articoli

319


4300 metri, quindi ora proverò a farlo. Domani arriveremo quasi a 5000 m, quindi buona notte! 29 ottobre 2012 - High Camp Sveglia, colazione e partenza. Che freddo! Inizialmente il sentiero attraversa un terreno roccioso con bassa vegetazione, dopodiché si trasforma in un vero e proprio ghiaione, ripido e con molti massi poco stabili. La morena del ghiacciaio che scende dal Naya Kanga. Anche oggi poche ore di cammino. Il campo alto si trova appena dietro ad un avvallamento, sotto a degli enormi seracchi del ghiacciaio del Naya Kanga. Da qui si vede bene tutta la parete Nord e la via di salita che tenteremo domani, bellissima!!!!! Ma lunghissima. Qui il sole sorge alle 6.30 del mattino e tramonta alle 17.00, però alle 15.00 si nasconde dietro le montagne e di giorno all’ombra ci sono -15° C. La condensa nella tenda si ghiaccia, così come l’acqua nella borraccia, bisogna stare attenti a non toccare le pareti quando si entra o si esce dall’igloo, per non rimanere sotto un cumulo di brina! Cena alle 16.00 perché domani ci sveglieremo alle 2.00 a.m. per affrontare il Naya Kanga, si va a letto presto, già vestiti per domani, super imbottiti. Questa notte non sarà facile addormentarsi subito. 30 ottobre 2012 - La cima Buon giorno! Sono le 2.00 e ci sono -8°C nella tenda, -17°C nell’abside e -22°C nel mondo esterno. Veniamo svegliati da Ratna, l’assistente di Padam che è venuto a darci dell’”hot black tea”. Alle 3.00 iniziamo la salita armati di torcia frontale con la piccozza appesa allo zaino mentre sopra di noi c’è un cielo gonfio di stelle con una luna piena che ci illumina la strada. La via è da subito insidiosa, attraversiamo un grande ghiaione ripido, scivoloso e che scarica sassi al nostro passaggio, poi un canalino di rocce rotte con passaggini su roccia. Dopo tre ore di cammino su terreno morenico, abbandoniamo i bastoncini e ci mettiamo i ramponi: inizia la neve finalmente. Proprio mentre finisco di mettermi i ramponi, sorge il sole e la temperatura comincia a salire un po’. Bellissimo, poco vento, sto bene. La via continua su per uno stretto e ripido canale nevoso (saranno 45°) ancora circondato da sporgenze rocciose. Dopodiché si continua su neve fin sopra ad un avvallamento dal quale iniziano delle corde fisse che hanno montato il giorno prima le nostre guide nepalesi. Mi devo aiutare tirandomi con la presa jumar per contrastare il continuo sprofondare nella neve che è diventata morbida al sole. Dopo ad un traverso in piano si sviluppa una nuova serie di corde fisse che ci accompagnano per il resto della ripida salita. Ogni 4 battiti 1 respiro e ogni 2 respiri un passo. 320

Relazioni e Articoli


Salgo in cordata con mio padre fino a 5700 metri, sono veramente sfinito, con questa neve molle si fa una fatica bestia. Ci fermiamo qui, non è la cima ma è comunque una fantastica meta. Le vette delle altre montagne sono più basse di noi, e ti senti proprio lontano da quei luoghi laggiù ospitali all’uomo, dove la vita è comoda. Invece il sole sembra più vicino. E’ qui in mezzo all’Himalaya che ho raggiunto il mio record di quota e sono contentissimo. Cinque di noi salgono fino in vetta: Anna (la prima), Antonio, Dante, Gusme e Pile, gli altri hanno deciso di scendere più o meno dove siamo arrivati noi. Sono le ore 10.30 e dopo qualche minuto di contemplazione cominciamo la discesa che ci manterrà impegnati per altre 4 ore. Per un totale di undici ore e mezzo di cammino giornaliere, ma sono felicissimo. Pian piano scendono tutti gli altri, stanchi morti ma contenti della bella giornata. A cena discutiamo sulla difficoltà della salita; il ghiaione e il canalino di roccia percorsi al buio e il pendio di neve ripido, poi la cresta piena di neve molto faticosa. Pensavamo che la salita fosse paragonabile alla normale del Gran Paradiso, invece ora a salita conclusa la cataloghiamo come “D inf”, un po’ più difficile. Alle 19.00 si va a letto che fa freddo! Domani ci aspetta un’altra giornata impegnativa: la salita al Gaja-La pass 5200m e 10 ore di cammino. Buona notte! 31 ottobre 2012 - Ganja-La Pass Ho dormito 11 ore, dalle 19.00 alle 6.00, ne avevo bisogno. Dopo aver soddisfatto i bisogni fisiologici, aspetto , come le lucertole, il sorgere del sole che scalda. Alle 8.30 ci incamminiamo verso il passo Ganja La (5200 m s.l.m.). La via è tutta un ghiaione ma più stabile rispetto a quello affrontato ieri. Ecco che passo dopo passo cominciano a farsi vedere le cime delle montagne a sud, arriviamo al passo! Si percepisce una sensazione di totale libertà, siamo sul “tetto del mondo”. Sbuffi di aria fredda e pura ci colpiscono mentre i raggi di un sole rovente si fanno strada tra i brevi sprazzi di ombra delle bandierine delle preghiere che sventolano. Verso nord, salutiamo le montagne che segnano il confine con il Tibet che non vedremo più da questa parte, verso sud ci accolgono i monti che formano la valle “Yak Kharka” che percorreremo per il resto del trek di ritorno verso Kathmandu, le cui cime si innalzano fino oltre l’orizzonte, sfumando gradualmente da un blu intenso all’azzurro. Restiamo sul passo giusto il tempo per ammirare lo spettacolo e per fare qualche foto, dopodiché iniziamo la lunga discesa. Dopo un primo tratto di ghiaione ripido, ci accorgiamo che il nostro sentiero altro non è altro che un ghiacciaio ricoperto da un fitto tappeto di rocce; la luce filtra tra i sassi ed evidenzia il ghiaccio sottostante di un azzurro acceso. Poco più in basso, infatti, ci fermiamo ad osservare un profondissimo crepaccio che ben si nascondeva tra i detriti. Relazioni e Articoli

321


322

Relazioni e Articoli


Foto di gruppo con tutti i componenti della spedizione nepalese

Relazioni e Articoli

323


Alle 12.20 pranziamo e ci gustiamo un bell’uovo sodo e un toast al formaggio bevendo l’acqua della borraccia che ha perennemente la consistenza di una granita. La strada è ancora lunga e ci rimettiamo presto in marcia. Nel pomeriggio tocchiamo l’erba per la prima volta dal giorno della salita. In lontananza vediamo il versante sud del Naya Kanga, abbiamo fatto un sacco di strada! (siamo a quota 4570 m s.l.m.). Sono le tre e sono il primo ad arrivare al campo, dove ci aspettavano le tende già montate dai portatori che ci hanno preceduti, ma il sole si è già nascosto dietro alle montagne. Speriamo che sta notte faccia meno freddo. Da stasera non si prende più il Diamox! Non sarò costretto ad andare in bagno sta notte! Il paesaggio, che pian piano tende a dipingersi dei colori del tramonto, è bellissimo. Alle cinque ceniamo con pasta al sugo e patate ed al posto del solito tè caldo mi prendo una limonata, comincio a non poterne più del tè! La temperatura è già ben sottozero e non c’è altro da fare che cacciarsi ancora in tenda. Sono le sette e per scaldarmi mi sono portato nel sacco a pelo la borraccia riempita con acqua calda. Fuori il rumore del fiume e le risate accompagnate dal suono di un tamburo dei nepalesi che fanno baldoria. I nepalesi sono delle persone eccezionali, sono capaci di imprese assurde; ho visto donne in ciabatte salire il passo Ganja La con 30 chili sulle spalle. 1 novembre 2012 È un nuovo giorno! Si parte a sgambettare alle 7.00. Dopo un ora, lungo la via, in un luogo lontano da qualsiasi cenno di civiltà, incontriamo un ragazzo di Brescia, Gabriele, che si rivela essere un medico che gestisce un piccolo ambulatorio. Una volta tornati a Katmandu, lasceremo in albergo un sacco con i nostri farmaci rimasti, in modo che Gabriele possa servirsene per ampliare la propria dispensa farmaceutica: “AMBULATORIO BREMANG” sarà scritto sul sacco. Il viaggio prosegue su un sentiero che si addentra nella valle che ormai è completamente ricoperta di bassa vegetazione: arbusti dal forte odore d’incenso e rododendri. Alle 12.00 facciamo sosta per pranzo. Non sarà il cuoco nepalese a sfamarci questa volta, bensì il salame e lo speck portati e ben custoditi fino ad oggi da Oreste e Riccardo. Il sentiero è un continuo sali-scendi (più sali che scendi) infatti, gli altimetri segnano ancora 4186 m s.l.m.. Avremo oltrepassato almeno sei o sette passi, restando sempre alti rispetto al fondo valle. Ormai sono cinque ore che stiamo camminando, speriamo che il sentiero scenda un po’ visto che il campo con le tende è a 3400 m s.l.m. Alle quattro arrivo al campo! Finalmente potrò bere. Era da un ora che avevo finito l’acqua ed avevo una sete boia. Oggi abbiamo camminato per nove ore e sono un po’ stanchino. Il campo è sopra una distesa d’erba circondato da un fitto bosco, 324

Relazioni e Articoli


non fa freddo rispetto agli altri giorni, però è aumentata l’umidità. Da qui si vede in lontananza una bellissima cima che il Dante afferma essere molto simile al Pumori. Per cena oltre alla solita zuppa, il cuoco ci ha fatto la pizza! Il formaggio è come al solito di yak e al posto della passata di pomodoro c’è il ketchup, però dopo giorni di riso in bianco è una manna dal cielo e viene apprezzata da tutti. Dopo cena accendiamo un grande fuoco, attorno al quale rimaniamo a scaldarci passando una piacevole serata. 2 novembre 2012 - Ultima fatica Oggi ci svegliamo con calma per le sette e alle otto e mezzo partiamo. La strada ancora una volta inizia in salita, però ora la affrontiamo con la consapevolezza che la prossima discesa sarà quella definitiva. Attraversiamo un bosco di grandi conifere; alcuni alberi hanno il tronco che supera il metro di diametro. Verso metà mattina sostiamo vicino ad una mandria di mucche. Una donna munge una vacca e una piccola bimba ci saluta sorridente: “Namaste” mentre li vicino un gruppo di portatori si è fermato a riposare fumando da lunghe pipe di legno. Per mezzodì arriviamo alla nostra meta di oggi, un villaggio con delle case in muratura e degli stupa bianchi ben curati. Ordiniamo subito sedici birre: una per ciascuno, grande brindisi!! Dopo aver mangiato e bevuto finalmente seduti attorno ad un tavolo, riprendiamo a camminare perché purtroppo, per colpa di una frana che ha causato l’interruzione della strada, il pullman lo vedremo stasera ad altre quattro ore di cammino da qui. Ora attraversiamo una vera e propria giungla, vediamo persino una scimmia. Percorriamo un sentiero che taglia verticalmente la strada sterrata camionabile interrotta che sale tortuosa segmentata in numerosi tornanti. Ci sono molti terrazzamenti, dove viene coltivata colza e miglio. Spesso si vedono persone che trasportano sulle loro spalle gerle stracolme di foraggio per gli animali: sembrano dei veri e propri cespugli con le gambe. Alle 17.00 arriviamo al paese, dove già ci aspetta il pullman per domani. Dormiremo qui sta notte e sarà veramente l’ultima che passeremo in tenda. Il campo viene posto in un posto geniale: su dei terrazzamenti per la coltivazione del riso, perfettamente orizzontali. Speriamo solo che non piova perché altrimenti il bagno è garantito perché l’acqua allagherebbe i terrazzamenti ostacolata dagli argini. Ad ogni modo il clima ci è favorevole. Anche oggi abbiamo camminato nove ore e sono un po’ stanco, ma nonostante ciò sono felice perché ho la consapevolezza di aver partecipato a questa esperienza che se non unica, è comunque da considerarsi rara. Sistemo le mie cose in tenda e cerco di rimodellare lo zaino che ormai ha perso totalmente l’ordine accuratamente gestito alla partenza. Aspettiamo Relazioni e Articoli

325


la cena, mentre fuori dalla tenda si sentono voci, il rumore dell’acqua del ruscello, suoni di tamburi e flauti. Ceniamo alle 20.00 nella solita e ormai collaudata tenda-mensa, per l’ultima volta. Questa volta i cuochi hanno davvero dato il meglio di loro. Abbiamo mangiato molto bene: riso con curry, pollo, carne di bufalo, verdure, e pure la mortadella di Bronte portata da Laura, gelosamente custodita fino a questo giorno. Per finire ci siamo mangiati pure la “Last Day cake”, la torta! Sicuramente però, a parte il cibo, il momento più significativo dell’intera giornata è stato il dopocena, quando si è svolta la cerimonia di assegnazione delle mance. Ci siamo messi tutti a cerchio attorno alla luce di una lampada appesa ad un filo teso tra la tenda mensa e la cucina. Uno ad uno vengono chiamati da Padam tutti i portatori, i cuochi, gli aiutocuochi e le guide (per un totale di quasi quaranta persone). Mio padre, Dante e Oreste hanno distribuito ad ognuno la propria busta contenente la mancia, gesto che ogni volta era seguito da un applauso sentito e da risa e lacrime di gioia. E’ stato un momento molto bello e commuovente. Dopo la cerimonia, i festeggiamenti continuano. I nepalesi iniziano a cantare delle vivaci canzoni loro accompagnati dal suono ritmico di un tamburo. Iniziano a danzare ed invitano anche noi ad unirci a loro. Dopo poco tutti danziamo e balliamo. E’ stata una serata indimenticabile, indimenticabile come tutta questa fantastica esperienza, che per uno come me, abituato al comodo mondo occidentale, è stata l’avventura più bella e coinvolgente della mia vita. Domani torneremo a Katmandu, visiteremo la città e ci prepareremo a tornare a casa. Auguro a tutti la buona notte per questa che sarà l’ultima che passeremo in tenda e che coincide con l’ultima pagina del mio diario. Buonanotte!

326

Relazioni e Articoli


Stouros 2011 a cura di Francesco Merisio [tratto dalla Traccia n.72 _ Novembre 2011]

Domenica 21 Agosto scorso si è conclusa la Spedizione Speleologica “STOUROS 2011” organizzata dallo Speleo Club Orobico CAI Bergamo in collaborazione con il Gruppo Grotte Milano CAI SEM avente come meta l’altopiano di Stouros posto nella zona Sud-Est del Parco di VikosAoos, nella prefettura di Joannina, nell’Epiro settentrionale. La Spedizione ha avuto come obiettivo la prosecuzione delle ricerche speleologiche in questa vasta area calcarea, il completamento delle battute esterne sul territorio, l’esplorazione di nuove grotte, la discesa lungo le pareti del canyon e la raccolta di campioni bio-speleologici con la speranza di scoprire nuove specie di animali cavernicoli. La spedizione godeva dell’appoggio e del Patrocinio di vari Enti e Associazioni: Sezione CAI “Antonio Locatelli” di Bergamo, CAI SEM Milano, Commissione Centrale di Speleologia, Federazione Speleologica Lombarda oltre che della sponsorizzazione da parte di Bertoni Tende e Scorpion Bay. Partiamo Sabato 6 Agosto da Bergamo con i 3 mezzi carichi di materiali alla volta di Ancona, l’imbarco è previsto per la Domenica ma preferiamo muoverci in anticipo, la notte la passiamo dormendo accampati in un oliveto sulle colline poco sopra il mare e la mattina approfittiamo del tempo a disposizione per visitare la città. Un pasto veloce in un bar presso il porto e nel pomeriggio ci imbarchiamo alla volta delle coste elleniche. La traversata è tranquilla e ventosa, le coste albanesi sono le prime che vediamo con le luci dell’alba (si chiama Albania per questo, vero?), nella prima mattinata siamo ad Igoumenitsa ed imbocchiamo la nuova autostrada che porta a Joannina. Prima di salire sull’altopiano ci fermiamo a fare spesa, la cassiera del supermercato si confonde e batte più di 1000 lattine di birra per circa 980 Euro di spesa! Un rapido controllo e tutto torna normale. La strada dal fondo valle al paesino di Monodendri non è affatto cambiata da come era 13 anni fa, stesse curve senza protezioni e stesse cappellette votive in ricordo degli incidenti mortali. Arriviamo al Relazioni e Articoli

327


paese e prendiamo subito contatto con Elena, una ragazza aderente al SELAS, Gruppo Speleologico di Atene che ci ha procurato i permessi del Ministero della Cultura per poterci muovere all’interno del Parco di VikosAoos. Ci rechiamo nella piazza principale, caratterizzata dalla presenza di un enorme platano sotto la cui chioma ci sediamo ai tavoli di un bar per bere e mangiare qualcosa, dove veniamo raggiunti da Pippo e Selvaggio( Andrea e Giuseppe ) che si aggregheranno alla spedizione per alcuni giorni prima di andare in Albania per attrezzare la discesa in una forra. Dopo il pranzo ci spostiamo in quota con le auto e decidiamo dove montare il campo, non prima di aver preso accordi con i pastori e con i loro cani! In men che non si dica tutto è attrezzato e funzionante: il pannello fotovoltaico con impianto di ricarica batterie ed illuminazione del tendone collettivo, la grossa tenda magazzino e dormitorio per 2 persone, la cucina, la doccia, la latrina e la tende personali. L’indomani, 9 Agosto, cominciamo l’attività di battute esterne dividendoci in 3 squadre che batteranno a tappeto una zona che dalla strada sterrata a Nord del campo si estende fino alle pareti del Canyon di Vikos; la particolarità morfologica dell’area è l’estesa presenza di pinnacoli rocciosi alternati a doline e vallette di assorbimento che rendono la progressione veramente lenta e faticosa, altro fattore che rallenta il cammino è il fatto che ci soffermiamo a visionare ogni anfratto, pertugio e frattura nella roccia nella speranza di trovare qualche grotta nuova... A fine giornata torniamo in ordine sparso al campo con una manciata di piccoli ingressi di cui uno molto promettente in quanto sembra portare ad una verticale di circa una quindicina di metri. Il giorno seguente, mentre alcuni proseguono le battute esterne, 3 di noi scendono nella grotta appena scoperta: un pozzetto di 25 metri con un paio di scivoli intermedi e alla base due piccoli meandri che chiudono in fessure impraticabili, vengono scattate alcune foto, eseguito il rilievo e catturati un paio di Aracnidi troglobi. Le squadre esterne hanno visionato altri buchetti ma senza niente di eclatante, unica certezza è che la zona a pinnacoli con la vegetazione più fitta d’ora in avanti sarà denominata “Cambogia”! Zona talmente impervia che per percorrere poco più di un Km in linea d’aria è stata necessaria quasi un’ora. Si alternano battute esterne e rivisitazioni delle cavità scoperte nel 1998 sempre dallo SCO CAI Bergamo e si coglie l’occasione, durante ogni discesa in grotta, per posizionare delle trappole per la cattura di eventuali insetti. Vengono scattate foto ed effettuate riprese degli ambienti esterni ed interni con l’intenzione di realizzare un video da presentare in future serate divulgative. Venerdì 12 Agosto ci si organizza per la calata lungo le pareti del 328

Relazioni e Articoli


Canyon con l’intento di raggiungere un buco localizzato i giorni precedenti dal belvedere di Oxia; si attrezzeranno due discese: una “operativa” e l’altra “di servizio” per la riprese e le foto. Scendiamo ripulendo la via di discesa da sassi, pietre, rami e foglie che cadono verso la base delle pareti, circa 300 metri sotto di noi. La corda da 87 finisce senza aver ancora raggiunto il buco e quindi si utilizzeranno gli ultimi metri della 120 di servizio per arrivarci. Purtroppo la cavità intravista dal belvedere è solo una saletta a base triangolare alta circa 4 metri con il pavimento detritico piatto e senza possibili prosecuzioni, particolare la presenza di una piantina di ippocastano che con tutto probabilità, tra una decina d’anni, occuperà tutta la grotticella rendendola totalmente inaccessibile. Nei giorni successivi una squadra che scende nella grotta Limni Prassinos (Lago Verde), scoperta nel 1998 dalla precedente spedizione orobica, tenta anche l’immersione nel laghetto del fondo a -200m, constatando che l’acqua è molto ferma, con tanto fango depositato ed una fessura molto stretta preclude ogni possibilità di prosecuzione; risalendo i vari pozzi vengono visionate alcune finestre che potrebbero portare in nuovi ambienti ma purtroppo la fortuna non ci è compagna. Altra sorte invece sul fronte bio-speleologia: le trappole messe i giorni precedenti hanno “catturato” alcuni Coleotteri del genere Duvalius e la caccia diretta con aspiratore e pinzette ci permette di catturare anche 2 pseudo-scorpioni troglobi. Le battute esterne vengono spostate in altre zone dell’altopiano in maniera tale da colmare i vuoti esistenti in carta tra le aree visionate nel ‘98 dallo SCO e negli anni seguenti dai triestini, qui la vegetazione cambia, le piante d’alto e medio fusto lasciano il posto a erba secca, arbusti, ginepri e cardi di un profondo colore blu tendente al viola. Anche gli affioramenti rocciosi sono diversi dalla “Cambogia”, meno pinnacoli e più colline alternate a grosse doline purtroppo quasi sempre dal fondo piatto, ricoperto da detriti o da terriccio impermeabile, quindi con poche possibilità di trovare nuovi ingressi. Vengono rilevate alcune caratteristiche geo- morfologiche di notevole interesse: un allineamento di colline, ortogonale all’asse maggiore del Canyon di Vikos, è ciò che affiora di un intenso e localizzato gruppo di pieghe che hanno interessato una parte consistente degli strati rocciosi alla sommità dell’altopiano e, a Nord di queste colline, vi è un avvallamento largo qualche decina di metri e lungo quasi un km impostato su una grossa frattura che ha dislocato la compagine rocciosa dando origine probabilmente alle suddette pieghe. In prossimità di questo avvallamento individuiamo uno stretto pertugio che con fatica superiamo per entrare in una saletta di modeste dimensioni che però non continua, particolarità della grottina è la presenza di 4 esemplari di cavallette di grotta di notevoli dimensioni. Non sono stati raccolti in quanto le 3 femmine erano in fase di deposizione delle uova ed Relazioni e Articoli

329


era presente un solo maschio. Negli ultimi giorni ci concentriamo sulle riprese video e rivisitiamo la grotta Castore e Polluce, a 5 minuti dal campo; il pozzo di 40 metri d’ingresso è molto “fotogenico” sia ripreso da sopra che da sotto. Spiace però osservare la notevole presenza di spazzatura gettata nella grotta, tra i vari materiali spiccano numerosi rifiuti medico-veterinari: flaconi, medicinali scaduti, lastre radiografiche oltre a carcasse di vari animali e rifiuti domestici. Sul fondo del terzo pozzo catturiamo un Opilionide troglobio che, come tutti gli altri animali catturati, verrà portato in Italia e consegnato a degli specialisti del Museo di Scienze Naturali di Milano per il riconoscimento e classificazione. Nel totale complessivo di 5 giornate di battute esterne sono stati visionati circa 10 kmq di territorio, posizionate, percorse e rilevate circa 15 grotte nuove oltre ad innumerevoli spaccature, fratture, anfratti e ripari di esigue dimensioni.

330

Relazioni e Articoli


Dalla Torre Costanza alla Tomasson... pensando a Mary a cura di Laura Posani [tratto dalla Traccia n.71 _ Settembre 2011]

«Ehi, Laura!» «Ehi, Frigo!» «Allora sei pronta per “la 29 tiri” ?» «Sì, direi di sì, per quando?» «Il Meteo la dà buona quindi direi da... subito!» «Ok mi organizzo.» Calda giornata d’Agosto ed ecco che il sogno che mi sono messa in testa da circa due mesi sta prendendo forma: parete sud della Marmolada “ Via Tomasson-Bettega- Zagonèl” soprannominata affettuosamente da Michele “la 29 tiri” tanti sono i tiri, quasi tutti di IV/ IV+ max V grado, che si succedono in 650 mt di dislivello e 1000 mt di sviluppo. La pulce nell’orecchio me l’aveva messa Claudio (Bisin), appassionato estimatore della storia dell’alpinismo, parlandomi prima della sua ammirazione per Mary Varale (contagiandomi subito) e poi, su mia richiesta, inviandomi l’elenco di tutte le vie fatte da Mary dal 1924 al 1935. Mi prende così l’insano pensiero di emulare la “signora dalla giacchetta rossa” ripetendo alcune sue vie, vedo che diverse le ho già fatte ma due mi saltano subito all’occhio avvolgendomi in una strana fascinazione: la ‘Tomasson - Bettega - Zagonèl’ sulla parete sud della Marmolada e lo ‘Spigolo Giallo’ alla Piccola di Lavaredo. Ma andiamo per ordine: il desiderio di una via “classica” in perfetto stile alpino e soprattutto una via “grandiosa su una parete grandiosa”, come viene definita la Tomasson, ha la meglio e non mi molla. Ne parlo a Riccardo (Frigo) che oltre ad essere uno tra i miei amici più cari è anche un uomo dalle doti alpinistiche ed umane notevoli... quello che ci vuole per condividere “la 29 tiri”: socchiude un po’ gli occhi, come a voler mettere a fuoco un’ immagine che solo lui vede e fa un lento movimento assertivo col capo: capisco che ci penserà, anzi ci sta già lavorando. Compagni di cordata già collaudati ed affiatati, intensifichiamo le Relazioni e Articoli

331


uscite, ora in falesia ora in Grigna, nelle settimane successive; con Riccardo non si scende mai sotto il IV+/V, l’allenamento può essere quello giusto; per assaggiare la grinta di Mary propongo di fare anche la via del Littorio alla Torre Costanza, e così ho la conferma che era sicuramente una donna dalla forza elegante come la sua storia ci racconta. Dopo uno stop alpinistico di quindici giorni, ma una bella esperienza ciclistica con Michele sul Camino de Santiago de Compostela, torno i primi di Agosto, in buona forma fisica e con sempre il mio chiodo fisso in testa. Il tempo fino ad ora è stato pessimo,gli amici che sono andati in Dolomiti hanno quasi sempre dovuto capitolare dopo due o tre giorni per il maltempo ma ora ecco che, come si dice, sembra finalmente volgere al bello! Si parte in un infrasettimanale per non rischiare,aspettando,un peggioramento del tempo ma anche per non rischiare di trovare troppa gente in via ed infatti,sulla parete sud... ci siamo solo noi. La partenza è all’alba dal Rifugio Contrin, due ore di avvicinamento, ma decidiamo che è meglio riposare e mangiare bene piuttosto che dormire male al bivacco Dal Bianco, poche decine di minuti dall’attacco. La giornata si presenta magnifica, già schiarisce e la temperatura è mite, non una nuvola. Arrivati all’attacco mettiamo le mani su una roccia perfetta sia come temperatura che come consistenza. Da subito si capisce il carattere della via, iniziano un susseguirsi ininterrotto di camini di notevole impegno ma sempre su roccia bellissima, alcune relazioni parlano di difficoltà sostenute fino al 7° tiro di V- ma... cavoli! Ditelo subito che dopo una cengia di II grado ricominciano camini e placche di IV/IV+ con un bel V al 14° tiro! In ‘Roccia d’autore - quarto grado’ di Emiliano Zorzi, lo schizzo e la relazione parlano invece chiaro, da qui ci aspettano ancora una doppia e nove tiri di IV/IV+ poi finalmente siamo fuori dalle difficoltà. A questo punto, proprio come la Tomasson, Bettega e Zagonèl, anche noi, giusto 110 anni dopo, percorriamo gli ultimi 200 mt (I-II-III grado su sfasciumi esposti) sotto un cielo nero che, chiudendosi di colpo, ci scarica addosso grandine, tuoni e lampi, sembra lo stesso copione ma manca un prezioso elemento: la Tomasson arrivata in vetta, come ogni scalatore inglese che si rispetti, stappa una bottiglia di Champagne! Io, no. Però la giacchetta rossa “alla Mary” ce l’ho ed ho pure tangibile gratitudine nei confronti di Riccardo che ha tirato ed interpretato tutta la via con la pacatezza e la concentrazione dell’uomo di azione ma anche di pensiero. «Ehi Laura! Via davvero molto bella, sono contento di averla fatta.» «Ehi Frigo! ... grazie.»

332

Relazioni e Articoli


Donna in quota... rosa a cura di Laura Posani [tratto dalla Traccia n.69 _ Maggio 2011]

Un proverbio cinese dice: quando si devono fare dieci passi, nove sono metà del cammino. Questo aforisma è stato dimostrato rigorosamente dalla mia ascensione al Monte Bianco. (Henriette d’ Angeville) Eccomi anch’io a metà di uno dei miei cammini e per l’esattezza quello rappresentato dai miei 35 anni di attività nella SEM; eccomi, assumendone la presidenza, ad accingermi a fare il decimo passo, il più difficile quello in cui racchiudere tutto l’impegno passato, presente e futuro. È giusto ora raccontare un pò di me, per chi non mi conosce. Inizierò raccontando i miei primi nove passi: sono arrivata alla SEM nel 1976, primo anno di Università, su consiglio di un compagno del Liceo che aveva frequentato, l’anno prima, con entusiasmo, il Corso di Speleologia della SEM. Insieme a lui ed ad altri tre amici mi sono iscritta al Corso di Roccia e, come si suole dire... sono rimasta folgorata sulla strada di Damasco! Ho scoperto in una sola volta, senza avere alcun background, la passione e l’amore per la montagna, le emozioni che genera, il piacere purissimo dell’arrampicata, la ricchezza e la sincerità dei rapporti di amicizia nati sul campo ma soprattutto ho scoperto la “casa - SEM”. Ben presto ho cominciato ad arrampicare, ogni week end della mia vita da studente, con quelli che erano stati i miei maestri e, nel giro di pochi anni, sono entrata a far parte del corpo Istruttori di Roccia della SEM. Travolta dall’energia e dall’entusiasmo dei compagni di viaggio (Oreste, Dante, Andrea, Dario, Roberto, Anna, Francesca, Luciano, ecc.) mi sono con loro dedicata anche all’attività sciistica, praticando sopratutto lo sci di fondo, specialità nella quale la SEM ha dato moltissimo per anni: in Primavera ed Estate si arrampicava, in Inverno si facevano gare. Di sciata in sciata, di gara in gara nel 1991 ho sostenuto gli esami ed ho conseguito il Relazioni e Articoli

333


titolo di Istruttore di Sci di Fondo Escursionistico del CAI. In qualità di Medico ho fatto parte della Commissione Medica del CAI (Organo Tecnico Centrale) per dieci anni nel corso dei quali, oltre all’attività didattico - divulgativa, ho avuto modo di svolgere anche ricerca medico - scientifica in media ed alta quota. Nell’ultimo decennio sono stata membro del Consiglio Direttivo della SEM come Consigliere e come Vicepresidente. Durante tutti questi anni molto ho dato ma altrettanto e moltiplicato ho ricevuto, molte persone mi hanno accompagnato negli anni della formazione e della maturazione, ho stretto amicizie insostituibili ed irreversibili ed è con emozione e senza retorica che dico che molte di quelle stesse persone sono ora qui per affiancarmi e condividere anche questo decimo passo. Il mio pensiero va quindi a tutti gli amici della SEM, a tutto il Consiglio Direttivo con i Vicepresidenti Enrico (già mio Istruttore) ed Ugo, a Sergio Franzetti (il braccio destro di ogni Presidente). Un pensiero speciale è però per Roberto Crespi, grande amico fraterno, conosciuto proprio in quel Corso di Roccia del 1976. Roberto è Presidente uscente gioco-forza, il suo lavoro condizionato dai conflitti che colpiscono attualmente il mondo arabo, lo porta ad assentarsi dall’Italia per molti mesi a venire, per tale motivo ha rassegnato le dimissioni ed io, ricevendone il testimone, ho la ferma intenzione di proseguire l’egregio lavoro da lui svolto valorizzando e rinforzando quanto già iniziato, soprattutto in tema di sicurezza in montagna. In più porto in dote alcuni miei “pallini“: dare maggiore visibilità anche mediatica al lavoro svolto dalla e nella SEM; suscitare maggiore interesse per noi in chi, tra qualche anno, dovrà rinnovarci la sicurezza di una sede ben radicata nel territorio; dare uno spazio definito ad una delle molte anime della SEM: il volontariato impegnato anche nel sociale. Siamo a Milano ed il problema dell’integrazione e della contro - emarginazione, anche attraverso lo sport, ci deve toccare per forza, qualcosa già abbiamo fatto e stiamo facendo, continuiamo così. Ho anche un altro sogno spericolato: “la convergenza delle linee parallele” e Max, Direttore della Scuola di Alpinismo Silvio Saglio, sa benissimo cosa intendo dire. In SEM già molte sono le figure che interagiscono su più piani ma sarebbe davvero il massimo se molti di più, soprattutto tra i giovani, si spendessero in questo senso. Per finire mi impegno, per amore di chiarezza nella comunicazione, a tenere periodicamente su La Traccia una breve rubrica per aggiornare tutti i Soci sulle iniziative prese ed i passi salienti fatti di volta in volta dal Consiglio Direttivo, sarà questa un’occasione per me per fare il punto della situazione ma soprattutto sarà la giusta visibilità ed il giusto riconoscimento del prezioso seppur silenzioso lavoro che viene fatto. 334

Relazioni e Articoli


In tutto questo spero che emerga sempre la mia cifra femminile. Quindi, ricapitolando: - Continuità - Visibilità - Dialogo ed apertura - Solidarietà - Chiarezza Tenetemi d’occhio e se dovessi mancare in qualcosa... datemi una tiratina di corda!

Relazioni e Articoli

335


Messico: spedizione italiana Tláloc 2010 a cura di Annibale Bertolini, Alberto Buzio, Marzia Rossi, Gaetano Mallia, Claudia Di Cioccio [tratto dalla Traccia n.66 _ Novembre 2011]

Ai primi di aprile 2010 è partita per il Messico (Stato del Puebla) la spedizione Tláloc 2010 composta da 11 speleologi di cui 5 del GGM che, per 3 settimane, hanno proseguito le esplorazioni nell’area già investigata nel corso di precedenti spedizioni (1998, 2002 e 2008). Principale obbiettivo è stata la continuazione delle attività nel neonato (2008) sistema Cueva del Viento - Cueva de Mama Mia, il quale ha regalato anche questa volta momenti di gioia... dovuta in particolar modo alla grandiosità degli ambienti ed al loro concrezionamento, cose cui noi italici del nord siamo poco avvezzi... Il sistema è passato dai precedenti 5 km a quasi 7, con 4 ingressi. I due maggiori corsi d’acqua interni del sistema sono stati seguiti verso monte per decine di metri, alla ricerca della giunzione con le cavità che sono idrologicamente collegate in modo pressoché certo. La Cueva del Viento (3,2 km di sviluppo) si è così avvicinata (circa 170 metri) al ramo a valle della Cueva de Los Cochinos (circa 1 km di sviluppo). La prosecuzione prevede il superamento di una cascata di circa 10 metri. Altre diramazioni laterali hanno rivelato un complesso e labirintico reticolo che nasconde senz’altro nuovi ambienti, mentre un ingresso a pozzo, a suo tempo visto solo dal basso, è stato localizzato dall’esterno e sceso. Anche la Cueva de Mama Mia (3,7 km di sviluppo), oltre ad una serie di nuovi anelli e rami minori, ha permesso il superamento del vecchio fondo a monte, avvicinandosi di ulteriori 30 metri all’agognata giunzione con il Resumidero de Miquizco. Una frana apparentemente impenetrabile, da cui scaturisce un grosso fiume (“Mama Non Mama”), ci sta dando filo da torcere, ma le prospettive sono valide e la giunzione non potrà sfuggire a lungo. L’altro maggiore risultato della spedizione è stato un incremento delle esplorazioni e conoscenze della grotta “Resumidero de Miquizco” che dai vecchi 1,5 km con 3 ingressi è passato a circa 2,3 km con 5 ingressi. 336

Relazioni e Articoli


Decisiva, a questo fine, è stata la revisione della precedentemente trascurata “Cueva del Camarón”, già parzialmente percorsa durante le spedizioni passate. Una rivisitazione più accurata della grotta (600 m di sviluppo), insieme all’utilizzo per la sua topografia dell’accoppiata DistoXpalmare, hanno dato modo agli esploratori di accorgersi in tempo reale della notevole vicinanza col “Resumidero de Miquizco”, permettendo così la realizzazione di un’entusiasmante giunzione. Durante queste ricerche, nella parte meridionale del Resumidero de Miquizco sono anche stati visti e topografati altri ambienti. Cosa interessante da notare è che, grazie ai recenti sviluppi in Mama Mia, il nuovo sistema è ormai distante circa 20 m dal sistema Cueva del Viento-Mama Mia. In caso di giunzione si raggiungerebbe uno sviluppo totale di 9,5 km di sviluppo con 9 ingressi. Diverse altre cavità minori trovate nell’area, con sviluppo inferiore ai 100 metri (Cueva de Victor, Pequeña Agonia, Embudo de Rancho Viejo, Ojo Escondido, Sotano del Sendero) hanno permesso di raggiungere una miglior comprensione delle risorse speleologiche dell’area. Molte risorse della spedizione 2010 sono state dedicate alla realizzazione di una carta geologica dell’area carsica indagata e alla raccolta di parametri chimico-fisici dei corsi d’acqua, sia profondi che superficiali. Sono state inoltre realizzate numerose riprese foto-video, che si conta di utilizzare per montare un breve documentario sull’area presa in esame. Oltre alla parte esplorativa della spedizione, in linea con la Carta di Casola, è stata realizzata un’importante opera di divulgazione e sensibilizzazione per le comunità rurali insediate nell’area di ricerca sulla speleologia e sulla necessità di non inquinare ulteriormente le grotte, in alcuni casi, purtroppo, trasformate in vere discariche (ovviamente l’acqua viene prelevata dalle risorgenze per essere bevuta... ). Grande coinvolgimento della comunità si è avuto alla presentazione di 2 proiezioni e ad alcuni incontri “sul campo” con membri della popolazione locale e della pubblica amministrazione del municipio di Hueytamalco. Inoltre, abbiamo avuto la compagnia, durante le uscite in grotta e le battute esterne, di un giovane locale che si è con noi appassionato alla speleologia. La spedizione ha avuto anche un’appendice, a ranghi ridotti, in Chiapas. Quattro di noi, infatti, sono andati nella zona di Villa Las Rosas nella quarta settimana di Aprile. Con gli amici speleo di Comitan abbiamo avuto modo di esplorare e rilevare una manciata di grotte di scarso sviluppo. L’occasione è stata comunque utile per progettare una futura spedizione in altre zone del Chiapas con potenziale esplorativo sicuramente più allettante. Alla spedizione hanno preso parte: Gruppo Speleologico Bergamasco Relazioni e Articoli

337


Le Nottole, Speleo Club Orobico CAI Bergamo, Gruppo Grotte I Tassi CAI Cassano, Gruppo Grotte Milano CAI SEM, oltre all’insostituibile apporto, anche logistico e organizzativo, del Gruppo Speleologico di Città del Messico “Urion” (Uniòn de Rescate e Investigaciòn en Oquedades Naturales). Patrocini: SSI (Società Speleologica Italiana), FSLo (Federazione Speleologica Lombarda), CAI sez. Antonio Locatelli (Bergamo), CAI SEM (Società Escursionisti Milanesi) che ha anche contribuito a pagare la speciale assicurazione sulle spedizioni internazionali, CAI Milano, UMAE (Uniòn Mexicana de Agrupaciones Espeleòlogicas).

338

Relazioni e Articoli


E... dopo un anno... ancora Rwenzori a cura di Vanda Ciocca [tratto dalla Traccia n.56 _ Maggio 2009]

Era il 2006 quando Dante per la prima volta propose di salire il Rwenzori e ricorreva il centenario della prima salita effettuata nel Giugno del 1906 dal Duca degli Abruzzi. Il Rwenzori è la più grande catena montuosa dell’Africa e si sviluppa lungo il confine tra Congo e Uganda comprendendo 6 monti principali di cui il Monte Stanley, con la Punta Margherita (mt. 5109) è la più alta. Il nome deriva da quello della regina italiana Margherita che sponsorizzò la prima spedizione scientifica su queste montagne. Le vicissitudini dell’anno scorso vi sono già state anticipate dalla Laura nel precedente numero de “La Traccia” per cui vado al 30 Dicembre 2008 giorno della nostra partenza per la grande avventura. Il solito gruppetto più altri coraggiosi: Dante, Oreste, Laura, Luca, Gianni e Laura, Lorenzo, Anna e Vanda, parte alla volta di Kampala capitale dell’Uganda. All’areoporto ci attende Costantino Tessarin un italiano trasferitosi là da qualche anno dove ha aperto, con altri due soci, l’agenzia di turismo: “Destination Jungle” che ci ha organizzato il nostro giro. Siamo in Uganda, quasi non ci sembra vero. Con armi e bagagli saliamo sul pulmino a nostra disposizione che ci lascia in un albergo a Kampala. È il 31 Dicembre, va festeggiato e da buoni italiani il panettone ce lo siamo portato da casa, purtroppo lo spumante no, ma come dice Oreste “noi della Sem non ci facciamo mancare niente”. Infatti in un supermercato troviamo un bottiglione di due litri di spumante, chissà da quanto tempo giacente e che costa una fortuna per gli standard locali, ma così il brindisi è assicurato. L’indomani mattina con il pulmino si parte per le falde del Rwenzori. Il tragitto è molto lungo occorrono circa 7 ore di auto prima di giungere a Ibanda, dove poco oltre c’è l’ingresso del Rwenzori National Park. Le pratiche di registrazione al parco, la conoscenza di guide e portatori che ci accompagneranno durante la Relazioni e Articoli

339


spedizione si prolungano e le nostre gambe, dopo oltre due giorni di inattività, cominciano a scalpitare. Finalmente si cammina! Si attraversa una foresta lungo il corso del fiume Mubuku, la vegetazione è molto fitta e fa molto caldo umido. Il Rifugio Nyabitaba mt 2652, meta della nostra prima tappa, è spartano come tutti i rifugi che toccheremo: struttura in legno e tetto in lamiera, letti a castello con materasso, veranda con tavolo e panche per mangiare. Non manca nulla! Le guide dopo la cena ci relazionano sul percorso del giorno dopo che sarà a tratti paludoso per cui da domani in poi dovremo sostituire i nostri scarponi da montagna con gli stivali, come consigliatoci di portare prima di partire. Mai avremmo pensato di riuscire a camminare bene, nonché saltare fra un legno, un sasso, un ciuffo d’erba e l’altro, per tante ore per evitare di sprofondare nel fango, con degli stivali ai piedi !!! E riuscire a non cadere mai o quasi, insomma riuscire a fare gli equilibristi. Intanto la vegetazione inizia a cambiare non più alberi alti, ma foreste di bambù e seneci che ci accompagnano fino al Rifugio John Matte a mt 3505. La tappa successiva è il Rifugio Bujuko mt 3962, per raggiungerlo si deve attraversare il fiume Bujuku e poi si entra nel Bigo Bog inferiore, una piatta distesa paludosa dove spuntano seneci e lobelie, tipiche piante locali, per poi raggiungere lungo un ripido sentiero, il Bigo Bog superiore dove la visione della vallata percorsa è bellissima. Si costeggia l’omonimo lago e finalmente si arriva al rifugio. C’è chi amante della pulizia si avventura lungo il corso di fiumicelli per le abluzioni e chi invece preferisce scalare il suo letto a castello e infilarsi nel sacco a pelo per una pennica prima della cena e per il dopo cena grandi partitoni a macchiavelli o scalaquaranta. L’ultima tappa è breve, arriviamo al piccolo Rifugio Elena posto a mt 4430, da dove partiremo per la salita alla fatidica Punta Margherita mt 5109. La vegetazione è bassa eriche ed elycrisum che sono dei sempreverdi. La sistemazione è molto più spartana rispetto alle precedenti, inoltre non favorita dalle condizioni del tempo: freddo ovviamente, con nebbia e pioggia. Purtroppo il tempo su queste montagne è spesso così, infatti nella lingua locale dei Bakonjo Rwenzori significa “Montagne della pioggia”. Ma noi siamo fiduciosi. Al briefing serale con le nostre guide viene concordato l’orario di partenza mattutino le ore 5.30 slittato poi alle 6. Partiamo avvolti nella nebbia in fila indiana con le nostre pile frontali accese, si deve percorrere un tratto sassoso prima di arrivare alla testata del ghiacciaio, anche qui inutile dirlo ritiratosi. Facciamo le cordate e con piccozza e ramponi iniziamo a salire il ripido e crepacciato pendio con un bel fiatone, niente di strano siamo a quasi 5000 metri !!! E non è finita l’ultimo tratto ci vede impegnati a superare una scaletta di metallo e ad arrampicare su 340

Relazioni e Articoli


delle roccette, poi in poco tempo arriviamo in vetta. “La fortuna aiuta gli audaci” oppure “la Sem è grande” (come dice sempre Oreste) fatto stà che nel frattempo la nebbia se n’è andata e il sole ci illumina facendoci godere il panorama dalla vetta più alta del Rwenzori. Tutti e nove raggiungiamo la cima e dopo le foto di rito e un piccolo spuntino siamo pronti per la discesa perché le nuvole sono nuovamente in agguato. La vetta è stata raggiunta e con il sole, non potevamo pretendere di più! La discesa è stata un po’ problematica per Laura perché i suoi ramponi non ne volevano sapere di stare ben saldi ai suoi scarponi e così una delle guide gli ha ceduto un suo rampone, uno per uno. Sono scesi con un po’ di cautela ma tutto si è risolto bene. Ritorniamo al rifugio Elena e sistemati i bagagli riprediamo la discesa deviando verso il Rifugio Kitandara mt 4023 posto vicino all’omonimo lago, dove ci ripuliamo e rifocilliamo, godendo ancora di qualche ora di sole le fanciulle del gruppo ne approfittano per fare ginnastica, in effetti un po’ di streching è salutare! Siamo sulla via del ritorno ma ciò nonostante il giorno successivo ci vede costretti a salire il Freshfield Pass mt 4282. Passiamo davanti ad una grotta dove la guida ci dice che qui pose il campo il Duca degli Abruzzi e proseguendo davanti alla bella cascata di Kabamba, intanto una leggera pioggerella cade dal cielo, ma ormai in pochi minuti giungiamo al Rifugio Guy Yeoman mt 3261. E siamo all’ultima tappa, un lungo percorso si snoda su ripide rocce a tratti esposte e scivolose a cui si deve prestare particolare attenzione, finchè giungiamo ad una ripida discesa inframezzata da rudimentali scalette di legno e dove nel pianoro sottostante sono ad attenderci i nostri portatori. Ci accolgono percuotendo delle latte come fossero tamburi ballando e cantando, festeggiandoci per la nostra riuscita impresa. La festa è proprio inaspettata e anche noi saltiamo e balliamo con loro. Le difficoltà sono finite, l’ultima ora necessaria per il ritorno al Rifugio Nyabitaba del primo giorno, è una passeggiata e chiude il cerchio del nostro giro. A valle ripassiamo dagli uffici del Parco per espletare le formalità, salutare le nostre guide e i numerosi portatori che ci hanno affiancato in questa nostra spedizione e ringraziarle per la loro professionalità e attenzione per le nostre necessità. Laura e Luca, i nostri due preziosissimi dottori, dietro suggerimento delle guide lasciano le medicine che abbiamo alla chiesa di Ibanda, la quale svolge anche funzione di dispensario gratuito per la popolazione locale. La sera la passiamo in un luogo da sogno, un Country Resort: una serie di casette con il tetto di paglia ma con tutti i comfort, situate vicino ad u n lago, immerse in una vegetazione meravigliosa con alberi fioriti e prati all’inglese. Non riuscivamo a crederci! Ma ci siamo abituati ben presto alle comodità, soprattutto alla doccia di cui ne avevamo urgente Relazioni e Articoli

341


bisogno. L’ultimo giorno è stato un lungo trasferimento in pulmino fino a Kampala, faticoso ma anche pittoresco per il paesaggio: i campi ben coltivati a the, caffè e bananeti, i mercatini con frutta e verdura ben disposti sui banchetti, la popolazione vestita di colori sgargianti e tanti bimbi bellissimi con le loro testoline rotonde e i vivaci occhioni neri. Anche quest’anno è stata una bellissima esperienza sia per la nuova montagna scalata, ma soprattutto per l’affiatamento del nostro gruppo nonostante la fatica e la durezza del percorso. E concludendo con una mitica frase di Oreste “e per i prossimi 20 anni, basta fango!”.

342

Relazioni e Articoli


Relazione semiseria di un bel viaggio in Tanzania a cura di Pierluigi Colalongo [tratto dalla Traccia n.51 _ Maggio 2008]

“Pole Pole” - piano piano in swahili - e i nostri cari amici della SEM sono arrivati in cima al Kilimanjaro la mattina del 5 Gennaio 08; ma partiamo da qualche settimana prima. Il piano è di andare a fare un giro sul Ruwenzori e quindi Dante, Vanda, Roberto, Laura, Luca e Oreste cominciano ad organizzarsi di conseguenza, insieme ad altri baldi giovani. Purtroppo un’epidemia di ebola nelle vicinanze, non immediate, del Ruwenzori getta un’ombra di incertezza sul gruppo e allora, dopo tutta una serie di consultazioni, si decide di ruotare il proprio sguardo verso il Kilimanjaro, magari cercando anche di portare a casa la salita del Mawenzi, montagna di poco piú di 5100 mt posta proprio di fronte al grande vulcano. Solo allora io decido di aggiungermi al gruppo e quindi, dopo un po’ di tribolazione per trovare i biglietti aerei, tutto è pronto per la partenza, o quasi: manca ancora l’organizzazione della parte logistica. Qualche preventivo chiesto qua e là via Internet mi suggerisce di provare con una agenzia nostrana e alla fine ci affidiamo alla esperienza di Avventure nel Mondo, dopo aver concordato che oltre al Kili avremmo tentato anche il Mawenzi. Il 30 mattina si parte, destinazione Dubai, dove passeremo una comodissima notte nell’albergo della Emirates. La mattina dopo, trascorse altre 4 ore e mezza di volo arriviamo finalmente in Kenya dove il nostro autista ci sta giá aspettando e ne avrá da attendere, visto che i nostri amati bagagli tardano a spuntare dal nastro keniota. In serata siamo ad Arusha in un tranquillo alberghetto incontriamo finalmente Mr. Ndibalema che subito ci avverte che la salita al Mawenzi è impossibile; noi insistiamo e dopo aver chiamato qualcuno lui ci avverte che potremo salire una volta che solleviamo l’ente parco da ogni responsabilità. Rincuorati, ci tuffiamo nel cenone di capodanno che, ahinoi, non è nemmeno lontano parente dei nostri e cosí, dopo una fetta di pandoro Relazioni e Articoli

343


portata dal caro Oreste, ci mettiamo a letto. Provvidenziali, per me, i tappi per le orecchie visto che sotto la finestra sono andati avanti a cantare e suonare fino alle 5. La mattina dell’uno finalmente si parte; incontriamo Alex, la nostra guida, che ci stará addosso e senza mollarci un attimo fino all’ultimo minuto di sette giorni dopo. Dopo la pesata dei bagagli i nostri 17 - ebbene sì, proprio diciassette - portatori partono con i loro zaini e le borse o gerle in perfetto equilibrio sopra la testa, alla volta della prima tappa, la Mandara Hut (2800 mt circa), una sorta di piccoli chalet; noi ci registriamo presso l’Ufficio dell’Ente Parco (il gate) e poco dopo li seguiamo. Il sentiero è comodissimo ma fa piuttosto caldo nella foresta dove si origina il 96% dell’acqua della zona; in circa tre ore arriviamo a destinazione e prendiamo possesso di un paio di Hut. Poco dopo arrivano i nostri portatori e cominciano a prepararci il the e i popcorn per la merenda; quindi si cena e si va a nanna. La mattina dopo si sale alla volta della Horombo Hut e per la prima volta il Mawenzi e il Kibo appaiono in tutto il loro splendore; la tappa è lunga, ma la foresta ha lasciato il posto ad una vegetazione bassa ma rigogliosa dove i seneci e le lobelie si mostrano in tutta la loro bellezza, per cui senza accorgercene si arriva ai 3800 mt del campo. Non paghi io e Dante, raggiunti poi da Vanda, Laura e Roberto (Oreste e Luca ronfano nella Hut), arriviamo a 4000 mt per vedere meglio il Mawenzi e cercare di capire da dove saremmo potuti salire il giorno dopo. Ma, purtroppo, la mattina dopo la guida, insieme ai militari presenti nel campo, frustrano qualsiasi velleità di indossare le nostre imbragature. Un filino di tensione, alimentata dalla pesante delusione, affiora nel gruppo ma poi il buon senso ci porta a prendere atto della decisione e con pazienza ci portiamo alla Mawenzi Hut (4400 mt) per passare la nostra prima notte in tenda. Scopriremo poi, al ritorno in Italia, che l’incomprensione era stata generata da Mr. Ndibalema che aveva interpretato la parola Mawenzi come pernottamento di acclimatamento alla Mawenzi Hut e non come intenzione di salire la montagna. La notte in tenda scorre rapida e fresca: la temperatura notturna scende poco sotto lo zero e il sole mattutino è decisamente piacevole; poco dopo le nove ci muoviamo verso il Kibo Hut (4700 mt) lungo un deserto tra i 4400 e 4700 mt ove l’aria è secchissima e il sole picchia duro. Arrivati al rifugio, tra una partita a Solo (gioco con le carte) e il pasto, ci mettiamo a dormire in previsione della levataccia di mezzanotte, orario imposto dalle guide. La cara Vanda punta i piedi per convincere tutti a partire un po’ piú tardi ma alla fine, si decide di dare retta ad Alex e cosí, all’una del giorno dopo, partiamo verso la cima. Molte lucine di frontali sono molto piú alte di noi ma, pole pole, raggiungiamo e superiamo svariati gruppi e quindi, in 4 ore siamo al Gilman’s point a 344

Relazioni e Articoli


5681 mt. Il sentiero alle nostre spalle è noiosissimo ghiaione dove a zig zag si guadagna rapidamente quota. Siamo tutti piacevolmente sorpresi dell’assenza di qualsiasi malessere che possa essere in qualche modo associato alla quota: effetti del Diamox o quelli della Sem sono tosti? Ovviamente la seconda!!! Dopo una breve pausa nel buio pesto, illuminati solo dalle fioche luci delle frontali, riprendiamo a camminare lungo il cratere per raggiungere l’Uhuru peak, la cima più alta del Kilimanjaro mt. 5895 e mettiamo addirittura piede, solo per poco, su neve e ghiaccio: anche qui il presunto riscaldamento globale non lascia scampo. La salita prosegue sempre nella notte - che pizza, Vanda aveva proprio ragione - e nemmeno un po’ di panorama che permetta di spezzare la monotonia della salita; per fortuna il chiarore dell’aurora si annuncia e immediatamente approfitto per spegnere - e perdere - la frontale. Un sorso di miele e si arriva in cima attorno alle 6 del mattino. Alla spicciolata arriviamo tutti e cosí facciamo le foto di rito: siamo stati tutti bravi ma piú di tutti Luca, che è stato vessato per tutti i 5 giorni della salita da una continua e intensa tosse. Il panorama dalla cima è bello, soprattutto in relazione alla visione del ghiacciaio, che si mostra con una parete di una trentina di metri poco sotto di noi: quasi quasi ci dispiace di non avere picche e ramponi... il Mawenzi appare decisamente piú basso e in fondo si intravede l’Africa, ben nascosta da nebbie e foschie mattutine. Tra un abbraccio e una stretta di mano il freddo si fa sentire - le due batterie della mia macchina fotografica muoiono rapidamente una dietro l’altra -; si prende a scendere. Ancora il ghiacciaio alla nostra destra offre uno spettacolo incredibile: perdendo quota forma una gigantesca scalinata, dove ogni scalino è alto una decina di metri e, talvolta, ospita un piccolissimo lago di fusione. In un batter d’occhio raggiungiamo Gilman’s point e ci buttiamo giú a piombo per il ghiaione: alle 8.30 siamo alla Kibo Hut. Il piano è di ripartire attorno alle 12 e quindi ci si organizza per riposare un po’, ma tale intenzione viene subito accantonata dato che poco dopo arriva la coppia di olandesi che la mattina precedente era partita prima di noi. Paiono decisamente malmessi, si muovono al rallentatore e non favellano; la sera prima avevamo scoperto, facendo quattro chiacchiere, che erano sposini in luna di miele a cui il tour operator aveva detto - Non si puo’ andare in Tanzania senza scalare il Kilimanjaro - e così loro, armati di buona volonta’ e antivento Tucano Urbano, si sono cimentati nella sfida. Le loro miserevoli condizioni hanno suscitato la nostra ilarità’ e lo sfottò è scivolato su argomenti non adatti a questo scritto... speriamo che non ci abbiano capito! La sera alla Kibo Hut c’era da decidere chi avrebbe dormito per terra, in quanto i posti letto erano solo sei ed essendo noi in 7 uno avrebbe dovuto andare dormire da solo in un’altra Hut e la cosa non Relazioni e Articoli

345


346

Relazioni e Articoli


Momenti della spedizione in Tanzania

Relazioni e Articoli

347


ci piaceva, e allora ci siamo affidati alle carte di Solo; alla fine è toccato al buon Oreste, ma tutto sommato non dispiaceva a nessuno: ognuno è consapevole che anche se lo si mettesse a dormire su un letto di chiodi, la mattina si sveglierebbe dicendo - Cavolacci che dormita!!! - Gli altri due giorni scorrono ordinari e il sette congediamo la guida, che nel frattempo ci ha consegnato i diplomini di salita. Un momento indimenticabile è la birrona che tutti ci spariamo appena arrivati alla Mandara Hut; non ce la facevamo piú della nostra acqua potabilizzata bollita nel pentolone del brodo... non ce la facevamo piú nemmeno della brodaglia... La seconda parte della vacanza, dedicata alle visite dei parchi, scorre rapida perché ci assiste la fortuna: vediamo giraffe, zebre e gnu in quantitá che migrano verso il Masai Mara, ippopotami, un leone a non piú di un paio di metri dalla jeep, leonesse, sgradevoli iene e un grazioso sciacallo, scimmie e babbuini che rubano panini e banane lasciati incustoditi. La vista degli spazi a perdita d’occhio del Serengeti lascia senza fiato, cosí come la straordinaria varietá di animali dello Ngoro Ngoro. Certo è che 5 giorni su una jeep, seduti e sballottolati da una parte all’altra, ci hanno stancati ben di piú della salita al Kili. Per finire, i posti visitati erano bellissimi, ma la differenza la fa sempre lo spirito e l’armonia di gruppo, che hanno reso questa una esperienza piena e da ricordare. Che sia un buon viatico per altri viaggi della SEM.

348

Relazioni e Articoli



© 2019 Società Escursionisti Milanesi Tutti i diritti riservati. Riproduzione vietata in qualsiasi forma, intera o parziale, senza il permesso scritto degli autori. Questo volume è l’edizione straordinaria di Dicembre 2019 del periodico “La Traccia” Finito di stampare: Dicembre 2019 Stampato in proprio su carta proveniente da risorse forestali gestite responsabilmente. In copertina: scorci della Croda dei Tóni, foto © Roberto Zanette



“SEM 2020 è un breve viaggio alla scoperta delle attività e azioni che, in quasi 130 anni di storia, hanno reso la SEM una delle realtà di associazionismo legato alla montagna di maggior spicco in Italia.”


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.