MM 2211103 – Campogrande, De bello gallico

Nicola Campogrande De bello gallico

Libretto: Piero Bodrato

Partitura | Score

MM 2211103

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Nicola Campogrande

De bello gallico

Libretto: Piero Bodrato

Partitura | Score

MM 2211103

Printed in Germany

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Prima esecuzione assoluta | World Premiere

Giulio Prandi, conductor | Tommaso Franchin, stage

Jesi, Teatro Pergolesi, November 24, 2023

Personaggi | Characters

Figura allegorica, soprano (b2 – e5)

Aulo Irzio/Vercingetorige, tenor (c2 – c4)

Cesare, bass-baritone (f1 – f3)

Legionari/Galli, male chorus (e1 – a#3)

Durata | Performing time

approx. 75 minutes

De bello gallico

Organico | Orchestral scoring

Flute (also Piccolo)

Oboe (also English Horn)

Clarinet in Bb

Horn in F

Trumpet in C Trombone

Percussion (2)

The score is in C

Piccolo is notated one octave lower (normal transposition)

Double Bass and Electric bass are notated one octave higher (normal transposition)

Jazz Drum Set Notation

y medium stick

Glockenspiel, Vibraphone, Xylophone, Marimba, Tubolar Bells (C3, A3, Eb4, E4), Triangle, China Cymbal, Sizzled Cymbal, Splash Cymbal, Ryde Cymbal, Crash Cymbal, Bass Drum, 4 Tom Tom, Cajon, Tambourine, Shaker, Jazz drum set (Pedal Bass Drum, Snare Drum, Hi-hat), Gong, Tam-tam, Slapstick, Castanets, Vibratone, Vibraslap, Guiro, Whistle, Metal Chimes, Ratchet, Temple Blocks, Claves, Agogo. medium stick

y medium stick

y medium stick

i hard stick

i hard stick

hard stick

i hard stick

t soft stick

soft stick

t soft stick

t soft stick

Harp

Violin

Viola

Violoncello

Double Bass (also Electric Bass)

Jazz Drum Set notation

Snare Drum Rimshot Bass Drum Pedal Hi-hat Hi-hat

aTTO i

Il generalissimo Caio Giulio Cesare è accampato con la sua amata Decima Legione. Siamo all’inizio della lunga guerra per la conquista della Gallia Cisalpina e come accadrà spesso il generale cerca una scusa per aggredire un popolo confinante con la Repubblica e invadere i suoi territori. Si consulta con lo scrivano Aulo Irzio, al quale detta i diari della guerra e gli confida che in futuro intende conquistare tutte le tre parti della Gallia.

Le legioni si lanciano all’assalto dei poveri Elvezi, che in realtà stavano cercando una via per ritirarsi. I legionari seguono il loro comandante con assoluta fedeltà e sono soldati imbattibili: oltre alla ferocia nella guerra, sono costruttori di opere di ingegneria, velocissimi e organizzati; Cesare ha assoluta fiducia in loro, ma spiega a Irzio che la guerra va combattuta anche per le ricchezze, che consentono di pagare lo stipendio alle legioni e al tempo stesso ripagare gli enormi debiti che il proconsole ha fatto per raggiungere il potere.

Oltre ai doveri verso la Repubblica e alla necessità di raccogliere denaro, Cesare è ossessionato da un personaggio che si aggira per l’accampamento. E’ la Figura allegorica, una ragazza capricciosa, che di volta in volta prende il nome di Fortuna o Gloria. Cesare ne è follemente innamorato, ma anche se si ritiene un irresistibile seduttore di donne e uomini, non è ancora riuscito a conquistarla e teme in ogni momento di vederla svanire.

I legionari intanto tornano dalla battaglia. Hanno sconfitto gli Elvezi ma si sono dovuti fermare davanti al terribile popolo dei Germani, comandato da Ariovisto. L’incertezza serpeggia tra loro; Cesare tuttavia li richiama all’ordine: è un condottiero coraggioso, determinato e sicurò di sé e bastano poche parole perché i legionari ritrovino la fiducia nella vittoria; anche la Figura allegorica cede al suo fascino e lo segue nella tenda.

Ad uno ad uno i popoli delle Gallie vengono sconfitti e il generale detta allo scrivano la lista delle battaglie vinte e delle popolazioni sconfitte. Irzio scrive le cronache della guerra e la lista dei territori conquistati, mandando a Roma dispacci regolari dove si celebra la figura del condottiero che parla di sé stesso in terza persona. Cesare non teme la lotta e spesso scende in battaglia, impugnando le armi; le sue legioni lo adorano.

Cesare sa però che i suoi nemici più pericolosi sono a Roma. All’interno del Senato molti non vedono di buon occhio il suo potere crescente, e i soldi ricavati dalle razzie e dalla vendita degli schiavi catturati tra i popoli sconfitti non sono mai abbastanza per farsi nuovi amici; così Cesare ha l’idea di raccogliere i dispacci militari in un’opera letteraria intitolata “De bello gallico”; lo scrivano Irzio è incaricato del compito, che naturalmente ha come scopo principale quello di celebrare la grandezza Cesare.

Mentre conclude la prima parte della sua vittoriosa campagna e può dichiarare che “Gallia pacata est!”, Cesare ha ancora molte preoccupazioni. Il generale è tormentato da terribili mal di testa e dall’insonnia. Quando la Figura allegorica chiede pietà per le popolazioni sconfitte e cancellate dalla storia, non ottiene ascolto. Cesare non pensa ad altro che al proprio destino di gloria, ma spiega

che comandare è faticoso. E comincia a pensare che per risolvere i mille ostacoli che gli crea la Repubblica, sarebbe utile sostituirla con una dittatura.

aTTO ii

Cesare ha un incubo e si vede circondato e attaccato da uno stormo di corvi neri, un’immagine che rappresenta i senatori romani. Racconta l’incubo e le sue preoccupazioni anche alla Figura allegorica, che continua a vivere accanto a lui, sebbene con meno entusiasmo di un tempo.

Nonostante i successi militari, Cesare non si sente al sicuro e come sempre la sua risposta è “agire”: combattere è la cosa che sa far meglio e che più lo interessa, così si lancia in una nuova campagna verso il Nord. Ma il generale non è soltanto un abile stratega: al di là delle battaglie e delle conquiste, sta scoprendo un mondo sconosciuto fatto di usanze e popoli sorprendenti. Cesare sconfigge i barbari, ma al tempo stesso li ammira e per la sua guardia personale crea un corpo di ottocento cavalieri germani.

Quando ormai Cesare sembra dominare l’intera Gallia, ecco un avversario inatteso, il giovane Vercingetorige. Oltre ad essere coraggioso è anche un bel ragazzo dalla folta chioma bionda, che attira le attenzioni della Figura allegorica e scatena la gelosia del calvo Cesare: che sia giunto colui che rischia di strappargli Gloria e Fortuna?

Tra i due condottieri si scatena una guerra feroce: Cesare è come sempre spietato e implacabile, mentre Vercigetorige è trascinato dall’entusiasmo della giovinezza. Uno come il vento e l’altro come roccia, i due si inseguono e si scontrano in varie battaglie, dalla disfatta dei Romani a Gergovia sino al doppio assedio di Alesia, dove Vercingetorige viene infine sconfitto.

La passione romantica cede alla razionalità moderna. Vercingetorige si arrende a Cesare. Anche la Figura allegorica, che pure ha sospirato per lui, torna accanto a Cesare, ora celebrato dalle sue legioni.

Sconfitto l’ultimo avversario, sull’onda dell’entusiasmo il proconsole prende dunque una decisione che cambierà la storia della Repubblica: vuole tornare a Roma, affrontare il Senato e anche i due proconsoli Crasso e Pompeo, che dovrebbero dividere con lui il controllo degli altri territori conquistati dalla Repubblica. La legge vieta alle legioni di calpestare il territorio della Repubblica e Cesare sa bene che tornare a Roma equivale a un colpo di stato, ma il dado è tratto: Cesare ha creato un impero e ha deciso che lui sarà l’imperatore.

Nell’epilogo il generalissimo torna in scena con l’abito di imperatore, ma insanguinato. Narra dei pochi anni vissuti prima della congiura. Dieci anni sono durate le campagne in Gallia, ma solo cinque ne son bastati a Roma per ucciderlo. Ora che il suo destino si è compiuto, ora che è stato un imperatore, prima onorato come un dio e poi assassinato, nella sua memoria il periodo più dolce rimane quello raccontato nel De bello gallico: gli anni delle battaglie in compagnia delle sue legioni, dei popoli conosciuti e vinti e delle cavalcate estive durante il mese che ancora porta il suo nome: luglio.

Cesare,

Cesare,

Scena

Scena

Scena

Legionari,

Cesare, Figura allegorica, Legionari: C’è Caio

ATTO I

De bello gallico

Nicola Campogrande, 2016 Libretto: Piero Bodrato

L'accampamento della X legione. È l'alba. Un paio di bracieri sono ancora accesi, ma la maggior parte dei legionari dormono sotto pelli e coperte. Su un lato del palco la tenda di Giulio Cesare, con le sue insegne e l'aquila della legione. Poco distante una mezza colonna di marmo che Cesare usa come pulpito per i suoi discorsi, come fanno i capi di stato nelle conferenze stampa, ma che si trasforma anche in una sorta di monumento.

SCENA 1

Andante q ≈ 76 p

(Il coro interpreta la X Legione dell'esercito romano.)

gran de ge ne ra lis si mo,

Andante q ≈ 76

gran de ge ne ra lis si mo,

MM 2211103

© 2023 by Breitkopf & Härtel, Wiesbaden

Ce sa re Giu lio Ca io

3 Ce sa re Giu lio Ca io

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SCENA 2

(CESARE sbuca da sotto la coperta dove dormiva insieme ad un suo centurione, che saluta con una strizzata d’occhio. Come sempre è pieno di energie.)

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(Si rivolge ad un suo legato, che però non porta l’armatura. E’ AULO IRZIO, che gli fa da segretario.)

(I legionari si preparano a partire, radunando armi e insegne. Il legato AULO IRZIO srotola una grande mappa, piena di freccette e linee come quelle che si trovano nei vecchi libri di storia o che vengono usate da alcuni moderni politici, mentre CESARE sale sul suo pulpito e indossa le sue insegne ufficiali.)

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(La Legione si mette dunque in marcia, uscendo di scena. CESARE rimane da solo con il legato IRZIO.)

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