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L'uomo e le foreste | Non tutto è perduto

Difendere il patrimonio boschivo si può. Anzi, si deve. Dalla tempesta Vaia - la prima così grande, ma non sarà l'ultima - abbiamo tanto da imparare

Di fronte a un bicchiere riempito a metà le reazioni sono ogni volta le stesse. Alcuni lo vedranno mezzo vuoto, altri mezzo pieno. Va sempre così. Perché non c’è questione, grande o piccola che sia, di fronte alla quale non si confrontino e accapiglino analisti e inesperti, scienziati e improvvisati tuttologi. Potremmo banalmente riassumere questa divergenza con la distinzione tra pessimisti e ottimisti, ma sarebbe assai limitativo. Eppure certe dinamiche sono evidenti anche sui grandi temi, come lo è ad esempio la tempesta Vaia. La portata della devastazione del nord-est italiano in un lontano (ma non troppo) 2018 è ormai ben nota. Anzi, tristemente nota. A circa due anni di distanza (agosto 2020), Montagne360 dedicò uno speciale a questo argomento. S’intitolava “La voce della natura”.

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DOMANDE E RISPOSTE

«Sono passati molti mesi dalla tempesta e abbiamo deciso di tornare a parlare di Vaia» scriveva Luca Calzolari, direttore della rivista, nella sua introduzione. “Lo abbiamo fatto perché il tema è attuale più che mai (e, ahinoi, attuale resterà anche per i prossimi decenni, dato che le foreste non crescono in una notte)”. Il direttore aveva ragione. E il titolo di questo suo testo (“C’è molto da imparare”), oltre a essere estremamente attuale è anche estremamente vero. A quel tempo ci domandammo come fosse possibile spingerci oltre il racconto di quello che fu e di ciò che era diventato. Per questo pensammo fosse utile azzardare domande che guardavano al futuro. Quali lezioni abbiamo appreso dalla tempesta Vaia? Come possiamo intervenire per mitigarne gli effetti? Può la tempesta rappresentare un’esperienza dalla quale uscire rafforzati? Le risposte furono affidate ad Alex Pra e Davide Pettenella, che appartengono entrambi all’Università di Padova.

CALCOLARE L’INCALCOLABILE

Ritenevano i danni “imponenti e diversificati”. Era impossibile calcolarli allora, così com’è impossibile quantificarli oggi. Ci sono numeri oggettivi, ma poi ci sono anche i “costi connessi alla perdita di tutti quei servizi essenziali che le foreste forniscono alla società”. Ovvero i servizi ecosistemici. “Non parliamo solo della bellezza dei paesaggi forestali e di tutte quelle opportunità turistico-ricreative che le foreste ci offrono, ma soprattutto delle capacità vitali che hanno le foreste di assorbire e conservare il principale gas serra, l’anidride carbonica, regolare il ciclo dell’acqua e garantirci acqua pulita, conservare la biodiversità e il suolo, proteggendoci da valanghe e frane”, scrivevano i due esperti.

PREZIOSI INSEGNAMENTI

Su una cosa i due scienziati erano d’accordo. “La tempesta Vaia non resterà probabilmente un evento isolato. Lo indicano i dati sul clima che sta cambiando e ce lo suggerisce la realtà dei fatti”. E quindi noi cosa possiamo (o dobbiamo) fare? “Per farci trovare preparati ad affrontare situazioni simili in futuro è quindi fondamentale fare tesoro delle lezioni di questa esperienza e mettere a sistema tutte quelle attività ed elementi con i quali ci siamo confrontati nella gestione dell’emergenza”. La questione non va affrontata solo da un punto di vista tecnico - comunque essenziale - ma è fondamentale anche interpretare un cambio di paradigma. A cominciare dall’importanza della comunicazione. Dopo Vaia i media si sono interessati alla vicenda, narrando sia le cronache quotidiane sia il valore più profondo e reale del territorio boschivo e del suo impatto sulle nostre vite. “La sfida è ora quella di mantenere la sensibilità, l’interesse e la capacità di reazione emersi in seguito a Vaia con un’informazione corretta e un impegno continuo per valorizzare questa importante risorsa”, hanno spiegato Pra e Pettenella. “Il patrimonio forestale va gestito e tutelato contrastando l’abbandono e stimolando una rinnovata e consapevole gestione attiva, capace di valorizzare le foreste non solo per il legname ma per tutti i prodotti e servizi che forniscono, aiutando ad aumentarne la resilienza e permettendo di creare nuove opportunità di sviluppo per le aree montane”.