Caccia Passione settembre 2017

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ANNO VI nr. 09 - Settembre 2017

CACCIA PASSIONE Dedicato a chi ha la passione per la caccia nel sangue

IL BUIO È SCONFITTO

Migratoria:

• Al rientro come una volta

Cani da caccia:

• Aneddoti di caccia

Canna rigata:

• CZ Modello 557: la carabina di attualità della Casa ceka


ANNO VI nr. 08 - Settembre 2017

CACCIA PASSIONE

in copertina

Dedicato a chi ha la passione per la caccia nel sangue

IL BUIO È SCONFITTO

Migratoria:

• Al rientro come una volta

Cani da caccia:

• Aneddoti di caccia

IL BUIO È SCONFITTO L’alto valore crepuscolare dei lunghi Swarovski Optik, unitamente agli alti valori ISO delle fotocamere digitali, sanno sconfiggere le basse luci. Lo dimostriamo sul campo e nelle pagine dell’ultimo Libro esclusivo sul Digiscoping moderno.

Canna rigata:

• CZ Modello 557: la carabina di attualità della Casa ceka

SOMMARIO Anno VI Nr. 09

www.cacciapassione.com

8 M igratoria:

Al rientro come una volta

16 Caccia di selezione: Il valore del recupero

Pg 6 News ed eventi venatori

a cura della redazione

Pg 8

Migratoria: Al rientro come una volta

Vincenzo Frascino

Pg 16 Caccia di selezione: Il valore del recupero

22 Cani da caccia:

Aneddoti di caccia

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Pina Apicella

Pg 22 Cani da caccia: Aneddoti di caccia

Simona Pelliccia


Sommario Pg 72 Tiro a volo: Decimo titolo nazionale per Re Johnny

A.S.D. Trap Concaverde

Pg 76 Ambiente: La caccia e la gestione dell’ambiente

30 Fucili canna liscia:

Gitti Umberto & C.: la doppietta Montecarlo

Simona Pelliccia

Pg 80 Veterinaria: Miodesopsie. Disturbi visivi nel cane. Karalis

Pg 30 Fucili canna liscia: Gitti Umberto & C.: la doppietta Montecarlo

Emanuele Tabasso

Pg 38 Fucili canna rigata: CZ Modello 557: la carabina di attualità della Casa ceka

38 Fucili canna rigata:

CZ Modello 557: la carabina di attualità della Casa ceka

Emanuele Tabasso

Pg 50 Munizioni: Fiocchi 9 mm Flobért DF Costantino Ramolfi

50 Munizioni:

Fiocchi 9 mm Flobért DF

Pg 60 Ottiche: Il ‘peso’ della leggerezza Riccardo Camusso

Pg 64 Digiscoping: Il buio è sconfitto. Andrea Castellini Riccardo Camusso

80 V eterinaria:

Miodesopsie. Disturbi visivi nel cane. Caccia Passione 3



Editoriale L’ALBA DI UNA NUOVA APERTURA DELLA CACCIA Anche quest’anno è giunta finalmente l’apertura della caccia, con tutta l’emozione e quella sensibilità che contraddistingue noi cacciatori. Si, parlo di un grande senso di sensibilità e di appartenenza nei confronti di una natura che troppo spesso viene utilizzata pretestuosamente e senza alcun rispetto, da chi non condivide i nostri pensieri. L’essere cacciatore non è uno sport, non è un semplice piacere, ma una profonda passione, uno stile di vita, che probabilmente troppo spesso risulta “non capito” da tutti, ma solo a causa di una inappropriata comunicazione. Di fatto si rende necessario l’uso di un linguaggio più moderato, per tutti, cacciatori e non, poiché per essere capiti, non c’è bisogno di urlare, ma deve bastare un sussurro, come il bisbiglio del vento sulla montagna al sorgere del sole. Ecco, il compito del cacciatore è sostenere questo tipo di linguaggio, preferendo il dialogo alla “battaglia”, cercando di far capire che l’obiettivo di tutti è salvaguardare la natura, con tutto le sue biodiversità faunistiche, che sopravvivono anche grazie alla caccia. Noi di Caccia Passione da sempre ci battiamo per cercare di trovare un giusto equilibrio tra i vari pensieri, a volte anche facendo dei passi indietro, ma nessuno ha le risposte in tasca, è giusto ascoltare tutto e poi ovviamente cercare di far capire che la convivenza tra i cacciatori ed i non cacciatori è possibile ed è nostro dovere continuare a cercare tale realtà che non deve essere solo una speranza, bensì una certezza. Ed è anche per tale motivo che vorrei ricordare un punto fermo per la caccia, ovvero la sicurezza! Partiamo proprio dalla sicurezza e pian piano riusciremo a dimostrare e condividere con tutti che la convivenza è possibile solo se impariamo tutti un linguaggio rispettoso e coerente senza sproloqui o sentenze, che non giovano a nessuno, soprattutto non aiutano il dovuto dialogo. In bocca al lupo!!! Pierfilippo Meloni


Friuli Venezia Giulia, via libera alla riforma della caccia Il testo regionale è stato approvato dal Consiglio dei Ministri: sono diverse le novità in materia di attività venatoria. attuata. Panontin ha anche ricordato che questa è la conclusione del percorso di riforma della caccia friulana, oltre che il “coronamento di un lungo lavoro”. Non sono mancati ostacoli a questa legge, ma l’attenzione è stata sempre altissima per cercare di rimanere nei canoni della legittimità costituzionale. La Regione Friuli ha temuto una serie di emendamenti che avrebbero portato all’impugnativa, anche se poi l’esito finale è stato positivo. Ora c’è bisogno della collaborazione di tutti i portatori di interesse per definire nel miglior modo possibile le ultime questioni. Panontin è comunque sicuro che si possa raggiungere il risultato in tempi brevi. Questa legge regionale prevede diverse novità. In particolare, aolo Panontin, assessore regionale alla Caccia il titolo IV si occupa dei contributi per realizzare del Friuli Venezia Giulia, ha annunciato il via centri di lavorazione della selvaggina, ma c’è spalibera da parte del Consiglio dei Ministri alla leg- zio anche per le modifiche sulle specie cacciabili e ge che sta per riformare l’attività venatoria nella re- i periodi dell’attività venatoria. Infine, ci sono dei gione settentrionale. La riunione delle ultime ore, riferimenti importanti alla programmazione fauniinfatti, si è conclusa con la decisione di non impu- stica e agli allevamenti di selvaggina e tassidermia. gnare la norma, la quale può essere ora pienamente

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Sondrio, l’ISPRA dice sì alla caccia al cervo sulla Colmen: si parte il 12 ottobre Mancava ancora il parere positivo dell'Istituto: il piano di abbattimenti giungerà a conclusione il 7 dicembre.

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l Decreto della Provincia di Sondrio ha reso ufficiale la caccia al cervo sulla Colmen di Dazio dal 12 ottobre al 7 dicembre. Il prelievo venatorio sarà possibile solamente nelle giornate di giovedì e verranno coinvolti cacciatori appartenenti al Comprensorio Alpino della Bassa Valle. Per il via libera definitivo serviva il parere dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) e questo parere positivo è finalmente arrivato. Il piano di abbattimento regolamentato avrà come obiettivo la riduzione dell’impatto sul territorio di questi animali, il cui aumento negli ultimi anni è stato davvero impressionante. Nella zona speciale

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di Dazio è in vigore il divieto di caccia, fatta eccezione proprio per i cervi. Potranno essere abbattuti 40 capi, per la precisione 12 piccoli, 5 maschi giovani, 7 femmine fino a un anno e 16 femmine adulte. Il prelievo non riguarderà invece i cervi maschi adulti. Le femmine che verranno trovate insieme ai piccoli richiederanno l’abbattimento del piccolo prima della madre. Non bisogna neanche dimenticare che potranno accedere alla zona non più di 20 cacciatori, scelti nell’elenco di quelli abilitati. I capi malati saranno prioritari per quel che riguarda gli abbattimenti. Molto importante, infine, sarà il rispetto delle distanze, visto che il tiro non dovrà superare mai i 250 metri.


News venatorie ANPAM, CONARMI e Assoarmieri spiegano il rilascio del porto d’armi a chi ha precedenti penali Le tre associazioni hanno chiarito gli aspetti principali della circolare dello scorso 31 agosto del Ministero dell'Interno.

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l ANPAM (Associazione Nazionale Produttori Armi e Munizioni Sportive e Civili), Assoarmieri e CONARMI hanno pubblicato una norma congiunta e chiarificatrice dopo la pubblicazione recente della circolare del Ministero dell’Interno sul rilascio del porto d’armi per chi ha precedenti penali. La circolare è datata 31 agosto e le tre associazioni hanno ricordato quanto sia importante la determinazione dei requisiti di cui devono essere in possesso i titolari del porto d’armi. Disporre di un’arma, infatti, richiede l’assenza di abusi per quel che riguarda il loro impiego. La nota ha sottolineato come la disamina sia stata approfondita e puntuale, oltre che comprensiva delle criticità emerse negli anni per il rilascio e la revoca del documento. La lettura della circolare non è comunque semplice. Le sigle del settore armiero hanno spiegato gli aspetti principali. In particolare, il rilascio verrà rifiutato a chi ha riportato una condanna a pena restrittiva della libertà personale superiore ai tre anni, in

seguito a un delitto non colposo (senza riabilitazione). Lo stesso discoro vale per la condanna in seguito a delitti non colposi (furti, rapine, estorsioni, sequestri di persone a scopo di rapina), come anche per le condanne a pene restrittive della libertà personale per violenza o resistenza all’autorità. Inoltre, nell’elenco vanno incluse condanne per diserzione in tempo di guerra e le misure di prevenzione personale. I reati indicati al primo comma dell’articolo 43 del TULPS non avranno come conseguenza il rifiuto automatico della licenza in caso di condanne diverse dalla reclusione e in presenza di tenuità del fatto. L’ultimo aspetto chiarito dalle tre associazioni è quello delle licenze rilasciate in difformità dalle indicazioni della circolare: l’Autorità Centrale raccomanda la valutazione della legittimità e agire nel caso dell’esercizio dei poteri di autotutela in base alla legge sul procedimento amministrativo.

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Migratoria

AL RIENTRO COME UNA VOLTA

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AL RIENTRO COME UNA VOLTA Caccia ai tordi. Un pomeriggio al rientro, in un territorio particolarmente vocato, per rivivere le emozioni di una volta di Vincenzo Frascino

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a caccia ai tordi non è più quella di una volta, hai ragione Vince’, ma devi capire che dipende dal territorio. Una volta cerca di venire con me nell’AFV di Saracena: è un posto magnifico, ti farò rivivere un rientro di quelli che facevi da ragazzino!”. Le parole accorate ed entusiaste di Saverio, prematuramente scomparso qualche tempo fa, mi risuonano in mente non senza portarsi dietro un groppo alla gola, mentre con l’auto percorro gli ultimi chilometri di autostrada che dalle vette del massiccio del Pollino portano in provincia di Cosenza. Mi attende un weekend di caccia ai tordi nella mia terra natia. Il tempo si annuncia splendido. Mi rattrista soltanto l’idea di non poter cacciare insieme a Saverio. L’invito ufficiale è giunto dal nostro comune amico Luigi, grande appassionato di caccia ai tordi e al cinghiale. In occasione dell’uscita a caccia avremo anche la compagnia anche di Angelo, un giovane e assennato cacciatore accompagnato dalla sua bravissima bretoncina Drisla. Caccia Passione 10


Migratoria

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Nel primo dopo-pranzo raggiungiamo la zona di caccia, il sole è ancora alto nel cielo. La luce piena e avvolgente, dipinge intorno a noi una tavolozza di colori accesi che mettono allegria. La pineta sulla sommità della collina domina immense distese di ulivi. Ci disponiamo in modo che Luigi va ad occupare un appostamento tra gli ulivi in basso, sotto di lui Angelo col suo ausiliare e io in alto, subito a ridosso Caccia Passione 12

della pineta. Le mie esperienze di rientri degli ultimi anni alimentano inconsciamente il preconcetto che i primi tordi non si vedranno prima del tramonto. Nelle “mie” zone, infatti, è orami scontato che i primi colpi si comincino a sparare quasi a buio, con la massima concentrazione di tordi negli orari al limite della legalità. L’uscita si condensa nell’ultima mezz’ora di crepuscolo, dove concitati colpi si


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susseguono senza che si abbia il tempo di recuperare in tempo reale gli animali abbattuti. Anche oggi mi preparo ad una lunga, apatica attesa al sole prima di vedere qualche tordo rientrare. È invece, fortunatamente, mi sbaglio! Passa un tordo in alto. Preso alla sprovvista sparo un primo colpo, ma niente. Mi concentro. Con un buon anticipo sparo un secondo colpo, cui segue il tonfo del primo tordo a ter-

ra. Quasi contemporaneamente Angelo spara tre colpi, al terzo resta perplesso sull’esito e sprona Drisla in direzione del tordo. Pochi minuti dopo la breton torna trionfante col tordo in bocca verso il suo orgoglioso padrone. Con ritmo cadenzato e quasi ininterrotto i tordi di lanciano verso la pineta risalendo dall’oliveto. Gli spari talvolta si sovrappongono, altre volte si fanno eco tra loro. Il ritmo è costante e mai Caccia Passione 13


concitato, gli animali rientrano continuamente fino al tramonto, in pieno giorno e senza lunghe interruzioni, permettendo a noi di godere dell’intero pomeriggio di caccia e a Drisla di darsi da fare nel recupero dei numerosi tordi abbattuti. Erano anni che non vivevo un rientro come questo. Le parole di Saverio mi risuonano nella mente, con il suo entusiasmo e la sua passione per la caccia. Sui nostri volti arrossati dal sole si legge un pizzico di malinconia per la mancanza del nostro amico ma anche la sensazione di essergli stati un po’ più vicini, quassù, in uno splendido pomeriggio al rientro “come una volta”. Caccia Passione 14



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Caccia di selezione

IL VALORE DEL RECUPERO Caccia Passione 17


IL VALORE DEL RECUPERO Caccia di selezione. Il recupero di animali feriti, un dovere etico e morale oltre che occasione di crescita testo di Pina Apicella foto di Vincenzo Frascino

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gni abbattimento è una storia, che inizia a volte giorni, mesi, stagioni prima. Un capo avvistato, cercato, desiderato, rincorso. O l’animale apparso come per magia laddove un attimo prima c’era solo erba, o sassi. Tutto ciò che accade prima che il colpo sia esploso si condensa, si sublima, nel millimetrico movimento della falange sul grilletto. E in quel magico istante, in cui tutti i conti tornano (o quasi) e l’adrenalina è al massimo, tutto finisce. Ma a volte da lì tutto comincia. Dipende dall’esito del tiro, un esito che non sempre è palese e può togliere molte ore di sonno e molta serenità a chi lo ha esploso. Nell’istante dello sparo tutto si confonde, la fiammata acceca, l’ottica sobbalza, il rumore stordisce e la preda spesso si “volatilizza” oppure scatta rapida fino a perdersi ai nostri occhi. La reazione al tiro è una valutazione fondamentale, che non sempre è possibile fare al cacciatore, e la figura dell’accompagnatore è decisiva (anche) in questi casi. Di fronte alla desolazione di un anschuss deserto la tentazione di “mettersi a cercare” l’animale colpito (?) dovrebbe lasciare posto alla più saggia decisione di attivare il recupero. Il recuperatore non è certo un benefattore disponibile h24 per risolvere i dubbi di Caccia Passione 18

cacciatori sfortunati, ma una figura specializzata nella verifica del tiro e nella ricerca (auspicabilmente con recupero) di animali feriti. Più che una figura si tratta di un binomio uomo-cane, un magico concerto di abilità sviluppate e doti naturali, messe al servizio non tanto del cacciatore che ha “perso” la preda, ma in primis dei selvatici verosimilmente feriti, cui è doveroso offrire una fine dignitosa e un destino adeguato, piuttosto che lasciato marcire in preda ai saprofiti. Certo, attivare il recupero può significare tornare l’indomani mattina (se si è cacciato la sera) per sfruttare la luce e la giornata. Questo comporta una certa disponibilità di tempo e del recuperatore e del cacciatore che, spesso, hanno un lavoro cui dar conto. Ma se l’alternativa è lasciare in dubbio l’esito di un tiro che può aver gravemente ferito l’animale condannandolo ad una morte lenta e crudele, potrebbe addirittura essere messa in discussione la scelta di andare a caccia sapendo di non essere disponibili il giorno successivo a recuperare un animale eventualmente ferito. Negli orari più severi, nelle condizioni meteorologiche più estreme, il recuperatore è generalmente ben contento di intervenire, poiché ogni recupero significa per il proprio ausiliare esperienza, nozioni, accrescimento di un’abilità


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cui la natura lo ha predisposto, ma che solo la pratica può sviluppare. Per il cacciatore collaborare al recupero significa crescere, maturare nella propria esperienza, prendere coscienza della propria arma, delle munizioni, della balistica applicata sul campo, della biologia dei selvatici e delle conseguenze di un gesto - tirare il grilletto - che molto spesso chiude una pagina di caccia, ma talvolta apre un nuovo, intero, affascinante capitolo. Caccia Passione 20


Ungulati

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La cerca Caccia Passione 22


Cani da caccia

ANEDDOTI DI CACCIA

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ANEDDOTI DI CACCIA La nostra giornata di caccia si è appena conclusa, ed è il momento di ricordare le azioni di caccia. Un bicchiere di vino, una tavola imbastita a base di cacciagione ed un caminetto acceso: sono gli ingredienti che hanno fatto da contorno ad una chiacchierata da segugisti, ricordando aneddoti particolari di Simona Pelliccia

L’

aneddoto che condividiamo oggi con i lettori riguarda la caccia al cinghiale ed è uno dei ricordi che Sergio de Angelis mi ha raccontato durante una delle nostre chiacchierate. Questo piccolo racconto mi ha colpito particolarmente poiché risale a ben 30 anni fa, quando la caccia era praticata in modo forse molto diverso da ora, ma che dimostra come certe emozioni e certi legami tra canaio e cane non cambiano mai aldilà dei tempi e delle mode del momento. “Avrei molti aneddoti da raccontare; questo, più che un aneddoto, è la storia di un altro tempo, di un diverso modo di vivere sia alla caccia che la vita. Sono passati 30 anni da quell’accaduto; è la storia di un cane e di una persona che poi diventerà il suo padrone. Siamo alla metà degli anni 80; ci troviamo in un piccolo paese, Monteflavio, in provincia di Roma, che si trova proprio vicino al monte Pellecchia e al Monte Gennaro, che sono le vette più alte dell’attuale Parco dei Monti

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Cani da caccia Lucretili, un Parco Regionale che comprende un area di circa 18000 ettari istituito dalla Regione Lazio nel 1989. In quegli anni Monteflavio era già una zona ricca di cinghiali e tutti cercavano qualche aggancio per poter cacciare in quei posti. Arno era un cane randagio che vagava per il paese; era intelligente, simpatico, sveglio, di taglia piccola, con il pelo forte fulvo e l’occhio vispo e furbo. Erano i tempi in cui si andava a caccia portando i cani nel cofano posteriore dell’auto con un pezzo di cartone che teneva il cofano rialzato, legato con una corda per far passare aria. I cacciatori più evoluti avevano il doppio gancio di chiusura. Arno, quando passa-

va la macchina del cacciatore con i cani, si metteva subito in seguita dietro l’auto, facendosi 5 o 6 km. Poi cacciava tutto il giorno con i cani e ritornava al paese. Nel giro di poco tempo, Arno divenne un campione, tanto da meritarsi il posto d’onore nel garage di Marino, il suo proprietario, che divenne noto come sindaco nel paese. Tutti volevano cacciare con Marino e Arno; squadra divenne molto grande ed Arno sempre più famoso per le sue imprese. Era anche il periodo di sequestri di persona in Sardegna; la televisione tutte le sere faceva servizi su questi tragici fatti: imprenditori rapiti, riscatti astronomici, delitti irrisolti. Improvvisamente, un giorno Arno sparì.

Ci si avvicina al covo Caccia Passione 25


L'accostamento procede deciso

Marino ci chiamò sconsolato: “aiutatemi, hanno rubato Arno!”. Tutti cercammo di fare qualcosa ma senza nessun risultato; dopo due giorni Marino ci comunicò disperato di aver ricevuto una telefonata. se avesse voluto riavere il cane, avrebbe dovuto pagare 3 milioni di lire, che lui non poteva permettersi. Caccia Passione 26

Senza esitare, tutta la squadra partecipò alla colletta e pagammo i 3 milioni; la domenica successiva, Arno era di nuovo a caccia con noi. non abbiamo mai saputo se veramente fu un rapimento o altro; comunque Arno meritava. Alla sua scomparsa, Marino smise di andare a caccia al cinghiale.”


Cani da caccia

Segugio in attenzione Caccia Passione 27


Soggetti molto coesi

Tutti i componenti della muta si accertano su un punto Caccia Passione 28



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Fucili canna liscia

Gitti Umberto & C.: la doppietta Montecarlo Caccia Passione 31


Gitti Umberto & C.: la doppietta Montecarlo di Emanuele Tabasso

Nella produzione italiana di armi da caccia relativa al secondo dopoguerra si trovavano diverse proposte di aziende artigianali talvolta affiancate con molta dignità ai prodotti dei marchi più rinomati

L’

amico Fabio va alla ricerca dell’ultima novità come dei reperti storici che hanno illustrato il lavoro degli armaioli italiani dei decenni passati: il reperimento nella zona di Terni di una doppietta fine con il marchio di Umberto Gitti è stato un colpo fortunato. Cercando di scoprire la storia del fabbricante vediamo su una pubblicità l’indicazione relativa alla fondazione, il 1911, ma l’esemplare fotografato è già del secondo dopoguerra, specificatamente del 1967 riportando la punzonatura XXIII del Banco Nazionale di Prova. L’azienda costruiva diversi modelli dal monocanna alle doppiette per coprire le fasce di mercato: un esemplare denominato Montecarlo si poneva al vertice della scala di valori. All’epoca la doppietta costituiva ancora l’ossatura importante delle vendite e ai cacciatori si affiancava una serie cospicua di tiratori al piccione con una passione indomita e un’attività sovente al limite del professionismo. A tale livello era logico sce-

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gliere un fucile dotato delle migliori prerogative, magari senza spendere un capitale come avrebbe richiesto una delle marche di più elevata caratura: citiamo a proposito la Franchi a cui, è chiaro, quest’arma di Umberto Gitti si ispira molto da vicino tanto da chiamarsi, e non a caso, Montecarlo. L’impianto tecnico La bascula in acciaio legato è stata lavorata di fresa e con le attrezzature peculiari dell’epoca, come ad esempio la stozzatrice per ricavare le mortise, e poi tanta manualità di classe elevata. Iniziamo osservando la tavola di media lunghezza con i due scassi sopra detti separati dal traversino integrale posto a filo e spigoli vivi, non taglienti, come nella migliore tradizione, grani porta percussori riportati e sostituibili con canalino di sfiato e vite di fissaggio, perno di rotazione in acciaio cementato fissato con le due classiche viti laterali a spacco finissimo, cerniera con le due leve di armamento e di coman-


Fucili canna liscia

L’armonia di volumi e di linee si esprime nei seni e nel filetto che dalla testa di bascula li contorna congiungendosi con l’ispessimento dei semipiani delle canne. Eleganti le curve della cartella e del rinforzo laterale

La modellatura dello spessore della tavola evidenzia la sede della parte anteriore della cartella. La scritta posta sulla canna evidenzia il nome di una località della Ruhr, Witten appunto, a cui non sappiamo se collegare un particolare tipo di acciaio

Sulle canne ancora diverse diciture: la ragione sociale dell’azienda e la sede in Gardone V.T., la qualifica di Canne inter.te cromate con la puntuale abbreviazione dell’aggettivo, sulla bindella spicca il modello che richiama uno dei famosi campi di tiro a volo dell’epoca

Un insieme di raffinato disegno e pregevole esecuzione con la testa di bascula, la chiave con il disco in cui è inserita la vite di fermo con la controvite, il corpo allungato, di giusta convessità e dal pulsante rastremato. Nella codetta a due ordini è fissata la slitta modellata della sicura

Il dorso di bascula appena bombato viene evidenziato dai due filetti laterali: la somiglianza con un altro Montecarlo appare certo evidente ai cultori del settore

L’incisione su brunitura è una notevole raffinatezza, ma è parimenti una grana che si va a cercare solo chi è ben sicuro delle proprie capacità: un particolare assai gradevole Caccia Passione 33


do degli eiettori automatici. L’attenzione ora si sposta sul gruppo canne dove i due tubi sono stati lavorati separatamente ricavando da ognuno il semipiano corrispondente con la sede interna per l’innesto del gruppo dei due tenoni: la giunzione dei tre elementi è avvenuta con saldatura racchiudendo all’interno i gambi dei due estrattori. I tenoni si presentano di congrue dimensioni e di qui si parte a esaminare il sistema di tenuta e chiusura: per prima cosa si apprezzano proprio sui tenoni le striature non solo sui fianchi, ma ugualmente nelle parti di spessore, indizio sicuro di una basculatura eseguita a regola d’arte, poi si considera la profondità degli scassi in cui si inserisce la slitta comandata dalla chiave insieme al tassello mobile posto nella faccia bascula con insistenza sul dente sporgente dalla culatta delle canne, che ha pure la funzione di guida per gli estrattori. Si configura quindi una triplice chiusura composta dalla doppia Purdey e da una terza Purdey del 2° tipo: su quest’ultima notiamo come non sia presente l’effetto di inibire lo stacco fra culatta delle canne e faccia di bascula, come avviene con la terza Greener o la testa di bambola a profilo torico di Westley Richard, ma il punto più elevato di contrasto lucra un più favorevole braccio di leva nel mantenere aderenti la tavola e i piani, inoltre l’incavo in cui il tassello è inserito non crea soluzione di continuità nell’arco superiore della testa di bascula. Gli acciarini montati su piastre laterali sottendono una meccanica a doppia stanghetta di sicurezza simile a quella di Holland & Holland quindi dotata della barretta intercettatrice del cane che entra automaticamente in azione se non si è premuto il grilletto, impedendo così uno sparo fortuito per una caduta o un urto, insieme il congegno permette una fine regolazione del peso di scatto come dev’essere specie per un fucile da pedana. Caccia Passione 34

Nel ponticello incassato nel dorso di bascula e terminante nel legno dell’impugnatura si osservano le due precise feritoie da cui sporgono i grilletti con punto di appoggio del dito appena zigrinato. L’ovale della guardia è ben eseguito anche nella curvatura posteriore: si evitano così le ammaccature del dito medio

Sufficiente l’angolo di apertura delle canne, uno dei punti su cui si sono sempre soffermati i cultori dell’arte ponendolo a paragone con quanto osservabile nelle grandi esecuzioni inglesi

Ancora da apprezzare l’incassatura della cartella laterale e la sezione a diedro riservata alla porzione del legno dietro alla cornice della piastra


Fucili canna liscia

Corretta l’esecuzione della culatta delle canne con l’inserimento della bindella e del dente per la terza Purdey che funge anche da guida per i gambi degli estrattori

Oltre alla corretta tiratura delle canne e alla loro successiva brunitura merita osservare la bindella lavorata con lima di spigolo per ottenere l’effetto ombreggiante e antiriflesso detto toilée

Una manchevolezza: la misura un po’corta della pistola, ma per il resto si ha una bella lavorazione di un ciocco di noce a cui, se si osserva con un ingrandimento, il calcista ha riservato la zeppatura con cunei microscopici dei minuscoli nodi

Troviamo di gande eleganza e di lodevole funzionalità l’asta con sezione a prisma, fianchi leggermente più alti del solito sostenuti da una raffinata rastremazione presso al testacroce: un riparo maggiore per la mano debole sulle lunghe serie di pedana

La campanella con il pulsante del meccanismo di svincolo a pompa: un poco affrettata la tiratura della sporgenza attorno al pulsante che risulta non perfettamente arrotondata

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Legni e finitura Un noce di pregevole struttura e di gradevole aspetto è stato impiegato per le due parti della calciatura e le linee sfoggiano quel gusto italiano anche con l’impugnatura a pistola, un poco in contrasto con l’essenza di una doppietta, ma perfettamente consona alla finalità del tiro per cui questo fucile è stato costruito. Le incisioni sono di apprezzabile levatura così come altri particolari meno appariscenti pur se danno la misura dell’attenzione posta dal fabbricante: la bindella toilée con l’ombreggiatura ricavata a mano con lima di spigolo, l’interno dell’asta con il meccanismo a pompa e i martelletti sporgenti per gli eiettori automatici, il fine zigrino eseguito a mano, la verniciatura a tampone dei legni. Il fortunato possessore si cimenta sovente sulle pedane, solo al piattello ovviamente, e di quando in quando questa Gitti mostra di che pasta fossero alcuni costruttori degli Anni 50 e 60 anche nel registro dell’equilibratura generale come nella regolazione al tiro delle canne. L’azienda ha proseguito la sua attività fino agli inizi degli Anni 70 e pare verosimile, in mancanza di dati precisi, che abbia cessato l’attività nel ’72 o’73.

La cerniera di bascula con le striature indicatrici di un corretto tiraggio, i denti di monta degli acciarini con, all’interno, i risalti per l’azionamento degli eiettori mentre al centro sporge il dente di contrasto dei martelletti

Vista intera Caccia Passione 36

Di classe la tiratura del testacroce e di tutto il complesso dell’asta: elemento qualificante su cui alcuni tendono a tirar via considerando che non è a vista mentre qui è proprio ben lavorato

Nella bascula si notano la tavola con le mortise dei tenoni separate dal traversino integrale, i grani portapercussori sostituibili e fissati con una vite, lo scasso e il tassello mobile della terza chiusura

Altro segno di lavoro corretto ed eseguito con il giusto puntiglio: l’inserimento dell’apice posteriore della bindella posta sotto alle canne realizzato senza sbavature o concrezioni di materiale di saldatura



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Fucili canna rigata

CZ MODELLO 557: LA CARABINA DI ATTUALITÀ DELLA CASA CEKA

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CZ MODELLO 557: LA CARABINA DI ATTUALITÀ DELLA CASA CEKA Presentata all’IWA del 2013 la più recente carabina della storica fabbrica mitteleuropea viene proposta in diverse versioni e oggi ne esaminiamo una con calciatura in legno perfettamente adeguata alle origini e alla classe dell’arma di Emanuele Tabasso

U

n’azienda come la CZ depositaria di un pregresso storico e tecnico di alto valore si è lanciata sul libero mercato con un’energia e una determinazione di tutto rispetto raggiungendo traguardi sempre più importanti grazie a un insieme di progetti, di metodologie operative, di ampliamento degli insediamenti nelle zone del mondo in cui è bene essere presenti per ottimizzare i costi, le realizzazioni e la distribuzione. Nell’ampia proposta che vede armi commerciali e militari focalizziamo la recente carabina Mod. 557, novità dell’IWA del 2013 e oggi uno dei tre punti focali del settore insieme alle ben conosciute Mod. 527 e Mod. 550. I due progetti molto ben consolidati vedono tuttora un’azione basata sul Mauser K98, degno di onore e gloria,

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ma ugualmente di costi oggi un poco sopra il desiderabile, mentre la nuova realtà tiene conto di fattori anche tecnici secondo cui le cartucce odierne possono venir gestite da un’azione semplificata rispetto al passato. La proposta del Mod. 557 completa quindi le opzioni per la clientela. Castello e otturatore La classicità del castello vede innanzitutto una lavorazione dal pieno di una billetta di acciaio legato con successivi trattamenti termochimici: la struttura adotta il ponte chiuso e l’anello dotato inferiormente del prisma integrale per lo scarico delle forze con l’accorta interposizione di un blocchetto di alluminio incassato nel legno mentre superiormente entrambi gli elementi pre-


Fucili canna rigata

La vista laterale della parte centrale del fucile ne evidenzia la linea classica e funzionale: sulla parte superiore di anello e ponte sono ricavate le code di rondine per il fissaggio dell’ottica

Il profilo posteriore del ponte è sagomato in maniera da raccordarsi con il tappo apicale. Comodo e dal disegno caratteristico dell’azienda il manubrio dell’otturatore con la nocca tonda

La sicura a tastino ha due posizioni: quando è inserita blocca scatto e percussione lasciando libero il manubrio otturatore per estrarre in tranquillità la cartuccia camerata

Nella codetta del castello si osserva la vite posteriore di fissaggio alla calciatura. Nel tappo dell’otturatore sporge il piolo con evidenziazione rossa a segnalare l’armamento del percussore

Otturatore parzialmente retratto da cui si nota la corretta finitura insieme a una delle due alette di chiusura su cui è posizionata l’unghia di estrazione pivotante, dotata di molla interna e pistoncino di contrasto Caccia Passione 41


Fianco sinistro del castello con le varie scritte aziendali fra cui il calibro qui camerato: il sempre autorevole 6,5x55 SE. Nel ponte è incassato il tasto di svincolo otturatore a fondo corsa: un’altra scelta di classe

Ponte e guardia paiono ricavati da microfusione che, nell’insieme, sta anche bene mentre il grilletto regolabile su tre parametri è in acciaio lucidato. Nel rebbio anteriore della guardia è inserito il pistoncino di sgancio del coperchio pivotante per il caricatore fisso

sentano un rialzo dotato di fresature per il fissaggio dell’ottica. La destinazione venatoria e quindi la speditezza di manovra ha richiesto un’ampia finestra di espulsione e caricamento da cui le cartucce si possano inserire facilmente nel caricatore fisso dotato del comodo sportello pivotante. L’otturatore è dotato di due alette a crescere dalla sezione centrale cilindrica, poste arretrate di qualche mm rispetto alla faccia a sua volta incassata per migliorare il supporto del fondello cartuccia: si notano il foro del percussore, il nottolino elastico dell’espulsore e l’unghia pivotante con molletta interna di registro. Questa è la variazione di maggior sostanza rispetto al Mod. 550 in cui si ha tuttora l’estrattore positivo con la poderosa unghia di presa e la lunga molla a lamina, ma il sistema odierno è universalmente accettato e qui viene realizzato con encomiabile precisione. Il manubrio viene incassato e spinottato in un supporto ad anello calettato sul corpo centrale: sempre molto comoda la manovra grazie al braccetto di sezione cilindrica rastremata, piegato indietro, sufficientemente staccato dal fusto e con nocca sferica. La base a prisma si pone nello scasso ricavato sul fianco destro del castello realizzando, almeno in ipotesi, una sorta di terza chiusura. Il tappo prismatico sagomato richiama lo stile della Casa e contiene il puntoncino con apice rosso che segnala l’armamento del percussore.

Canna, scatto e sicura La canna è avvitata nell’anello secondo il sistema tuttora perfettamente affidabile: la lunghezza di soli 52 cm è scelta sia in vista di un risparmio economico, sia per favorire la maneggevolezza e la riduzione di peso, fattori oggi molto richiesti dalla clientela media. L’elegante profilo cilindro conico termina in Aperto il coperchio del caricatore fisso si possono volata con un arrotondamento a protezione mettere in vista la molla a W e la suola elevatrice in dell’egresso della rigatura, ottenuta con il proacciaio sagomato Caccia Passione 42


Fucili canna rigata Il coperchio del caricatore fisso in posizione di chiusura. Nel lungo profilo del ponte si notano le due viti Torx per il fissaggio tra calciatura e meccanica

La tacca di mira reca due punti verniciati in bianco per evidenziare la visuale quadra: la vite sul fianco consente la regolazione in brandeggio

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cesso della rotomartellatura a freddo seguita dalla raddrizzatura: la procedura di esecuzione e poi di controllo sono garanti di un’elevatissima qualità e un’ottima resa balistica. Sono presenti le mire aperte regolabili, poste su zoccolini sopraelevati e dotate di riferimenti ad alta visibilità. La tacca con visuale quadra è regolabile in deriva mentre il mirino in sintetico traslucido rosso, regolabile in elevazione, viene ingabbiato in un curioso tunnel amovibile finestrato: pare che coniughi protezione dagli urti e dai riflessi insieme al passaggio della luce necessaria a renderlo apprezzabile alla vista del tiratore. Lo scatto

diretto è affidato a un grilletto arcuato, in acciaio lucidato, regolabile dall’esterno nei parametri di corsa, peso e retroscatto: decisamente un particolare qualificante del fucile. Il tasto della sicura a due posizioni è posto dietro al manubrio: comoda e silenziosa si aziona facilmente col fucile già in punteria e, quand’è attivata, blocca scatto e percussore lasciando libero l’otturatore per estrarre in tranquillità la cartuccia camerata. La calciatura Il buon noce oggi è reperibile nelle sue varie gradazioni di bellezza e qui non si è lesinato sulla

Il mirino con barretta in sintetico traslucido rosso è posto entro una gabbietta metallica che assicura la dovuta ombra, il riparo dagli urti e la necessaria luce: ad alcuni pare interessante la possibilità di toglierla facilmente Caccia Passione 44


Fucili canna rigata

Da questa immagine si notano le viti di fissaggio del mirino sullo zoccolo di supporto e il vivo di volata con l’arrotondamento protettivo dell’egresso della rigatura

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spesa, ovviamente nei parametri della classe e della quotazione dell’arma, lavorando un ciocco ricavato da una pianta matura, dalla pasta densa, vasi ben mineralizzati e venature apprezzabili disposte opportunamente in asse con l’energia del rinculo. Lo stile ceco è un gradevole connubio fra classicità e personalizzazione: vediamo il calcio con nasello alto favorevole al tiro con l’ottica, dorso alla bavarese, appoggia guancia funzionale e dall’armonico perimetro curvo, pistola ben dimensionata con allargamento marcato verso la coccia che ferma opportunamente la mano, fusto e asta a fondo spianato, ottimo appoggio per tiro di precisione, e apice con un accenno di schnabel, giusto per richiamare una certa contiguità con la classicità germanica. Calciolo in gomma morbida e magliette portacinghia non mancano per terminare l’opera.

Per terminare Anche la CZ vede e subisce il lievitare dei costi, ma in modo ancora molto accettabile e soprattutto disponendo di una notevole possibilità di investimenti e di patrimonio tecnologico che le consentono di coniugare metodologie operative, come le lavorazioni dal pieno, scelte tecniche dispensate anche in questo fucile, accessori importanti come finiture e il legno della calciatura tutto proposto a una quotazione che definire interessante è ancora riduttivo. Non mancano certo le versioni calciate in sintetico e finite in analogia per chi sceglie l’estrema praticità, ma queste versioni classiche sono ancora oggi disponibili per la soddisfazione degli appassionati: metterne una in rastrelliera è segno di intelligente lungimiranza.

Il calcio con impugnatura a pistola ben arcuata presenta lo stile classico e funzionale mitteleuropeo nella variante ceka che ha qualche linea più suadente Caccia Passione 46


Fucili canna rigata

Anche fusto e asta sotto canna presentano una linea aggraziata con il fondo piano per il tiro in appoggio e i fianchi arrotondati per una presa confortevole e salda in quello di movimento. Un accenno di schnabel pare non possa mancare Caccia Passione 47


SCHEDA TECNICA Costruttore: CZ Českà Zbrojovka a.s. – Svatopluka Cecha 1283, CZ-688 27 Uhersky Brod (Cekia) – Tel. +420 572 655120, Fax +420 572 633811 – frenzl@czub.cz – www.czub.cz Importatore: Bignami SpA, via Lahn, 1 - 39040 Ora (BZ) – tel. 0471/803000 – fax. 0471/810899 – www.bignami.it – email@bignami.it Modello: 557 Lux Tipo: carabina a otturatore girevole e scorrevole con due alette in testa Calibro: 6,5x55 SE (altri in alternativa) Castello: da billetta in acciaio lavorata di fresa – finitura brunita - otturatore lucidato Canna: lunga 520 mm – diametro in volata 16 mm - 4 righe destrorse passo 1:10 ricavate per rotomartellatura - montaggio flottante – finitura brunita Percussione: percussore lanciato con molla elicoidale coassiale Alimentazione: serbatoio fisso da 5 cartucce con sblocco a tastino della soletta pivotante - a richiesta caricatore staccabile Congegno di scatto: diretto con grilletto singolo regolabile Estrattore: a unghia pivotante con pistoncino e molla inseriti nella testa dell’otturatore Espulsore: nottolino elastico sporgente nella faccia dell’otturatore Congegni di mira: tacca con visuale quadra con riferimenti bianchi regolabile in deriva – mirino in fibra ottica rossa regolabile in elevazione – fresature al castello per montaggio ottiche Sicurezza: tastino zigrinato sul lato destro del castello – blocca il sistema di scatto Calciatura: legno di noce in pezzo unico - calciolo in gomma riportato – impugnatura a pistola – zigrino a disegno nei punti di presa Finiture: brunitura per canna e castello – corpo otturatore lucidato Lunghezza totale: 1063 mm Peso: 3300 grammi circa senza ottica

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Fucili canna rigata

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Ogni cosa rientra nelle giuste proporzioni: dal fuciletto della AnschĂźtz alle cartuccine della Fiocchi, dalla piccola cartucciera al coltellino Caccia Passione 50


Munizioni

Fiocchi 9 mm FlobĂŠrt DF Caccia Passione 51


Fiocchi 9 mm Flobért DF

di Costantino Ramolfi

Difficile non trovare nella proposta Fiocchi quel che serve per la caccia perché l’azienda di Lecco pensa a tutto e a tutti comprendendo nella sua produzione anche le cartucce minimali

C

i sembra quasi irriverente definire minimali certe cartucce quando hanno offerto e tuttora offrono a cacciatori veterani e a giovanissimi nembrotti un ampio appagamento in certe esigenze piccole per le dimensioni, ma enormi per la soddisfazione che ad esse è legata. Rivediamo in una bella veste cromatica la scatola delle odierne cartucce calibro 9 mm Flobért e il pensiero corre esattamente a sessant’anni fa quando, compiuti i dodici anni, per Natale arrivò il primo fucile per cartuccia a polvere, un Beretta Mod. 412, monocanna così camerato e di cui un amico con qualche esperienza venatoria ci aveva narrato meraviglie. Al tempo era fatto normale che i ragazzini iniziassero molto presto l’uso dei fucili destinati al tiro a segno e alla piccola caccia ricevendo nelle date canoniche regali di tal fatta insieme a poche e ben definite regole di comportamento da cui non si poteva prescindere. La cultura e la responsabilizzazione erano alla base della formazione generale dell’individuo e non era mai troppo presto per iniziarla: quel che si radica nella mente nel suo primo sviluppo difficilmente viene sviato in seguito mentre il differire tali pratiche troverà un terreno via via meno ricettivo, più critico e saccente, il retaggio del ’68 che da noi non è mai passato con cui si è data

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convinzione a tutti di poter discettare su tutto senza conoscere. Ma torniamo ai nostri fuciletti e alle cartucce che li animano. La confezione odierna della 9 mm Flobért allestita da Fiocchi si presenta rutilante e scicchettosa non solo per il robusto cartoncino della scatola e la stampa cromatica con zone dorate a elegante contrasto con il rosso della marca e del cartiglio aziendali e poi ancora con un verdone scuro da cui appare la scritta su due righe Flobert 9 mm – D.F. a pallini; in un dischetto ben visibile spicca il 10 riferito alla numerazione dei pallini e la dicitura 50 cartucce relativa al contenuto; sui fianchi le norme CIP, la scritta inglese Shot e un’ulteriore precisazione sui pallini n. 10 con 1,9 mm di diametro e la caratteristica della percussione anulare. La cartuccia Nel pratico alveare in plastica sono disposte le cartucce facilmente prelevabili con due dita e dotate di un bossolo in ottone di bell’effetto e sicura funzionalità: rammentiamo come un tempo questo calibro vedesse in uso bossoli nichelati mentre rimane tuttora in auge la chiusura con dischetto di cartoncino pressato nella sua sede senza necessità di orlatura. Sul fondello spicca lo scudetto con le inziali GFL, decisamente


Munizioni

Fra i due fuciletti usati per le prove risaltano la scatola delle Fiocchi, alcune cartucce dal lucido bossolo in ottone e due piccole cartucciere appositamente allestite nel lontano 1957 da un maestro sellaio

più appagante della “ f “ minuscola e in corsivo in uso per diversi anni. I marchi storici vanno mantenuti, magari con piccolissimi aggiornamenti estetici: rammentiamo la RR del campo automobilistico passata da rossa a nera alla dipartita di uno dei due soci, se ben rammentiamo Royce. La fattura si presenta decisamente di classe elevata come si impone per un’azienda che ha nella finezza esecutiva e nella scelta dei migliori materiali il suo punto di forza: il robusto risalto tondo al fondello funge da aggancio per l’estrattore e contiene il propellente per l’innesco di questa cartuccia a percussione anulare. La sigla D.F. significa Doppia Forza: oggi è l’unica ad essere prodotta mentre un tempo erano proposte anche le sorelle a forza semplice con bossolo proporzionalmente accorciato. Non faccia sorridere tutto ciò: un tempo la speculazione intesa in senso latino di risparmio e quindi di adeguamento proporzionale fra spesa e impresa era fattore molto seguito e la scelta delle cariche funzione precisa di quanto occorreva ottenere. Rammentiamo come il papà del nostro maestro della caccia al capanno caricasse le sue cartucce con borre incoerenti ricavate

La calciatura del fucile tedesco è del tipo monopezzo, come per le carabine: la guardia e il grilletto sono economicamente ricavati da lamiera imbutita o piegata

I dischetti crimpati nel bossolo per fermare la carica riportano in piccola, ma nitida grafia, parecchi numeri “10” a indicazione della numerazione dei pallini contenuti Caccia Passione 53


da materiali usualmente buttati e risparmiasse sui cartoncini sigillando la carica con una goccia di cera… tanto il fucile era sempre rivolto in alto o perché nella piccola rastrelliera del capanno o perché indirizzato verso le prede poste sui rami a non più di una dozzina di metri. L’impiego odierno Dietro alle siepi di frasche o alle quinte di verdi canneti, nascosti sui fienili o alla peggio nei pollai di cascine proprietà di contadini compiacenti i ragazzini degli Anni 50 e dei primi 60 insidiavano passeri, allora abbondantissimi, e all’epoca opportuna tante altre varietà di uccelletti cacciabili senza problemi; l’alternativa era la caccia alle prede di pelo sotto forma di ratti che in certi anditi delle suddette cascine non mancavano mai. Poi crescendo era iniziata l’era del capanno con i richiami vivi: non rientrava certo nelle tradizioni del Piemonte sabaudo e solo grazie a un personaggio giunto dalla bassa bresciana, il bravo Costantino, si erano realizzate le possibilità di tali esperienze che sarebbero durate per decenni con grande soddisfazione. Il 9 Flobért era diventato il fucilino da appoggio per le prese più a ridosso del nascondiglio oramai realizzato in legno con bomboletta del gas e stufetta a irraggiamento per i periodi più freddi: i calibri 20 e 28 tenevano la scena con un 12 sempre pronto a risolvere le questioni più intricate. Venendo ai giorni nostri i capanni della valle del Mella ospitano sempre una simile batteria di fucili perché lo spirito del risparmio qualifica i cacciatori della zona: l’inutile sperpero di energia, polvere e pallini, è giustamente malvisto quindi a colpo d’occhio si sa che tale presa è a tot metri e ci vuole il 20, l’altra si accontenta del 28, e quella lì che ti pare di toccare con la canna è padroneggiata dal piccolo 9 mm. Oltre al fattore distanza gioca ovviamente quello dell’entità della preda: le peppole, croce e delizia di questa caccia, si trattano con cura e risparmio, le furbissime e robuste cesene meritano e ottengono qualcosa di ben più deciso. Caccia Passione 54

In un apposito ingrossamento del rebbio anteriore della guardia si nota il pulsante della sicura mentre dal ponticello fuoriesce il grilletto. Davanti sporge il tasto di apertura della canna e armamento della batteria: una mosca curiosa s’è fermata a esaminare il tutto

Anche l’occhio vuole la sua parte e l’arte l’attenzione che le è dovuta: le righe oscure ai bordi delle cinghiette in cuoio erano ottenute passando un apposito strumento in legno di bosso che Michele, il sellaio, maneggiava con maestria


Munizioni

Fra i due fucili sono trascorsi tredici anni, quelli in cui i costi si sono rivelati una componente pesante per il calcolo del prezzo di vendita: incredibile agli occhi dei giovani di oggi la metodologia e la finezza esecutiva del Beretta datato 1957

Ancora un particolare che esemplifica la finitura dei manufatti in cuoio e le appropriate cuciture

Nella Anschütz si osservano ancora (siamo nel ’70) diverse tipologie di lavorazione: il grilletto ricavato da lamiera imbutita, la guardia in lamiera piegata, una corretta incassatura nel legno ben lucidato, il manubrio otturatore di elevata qualità

L’accostamento del cuoio e del legno, ancorché soltanto di faggio, richiama gli oggetti e gli accessori del cacciatore realizzati con materiali naturali a cui la mano dell’uomo si accosta con piacere

Il calciolo in plastica del fucile tedesco è già fissato con le pratiche, ma brutte, viti con testa a croce; il vivo di volata dell’italiano è finito con molta cura Caccia Passione 55


Chiudiamo sottolineando come questa forma di venazione sia invisa purtroppo anche a un buon numero di cacciatori, sia con il cane che con la canna rigata: apparteniamo a questi ultimi, ma ci sentiamo di affermare che la poesia di un capanno è di una finezza incredibile, ben difficilmente comprensibile da chi non l’abbia mai provata. Prove di tiro Abbiamo impiegato bersagli UIT da PA e tiro celere di PGC: i cerchi misurano rispettivamente 4,5 cm per la mouche, 10 cm per il “10”, 18 Unico bersaglio dell’Anschütz a 20 m cm per il “9” e 26 cm per l’”8”. Abbiamo sparato sul rovescio bianco con una macchia nera centrale per riferimento di punteria, ma presentiamo i bersagli dalla parte nera dove meglio si possono osservare i fori dei piccoli pallini n. 10 da 1,9 mm; a volte è visibile il foro creato dalla borra. Notiamo subito come a 12 metri la Anschütz tenda a chiudere maggiormente le rosate, quindi garantisca una maggiore lesività con maggior numero di pallini sulla preda a prezzo di una mira più accurata. Evidente come questa distanza di 12 m sia quella con certe possibilità di riuscita mentre ai 20 m l’aleatorietà sia di casa e Beretta, comunque consenta un risultato migliore. In definitiva possiamo definire i 16 m quale gittata massima utile per non sprecare il Unico bersaglio del Beretta a 20 m colpo e, soprattutto, per non ferire il selvatico.

Primo bersaglio ottenuto a 12 m con Beretta Mod. Secondo bersaglio dell’Anschütz a 12 m 412: la distribuzione è più che discreta con una certa tendenza ad alzare il centro di rosata Caccia Passione 56


Munizioni

Secondo bersaglio del Beretta a 12 m

Primo bersaglio dell’Anschßtz a 12 m

Il Commissario di tiro del poligono di Chieri (TO) e due assistenti che hanno presenziato alle prove

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Nell’asta del Beretta è presente lo scasso che consente di piegare il fucile riducendo assai l’angolo fra le due parti e l’estensione in lunghezza: foderi adeguati ne permettevano il porto anche sotto alla cacciatora

Un occhio esperto e attento nota le belle lavorazioni nell’impugnatura a mezza pistola del calcio del Beretta: anche in questi piccoli fucili i dettagli erano curati a perfetta regola d’arte

Pure nella Anschütz il vivo di volata è eseguito molto correttamente: anche se si tratta di una canna liscia alcuni accessori, come il mirino con tunnel paraluce, richiamano quelli delle armi a canna rigata

L’apice dell’astina del Beretta termina con due smus- Il manubrio otturatore in acciaio presenta la comoda sature fra cui è posta la maglietta portacinghia; la zi- nocca tonda e il braccetto piegato con base a quadrelgrinatura è immancabilmente eseguita a mano lo che, inserita nell’apposito scasso del castello, realizza la chiusura Caccia Passione 58


Munizioni

Sempre in omaggio alla filosofia della canna rigata è presente la tacca di mira, addirittura provvista di una alzo con cinque posizioni

La comoda postura della mano per aprire l’otturatore agendo sulla nocca tonda del manubrio

Sempre nell’Anschütz osserviamo da sx a otturatore Sempre in chiave da carabina sul castello dell’An- aperto la massa battente, la base a quadrello del maschütz sono praticate le guide per l’applicazione di nubrio con la fresatura di passaggio nel castello e lo una diottra o di un’ottica; sul fianco sporge il tastino scasso dove si inserisce per realizzare la chiusura; nel della sicura vano sporge l’estrattore a mezzaluna Caccia Passione 59


IL ‘PESO’ DELLA LEGGEREZZA Con i suoi 595 grammi, il nuovo Swarovski Optik EL 8x32 WB sposa la leggerezza con le alte prestazioni, diventando il binocolo ideale per la caccia vagante in montagna e collina. di Riccardo Camusso

M

edici e fisioterapisti ci confermano che il peso eccessivo della cinghia del binocolo che grava, per lungo tempo, sul collo può creare ‘problemi’ e fastidio a chi usa questo strumento nella caccia vagante in montagna e collina; a camosci e caprioli si passano molte ore (ed anche l’intera giornata) con gli occhi nelle lenti e con il binocolo al collo. E non solo: questo tipo di caccia, che rifugge le altane, richiede la possibilità di brandire lo strumento spesso con una mano sola. La risposta della Swarovski Optik a queste precise esigenza porta la sigla EL 8x32WB. Personalmente, lo abbiamo provato sul campo e lo abbiamo adottato subito, senza esitazioni. Eccezionalmente leggero (595 gr.). Ergonomico. Impugnatura avvolgente. Qualità ottica fuori discussione. Conchiglie gommate basculanti per favorire la visione anche per i portatori di occhiali. Dimensioni contenuCaccia Passione 60

te. Ottimo rapporto fra campo visivo (141m a 1000m) e ingrandimenti (8x). Lenti field flattener. Ottica HD. Design molto curato. L’El8x32 si adatta perfettamente alla forma della mano e si brandisce tranquillamente anche con una mano sola; coloro che (come noi) passano molto tempo durante la battuta con gli occhi incollati alle lenti e che, durante il cammino, non subiscono un peso eccessivo alla base della nuca ringraziano di cuore, apprezzando alla grande un livello di comfort senza precedenti e il ‘peso’ della leggerezza. Se consideriamo che i classici binocoli da altana o da appostamento fisso hanno un peso quasi doppio, condividiamo assolutamente le parole dei fisioterapisti. Si potrebbe pensare che tutto ciò vada a scapito della qualità. Non è così, anzi: se la Famiglia EL della Swarovski Optik pone una pietra miliare nel ramo degli strumenti ottici sulla lunga distanza, il ‘piccolo’ 8x32WB non è il ‘parente povero’, ma rap-


Ottiche presenta l’ottimo risultato di una sinergia straordinaria tra ottica, ergonomia e funzionalità, in un design sapientemente curato. Non dimentichiamo che questo ‘gioiello’ utilizza, come fanno gli altri EL, la tecnologia Swarovision con il pacchetto FieldPro totalmente compatibile. Nel corso del test, abbiamo apprezzato la precisione della correzione diottrica; un po’ complicata, ma comunque intuitiva e precisa si attiva facendo basculare la ghiera millimetrica della messa a fuoco. Il campo degli accessori (ricordando anche che si può fare Digiscoping abbinando il binocolo ad un oculare del binocolo) completa un quadro assai interessante. Perso-

nalmente abbiamo apprezzato la BGP (per la protezione del binocolo), la FSSP (cinghia galleggiante pro), le BSP (bretelle di sostegno), l’UTA (adattatore universale per treppiede, la FBP-M (custodia multifunzionale, le WES (conchiglie speciali contro la luce laterale), il nuovo e, soprattutto, davvero funzionale sistema di aggancio e sgancio rapido CCSP (cinghia comfort pro) della tracolla. Mai più cinghie che si usurano presto scorrendo nei ‘vecchi’ anelli di sostegno! Può sembrare un particolare di poco conto, ma chi usa –veramente - il binocolo come insostituibile strumento di caccia e lo sottopone ad un’usura piuttosto severa, ci darà perfettamente ragione..

Il ‘piccolo’ EL 8x32 ha ben colto una classica scena autunnale di una famiglia di camosci

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Particolarmente apprezzato il fatto di poter brandire il binocolo con una mano sola.

DATI TECNICI Ingrandimento: 8x Diametro utile dell’obiettivo (mm): 32 Diametro della pupilla d’uscita (mm): 4 Distanza della pupilla d’uscita (mm): 20 Campo visivo (m/1.000 m): 141 Campo visivo (gradi): 8 Campo visivo per portatori di occhiali (gradi): 8 Minima distanza di regolazione (m): 1,9

Le conchiglie oculari gommate sono basculanti per agevolare i portatori di occhiali. Caccia Passione 62

Compensazione diottrica (dpt): ± 4 Trasmissione luce: 90 Distanza interpupillare (mm): 54-74 Valore crepuscolare secondo ISO 14132-1: 16 Lunghezza ca. (mm): 138 Larghezza ca. (mm): 126 Altezza ca. (mm): 57 Peso circa (g): 595 Temperatura di funzionamento: -25 °C/+55 °C Prezzo di listino: € 2.030

Assai curata l’ergonomia: la mano si adatta perfettamente al profilo del binocolo.


Ottiche

Nessun problema quando occorra valutare la classe d’età di un bel camoscio.

Il sistema di aggancio/sgancio rapido della tracolla è semplice e veloce.

La regolazione diottrica si attiva ruotando la ghiera millimetrica basculante. Caccia Passione 63


Il giovane capriolo ‘raccontato’ nel testo. I metadati dicono: 1/10” a 3200 ISO. Caccia Passione 64


Digiscoping

IL BUIO È SCONFITTO.

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IL BUIO È SCONFITTO L’alto valore crepuscolare dei lunghi Swarovski Optik, unitamente agli alti valori ISO delle fotocamere digitali, sanno sconfiggere le basse luci. Lo dimostriamo sul campo e nelle pagine dell’ultimo Libro esclusivo sul Digiscoping moderno. a cura di Riccardo Camusso foto di Riccardo Camusso e Andrea Castellini

Q

uasi tutti gli animali selvatici hanno la cattiva abitudine di uscire dal bosco quasi sempre all’alba o al tramonto. Questa preferenza per le ore crepuscolari crea, anzi creava, non poche difficoltà per la caccia fotografica con il ‘lungo’: oggi, infatti, grazie ai programmi delle moderne reflex digitali, all’assenza di ‘rumore’ offerta dagli alti ISO e, soprattutto, grazie al grande valore crepuscolare (misurato in DIN) dei lunghi Swarovski Optik, il ‘buio’ è sconfitto. Vediamo cosa e come fare sia in questo spazio (con la storia esemplare di un giovane capriolo) sia attraverso le pagine del libro esclusivo “STORIE di DIGISCOPING”, dove ogni fotografia è accompagnata dai metadati reali: una precisa scelta grafica che ha (volutamente) mantenuto le luci originarie e i relativi tempi d’esposizione, anziché manipolare pesantemente le immagini in stampa, rendendole migliori, patinate, luminose come in pieno giorno ma...palesemente false. Caccia Passione 66

Una delle immagini più significative del Libro: un cervo al bramito praticamente a buio. Il leggero micromosso non condiziona il valore dei metadati: tempo d’esposizione di 1” a 800 ISO.


Digiscoping Un giovane capriolo oltre il tramonto. Ottobre. Fa freddo e abbiamo un ‘problema’ fotografico da affrontare: ai caprioli piacciono le ore crepuscolari; finchè il sole illumina bene il prato è ben difficile scorgere un soggetto allo scoperto. Quando, tuttavia, le ombre corrono veloci, i caprioli, le volpi, i cinghiali e gli altri selvatici iniziano a muoversi. Ciò mette a dura prova i lunghi e le capacità di esposizione delle fotocamere. Per questi motivi, da quando il sole è sparito dietro il bosco, controlliamo ogni mezz’ora i dati dell’esposizione. Per ora, siamo ancora in condizioni ottimali, ma sappiamo bene che presto dovremo adeguarci alle luci del tramonto. Accade la stessa cosa - all’inverso - prima e dopo l’alba. Temo che il capriolo, questa sera non uscirà. Pazienza, sarà per un’altra volta. Conviene tornare a casa. Consideriamo, anche, che – con le ‘vecchie’ attrezzature fotografiche e gli antichi ASA – saremmo sulla via del ritorno da almeno mezz’ora. All’improvviso, nel silenzio assoluto, sentiamo il brucare di un animale. Non lo abbiamo visto uscire, ma è di fronte a noi (a meno di 80 mt) e mangia tranquillamente. La luce è così scarsa che non riusciamo neppure a cogliere la classe d’età o sesso. Solo una sagoma confusa e indistinta che spunta dall’erba ancora molto alta, rispetto alla stagione. Mentre quasi ingoiamo la piccola pila messa in bocca per raccogliere le nostre cose e lasciare il posto, proviamo a inquadrare il punto dove supponiamo sia il capriolo. Nel mirino è buio pesto; inseriamo allora il liveview, inquadriamo nel lungo ai minimi ingrandimenti e ritorna… giorno. I 1600 ISO non sono più sufficienti; dobbiamo spingere a 3200 e 6400 ISO. Ora vediamo finalmente che si tratta di un soggetto molto giovane, con un timido abbozzo di stanghe; non ci vede, non ci sente, ma il lungo ci regala un’immagine ‘luminosa’ assolutamente inimmaginabile fino a pochi anni fa. L’alto valore crepuscolare del lungo Swarovski ci fa sorride-

re se pensiamo ai modelli ‘economici’ sconfitti al tramonto. Scattiamo alcune foto, nei momenti in cui l’animale sta relativamente fermo – dobbiamo usare un tempo d’esposizione inferiore a 1/10” !!! - e non riusciamo a contenere l’emozione di aver sconfitto… il buio! Questa semplice storia non è che un esempio della ‘filosofia’ che pervade tutte le immagini del Libro sul Digiscoping, nelle cui pagine i protagonisti non sono soltanto gli animali, ma i digiscopers e le condizioni, spesso difficili, di luce ed esposizione. Da ciò deriva la scelta di mantenere le impostazioni di menu senza forzare la postproduzione. Il problema del “buio” è molto sentito dai digiscopers e da tutti coloro che conoscono bene gli animali selvatici. Tutti ci chiedono: “Come hai fatto???”, “Che programma hai impostato?? ”, “Come hai eliminato il rumore digitale?” e cose di questo genere. Vale la pena di dare una risposta precisa a queste domande. Il “BUIO”. Sintetizzando la questione ‘buio’ dal punto di vista fotografico dobbiamo semplicemente sfruttare al meglio le qualità degli obiettivi e/o dei telescopi. In pratica, se vogliamo ottenere buoni risultati, non resta che tradurre in un file fotografico l’eccezionale valore crepuscolare offerto dai lunghi. In altre parole, il sensore della fotocamera deve poter leggere ciò che il lungo offre, con particolare riferimento alla luminosità della scena, che spesso è superiore a quella che percepiamo a occhio nudo. La scena anche senza sole ha pur sempre una propria luce, radente, che disegna le cose e i soggetti con sufficiente precisione: questa è la “luce” che dobbiamo catturare. A un certo punto della giornata (per esempio, al tramonto), però, la luce, inizialmente buona e radente, inizia a cedere il passo alle ombre, sempre più lunghe. E’ il momento magico della giornata, quello tanto atteso da animali e digiscopers. Gli ISO standard, però, non sono più sufficienti; la visione nel display o nel mirino non è più ottiCaccia Passione 67


Nel libro “Storie di Digiscoping” le fotografie sono corredate dai metadati reali.

male; la messa a fuoco non può essere più così precisa; i tempi di esposizione si avvicinano al pericoloso confine del micromosso; il flash non può intervenire; l’aria che ci separa dal soggetto diventa un ‘muro’ vero e proprio. Che fare per tradurre il ‘miracolo’ di luminosità che i telescopi più luminosi offrono? Il primo ‘intervento’ riguarda gli ISO. Escludiamo l’AutoISO e impostiamo la regolazione in manuale. La luce varia (molto) al tramonto e resta abbastanza stabile dopo la scomparsa del sole: ciò ci costringe a impostare e controllare – circa ogni quarto d’ora – il valore ISO ottimale, con uno sguardo rivolto ai tempi di esposizione sotto i quali non vogliamo andare. Quale che sia il Programma, compreso il Manuale, teniamo il diaframma alla massima Caccia Passione 68

apertura e non ci pensiamo più. L’unica regolazione variabile diventa quindi quella degli ISO, a salire; se lavoriamo in Manuale, invece, rapportiamo anche i tempi di esposizione agli ISO. Facciamo un esempio pratico semplice. Dopo il tramonto, con luce scarsa, regolando a 400 ISO, in sinergia con gli ingrandimenti e diaframma del lungo, avremo un tempo d’esposizione che si aggira su 1/20”. Questo tempo – se siamo stabili sul treppiede – può essere sufficiente per soggetti fermi o in lento movimento; ma è troppo lungo in altri casi. Iniziamo, allora a salire di ISO. Se regoliamo a 800 ISO i tempi salgono a 1/40” circa. Talora può bastare, ma per poco tempo. Quando gli 800 ISO diventano insufficienti, possiamo tranquillamente salire a 1.600, con tempi di


Digiscoping

Il Libro racconta come in condizioni meteo critiche (nebbia e nevischio) si possa vincere il buio.

esposizione di circa 1/50”; un tempo che permette anche qualche soggetto che cammina. Quando il buio aumenta, è la volta dei 3200 ISO (con 1/80”) e dei 6400 ISO (con 1/100”). La principale obiezione dei fotografi chiama in campo soprattutto il grande “rumore” digitale a 3200/6400 ISO, o più, e le difficoltà oggettive di vedere (e focheggiare) nel mirino e/o nel monitor ciò che viene offerto dall’eccezionale valore crepuscolare offerto dai lunghi Per quanto riguarda “rumore” occorre dire che le immagini generate fotocamere digitali hanno sempre meno “grana” dell’analogico. Ma non solo: anche a 6400 ISO i nuovi sensori generano un rumore più che accettabile, talora quasi in modo difficile da credere per i vecchi fotografi. Ciò è dovuto ai nuovi sensori ed è ancora più straordinario nelle reflex semiprofessionali. Ricordiamo, infine, che scattando in RAW, o NEF, non solo si può correggere una foto troppo scura, ma esistono programmi per il PC creati espressamente per ridurre (con varie gradazioni) il rumore o eliminarlo del tutto. Circa la visione ottimale, per poter focheggiare agevolmente quando il gioco si fa duro e il mirino non basta più serve usare il Live-View:

In questa bella immagine del libro, la testa di un capriolo adulto a 800 ISO e 1/20”.

basta osservare e focheggiare sul monitor, anch’esso regolabile per luminosità, traducendo la precisa MAF manuale sulla ghiera millimetrica del lungo. In questo modo non solo si sceglie il punto voluto da focheggiare, ma…il buio è sconfitto! Caccia Passione 69


Un capriolo anomalo all’inizi della muta e in condizione critiche di luce.

Fotografare al bramito comporta quasi sempre luci crepuscolari. La messa a fuoco manuale sulla ghiera millimetrica del lungo permette grande precisione.

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Digiscoping

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DECIMO TITOLO NAZIONALE PER RE JOHNNY a cura di A.S.D. Trap Concaverde

Giovanni Pellielo vince la finale contro un ottimo De Filippis, Resca terzo. Tra le Ladies la migliore è Alessia Montanino.

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uattro medaglie olimpiche, undici titoli mondiali (quattro individuali), dodici titoli europei (tre individuali) ed ora anche il decimo titolo nazionale. Non ha certo bisogno di presentazioni il campione italiano di fossa olimpica 2017 per la categoria Eccellenza. Lui è Giovanni “Johnny” Pellielo, autentico medagliere vivente. Sabato 23 e domenica 24 settembre, dalle linee di tiro del Trap Concaverde di Lonato del Garda, il portacolori delle fiamme azzurre ha fatto valere la sua caratura fin dalla prima giornata di gara, chiusa a punteggio pieno con lo score di 75/75. Poi, nella sfida decisiva per lo scudetto, il re Johnny (122+44) ha avuto la meglio per due piattelli su un ottimo Mauro De Filippis (123+42). Terzo posto per il campione mondiale in carica Daniele Resca (120+32). Quindi, ai piedi del podio: Valerio Grazini (122+27), Simone Prosperi (120+22) e Claudio Tosto (123+17), quest’ultimo alla sua prima finale per il tricolore. «Vincere il titolo italiano non è mai scontato - ha detto subito dopo la vittoria Pellielo – siamo la nazione più blasonata al mondo e gli avversari sono sempre di altissimo livello. Ed è sempre come se fosse la prima volta - ha proseguito – È un’emozione unica, resa ancora più speciale Caccia Passione 72

perché vissuta in quello che è il tempio del tiro a volo mondiale. Speriamo ce ne siano ancora molte altre». Ce ne saranno sicuramente. Passando all’altra parte del cielo del tiro a volo, tra le Ladies la migliore è stata Alessia Montanino (69+39), che ha preceduto l’amica e collega Maria Lucia Palmitessa (68+38). Medaglia di bronzo, invece, per Federica Caporuscio (69+31), giunta davanti a Giulia Pintor (67+27), Alessia Iezzi (69+19) e Valeria Raffaelli (69+13). «È stata una bellissima vittoria, ottenuta in una gara all’ultimo piattello con la mia migliore amica e quindi ancora più preziosa ha detto la portacolori delle fiamme oro - Sono riuscita a mantenermi costante nei punteggi e questo, alla fine, mi ha premiata. Sono felicissima». Da segnalare, infine, le ottime prestazioni degli juniores. A puntarsi al petto gli scudetti di questa categoria sono stati Lorenzo Buratta (117+44) ed Erica Sessa (66+42). «È stato un campionato italiano di altissimo livello - ha affermato a gare concluse Albano Pera, CT della nazionale azzurra di fossa olimpica di cui non posso che essere fiero e soddisfatto. I miei più vivi complimenti vanno a coloro che hanno conquistato il podio, ma molto bravi sono stati anche coloro che si sono fermati a un passo


Tiro a volo

dalla finale, con ben dieci tiratori a quota 119 e otto a 118. Questo dimostra quanto il livello dei nostri atleti sia elevato. Non a caso torniamo da un campionato del mondo dove abbiamo conquistato 5 ori, 2 argenti e 2 bronzi. Questi risultati non arrivano per caso, ma sono il frutto di tanto lavoro e di tantissimo sacrificio». «Ringraziamo lo staff del Trap Concaverde per la professionalità immensa con cui svolge, in ogni occasione, il proprio lavoro - ha proseguito il consigliere nazionale Fitav Fiorenzo De Rosa - La stagione volge ormai al termine, con risultati eccellenti per quanto riguarda la specialità del trap e di tutto il tiro a volo. Presto potremo riposarci un poco, ma non troppo, perché l’obiettivo è quello di fare ancora meglio in futuro». «Avere la possibilità di concludere la stagione agonistica con la finale del campionato italiano ci onora e ci gratifica. Quello stiamo cercando di fare - ha concluso Ivan Carella, presidente del Trap Concaverde - è dare il giusto valore al nostro sport. Il miglioramento continuo degli impianti sportivi e l’attenzione verso chi li frequenta è uno sforzo dovuto, che tutti i gestori devono fare, perché questo è quello che si meritano coloro che lo praticano con dedizione e passione sempre maggiori».

FINALE CAMPIONATO ITALIANO ECCELLENZA, JUNIOR, LADIES e JUNIOR LADIES CLASSIFICA ECCELLENZA: 1) Giovanni Pellielo (122+44); 2) Mauro De Filippis (123+42); 3) Daniele Resca (120+32); 4) Valerio Grazini (122+27); 5) Simone Prosperi (120+22); 6) Claudio Tosto (123+17) CLASSIFICA LADIES: 1) Alessia Montanino (69+39); 2) Maria Lucia Palmitessa (68+38); 3) Federica Caporuscio (69+31); 4) Giulia Pintor (67+27); 5) Alessia Iezzi (69+19); 6) Valeria Raffaelli (69+13) CLASSIFICA JUNIOR: 1) Lorenzo Buratta (117+44); 2) Nicholas Antonini (118+43); 3) Daniele Flammini (117+33); 4) Teo Petroni (120+28); 5) Andrea L. Pattarello (117+23); 6) Davide Rosicarelli (118+15) CLASSIFICA JUNIOR LADIES: 1) Erica Sessa (66+42); 2) Diana Ghilarducci (62+36); 3) Alessandra Della Valle (67+26); 4) Marianna Matassa (66+24); 5) Greta Luppi (64+20); 6) Carolina Paganin (63+15) Caccia Passione 73


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Tiro a volo

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La caccia e la gestione dell’ambiente

di Simona Pelliccia

Il rapporto tra attività venatoria e l’ambiente viene troppo spesso sottovalutato dall’opinione pubblica e dalla politica, che accecate dalla criminalizzazione ad ogni costo trascurano l’importanza della caccia ai fini del mantenimento di un equilibrio nell’ecosistema.

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a stagione venatoria si appresta ormai ad addentrarsi nelle sue settimane più belle, quelle invernali, in cui lo scricchiolio delle foglie secche ormai ricoperte dalla brinata accompagnano il passo del cacciatore nel bosco. Una riflessione si impone all’attenzione della società tutta, non solo di noi cacciatori. La caccia in Italia è una delle attività più regolamentate. Essere cacciatori implica essere cittadini probi, con il certificato penale assolutamente bianco. Un minimo sospetto da parte della autorità o una denuncia, anche infondata, da parte di un terzo rende possibile la revoca delle licenza. Significa esborsare centinaia di euro ogni anno, tra rinnovi, ATC, assicurazioni, autorizzazioni. Nonostante questo, l’opinione pubblica non solo non apprezza il nostro operato, ma addirittura criminalizza la nostra passione degradandola ad attività eticamente scorretta, al confine con l’illecito. Ma si è mai pensato a cosa accadrebbe se per un anno tutti noi smettessimo di andare a caccia? Si è mai riflettuto sull’invasione di nocivi che provocano danni spesso irrimediabili alle colture che ancora oggi rappresentano una fetta importante del prodotto interno lordo nazionale? Si è mai onestamente aperto gli ocCaccia Passione 76

chi sul problema dei cinghiali, che ormai hanno perso ogni aspetto di selvaticità e si cibano dei nostri prodotti alla sogli di casa? Forse saremmo richiamati e pagati per controllare l’esponenziale crescita di selvatici 8e, dunque, di conseguenti danni) che si verrebbe a creare. E’ molto facile criminalizzare ciò che non si conosce e con cui non si viene in contatto quotidianamente, se non per via televisivo o attraverso lo schermo di un pc. Le norme che regolano l’attività venatoria vengono troppo spesso fatte da chi non ha un contatto diretto con la natura e l’ambiente in generale. Da chi abita in una città, dove nel migliore dei casi possono sopravvivere solo piccioni domestici. L’Italia nasce e resta un paese rurale, dove le tradizioni, quali la caccia, ancora ben radicata in alcune zone, nascono quali risposta ad esigenze concrete di gestione della vita dell’uomo e dell’ambiente in cui esso si è inserito. Sono convinta che se a dover ripagare i danni causati da cinghiali e caprioli ai vigneti ed alle colture fossero i cittadini tutti, e non i risparmi dei cacciatori, allora forse si porterebbe maggiore rispetto nei confronti di un’attività che gioca un ruolo fondamentale nel mantenimento di un equilibrio dell’ecosistema altrimenti fuori da qualsiasi controllo.


Ambiente

Ambiente di montagna dove è elevata la presenza di lupi

Il rapporto tra zone boschive e zone abitate è, soprattutto in certi territori, molto stretto Caccia Passione 77


L'agricoltura e l'allevamento rappresentano ancora una fonte importante di reddito per molte regioni d'Italia

Meravigliosa vista dalla montagna sulla piana abitata

Territori di montagna in cui l'allevamento è fortemente ostacolato dalla crescente presenza di lupi Caccia Passione 78


Ambiente

Muta di segugi in accostamento sulle montagne appenniniche

Piccolo golfo a picco sul mare dove spesso i cinghiali arrivano fino alla spiaggia, incuranti della presenza dell'uomo

Un rifugio di alta montagna dove è possibile vivere a stretto contatto con la natura Caccia Passione 79


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Veterinaria

Miodesopsie. Disturbi visivi nel cane.

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Miodesopsie. Disturbi visivi nel cane. di Kalaris

La vista è un bene prezioso, sia per gli uomini che per gli animali. Entrambi possono condividere dei disturbi visivi in grado di compromettere qualsiasi attività, caccia compresa. Tra le patologie che presentano una certa rilevanza nell’ambito della caccia, vogliamo ricordare le miodesopsie, conosciute anche come “mosche volanti”.

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uesto disturbo è causato dalla degenerazione del corpo vitreo, la sostanza gelatinosa che si trova nel lato posteriore del globo oculare. Quando il corpo vitreo diminuisce, si sfalda o si disidrata, si ha come l’impressione di avere dei puntini o dei filamenti che fluttuano davanti agli occhi. Gli oculisti rassicurano sugli effetti di questa malattia, che non è assolutamente legata a un probabile rischio di cecità. I disagi di chi è affetto da miodesopsie riguardano, però, la compromissione delle immagini, disturbate dalla presenza di questi fastidiosi “moscerini “ che saltano dall’alto in basso davanti agli occhi. Il cacciatore

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affetto da miodesopsie, infatti, per non vederle, ha bisogno di stare lontano da fonti di luce, rischiando una cattiva mira nell’uso del fucile e conseguenti spari a vuoto o molto pericolosi. Il cane, invece, spaventato da queste strane tracce oculari, potrebbe innervosirsi o non prestare attenzione alla preda da inseguire o da individuare. Insomma, leggendo queste poche righe avrete capito che per cacciare bene, gli occhi del cacciatore e del suo cane devono essere in buona salute. Non a caso, per ottenere la licenza di caccia, gli esseri umani appassionati di arte venatoria devono sottoporsi proprio a un’approfondita visita oculistica.


Veterinaria

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Veterinaria

Miodesopsie: Diverse, però, le cause delle miodesopsie negli uomini e nei cani. Nei primi, la degenerazione vitreale può essere determinata da miopia elevata (causa che l’uomo condivide con l’animale), denutrizione e invecchiamento, mentre nei secondi, esclusivamente da cause genetiche non ancora del tutto chiare. Uno studio riportato sul sito dell’Associazione “Cielo Azzurro Onlus” e condotto da James V. Schoster, veterinario della Highland Animal Hospital del Minnesota USA, ha evidenziato che le miodesopsie colpiscono prevalentemente i levrieri, razza canina dalla testa piccola e dal corpo snello, adatta allo scatto, alla velocità e all’inseguimento della preda “a vista”. In questi cani, le miodesopsie possono rivelarsi davvero fastidiose, perché lo scatto dei levrieri è determinato proprio dall’individuazione visiva della preda e non dal fiuto o dai rumori emessi dalla selvaggina. I levrieri da caccia

affetti da miodesopsie diventano dunque degli ausili venatori non idonei a garantire delle buone prestazioni di caccia. Secondo i dati del CERF americano (Canine Eyes Register Foundation), riportati sempre dall’Associazione “Cielo Azzurro Onlus”, dal 1991 al 1999 le miodesopsie hanno colpito il 18% dei levrieri italiani e il 6% dei levrieri Whippet, cioè inglesi. Le due razze hanno origini temporali molto lontane tra loro: la prima risale addirittura a 5 mila anni a.C, mentre la seconda è stata selezionata nell’Ottocento da operai minatori inglesi. Nonostante le diverse origini, le probabili cause genetiche alla base della degenerazione vitreale hanno determinato miodesopsie anche nelle nuove generazioni di levrieri. Le terapie per curare le “mosche volanti” sono ancora oggetto di studio e perfezionamento. Per l’uomo viene Caccia Passione 85


spesso consigliato di bere molto e di assumere degli integratori vitaminici; per il cane da caccia, la soluzione più valida resta la selezione genetica. Se i genitori del levriero soffrono di degenerazione vitreale, è probabile che trasmettano il disturbo anche ai cuccioli. Gli allevatori e i cacciatori dovranno, dunque, fare attenzione alla scelta dei levrieri da caccia. Non è semplice, però, effettuare una selezione tra levrieri sani e malati perchè non è ancora possibile individuare precocemente la malattia. Un levriero affetto da degenera-

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zione vitreale si scoprirà solo con un’accurata visita oculistica in cui le pupille dell’animale verranno dilatate per controllare la parte posteriore dell’occhio. Gli studi genetici mirano, però, a mettere a punto dei test per individuare anche i portatori sani di questi disturbi visivi. Nel frattempo, gli allevatori devono avere cura di sottoporre gli animali a specifiche visite oculistico-veterinarie. L’obbligo di controllare la vista con regolarità spetta anche al cacciatore, perché una buona visione è sempre alla base di una buona mira.



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Anno VI – N° 09 – Settembre 2017 www.cacciapassione.com

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