Montagne360 | Novembre 2021

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RACCONTI SOTTERRANEI

Il mio teatro di posa sotterraneo Speleologo e cameraman, premiato come miglior operatore nell’ambito della Mostra del cinema di Venezia con la “Pellicola d’oro”, Luca Massa ci spiega l’importanza del lavoro di gruppo, nella speleologia come nel cinema, e di come si risolvono i problemi a 400 metri di profondità di Luca Massa

S

ono sempre stato affascinato dal buio totale delle grotte, una perfetta camera oscura, un ideale teatro di posa dove giocare con luce e con camere in piena libertà. Sono sempre stato attratto dal fatto che in quel nero totale non è solo quello che riprendi, o come lo riprendi, ma anche quanto e come illumini che ti permette di interpretare gli ambienti, le azioni, i volumi, le profondità e la narrazione stessa diventa qualcosa di molto personale e intimo. TEMPERATURE E UMIDITÀ Per filmare in ambiente ipogeo, però, le difficoltà

da dover affrontare sono molte e principalmente legate alle caratteristiche proprie della cavità nella quale ci si trova a operare: temperatura, umidità, presenza di acqua o ghiaccio, fango o polvere, grotta verticale o grotta con strettoie, comodità di avvicinamento, possibilità di supporto o soccorso esterni. Queste caratteristiche, nella pianificazione di un progetto filmico, non vanno mai sottovalutate perché sono quelle che ci vincoleranno maggiormente nella scelta delle attrezzature illuminotecniche, da ripresa e nei sistemi di trasporto e protezione delle stesse e, di conseguenza, nella composizione della troupe.

Sopra, Luca Massa durante le riprese alla Grotta dei Cristalli di Naica (Messico)

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