ALEA Associazione Laureati Economia Aziendale Università Ca’ Foscari – Venezia, Business Community dal 1985
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editoriale
Alea News, Marzo 2016
di Maurizio Beraldo Nell’ultimo numero della nostra newsletter abbiamo pubblicato un articolo del Prof. Giorgio Brunetti sulle dinamiche future di creazione di lavoro, sfida posta da nuove tecnologie in grado di sostituire con sistemi le attività svolte fino ad ora da un gran numero di persone. Un settore nel quale osservare l’effetto delle nuove tecnologie è quello bancario e della finanza, oggetto dell’articolo qui pubblicato del Prof. Giovanni Costa il quale ne descrive la situazione attuale, e le direzioni di cambiamento nei modelli di business per i prossimi anni. L’adozione delle nuove tecnologie in questo settore è evidente da tempo, dai classici bancomat alla possibilità di effettuare trading on line. La redditività e anche i livelli occupazionali da alcuni anni sono peggiorati, il numero di operazioni allo sportello diminuiscono di anno in anno, nuovi concorrenti con una struttura territoriale leggera o inesistente perché operano totalmente on line: da questo le nuove sfide nell’avviare nuovi business model e soprattutto la formazione e il riorientamento delle risorse umane, verso attività in cui la componente discrezionale è preponderante rispetto a quelle che possono essere rese automatizzabili; in questo sforzo di distinzione fra attività nelle quali è richiesta discrezionalità o creatività, la tecnologia si sta già infiltrando. Il Cognitive computing, del quale solo ora si vedono le prime applicazioni uscire dai centri di ricerca, propone sistemi in grado apprendere nel corso del tempo, o di interagire in modo molto più articolato con un essere umano. Tuttavia, guardando alla situazione del settore bancario italiano, speriamo che i cambiamenti contribuiscano a evitare i recenti tonfi di un discreto numero di istituti bancari, piccoli e grandi. Interessante, nella rubrica Imprese nuove, di come la ricerca di punta italiana è applicata alla conservazione dei beni culturali, speriamo serva ad evitare che altri creino un business su una “materia prima” di cui il nostro paese è indubbiamente ricco.
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