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BORGHI ABBANDONATI

LA GRANDE STORIA

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LA GRANDE STORIA

Chiara Guerrieri Elena Narducci Laura Marino Elena Musitelli



GEOGRAFIE DELL’ABBANDONO LA DISMISSIONE DEI BORGHI IN ITALIA PARTE 1: TEMA E OBIETTIVI Cap 1 La Grande Storia d’Italia _Interpretazione e illustrazione del tema _Tappe - prima fase _Tappe - seconda fase _Obiettivi

PARTE 2 RICERCA- AZIONE Cap. 2 1943-1953 Gli anni del dopoguerra e la Ricostruzione Cap . 3 1954-1964 Gli anni della ripresa Cap. 4 1965-1979 La crisi e le contestazioni Cap 5 1980-2009 Crisi nazionali e internazionali

PARTE 3 RIELABORAZIONE E SINTESI Cap. 6 Words to get Ideas Cap. 7 Crono-cartografia

PARTE 4 TIMELINE Bibliografia


PARTE 1


TEMA E OBIETTIVI



CAPITOLO 1

LA GRANDE STORIA


Tema


LA GRANDE STORIA La grande Storia d’ Italia: fatti, periodi, eventi significativi dal dopoguerra ai giorni nostri. La ricerca si focalizza sugli avvenimenti storici dal Dopoguerra, che possono aver avuto dei risvolti e delle conseguenze nelle regioni delle Marche e dell’Abruzzo, in particolar modo i cambiamenti demografici, economici, urbanistici. La scelta di lmitare il periodo di ricerca, scaturisce dall’ipotesi che l’attuale stato dei borghi si debba ricondurre agli eventi degli ultimi sessant’anni.


approfondimenti

eventi principali

confronto

periodo

Tap

rielaborazione

consultazione


ppe

TAPPE

PRIMA FASE _ stabilire un intervallo d’azione (dal dopoguerra ai giorni nostri) e suddivisione di questo in quattro periodi principali da approfondire; _ consultazione di documenti per la definizione di eventi principali di ogni periodo per quanto riguarda la Storia d’ Italia _ individuazione di avvenimenti di carattere nazionale che potrebbero avere avuto influenza sulla storia d’ Abruzzo


approfondimenti

eventi principali

confronto

periodo

Tap

rielaborazione

consultazione


ppe

TAPPE SECONDA FASE _ approfondimento di argomenti individuati di carattere generale nell’ambito abruzzese; _ confronto con le altre tematiche; _assegnazione agli argomenti di categorie di pertinenza indicate con un colore sull’anno che individua l’evento; le categorie individuate sono le seguenti: politica economia infrastrutture naturali società _ rielaborazione con l’organizzazione di una sintesi che illiustri le cause dell’abbandono dei borghi abruzzesi attraverso la realizzazione di mappe riassuntive che illustrino la modificazione del territorio.


approfondimenti

eventi principali TIME LINE confronto

periodo

rielaborazione

consultazione


OBIETTIVI

Stesura di una time-line riguardante l’Abruzzo, che illustri gli avvenimenti e le cause che hanno portato all’abbandono dei borghi.

Obiettivi


PARTE 2


RICERCA E AZIONE


1943

1954

1964


LA GRANDE STORIA IN PILLOLE

1979

2009



CAPITOLO 2

1943-1953


Milano, 1943

1943

1953


GLI ANNI DEL DOPOGUERRA E LA RICOSTRUZIONE Il periodo che va indicativamente dal 1943 al 1954, è decisamente significativo per l’ Italia in quanto si sono succeduti diversi avvenimenti che hanno comportato rilevanti cambiamenti per il Paese e che hanno contribuito a determinare il suo attuale assetto demografico, economico, politico e sociale. Il problema più urgente da risolvere nell’ Italia del dopoguerra era la ricostruzione; vennero emanati diversi provvedimenti dallo Stato in modo da incentivare l’ Edilizia come la Legge Fanfani_ Piano INA-CASA (1949), la Legge Tupini (1950), Legge Aldisio ( 1951). Nel 1950 viene approvato un altro provvedimento per risanare il Sud; la Cassa per il Mezzogiorno: vennero messi a disposizione dei finanziamenti che permisero la realizzazione di importanti opere di bonifica nel Sud Italia ( impianti di irrigazione, bonifica ecc...). Nonostante questi provvedimenti si acuisce l’ enorme differenza tra Nord e Sud: i principali interventi di ricostruzione e i grandi investimenti per la ripresa economica si realizzarono soprattutto al Nord mentre il Sud, tranne pochi e isolati interventi, rimase povero e arretrato.


Sbarco degli Alleati in Sicilia.

Il generale Patton.

Un contadino siciliano dĂ indicazioni a un soldato alleato.


La decisione di invadere la Sicilia fu presa alla conferenza tenuta a Casablanca dal 14 al 24 gennaio del 1943. Il 23 gennaio 1943, nella riunione dei Capi di Stato Maggiore congiunti americani e britannici fu deciso l’attacco alla Sicilia, al quale venne dato il nome in codice di Operazione Husky. La data dello sbarco, inizialmente prevista in modo generico “per agosto”, fu in seguito definitivamente fissata per l’alba del 10 luglio. Gli Alleati si apprestavano allo sbarco in una Nazione sfiduciata, stanca dopo tre anni di una guerra che ormai non lasciava più illusioni, con un regime che di lì a pochi giorni avrebbe pagato la colpa di aver portato il Paese al disastro. Ad invasione avvenuta la mafia seppe sfruttare la situazione, piazzando molti suoi uomini nei posti più importanti delle amministrazioni locali, da cui poter controllare soprattutto le distribuzioni di viveri: posti chiave per arricchirsi e per riprendere posizioni di potere. I tedeschi erano convinti che la Sicilia non era l’obiettivo alleato e in questa convinzione restarono anche dopo la rapidissima conquista di Pantelleria, Lampedusa e Linosa, effettuata tra l’11 e il 13 giugno, dopo intensi bombardamenti. Nella notte tra il 9 e il 10 luglio 1943 una poderosa flotta anglo americana fece rotta verso la Sicilia. All’alba del 10 luglio, dopo che i cannoni delle navi avevano aperto un intenso fuoco preparatorio, le forze alleate sbarcarono sulle zone previste: la VII armata americana del gen. Patton prese terra sulle spiagge di Gela, Licata e Scoglitti, mentre l’VIII Armata inglese del gen. Montgomery raggiunse le coste sud orientali della Sicilia, tra Pachino e Siracusa. Nelle zone di sbarco, anche per l’intenso bombardamento preparatorio, inglesi e americani non trovarono alcuna resistenza seria. In due giorni, Americani e Inglesi conquistano la parte Sud Orientale dell’Isola, nonostante la feroce resistenza e gli atti di eroismo delle truppe dell’Asse. Ma le Armate angloamericane sono favorite anche dalla tipologia del terreno, dalla superiorità degli aerei e dai moderni automezzi a loro disposizione.

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LO SBARCO IN SICILIA


Campi di concentramento LocalitĂ di internamento


L’Abruzzo, per i luoghi impervi, la scarsa concentrazione abitativa, la minore politicizzazione degli abitanti, la scarsità delle vie di comunicazione e l’assenza di zone militarmente importanti, rappresentava una delle regioni, che, più delle altre, aveva tutti i requisiti richiesti dal Ministero dell’Interno per poter istituire campi di concentramento e località d’internamento. I Prefetti abruzzesi, dopo i sopralluoghi da parte delle Questure e degli Ispettori Generali di P.S., avevano già inviato, tra l’aprile e il maggio 1940, al Ministero dell’Interno, gli elenchi delle località e degli edifici dove potevano essere sistemati gli internati. Solo alcuni dei “possibili campi” segnalati, in maggior parte per le difficoltà di allestimento, verranno istituiti. Nonostante ciò, nel corso della II guerra mondiale, in Abruzzo saranno ben 15 i campi attivati e 59 le località d’internamento. Località in cui vennero istituiti campi di concentramento: Casoli, Chieti, Istonio Marina, Lama dei Peligni, Lanciano, Tollo, Città Sant’ Angelo, Civitella del Tronto, Corropoli, Isola del Gran Sasso, Nereto, Notaresco, Tossiccia, Tortoreto

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CAMPI DI CONCENTRAMENTO ABRUZZESI


Il Duce


Mussolini fu arrestato per ordine del re Vittorio Emanuele III il 25 luglio 1943. II destino di Mussolini, dal momento dell’arresto, venne deciso nel corso di una riunione segreta che si svolse al Viminale il 27 luglio del 1943 e alla quale parteciparono il maresciallo Badoglio, il capo della polizia Senise e il capo della polizia militare del Comando Supremo, il generale Polito. Su suggerimento di Senise fu stabilito di inviare Mussolini su un’isola e di affidarne la custodia ai Carabinieri. Il duce fu inizialmente condotto sull’ isola di Ponza ma dopo minuziose ricerche, alla fine di luglio, i tedeschi vennero a sapere dove si trovava. Nella notte fra il 6 e il 7 agosto il Duce lasciò Ponza, diretto alla Maddalena; anche la Maddalena, però, come “sito di prigionia”, divenne presto insicura. Il Duce fu trasferito dalla Maddalena alI’alba del 28 e dopo un’ora e mezzo di volo, I’idrovolante ammarò all’idroscalo di Vigna di Valle, nel lago di Bracciano, con la funivia, venne condotto in vetta al Gran Sasso e sistemato nell’albergo di Campo Imperatore, a quota 2112 metri, sgomberato dai turisti e requisito.

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ARRESTO DEL DUCE


Mussolini circondato dai paracadutisti tedeschi.

Vista panoramica dell’ Hotel di Campo Imperatore.


La mattina del 12 settembre il Duce fu liberato dalla sua prigione a Campo Imperatore, sul Gran Sasso dove era stato condotto per ordine di Re Vittorio Emanuele III da un gruppo di paracadutisti tedeschi inviati da Hitler. L’atterraggio nel sito prescelto in base alle fotografie, avvenne in maniera drammatica per l’impervità del luogo e per le pessime condizioni atmosferiche. Mussolini dopo la liberazione si trasferì a Salò dove in seguito formerà la Repubblica Sociale Italiana.

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LIBERAZIONE DEL DUCE



Le forze tedesche, dopo lo sbarco Alleato a Salerno, furono costrette ad arretrare lungo la penisola, ma opposero una prima resistenza lungo una linea di fortificazione predisposta nei pressi di Mignano Monte Lungo: la Linea Bernhardt. La battaglia per la conquista di Monte Lungo di Mignano avvenne nei mesi di novembre e dicembre e consentì alle forze tedesche di apprestare una ulteriore difesa lungo una linea fortificata che tagliava trasversalmente l’Italia dall’Adriatico al Tirreno nel punto più stretto della penisola: la “Linea Gustav”. Il motivo di tale scelta fu determinato dalla posizione dominante di Montecassino, posto sull’unica agevole via di accesso dal sud al nord verso Roma: la statale Casilina. I tedeschi, ben appostati nelle loro fortificazioni sui monti, riuscirono a contrastare l’avanzata delle forze alleate. La tragedia del Cassinate iniziò il 10 settembre 1943, due giorni dopo la proclamazione dell’armistizio, con uno spaventoso bombardamento anglo-americano, che colse impreparata la popolazione della città di Cassino. Le prime avvisaglie della guerra si erano avute già a partire dal 19 luglio con ripetuti bombardamenti del vicino aeroporto di Aquino. Aspri combattimenti ci furono per la conquista delle posizioni da Mignano Monte Lungo a San Pietro Infine, a San Vittore, a Cervaro, che videro protagoniste le truppe del Primo Raggruppamento Motorizzato del ricostituito esercito italiano. Lo scontro decisivo dell’8 dicembre consentì alle forze alleate di occupare i primi avamposti della Linea Gustav lungo i fiumi Rapido e Gari. Sul versante Adriatico la linea passava lungo il corso del fiume Sangro. Memorabile la sanguinosa battaglia di Ortona definita come “la Stalingrado d’Italia”. La linea cedette il 18 maggio 1944, e i tedeschi si dovettero attestare sulla linea Hitler, posta poco più a nord.

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LINEA GUSTAV


Stemma della Brigata Maiella

Banda patrioti della Maiella.

Ettore Troilo


Il 5 dicembre 1943 Ettore Troilo parte da Torricella Peligna con un gruppo di 15 uomini per prendere contatti con il Comando Inglese per offrirsi come volontari per la Liberazione. Era l’embrione di quella che diventerà la Brigata Maiella: una banda composta da liberali abruzzesi provenienti dai Monti della Maiella che, stanchi delle barbarie naziste, si opporranno all’invasore tedesco. L’adesione alla Banda della Maiella era volontaria. Se ne poteva uscire liberamente, senza neanche spiegare la motivazione. La Banda non aveva connotati politici. Nel gennaio 1944, dopo un incontro tra il maggiore Lionel Wigram e Ettore Troilo, viene concesso ai primi combattenti della Maiella la possibilità di combattere sotto il comando Alleato. Con il diffondersi della notizia in pochissimo tempo si contano circa 350 nuove reclute.

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BRIGATA MAIELLA


Occupazione delle terre a Capojazzo.


All’ indomani dell’ 8 settembre del 1943, nel cuore del Marchesato di Crotone, i braccianti agricoli, spinti dalla fame e in agitazione per le terre comuni usurpate dai grandi proprietari terrieri, invasero e occuparono spontaneamente le terre dei latifondi. La rivolta si estese subito dalla Calabria a tutto il Mezzogiorno, soprattutto nelle tradizionali aree latifondistiche di Lazio, Puglia, Lucania e Sicilia. Questi movimenti per la rivendicazione delle terre, portati avanti dai contadini meridionali nella primavera e nell’autunno del ’44, portarono il ministro dell’Agricoltura e Foreste, il comunista Fausto Gullo, ad emanare il 19 ottobre del 1944, per legittimare le avvenute occupazioni, un decreto per la concessione a cooperative di contadini delle terre incolte o mal coltivate, di proprietà privata o di Enti pubblici.

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OCCUPAZIONE DEI LATIFONDI DA PARTE DEI CONTADINI


Stemma della Repubblica di Salò. Soldati della RSI

Reparto RSI in marcia d’addestramento


La Repubblica Sociale Italiana (RSI), fondata il 23 settembre 1943 col nome di Stato Nazionale Repubblicano e comunemente detta Repubblica di Salò, fu uno Stato fantoccio dell’Europa meridionale fondato per espressa volontà di Adolf Hitler da Benito Mussolini nel 1943, dopo essere stato liberato dai tedeschi sul Gran Sasso. La Repubblica Sociale Italiana, proclamata il 23 settembre 1943, rivendicava la propria sovranità su tutto il territorio del Regno d’Italia, ma per gli sviluppi bellici potè esercitarla solo sulle province non soggette all’avanzata alleata o alle “zone d’operazioni” dichiarate unilateralmente dai tedeschi Voluto dal Terzo Reich come apparato per amministrare i territori occupati del Nord e Centro Italia, lo stato della RSI era in realtà una struttura burocratica dotata di scarso potere autonomo effettivo. Il vero governo si nascondeva fra le sue pieghe, nella forma di quei meccanismi di cui la Germania lo aveva sin dall’origine dotato per non rischiare di perderne il controllo a somiglianza di quanto aveva già fatto negli altri stati europei occupati dalla truppe tedesche nei primi anni di guerra. L’intero apparato della Repubblica di Salò era infatti pesantemente controllato dai militari tedeschi, nel timore di un “tradimento” da parte degli italiani, dopo quello che a loro parere era stato consumato con l’armistizio dell’8 settembre; alla Repubblica Sociale fu permesso di avere un esercito composto esclusivamente da reclute addestrate in Germania. La Repubblica di Salò sopravvisse fino al termine della guerra per poi finire, simbolicamente, con l’esposizione dei cadaveri di Mussolini, gerarchi fascisti ed altre personalità legate al regime presso piazzale Loreto a Milano.

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REPUBBLICA DI SALO’


Montecassino dopo la battaglia


Con la Battaglia di Montecassino si fa riferimento ad una serie di quattro battaglie combattute durante la seconda guerra mondiale dalle forze Alleate con l’intenzione di fare breccia nella Linea Gustav, assediare Roma e collegarsi con le forze alleate che rimanevano confinate nella zona di Anzio, dopo l’Operazione Shingle. Il teatro delle operazioni, che impegnò i due eserciti dal gennaio al maggio del 1944, comprendeva la città di Cassino, la valle del Liri e i rilievi che portano all’Abbazia di Montecassino, per una area di 20 km². La cattura di Cassino permise alle divisioni britanniche e statunitensi di cominciare l’avanzata verso Roma, che cadde il 4 giugno 1944 pochi giorni prima dello Sbarco in Normandia. L’operazione “Diadem” costò 18.000 perdite agli americani, 14.000 agli inglesi e 11.000 ai tedeschi.

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BATTAGLIA DI MONTECASSINO


Ingresso della Brigata Maiella a Bologna Gruppo di partigiani


L’ Abruzzo venne liberato soprattutto grazie gli sforzi dei partigiani riuniti sotto la Brigata Maiella che scacciarono l’invasore tedesco città dopo città. La notte del 30 gennaio viene liberata Quadri. Il 31 procedono lungo Torricella Peligna e Lama dei Peligni distrutti e abbandonati dai Tedeschi. La notte dopo il 2 febbraio si parte da Fallo con destinazione Pizzoferrato. Dopo gli innegabili successi riportati, il 28 febbraio il Capo di Stato Maggiore Giovanni Messe riconobbe la formazione con il nome Banda Patrioti della Maiella e li inquadrò nella 209ª Divisione. L’8 giugno 1944 i figli della Maiella valicano Guado di Coccia e approdano a Campo di Giove. Il giorno seguente i Partigiani della Maiella, insieme con le Armate Britanniche, liberano Pacentro, Cansano, Roccacaramanico, Caramanico Terme, Sant’Eufemia, Popoli, Tocco da Casauria, Bussi sul Tirino e Pratola Peligna. I volontari della Maiella sono i primi ad entrare a Sulmona liberata. Sempre il 9 giugno 1944, gli Alleati e le forze del CIL liberano Chieti, Guardiagrele e numerosi comuni del versante Adriatico. Il 10 toccò a Pescara. Al 15 giugno buona parte dell’Abruzzo era libero dall’oppressione nazifascista. Liberato l’Abruzzo la banda avrebbe potuto sciogliersi, ma così non accadde; continuarono a combattere insieme con le armate II Armata Polacche risalendo l’Italia fino ad Asiago liberando numerosi centri tra Marche, Emilia-Romagna e Veneto. Entrarono, insieme con i polacchi, nella città di Bologna, liberata la mattina del 21 aprile 1945.

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LIBERAZIONE DELL’ ABRUZZO


Lavoro nei campi, Toscana.


Tra l’estate del 1944 e la primavera del 1945 il ministro Fausto Gullo, come Ministro dell’Agricoltura del governo Bonomi, emanò alcuni decreti che avevano l’ambizione di creare una legislazione agraria “preriformatrice” (Concessioni ai contadini delle terre incolte, DLL 19 ottobre 1944). I decreti emanati da Gullo consistevano in una serie di nuove norme per la concessione a gruppi di contadini associati in cooperativa di terre incolte, o mal governate, o sequestrate ai fascisti. Questi decreti sarano un punto di riferimento per i successivi dibattiti per la Riforma Agraria. La legislazione Gullo fu molto complessa, ma i suoi aspetti principali possono essere così riassunti: riforma dei patti agrari, in modo da garantire ai contadini almeno il 50 % della produzione che andava divisa; permesso di occupazione dei terreni incolti o mal coltivati rilasciato alle cooperative agricole di produzione; indennità ai contadini per incoraggiarli a consegnare i loro prodotti ai magazzini statali, ribattezzati granai del popolo; proroga di tutti i patti agrari per impedire ai proprietari di sbarazzarsi nell’anno successivo dei loro fittavoli; proibizione per legge di ogni intermediario tra contadini e proprietari, così da eliminare nel Mezzogiorno agricolo figure di mediazione.

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DECRETI GULLO


Sede dell’ANSA, Roma.


L’ Agenzia Nazionale Stampa Associata, comunemente conosciuta con l’acronimo ANSA, è la principale agenzia di stampa italiana e la quinta al mondo. Fondata il 15 gennaio 1945 con lo scopo di succedere alla agenzia Stefani troppo compromessa col fascismo, la sua sede centrale si trova a Roma. L’Ansa è una cooperativa di 36 soci editori dei principali quotidiani italiani ed ha lo scopo di raccogliere e trasmettere notizie sui principali avvenimenti italiani e mondiali. A tal fine l’Ansa ha 22 sedi in Italia e 81 uffici in 78 paesi esteri. Le agenzie Ansa trasmettono più di 2.000 notizie al giorno che vengono trasmesse ai mezzi di informazione italiani, alle istituzioni nazionali, locali ed internazionali, alle associazioni di categoria, ai partiti politici ed ai sindacati. L’Ansa trasmette notiziari nazionali, locali e specifici per settore. Oltre ai notiziari in lingua italiana l’Ansa trasmette i propri notiziari in lingua inglese, spagnola, portoghese ed in arabo. Dal 1996 l’Ansa è stata la prima agenzia in Italia a diffondere notizie tramite SMS. Dal 2003 l’Ansa tramite l’Ansamed fornisce un servizio di notizie che riguardano i paesi del bacino del Mediterraneo.

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FONDAZIONE DELL’ ANSA


Festa di liberazione


Milano e Torino furono liberate il 25 aprile dall’ occupazione nazil-fascista: questa data è stata assunta quale giornata simbolica della liberazione di tutta l’Italia dal regime nazifascista e, denominata Festa della Liberazione, viene commemorata annualmente in tutte le città italiane. Le truppe alleate arrivarono nelle principali città liberate nei giorni seguenti. La liberazione di molte città, inclusi centri industriali di importanza strategica, prima dell’arrivo degli alleati rese l’avanzata di questi più rapida e meno onerosa in termini di vite e rifornimenti. In molti casi avvennero drammatici combattimenti strada per strada; i resti dell’esercito tedesco e gli ultimi irriducibili fascisti della Repubblica Sociale Italiana sparavano asserragliati in vari edifici o appostati su tetti e campanili su partigiani e civili. Tra essi e le forze partigiane avvennero talvolta vere e proprie battaglie (come a Firenze nel settembre 1944), ma solitamente la loro resistenza si ridusse a una disorganizzata guerriglia, per esempio a Parma e a Piacenza. Il 29 aprile la resistenza italiana ebbe formalmente termine, con la resa incondizionata dell’esercito tedesco, e i partigiani assunsero pieni poteri civili e militari.

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LIBERAZIONE D’ ITALIA


Parma.

Napoli.

Danni alle reti ferroviarie, Roma.


Le conseguenze della guerra furono disastrose in tutt’ Italia. Le distruzioni causate dalle operazioni belliche, innanzi tutto, avevano colpito duramente l’arretrata agricoltura nazionale: posto 100 il 1938, l’indice della produzione agricola era precipitato a 67,3 nel 1945. Nelle campagne erano andati distrutti 41 milioni di metri cubi di abitazioni, 125 milioni di viti, 5 milioni di olivi, 4 milioni di alberi da frutta, oltre ad opere di bonifica ed irrigazione, attrezzature varie, boschi, prati, pascoli e seminativi per un totale stimato, nel 1947, in 400 miliardi di lire correnti. La situazione del patrimonio industriale appariva abbastanza grave; sensibili danni si registrarono soprattutto laddove il settore era meno consistente, nell’area centromeridionale, dov’erano ubicati i maggiori impianti siderurgici e chimici. La rete dei trasporti e delle comunicazioni era ridotta in condizioni catastrofiche, quasi il 25% dei binari ferroviari ed il 10% dei ponti erano fuori uso, come il 60% delle locomotive, il 70% delle carrozze passeggeri e dei carri-merci. Non andava meglio nel campo del trasporto urbano, dove si registravano perdite nell’ordine del 20% dei mezzi. Quasi scomparsi, invece, i servizi automobilistici extra-urbani. Distrutti risultarono più di tre un milione di vani d’abitazione, 3000 grandi ponti o viadotti, il 40% delle aule scolastiche, il 20% della dotazione ospedaliera, il 50% delle banchine e dei moli, 11.000 edifici di culto. Impossibili da quantificare, infine, erano le perdite umane; ed anche un tangibile peggioramento delle condizioni di vita della popolazione civile causato dall’affollamento abitativo, dalle carenze alimentari, dall’aumento dei disoccupati, dal crollo dei salari reali e delle pensioni, più che dimezzate. Da ciò derivava l’aumento esponenziale dei crimini, e la “fioritura” del mercato nero. Particolarmente avvertito, inoltre, era il problema dell’inflazione, dovuta alla sovrabbondante emissione di cartamoneta da parte degli Alleati.

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CONSEGUENZE DELLA GUERRA


Battaglia di Tortona

Distruzione di Penne

Ortona. via Costantinopoli dopo la battaglia, 21-23 dicembre 1943.


La guerra lasciò tracce indelebili sulle forme di esistenza e sui modi di sentire. I bombardamenti e le deportazioni di massa sconvolgono per sempre le peculiarità ambientali costituitesi attraverso i secoli. Quando gli ultimi tedeschi, nel giugno 1944, lasciarono il suolo abruzzese, il quadro che la regione presenta è spaventosamente segnato, specie nelle aree a ridosso della linea Gustav, da lutti, rovine e miserie. Le bombe e le mine hanno sfigurato le forme abituali del paesaggio: strade e ponti distrutti, campi devastati, interi paesi ridotti a cumuli di macerie. Particolarmente colpiti sono i principali centri di comunicazione: Sulmona e Pescara. Il tessuto economico è al collasso, si calcola un calo di produttività intorno al 30-40 %. A luglio del 1945 le campagne si presentano per la gran parte abbandonate, i boschi risultano completamente distrutti per un’ estensione di 6758 ettari e danneggiati per altri 6000. I danni più gravi riguardano il patrimonio zootecnico. Non meno pesanti si presentano le condizioni dell’industria e dell’artigianato; gli stabilimenti inattivi in Abruzzo nel 1944 sono più del doppio di quelli attivi. In gran parte distrutto è il complesso industriale della Val Pescara e le due fabbriche di Chieti Scalo: Celdit e Calvi. Stabilimenti come la Montecatini di Piano d’ Orta e la Nobel di Bussi subiscono danni ingenti a causa dei bombardamenti. Analoghe devastazioni subiscono gli impianti e i macchinari delle società minerario-asfaltiere, Sama e Italstrade. L’ Abruzzo oltre che con le conseguenze delle distruzioni belliche, deve fare i conti soprattutto con i ritardi strutturali della sua economia. Con il passare degli anni il divario rispetto all’ Italia tende ad accentuarsi. L’ economia regionale del dopoguera continuava a essere fortemente impregnata di ruralità. Gli impianti industriali erano punti sporadici che in nessuna zona, a parte nella Val Pescara, giungevano ad assumere una froma di sistema. Il minuto sparpagliamento delle botteghe rifletteva la frammentazione del territorio. Di gran lunga predominanti erano gli impianti di modeste dimensioni.

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L’ ABRUZZO NEL DOPOGUERRA


Il Duce esposto a Piazzale Loreto, Milano. Il Duce e l’amante Claretta Petacci uccisi dai partigiani


Il 27 aprile 1945 Benito Mussolini, indossando la divisa di un soldato tedesco, fu catturato a Dongo, in prossimità del confine con la Svizzera, mentre tentava di espatriare assieme all’amante Claretta Petacci. Riconosciuto dai partigiani, fu fatto prigioniero e giustiziato il giorno successivo 28 aprile a Giulino di Mezzegra, sul lago di Como; il suo cadavere venne esposto impiccato a testa in giù, accanto a quelli della stessa Petacci e di altri gerarchi, in piazzale Loreto a Milano, ove fu lasciato alla disponibilità della folla, che infierì sul cadavere. In quello stesso luogo otto mesi prima i nazifascisti avevano esposto e dileggiato, quale monito alla Resistenza italiana, i corpi di quindici partigiani uccisi. Il 30 aprile 1945 il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia ebbe a commentare che “la fucilazione di Mussolini e dei suoi complici è la conclusione necessaria di una fase storica che lascia il nostro paese ancora coperto di macerie materiali e morali.”

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CATTURA DEL DUCE



Il 2 giugno 1946 si celebrarono libere elezioni, le prime dal 1924. Avevano diritto di voto tutti gli italiani maggiorenni (allora a 21 anni di età), uomini e, per la prima volta, donne. Vennero consegnate contestualmente agli elettori la scheda per la scelta fra Monarchia e Repubblica, il cosiddetto Referendum istituzionale, e quella per l’elezione dei deputati dell’Assemblea Costituente, a cui sarà affidato il compito di redigere la nuova carta costituzionale, come stabilito con il Decreto Legislativo Luogotenenziale n. 98 del 16 marzo 1946. Il referendum istituzionale venne vinto dalla Repubblica con circa 12 milioni e 700 mila voti, contro 10 milioni e 700mila per la monarchia. Umberto II di Savoia, Re d’Italia subentrato in seguito all’abdicazione del padre Vittorio Emanuele III il 9 maggio 1946, il 13 giugno 1946 lasciò il Paese con la sua famiglia diretto all’esilio. Il 18 giugno 1946 la Corte di Cassazione proclamò ufficialmente la vittoria della Repubblica. L’Assemblea aveva innanzitutto il compito di redigere la nuova costituzione. Essa, però, aveva anche altri tre compiti: votare la fiducia al governo, approvare le leggi di bilancio e ratificare i trattati internazionali. L’Assemblea nominò al suo interno una Commissione per la Costituzione, composta di 75 membri, incaricati di stendere il progetto generale della costituzione.

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REFERENDUM


Acilde De Gaspari Acilde De Gaspari durante un viaggio in Calabria


Il 15 giugno 1946 entra in carica il governo De Gaspari della DC, l partito si assesta nelle crescenti responsabilità, responsabilità sia di governo (nel lavoro di ricostruzione di un Paese rovinato dalla guerra) che parlamentari (nel lavoro per la redazione della nuova Costituzione repubblicana). La situazione del Paese, soprattutto nell’ambito economico e sociale, è molto grave. Alcide De Gasperi appare consapevole che senza un allargamento della base sociale del governo, senza un forte coinvolgimento delle forze produttive, e senza una solidarietà internazionale per la ricostruzione dell’Italia, l’immane sforzo che viene compiuto dal governo rischia di essere vano. La politica di De GAspari ha come obiettivo la diminuisce l’inflazione attraverso: inasprimenti fiscali, svalutazione della lira per favorire le esportazioni e far rientrare i capitali in Italia ( si ottenne un calo dei prezzi), liberalizzazione degli scambi, riduzione del 10 % dei dazi doganali.

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GOVERNO DE GASPARI


Strade nel Cosentino. Tornanti del San Gottardo.


Il 27 Giugno 1946 viene istituito il decreto legislativo che prevede l’istituzione dell’ Azienda Nazionale Autonoma delle strade Satatali (Anas).

‘46

ISTITUZIONE DELL’ ANAS


Manifestazioni dei contadini nel Sud Italia


Nel 1946 la città italiane vivevano in una difficile situazione economico-sociale. La disoccupazione rimaneva il primo problema insieme con quello del carovita. Si trattava, però, di un processo dagli aspetti molteplici e, talora, contraddittori. Le ingenti distruzioni belliche e la requisizione anglo-americana delle industrie avevano determinato un’elevata contrazione dell’occupazione precaria. Inoltre erano state requisite moltissime aziende che producevano limitatamente alle esigenze alleate o, più frequentemente, erano rese del tutto improduttive. Le manifestazioni di protesta dei contadini sin dall’inizio del ‘46 cominciarono a farsi quotidiane e sempre più violente; secondo l’antica consuetudine delle lotte nel Meridione d’Italia, esse si rivolsero contro le amministrazioni comunali. Inoltre l’anticomunismo dei reduci della Russia fortemente strumentalizzati dalle forze reazionarie tramite sobillatori e provocatori, sfociò in assalti e saccheggi contro le sedi di organizzazione di sinistra. L’autorità giudiziaria fu incaricata di affiancarsi all’azione della polizia nel reprimere i reati di tipo collettivo.

‘46

MANIFESTAZIONI NEL MERIDIONE



ACCORDO DI PARIGI SULL’ EMIGRAZIONE Dalla fine del XIX secolo, la Francia (in particolar modo la Lorena) entrò a far parte delle mete dell’emigrazione italiana. L’impressionante sviluppo dell’industria estrattiva e siderurgica, principalmente nei dipartimenti della Meurthe-et-Moselle e della Moselle, condusse numerosi migranti provenienti dalla penisola in queste terre. Gli stranieri, italiani ma anche belgi, lussemburghesi, polacchi e nordafricani, contribuirono in misura elevatissima ai successi industriali della regione sino agli anni ottanta del Novecento, quando la siderurgia lorenese entrò in una crisi irreversibile. L’ emigrazione italiana verso la Francia raggiunse l’apice nel 1947 quando fu stipulato un accordo a Parigi tra Italia e Francia riguardo l’ emigrazione (21 marzo del 1947): l’accordo stabiliva che la Francia avrebbe accolto i flussi di emigranti italiani in modo da risolvere il problema dell’eccessiva forza lavoro italiana. In pochi mesi dall’ Italia emigrarono più di 200.000 lavoratori diretti verso la Francia; come già in passato furono principalmente i piccoli e grandi villaggi dei bacini minerari ad accogliere la maggior parte degli italiani: alcuni di questi centri si trasformarono in veri e propri villaggi italiani, poiché gli abitanti stranieri superavano ormai nettamente i residenti francesi. Allo stesso modo non mutarono le origini regionali dei migranti. Piemontesi e veneti rimasero maggioritari, anche se si assistette a sempre più numerosi arrivi dalle regioni centrali, Emilia-Romagna, Marche, Umbria e Abruzzo.


Gruppo di emigranti italiani


Dagli anni seguenti la prima guerra mondiale, a causa delle norme restrittive emanate dagli Stati Uniti, il flusso emigratorio abruzzese divenne prevalente verso i mercati di lavoro europei (Francia, Belgio Germania) e verso l’Australia e Canada. In particolare l’ emigrazione verso la Francia divenne particolarmente consistente dopo l’accordo di Parigi.

‘47

EMIGRAZIONE ABRUZZESE VERSO LA FRANCIA



PIANO MARSHALL La guerra aveva causato danni non indifferenti all’apparato produttivo del Paese. Le varie circostanze avevano portato ad un abbassamento della produzione industriale di quasi il 70% rispetto al 1939. La capacità produttiva era di fatto diminuita e l’enorme aumento della circolazione di moneta portò in Italia un’inflazione senza precedenti.Un forte aiuto nella ricostruzione, venne dato dal PIANO MARSHALL (1470 milioni di dollari in 4 anni): piano di aiuti economici all’Europa così chiamato dal nome del suo ispiratore, il segretario di Stato americano Marshall. Questi, con un discorso pronunciato all’università Harvard il 5 giugno 1947, invitò gli Stati europei ad accordarsi su di un programma di ricostruzione economica che gli Stati Uniti avrebbero appoggiato e finanziato. L’offerta americana fu accolta ed esaminata dai ministri degli esteri di sedici paesi dell’Europa occidentale (tra cui l’Italia) in una conferenza tenuta a Parigi il 12 luglio 1947. A seguito di tale conferenza venne elaborato il programma richiesto sulla cui base il Congresso americano approvò il 2 aprile il piano Marshall o ERP (European Recovery Program), piano di ricostruzione economica. Il 16 aprile 1948 gli Stati europei partecipanti a questo piano sottoscrissero il trattato per la cooperazione economica europea. In base all’ERP gli aiuti per la ripresa economica dell’Europa avrebbero dovuto essere assegnati dal 1948 al 1952: continuarono tuttavia oltre tale data, pur se in misura ridotta, d’altra parte gli Stati europei ricevettero aiuti americani anche anteriormente al 1948 sotto varie forme. Nel piano Marshall ogni governo disponeva a titolo gratuito dell’86% dell’aiuto americano concesso; il rimanente 14% era a titolo di prestito. Inoltre ogni governo doveva costituire un “fondo di contropartita” nella propria moneta nazionale; tale fondo, in cui doveva essere versato il ricavato dalla vendita delle merci ottenute gratuitamente, doveva essere utilizzato per la ripresa e lo sviluppo economico del paese. Dal 3 aprile 1948 al 30 giugno 1953 furono erogati all’Italia, in base all’ERP e alla MSA, 1.578 milioni di dollari: tale somma contribuì in particolare all’assestamento del disavanzo della bilancia commerciale italiana e di quella dei pagamenti.


Stazione di Sulmona

Stazione di Teramo


GLI AIUTI AMERICANI IN ABRUZZO Regione disastrata al pari di quelle di tutta Europa, l’ Abruzzo ottenne aiuti per circa sette miliardi di lire, nei quattro anni di vigenza del piano, sui 1.222 milioni di dollari ch’ebbe l’Italia, pari ad 1/10 dei 12,5 miliardi di dollari (l’equivalente di circa 120 miliardi di dollari attuali) del totale degli aiuti attribuiti agli altri Paesi europei. Erano giunti da tempo (‘46-47) gli aiuti alimentari americani che sollevarono l’Abruzzo dalla fame e dalla prostrazione in cui la guerra aveva cacciato l’intera Nazione. Si attendevano però gli interventi Erp per la ripresa economica e produttiva, i cui obiettivi, illustrati dai presidenti delle quattro Camere di commercio, furono: comunicazioni e trasporti, agricoltura nel Fucino, bonifica montana, prodotti della pastorizia, industria del legno, giacimenti minerari, artigianato e turismo, ferrovia Teramo-L’Aquila. L’Aquila vide riattivare le strutture delle ex Officine carte e valori della Banca d’Italia, distrutte dal bombardamento dell’8 dicembre 1943, dalla società Marconi Italiana (divenuta poi Ates, Sit-Siemens, Auso-Siemens e infine l’ITALTEL) che trasferì una linea di produzione di valvole termoioniche, da Genova nel capoluogo abruzzese, vennero eseguiti di lavori di rimboschimento; completamento della centrale elettrica del Vomano a Campotosto; costruzione di nuove linee ferroviarie; sviluppo dell’inesistente turismo. L’Abruzzo fin dal 1949 ebbe l’unico intervento nel settore culturale da parte dell’ARAR, gestione speciale dell’ERP, portati poi a 23 mila, per dotare l’osservatorio sul Gran Sasso del suo strumento di osservazione: il riflettore ottico. A Pescara avvenne la ricostruzione della rete ferroviaria, interventi massicci per l’industria distrutta dalla guerra, per l’agricoltura e per il commercio.


Industria meccanica, Varese Industria meccanica, Genova.


Il FIM venne istituito nel settembre del 1947 per finanziare la riconversione delle industrie aeronautiche che erano state impegnate nelle produzioni belliche. Tra le aziende sostenute dal FIM vi erano state la FIAT e la Olivetti, che furono in grado di restituire i prestiti ricevuti; non fu così invece per un’azienda storica come la Breda, che si era specializzata a tal punto nelle produzioni belliche da dover far fronte nell’immediato dopoguerra ad una gravissima crisi. Diventati inesigibili i crediti verso la Breda, lo stato, attraverso il FIM, si ritrovò ad essere proprietario dell’azienda.

‘47

FONDO PER L’INDUSTRIA MECCANICA


Firma della Costituzione Prima pagina della Costituzione.


La Costituzione della Repubblica Italiana è la legge fondamentale e fondativa dello Stato italiano. Fu approvata dall’Assemblea Costituente il 22 dicembre 1947 e promulgata dal capo provvisorio dello Stato Enrico De Nicola il 27 dicembre 1947. Fu pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 298, edizione straordinaria, del 27 dicembre 1947 ed entrò in vigore il 1º gennaio 1948. L’ intesa che permise la realizzazione della costituzione è stata più volte definita «compromesso costituzionale», consistente in una commistione di concezioni politiche diverse, risultato di reciproche rinunce e successi. Le forze in seno all’assemblea, infatti, tendenzialmente, non avendo sicure idee sul possibile prosieguo della vita politica italiana, piuttosto che tentare di ostacolare le altre parti politiche, spinsero per l’approvazione di norme che rispecchiassero i rispettivi principi base. Nelle linee guida della Carta è ben visibile la tendenza all’intesa e al compromesso dialettico tra gli autori. La Costituzione mette l’accento sui diritti economici e sociali e sulla loro garanzia effettiva. Si ispira anche ad una concezione antiautoritaria dello Stato con una chiara diffidenza verso un potere esecutivo forte e una fiducia nel funzionamento del sistema parlamentare. Non mancano importanti riconoscimenti alle libertà individuali e sociali, rafforzate da una tendenza solidaristica di base. Fu possibile anche ratificare gli accordi Lateranensi e permettere di accordare una autonomia regionale tanto più marcata nelle isole e nelle regioni con forti minoranze linguistiche.

‘48

COSTITUZIONE



Luigi Einaudi viene eletto secondo Presidente della Repubblica Italiana l’11 maggio 1948 (al quarto scrutinio con 518 voti su 872). Allo scadere del mandato nel 1955 diviene Senatore a vita. Einaudi esalta l’individualità, la libertà d’iniziativa, il pragmatismo. Per Einaudi, le libertà civili sono inscindibili dalle libertà economiche. Einaudi punta ad un federalismo europeo, con ciò a dire una sola politica economica, un forte esercito europeo in grado di tenere a bada le pressioni provenienti da oriente e in grado di confrontarsi paritariamente con gli USA. Einaudi non vuole la dissoluzione dei singoli stati ma auspica una federazione europea dotata di varie libertà, soprattutto economiche. Obiettivo primario: la ricostruzione, favorisce l’iniziativa privata, restaura il Capitalismo. Einaudi riesce a raggiungere l’obiettivo della stabilizzazione monetaria grazie alla riforma della riserva obbligatoria per le banche che vengono obbligate a depositare presso la Banca d’Italia una quota dei propri depositi, sottraendo di conseguenza la possibilità di espansione al credito. Oltre al provvedimento principale vengono messe in atto una serie di disposizioni di contorno che concorrono efficacemente al raggiungimento dell’obiettivo: l’innalzamento del tasso di sconto dal 4% al 5,5%, la necessità per il Ministero del Tesoro, nel caso di anticipazioni straordinarie, di ricorrere a provvedimenti di legge, annullando la possibilità di agire tramite via amministrativa, e all’unificazione dei cambi affidando all’Ufficio Italiano Cambi il monopolio pubblico delle valute estere.

‘48

EINAUDI PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA


Cantiere INA-CASA in Friuli


Per la costruzione di case per i lavoratori, il 28 febbraio 1949 è approvata la legge di applicazione del cosiddetto “piano Fanfani”. Scopo del progetto è dare impulso all’attività edilizia cercando di alleviare in questo modo la disoccupazione. Esso prevede una spesa di 15 miliardi l’anno, per sette anni, da reperire attraverso prelievi sulle retribuzioni dei lavoratori, contributi versati dai datori di lavoro e l’intervento pubblico. Il piano, contribuisce all’incremento della costruzione di abitazioni, le «case Fanfani» e a ridurre la disoccupazione edilizia. Il piano Fanfani nacque come un moderno intervento di welfare state, per far fronte al problema abitativo, drammaticamente peggiorato dopo le vicende belliche, ma anche per assorbire una consistente quota della massa dei disoccupati attraverso un massiccio investimento di denaro pubblico. Per poter raggiungere questo scopo venne creato un ente ad hoc, l’INA-Casa, che garantisse efficienza e tempi brevi nella realizzazione dei complessi abitativi. L’intervento gestito dall’INA-Casa voleva favorire oltre al rilancio dell’attività edilizia anche l’assorbimento di una considerevole massa di disoccupati e la costruzione di alloggi per le famiglie a basso reddito. Il ritmo di costruzione della macchina dell’Ina-Casa sarà estremamente efficiente, e con la sua entrata a regime produrrà circa 2800 unità abitative a settimana con la consegna sempre settimanale di circa 550 alloggi alle famiglie assegnatarie. Il Piano Ina-Casa alla sua scadenza avrà aperto 20.000 cantieri che porteranno, come era negli intenti dei legislatori, ad impiegare molta mano d’opera stabile a circa 41.000 lavoratori edili all’anno costituenti un impiego pari il 10% delle giornate-operaio dell’epoca.

‘49

LEGGE FANFANI PIANO INA-CASA


Quartiere a MIlano, via Harrar_ Figini e Pollini e Gio Ponti 1951-1955

Villaggio S. Marco, Mestre (Venezia)_ SamonĂ , Piccinato 1951-1961


Durante il periodo 31.12.1951 - 31.12.1961 nelle regioni Abruzzo e Molise gli interventi edilizi e le unità abitative costruite dall’ Ina-Casa furono - come si può dedurre dalla tabella seguente - ben 6.304. Se facciamo un confronto con le altre regioni italiane possiamo notare che gli interventi maggiori furono attuati in Lombardia, in Campania e in EmiliaRomagna, con un’incidenza di appena il 5,8 % sull’incremento complessivo nel Lazio. Regioni

Abitazioni costruite dall’Ina-Casa

Piemonte : 16.160 Valle D’Aosta: 539 Lombardia: 41.215 Trentino Alto Adige : 3.704 Veneto: 19.378 Friuli-Venezia Giulia: 5.964 Liguria: 7.651 Emilia-Romagna: 20.416 Toscana: 16.435 Umbria: 3.137 Marche: 5.054 Lazio: 19.745 Abruzzo e Molise: 6.304 Campania: 27.339 Puglia: 16.912 Basilicata: 2.187 Calabria: 7.990 Sicilia: 15.540 Sardegna: 5.961

Incremento delle abitazioni 231.472 6.680 480.230 36.204 187.464 6.283 156.681 204.336 173.762 31.761 54.114 341.927 39.315 211.316 150.747 20.850 43.305 169.947 58.177

1951 - Interventi INA-CASA in Abruzzo - Regione Abruzzo

Incidenza % delle costruzioni Ina-Casa su incremento compessivo . 7,0 8,1 8,6 10,2 10,3 9,5 4,9 10 9,5 9,9 9,3 5,8 16 12,9 11,2 10,5 18,5 9,1 10,2

‘49

PROGETTI INA-CASA


Bandiera della NATO Paesi membri della NATO


L’Italia, nel 1949, ha deciso di aderire alla NATO (North Atlantic Treaty Organization). Il trattato impegna gli Stati Uniti ed una decina di paesi europei –tra cui, appunto, l’Italia- a darsi un’organizzazione militare integrata ed a prestare aiuto al paese alleato eventualmente aggredito dall’Unione Sovietica. L’adesione dell’Italia provoca un grande dibattito parlamentare. I partiti di sinistra accusano De Gasperi di voler mettere il paese al servizio degli americani. I democristiani ed il loro leader si difendono, dicendo di voler salvaguardare la penisola dalla minacciosa politica estera di Stalin. Alla fine del mese di marzo dello stesso 1949, col voto a maggioranza del parlamento, l’Italia entra nell’Alleanza atlantica. Tra coloro che esprimono voto contrario si segnalano alcuni deputati della sinistra democristiana e buona parte di quelli del PSLI. All’interno dell’Alleanza la supremazia politica di USA e Canada non è in discussione, ma tra i partner europei c’è un delicato equilibrio da conservare, per cui l’Italia deve sopperire a questa debolezza militare in altri modi, come ad esempio mettendo a disposizione degli alleati le proprie installazioni per gli attachi USA. L’Italia partecipa alla NATO anche (forse soprattutto) economicamente: contribuisce alle spese NATO per il 9,2% del totale. La cifra nominale è in costante aumento anno dopo anno. Per il 2000 l’Italia ha versato alla NATO 43 miliardi di lire. Inoltre il governo italiano acquista continuamente nuovi sistemi d’arma dall’estero. Naturalmente, tranne poche eccezioni, si tratta di armamenti di fabbricazione USA.

‘49

L’ ITALIA ENTRA NELLA NATO



Agli inizi degli anni ‘50 continua la decadenza della transumanza già iniziata negli anni ‘20. La transumanza a piedi , che solo nel 1950 interessava 120.000 capi, ne coinvolgeva 45.000 nel 1960 e 36.000 nel 1968. Nei decenni successivi la transumanza “orizzontale” a lunga distanza; secondaria rispetto a quella “verticale” - dal fondo valle ai pascoli soprastanti degli altipiani -non scompare del tutto, pur essendo ridotta a migliaia di capi, tale pratica viene effettuata quasi esclusivamente con camion, che garantiscono un trasporto più versatile. Nel periodo prebellico ci sarebbe stato un incremento del numero di animali allevati, cui segue dopo il 1945 un graduale declino, più rapido nelle zone collinari del Chietino e del Teramano, contrastato, invece, da una buona tenuta nelle zone di montagna e nell’ Aquilano. Nel dopoguerra inoltre si nota la prevalenza del piccolo allevamento a conduzione diretta, integrato con l’azienda agricola; le stesse residue aziende transumanti si sono rimpicciolite con un impiego maggiore di salariati ma con un crescente ruolo della manodopera familiare. Quindi la transumanza ha mutato alcune delle sue caratteristiche secolari: è passata dalle mani delle genti e dei pastori di montagna a quella degli allevatori di piano e continua ad avvertire il problema della “rarefazione dei pascoli tiepidi” di pianura. Tra gli anni ‘60 e ‘70 esplode un ulteriore fattore di trasformazione dell’allevamento ovino transumante: la difficoltà di reclutamento dei pastori. A partire dagli anni ‘80 i pastori salariati provengono quasi esclusivamente dalla Macedonia ex iugoslavia.

‘50

DECADENZA DELLA TRANSUMANZA


Logo Ud’A

Istituto Superiore di Studi Musicali Gaetano Braga di Teramo_Chiostri di S. Giovanni

Accademia di Belle Arti, Aquila_scala intera

Conservatorio Luisa D’Annunzio


All’ indomani della guerra, con il ripristino delle libertà democratiche, il quadro abruzzese torna ad animarsi, si manifesta una creatività progettuale che si traduce in un processo di istituzionalizzazione culturale, destinato a diffondersi in tutta la regione. L’ aquilano vincenzo Rivera nell’ immediato dopoguerra avvia un’azione per l’ istituzione di un’ università abruzzese all’ Aquila, secondo un disegno di redistribuzione delle sedi universitarie italiane mirante ad un equilibrio territoriale a favore di quelle regioni che ne erano sprovviste. L’iniziativa ebbe successo con la creazione di una libera università che ottenne il riconoscimento dello Stato. Sulla traccia di questo percorso istituzionale si mossero anche le altre maggiori città abruzzesi. L’avvento delle università abruzzesi fu un fattore di decisiva innovazione della società regionale, con implicazioni economiche e culturali di lunga durata, che ne modificarono il volto e aprirono nuove propettive di confronto e di integrazione con l’esterno. Nell’ ambito delle attività artistiche, un rilievo particolare assume in Abruzzo lo sviluppo impetuoso delle strutture e della vita musicale. Per la gran parte esso è la conseguenza dell’ opera di un intellettuale aquilano, Nino Carloni, che creò nella sua città, del tutto sprovvista di tradizioni recenti in quel campo, un’istituzione musicale di assoluto livello artistico, la Società dei concerti B. Barattelli. Da questo tronco, per un inevitabile processo di emulazione e di competizione, derivarono in breve tempo una serie di iniziative e di attività che dalla città d’origine si estesero a tutti i maggiori centri della regione in una varietà di forme, dagli istituti di insegnamenti - conservatori, licei, scuole e corsi musicali - ai complessi orchestrali - festival, rassegne, campus - che provocarono un forte incremento delle professionalità musicali determinando un indotto economico di consistenti proporzioni.

‘50

RINASCITA CULTURALE


Rivolte contadine nel sud Italia


A marzo del 1950 i contadini del sud Italia, in particolare della Calabria,sono scesi in lotta per rivendicare il diritto al pane e al lavoro occupando le terre incolte e malcoltivate, gli uliveti e gli agrumeti dei grossi proprietari delle loro zone. Presero parte all’invasione delle terre circa 14.000 lavoratori, uomini e donne. Sono state occupate terre, in maggior parte oliveti, per una estensione di circa 8.000 ettari di cui sono stati richiesti in data precedente alla invasione 2.142 ettari tramite tre cooperative, mentre la rimanente estensione è da richiedere. In totale il movimento, dal 6 al 12 marzo 1950, si è esteso in 45 Comuni e ad esso ha preso parte una massa di circa 25.000 lavoratori. In alcuni centri come Rosarno, Palmi e S. Ferdinando la lotta ha assunto aspetti drammatici per i continui soprusi della polizia che spesso intervenne violentemente per spezzare il movimento nei centri più combattivi. La polizia, non essendo in condizioni di controllare e comunque dominare il movimento, ha cercato di decapitarlo fermando ed arrestando i dirigenti sindacali ed i lavoratori più combattivi. In particolare a S. Martino di Taurianova, organizzati dalla Camera del Lavoro, una ventina di contadini si recarono nella località “Figurelle”. Quivi giunti limitarono un vasto appezzamento di terreno con dei pioli ed iniziarono a potare gli olivi. Ma, in serata, furono dispersi dai Carabinieri che riuscirono a rilevare i nomi di alcuni lavoratori per denunciarli. Dopo il processo e la delusione, cessarono nella Piana le invasioni delle terre.

‘50

OCCUPAZIONE DI TERRE INCOLTE AL SUD


Funerali a Lentella.

Manifestazioni a Lentella.


Lentella fu teatro, nel marzo del 1950, di uno degli episodi più drammatici delle lotte contadine per la terra e il lavoro, le lotte iniziarono nella primavera del 1950 dopo la messa a punto, nell’autunno del 1949, del “Piano del Lavoro”. Erano finalizzate a conseguire precisi obiettivi: lo svincolo forestale, l’appoderamento e la messa a coltura di terreni ex boschivi; l’apertura di cantieri scuola e la realizzazione di opere pubbliche per la ricostruzione dei paesi; l’applicazione dei Decreti Gullo e del Lodo De Gasperi, che modificavano i patti mezzadrili, garantendo ai coloni una più equa ripartizione dei raccolti, e del Decreto sulla massima occupazione dei lavoratori agricoli, che obbligava le aziende ad assumere mano d’opera per lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria dei fondi. I contadini si organizzarono per rivendicare i loro diritti. Chiedevano ai quattro grandi proprietari dela zona l’applicazione del Lodo De Gasperi per una diversa ripartizione delle olive; al sindaco e al prefetto il sollecito disbrigo delle pratiche per i lavori, progettati da tempo, al cimitero e in una strada campestre. I contadini ogni sera andavano in corteo con le proprie famiglie a riporre gli attrezzi nella sede della Camera del Lavoro, ubicata al piano terra del municipio, gridando “Vogliamo pane e lavoro!”, “Abbasso il sindaco della miseria!” e altri slogans, e reclamando invano il pagamento delle prestazioni. Lo sciopero del 21 marzo si concluse tragicamente. Nello stesso tempo questa lotta fu positiva perché si riuscì ad avere quel che si chiedeva.

‘50

SCIOPERI ALLA ROVESCIA


Lavori in corso, Ente della Maremma


Lotte, occupazioni e ripartizioni delle terre nei territori latifondisti si imposero all’attenzione di tutta Italia, forzando così il Governo italiano a emanare il progetto di Riforma agraria. I provvedimenti legislativi emanati furono tre: la legge 12 maggio 1950, n. 230, la cosiddetta “Legge Sila”, per la colonizzazione dell’Altopiano della Sila e dei territori jonici limitrofi; la legge 21 ottobre 1950, n. 841, conosciuta come “Legge Stralcio”, attraverso la quale si estendeva l’ambito applicativo della Legge Sila ad altri territori suscettibili di trasformazione; la legge 27 dicembre 1950, n.104, varata dal Governo Regionale della Sicilia per la riforma dei latifondi dell’isola. Le zone sottoposte alle leggi di Riforma furono il Delta Padano, dove si riscontravano situazioni sociali disagiate, il Fucino, alcune zone della Campania e vaste plaghe della Maremma tosco-laziale, della Lucania, delle Puglie, del basso Molise, della Sicilia e delle Isole, perché dominate dalle proprietà terriere latifondiste. La Riforma agraria (“fondiaria” nella fase applicativa) si articolò in un’opera di espropriazione, trasformazione ed assegnazione delle terre, istituendo Enti di Riforma zonali e di territorio (Ente Sila, Ente Delta, Ente Fucino etc.) al fine di redistribuire la proprietà, promuovere lo sviluppo, superare l’arretratezza, sollevare la pressione sul bracciantato agricolo. Alla fase di espropriazione seguirono il compimento delle opere di bonifica e di trasformazione fondiaria più urgenti ed infine l’assegnazione, da parte degli Enti di Riforma regionali, delle terre espropriate alle famiglie contadine, mediante un contratto di vendita, con clausola di pagamento rateale del prezzo in 30 annualità, con la riserva del dominio dell’Ente fino al completo pagamento.

1951 - Ente del Fucino - Regione Abruzzo

‘50

RIFORMA AGRARIA


Acquedotto del Fiora, lavori di costruzione.


In seguito alle numerose rivolte dei contadini del sud Italia nel 1950 venne istituita la Cassa per opere straordinarie di pubblico interesse nel Mezzogiorno d’Italia, più nota come Cassa per il Mezzogiorno ( legge n. 646 del 10 agosto 1950), con un programma decennale di investimenti per oltre 1200 miliardi di lire, da destinare a opere di bonifica, alla costruzione di acquedotti, di impianti elettro irrigui, di strade e ferrovie e in generale alle infrastrutture. Secondo le teorie economiche dominanti in quegli anni l’ammodernamento infrastrutturale del territorio costituiva infatti l’indispensabile premessa per un successivo sviluppo industriale. La parte più cospicua degli aiuti venne destinata all’agricoltura, al risanamento del territorio, alla lotta alla malaria. L’obiettivo degli interventi è da una parte l’eliminazione dei notevoli svantaggi ancora esistenti in molte regioni meridionali in materia di legalità, sicurezza, qualità e costo dei trasporti e delle comunicazioni, disponibilità d’acqua, servizi finanziari e costo del denaro, dall’altra l’avvio deciso ed irreversibile di uno sviluppo economico capace di autosostenersi. Tempi di realizzazione: dieci anni. Mezzi finanziari assegnati: mille miliardi.

1965 - Cassa per il Mezzogiorno

‘50

CASSA PER IL MEZZOGIORNO


Meccanicizzazione dei lavori agricoli Pianella (Pescara). La trebbiatura, 1956


L’ Istituzione della cassa del Mezzogiorno ebbe importanti ripercussioni anche in Abruzzo; vennero investiti ingenti capitali per la realizzazione di opere di bonifica, la costruzione di infrastrutture, lo scavo di canali di irrigazione, la meccanizzazione agricola, l’ incremento della zootecnica, la costruzione di borghi rurali e di nuove strade, il rimboschimento delle pendici, l’ istituzione di scuole e di nuclei di assistenza sociale, la fondazione di cooperative. Più nello specifico vennero costruiti impianti di irrigazione nella Val Pescara, si iniziarono opere di bonifica nella valle di Sulmona ( 5800 ettari irrigabili) e lungo i bassi corsi dell’ Aterno, a valle di san Demetrio ne’ Vestini, dell’ Aventino, del Sangro e dei fiumi molisani. I latifondisti locali vennero inoltre espropriati dei terreni che vennero assegnati ai contadini. Tab. INTERVENTI DELLA CASSA PER IL MEZZOGIORNO IN ABRUZZO, PER SETTORE D’INTERVENTO E PER PROVINCIA, E IMPORTI COMPLESSIVI (IN LIRE COSTANTI 1976) -1951-1963 Totale Agricoltura Industria Opere pubbliche Interventi L’Aquila Chieti Pescara Teramo Totale Abruzzo

343 289 175 178 985

1 1 1 1 4

261 215 116 163 755

605 506 292 342 176

Importo 100.908.000 89.282.000 61.649.000 46.559.000 298.398.000

‘50

INVESTIMENTI STATALI IN ABRUZZO


Emigranti italiani anni ‘50


Nel 1950 viene istituita una legge sull’ emigrazione per risolvere gli alti tassi di disoccupazione interna, furono stabiliti accordi con l’ Argentina e l’ Australia in modo che ricevessero la manodopera in eccesso. Molti emigranti lasciarono a casa genitori, mogli e bambini, perché determinati a ritornare, ed in parecchi riuscirono nell’intento. In effetti l’emigrazione rappresentò il riscatto dello stile di vita italiano, laddove quanto si riusciva a risparmiare del guadagno non certo facile, ma sicuramente superiore a quanto ottenibile in patria, veniva spedito a casa per contribuire al mantenimento della struttura tradizionale.

1951 - Emigrazione abruzzese verso paesi extra-europei - Regione Abruzzo

‘50

LEGGE SULL’ EMIGRAZIONE


Emigranti italiani anni ‘50


La legge sull’ emigrazione del 1950 spinse gli italiani soprattutto del sud Italia a spostarsi verso paesi europei oppure paesi extra-europei come Venezuela e più tardi anche Canada e Australia. In Abruzzo ci fu l’ inizio dello spopolamento che interessa sia le zone montane che quelle collinari Nella zona costiera, al contrario, si assiste ad un aumento demografico. Le cause che hanno portato all’emigrazione sono il ripudio dell’attività agricola e della pastorizia; nessuno vuole occuparsi di queste attività mentre si preferisce il lavoro nelle fabbriche. Gli abitanti che decidono di emigrare vanno a lavora in miniera e nelle industrie risparmiando tutto quello che guadagnano per poi tornare in patria e comprare un terreno o una casa per la famiglia. Tab. EMIGRAZIONE ABRUZZESE E MOLISANA PER CONTINENTI DI DESTINAZIONE NEGLI ANNI INDICATI Anni

America Europa e bacino Mediterraneo

1950 1951 1952 1953

10.621 14.555 14.920 14.536

882 8.099 7.040 4.029

1950 - Legge sull’ emigrazione

Africa e Asia Oceania 41 79 111 104

690 1.58 3.188 1.277

Totale

12.234 24.314 25.259 19.946

‘51

EMIGRAZIONE ABRUZZESE VERSO PAESI EXTRA-EUROPEI


Il quartiere INA-CASA di Ascoli Piceno


INTERVENTI INA-CASA IN ABRUZZO Durante il periodo 31.12.1951 - 31.12.1961 nelle regioni Abruzzo e Molise gli interventi edilizi e le unità abitative costruite dall’ Ina-Casa furono ben 6.304. Tra i principali progetti realizzati ricordiamo il qurtiere di Ascoli Piceno di Luigi Pellegrin realizzato nel 1957, numerose abitazioni all’ Aquila ad opera di Marcello Vittorini, l’ Ospedale Generale Regionale SS. Annunziata a Chieti di Marcello Camàiti e diversi progetti di Egio Borgio, di cui le principali opere sono: 1956 Progetto urbanistico per il quartiere INA-CASA in località Manetta nel Comune de L’Aquila. 1956-58 Gestione INA-CASA: quartiere di abitazione in località piazza d’Armi: Istituto case popolari dell’Aquila. 1958-60 Gestione INA-CASA: 2°settennio-lstituto case popolari dell’Aquila quartiere di abitazione in località “Manetta” . 1959-60 Centro sociale nel Quartiere INA-CASA - Piazza d’Armi a L’Aquila.

1949 - Legge Fanfani_Piano Ina Casa


Casa colonica in provincia di Ascoli Piana del Fucino.


Il Fucino è un altopiano a prevalente destinazione agricola situato nella Marsica, in Provincia dell’Aquila, tra la Vallelonga e il gruppo montuoso SirenteVelino ed è alto tra i 650 e i 680 m s.l.m. L’altopiano prende il nome dal preesistente Lago Fucino, terzo d’Italia per estensione, che, a causa dell’irregolare livello delle acque e dell’ambiente malsano circostante, fu oggetto di numerosi tentativi di regimazione fin dall’epoca romana. A seguito delle lotte contadine del secondo dopoguerra, la riforma agraria del 1950 assegnò i terreni agricoli del Fucino ai residenti dei comuni limitrofi e a coloni provenienti dalla costa insediatisi a seguito del prosciugamento, si trattava di 5.000 famiglie senza terra. I latifondisti della zona abbandonarono i possedimenti e nacque l’Ente Fucino insieme all’ Ente della Maremma. Il lago Fucino prosciugato è costituito da 14.005,90 ettari di terreno agrario, suddivisi in 497 appezzamenti di 25 ettari ciascuno. Attualmente lungo il perimetro del Fucino sorgono numerosi paesi quali: Trasacco, Luco dei Marsi, Avezzano, Celano, Aielli, Cerchio, Pescina, San Benedetto dei Marsi, Gioia dei Marsi e Ortucchio.

1950 - Riforma agraria 1954 - Ente del Fucino

‘51

ENTE DELLA MAREMMA E DEL FUCINO


Paesi aderenti alla CECA


A marzo del 1951, l’Italia era entrata a far parte anche della Ceca: Comunità europea del carbone e dell’acciaio. Questa alleanza, costituta per favorire l’espansione del commercio degli Stati europei e per elevare il tenore di vita dei loro abitanti, fu il primo tentativo di creare una politica comune in Europa, ed ebbe un esito così positivo, da spingere i Paesi fondatori, ad estendere la collaborazione anche in altri settori. Fu da queste proposte, che nacque la Comunità Economica Europea, nel 1957, gettando le basi per l’attuale Unione Europea.

‘52

L’ ITALIA ADERISCE ALLA CECA


Francavilla (Chieti). Lavori agricoli.


Nel 1952 è emanato un piano dodecennale per lo sviluppo dell’agricoltura italiana finanziato da un fondo di rotazione di 25 miliardi l’anno da destinare a quelle zone con esigenze immediate di interventi statali, quindi principalmente le regioni del Sud Italia.

‘52

PIANO DODECENNALE PER L’AGRICOLTURA


Teramo.

Vista dei monti da Campotosto.


Nel 1953 è stata approvata la “Legge per la montagna” che dispone stanzamenti per un importo di 67 miliardi da distribuire in un decennio e provvede a sancire nuovi istituti giuridici a favore dei territori e dei comuni di montagna.

‘52

LEGGE PER LA MONTAGNA


Distributori anni ‘50

Distributori anni ‘50


L’Eni, ex Ente Nazionale Idrocarburi (ENI), è un’azienda creata dallo Stato Italiano come ente pubblico nel 1953 sotto la presidenza di Enrico Mattei, convertita in società per azioni nel 1992. L’Eni fu istituito con legge numero 136 del 10 febbraio 1953, ma l’intervento dello Stato italiano nel settore degli idrocarburi risaliva a prima della Seconda Guerra Mondiale: l’AGIP era nato nel 1926, l‘Anic nel 1936 e la SNAM nel 1941. L’orientamento dei governi dell’immediato dopoguerra era però quello di chiudere e liquidare l’Agip, a causa degli scarsi ritrovamenti seguiti alle ricerche. Invece proprio a partire dal 1945 vi furono i primi promettenti ritrovamenti di metano in alcuni pozzi scavati dall’AGIP in Pianura Padana. L’appoggio politico di Alcide De Gasperi e di Ezio Vanoni fu determinante nel favorire l’approvazione della legge istitutiva dell’Eni che fu comunque preceduta da un lungo dibattito parlamentare. La legge concedeva all’ente il monopolio nella ricerca e produzione di idrocarburi nell’area della Pianura Padana; al nuovo ente fu attribuito il controllo di Agip, Anic e Snam e di altre società minori, configurandosi così come un gruppo petrolifero-energetico integrato che potesse garantire lo sfruttamento delle risorse energetiche italiane. L’Eni aveva il compito di “promuovere ed intraprendere iniziative di interesse nazionale nei settori degli idrocarburi e del gas naturale”. La “rendita metanifera” garantita dal monopolio del gas permise all’Eni di finanziare i propri investimenti, anche molto ingenti. Nonostante l’Eni fosse nato per sfruttare le risorse petrolifere della Pianura Padana, i ritrovamenti petroliferi sul suolo italiano (Cortemaggiore, Gela) non si rivelarono particolarmente abbondanti. Nonostante ciò, gli anni ’50 furono anni di grande sviluppo per: - La rete di gasdotti, che permise lo sfruttamento del metano sia per uso residenziale che per uso industriale; - La rete di distributori di benzina, che seguì lo sviluppo della rete autostradale e fu coadiuvata dalle aree di servizio e dai “motel Agip”.

‘53

NASCITA DELL’ENI



CAPITOLO 3

1954 - 1964


1954

1964


GLI ANNI DELLA RIPRESA La società italiana conosce in un brevissimo arco di tempo una rottu-

ra davvero grande con il passato: nel modo di produrre e di consumare, di pensare e di sognare, di vivere il presente e di progettare il futuro. E’ messa in movimento in ogni sua parte: esprime energie e potenzialità economiche diffuse, capacità progettuali, ansie di emancipazione differenti, e di diverso segno. IL “MIRACOLO ECONOMICO” Nel periodo di tempo compreso tra gli anni Cinquanta e Sessanta, l’Italia fu protagonista di un record di crescita nella produzione nazionale tale da far parlare di “miracolo economico”. L’apice dello sviluppo di questo trend positivo fu raggiunto tra il 1958 e il 1963, mentre dagli anni ‘50 al ‘58 si può parlare di una fase preparativa alla successiva espansione. Questo fenomeno caratterizzò anche molti altri Paesi europei, tra cui la Germania e la Francia, in cui si verificò un miglioramento dello stile di vita. In questi anni l’Italia riuscì a ridurre il divario economico con l’Inghilterra e la Germania e a eguagliare sistemi economici come quello belga, olandese e svedese. Nonostante il fenomeno si riferisca a un evento principalmente economico, esso ebbe una forte ripercussione sulla vita degli Italiani che in pochi anni cambiò radicalmente, in positivo o in negativo e portò nel nostro Paese un livello di progresso e benessere mai conosciuto nei periodi precedenti.


1954

1964


I FATTORI DEL BOOM I fattori che determinarono tale svolta sono molteplici e da ricercarsi in ambiti differenti. - Uno di questi è senza dubbio la fine del protezionismo e l’adozione di un sistema di tipo liberista che rivitalizzò il sistema produttivo italiano, favorito anche dalla creazione del Mercato Comune Europeo a cui l’Italia aderì nel 1957. - Inoltre fu importante il ruolo svolto dallo Stato, caratterizzato da un notevole intervento nell’economia. Infatti finanziò la costruzione di un gran numero di infrastrutture, essenziali per lo sviluppo economico del Paese, Acquistano anche maggiore importanza i lavori pubblici, visti come possibile risoluzione alla crisi e alla disoccupazione. - Altri fattori determinanti per il boom economico furono il basso costo della manodopera che proveniva soprattutto dal meridione, l’adozione del piano Marshall e la nascita dell’Eni, l’Ente Nazionale Idrocarburi, creato da Mattei nel 1953. - il mercato Europeo: in seguito alla costituzione della Cee l’Italia riuscì infatti ad inserirsi pienamente e definitivamente all’interno della rete degli scambi internazionali con effetti fortemente percepibili già nell’immediato. ALLA BASE DEL NUOVO SISTEMA ECONOMICO ITALIANO VI FURONO QUINDI:

1. 2. 3. 4.

La crescita della domanda interna ed esterna La capacità di adattare la produzione alla domanda futura I cospicui investimenti pubblici e privati L’ aumento della produttività e la stabilità dei prezzi.

CONSEGUENZE:

1. 2. 3.

Ripercussioni sociali – distorsione dei consumi (Piano Vanoni) Migrazioni da sud a nord La nuova società- il consumismo (nascita della tv,editoria,automobile)


Borgo abbandonato - Serra Interno di una casa abbandonata

1954

1964


LE RIPERCUSSIONI DEL BOOM IN ABRUZZO Gli anni 50 per l’Abruzzo sono un periodo di disgregazione : l’agricoltura segna un crollo verticale, con tutto ciò che ne consegue anche nella mutazione dei valori sociali e culturali; in questo decennio si accentua anche il declino della pastorizia, ormai sono quasi completamente spezzati quei secolari legami tra l’appennino abruzzese e l’Agro romano e il Tavoliere su cui si basava la transumanza. Nella provincia dell’aquila nel breve periodo 1953-1957 il patrimonio ovino si riduce al 31,1% . queste dinamiche disgregative avanzano soprattutto nelle aree dell’interno montano e altocollinare. Allo straordinario processo di sviluppo economico dell’Italia in questo periodo l’abruzzo complessivamente partecipa come area di prevalente destrutturizzazione, sia economica che sociale, che porta a defluire manodopera verso le zone industriali: fasce del mondo contadino e artigiano tentano di fuggire in cerca di nuove occupazioni. Si è calcolato che a metà degli anni 50 1/5 della popolazione attiva abruzzese lasciasse annualmente per ragioni di lavoro la propria terra, o in via permanente o in via temporanea, con le periodiche migrazioni per le stagioni morte. Mentre in passato prima o poi si faceva ritorno nei paesi natii, ora invece l’abbandono si fa sempre più definitivo, molti paesi di montagna diventano ammassi spettrali si case senza uomini ne bestiame.

1955- Emigrazioni e Immigrazione - Regione Abruzzo 1957- Rivolta a Sulmona



NASCITA DELLA TELEVISIONE ITALIANA Il 3 gennaio del 1954 alle 11 di mattina è stata effettuata la prima trasmissione radiotelevisiva in Italia. Ha inizio il servizio regolare di televisione. Le trasmissioni vengono irradiate da una rete in VHF costituita dai trasmettitori di Torino-Ererno, Milano, Monte Penice, Portofino, Monte Serra, Monte Peglia e Roma-Monte Mario, servendo nel complesso il 36% circa della popolazione italiana. Il 10 aprile con deliberazione dell’Assemblea generale straordinaria degli azionisti la Società assume la denominazione di RAI-Radio televisione Italiana. E’ sicuramente la “novità” più significativa di questi anni, in pochissimo tempo invase gran parte delle case degli Italiani, diventando sempre più indispensabile. Accanto però agli sguardi di meraviglia e stupore di fronte alla nuova tecnologia, nacquero le critiche verso questa scatola di immagini che avrebbe portato solo effetti negativi. Infatti, nel 1963 si parla della televisione come conseguenza positiva del progresso da un lato ma dall’altro come aspetto negativo perché non fa altro che portare nelle case la negatività delle trasformazioni sociale. “Sta nascendo un nuovo costume e pochi se ne accorgono. Famiglie intere che prima erano solite trascorrere le serate in casa escono all’aperto: si stipano nei bar, nei caffè all’angolo delle strade che possiedono il televisore “ P. Dallamano, Il Contemporaneo, 1955



LEGGE SULL’IRRIGAZIONE Emessa la legge per l’irrigazione che sviluppa un programma quinquennale di opere pubbliche per 35 miliardi e di opere private per 30 miliardi con lo scopo di realizzare nuove irrigazioni su 75 mila ettari per favorire lo sviluppo agricolo e facilitare il lavoro dei coltivatori in un periodo che si prepara al boom economico e allo sviluppo industriale.


Piana del Fucino


ENTE DEL FUCINO Il comprensorio del fucino che nel 1951 era compreso nell’ente per la colonizzazione della Maremma e del Fucino data l’ampiezza dei problemi da risolvere fu staccato nel 1954 da quello della maremma e fu creato l’Ente Fucino con sede ad Avezzano. Grazie alla precedente legge sull’irrigazione il comprensorio del Fucino divenne la principale fonte di ricchezza della regione, e si rafforzarono i suoi connotati come area relativamente avanzata rispetto al resto della provincia, tanto da diventare meta di lievi correnti migratorie. Tali risultati vennero raggiunti anche grazie all’ntroduzione di nuove tecniche irrigatorie.

1951- Ente della Maremma e del Fucino 1954 - Legge sull’irrigazione



PIANO VANONI Il 18 gennaio del 1955 fu pubblicato il cosiddetto «Piano Vanoni»,

dal nome del ministro Ezio Vanoni, all’epoca ministro del Bilancio. Si tratta di uno schema elaborato nell’anno prima, ma che affonda le sue radici nei programmi a medio termine che i vari governi avevano elaborato dal 1949 al 1953 per riorganizzare il sistema economico colpito in profondità dalle vicende della seconda guerra mondiale. Si tratta di un piano per lo sviluppo economico controllato per attuare il sostanziale superamento degli squilibri tra nord e sud. Obiettivi preminenti erano: - l’assorbimento della disoccupazione fino ai livelli cosiddetti «frizionali» - l’aumento del reddito nazionale in vista di una sua redistribuzione funzionale alla stessa crescita. Bisognava investire per conseguire gli aumenti della produttività necessari anche per competere con il resto del mondo. L’aspetto saliente del Piano Vanoni, che prendeva in considerazione l’arretratezza del Mezzogiorno e l’ampiezza e la profondità dei bisogni insoddisfatti per la stragrande maggioranza della popolazione, era la sua impronta di disegno riformatore della nazione italiana. Il bilancio pubblico, nelle sue entrate e nelle sue spese,doveva diventare sede di indirizzo, di impulso e di verifica delle azioni intraprese dal governo nel quadro del contesto economico.



CONSEGUENZE DEL PIANO Il piano si rivelò un fallimento e il processo d’espansione economica fu molto più grande di quanto stimato, cosa questa che provocò un aggravarsi degli squilibri che si volevano attenuare: il risultato fu la distorsione dei consumi. La crescita economica finalizzata all’esportazione favorì una spinta produttiva orientata sui beni di consumo privati senza un corrispettivo sviluppo dei consumi pubblici. Il sistema dell’istruzione, la sanità, l’edilizia, le infrastrutture rimasero sostanzialmente indietro rispetto alla veloce crescita della produzione di beni di consumo privati. Si determinò in definitiva una vera e propria corsa al benessere individuale, non bilanciato dalle necessarie risposte ai bisogni collettivi ed alle esigenze di una moderna società industriale.



NASCITA DELLA FIAT 600 Presentata a Ginevra per il salone dell’automobile era il simbolo delle ripresa economica italiana e rappresentava la nuova società riversata sul consumismo e sui beni di massa. Una vera e propria rivoluzione dei consumi . in questi ultimi anni Cinquanta la motorizzazione nazionale raggiunse livelli mai visti e questo portò ad un aumento delle auto in circolazione e soprattutto degli incidenti stradali, il cui numero, da quel momento in poi, fu sempre maggiore.

IL SIMBOLO DELL BOOM ITALIANO


Costruzione di un’autostrada italiana


PIANO DI COSTRUZIONI DELLE AUTOSTRADE LEGGE ROMITA 21.5.1955 n. 463 Dopo aver costruito l’auto per gli italiani, viene varato con un’apposita legge il Piano Decennale di costruzioni delle Autostrade, che andranno a mutare le abitudini degli italiani e a modificare in certi casi il paesaggio dell’Italia. La realizzazione diede vita alla seconda generazione delle autostrade italiane. Il Primo Piano nazionale delle autostrade veniva decretato con l’art. 3 della Legge 21.5.1955, n. 463, nota come Legge Romita: in esso si impegnava l’IRI sul fronte della progettazione, della costruzione e della gestione, nella prospettiva di utilizzare le autostrade, insieme alle altre grandi opere pubbliche, come elemento facilitatore di iniziative economiche e occupazionali, nonché dello sviluppo e del riequilibrio territoriale. La legge Romita concepì il finanziamento dell’opera in modo che il costo fosse a carico dello Stato per un massimo del 40%, mentre il rimanente sarebbe stato finanziato dal mercato, grazie all’inserimento della concessionaria nel gruppo IRI; nel frattempo, l’imposizione agli utenti del pagamento del pedaggio avrebbe portato col tempo all’ammortamento dei capitali investiti.



PROPOSTE DELLA LEGGE ROMITA PER L’ABRUZZO Per la regione Abruzzo si prevede una novità sostanziale, la realizzazione di quella che verrà poi definita per molto tempo l’autostrada dei due mari. Essa avrebbe messo in diretto collegamento Roma con L’aquila, Teramo e la costa adriatica; dall’Aquila inoltre si sarebbe staccato nun ramo che avrebbe messo in collegamento diretto il capoluogo abruzzese con Ancona. Nella proposta di Romita le due traverse dell’Italia centrale finivano per annodarsi nel capoluogo abruzzese, conferendogli una funzione di nodo autostradale molto originale.

CONSEGUENZE L’eventuale realizzazione del progetto avrebbe però indotto ulteriori sollecitazioni sulle più recenti gerarchie territoriali che si erano profilate intorno ai tracciati interni. Un’autostrada appenninica abruzzese troppo sbilanciata a infrastrutturare il versante settentrionale della regione avrebbe finito per creare troppi nemici alla proposta governativa che andava prospettandosi. Occorreva però dare risposte concrete alle istanze di modernità che venivano da Pescara , chieti e dall’altro polo montano rappresentato da Sulmona.

1956 - auotstrada Pescocostanzo/Sulmona 1957 - Convegno del 22 settembre a Sulmona - Regione Abruzzo 1961 - Piano delle autostrade



PATTO DI EMIGRAZIONE L’italia all’inizio dell’anno 1955 stringe un patto con la Germania, con il quale si garantiva il reciproco impegno in materia di migrazioni che portò circa 3 milioni di Italiani a varcare le frontiere in cerca di lavoro.



LIBERTA’ DI DOMICILIO E IL GRANDE ESODO LEGGE 4.8.1955 n.848 L’anno 1955 deve essere ricordato per l’applicazione della Costituzione in merito alla libertà di domicilio con la legge del 4 agosto n 848. Cadeva il vecchio vincolo alla mobilità dei lavoratori nel territorio nazionale e tra i settori di attività economica. Ebbe inizio una specie di esodo biblico. Dal 1955 al 1965 oltre venti milioni di persone cambiarono domicilio, abbandonando attività economiche scarsamente remunerative e movendosi dal sud al nord, dalle campagne alle città. Fu soprattutto un esodo agricolo, che liberò la terra dall’eccessivo carico di manodopera, che dalla metà degli anni Venti era rimasta legata ai campi alla stregua di servi della gleba. A partire dal 1955 si ha per cui il grande esodo, in quanto cominciano ad aumentare gli emigranti, soprattutto dal sud verso il nord. Una prima fase è quella degli anni 30 che invece riguarda più gli inizi degli spostamenti dalle campagne alle città più vicine e a mete lontane nel mondo.


Lavoro nelle industrie del nord d’Italia


IL GRANDE ESOSO I motivi che indussero prevalentemente la popolazione rurale ad abbandonare il loro luogo d’origine furono molteplici e tutti avevano a che fare con l’assetto fondiario del Sud, con la scarsa fertilità delle terre e con la polverizzazione della proprietà fondiaria, causata dalla riforma agraria del dopo guerra che aveva espropriato i latifondisti e che aveva suddiviso la proprietà terriera in lotti troppo piccoli. A questi fattori si accompagnarono quelli tipici di attrazione che derivano dai modelli di vita dell’ambiente urbano, con la conseguenza che a decidere di emigrare furono prevalentemente i giovani del Mezzogiorno. Il flusso migratorio fu intercettato soprattutto dal Nord del paese, in quanto, per la prima volta in quegli anni del miracolo economico, la domanda di lavoro superò l’offerta nelle Regioni del triangolo industriale. Nel Mezzogiorno, la migrazione è un fenomeno totale, taglia orizzontalmente l’intera società meridionale: si spostano non solo i contadini poveri, ma anche la piccola borghesia urbana, i disoccupati intellettuali, le schiere dei ceti medi non produttivi. Quindi già nel 1955 i tratti generali dell’esodo nel suo complesso sono definiti. Il saldo tra iscritti e cancellati negli elenchi dei residenti è attivo per tutte le regioni del Centro-Nord, salvo il Veneto; ed è passivo per tutte le regioni del Centro-Sud, salvo il Lazio. La logica del secondo esodo ha sopraffatto numericamente il primo. Il movimento migratorio decisivo è ormai quello che va dal Sud al Nord. I dati ufficiali sono impressionanti: 1955 = 100 mila emigranti interni 1960 = 185mila 1961 = 292mila 1963 = 288mila 1964 =221mila In totale, tra il 1955 e il 1965 = 2 milioni di persone lasciano ufficialmente il Sud.



EMIGRAZIONE E IMMIGRAZIONE L’emigrazione italiana riprende con forza nel secondo dopoguerra. L’Abruzzo

è di nuovo tra le prime regioni per l’emigrazione, ma il primato si attenua con i decenni. Per quanto riguarda questa nuova emigrazione, possiamo distinguere quattro fasi: la prima (fine anni ‘40), incentivata dalla necessità di dare un qualche sfogo alla disoccupazione, tende a diramarsi verso le direttrici degli inizi del secolo (Venezuela, USA, Canada) e si tratta di un’emigrazione per lo più permanente. La seconda (anni ‘40-’50), conferma le tendenze precedenti immettendo nuove direzioni, in particolare mete europee tra le quali la Francia, il Belgio, la Svizzera e soprattutto la Germania. La terza (anni del Boom Economico) riguarda per lo più spostamenti a livello nazionale, soprattutto verso le regioni dell’italia settentrionale e le città del triangolo industriale, le montagne quindi cominciano a spopolarsi e iniziano le prime rivolte. L’ultima fase, quella dagli anni 70 in poi, si hanno spostamenti a livello regionale, la popolazione si sposta per lo più verso le zone litorali, verso i poli maggiormente industrializzati, quali per esempio Pescara abbandonando le montagne e le campagne.

CAUSE DELL’EMIGRAZIONE DAI BORGHI VERSO LE CITTA’ - industrializzazione = la popolazione dei piccoli borghi si spinge nelle città maggiormente industrializzate alla ricerca di lavoro - infrastrutturizzazione = lo sviluppo delle infrastrutture favorisce lo spostamento verso le città per motivi di lavoro o comodità per i maggiori servizi offerti dai grandi centri abitati (es scuole, università) - abbandono del lavoro nei campi e dell’artigianato a favore del lavoro industriale

1957 - Rivolta a Sulmona



NUOVE STRADE Il 6 aprile viene aperto il tronco stradale che collega la cittĂ di Pescocostanzo a Sulmona, oggi strada statale 17.


Monumento ai caduti Italiani a Marcinelle Immagine del disastro Agosto 1956


STRAGE DI MARCINELLE L’8 Agosto 1956, era un mercoledì, 275 uomini scendono nelle miniere Bois du Cazier di Marcinelle in Belgio. Le gabbie degli ascensori avevano distribuito le squadre nei vari piani, a quota 765 e 1.035. Un carrello esce dalle guide e va a sbattere contro un fascio di cavi elettrici ad alta tensione senza rete di protezione. Subito divampa l’incendio e le fiamme si propagano immediatamente. Solo 13 lavoratori sopravviveranno. Le vittime sono 262 di cui 136 italiani, il più giovane di 14 anni e il più anziano di 53 anni. Molti degli italiani morti provenivano da tutte le province e come moltissimi altri erano alla ricerca di una vita migliore e più dignitosa. La tragedia fu immane e per la prima volta fu seguita da vicino dalla televisione, media in ascesa in quegli anni. Il lutto colpì 248 famiglie e lasciò 417 orfani. Il processo che seguì si concluse con l’assoluzione dei dirigenti della società mineraria e la responsabilità fu attribuita all’addetto alla manovra del carrello, un italiano anch’egli morto nel disastro. La tragedia colpì la comunità italiana e fece conoscere a tutti le condizioni proibitive del lavoro nelle miniere. Il governo italiano, incalzato dalle opposizioni, fu costretto a bloccare le vie ufficiali dell’emigrazione verso il Belgio.



VITTIME ABRUZZESI Dei 136 morti italiani 60 circa sono le vittime abruzzesi, la maggior parte provenienti da paesi in provincia dell’Aquila e di Pescara due di questi da Castel del Monte, nel quale paese è stato dedicato un monumento in ricordo di questa grande tragedia.

VITTIME DI CASTEL DEL MONTE - Esmeraldo Pal lante, Castel Del Monte (AQ) 17/07/1924 – moglie e 2 figl i in Ital ia - Secondo Petronio, Castel Del Monte (AQ) 04/01/1920 – mogl ie in Ital ia


schema sul monopolio dell’eni in italia prima e dopo 1957


LEGGE SUGLI IDROCARBURI L’11 gennaio del 1957 viene promulgata la legge sugli idrocarburi che garantisce all’ENI l’esclusiva della ricerca e dello sfruttamento su tutto il territorio nazionale , esclusa la sicilia



DISEGNO DI LEGGE SUI PATTI AGRARI Il 28 febbraio il presidente del consiglio Segni pone la fiducia sul disegno di

legge sui patti agrari del ministro emilio Colombo, che fissa: - la durata minima dei contratti - introduce la condizione della giusta causa per la loro disdetta - prevede la possibilitĂ sia per il concedente che per il locatario di dare al fondo o a una sua parte una destinazione di carattere agricolo.


Polizia che presidia la cittĂ di Sulmona Blucco della polizia


A febbraio si manifesta una violenta rivolta nella città di Sulmona:la virulenza è tale che carri armati devono presidiare strade e uffici. E’ la manifestazione di un disagio da parte della popolazione che di anno in anno si fa sempre più forte. Lo scompenso e la destrutturizzazione dell’Abruzzo, lo spopolamento delle campagne e delle montagne porta la popolazione a riunirsi e manifestare per far sentire la propria voce allo stato. Purtroppo la rivolta non venne letta nella sua accezione e i risultati non furono quello voluti, e l’Abruzzo non ottenne i finanziamenti sperati.

Riprcussioni del Boom economico in Abruzzo 1955- Emigrazioni e Immigrazione - Regione Abruzzo

‘57

RIVOLTA A SULMONA


Firma del trattata a Roma Paesi Membri della CEE nel 1957


NASCE LA CEE A ROMA Il 25 marzo 1957 vengono firmati a Roma, dai paesi che avevano costituito la CECA nel 1952 ( Germania, Francia, Belgio, Paesi Bassi, Italia, Inghilterra e Lussemburgo)i trattati che danno all’EURATON e alla CEE. Questo per promuovere uno sviluppo delle attività economiche nell’insieme della comunità, un’espansione continua ed equilibrata, una stabilità maggiore. La Comunità Economica Europea propone : - l’eliminazione del Mercato Comune (MEC) - l’eliminazione delle barriere doganali tra i paesi extra-CEE (libera circolazione delle merci e dei lavoratori - l’inizio del processo di integrazione istituzionale mediante la creazione di organi sovranazionali (Assemblea – futuro Parlamento europeo – Consiglio dei Ministri dei Paesi aderenti in base alla materia posta in discussione; Commissione europea; Corte di Giustizia; Comitato Economico e Sociale; Banca Europea degli Investimenti) Si prevedono anche interventi volti a superare i forti squilibri territoriali, settoriali e sociali.



LE FERROVIE Nel luglio del 1957 viene elettrificato il tratto di ferrovia che collega la cittĂ di Foggia a quella di Pescara; passo importante per la comunicazione delle due regioni.



CONVEGNO SULLE AUTOSTRADE Il 22 settembre si tiene a Sulmona un convegno sulle autostrde abruzzesi e molisane, apertamente caldeggiato anche dai pescaresi, che vedono messa in discussione la centralità della città adriatica dal tracciato aquilano previsto dal Piano Romita del 1955. Lo scopo è quello di giungere alla modifica della legge n.463 del Piano Romita, che licenziava il piano autostradale nazionale. L’ordine del giorno approvato dal convegno proponeva: - la sostituzione dell’autostrada aquilana con un nuovo tracciato per Avezzano, Sulmona e Pescara, che prevedeva quello dell’attuale A25 - un tracciato montano che da Sulmona proseguiva per Caianello, che ancora una volta ripercorreva il percorso dell’antica via degli Abruzzi e ancora una volta proponeva soluzioni intese a mettere in relazione la montagna abruzzese con napoli e il Mezzogiorno.

1955 - Legge Romita 1961 - Piano delle autostrade



IL SISTEMA TELEFONICO ITALIANO Il 22 dicembre sistema telefonico italiano passa interemente in mani pubbliche. Dopo averraggiunto nei giorni precedenti il controllo della TETI, concessionaria telefonica dell’ala centrale e della Sardegna, l’IRI, tramite la sua finanziaria STET fondata nel 1933, che già deteneva la maggioranza delle azioni della STIPEL (italia nordoccidentale) della TELVE ( tre Venezie), e della TIMO si assicura anche quello della SET, la concessionaria telefonica dell’Italia meridionale e della Sicilia, raggingendo così il monopolio del sistema telefonico italiano.



L’APICE DEL BOOM ECONOMICO Il 25 maggio appare un articolo sul quotidiano londinese “Daily Mail” nel quale si sosteneva che il livello di efficienza e prosperità del potenziale produttivo dell’Italia costituisce uno dei miracoli economici del continente europeo. ad un tasso di crescita medio del 6,3% corrisponde un incremento senza precedenti delle esportazioni di beni di consumo durevoli. La disoccupazione nel quinquennio tra il 1958-1963 conosce le quote più basse di tutta la storia unitaria. In questi anni le famiglie italiane che possedevano una televisione passarono dal 12% al 49%, quelle che acquistarono un frigorifero dal 13% al 55%, una lavatrice dal 3% al 23%. Dal ‘54 al ‘64 le automobili aumentarono da 342’000 a 4’670’000. L’aumento della prosperità però evidenziò con maggior forza la contraddizione fra l’opulenza dei consumi privati e l’inefficienza dei servizi pubblici.


L’aquila prima del terremoto

L’Aquila dopo la scossa del terremoto


TERREMOTO ALL’AQUILA Il 24 giugno la città dell’Aquila viene colpita da un violento terremoto con magnitudo pari a 5.



CONFERENZA DI STRESA E LA PAC Il 3 luglio con la conferenza di Stresa tra i paesi della CEE si pongono le basi per una politica agricola comune. La PAC (Politica Agricola Comune) è un insieme di norme e meccanismi che regolano la produzione, gli scambi (commercializzazione) e la lavorazione dei prodotti agricoli nell’ambito dell’Unione Europea (UE). Le principali finalità della PAC indicate nel Trattato CE sono: - incrementare la produttività dell’agricoltura, sviluppando ad esempio il progresso tecnico; - consentire un impiego migliore della manodopera; - assicurare un tenore di vita migliore alla popolazione agricola, grazie, in particolare, al miglioramento del reddito individuale di coloro che lavorano nell’agricoltura; - garantire la sicurezza degli approvvigionamenti; - assicurare prezzi ragionevoli nelle consegne per i consumatori. Tali finalità sono state modificate ed integrate nel corso delle varie riforme relative alla politica agricola con i seguenti obiettivi: - rafforzare la competitività delle materie prime agricole sui mercati interni e mondiali; - promuovere un tenore di vita adeguato per la comunità agricola; - creare posti di lavoro sostitutivi e di altre fonti di reddito per i lavoratori agricoli; - elaborare una nuova politica dello sviluppo rurale come secondo pilastro della PAC; - integrare maggiormente nella PAC questioni ambientali e strutturali; - migliorare la qualità dei prodotti alimentari e della loro sicurezza; - semplificare la legislazione in materia agraria. ambita.



AUTOSTRADA DEL SOLE iL 7 dicembre del 1958 fu inaugurato il primo tratto di 100 chilometri, da Milano a Parma, dell’ AUTOSTRADA DEL SOLE.

La piÚ lunga della Penisola : collega Milano a Napoli, passando per Bologna, Firenze e Roma, con una percorrenza complessiva di 761 kilometri. Fortemente voluta per rilanciare l’economia nazionale. Prima della sua costruzione: tratto Milano- Napoli =due giorni di viaggio per i mezzi commerciali. La costruzione ha accorciato significativamente i tempi di percorrenza e, in rapporto a questo, ha abbassato i prezzi al consumo di molta merce.


Lavoratoria all’interno della galleria

Traforo del Monte Bianco


TRAFORO DEL MONTE BIANCO 8 gennaio gli italiani danno il via ai lavori, affidati alla Società italiana per Condotte d’Acqua di Roma, per la costruzione del traforo del Monte Bianco a Chamonix.


Residenza di Camp David

Dwight D. Eisenhower e Nikita Kruscev - 1959


CAMP DAVID E LA DISTENSIONE Camp David (il nome ufficiale è Naval Support Facility Thurmont) è una delle residenze del Presidente degli Stati Uniti d’America. Si trova in

un’area montuosa nel Maryland settentrionale (U.S.A.). Fu costruita nel 1942 dal Presidente Franklin Delano Roosevelt con il nome di “Shangri-La” e sotto il suo successore Harry Truman divenne residenza ufficiale. Nel 1953 Dwight D. Eisenhower la rinominò Camp David, in ricordo del nipote. È stata la sede di numerose conferenze e negoziati internazionali una di queste è l’incontro del 3 settembre fra il presidente statunitense Eisenhower e il premier sovietico Nikita Kruscev. È la prima volta dall’inizio della guerra fredda, che i leader delle due superpotenze si incontrano. I due presidenti firmano qui “ The General Exchanges Agreement”, che stabilisce i cambiamenti dei rapporti tra le due nazioni. Questi accordi diedero, senza antecedenti, l’opportunità agli americani di viaggiare su suolo sovietico senza alcune problematiche di tipo politico. È l’inizio della “distensione”.



FERROVIE

Vengono elettrificate le linee ferroviarie Pescara-Ancona e Sulmona Pescara



NUOVO TRATTO AUTOSTRADA DEL SOLE 1 dicembre: viene inaugurato il tratto appenninico tra Bologna e Firenze, per i costruttori il segmento piÚ difficile di tutta l’Autostrada del Sole


Guerra di liberazione


LANCIANO Lanciano fu insignita della medaglia d’oro al valor militare per la guerra di Liberazione. Nella storia del Novecento di Lanciano una pagina molto importante è quella dell’adesione alla Resistenza. Subito dopo l’occupazione nazista, tra il 5 ed il 6 ottobre 1943, alcuni gruppi di giovani lancianesi presero le armi contro gli invasori e li impegnarono in due giorni di combattimenti (la rivolta degli martiri ottobrini). Alla fine dell’insurrezione ebbero perso la vita 11 ragazzi. Altri dodici civili sarebbero stati uccisi nelle rappresaglie dai nazisti. Questo episodio segnò l’inizio della partecipazione attiva di tutta la cittadinanza alla Resistenza, motivo per il quale Lanciano è stata insignita della Medaglia d’Oro al Valore Militare dal presidente Einaudi nel 1960, è quindi tra le Città decorate al Valor Militare per la Guerra di Liberazione.


Centrale abruzzese

Piattaforma per la ricerca del metano


GIACIMENTI DI METANO Il 12 aprile nel corso di una trasmissione televisiva il presidente dell’Eni, Enrico Mattei, si lascia sfuggire che i giacimenti di metano a Cupello, possono produrre un’altissima quantità di metano purissimo, circa il 98%. Nelle comunità locali l’atmosfera diventa incandescente, perchè vengono riposte nel prezioso gas una possibilità di riscatto dalla miseria e dalla fame. Cominciano così nella regione proteste e manifestazioni nella speranza di evitare di essere defraudati di una fonte di ricchezza,di emanciparsi dalle tradizionali condizioni di povertà e porre fine alla piaga dell’emigrazione.


IMMAGINE AUTOSTRADE IN ABRUZZO


PIANO AUTOSTRADE LEGGE 24 luglio n. 729 Il principale provvedimento legislativo italiano in materia di autostrade. Il disegno di legge si rifà alla prosta del Piano Romita del 1955. Il 20 settembre, grazie a questa legge, il consiglio di amministrazione della SARA (Società Autostrade Roma Abruzzesi) discute e approva lo schema unitario per la costruzione dell’autostrada roma- l’Aquila e grazie al provvedimento legislativo riesce ad ottenere l’autostrada adriatica e la due mari.

1955 - Legge Romita 1957 - Convegno delle autostrade - Regione Abruzzo


SocietĂ italiana vetro


FONDATA LA SIV Grazie ai tumulti regionali e nazionali a seguito della scoperta di giacimenti di metano a Cupello nel 1961, venne creata a San Salvo la Siv (Società Italiana Vetro), il priù grande gruppo del settore in Italia, e uno dei più importanti nel mondo. Questa società nasce grazie all’iniziativa dell’Eni e del suo presidente Enrico Mattei. Nel 1971 giungerà a contare 3000 addetti.


Confini del consorzio della Val Pescara


CONSORZIO DELLA VAL PESCARA In questi anni l’Abruzzo comincia ad avere uno sviluppo industriale, purtroppo però questo si distribuisce nel territorio in maniera sproporzionata. Le zone costiere sono quelle che grazie ad un maggiore sviluppo dell’industrializzazione hanno un maggior sviluppo economico e industriale e questo anche per il più avanzato sviluppo delle attività produttive. La città di Pescara è il principale esponente di ricchezza in questo periodo,infatti è qui che viene fondato il Consorzio della Val Pescara; un’area di sviluppo industriale nella valle del fiume Pescara, comprendente 26 comuni ( di cui 12 appartenenti alla provincia di Chieti).


La diga prima del disastro

Articolo del corriere della sera


DIGA DEL VAJONT Vajont è il nome del torrente che scorre nella valle di Erto e Casso per confluire nel Piave, davanti a Longarone e a Castellavazzo, in provincia di Belluno. La storia di queste comunità venne sconvolta dalla costruzione della diga del Vajont, che determinò la frana del monte Toc nel lago artificiale. La sera del 9 ottobre si elevò un immane ondata, che seminò ovunque morte e desolazione. La stima più attendibile è, a tutt’oggi, di 1910 vittime. Sono stati commessi tre fondamentali errori umani che hanno portato alla strage: l’aver costruito la diga in una valle non idonea sotto il profilo geologico; l’aver innalzato la quota del lago artificiale oltre i margini di sicurezza; il non aver dato l’allarme la sera del 9 ottobre per attivare l’evacuazione in massa delle popolazioni residenti nelle zone a rischio di inondazione. Fu aperta un’inchiesta giudiziaria. Il processo venne celebrato nelle sue tre fasi dal 25 novembre 1968 al 25 marzo 1971 e si concluse con il riconoscimento di responsabilità penale per la previdibilità di inondazione e di frana e per gli omicidi colposi plurimi.


Lavoratori della SIP

Telefono pubblico della SIP


NASCITA DELLA SIP A ottobre, a seguito della nazionalizzazione del settore elettrico, la SIP ac-

quisisce ingenti disponibilità finanziarie derivate dalla cessione all’ENEL degli impianti per la produzione e la distribuzione dell’energia elettrica. Viene così decisa la fusione per incorporazione delle società STIPEL, TELVE, TIMO, TETI e SET nella SIP che assume la nuova denominazione di SIP - Società Italiana per l’Esercizio Telefonico (che in seguito, nel 1985, cambierà denominazione in SIP - Società Italiana per l’Esercizio delle Telecomunicazioni e ancora più tardi, nel 1995, verrà fusa in Telecom Italia assieme ad altre quattro società). La SIP - Società Idroelettrica Piemontese cessa quindi di esistere. Al momento della sua nascita, la nuova SIP contava, su tutto il territorio nazionale, 4.220.000 abbonati e 5.530.000 apparecchi telefonici in servizio. A fine 1993 gli utenti SIP erano oltre 24 milioni. La nuova società fa sempre parte del gruppo IRI tramite il controllo della finanziaria STET. Il servizio telefonico è così unificato anche se permane l’Azienda telefonica di Stato, direttamente dipendente dal ministero delle poste, che ha in gestione l’esercizio delle principali linee interurbane.



CAPITOLO 4

1964 - 1979


1964


LA CRISI E LE CONTESTAZIONI

Crisi, protesta, dissenso, contestazione, sono parole che entrarono nel linguaggio comune degli anni ‘60 e ‘70 con un significato nuovo, ad esprimere un fenomeno tipico della società industrializzata e che prima ancora che politico era esistenziale. Sono anni in cui regna un clima di diffuso disagio e di ribellione sia nei confronti dei limiti posti all’espressione della propria individualità che nei confronti della nuova società borghese e del neo-capitalismo con la sua organizzazione del lavoro, parcellizzata e alienante. Sono anni in cui a fare da protagonistre sono due delle più gravi crisi che il nostro Paese abbia mai dovuto affrontare: la crisi economica prima e quella petrolifera poi. D’innanzi alla crisi la popolazione regisce manifestando il proprio dissenso, lottando per i propri diritti. Ed è proprio in questo clima di tensione che nasce e trova terreno fertile uno dei più cupi paragrafi della nostra storia: quello del terrorismo italiano.

1979


Sciopero generale per la crisi economica, 1964

Indice dei consumi privati interni


Con il 1964 si registrò un’inversione di quella che sino ad allora era stata la tendenza del “miracolo economico”. La congiuntura economica iniziò quando, approfittando del raggiungimento di fatto del pieno impiego, il sindacato approfittò della acquisita forza sindacale per chiedere forti aumenti delle retribuzioni. Di conseguenza l’inflazione accelerò, la competitività diminuì, la bilancia dei pagamenti peggiorò ed i profitti subirono uno schiacciamento. Le autorità di politica economica reagirono con una politica monetaria restrittiva, per ridurre la domanda e migliorare la bilancia dei pagamenti. l padronato reagì invece aumentando ritmi e tempi di lavoro, al fine di ottenere aumenti di produttività, interni alla fabbrica, che compensassero gli incrementi dei salari. La disoccupazione aumentò, riconducendo a più miti comportamenti il sindacato: negli anni successivi al 1964 sembrò che si potessero ripristinare le condizioni alla base del miracolo economico e riprendere a crescere a tassi sostenuti: in effetti così accadde tra il 1965 ed il 1969, per cui la manovra congiunturale del 1963 sembrò essere stata coronata da un pieno successo.

1964 - Il Rapporto Saraceno.

‘64

LA “CONGIUNTURA” ECONOMICA


Scene di vita, Nord Sud Italia a confronto, anni ‘60 PIL pro capite del Mezzogiorno rispetto a quello del Centro-Nord


LA QUESTIONE MERIDIONALE Il “Rapporto Saraceno” è presentato nella sua versione definitiva dalla commissione nazionale per la programmazione economica, alla presenza del ministro del bilancio Antonio Giolitti. Presieduta dall’economista Pasquale Saraceno, la commissione, composta da esperti e da rappresentanti delle organizzazioni degli imprenditori e dei lavoratori, era stata insediata nel 1962 dall’allora presidente Ugo La Malfa. Il Rapporto Saraceno riafferma l’indirizzo meridionalistico, il mantenimento degli obiettivi indicati nella “Nota aggiuntiva” presentata da La Malfa al parlamento al Parlamento nel 1962, la necessità di dotare il paese di servizi sociali moderni e di procedere a interventi di riforma nel campo della legislazione urbanistica, antimonopolistica e del commercio. Cita il Rapporto: “… Quello che più preme rilevare è che lo sviluppo del sud Italia e delle altre regioni in ritardo, compresa la vasta area delle regioni centro – orientali, deve divenire una delle componenti più importanti della politica di sviluppo dell’economia nazionale”

‘64

IL RAPPORTO SARACENO


Canale costruito sotto l’egidia della Cassa per il Mezzogiorno, 1963/67


RINVIATA LA CHIUSURA SINO AL 1980 Con la legge 717 del 30 Giugno viene prorogata l’attività della Cassa per il Mezzogiorno, sino al 1980. Il governo, con il fine di sviluppare anche le aree meridionali dell’Italia, stanzia ingenti somme di denaro per le opere agricole, industriali e soprattutto relative a infrastrutture e servizi pubblici. Cita la legge: “Il Comitato Interministeriale per la Ricostruzione, in attuazione del programma economico nazionale e sulla base, anche, dei piani regionali, approva piani pluriennali per il coordinamento degli interventi pubblici diretti a promuovere ed agevolare la localizzazione e la espanzione delle attività produttive e di quelle a carattere sociale nei territori meridionali”.

1950 - Cassa per il Mezzogiorno 1969 - Sviluppo delle infrastrutture nel Centro-Sud.

‘65

CASSA PER IL MEZZOGIORNO



La Cassa per il Mezzogiorno apporta, dall’esterno rispetto alla regione, un’ enorme quantità di capitale che finanzia, soprattutto nel periodo 1964-1776, le opere infrastrutturali. Grazie a questi finanziamenti in Abruzzo si iniziano a porre le basi per la nascita di una fiorente economia locale che caratterizzerà soprattutto gli anni a cavallo tra il 1960 e 1970. Lo sviluppo, sarà dovuto alla particolare miscela che si realizzerà tra piccole imprese autoctone - che nel corso dei decenni assumono sempre di più carattere distrettuale - grandi imprese provenienti da fuori regione; e gli interventi straordinari della Cassa per il Mezzogiorno.

‘65

ATTIVITA’ DELLA CASSA PER IL MEZZOGIORNO IN ABRUZZO


Piana del Fucino, Racolta d’insalata, 1973


LEGGE N° 910, 27 OTTOBRE 1966 Le disposizioni della presente legge sono dirette ad attuare, con interventi di carattere straordinario - nel quinquennio 1966 -1970 - le indicazioni del programma nazionale di sviluppo economico nel quadro dell’inserimento dell’agricoltura nazionale nel mercato comune europeo, favorendo il consolidamento e l’adeguamento strutturale, funzionale ed economico delle imprese, in specie di quelle familiari, per elevarne l’efficienza e la competitività. In particolare gli interventi saranno rivolti a promuovere: lo sviluppo di attività e servizi di carattere generale, la stabilizzazione dei prezzi e l’organizzazione dei mercati agricoli, l’acquisizione dei capitali di esercizio e di conduzione, lo sviluppo della cooperazione e delle altre forme di organizzazione dei produttori agricoli, lo sviluppo delle produzioni zootecniche ed il miglioramento, la difesa e la specializzazione delle colture arboree e delle coltivazioni ortofrutticole, l’adeguamento delle strutture aziendali ed interaziendali, la diffusione dell’irrigazione ed il completamento e il ripristino di opere pubbliche di bonifica, lo sviluppo forestale, l’accesso al credito agrario.

‘66

SECONDO PIANO VERDE



Superata la crisi economica del 1963-64 nella quale gli italiani avevano dimostrato che desideravano vivere nella società dei consumi e che avevano mal sopportato le restrizioni a cui li aveva sottoposti il governo, l’economia cominciò a riprendersi soprattutto grazie alle piccole e medie aziende in quanto furono in grado più facilmente di rispondere alla richiesta del mercato di prodotti meno standardizzati. Nacque così quella che venne chiamata la “Terza Italia”, quella della Toscana, delle Marche, dell’Emilia Romagna, dell’Abruzzo caratterizzata da un’economia basata su piccole e medie aziende e che caratterizzerà tutto il decennio successivo. Il concetto di Terza Italia ha incontrato un largo consenso soprattutto perchè ha messo in risalto il successo di uno sviluppo economico “diffuso” che è riuscito ad imporsi senza produrre fratture e anomalie sociali, al contrario di quanto è accaduto ad esempio nel processo di industrializzazione e di decollo della zona del Triangolo industriale. Il modello di sviluppo di questa “Terza Italia” è basato su una rete di piccole e medie imprese industriali, diffuse sul territorio e localizzate “a sciami” in aree distrettuali specializzate settorialmente. “Small is beautil” è lo slogan di questo tipo di economia industriale. Carlo Carboni, Lezioni sull’Italia Repubblicana

‘68

NASCITA DELLA TERZA ITALIA


Industrializzazione nel consorzio del Sangro-Aventino

Mappa dei consorzi industriali abruzzesi


A partire dalla fine degli anni ‘60 è soprattutto l’industria il settore trainante dello sviluppo, soprattutto quella manufatturiera, definita il “vero motore della crescita”. Si contraddistinguerà una struttura dualistica: da una parte i grandi insediamenti di origine esterna (Fiat, Montedison, Pirelli, Siemens), dall’altra modeste iniziative locali operanti nei settori tradizionali, senza alcuna integrazione tra i due ambiti. Si tratta nel caso abruzzese di industrializzazione diffusa che caratterizzerà le aree litoranee e vallive (a scapito delle zone montane, che resteranno le più arretrate e meno efficienti). A seguito delle leggi varate alla fine degli anni ‘50, le forze politiche si impegnano nel corso degli anni ‘60 a dar vita ai Consorzi delle “aree” e dei “nuclei” di industrializzazione previsti dalle nuove disposizioni.

Consorzio per il Nucleo di Industrializzazione del Sangro-Aventino: La val di Sangro è sede di un importante agglomerato industriale. Il 29 gennaio 1968 si è costituito il Consorzio per il Nucleo di Industrializzazione del Sagro-Aventino. Il Consorzio nasceva con lo scopo di promuovere nell’ambito degli agglomerati industriali di competenza, le condizioni necessarie per la creazione e lo sviluppo di attività produttive nei settori dell’industria, dell’artigianato, del commercio all’ingrosso e dei servizi. A tale scopo gestiva e gestisce tutt’ora, in collaborazione con i Comuni ed altri Enti, infrastrutture per l’industria, servizi reali alle imprese, ed iniziative connesse alla produzione industriale. Negli anni si sono insediate nella zona svariati stabilimenti tra cui Sevel, Honda e Honeywell, i quali hanno dato inizio ad un massiccio fenomeno di migrazione, che è perdurata negli anni a seguire, e che ha portato molti abitanti deille zone montane a spostarsi verso queste nuove realtà industriali.

‘68

NUOVI SVILUPPI DELL’INDUSTRIA ABRUZZESE:


Gran Sasso, vista da Campo Imperatore

Comprensorio del Gran Sasso


DECRETO MINISTERIALE 16 SETTEMBRE 1968 Dichiarazione di notevole interesse pubblico del Comprensorio del Gran Sasso ricadente in provincia di l’Aquila. Il suddetto decreto riconosce che “la zona ha notevole interesse pubblico perchè costituisce, per la sua conformazione, di valli e picchi rocciosi, un insieme di quadri naturali visibili da innumerevoli punti di vista pubblici, interdipendenti tra loro, e che spaziano dai vari culmini e dalla strada che corre dall’altopiano verso Campo Imperatore, su tutto il territorio aquilano del Gran Sasso, formando una reciproca rete di relazioni visive tali da determinare eccezionali e particolari complessi panoramici di incomparabile valore paeseistico”. Il voncolo assegnato, comporta l’obbligo da parte del proprietario di un immobile ricadente nella località vincolata, di presentare alla sovraintendenza, per la preventiva approvazione, qualsiasi progetto di opere che possa modificare l’aspetto della località stessa.

‘68

GRAN SASSO: DICHIARAZIONE DI PUBBLICO INTERESSE


Manifestazioni studentesche, 1968


LE CONTESTAZIONI Sta cambiando l’Italia e il suo modello di sviluppo, quella che si appoggia ancora in buona parte su una massa (formica) proletaria analfabeta (i padri dei sessantottini) con la sua misera “scuola” di classe, tagliata su misura dai ricchi, e difesa dai conservatori rimasti arroccati dentro le loro fortezze istituzionali, non concedendo aperture e riforme nemmeno davanti alle proteste, che sono subito liquidate dai serventi-media come “ragazzate”, “studenti svogliati”, “ queste cose da giovani le abbiamo fatte anche noi, ma ora basta, andate a casa”. “L’idea non è affatto quella di impadronirsi del potere, ma di costruire spazi di libera espressione e comunicazione, che consentono di diventare soggetti di decisione e azione. Spazi fisici: strade e piazze ... ma anche altri luoghi in genere già pubblici, che vengono trasformati e adattati anche al privato: ma contemporaneamente spazi espressivi, nei mezzi di comunicazione di massa, attraverso parole e immagini; e naturalmente spazi politici all’interno dell’organizzazione e del sapere e subito dopo in punti nevralgici del sociale, come i rapporti tra le classi lavoratrici e gli strati intellettualizzati della società. Passerini, “Il 68 nella storia dei processi di comunicazione”

‘68

IL “SESSANTOTTO”


UniversitĂ abruzzesi al 1968

Manifestazioni studentesche in Abruzzo, 1968


Il “Sessantotto” resterà nella Storia come uno dei più grandi momenti di sconvolgimento sociale. La società ne uscirà profondamente cambiata, sia nel modo di pensare che nel modo di vivere la propria quotidianità. L’università da istituzione privilegiata riservata ai “pochi” e governata da una classe sociale, la cosiddetta borghesia, contraddistinta da un ancor troppo retrogrado modo di pensare, diventerà un’ istituzione aperta ai diversi strati della società e si modernizzerà notevolmente. Sarà così che città come l’Aquila, Teramo, Pescara e Chieti con le loro università diventeranno possibile aspirazione anche per i giovani abruzzesi che vivono ancora troppo lontano dai grandi centri urbani. Nel 1968 il panorama universitario abruzzese era rappresentato da due grandi realtà: da un lato l’Università degli Studi Gabriele D’annunzio con le sue sedi a Pescara, Chieti e Teramo (quest’ultima sede si scorporò nel 1992 diventando l’attuale Università degli Studi di Teramo) e l’Università degli Studi dell’Aquila. Piccole realtà a parte rappresentavano il conservatorio Luisa D’annunzio di Pescara e l’Istituto Superiore di Studi Musicali Gaetano Braga di Teramo. Le manifestazioni studentesche che sconvolgeranno nel 1968 l’Italia intera da Nord a Sud, toccheranno anche l’Abruzzo, qua gli studenti si battono principalmente per ottenere un’università statale e aperta a tutti, come emerge anche dalle testimonianze fotografiche pervenuteci.

‘68

IL “SESSANTOTTO” VISSUTO IN ABRUZZO:


Quartiere operaio FIAT Mirafiori Sud

Quartiere operaio FIAT Mirafiori Sud


IL DIRITTO ALLA CASA E A UNA CITTA’ PER GLI UOMINI Nel marzo del 1969 la FIAT annuncia di voler assumere nell’area torinese 15.000 nuovi addetti, reclutandoli nel mezzogiorno. Le organizzazioni sindacali rilevano che i programmi di espansione produrrebbero un ulteriore depauperamento della forza lavoro delle Regioni meridionali ed aggraverebbero i già forti fenomeni di congestione nell’area metropolitana torinese che nel 1969 si era trovata ad essere la terza città italiana meridionale, subito dopo Napoli e Palermo; l’arrivo disordinato e incontrollato dei nuovi residenti avrebbe rafforzato i già gravi conflitti sociali. Fù così che la proposta portò allo sciopero generale provinciale del 1969 “contro il caro-casa e per un massiccio intervento dello Stato nell’edilizia”. I fatti di Torino, le proteste dei baraccati, il ripetersi di occupazioni di alloggi, pongono in primo piano i temi legati ad una politica della casa. All’inizio dell’autunno caldo le centrali sindacali aprono ufficialmente la “vertenza nazionale per la casa”. Viene presentato al governo un documento unitario, nel quale CGIL-CISL-UIL chiedono una organica politica della casa che “deve considerarsi una componente essenziale della generale riforma urbanistica, che deve regolare il regime delle aree urbane attraverso il diritto di superficie e l’esproprio generalizzato”. Si giunge così al momento culminante del processo di mobilitazione popolare: il grande sciopero nazionale del 19 novembre 1969, indetto dalle centrali sindacali.

1969 - Autunno Caldo.

‘69

VERTENZA NAZIONALE PER LA CASA


Sciopero generale per la casa, FIAT Mirafiori, 1969

Stabilimento FIAT Mirafiori, 1969


L’11 marzo 1970, dopo ben tre anni dalla vertenza nazionale per la casa, viene votato alla Camera il Disegno di Legge 3199 concernente Norme sull’espropriazione per pubblica utilità, modifiche ed integrazioni alla 167 ed autorizzazioni di spesa per interventi straordinari nel settore dell’edilizia agevolata-convenzionata. Il Disegno di Legge fu affidato ad un comitato ristretto della Commissione Lavori Pubblici della Camera, che aprì un ciclo di consultazioni con i rappresentanti sindacali e padronali, con le Regioni e con altre associazioni. Dopo le votazioni del 13 giugno 1970, e dopo alcune modifiche peggiorative, finalmente il 22 ottobre 1971 viene approvata la Legge 865. Assumono particolare rilevanza le norme sull’espropriazione per pubblica utilità. Il campo di applicazione dell’esproprio è molto vasto: riguarda l’acquisizione delle aree e degli immobili occorrenti alla realizzazione di edilizia sovvenzionata, di quelle necessarie per la realizzazione di opere di urbanizzazione primaria e secondaria, nonché per il risanamento, anche conservativo, degli agglomerati urbani. Si precisa che i Comuni possono espropriare oltre alle zone suddette, anche il 20% delle zone di espansione e senza limitazioni per le zone di carattere industriale, artigianale, commerciale e turistico. L’indennità espropriativa non è più determinata in base al valore venale, ma secondo che le aree si trovino all’interno o all’esterno dei centri edificati, e viene commisurata al valore agricolo medio dei terreni, moltiplicata per coefficienti diversificati.

1969 - Autunno Caldo.

‘69

L’autunno del 1969 fu probabilmente il momento più alto dello scontro sui problemi del territorio e della sua organizzazione: si trattava di affermare il diritto alla città come componente essenziale di una società riformata. Da quel momento cominciò uno scontro politico di inusitata asprezza, e contemporaneamente un percorso di innovazioni legislative le quali, sebbene non raggiungessero gli obiettivi di una vera riforma dell’urbanistica a partire dalla questione dei suoli urbani, definì un quadro di strumenti di grande positività.


Stabilimento FIAT-Magneti Marelli, Sulmona


A seguito della grave situazione di instabilità che si verificò a causa del sovraf follamento delle città del triangolo industriale, molte grandi industrie guardarono al Sud Italia come un terreno fertile ove isediare nuove succursali. Fù il caso della FIAT, che dopo le contestazioni per la casa, dovute all’annunciata assunzione di 40000 nuovi operai provenienti dalle regioni meridionali, decise di aprire pochi anni più tardi un proprio stabilimento in Abruzzo. E’ il 1971, a Sulmona, piccolo centro in provincia dell’Aquila, si apre un nuovo stabilimento della Magneti Marelli, che avrebbe dato lavoro a 1000 nuovi addetti. L’azienda che aveva la propria sede centrale alle porte di Milano, era nata nel 1909, frutto di una joint-venture tra la Fiat e la Ercole Marelli, sessant’anni più tardi, nel 1967 l’azienda entrò a far parte integralmente dell’universo Fiat che acquistò le quote ancora in possesso della Ercole Marelli. Lo stabilimento, che aprì a Sulmona nel 1971, agì da vero e proprio motore propulsore per lo sviluppo locale, in un solo decennio infatti la popolazione aumentò del 15% passando dai 20.629 del 1971 ai 23.736 nel 1981.

‘69

PRIMO STABILIMENTO FIAT - MAGNETI MARELLI A SULMONA:


Lavoratori abruzzesi manifestanti,1969

Manifestazioni operaie,1969


Carlo Donat Cattin, ministro del Lavoro nel governo guidato da Mariano Rumor, profetizzò : “Da questo autunno usciremo tutti diversi”. E cosi e’ stato. L’ autunno del ‘ 69, l’ autunno caldo, trasformò l’ Italia. “L’ autunno caldo e’ stato una svolta nella strategia del sindcato su due fronti: la conquista di nuovi diritti che poi hanno portato allo Statuto dei Lavoratori e la capacita’ di rappresentanza nei confronti delle nuove generazioni, il cui simbolo era il giovane immigrato addetto alle lavorazioni piu’ ripetitive e meno qualificate. L’ autunno caldo e’ stato anche una stagione di violenza. Ma la violenza si scateno’ proprio contro l’ autunno caldo. Quella che poi e’ stata chiamata la strategia della tensione fu il tentativo di stroncare un processo che vedeva il sindacato come protagonista” . Bruno Trentin

1970 - Statuto dei Lavoratori.

‘69

L’AUTUNNO CALDO


Stabilimenti FIAT(Magneti Marelli), SIEMENS e HONDA in Abruzzo

AZIENDA

FIAT

HONDA

SIEMENS

NUOVI POSTI DI LAVORO


La grave situazione di instabilità che vivranno le grandi industrie del “triangolo industriale” in questi anni, dovutada un lato alla crisi economica in cui ancora vertevano e dall’altro alla sempre crescente forza del sindacato e alle lotte operaie, avrà come diretta conseguenza la nascita di sedi distaccate al Sud. Tra i motivi di questo fenomeno: - forza lavoro a minor costo nel Sud rispetto al Nord, - minor forza del sindacato al Sud, dove la realtà della grande industria era ancora solo nell’immaginario, - politica di incentivazione al Sud conseguente alla crisi economica degli anni ‘60, soprattutto in ottica di uno sviluppo economico e sociale, - infrastrutturizzazione del Sud, in questi anni si conclude l’Autostrada del Sole e si inaugurano i primi tratti delle autostrade che percorrono il territo rio abruzzese: la A24, A25 e A14 (Autostrada Adriatica). E’ così che in quinquennio nasceranno in Abruzzo diverse sedi satelliti di grandi industrie che avevano le proprie centrali al Nord, tra queste quelle che offriranno maggiori posti di lavoro, con una richiesta che andava dai 1000 ai 5000 dipendenti furono: la FIAT a Sulmona (1971), la SIEMENS all’Aquila (1972), la Honda ad Atessa (1972).

‘69

LA GRANDE INDUSTRIA GUARDA AL SUD


Lanciano, manifestazione contro i licenziamenti dell’ATI,1968

Lanciano, tabacchine in piazza,1968


Il periodo dei tumulti operai riguarderà in mariera più o meno diffusa tutta l’Italia e si farà sentire anche nella regione Abruzzo, qui operai di grandi e piccole industrie sia a partecipazione statale o estera che locali, scenderanno in piazza per manifestare contro i possibili lincenziamenti, rivendicando migliori contratti e condizioni lavorative. Si ricordano le lotte all’Ati (Azienda Tabacchi Italiani), alla CocaCola e alla S.A.R.A.

La rivolta all’ATI di Lanciano “Nell’area della Val Sangro e del Lancianese, l’industria più grande restava l’ATI di Lanciano. Nel 1968, quando vi erano occupate 800 donne, lo stabilimento va incontro a una gravissima crisi: la minaccia di chiusura viene sventata grazie a una durissima lotta - compresi scontri con la polizia - che vede coinvolti ampi strati della popolazione. I processi di ristrutturazione portano comunque ad un quasi dimezzamento della manodopera.” Constantino Felice, “Da obliosa contrada a laboratorio per l’Europa”

‘69

L’ABRUZZO SCENDE IN PIAZZA


Autostrada del sole,1973


LA POLITICA DEI RACCORDI “Lo sviluppo urbano sarà forse l’aspetto dominante degli anni settanta. In Italia, l’evoluzione verso grandi aggregati metropolitani è cominciata in ritardo rispetto ad altri Paesi, ma sta procedendo con grande rapidità. E’ in corso un processo di gravitazione urbana verso un ristretto numero di aree. Questo processo tende a svuotare e impoverire il tessuto cittadino e la vita economica e sociale di vaste zone, e a creare condizioni di sovraccarico e di congestione nelle aree di afflusso. E’ necessario contrastare questo movimento centripeto attraverso una attività politica che si proponga di realizzare un nuovo tipo di civiltà urbana. I sistemi metropolitani non dovranno più essere quindi intesi come aree urbanizzate compatte, disposte attorno ad un unico centro, ma come strutture articolate e policentriche. Ciascuno di essi sarà naturalmente configurato in modo diverso: alcuni sistemi si fonderanno su un centro urbano di maggiori dimensioni, collegato a centri minori; altri su una rete di centri equivalenti, variamente collegati ed integrati fra loro.”

1965 - Cassa per il Mezzogiorno.

‘69

SVILUPPO DELLE INFRASTRUTTURE NEL CENTRO-SUD


Autostrade abruzzesi al 1968

Autostrada A24


Nel corso del 1969 vennero inaugurati i primi tratti delle tre autostrade che percorrono il territorio abruzzese: la A24 (Roma-Teramo), A25 (Torano-Pescara) e la A14 meglio nota come Autostrada Adriatica (Bologna-Taranto). I tratti inaugurati collegavano Torano con l’Aquila, Torano con Avezzano e infine Pescara con Ancona e Vasto. L’autostrada fù un vero e proprio motore propulsore per lo sviluppo dell’industria abruzzese, riuscendo a garantire dopo anni, una più facile raggiungibilità tra città e località sia interne che esterne alla regione e migliori vie di comunicazione. Lo sviluppo dell’infrastruttura abruzzese è da ricollegarsi ad una forte politica di incentivazione del mezzogiorno messa in moto al seguito della crisi industriale dei primi anni ‘60. Grazie alla legge 729 del 1961 sul Piano di nuove costruzioni stradali e autostradali, agli incentivi concessi dalla Cassa del Mezzogiorno e alla legge per lo sviluppo del Mezzogiorno del ‘71, l’Abruzzo si munirà in pochi anni di efficienti vie di comunicazione che favoriranno lo sviluppo dell’impresa locale ed estera.

‘69

INTENSIFICAZIONE DELLA RETE AUTOSTRADALE ABRUZZESE


Attentati terroristici da Piazza Fontana ad Aldo Moro


“Milano, 12 dicembre 1969, ore 16,30” Esplode una bomba nel salone degli sportelli della Banca Nazionale dell’Agricoltura, al numero 4 di piazza Fontana. Ha inizio una nuova era tragica, la cosiddetta “strategia della tensione”. I terroristi non avrebbero potuto scegliere un momento migliore: la banca è infatti gremita per il “mercato del venerdì”, che richiama gli agricoltori delle province di Milano e Pavia. L’ordigno è stato collocato in modo da provocare il massimo numero di vittime: sotto il tavolo al centro del salone riservato alla clientela, di fronte all’emiciclo degli sportelli. I locali devastati testimoniano la potenza dell’esplosivo impiegato.” Fabrizio Calvi e Frédéric Laurent, Piazza Fontana - La verità su una strage, Mondadori

‘69

LA STRATEGIA DELLA TENSIONE



LEGGE 20 MAGGIO 1970, N. 300 “Norme sulla tutela della libertà e dignità del lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale nel luoghi di lavoro e norme sul collocamento.” E’ una delle norme principali del diritto del lavoro italiano. La sua introduzione provocò importanti e notevoli modifiche sia sul piano delle condizioni di lavoro che su quello dei rapporti fra i datori di lavoro, i lavoratori e le loro rappresentanze sindacali. “I lavoratori, senza distinzione di opinioni politiche, sindacali e di fede religiosa, hanno diritto, nei luoghi dove prestano la loro opera, di manifestare liberamente il proprio pensiero, nel rispetto dei principi della Costituzione e delle norme della presente legge.” Estratti dal testo di legge

1969 - L’Autunno Caldo.

‘70

LO STATUTO DEI LAVORATORI



“A partire dagli anni sessanta, la forte accelerazione dello sviluppo economico e l’estensione dell’intervento pubblico in campo sociale riproposero con urgenza nuova il problema di intervenire sull’organizzazione del governo locale. Nel febbraio del 1968, al termine di un serrato scontro parlamentare, fu dunque votata la legge elettorale regionale, e due anni più tardi venne approvata la legge sul finanziamento delle regioni e furono eletti i primi consigli regionali.“ Raffaele Romanelli, “L’attuazione delle regioni a statuto ordinario”

‘70

L’ISTITUZIONE DELLE REGIONI


Scontri all’Aquila, 1971

Scontri all’Aquila, 1971


La Regione Abruzzo nasce ufficialmente nell’estate del 1970 con il primo consiglio regionale che resta in carica, sotto la presidenza di Emilio Mattucci, dal 3 Settembre 1970 al 22 Giugno dell’anno seguente. Una legislatura breve perché lo statuto di questa Istituzione viene approvato solo nella Primavera del ’71 e diventa operativo con il placet del Parlamento a partire dal 22 Luglio 1971. Gli scontri dell’Aquila in quel periodo (primi mesi del 1971) ci fu un travaglio sociale e politico per la scelta del capoluogo regionale, con la disputa tra L’Aquila e Pescara risoltasi poi, con la preferenza della prima città, anche se nello statuto furono inserite delle norme per il decentramento, come la possibilità per l’assemblea regionale di riunirsi anche a Pescara (è prassi consolidata che le riunioni del consiglio si svolgano nella città adriatica nei mesi di Gennaio e Febbraio), e l’istituzione, sempre nel comune pescarese, di diversi dipartimenti.

‘70

L’ABRUZZO DIVENTA REGIONE A STATUTO ORDINARIO



E’ con la Legge 1102 del 3 dicembre che vengono istituite le Comunità montane, primo istituto intercomunale avente poteri di pianificazione dello sviluppo sociale ed economico della propria zona. Si tratta di unioni di comuni, enti locali costituiti fra comuni montani e parzialmente montani, anche appartenenti a province diverse, per la valorizzazione delle zone montane per l’esercizio di funzioni proprie, di funzioni conferite e per l’esercizio associato delle funzioni comunali. Le comunità montane contano, a livello organizzativo, di: - un organo rappresentativo, i cui membri sono eletti dai consigli comu nali dei comuni partecipanti; - un organo esecutivo, formato da sindaci, assessori o consiglieri dei co muni partecipanti.

‘71

NASCITA DELLE COMUNITA’ MONTANE


ComunitĂ montane abruzzesi


1. Comunità Montana Amiternina (Aquila) 2. Comunità Montana Campo Imperatore e Piana Navelli (Aquila) 3. Comunità Montana Sirentina (Aquila) 5. Comunità Montana Marsica 1 (Aquila) 6. Comunità Montana Peligna (Aquila) 7. Comunità Montana Valle Rovereto (Aquila) 8. Comunità Montana Alto Sangro Cinque Miglia (Aquila) 9. Comunità Montana Vestina (Pescara) 10. Comunità Montana della Maiella e del Morrone (Pescara) 11. Comunità Montana della Laga (Teramo) 12. Comunità Montana del Vomano, Fino e Piomba (Teramo) 13. Comunità Montana Gran Sasso (Teramo) 14. Comunità Montana della Maielletta (Chieti) 15. Comunità Montana Aventino-Medio Sangro (Chieti) 16. Comunità Montana Medio Sangro (Chieti) 17. Comunità Montana Valsangro (Chieti) 18. Comunità Montana Medio Vastese (Chieti) 19. Comunità Montana Valle del Giovenco (Chieti)

‘71

Le Comunità Montane sono enti molto radicati all’interno del territorio abruzzese. Se ne contano in totale diciannove, le quali naquero a partire dagli anni ‘70, con lo scopo di promuovere lo sviluppo sociale ed economico del territorio montano abruzzese. Di seguito l’elenco delle Comunità, i cui ambiti di appartenenza sono rappresentati nell’immagine a lato:


Costruzione infrastrutture al Sud, anni ‘70

Costruzione infrastrutture al Sud, anni ‘70


LEGGE N° 853, 6 OTTOBRE 1971 “Lo sviluppo delle Regioni meridionali costituisce obiettivo fondamentale del programma economico nazionale. I progetti speciali di interventi organici nelle regioni meridionali sono di carattere intersettoriale o di natura interregionale ed hanno per oggetto la realizzazione di grandi infrastrutture generali o volte a facilitare lo sviluppo delle attività produttive e in particolare, lo localizzazione di quelle industriali; l’utilizzazione e la salvaguardia delle risorse naturali e dell’ambiente, anche con iniziative di alto interesse scientifico e tecnologico, l’attuazione di complessi organici di opere e servizi relativi all’attrezzatura di aree metropolitane o di nuove zone di sviluppo. Le aziende a partecipazione statale sono impegnate ad allocare nel Sud l’80% degli impianti di nuova realizzazione e il 60% degli investimenti ” Estratti dal testo di legge n 853

‘71

LEGGE PER LO SVILUPPO DEL MEZZOGIORNO


Manifestazioni anti-statunitensi, 1971

Svalutazione del dollaro, 1971


LA SVALUTAZIONE DEL DOLLARO Nell’estate del 1944 si tenne a Bretton Woods (Stati Uniti) una Conferenza Mondiale con i delegati di 44 nazioni e fu creato un nuovo sistema finanziario, che fu garantito dal Fondo Monetario Internazionale (FMI). Con gli accordi di Bretton Woods, il valore delle diverse monete fu rapportato all’oro o al dollaro. Vennero resi fissi i tassi di cambio, con una oscillazione minima (1%). Fino all’inizio degli anni 70, il sistema fu efficace nel controllare i conflitti economici e nel realizzare gli obiettivi comuni degli stati, sempre con le stesse immutate condizioni che l’avevano generato. Poi la guerra del Vietnam, che fece aumentare fortemente la spesa pubblica americana, mise in crisi il sistema: di fronte all’emissione di dollari e al crescente indebitamento americano, aumentavano le richieste di conversione delle riserve in oro. Ciò spinse il 15 agosto 1971, a Camp David, il presidente statunitense Richard Nixon, ad annunciare la sospensione della convertibilità del dollaro in oro. Le riserve americane si stavano pericolosamente assottigliando: il Tesoro americano aveva già erogato 90.000 tonnellate di oro. Nel dicembre del 1971 il Gruppo dei Dieci firmò l’accordo Smithsonian Agreement, che mise fine agli accordi di Bretton Woods, svalutando il dollaro e dando inizio alla fluttuazione dei cambi. Lo standard aureo fu quindi sostituito da un non sistema di cambi flessibili.

‘71

LA FINE DEGLI ACCORDI BRETTON - WOODS


Code alle stazioni di rifornimento, 1973

Carburante esaurito per mancato rifornimento, 1973


Nell’ottobre del 1973 l’esercito egiziano attaccò Israele. Dopo i primi momenti di smarrimento iniziale, l’esercito israeliano risultò vincente su entrambi i fronti, tanto da minacciare Il Cairo. La guerra finì dopo una ventina di giorni con la proclamazione di un “cessate il fuoco” tra le due parti. Durante i combattimenti Egitto e Siria furono aiutati e supportati dalla quasi totalità dei Paesi arabi e anti-americani, mentre Israele fu appoggiato da Stati Uniti e dei Paesi europei. Fù per questo motivo (punire l’Occidente per la sua politica filo-israeliana) che i Paesi Arabi appartenenti all’Opec bloccarono le proprie esportazioni di petrolio verso questi paesi. Questo processo portò all’innalzamento vertiginoso del prezzo del petrolio, che in molti casi aumentò più del triplo rispetto alle tariffe precedenti. I governi dei Paesi dell’Europa Occidentale, i più colpiti dal rincaro del prezzo del petrolio, vararono provvedimenti per diminuire il consumo di petrolio e per evitare gli sprechi. In Italia il governo, presieduto da Mariano Rumor, varò un piano nazionale di “austerity economica” per il risparmio energetico che prevedeva cambiamenti immediati. Ci fu inoltre un forte interesse verso nuove fonti di energia, alternative al petrolio, come il gas naturale e l’energia atomica per cercare di limitare l’uso del greggio e quindi anche la dipendenza energetica dai Paesi detentori. Si diffuse la consapevolezza della fragilità e della precarietà del sistema produttivo occidentale, le cui basi poggiavano sui rifornimenti di energia da parte di una tra le zone più instabili del pianeta. E le conseguenze della crisi energetica non tardarono a manifestarsi anche sul sistema industriale, che infatti non conobbe più i tassi di crescita registrati nei decenni precedenti

1973 - Austerity.

‘73

LA CRISI PETROLIFERA


Crisi petrolifera nei Paesi Occidentali, 1973

Prima Domenica di Austerity, Milano, 1973


“Le decisioni del Consiglio dei ministri sono inevitabili. In Medio Oriente è ancora guerra e morte, i Paesi arabi hanno razionato e rincarato il prezzo del greggio. È crisi. Il 23 novembre del 1973 comincia l’ austerità. «Prepariamoci: durerà a lungo», titola in prima pagina Il Giornale d’ Italia.” Franco Tettamanti, Corriere della Sera E i quotidiani annunciano la lunga lista dei provvedimenti. - Rincara il carburante: la benzina normale passa da 175 a 190 lire, la super da 185 a 200 lire e il gasolio da 95 a 113 lire. - L’ illuminazione stradale viene tagliata del 40 per cento e vengono spente insegne, vetrine e scritte luminose. Ù - I negozi devono chiudere entro le 19 e gli spettacoli teatrali e cinematografici non oltre le 23. Anche la tv cala il sipario entro le 22.45. Bar, trattorie e ristoranti possono restare aperti sino a mezzanotte. - Dalla mezzanotte del sabato alla mezzanotte della domenica proibito l’ uso di auto, moto e scooter. Per i trasgressori multe da centomila lire a un milione. Domenica 2 dicembre la prova generale.

1973 - La crisi petrolifera.

‘73

AUSTERITY


Giacimenti di idrocarburi in Abruzzo

Diga a BUssi Sul Tirino


“Un altro elemento che ha caratterizzato fortemente lo sviluppo abruzzese è stata il fatto che l’ingente quantità di risorse energetiche presenti sul territorio. La prima industrializzazione della Val Pescara, in età giolittiana, è stata determinata dallo sfruttamento idroelettrico del fiume. Preesistenti insediamenti industriali si basavano sul rinvenimento di giacimenti bituminosi e asfaltiferi (o addirittura petroliferi). Principale fattore di localizzazione industriale in passato era stata, comunque, soprattutto la facile disponibilità di energia elettrica. Si legge nel periodico dell’Unione Genti d’Abruzzo (1949, p. 60) “A fondamento dell’industria abruzzese sta la più che notevole potenzialità energetica della regione””. Costantino Felice, Una metamorfosi meridionale: peculiarità del “modello” Abruzzese Bussi sul Tirino è un esempio di polo industriale abruzzese che deve il suo grande sviluppo allo sfruttamento idroelettrico del fiume. Bussi è stato da sempre considerato un sito interessante grazie all’acqua, così nel 1901 la società Franco-Svizzera di Elettricità, divenuta poi Società Italiana di Elettrochimica, ottenne la concessione di installare impianti per la produzione di cloro, sfruttando il fiume sia per il fabbisogno di acqua dell’industria stessa che per la produzione di energia elettrica. Nel luglio del 1966 venne costituita la SIAC (Società Italiana Additivi per Carburanti) che assunse, nel gennaio del 1967, la gestione del settore produttivo piombo-alchili.

‘73

La regione Abruzzo, sebbene non ne fù esente, risentì della crisi energetica in minore entità rispetto a tutto il resto d’Italia. Questo fù dovuto principalmente alla grande quantità di risorse di cui la regione disponeva.



Gli squilibri strutturali di un paese come l’Italia, che acuiscono la già grave crisi che attraversa tutte le nazioni industrializzate, convincono Berlinguer che essa non sia più risolvibile con le misure tradizionali. Solo uno “storico compromesso” fra le tre grandi forze del movimento popolare italiano – la cattolica, la socialista e la comunista – può contrastare i rischi di un’involuzione autoritaria e far uscire la nazione dalle difficoltà; a un’alternativa “di sinistra” si propone allora una “alternativa democratica” che difenda le forze del progresso dalla conservazione e sia capace al tempo stesso di far compiere al paese un passo verso un ordinamento socialista. Il compromesso venne lanciato da Berlinguer con quattro articoli su Rinascita a commento del golpe cileno che aveva portato le forze reazionarie in collaborazione con gli Usa a rovesciare il governo del socialista Salvador Allende (11 settembre 1973). Il compromesso trovò una sponda nell’area di sinistra della Dc che aveva come riferimento il presidente della DC Aldo Moro e il segretario Benigno Zaccagnini, ma non ebbe mai l’avallo degli USA, né dell’ala “di destra”, conservatrice, della DC, rappresentata da Giulio Andreotti. Lo stesso Andreotti in un’intervista dichiarò: “secondo me, il compromesso storico è il frutto di una profonda confusione ideologica, culturale, programmatica, storica. E, all’atto pratico, risulterebbe la somma di due guai: il clericalismo e il collettivismo comunista.”

‘73

IL “COMPROMESSO STORICO”


Utilizzo del computer nell’industria, fine anni ‘70

Utilizzo di un braccio robotico, FIAT Sulmona, 1978


LA NASCITA DELL’ INFORMATION TECHNOLOGY L’elettronica, la telematica e l’informatica sono i campi su cui è maggiormente incentrata la terza rivoluzione industriale. L’elettronica studia l’impiego dell’elettricità per elaborare e trasmettere informazioni. Il più grande passo avanti della storia di questo campo corrisponde all’invenzione del personal computer (1975). L’introduzione delle macchine robotiche computerizzate all’interno della produzione industriale fù un grande passo avanti che portò ad una sostanziale modifica dei processi di produzione, tutto ciò si fà risalire in Italia verso la seconda metà degli anni ‘70. Il principale aspetto negativo di tutte queste innovazioni tecnologiche fù l’incremento del tasso di disoccupazione dovuto al forte aumento di robot in fabbrica. Dopo il gran boom che si ebbe all’avvio della terza rivoluzione industriale si rivelò in Italia alla fine degli anni ‘90 una profonda crisi, che tuttora persiste.

‘75

LA TERZA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE


Aborti annui dal1978 ad oggi

Striscioni PRO aborto, 1978


VERSO LA CRESCITA ZERO Il 29 Maggio 1978 con una votazione sia alla Camera che al Senato entra in vigore la legge sull’aborto. Questa consentiva alla donna, nei casi previsti, di poter ricorrere alla IVG (interruzione volontaria di gravidanza) in una struttura pubblica (ospedale o poliambulatorio convenzionato con la Regione di appartenenza), nei primi 90 giorni di gestazione; dopo il terzo mese era invece possibile ricorrere alla IVG solo per motivi di natura terapeutica. Cita la legge: “ Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio. L’interruzione volontaria della gravidanza, di cui alla presente legge, non è mezzo per il controllo delle nascite. Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell’ambito delle proprie funzioni e competenze, promuovono e sviluppano i servizi socio-sanitari, nonché altre iniziative necessarie per evitare che l’aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite.” Le conseguenze di tale legge furono da subito evidenti: l’anno successivo si registrarono ufficialmente 187.752 aborti, il 25% dei concepiti; a parte il fatto etico e le motivazioni di queste scelte, con la bassa natalità di iniziava a corerre verso il fenomeno della “CRESCITA ZERO”.

1981 - Referendum sull’aborto

‘78

LA LEGGE SULL’ ABORTO


Alberto Sordi, Il medico della mutua, 1968

Anziani in ospedale, 1978


“Nella congiuntura politica della cosiddetta “solidarietà nazionale”, in cui il governo Andreotti poté contare su una base di consenso allargata alle forze tradizionali di opposizione, la parlamentare democristiana Tina Anselmi, prima donna a essere investita dell’ufficio di Ministro della Sanità, poté apporre la propria firma, due giorni prima di Natale 1978, alla legge n. 833 istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale. L’intendimento della legge, comunemente nota come legge di riforma sanitaria, era quello di rendere accessibile a tutti i cittadini un vasto insieme di prestazioni sanitarie (medico-generali e infermieristiche, domiciliari e ambulatoriali, specialistiche e ospedaliere, farmaceutiche e integrative) operando un netto stacco e un decisivo salto di qualità nei confronti del sistema mutualistico preesistente e superando il principio in base al quale avevano diritto all’assistenza soltanto gli iscritti ai diversi enti della mutualità.“ Venticinque anni fa, la “Riforma Sanitaria”, Giorgio Cosmacini

‘78

LA RIFORMA SANITARIA



CAPITOLO 5

1980 - 2009



CRISI NAZIONALI E CRISI INTERNAZIONALI

Negli anni ‘80 proseguono gli atti terroristici degli anni precedenti, ma da parte del governo scatta un programma di lotta al terrorismo italiano ed anche una lotta alla mafia da parte del Governo attraverso un maxi-processo a Palermo. Sono anni di scandali politici come la scoperta della loggia massonica P2, lo scandalo Tangentopoli e il Pool “Mani Pulite” condotto dal magistrato Di Pietro. Questi portano a diverse crisi e cambi di Governo. L’avvento del nuovo millennio è accompagnato dall’istituzione dell’U.E. e della una moneta unica, l’Euro. Sono anni di conflitti internazionali, prima di tutti la Guerra del Golfo: la prima nel 1990 e la seconda, ancora in corso, nel 2003. Uno degli eventi di grande importanza soprattutto per l’Abruzzo, il terremoto devastante avvenuto il 6 aprile 2009 all’Aquila.

1979 80 81 82 83 84 85 86 87 88 89 90 91 92 93 94 95 96 97 98 99 00 01 02 03 04 05 06 07 08 2009



Quando nel 1978, dopo il trasferimento dell’anno precedente di importanti funzioni amministrative dallo Stato alle regioni, la Regione Abruzzo si trovò a riflettere sul proprio quadro di riferimento territoriale, emersero nuovamente tutti i problemi di un’eccesiva frammentazione del territorio regionale. La realtà cantonale, peraltro alimentata dalle politiche infrastruttural degli anni Settanta, restituiva sul territorio “inutili e dannose duplicazioni” a cui occorreva porre rimedio. In quella occasione veniva consolidato il concetto di “articolazione policentrica degli insediamenti”, insieme alla necessità di diversificare sul territorio le “attrezzature a scala regionale”. Questa idea richiedeva la costruzione di un autorevole luogo regionale di composizione delle spinte municipali, con una progressiva specializzazione delel singole realtà subregionali e delle relative città di riferimento. Rilanciava inoltre la politica dei raccordi infrastrutturali, i quali dovevano favorire l’accessibilità al territorio regionale in tempi brevi. Il governo regionale, per il triennio dal 1978 al 1980, segu una politica versata all’integrazione e la qualificazione del sistema dei trasporti e delle comunicazioni, con particolare attenzione all’interconnessione tra assi viari principali, viabilità a livello regionale, potenziamento della rete ferroviaria, di porti, aeroporti e centri di smistamento. La Regione non riuscì tuttavia ad articolare una proposta organica in tal senso, se non proponendo alcuni raccordi autostradali minori nell’area del Gran Sasso, oppure insistendo sulla liberalizzazione di alcune tratte autostradali in alternativa alla viabilità ordinaria, senza cogliere i problemi ormai strutturali di congestionamento della fascia adriatica.

1984 - Apertura primo tunnell del Gran Sasso

‘80

INCENTIVAZIONE DEI TRASPORTI INFRASTRUTTURALI


Simbolo della loggia P2

Licio Gelli


La loggia massonica Propaganda Due, più nota come P2, già appartenente al Grande Oriente d’Italia, è stata una loggia “coperta”, cioè segreta, nata per reclutare nuovi adepti alla causa massonica con evidenti fini di sovversione dell’assetto socio-politico-istituzionale italiano. Questa circostanza, insieme alla caratteristica di riunire in segreto circa mille personalità di primo piano, principalmente della politica e dell’Amministrazione dello Stato italiano, suscitò uno dei più gravi scandali politici nella storia della Repubblica Italiana. La complessità e la vastità delle implicazioni del “caso P2” furono tali che ne scaturirono leggi speciali, emanate allo scopo di arginare le associazioni segrete, in attuazione dell’articolo 18 della Costituzione della Repubblica Italiana. Il 17 marzo dei giudici istruttori, nell’ambito di una inchiesta, fecero perquisire la villa di Licio Gelli ad Arezzol’operazione scoprì fra gli archivi della “Giole” una lista di quasi mille iscritti alla loggia P2. Erano ancora al potere gran parte delle persone che ivi erano citate e si pubblicò la lista. Licio Gelli, per il quale la magistratura spiccò un ordine di cattura il 22 maggio 1981 per violazione dell’art. 257 del codice penale, si rifugiò temporaneamente in Uruguay. Fu immediatamente intuito che i documenti sequestrati testimoniavano dell’esistenza di un’organizzazione che mirava a prendere il possesso delle leve del potere in Italia: il “piano di rinascita democratica”, un elaborato a mezza via fra un manifesto ed uno studio di fattibilità sequestrato qualche mese dopo alla figlia di Gelli, conteneva una sorta di ruolino di marcia per la penetrazione di esponenti della loggia nei settori chiave dello Stato, indicazioni per l’avvio di opere di selezionato proselitismo e, opportunamente, anche un preventivo dei costi per l’acquisizione delle funzioni vitali del potere. A chiare lettere si indicavano come fini primari il riordino dello stato in senso istituzionalistico, il ripristino di un’impostazione selettiva dei percorsi sociali, insomma una svolta autoritaria.

‘81

LO SCANDALO P2



‘81

Il programma non era in realtà che una sorta di memorandum che preannunciava una serie di pressioni e di azioni che avrebbero mirato a conquistare il potere per conferirlo a fidati amici della loggia. Alcuni analisti odierni non mancano di rimarcare che molti degli argomenti trattati in quel programma sarebbero stati poi attuati da governi successivi, o perlomeno indicati come riforme prioritarie ed essenziali da parte di alcuni esponenti politici allora appartenenti ai partiti con cui la P2 aveva cercato contatti. Lo scandalo che seguì la scoperta della lista e dei suoi legami ebbe al tempo un’ampissima copertura mediatica, paragonabile solo a quello che avrà 10 anni dopo Tangentopoli. Nel periodo dal 1976 al 1981 la P2 ebbe la massima espansione ed influenza e cominciò ad operare anche all’estero. È da notare il capillare radicamento della struttura P2 nel territorio italiano con 2 o 3 iscritti per 35 delle attuali 110 province italiane, tra cui anche L’Aquila e Teramo. A conferma del radicamento nel territorio la presenza in 16 delle 20 regioni italiane, tra cui anche l’Abruzzo.


Simbolo della loggia P2

Licio Gelli


Viene siglato un accordo detto “patto del camper” fra il segretario della DC Arnaldo Forlani e quello del PSI Bettino Craxi, con l’approvazione di Giulio Andreotti (il patto venne poi chiamato intatti CAF, cioè Craxi-Andreotti-Forlani). Si tratta di una coalizione di governo che dura dal 1980 al 1992 ed era costituito di cinque partiti politici: DC, PSI, PSDI, PRI e PLI. Con la nascita del Pentapartito venne definitivamente allontanata la possibilità dell’allargamento della maggioranza nei confronti del Partito Comunista Italiano. La Democrazia Cristiana rimase comunque il partito guida della coalizione, rimase il partito più votato e riuscì più volte ad impedire che esponenti dei partiti laici diventassero Presidenti del Consiglio. I governi del Pentapartito al suo completo furono in tutto 6: il governo Spadolini I (giugno 1981 - agosto 1982); il governo Spadolini II (agosto 1982 - dicembre 1982); il governo Craxi I (agosto 1983 - agosto 1986); il governo Craxi II (agosto 1986 - luglio 1987); il governo Goria (luglio 1987 - aprile 1988); il governo De Mita (aprile 1988 - luglio 1989); il governo Andreott VI (luglio 1989 - aprile 1991). La fine della coalizione avvenne nel 1991, quando il PRI uscì dalla coalizione senza più rientrarvi. Ne nacque il governo Andreotti VII (durato sino al 1992). Questa coalizione di governo appartiene al periodo della cosiddetta Prima Repubblica in Italia, stagione conclusasi con l’inchiesta “mani pulite” che coinvolse numerosi esponenti politici e praticamente quasi tutti i leader nazionali dei partiti che componevano il pentapartito: Giulio Andreotti, Arnaldo Forlani, Ciriaco De Mita, Paolo Cirino Pomicino, Bettino Craxi, Renato Altissimo, Francesco De Lorenzo, Giorgio La Malfa con la sola eccezione di Giovanni Spasolini che non ebbe mai imputazioni a suo carico.

‘81

IL PENTAPARTITO


Elezioni politiche del 1983, 1987, 1992; voti conseguiti dalla DC per la Camera dei deputati

Abruzzo

42,1% 42,2%

40,4%

Mezzogiorno

37,9%

40,7%

39,3%

Italia

32,9% 34,3% 29,7%


La nuova fase della storia elettorale abruzzese, che si apre con le elezioni politiche generali del 1983, racchiude una sequenza che si sviluppa in maniera intessissima con appuntamenti, anche multipli, quasi ogni anno fino al 1992. Le politiche del 26 giugno 1983 giungono a valle di un evolversi della situazione che ha portato alla giuda del governo il repubblicano Giovanni Spadolini, interrrompendo la quasi quarantennale serie di presidenti democristiani e ha visto accentuarsi ulteriormente il dinamismo craxiano. L’evidente depolarizzazione in atto appare anche osservando i dai relativi al comparto meridionale e quanto all’Abruzzo, vi si mostra assai più resistente la DC, mentre il Pci si conferma nei valori nazionali. L’astensionismo si è pronunciato in aumento ovunque, Le europee dell’anno seguente (1984) segnano il sorpasso del Pci sulla DC. Questo segnala la suscettbilità del voto europeo di canalizzare opzioni più libere e più “desideranti” rispetto alle regole e ai vincoli del gioco politico reale. Si torna alle urne nel 1987 per le elezioni politiche generali, le ultime del decennio, caratterizzate dalla netta, generalizzata sconfitta comunista, la vittoria dei due principali partner di governo, il Psi in misura maggiore della Dc; prevalere indiscusso del pentapartito ed eclisse della prospettiva di una alternativa che corra lungo l’asse destra-sinistra; il tutto, in una cornice in cui si sono affacciate dorme di spettacolarizzazione e perdonalizzazione del messggio politico, cui è corrisposta una diminuzione dell’astensionismo.

‘81

MODERNIZZAZIONE POLITICA


Pannella a un cominzio contro l’aborto Referendum popolari abrogativi - Interruzione di gravidanza (Radicali)

Referendum popolari abrogativi - Interruzione di gravidanza (Mov. Vita)

Abruzzo

Abruzzo

SI

12,6%

SI

34,7%

NO

87,4%

NO

65,3%

Votanti

79,3%

Votanti

79,4%

Mezzogiorno

Mezzogiorno 13,5%

SI

34,3%

SI

NO

86,5%

NO

65,7%

Votanti

67,0%

Votanti

67,1%

Italia SI NO Votanti

Italia 11,6%

88,4%

79,4%

SI NO Votanti

32,0%

68,0%

79,4%


I referendum vedevano la proposizione di alcune tematiche «classiche» dei Radicali (reati di opinione e associazione, Abolizione Tribunali Militari, Aborto, Fermo di polizia, ergastolo, porto d’armi) e altre «nuove» come la legalizzazione della droghe leggere, la lotta al nucleare, la caccia, la smilitarizzazione della Guardia di Finanza. Con l’abrogazione di parte della legge 194 sull’aborto pubblico e gratuito (ottenuto anche grazie alle battaglie Radicali degli anni settanta), aveva per il Partito Radicale, l’obiettivo di migliorare la legge in alcuni suoi aspetti, facendo ad esempio cadere la condanna a tre anni di reclusione per chi abortiva o faceva abortire dopo i novanta giorni di gravidanza o eliminando il divieto di aborto per le minorenni. Veniva inoltre avanzato un ulteriore quesito dall’associazione cattolica “Movimento per la Vita” che mirava ad abrogare altre parti della legge con l’intento di rendere l’aborto meno praticabile. Il quesito sull’Abolizione del Tribunale Militare venne superato dal Parlamento. Sei furono invece quelli bloccati dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale. Per i cinque referendum relativi all’abrogazione delle “leggi Cossiga”, dell’ergastolo, del porto d’armi, della legge sull’aborto, il no all’abrogazione vince a livello nazionela; questo dato trova conderma nel Mezzogiorno con percentuali minori di no a proposito dell’aborto e le “leggi Cossiga”, maggiori per quanto attiene alla pena dell’ergastolo. In Abruzzo, i cinque referendumfanno refistrare questa volta risultati più vicini alla configurazione meridionale che a quella “italiana”.

‘81

REFERENDUM ABROGATIVO SULL’ABORTO


Inaugurazione del Tunnel

Il tunnel del Gran Sasso


l traforo del Gran Sasso fa parte dell’Autostrada A24 che collega Roma al Mare Adriatico passando per L’Aquila e Teramo, e attraversa gli Appennini sotto il massiccio del Gran Sasso in Abruzzo. E’ uno dei tratti che attraversa la regione trasversalmente, diversamente dalle altre che si sviluppano longitudinali all’andamento Nord-Sud della regione e a quelle adriatiche. Il tunnel, costituito da due tubi a senso unico di circolazione, è lungo 10,176 km. I lavori di costruzione sono iniziati il 14 novembre 1968 e si sono protratti fino al 1980, ma la galleria in direzione Teramo è stata inaugurata solo il 1º dicembre 1984. Il tratto in direzione L’Aquila è stato inaugurato nel 1993. È la terza galleria stradale per lunghezza in Italia dopo il traforo stradale del Frejus e il tunnel del Monte Bianco, è il più lungo traforo stradale interamente su territorio italiano. Il traforo è un sistema di accesso per i Laboratorio del Gran Sasso.

La Repubblica, 29 novembre TRAFORO DEL GRAN SASSO - SABATO L’INAUGURAZIONE L’ AQUILA - Craxi inaugurerà sabato a L’ Aquila il traforo autostradale del Gran Sasso e si tratterrà in Abruzzo anche domenica: a Francavilla, in mattinata, accolto dalle autorità regionali e locali, da associazioni combattentistiche e dall’ amministrazione civica, decorerà con medaglia d’ oro al valore civile il gonfalone del comune. Nel pomeriggio, alle 15, visiterà a Pescina il cimitero in cui è custodita l’ urna di alabastro con le ceneri dello scrittore Ignazio Silone. Dopo una breve visita in comune, Craxi ripartirà per Roma.

1987 - Apertura dei Laboratori del del Gran Sasso

‘84

APERTURA TUNNEL GRAN SASSO


Giovanni Falcone e Paolo Borsellino

Il processo di Palermo


Il 10 febbraio iniziò il Maxiprocesso contro Cosa Nostra, tenutosi a Palermo nell’aula bunker. Fu chiamato appunto maxi processo in quanto furono indagate più di 400 persone, per crimini legati alla criminalità organizzata. Esso fu considerata la prima reazione importante dello Stato a Cosa Nostra. Non mancò una forte e marcata ostilità di molti componenti della magistratura palermitana, che spesso manifestarono dubbi e critiche al maxiprocesso e ai suoi promotori. Questo processo diede inizio ad un’ondata di contromosse da parte di altri personaggi importanti dell’organizzazione criminale che avrebbe portato alla fine di molti traffici di droga in atto. L’esistenza ed i crimini della Mafia furono negati o, comunque, sottovalutati dalle autorità per decenni, nonostante vi fossero prove della sua attività criminale risalenti all’Ottocento. Ciò può essere attribuito, in parte, a tre metodi particolari usati dalla Mafia per fornire ai suoi componenti una condizione molto simile alla completa immunità come la chiusura dei conti in sospeso con individui importanti; l’uccisione di ogni possibile componente passibile di defezione; la minaccia, o addirittura uccisione di detti individui prominenti. Questi fattori concorsero a stroncare sul nascere molti processi. In effetti, fu solo nel 1980 che venne proposto da La Torre che l’essere membro della Mafia avrebbe dovuto essere un reato specifico. La legge entrò in vigore due anni dopo la morte di La Torre era stato ucciso proprio per aver avanzato quella proposta. Durante i primi anni ottanta, la Seconda guerra di mafia aveva imperversato a tal punto che il boss dei Corleonesi, Salvatore Riina, decimò le altre famiglie mafiose, e centinaia di omicidi vennero commessi, inclusi quelli di diverse autorità di alto profilo come Carlo Alberto Dalla Chiesa, capo dell’antiterrorismo che aveva arrestato i fondatori delle Brigate Rosse nel 1978. Il suo omicidio è stato collegato all’assassinio di Aldo Moro e alla cosiddetta strategia della tensione perseguita dall’organizzazione segreta Gladio. Il crescente sdegno dell’opinione pubblica per questi omicidi diede la spinta necessaria a

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LOTTA ANTIMAFIA


La strage di Capaci dove rimase ucciso Giovanni Falcone

La strage di via d’Amelio a Palermo dove rimase ucciso Paolo Borsellino


1992 - Mafia abruzzese

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magistrati quali Giovanni Falcone e Paolo Borsellino a provare a colpire efficacemente un’organizzazione criminale più radicata nell’isola. Un totale di 474 imputati vennero rinviati a giudizio, ma 119 di loro dovettero essere processati in contumacia, dal momento che erano fuggitivi ancora latitanti (Salvatore Riina era uno di loro). l maxiprocesso ebbe luogo nelle vicinanze dell’Ucciardone (il carcere di Palermo), in un bunker progettato e costruito appositamente per il processo. Il processo terminò il 16 dicembre 1987, circa due anni dopo il suo inizio. La sentenza fu letta alle 19:30, e ci volle un’ora perché venisse letta completamente. Dei 475 imputati - presenti e non - 360 vennero condannati. 2665 anni di condanne al carcere vennero divisi fra i colpevoli, non includendo gli ergastoli comminati ai diciannove boss di punta della Mafia e ai killer. La corte era all’oscuro del fatto che alcuni tra quelli che erano stati condannati in absentia fossero già morti al momento della lettura della sentenza. 114 imputati vennero assolti. Tra gli assolti, diciotto vennero in seguito uccisi dalla Mafia. Nel gennaio 1992, Falcone e Borsellino presero in mano i rimanenti appelli del maxiprocesso. Non soltanto riuscirono a far rigettare molte richieste di appello, ma riuscirono ad agire anche su quelli che avevano avuto successo, così che molti mafiosi che erano stati da poco fatti uscire di prigione vi ritornarono, in molti casi per il resto della loro vita. In quell’estate, Falcone e Borsellino vennero uccisi: il primo nella strage di Capaci il 23 maggio 1992 e il secondo pochi mesi dopo nella strage di via D’Amelio il 19 luglio 1992. Ciò portò ad un pubblico sdegno e ad un riacutizzarsi della lotta alla Mafia che indebolì pesantemente l’organizzazione.



Il piano generale dei trasporti, che veniva pubblicato in quell’anno, proponeva per la prima volta l’idea di “corridoio plurimodale” di trasporto, che rappresentava un’ulteriore raffinazione delle definizione concettuale di direttrice nazionale di traffico. Il punto due del testo del piano generale cita:

sottoporre a questo stesso Comitato entro 6 mesi dalla data del presente atto, un documento che, in relazione agli obiettivi fissati nel documento di programmazione economica e finanziaria ed alla luce delle strategie delineate nel Piano, definisca in modo organico linee di azione ed interventi relativi al Mezzogiorno, tenendo conto, se disponibili, anche delle risultanze delle procedure di valutazione del progetto di massima del collegamento stabile tra la Sicilia ed il continente e delle eventuali alternative di cui alla delibera di questo Comitato n. 33/1999 del 19 febbraio 1999 (pubblicata nella G.U. n. 124 del 29 maggio 1999; errata corrige in G.U. n. 128 del 3 giugno 1999), nonché delle risultanze delle procedure di valutazione previste dall’art. 9 della citata legge n. 144/1999 per l’autostrada Salerno-Reggio Calabria.

Nella pagina accanto: Traforo del Gran Sasso e Campo Imperatore

1987 - Piano Regionale dei trasporti

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PIANO GENERALE DEI TRASPORTI


Intervento alla centrale dopo l’incidente Lo sviluppo della nube dopo l’esplosione


Il 26 aprile alle ore 1:23:44 presso la centrale nucleare V.I. Lenin di Černobyl (in Ucraina, vicino al confine con la Bielorussia) si è verificato il più grave incidente nucleare della storia, l’unico al livello 7 (il massimo) della scala INES dell’IAEA. Nel corso di un test, definito “di sicurezza”, furono paradossalmente violate tutte le regole di sicurezza e di buon senso portando all’innesco di una fortissima esplosione e lo scoperchiamento del reattore. Una nube di materiali radioattivi fuoriuscì dal reattore e ricadde su vaste aree intorno alla centrale che furono pesantemente contaminate, rendendo necessaria l’evacuazione e il reinsediamento in altre zone di circa 336.000 persone. Nubi radioattive raggiunsero anche l’Europa orientale, la Finlandia e la Scandinavia con livelli di contaminazione via via minori, raggiungendo anche l’Italia, la Francia, la Germania. Il rapporto ufficiale redatto da agenzie dell’ONU stila un bilancio di 65 morti accertati con sicurezza e altri 4.000 presunti per tumori e leucemie su un arco di 80 anni. Il bilancio ufficiale è contestato da associazioni antinucleariste internazionali fra le quali Greenpeace che presenta una stima di fino a 6.000.000 di decessi su scala mondiale nel corso di 70 anni, contando tutti i tipi di tumori riconducibili al disastro secondo lo specifico modello adottato nell’analisi. Altre associazioni ambientaliste, come il gruppo dei Verdi del parlamento europeo, prendono le distanze dal rapporto Greenpeace, con tuttavia il merito di segnalare il problema, e pur concordando sulla stima dei 65 morti accertati del rapporto ufficiale ONU, se ne differenzia e lo contesta sulle morti presunte che stima piuttosto in 30.000 ~ 60.000.

1987 - Chiusura delle centrali nucleari in Italia.

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DISASTRO DI CERNOBYL


Raccolta firme per la chiusura delle centrali nucleari in Italia Le centrali nucleari in Italia


Corriere della Sera, 24 febbraio 2009 I TRE REFERENDUM DEL 1987 L’8 novembre 1987 in Italia si votò per cinque referendum, tre di questi riguardavano l’energia nucleare. Nessuno dei tre quesiti chiedeva l’abolizione o la chiusura delle centrali nucleari. I votanti furono il 65,1%, con un’altissima percentuale di schede nulle o bianche che andarono dal 12,4% al 13,4% _REFERENDUM NUCLEARE 1 - Veniva chiesta l’abolizione dell’intervento statale nel caso in cui un Comune non avesse concesso un sito per l’apertura di una centrale nucleare nel suo territorio. I sì vinsero con l’80,6%. _REFERENDUM NUCLEARE 2 - Veniva chiesta l’abrogazione dei contributi statali per gli enti locali per la presenza sui loro territori di centrali nucleari. I sì s’imposero con il 79,7%. _REFERENDUM NUCLEARE 3 - Veniva chiesta l’abrogazione della possibilità per l’Enel di partecipare all’estero alla costruzione di centrali nucleari. I sì ottennero il 71,9%. La Repubblica, 24 dicembre IL NUCLEARE IN PENSIONE ANTICIPATA l bilancio 1988 si chiude con due centrali nucleari in meno. Ieri il Cipe ha impresso il timbro dell’ ufficialità sulla decisione presa nei giorni scorsi dal governo: il vecchio impianto di Latina chiude i battenti tre anni prima del previsto; Trino 2, che avrebbe dovuto essere la porta d’ ingresso dell’ Italia nel grande nucleare, non si farà. Pensione anticipata per la prima generazione di centrali, bloccata sulla rampa di lancio la generazione presente. E’ la fine dell’ atomo made in Italy? Nella mediazione faticosamente raggiunta dal pentapartito questo non è scritto. Anzi, si parla del nucleare del futuro lontano (la fusione) e del futuro vicino (i cosiddetti reattori intrinsecamente sicuri).

1986 - Disastro di Cernobyl

‘87

LA CHIUSURA DELLE CENTRALI NUCLEARI


Il potenziamento della rete infrastrutturale interna alla regione Abruzzo Il traforo del Gran Sasso che collega Teramo all’Aquila


L’Abruzzo si trovò inserito nel “corridoio pedemontano adriatico”, che sanciva definitivamente il ruolo internazionale del fascio di comunicazione adriatiche al punto di convincere Regione e Università “D’Annunzio” a lavorare insieme su un progetto finalizzato a estrarre il meglio e il massimo dalle opportunità che il piano generale dei trasporti prospettava. Si cominciò quindi a riflettere sulle applicazioni concrete in Abruzzo del piano. La proposta considerava il “corridoio” come un fascio longitudinale di relazioni plirimodali com più collegamenti interni a rete; si recuperava così l’idea della transcollinare, che assumeva il carattere della direttrice pedemontana, interconnessa alla direttrice costiera da una fitta serie di bretelle. Si ipotizzò quindi un allineamento Teramo-Penne-Chieti-Guardiagrele-Atessa-Gissi che risultava essere la vera alternativa di riequilibrio dello sviluppo economico regionale. A rafforzare questo fascio si inseriva il tracciato della pedemontana marchigiana, che si innestava sulla transcollinare abruzzese liberando la costa di una rilevante parte del carico autoveicolare. Mancavano però i finanziamenti che erano rivolti soprattutto ad ammodernare la rete ferroviaria principale. Inoltre erano già oggetto di finanziamenti esecutivi gli ammodernamenti di rete, il raddoppio della linea, l’adeguamento per l’alta velocità e per il trasporto merci europeo. Non vi era quindi possibilità di attivare risorse finanziarie per la realizzazione dei “corridoi”. La Legge n. 240 del 4 agosto 1990, dopo altre due leggi che non avevano avuto successo, definiva con maggiore dettaglio l’elenco degli interporti italiani, in cui entrava definitivamente l’Abruzzo. Si invdividuava nell’area Chieti-Pescara la localizzazione dell’interporto abruzzese da realizzarsi nel medio periodo, non senza riscontrare problematicità legata alla debolezza del nodo interportuale abruzzese.

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PIANO REGIONALE DEI TRASPORTI



1993 - Apertura secondo tunnel del Gran Sasso in direzione Aquila i in Apertura del tunnel del Gran Sasso.

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Con la programmazione regionale degli anni Novanta, il vecchio sistema dei raccordi si è trasfromato in un sistema a rete. Al concetto di policentrismo, che è un carattere particolare della struttura urbana dell’Abruzzo, è stato opposto, come naturale evoluzione, il concetto di rete e ha portato al superamento della visione cantonale, anche per l’esaurimento in gran parte dei nodi storici delle infrastrutture regionali. L’idea di specializzare l’Abruzzo aquilano come polo tecnologico della regione, il riconoscimento all’area Chieti-Pescara lo status di polo mercantile regionale e all’area teramana l’esclusiva direzionalità del poli dei servizi indicava il superamento di antichi “particolarismi” che avevano caratterizzato la storia contemporanea d’Abruzzo. L’isolamento delle piccole realtà montane assumeva un valore positivo, peraltro ulteriormente valorizzabile dalla creazione delle reti per lo sviluppo dei rapporti e delle interrelazioni telematiche e informatiche. Il sistema dei piccoli centri diventava così “custode di un sistema di valori che va salvaguardato” e che costituisce il cuore delle possibilità turistiche, ancora inesplorate. Vi era un richiamo al turismo montano e, in questa chiave ambientale e storico -artistica, la modernitò delle infrastrutture tendeva a coincidere con il degrado paesaggistico, assumendo per tanto valori negativi.


Rappresentazione dello sviluppo sotterraneo dei laboratori Gran Sasso. Osservatorio astronomico


Sono dei laboratori di ricerca dedicati allo studio della fisica delle particelle. Sono i più grandi laboratori sotterranei del mondo, e si trovano a 1.400 m sotto la cima del massiccio del Gran Sasso, in prossimità del traforo del Gran Sasso dell’Autostrada A24 Teramo-L’Aquila-Roma, che attraversa la montagna. Oltre ai laboratori sotterranei, la struttura dispone anche di laboratori esterni, che si trovano all’Aquila in località Assergi, vicino l’omonimo casello autostradale. La loro costruzione ebbe inizio nel 1982 e sono stati costruiti assieme al traforo autostradale del Gran Sasso. Cinque anni dopo vi si tenne il primo esperimento. I laboratori sotterranei contengono tre “sale” (sala A, sala B e sala C) le cui dimensioni tipiche sono di 100 m di lunghezza per 20 m di larghezza e 20 m di altezza. Oltre alle tre sale principali, i laboratori sotterranei sono costituiti da alcuni locali di servizio, da tunnel di collegamento (uno dei quali collega tutte le tre sale ed è sufficientemente grande da permettere il passaggio di grossi autocarri) e da alcune piccole altre zone sperimentali dove trovano collocazione alcuni esperimenti di piccole dimensioni geometriche. In due piccoli tunnel ausiliari, appositamente realizzati, ha trovato collocazione un interferometro ottico. In tempi passati alcuni esperimenti utilizzavano anche dei rivelatori posti sulla sommità della montagna sopra i laboratori sotterranei e i dati registrati venivano analizzati in coincidenza o in anticoincidenza con quelli registrati nel laboratorio sotterrano.

‘87

LABORATORI NAZIONALI DEL GRAN SASSO



1980 - Incentivazione dei trasporti infrastrutturali 1984 - Apertura primo tunnell del Gran Sasso

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I laboratori esterni sono costituiti da diversi edifici separati. Al loro interno si trovano gli uffici della direzione del laboratorio, gli uffici dei diversi gruppi che gestiscono gli esperimenti, alcuni laboratori, una biblioteca e altre strutture di supporto. Inoltre sono presenti diverse sale conferenze, che vengono utilizzate non solo per seminari ed incontri interni al laboratorio, ma che sono spesso utilizzate anche come sede di conferenze e assemblee di lavoro internazionali su argomenti scientifici riguardanti i temi trattati dal laboratorio. I laboratori sono gestiti dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), e vengono utilizzati da scienziati di tutto il mondo per condurre ricerche in campi come l’astrofisica o la fisica delle particelle. La collocazione sotto la montagna permette di ridurre notevolmente il flusso dei raggi cosmici e consente di semplificare il rilevamento di particelle come il neutrino o la ricerca della materia oscura. L’esperimento GALLEX (ora non più in fase di raccolta dati e trasformato nel progetto Gallium Neutrino Observatory) ha avuto sede nella sala A di questo laboratorio e i suoi dati, che confermavano la presenza di una mancanza nel flusso dei neutrini elettronici solari che arrivano sulla Terra dal Sole rispetto a quanto previsto dai modelli solari, hanno contribuito a mostrare l’importanza dei laboratori sotterranei. Una peculiarità dei Laboratori sotterranei del Gran Sasso è che sono stati appositamente costruiti e che sono dotati di un facile accesso. Normalmente gli altri laboratori sotterranei sono collocati in miniere abbandonate o in zone non più utilizzate di una miniera tuttora attiva e l’accesso alla zona sperimentale richiede di percorrere cunicoli minerari e lunghi tragitti in ascensore. L’accesso ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso avviene invece direttamente dal tunnel autostradale e i laboratori sono alla stessa quota dell’autostrada. Questa disposizione si rivela particolarmente utile e comoda e non solo permette un più facile accesso al personale ma permette anche di portare più facilmente all’interno la strumentazione e strutture precostruite o prefabbricate all’esterno anche di notevole dimensione.



lL Muro di Berlino era una barriera in cemento alta circa tre metri che separava Berlino Est, capitale della Repubblica Democratica Tedesca, da Berlino Ovest, exclave della Repubblica Federale di Germania circondata dal territorio della Repubblica Democratica Tedesca. È considerato il simbolo della Cortina di ferro, linea di confine europea tra la zona d’influenza statunitense e quella sovietica durante la guerra fredda. Eretto dal governo comunista della Germania Est, divise in due la città di Berlino per 28 anni, dalla sua costruzione (1961) fino al suo crollo, avvenuto il 9 novembre 1989. Durante questi anni alcuni studiosi sostengono che furono più di 200 le persone uccise mentre cercavano di raggiungere Berlino Ovest o catturate ed in seguito giustiziate. Il 9 novembre 1989, dopo diverse settimane di disordini pubblici, il Governo della Germania Est annunciò che le visite in Germania e Berlino Ovest sarebbero state permesse; dopo questo annuncio una moltitudine di cittadini dell’Est si arrampicò sul muro e lo superò, per raggiungere gli abitanti della Germania Ovest dall’altro lato in un’atmosfera festosa. Durante le settimane successive piccole parti del muro furono portate via dalla folla e dai cercatori di souvenir; in seguito fu usato dell’equipaggiamento industriale per rimuovere quasi tutto quello che era rimasto.Tutt’oggi c’è un grande commercio dei piccoli frammenti. La caduta del muro di Berlino aprì la strada per la riunificazione tedesca che fu formalmente conclusa il 3 ottobre 1990. Nella pagina accanto: Una parte del Muro di Berlino collocata di fronte al Parlamento Europeo a Bruxelles, Belgio.

1993 - Trattato di Maastricht

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CADUTA DEL MURO DI BERLINO


Truppe ONU in Iraq durante la Prima guerra del Golfo Manifestazioni in Italia contro la Guerra


La guerra del Golfo (2 agosto 1990 – 28 febbraio 1991),[1] detta anche prima guerra del Golfo in relazione alla cosiddetta seconda guerra del Golfo, è il conflitto che oppose l’Iraq ad una coalizione composta da 35 stati formatasi sotto l’egida dell’ONU e guidata dagli Stati Uniti, che si proponeva di restaurare la sovranità del piccolo emirato del Kuwait, dopo che questo era stato invaso dall’Iraq. Il 2 agosto del 1990 il ra‘īs (presidente) iracheno Saddam Hussein invase il vicino Stato del Kuwait in nome di un’antica ma infondata pretesa di Baghdad di recuperare un territorio che sarebbe stato iracheno, malgrado prima della nascita dell’Iraq sia l’Iraq sia il Kuwait fossero stati parte non perfettamente distinguibili amministrativamente dei più vasti domini del Sultanato ottomano e che, comunque, l’Iraq avesse riconosciuto l’indipendenza del piccolo Emirato del golfo Persico quando questo era stato ammesso alla Lega araba. L’invasione provocò delle immediate sanzioni da parte dell’ONU che lanciò un ultimatum, imponendo il ritiro delle truppe irachene, la richiesta non conseguì risultati e il 17 gennaio 1991 iniziò la guerra nel Golfo, le operazioni di aria e di terra furono chiamate, dalle forze armate statunitensi, Operation Desert Storm motivo per cui spesso ci si riferisce alla guerra usando la locuzione “Tempesta nel deserto”. La prima guerra del Golfo fu anche un evento mediatico che segna uno spartiacque nella storia dei media. Fu infatti definita La prima guerra del villaggio globale. Tra le varie risoluzioni ONU, la più importante fu la numero 678, dove era stabilito l’ultimatum per la mezzanotte del 15 gennaio 1991 Eastern Standard Time per il ritiro delle truppe irachene ed erano autorizzati “tutti i mezzi

‘90

GUERRA DEL GOLFO



2003 - Seconda guerra del Golfo

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necessari per sostenere e implementare la risoluzione 660”, una formula diplomatica per l’approvazione dell’uso della forza. Gli Stati Uniti assemblarono una coalizione di forze contro l’Iraq. Essa era costituita da 34 nazioni: Arabia Saudita, Argentina, Australia, Bahrain, Bangladesh, Brasile, Canada, Cile, Colombia, Danimarca, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Francia, Germania, Grecia, Honduras, Italia, Kuwait, Marocco, Nuova Zelanda, Niger, Norvegia, Paesi Bassi, Oman, Portogallo, Qatar, Regno Unito, Senegal, Spagna, Sud Africa, Sud Corea e gli stessi Stati Uniti d’America-



Le guerre jugoslave sono state una serie di conflitti armati che hanno coinvolto diversi territori appartenenti alla Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia tra il 1991 e il 1995, causandone la dissoluzione. Diverse le motivazioni che sono alla base di questi conflitti. La più importante è il nazionalismo imperante nelle diverse repubbliche a cavallo fra la fine degli anni ottanta e l’inizio degli anni novanta (in particolare in Serbia, Croazia e Kosovo, ma in misura minore anche in Slovenia e nelle altre regioni della Federazione). Influenti anche le motivazioni economiche, gli interessi e le ambizioni personali dei leader politici coinvolti e la contrapposizione spesso frontale fra le popolazioni delle fasce urbane e le genti delle aree rurali e montane, oltre che gli interessi di alcune entità politiche e religiose (anche esterne) a porre fine all’esperienza della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia.

1996 - Guerra in Kosovo 1996 - Emigrazione albanese

‘91

LE GUERRE IN JUGOSLAVIA


Regioni che hanno individuato distretti industriali secondo i criteri della Legge 317/91


del 5 ottobre Interventi per l’innovazione e lo sviluppo delle piccole imprese La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato; IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA PROMULGA la seguente legge: CAPO I FINALITA’ E CAMPO DI APPLICAZIONE Art. 1. (4) (10) (Finalita’ della legge e definizione di piccola impresa) 1. La presente legge ha la finalita’ di promuovere lo sviluppo, l’innovazione e la competitivita’ delle piccole imprese, costituite anche in forma cooperativa, con particolare riguardo: a) alla diffusione e allo sviluppo delle nuove tecnologie; b) allo sviluppo e all’attivita’ di consorzi e di societa’ consortili tra piccole imprese nonche’ dei consorzi, delle societa’ consortili e delle cooperative di garanzia collettiva fidi, costituiti da piccole imprese industriali, artigiane, commerciali, turistiche e di servizi ; c) alla diffusione di nuove strutture e strumenti finanziari per l’innovazione e lo sviluppo delle piccole imprese; d) alla creazione, allo sviluppo e all’ammodernamento delle piccole imprese localizzate nelle aree colpite da crisi di settori industriali nell’ambito di specifiche azioni di risanamento e sviluppo decise in sede comunitaria; e) agli investimenti delle piccole imprese innovative. 2. Ai fini della presente legge si considera: a) piccola impresa industriale quella avente non piu’ di 200 dipendenti e 20 miliardi di lire di capitale investito, al netto di ammortamenti e rivalutazioni monetarie; b) piccola impresa commerciale, piccola impresa turistica e piccola impresa di servizi , anche del terziario avanzato, quella avente non piu’ di 75 dipendenti e 7,5 miliardi di lire di capitale investito, al netto di ammortamenti e rivalutazioni monetarie. 3. Sono destinatarie delle agevolazioni di cui agli articoli 6, 7, 8 e 12: a) le piccole imprese industriali o di servizi, costituite anche in forma cooperativa o societaria. Per imprese di servizi si intendono quelle che operano nei settori dei servizi tecnici di studio, progettazione e coordinamento di infrastrutture e impianti, dei servizi di informatica, di raccolta ed elaborazione dati; b) le imprese artigiane di produzione di cui alla legge 8 agosto 1985, n. 443. 4. Sono destinatarie delle agevolazioni previste dall’articolo 9 le societa’ finanziarie per l’innovazione e lo sviluppo di cui all’articolo 2. 5. Ai fini della valutazione dei limiti dimensionali di cui al comma 2 del presente articolo e all’articolo 4 della legge 8 agosto 1985, n. 443, si considerano come unica impresa quelle che si trovino nelle condizioni di cui all’articolo 2359 del codice civile. 6. Il Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato adegua con proprio decreto i limiti del capitale investito di cui al comma 2, utilizzando il deflattore degli investimenti lordi riportato nella Relazione generale sulla situazione economica del Paese; si procede all’adeguamento quando la variazione superi il 10 per cento del valore del capitale precedentemente stabilito. 6-bis. La definizione di piccola impresa, l’intensita’ delle agevolazioni concedibili ai sensi della presente legge e gli investimenti oggetto delle stesse saranno adeguati, a decorrere dal 1 luglio 1993, con decreto del Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato e, per la parte di competenza, del Ministro del tesoro, alla disciplina comunitaria degli aiuti di Stato, tenuto conto delle intese raggiunte con la Commissione delle Comunita’ europee.

1996 - Distretti industriali

‘91

LEGGE N. 317


Manifestazioni in Italia contro la Mafia


La criminalità organizzata, da anni ormai attiva sia nella Marsica che sulle coste abruzzesi, è sicuramente interessata a non perdere una fonte sicura di guadagno. È La storia di un’isola felice solo per le mafie. Cosa nostra, ‘ndrangheta, camorra, sacra corona unita, ma anche le organizzazioni straniere (quelle albanese e cinese in testa) si muovono tra i monti della Marsica e sulla costa da diversi anni. Fanno affari, si infiltrano nell’economia, mettono le mani sugli appalti, costruiscono basi operative per latitanti e per i traffici di droga. Capitali da riciclare, investiti in aziende e immobili. Una regione malata di corruzione: dalla Tangentoli degli anni 90 agli scandali recenti, dai provvedimenti giudiziari che hanno colpito la giunta regionale nel 1992 all’arresto del governatore dell’Abruzzo Ottaviano Del Turco. Una visione che è un esempio classico di rimozione: la commissione parlamentare antimafia visitò nel ‘93 l’isola felice – all’indomani della bufera giudiziaria del ‘92 (nove arrestati su undici componenti della giunta regionale) e di una serie impressionante di inchieste su politica-mafia-massoneria – lasciando ai posteri un dossier al vetriolo. Droga e prostituzione sono le attività principali delle mafie straniere in Abruzzo. Sono gli albanesi a gestire i grandi traffici (adesso con un preoccupante asse slavicampani). Il pericolo giallo è la vera emergenza: nella regione è presente una delle comunità asiatiche più strutturate ,clan mafiosi agguerriti e misteriosi (vedi operazione Piramide a Pescara). L’isola verde è preda delle ecomafie. Tonnellate di rifiuti tossici scaricati abusivamente, discariche illegali, cave riempite di ogni cosa, un po’ ovunque. Caso eclatante è quello di Bussi sul Tirino, una delle discariche più grandi d’Europa. Corruzione dilagante, endemica. Legami tra politica, amministrazione, mafie e massoneria. Intrecci perversi, trame occulte e intricate che spesso hanno l’Abruzzo come scenario. Dall’inchiestona sull’autoparco milanese di cosa nostra a Tangentopoli negli anni 90, dalle tangentine locali fino alle presunte tangenti che avrebbero intascato Del Turco e il sindaco di Pescara Luciano D’Alfonso. Come nelle altre regioni del Centro e del Nord, la pratica infelice dei soggiorni obbligati ha dato il la alla colonizzazione mafiosa.

‘92

MAFIA ABRUZZESE



1986 - Lotta antimafia

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Diverse famiglie siciliane, calabresi, campane e poi pugliesi hanno potuto utilizzare basi d’appoggio in Abruzzo, anche grazie alla presenza di affiliati, o addirittura boss, confinati lontano da casa. Un esempio: il boss della ‘ndrangheta Michele Pasqualone ha svernato in Abruzzo, mettendo in piedi nel corso degli anni una cosca dedita alle estorsioni e all’usura (operazione Histonium, 2008). L’Abruzzo è anche la terra dei collaboratori di giustizia. Lì vengono spediti, in tantissimi, per vivere sotto falsa identità. Forse un po’ troppi. E spesso nemmeno in gran segreto. C’è Carmelo Mutoli, palermitano, genero del bosso della Noce Francesco Scaglione, tra i testi dell’accusa nel processo per la strage di Capaci. Collabora dal ‘94, ma nel ‘95 non viene ammesso in via definitiva al programma speciale di protezione, e viene pubblicamente invitato a lasciare la propria casa abruzzese. Ne arriveranno molti altri. Tanto che nel 2000 a l’Aquila c’è un corto circuito. In aprile si suicida Giuseppe Arena, di Taurianova. Pochi giorni dopo Antonio Maletesta, anch’egli collaboratore di stanza in Abruzzo, è protagonista di una sparatoria. C’è anche Bruno Piccolo, il pentito dell’affaire Fortugno, che vive a Chieti sotto falso nome, prima del suicidio alla vigilia del secondo anniversario dell’omicidio, nel 2007. Ci fu anche l’allarme attentato che coinvolge Giovanni Falcone. Siamo nell’89, il 19 luglio il giudice palermitano arriva in elicottero al carcere di Vasto per interrogare Gaetano Grado, cugino di Totuccio Contorno, arrestato pochi mesi prima. Durante i controlli nella zona vengono ritrovate in un casolare munizioni da guerra, 200 proiettili per carabine di precisione, pallettoni caricati a lupara, pistole lanciarazzi, forse da utilizzare per un agguato. Il periodo è caldissimo: qualche settimana prima, il 20 giugno, va in scena il fallito attentato dell’Addaura. La riservatezza sugli spostamenti del giudice è massima. Ma il suo arrivo è preceduto da telefonate minatorie al carcere.


Il Pool milanese di Mani Pulite al funerale di Giovanni Falcone

Il senatore Antonio di Pietro consegna le firme per il referendum contro la legge sull’immunità pralamentare


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Tangentopoli cominciò il 17 febbraio 1992. Il pubblico ministero Antonio Di Pietro chiese ed ottenne dal GIP Italo Ghitti un ordine di cattura per l’ingegnere Mario Chiesa, presidente del Pio Albergo Trivulzio e membro di primo piano del PSI milanese. Chiesa era stato colto in flagrante mentre intascava una tangente dall’imprenditore monzese Luca Magni che, stanco di pagare, aveva chiesto aiuto alle forze dell’ordine. La notizia fece scalpore e finì sulle prime pagine dei quotidiani e dei telegiornali. Bettino Craxi, leader dello stesso PSI, con l’obiettivo di ritornare alla presidenza del Consiglio, dopo le elezioni politiche di primavera, negò l’esistenza della corruzione a livello nazionale, definendo Mario Chiesa un mariuolo isolato, una “scheggia impazzita” dell’altrimenti integro Partito Socialista che “in cinquant’anni di amministrazione a Milano, non aveva mai avuto un solo politico inquisito per quei reati”. Venne così istituita un’indagine giudiziaria condotta a livello nazionale. Dalle indagini emerse una sconvolgente diffusione della corruzione, della concussione e del finanziamento illecito ai partiti ai livelli più alti del mondo politico e finanziario italiano (poi ribattezzata appunto Tangentopoli). Furono coinvolti ministri, deputati, senatori, imprenditori, perfino ex presidenti del Consiglio. Le inchieste furono inizialmente condotte da un pool della Procura della Repubblica di Milano e allargate a tutto il territorio nazionale, diedero vita ad una grande indignazione dell’opinione pubblica e di fatto rivoluzionarono la scena politica italiana. Partiti storici come la Democrazia Cristiana, il Partito Socialista Italiano, il PSDI, il PLI, il PRI sparirono o furono fortemente ridimensionati. Subito dopo le elezioni, molti industriali e politici furono arrestati con l’accusa di corruzione. Le indagini iniziarono a Milano, ma si propagarono velocemente ad altre città, man mano che procedevano le confessioni. A settembre viene resa nota un’indagine della Procura di Brescia su un ex uf ficiale dei carabinieri

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INCHIESTA “MANI PULITE”


Giandomenico Pisapia, Antonio di Pietro, Gherardo Colombo

Manifestazioni di sostegno al pool Mani Pulite


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1992 - La Giunta Regionale Abruzzese

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che avrebbe girato l’Italia per raccogliere notizie compromettenti sulla vita privata di Di Pietro. Due suoi amici avrebbero ricevuto offerte in denaro per rivelare che il magistrato avrebbe fatto uso di droga. L’indagine venne archiviata. L’opinione pubblica, dopo l’iniziale smarrimento, si schierò in massa dalla parte dei PM: la giustificazione stessa della legge sul finanziamento pubblico ai partiti veniva percepita come priva di senso, visto che per anni era stata spiegata con le necessità di sostentamento della politica ed ora si scopriva che ciò non aveva fatto venir meno la corruzione. Le inchieste proseguirono e si estesero in tutta Italia, offrendo un panorama di corruzione diffusa dal quale nessun settore della politica nazionale o locale appariva immune. Politici e imprenditori di primissimo piano furono inquisiti e travolti da una “pioggia di avvisi di garanzia”. L’inchiesta Mani pulite, durata due anni e condotta da cinque magistrati, ha portato a 1300 fra condanne e patteggiamenti definitivi.


Sede della regione Abruzzo La giunta abruzzese

Rocco Salini, ex-presidente della giunta regionale


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In Abruzzo si registra il clamoroso caso (unico in Italia) di una giunta regionale in cui nove degli undici membri, compreso il presidente nel pieno delle loro funzioni, vengono tutti tratti in arresto per questioni legate all’erogazione dei piani operativi plurifondo (Pop) con l’accusa di truffa alla Cee. CORRIERE DELLA SERA 30 settembre 1992 SCANDALO IN ABRUZZO, TRAVOLTA LA GIUNTA REGIONALE Inchiesta sulla ripartizione di 400 miliardi concessi dalla CEE per finanziare progetti presentati da privati e enti pubblici; emessi ordini di custodia cautelare a carico di 9 degli 11 amministratori regionali: Salini Rocco DC ( presidente giunta ) e gli assessori Canosa Aldo, Lettere Giuseppe, Tenaglia Domenico, Pollice Filippo, Giannunzio Ugo, Liberati Romano, Pizzola Paolo e Benedetto Giuseppe L’ AQUILA . Uno scandalo su fondi Cee travolge la giunta abbruzzese. La ripartizione di circa 400 miliardi per finanziare i progetti presentati da privati e da enti pubblici, i cosiddetti Pop (Programmi operativi plurifondo) ha messo nei guai il governo regionale Dc.Psi.Pli, ovvero 8 dei 10 assessori oltre al presidente democristiano Rocco Salini. A carico di 9 degli 11 amministratori regionali sono stati emessi ordini di custodia cautelare proprio in relazione a una delibera approvata nel luglio scorso. La notizia si e’ diffusa nel tardo pomeriggio di ieri anche se magistratura, polizia e carabinieri hanno continuato a smentire l’ esistenza di provvedimenti restrittivi. Ma ancora alla mezzanotte di ieri davanti al carcere di San Domenico a L’ Aquila stazionavano centinaia di persone, oltre a giornalisti e operatori di tv private, in attesa dell’ arrivo delle auto con i personaggi eccellenti in manette. Nel corso della seduta del consiglio regionale svoltasi a L’ Aquila e dedicata quasi per intero alla bufera che ha coinvolto l’ assessorato ai Trasporti (5 titolari di societa’ di autolinee arrestati assieme a un alto funzionario della Regione; un ex assessore indagato per concussione) le voci di possibili arresti erano probabilmente giunte fino ai destinatari degli ordini di custodia cautelare. Fra il pubblico decine di carabinieri e agenti della polizia di Stato. Sarebbe stato facile avvicinare i componenti della giunta regionale in carica, ma evidentemente si sono voluti evitare arresti plateali sotto le telecamere. Lo scandalo dei finanziamenti Pop e’ scoppiato all’ improvviso ieri l’ altro con il sequestro di tutta la documentazione effettuata negli uffici della Regione per disposizione del sostituto procuratore della Repubblica Fabrizio Tragnone. Agenti della polizia di Stato e carabinieri avevano prelevato una montagna di fascicoli inerenti la ripartizione di finanziamenti per 400 miliardi oltre alla delibera incriminata. Delibera approvata, oltre che dal presidente della giunta Rocco Salini (dc), dagli assessori democristiani Aldo Canosa, Giuseppe Lettere, Domenico Tenaglia, Filippo Pollice; dai socialisti Ugo Giannunzio (vicepresidente della giunta), Romano Liberati e Paolo Pizzola; dal liberale Giuseppe Benedetto. Alla fatidica riunione erano assenti altri due assessori democristiani Giuseppe Molino e Franco La Civita. L’ inchiesta sembra sia partita dall’ esposto presentato da un albergatore, il quale si e’ visto escludere dai finanziamenti e respingere il progetto, nonostante avesse le carte in regola. Francesco Di Miero 1992 - Tangentopoli 1992 - Mafia abruzzese

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LA GIUNTA REGIONALE ABRUZZESE


Manifestazioni per la scala mobile


Si tratta del sistema di aggiornamento automatico della retribuzione da lavoro dipendente rispetto all’aumento del costo della vita. La scala mobile veniva calcolata seguendo l’andamento variabile dei prezzi di particolari beni di consumo, generalmente di larga diffusione, costituenti il cosiddetto paniere. Un’apposita commissione aveva il compito di determinare ogni tre mesi le variazioni del costo della vita utilizzando appunto le variazioni dei prezzi di tali beni. La scala mobile non teneva conto di un altro parametro economico, l’aumento del PIL, o valore aggiunto per le aziende, oppure, in termini equivalenti, l’aumento della produttività del lavoro. Le successive variazioni percentuali dei prezzi dei beni di consumo divenivano i punti di variazione dell’indice stesso del costo della vita. Il 14 febbraio 1984 un decreto del Governo Craxi taglia 4 punti percentuale della Scala Mobile, convertendo un accordo delle associazioni imprenditoriali con Cisl e Uil. Al decreto farà seguito la conversione nella legge 219 del 12 giugno 1984. Il 9 e 10 giugno 1985 si svolge il referendum abrogativo della norma che comporta un taglio di quattro punti della scala mobile. Il taglio rimane. La scala mobile è stata definitivamente soppressa con la firma del protocollo triangolare di intesa tra il Governo Amato I e le parti sociali avvenuta il 31 luglio 1992. Con la scala mobile è stata abolita l’indennità di contingenza ed è stato introdotto per tutti i lavoratori dipendenti l’Elemento Distinto della Retribuzione.

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ABOLIZIONE SCALA MOBILE


Raccolta firme

Campagna pubblicitaria per il referendum


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A partire da quest’anno la situazione italiana muta radicalmente: la crisi finanziara e politica dello Stato interrompe bruscamente il modella della “crescita a debito” (basato sul deficit pubblico e altri tassi di inflazione), con inevitabile contrazione del flusso di spesa pubblica verso il Sud. Contemporaneamente l’abolizione della scala mobile in concomitanza l’anno successivo con l’accordo sindacale sulla concertazione, viene a definirsi un nuovo schema di relazioni industriali. Al referendum sull’abolizione della scala mobile, l’Abruzzo si attesta su un valore prossimo a quello nazionale, con 53,8 % di no all’abrogazione. In relazione ai singoli ambiti territoriali, le percentuali dei no sono quasi ovunque superiori alla media abruzzese, con le eccezioni delle province di Pescara e Teramo (in quest’ultima, il risultato addirittura si rovescia, con la vittoria del sì), cioè dei due distretti più industrializzati e con maggiore presenza operaia. Contemporaneamente a livello mondiale, profonde novità investono il sistema industriale: entra in crisi il modello taylorista e fordista con la standardizzazione dei prodotti e dei processi a causa della spinta di mercati sempre più instabili ed esigenti. Nello stesso anno, entra in regime della legge n.488 , e cominciano a vedersi politiche di sostegno più incisive, mentre vengono alla ribalta inediti strumenti per favorire lo sviluppo locale (piani territoriali e contratti d’area). Con questo nuovo clima economico, si impongono forme organizzative maggiormente volte alla flessibilità e alla diversificazione. Si fa così riferimento al modello giapponese, improntato sui principi della “produzione snella” e della “quantità totale” che richiede un maggiore coinvolgimento dei dipendenti nel processo lavorativo, favorisce il decentramento di fasi e settori della produzione, oltre a farne derivare un maggior radicamento nel territorio da parte di società “transnazionali” divise in più sezioni produttive e relativamente autonome tra loro. Si fa strada così il modello distrettuale della piccola e media impresa.

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POLITICHE SI STOSTEGNO ALLO “SVILUPPO LOCALE”



Fin dalla “Dichiarazione solenne sull’Unione europea” adottata dal Consiglio europeo di Stoccarda nel giugno 1983 si proponeva la realizzazione di un’unione politica dell’Europa, che integrasse con la CEE e che si sarebbe chiamata Unione europea. In un Consiglio europeo straordinario a Dublino (28 aprile 1990) si rilanciò formalmente l’impegno costruttivo alla nascita di un’Unione politica europea. Il secondo Consiglio di Dublino, questa volta ordinario, si tenne nel giugno successivo e si decise in quell’occasione a maggioranza di convocare una nuova Conferenza Intergovernativa in cui si sarebbero cominciati i lavori a dicembre, sull’unione politica. La presidenza di turno del Lussemburgo presentò un progetto che proponeva che la futura Unione europea fosse composta di “tre pilastri”: _Comunità europea: avrebbe inglobato CECA, CEE ed CEEA. _Politica estera e sicurezza comune (il progetto sposava più le idee angloolandesi che quelle franco-tedesche in materia di difesa). _Affari interni e giustizia. Il compromesso non rinunciava all’idea di una futura Europa federale, parola che ritornava in un testo ufficiale per la prima volta dagli anni cinquanta. Fu proprio questo elemento, probabilmente, a portare la successiva presidenza di turno olandese a presentare a sorpresa un secondo progetto di Trattato: la struttura a tre pilastri veniva sostituita da un totale incorporamento delle nuove politiche nella CEE, mentre veniva esclusa qualsiasi autonomia federalista in campo difensivo in quanto la sicurezza europea sarebbe rimasta parte delle strategie della NATO. Il progetto non ottenne l’appoggio dei principali Paesi europei – tra cui l’Italia – ed ebbe vita breve: il disegno di tre pilastri veniva così fissato. Conclusi i lavori della CIG, a Maastricht si apriva il 9 dicembre 1991 lo storico Consiglio europeo che avrebbe dato vita al nuovo Trattato. Nella prima giornata furono sciolti gli ultimi nodi sull’Unione economica e monetaria: entro il 1º gennaio 1999 si sarebbe avviata la terza tappa del calendario, con l’introduzione della moneta unica.

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TRATTATO DI MAASTRICHT



1993 - Regolamento Comunitario n. 2081 1999 - EURO moneta unica

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Sul piano della PESC (politica estera e di sicurezza comune), veniva accolta la volontà futura di costituire una difesa comune e si stabiliva che sulle decisioni di politica estera generale sarebbe rimasta l’unanimità, salvo adottare la maggioranza per le “decisioni di applicazione”. Chiusi in tal modo i negoziati, il 7 febbraio 1992 veniva firmata sempre nella cittadina olandese il Trattato sull’Unione europea che da allora sarebbe stato noto come Trattato di Maastricht. L’Unione dispone di un quadro istituzionale unico in quanto le sue istituzioni sono comuni a tutti e tre i pilastri; oltre a quelle canoniche, viene ufficialmente riconosciuto il Consiglio europeo come organo di sviluppo politico. Diverse competenze comunitarie venivano ampliate, come la politica di coesione economica e sociale che si arricchiva di un fondo ad hoc per finanziare progetti di sviluppo economico nelle regioni più arretrate; nel campo della legislazione sociale veniva adottata la regola della maggioranza qualificata nel processo decisionale, salvo per le questioni più spinose. Stessa cosa nell’ambito della ricerca, sviluppo e ambiente. Veniva riconosciuta come politica comunitaria anche la protezione dei consumatori e lo sviluppo delle reti transeuropee (trasporti, comunicazioni, energia). L’innovazione principale è però la definizione del principio di sussidiarietà. Tale concetto sostiene che, nei settori che non sono di sua esclusiva competenza, l’Unione interviene solo laddove l’azione dei singoli Stati non sia sufficiente al raggiungimento dell’obiettivo.


Il Presidente del Senato della Repubblica incontra il Presidente della commissione europea Romano Prodi


REGOLAMENTO (CEE) N. 2081/93 DEL CONSIGLIO del 20 luglio 1993 che modifica il regolamento (CEE) n. 2052/88 relativo alle missioni dei Fondi a finalità strutturali, alla loro efficacia e al coordinamento dei loro interventi e di quelli della Banca europea per gli investimenti de degli altri strumenti finanziari esistenti.

La normativa comunitaria sul sitema di incentivi e vincoli alle attività produttive stava subendo cambiamenti, soprattutto con il trattato di Masastricht, creando le condizioni di un’effettiva aprità nella concorrenza tra le imprese. La Commissione europea e gli Stati membre dell’UE definiscono una programmazione pluriennale (Quadri comunitari di sostegno) per la distribuzione delle risorse definendo i contenuti delle azioni, i soggetti coinvolti e le stesse metodologie di esecuzione. Inoltre i QCS prevedono che vengano definiti dei piani multiregionali approntati centralmente e dai Piani operativi plurifondo (POP), predisposti invece dalle regioni e approvati poi dall’UE. Per l’Abruzzo era importante riuscire a conservare il diritto d’accesso all’obiettivo I del regolamento quadro del 24 giugno 1988 n. 2052, che prevedeva l’intervento straordinario nel Mezzogiorno, insieme ai benefici comunitari dei fondi strutturali. L’Abruzzo ottiene di restare a pieno titolo nella fascia di aiuti più elevati fino al dicembre 1993 per il potenziamento del proprio apparato produttivo. Ma gli anni Novanta segnano un forte rallentamento dell’evoluzione congiunturale dell’economia con il conseguente accentuarsi del divario Nord/Sud. Nel giro di un paio d’anni l’Abruzzo sembra perdere il primato dello sviluppo che deteneva da tempo tra le regioni meridionali, cedono soprattutto l’industria e il terziario. Nel 1993 la situazione precipita ulteriormente, si paventa il rischio che possano instaurarsi nuove contraddizioni e nuove emergenze. Lo stesso anno, è quello in cui

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REGOLAMENTO COMUNITARIO N. 2081



III DISPOSIZIONE RELATIVE AGLI OBIETTIVI SPECIFICI Articolo 8 Obiettivo n. 1 Gli Abruzzi sono ammissibili agli aiuti a titolo dell’obiettivo n.1 per il periodo che va dal 1° gennaio 1994 al 31 dicembre 1996.

fino al 31 dicembre 1996, a differenza delle altre regioni meridionali che poteva godere degl interventi per l’intera durata del Quadro Comunitario di Sostegno fino al 1999. Già nel 1994 l’Abruzzo ridiventa una regione a economia forte, è l’anno della ripresa e della svolta, da cui esce confermata la maturità dell’economia abruzzese; migliora anche la dotazione di infrastrutture e servizi. L’economia regionale comincia di nuovo ad avere buoni ritmi intorno al 1997. La buona salute dell’economia abruzzese trova conferma nella sua recente propensione verso l’expor, infatti i dati dell’esportazione estera confermano il definitivo decollo della regione. E’ l’immagine di una regione che sta ponendo le basi per il definitivo affrancamento dalle politiche di sostegno e la piena integrazione nel sistema economico nazionale e internazionale.

1993 - Trattato di Maastricht

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si ridiscute la permanenza dell’Abruzzo nel regime dei sostegni comunitari; la crisi economica è l’occasione per aggiungere nuovi elementi alle solite argomentazioni. Viene così riconfermata la presenza dell’Abruzzo tra le regioni comprese nell’obiettivo I:


Confine regionale Confine provinciale Confine distrettuale SPECIALIZZAZIONE PRODUTTIVA Alimentari Carta e Poligrafiche Chimica, Gomma, Plastica Meccanica Oreficeria, Strumenti musicali, Giocattoli Pelli, Cuoio, Calzature Prodotti per la casa Tessile, Abbigliamento Distretti non industriali Servizi per le imprese


Con la legge del 5 ottobre 1991, n.317, innovativa delle politiche per la promozione e lo sviluppo delle piccole imprese, viene demandato alle regioni il compito di individuare i distretti industriali e fissarne le priorità di intervento. Nel caso abruzzese non è così facile; la varietà di contesti e l’atipicità di alcuni sviluppi locali rendono iù problematico l’individuazione di questi distretti rispetto ai criteri fissati dal governo. Solo nell’estare del 1996, con più elasticità rispetto alle indicazioni governative, si giunge a una definizione. conl’intento di fare della regione un sistema regionale (ma anche subregionale) industriale integrato e riconosciuto, anche a livello dei mercati internazionali, come affidabile e di qualità. Vengono così individuati quattro distretti industriali: _Vibrata - Tordito - Vomano (il più grande del Sud); _Maiela; _Vastese; _Piana del Cavaliere. Questa impostazione territoriale del settore industriale diventa fondamentale per fronteggiare una prevedibile e imminente esclusione dell’Abruzzo dagli aiuti europei (cfr. Regolamento comunitario 2081 del 1993). Le risorse europee destinate allo sviluppo locale dovrebbero essere aggiuntive rispetto a quelle nazionali e regionali (anche di provenienza privata). Inoltre con la legge n. 488 del 1992, il sistema agevolativo è modificato profondamente anche nei suoi ambiti di applicazione, ora non più limitati al Mezzogiorno e ad alcuni ristretti territori dell’Italia centrale, ma estesi a tutte le aree depresse del paese.

1991 - Legge n. 317 1992 - Abolizione Scala Mobile - politiche di sosteno allo “sviluppo locale” 1993 - Regolamento comunitario n. 2081

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DISTRETTI INDUSTRIALI


Volontari kosovari

Manifestazione serba contro l’egemonia l’albanese


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La guerra del Kosovo fu un conflitto armato riguardante lo status della provincia autonoma serba del Kosovo, allora compresa nella disciolta Repubblica federativa di Jugoslavia. Il Kosovo, popolato in maggioranza da cittadini di etnia albanese, era entrato in tensione con la Serbia e contribuì al disfacimento della federazione iugoslava, già avviato con la fuoriuscita prima della Slovenia e poi della Croazia, nel quadro di nazionalismi contrapposti che ha segnato e segna le vicende balcaniche a cavallo tra il XX e il XXI secolo. In quel clima e con il nascere e crescere dei vari nazionalismi l’insofferenza aveva cominciato a sfumare, in alcune frange, dalle rivendicazione autonomiste a quelle indipendentiste. Già dopo la concessione dello status di autonomia alla provincia cossovara gli appartenenti all’etnia albanese dimostrarono all’inizio degli anni ottanta che con questa autonomia non si sarebbero accontentati. A quell’epoca l’unica repubblica dell’allora Jugoslavia ad aver concesso una forma di autonomia alle proprie minoranze era appunto la Serbia; di preciso si trattava della Vojvodina al nord e del Kosovo e Metochia al sud. Nonostante questo lo slogan “Kosovo republika” cominciò a farsi sentire sempre di più nelle manifestazioni di piazza a Pristina e in altre parti del Kosovo. Gli albanesi, infatti, chiedevano che il Kosovo diventasse la settima repubblica della Iugoslavia socialista e, quindi, che si distaccasse dalla Serbia. Così facendo il Kosovo avrebbe potuto fare come la Slovenia e la Croazia, cioè al momento opportuno dichiarare l’indipendenza senza dover fare i conti con Belgrado. Il conflitto precipitò alla fine degli anni ottanta: nel marzo del 1989 l’autonomia della provincia risalente alla costituzione della Repubblica jugoslava di Tito venne revocata su pressione del governo serbo. Fu revocato lo status paritario goduto dalla lingua albanese-cossovara, chiuse le scuole autonome, rimpiazzati funzionari amministrativi e insegnanti con serbi o persone fedeli alla Serbia.

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GUERRA IN KOSOVO


Manifestazione serba contro l’egemonia l’albanese

Manifestazione albanese per l’autonomia della regione


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1991 - Guerre Jugoslave 1996 - Emigrazione albanese 1999 - Comunità albanese a Chieti

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Dal 1989 al 1995 la maggioranza della popolazione d’etnia albanese del Kosovo mise in atto una campagna di resistenza non violenta sotto la guida del partito LDK e del suo leader Ibrahim Rugova. Dopo la fine della guerra in Bosnia-Erzegovina, tra i kosovari nacquero e si rafforzarono in breve tempo formazioni armate guidate da veterani di quella guerra con dichiarati intenti indipendentisti. La guerra del Kosovo si può dividere in due fasi distinte: _la prima dal 1996 al 1999 in cui i separatisti albanesi dell’UÇK si opponevano alle postazioni militari e alle entità statali. Successivamente ci fu una repressione sempre più dura da parte della polizia e dalle forze paramilitari ispirate da estremisti serbi. _una seconda fase dal 1999, quando si rese necessario l’intervento NATO contro la Serbia. Per tutto il 1998, mentre la guerriglia sul terreno si espandeva e la repressione delle forze di sicurezza serbe si faceva via via più pesante e sanguinosa, la NATO adottò una politica di dissuasione e minaccia contro il governo della Repubblica federale iugoslava guidato da Milošević. Esercitando forti pressioni, l’Alleanza atlantica ottenne l’avvio dei negoziati, che si conclusero positivamente con la firma di un documento nel quale era formalmente garantita l’autonomia del Kosovo, ma non la sua piena indipendenza. La delegazione serba abbandonò sin dall’inizio la seduta rimettendo in discussione gli esiti politici di tutta la trattativa, dichiarando che non accettava più quella che considerava una indipendenza di fatto mascherata da autonomia. I serbi si sentirono presi in giro e provocati. Nel 1999 sono stati costretti a lasciare le loro abitazioni circa 800,000 persone di etnia albanese per rifugiarsi in Albania nell’impossibilità di affrontare il genocidio serbo. Inoltre sono state distrutte molte abitazioni, appartenenti sia ad albanesi che a serbi, scuole, istituzioni, luoghi di intrattenimento e molto altro. Questo non solo ha fatto del Kosovo uno stato economicamente arretrato, ma ha anche contribuito ad aumentare il razzismo e l’intolleranza, ripetendosi molto spesso incidenti e violenze.


Profughi albanesi alla sbarco in iItalia

Profughi albanesi alla sbarco in iItalia


Le guerre Jugoslave e particolarmente la guerra in Kosovo, ha dato il via a massicce migrazioni della popolazione abanese verso le coste più vicine dell’Italia. Si registra un’importante crisi in Itallia nel marzo del ‘97,quando in Albania a causa del crollo dell società finanziarie inizia una ribellione, le città sono in mano ai saccheggiatori e un gran numero di persone si riversa sulle barche per raggiungere le coste dell’Italia, dove sperano di trovare facilmente lavoro, guadagnare di più e vivere in condizioni migliori. Questa massiccia migrazione dà il via a una crisi in Italia a causa delle numerose imbarcazioni piene di clandestini che sbarcarono a Brindisi. Si stimò che il rapporto tra immigrati e popolazione italiana fosse di 450/1. L’Italia, essendo rispetto al resto dei paesi europei un paese di recente immigrazione. Quando il fenomeno ha iniziato ad interessare anche il nostro paese, l’Italia si è trovata impreparata sia da un punto di vista teorico che da un punto di vista di strutture pubbliche efficienti e di capacità di varare politiche sociali adeguate. L’emergenza di questo esodo di massa era prevedibile, ma il governo non ha provveduto ad evitare la crisi. Gli sbarchi massicci del ‘97 mettono in evidenza le mancanze istituzionali, l’assenza di strutture pubbliche efficienti e l’importanza del volontariato, anche questa volta importante per gestire l’emergenza . Il 20 Marzo il governo decreta lo stato di emergenza in tutto il paese e vara un d.L (n° 60 del 1997) recante “Interventi straordinari per fronteggiare l’eccezionale afflusso di stranieri extracomunitari provenienti dall’Albania”. Lo scopo è quello di “dare a sindaci e prefetti strumenti più rapidi per sistemare gli albanesi”. Gli elementi “pericolosi” però devono essere immediatamente rimpatriati. La crisi albanese del ‘97 e le misure inadeguate del governo italiano vengono alla luce con la decisione di chiudere le frontiere e pattugliare le coste sino ad arrivare alla tragedia in mare del Canale d’Otranto del 29 Marzo. Con la crisi del ‘97 viene avviata una nuova operazione in Albania, “l’Operazione Alba”, “presentata come una missione umanitaria sotto la copertura di una forza multinazionale di protezione, guidata dall’Italia” .

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EMIGRAZIONE ALBANESE


Profughi albanesi alla sbarco in iItalia

Profughi albanesi alla sbarco in iItalia


1991 - Guerre Jugoslave 1996 - Guerra in Kosovo 1999 - Comunità albanese a Chieti

‘97

Il fine è quello di riportare l’ordine e la democrazia in un paese in cui le armi sono nelle mani della popolazione che a gran voce chiede le dimissioni di Sali Berisha e la restituzione dei soldi persi nella truffa delle finanziarie. Le potenze occidentali, che in parte hanno concorso a creare questa grave situazione di crisi appoggiando Sali Berisha, decidono ora di essere portatrici di pace e ordine. Nel 1998 l’Italia vara la legge 40 che di fatto la impegna a chiudere le frontiere, come voluto dagli accordi di Shengen, poiché l’Italia costituisce un ponte verso l’Europa e l’America. L’Italia, soprattutto dopo la sua integrazione nel sistema di Schengen, ha iniziato una politica di contrasto dell’immigrazione clandestina che ha portato a risultati molto efficaci.



ASSOCIAZIONE A.L.B.A La comunità albanese nel territorio della provincia di Chieti ha rappresentato da sempre e, comunque, sicuramente dai primi anni novanta quando l’immigrazione albanese si è manifestata in modo considerevole, la comunità straniera più numerosa, la prima quindi che sentì il bisogno di un’associazione culturale, di un punto di riferimento, di incontro, per meglio conoscere ed affrontare i problemi connessi all’integrazione su una terra diversa da quella di origine. Per iniziativa di un gruppo di cittadini albanesi residente in Abruzzo, il 15 maggio si costituì l’Associazione Albanese in Abruzzo - A.L.B.A. (ONLUS) con l’aiuto concreto dell’ARCI di Pescara che concesse gratuitamente la sede dell’associazione. Nei primi sei mesi successivi alla costituzione dell’associazione, il numero degli iscritti non era elevato rispetto ai cittadini della nostra comunità presenti in Abruzzo. Si incontravano infatti difficoltà a reperire associati a causa di un generale atteggiamento di sfiducia e timore nei confronti di eventuali schedature in quanto molti portavano ancora in sè il ricordo tragico del passato regime albanese. Altri, invece, diffidavano dell’iniziativa e la deridevano, ritenendola assolutamente inefficace. Successivamente, individuate e definite le finalità ed il programma di azione dell’associazione, basato essenzialmente sulla riconquista della fiducia della popolazione albanese in una organizzazione di volontariato culturale senza fini di lucro, il numero degli iscritti un poco alla volta aumentò, grazie anche ad un lavoro costante da parte degli associati per divulgare la conoscenza del sodalizio. Oggi l’ALBA comprende 231 associati, residenti in tutte e quattro le province dell’Abruzzo. È la provincia di Chieti che conta il maggior numero di soci.

1991 - Guerre Jugoslave 1996 - Guerra in Kosovo 1996 - Emigrazione albanese

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COMUNITA’ ALBANESE A CHIETI



E’ la valuta comune ufficiale dell’Unione europea e quella unica per sedici stati membri che attualmente aderiscono all’UEM (Unione economica e monetaria), entrata in vigore il 1° gennaio, ma entrò ufficialmente in circolazione in forma contante il 1° gennaio 2002. In fase di accettazione, vennero compresi anche gli stati membri i cui parametri avevano dimostrato la tendenza a poter rientrare nel medio periodo all’interno dei criteri stabiliti dal Trattato. In particolare, all’Italia e al Belgio fu permesso di adottare subito l’euro anche in presenza di un rapporto debito/ PIL largamente superiore al 60%. In Italia l’euro venne sperimentato per la prima volta nei comuni di Fiesole e Pontassieve per mesi 6 a partire dall’1 ottobre 1999. L’aspettativa per l’adozione di una moneta unica era l’incremento dell’interdipendenza economica e una facilitazione del commercio tra Stati membri. Questo dovrebbe portare benefici a tutti i cittadini dell’Eurozona, in quanto l’incremento dei commerci è storicamente una delle forze guida della crescita economica. Inoltre la moneta unica si inserisce nel piano a lungo termine di un mercato unico all’interno dell’Unione. Un secondo effetto dovrebbe essere una riduzione nelle differenze dei prezzi, ovvero un’uniformità dei prezzi in tutta l’Eurozona, che dovrebbe risultare in una maggiore competizione tra aziende, che dovrebbe aiutare a contenere l’inflazione e quindi essere a vantaggio dei consumatori. Dopo pochi anni dall’entrata in vigore, si registrava più che altro un aumento dei prezzi nei Paesi dove erano più bassi, piuttosto che il calo dei prezzi nei paesi dove erano più alti. In corrispondenza con l’introduzione di monete e banconote euro, in Italia molti hanno notato un notevole aumento dell’inflazione. I motivi addotti sono stati diversi: la scarsa e tardiva penetrazione dei supermercati che hanno concordato con il Governo la conversione dei prezzi esattamente secondo il cambio lira/euro. La mancanza di controlli, che erano oggettivamente difficili nella piccola distribuzione dove il prezzo è deciso da una miriade di negozi, piuttosto che centralmente per migliaia di

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L’EURO MONETA UNICA



1993 - Trattato di Maastricht

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punti vendita. A ciò si aggiunge che in un’economia di mercato lo Stato non può fissare i prezzi e l’interesse all’accordo, favorito dalla bassa concorrenza presente nei mercati europei della piccola distribuzione, ha portato i commercianti a praticare forme tacite di cartello, allineando i loro prezzi con quelli più alti presenti sulla piazza. Tra le altre motivazioni si può contare la svalutazione della lira: Germania e Francia erano abituati all’utilizzo dei centesimi, e un franco/marco erano una somma con la quale era ancora acquistabile qualche bene. L’unità base della nostra moneta, una lira, non veniva più coniata da anni e non consentiva di acquistare più nulla. Anche la mancata rivalutazione della lira che non venne rivalutata dopo le due guerre mondiali. La politica di svalutazione della lira negli anni, che pur avendo dato frutti a breve termine, ha difatti indebolito la valuta italiana sul lungo termine, e che ha reso particolarmente svantaggioso il cambio lira/euro, il cui potere d’acquisto è lo specchio della reale salute economica del paese. Un ultimo e decisivo effetto è quello sul prezzo del petrolio. Eurolandia consuma più petrolio importato degli Stati Uniti, questo significherebbe che più euro fluiranno verso le nazioni dell’OPEC. Ci sono state frequenti discussioni nell’OPEC sulla prezzatura del petrolio in euro, che avrebbe vari effetti, tra i quali, costringere le nazioni a tenere riserve di euro per comprare petrolio, piuttosto che le riserve di dollari che hanno attualmente. Questo comporterebbe il trasferimento di un flottante che attualmente sussidia gli Stati Uniti e che andrebbe invece a sussidiare l’Unione europea.


Paesi ammessi all’obiettivo I Paesi ammessi all’obiettivo II


Il 26 marzo, al termine del Consiglio europeo di Berlino, i capi di Stato e di governo hanno concluso un accordo politico sull’Agenda 2000. E’ un programma d’azione che si prefigge, quali obiettivi principali, di rafforzare le politiche comunitarie e di dotare l’Unione europea di un nuovo quadro finanziario per il periodo 2000-2006, tenendo conto delle prospettive di ampliamento. Tale programma ha dato origine a una ventina di testi di legge riguardanti settori prioritari nei quali si ravvisano le seguenti esigenze: _proseguire le riforme agricole nel senso indicato dai mutamenti del 1988 e del 1992, nell’intento di stimolare la competitività europea, integrare maggiormente le considerazioni ecologiche, garantire agli agricoltori redditi equi, semplificare la normativa giuridica e decentrarne l’applicazione; _accrescere l’efficacia dei Fondi strutturali (ivi compreso il Fondo sociale europeo) e del Fondo di coesione incentrando maggiormente le azioni sotto il profilo tematico e geografico e migliorandone la gestione. ; _potenziare la strategia di preadesione dei paesi candidati mediante due nuovi dispositivi finanziari: lo strumento strutturale di preadesione (ISPA), per contribuire a migliorare le infrastrutture di trasporto e di salvaguardia dell’ambiente, e lo strumento agricolo di preadesione (SAPARD), per favorire l’adeguamento a lungo termine del settore agricolo e delle zone rurali nei paesi candidati; _adottare un quadro finanziario per il periodo 2000-2006, per consentire all’Unione di affrontare le principali sfide dell’inizio del XXI secolo, in particolare l’ampliamento, rispettando al tempo stesso la disciplina di bilancio. Gli importi stabiliti nel 1999 per l’allargamento si basavano sull’ipotesi dell’adesione di sei nuovi paesi nel 2002. I negoziati d’adesione condotti successivamente hanno però consentito di contemplare un allargamento a dieci nuovi paesi a partire dal 1 maggio 2004. Per tener conto di questo nuovo contesto e adattare di conseguenza i diversi massimali del quadro finanziario la Commissione ha presentato al Consiglio, il 30 gennaio 2002, un quadro finanziario comune 2004-2006 aggiornato per tener conto delle esigenze dell’allargamento. Questo adattamento è entrato in vigore in occasione del primo esercizio finanziario interessato dall’allargamento del 2004.

‘99

AGENDA 2000



‘99

ECONOMIA ABRUZZESE A INIZIO MILLENNIO Ad inizio millennio rimane importante il problema della collocazione dell’Abruzzo nella compagni europea. Si puntava a ottenere l’accesso all’uscita morbida dal regime agevolativo: accesso riservato alle regioni fuori dall’obiettivo I a partire dal 1999. L’Abruzzo ne era escluso da prima e non ne avrebbe avuto diritto. Viene ingaggiata una battaglia contro le istituzioni europee perchè alla regione venga riservato un posto speciale nella programmazione di Agenda 2000 degli interventi nelle aree depresse per i primi anni del nuovo secolo. Nel documento conclusivo del Consiglio europeo di fine marzo tenutosi a Berlino l’Abruzzo riesce a ottenere l’attenzione richiesta. L’Abruzzo si affaccia al nuovo millennio con una connotazione propria molto marcaca e in certo senso certificata anche in sede europea. A questo risultato si giunge per l’originalme qualità di un modello di sviluppo alla cui definizione hanno concorso fattori sia endogeni sia esogeni: non solo economia diffusa di tipo adriatico, ma un insieme di particolarismi e di specializzazione di varie località.


Mercato di bovini in scozia quasi deserto

Manifestazione “Mucca Pazza� in difesa della produzione nazionale di carne


L’encefalopatia spongiforme bovina (Bse) è una malattia neurologica cronica degenerativa causata da un “agente infettivo non convenzionale”, cioè un prione, una proteina patogena che colpisce prevalentemente i bovini. Tale morbo è noto anche come morbo della mucca pazza. Il primo caso di Bse si verifica nel Regno Unito nel 1986. La causa della malattia viene imputata all’uso delle farine animali nell’alimentazione dei bovini. Otto anni dopo la comunità europea mette al bando definitivamente questa pratica evitando, in questo modo, il riciclaggio dell’agente infettante attraverso l’utilizzo di carcasse di bovini malati nella produzione di farine di carne ed ossa destinate all’alimentazione animale. Nel 2001 il Ministero della Sanità in Italia interviene con un’ordinanza che vieta la vendita delle parti del bovino che interessano la colonna vertebrale e i gangli, il cervello e le “frattaglie” ; con la legge 9 che dispone la distruzione del materiale specifico a rischio per encefalopatie spongiformi bovine e delle proteine animali ad alto rischio; con l’etichettatura delle carni bovine che consente la tracciabilità e la trasparenza delle informazioni ai consumatori. Nell’ottobre 2005 il Comitato veterinario della l’UE pone fine al bando che vietava il consumo della bistecca con l’osso. La “fiorentina” torna sul tavolo degli Italiani.

‘01

MUCCA PAZZA



La mattina dell’11 settembre, 19 affiliati all’organizzazione terroristica di matrice islamica al-Qa’ida dirottarono quattro voli civili commerciali.I dirottatori fecero intenzionalmente schiantare due degli aerei sulle torri 1 e 2 del World Trade Center di New York, causando poco dopo il collasso di entrambi i grattacieli e conseguenti gravi danni agli edifici vicini. Il terzo aereo di linea fu fatto schiantare dai dirottatori contro il Pentagono. Il quarto aereo, diretto contro il Campidoglio o la Casa Bianca a Washington, si schiantò in un campo vicino Shanksville, nella Contea di Somerset (Pennsylvania), dopo che i passeggeri e i membri dell’equipaggio ebbero tentato di riprendere il controllo del velivolo. Oltre ai 19 dirottatori, vi furono 2974 vittime come conseguenza immediata degli attacchi, mentre i dispersi furono 24. La gran parte delle vittime erano civili, appartenenti a 90 diverse nazionalità. Gli attacchi ebbero grandi conseguenze a livello mondiale: gli Stati Uniti d’America risposero dichiarando la “Guerra al terrorismo” e lanciando una invasione nell’Afghanistan controllato dai Talebani, accusati di aver volontariamente ospitato i terroristi. Il parlamento statunitense fece passare lo USA PATRIOT Act mentre altre nazioni rafforzarono la loro legislazione anti-terroristica, incrementando i poteri di polizia. Le borse rimasero chiuse per quasi una settimana, registrando enormi perdite subito dopo la riapertura, con quelle maggiori fatte registrare dalle compagnie aeree e di assicurazioni. L’economia della Lower Manhattan si fermò per via della distruzione di uffici del valore di miliardi di dollari.

2003 - Seconda guerra del Golfo

‘01

TWIN TOWERS


La missione in Iraq La missione in Iraq


Si tratta di un conflitto in atto iniziato il 20 marzo 2003 con l’invasione dell’Iraq da parte di una coalizione formata da Stati Uniti d’America, Regno Unito, Australia, e Polonia, con contributi minori da parte di altri stati, tra cui l’Italia. Esso è stato preceduto da una lunga ostilità armata (iniziata nel 1990 con la guerra del Golfo) fra l’Iraq del dittatore Saddam Hussein e molti altri Stati. Le truppe della coalizione prevalsero facilmente sull’esercito iracheno, tanto che il 1º maggio 2003 il presidente statunitense Bush proclamò concluse le operazioni militari su larga scala. Tuttavia il conflitto prosegue, si è trasformato in una guerra civile che vede da una parte le forze internazionali e il nuovo governo iracheno e dall’altra un movimento di resistenza forte soprattutto nelle province centrali a prevalenza sunnita, di cui fanno parte blocchi disparati anche dell’esercito, a gruppi religiosi, etnici o tribali e a gruppi apertamente terroristici. Dopo un drammatico incremento della violenza fra l’inizio del 2006 e la metà del 2007, negli ultimi mesi si è assistito ad un leggero miglioramento della situazione militare, per via dell’incremento delle truppe USA . Tuttavia lo stesso comando americano ammette che queste misure non sono sostenibili nel lungo periodo. I tentativi di porre fine allo scontro attraverso un processo politico (come le elezioni del 2005) non hanno avuto esito: dopo la vittoria alle urne, sciiti e curdi hanno persino esacerbato il conflitto introducendo nella nuova costituzione misure contrarie agli interessi sunniti. Ma gli scontri armati fra milizie “filo-governative” sono frequenti. Questi sono accompagnati da episodi di pulizia etnica, che hanno spinto alcuni milioni di iracheni a fuggire dalle proprie case. Recentemente la situazione irachena è stata resa ancora più intricata da alcune incursioni turche nel nord del Paese, giustificate dall’asilo offerto dai Curdi iracheni a membri di organizzazioni che sarebbero responsabili di atti terroristici in Turchia.

1990 - Prima guerra del Golfo 2003 - Twin Towers

‘03

SECONDA GUERRA DEL GOLFO



Tra i principali fattori della crisi figurano gli alti prezzi delle materie prime, una crisi alimentare mondiale, un’elevata inflazione globale, la minaccia di una recessione in tutto il mondo, così come una crisi creditizia ed una crisi di fiducia dei mercati borsistici. Molti autori ritengono che non si tratti di una vera crisi, poiché il termine crisi è carente di una precisa definizione tecnica, ma è vincolato ad una profonda recessione; questa, a sua volta, si definisce come quel periodo temporale durante il quale per due trimestri consecutivi si ha un arretramento economico, cioè una riduzione del PIL. Per il momento, questo fenomeno non si è ancora verificato nella maggior parte delle economie dei paesi ricchi. Secondo alcune fonti, la crisi potrebbe perdurare oltre il 2010. A causa delle banche, il fenomeno si è espanso velocemente in diversi paesi europei, e le borse del vecchio continente hanno accumulato molteplici perdite nel corso dell’anno. Alcuni paesi hanno sofferto gravi effetti: la Danimarca è entrata in recessione Le banche e le istituzioni finanziare che hanno investito sui mutui subprime, sono le società che maggiormente risentono della crisi. Il 7 ottobre 2008, il vertice Ecofin, organismo del Consiglio europeo composto dai Ministri dell’Economia e della Finanza degli stati membri, per evitare che possa diffondersi sfiducia tra i risparmiatori ha stabilito, che per un periodo iniziale di almeno un anno, vi sia una protezione garantita di ciascun deposito bancario personale di almeno 50.000 euro. In Italia tale garanzia è stata elevata a 140.000 euro.

‘08

CRISI ECONOMICA MONDIALE



Il terremoto dell’Aquila è stato caratterizzato da una serie di eventi sismici, iniziati con una scossa di magnitudo 1,8 il 14 dicembre 2008 e susseguitisi fino all’autunno del 2009. la primcipale scossa distruttiva si è verificata il 6 aprile alle ore 3.32 e ha avuto una magnitudo di 5,8 (6,3 nelle valutazioni internazionali). In termini di intensità (scala Mercalli, basata sull’osservazione del danno) la stima iniziale dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia èsata del VII - IX grado. Il bilancio definitivo è di 308 morti e di circa 1600 feriti. Per quanto riguarda la popolazione assistita dalla Protezione Civile, due settimane dopo il sisma, ammonta a 63.415 persone ( il picco massimo viene raggiunto alla fine di aprile con 67.500 assistiti). Vengono allestite 165 aree di ricovero con 5.085 tende (aumentate successivamente sinoa 171 aree) per accogliere un numero crescente di sfollati: dalle 17.772 persone dell’8 aprile alle 35.565 del 23 aprile. Inoltre, un numero considerevole di cittadini (27.850 al 23 aprile) vengono ospitati in strutture alberghiere e case private sula costa adriatica. Per quanto riguarda il danno agli immobili, fin dall’8 aprile iniziano i sopralluoghi. Alla data del 23 aprile le dimensioni della catastrofe sono già delineate: su 10.457 edifici valutati, il 55,8% è agibile mentre il 19,7% risulta inagibile, oltre a un 2,6% inagibile per rischio esterno. Ancora peggiore risulta essere lo stato di conservazione dei beni culturali. Dai 358 sopralluoghi effettuati su edifici e monumenti di interesse culturale il 48% risulta inagibile e solo il 27% perfettamente agibile. La situazione è particolarmente grave ad Onna dove si contano 41 vittime su circa 350 abitanti. Il paese è quasi completamente distrutto: l’80% degli edifici è crollato, l’altro 20% è inagibile, il ponte sull’Aterno-Pescara si è inabissato. A L’Aquila invece, i danni riguardano soprattutto il centro storico. Gli edifici monumentali danneggiati sono innumerevoli, tra cui la Basilica di Santa Maria di Collemaggio, una parte del transetto del Duomo, la cupola della Chiesa delle Anime Sante, il campanile e l’abside della Basilica di San Bernardino, il cupolino della Chiesa di Sant’Agostino, parte della facciata della Chiesa di San Vito; il Museo nazionale d’Abuzzo è inagibile; è crollato l’edificio della Prefettura che ospitava anche l’archivio storico.

2009 - Progetto C.A.S.E.

‘09

6 APRILE


Distribuzione degli edifici dichiarati inagibili (E) o inagibiliper rischio esterno Le aree di intervento del progetto C.A.S.E.


‘09

PROGETTO C.A.S.E. La ricostruzione della città distrutta è stata affrontata principalmente con il progetto C.A.S.E., acronimo che significa “Complessi Antisismici Sostenibile ed Ecocompatibili”. Si tratta di lottizzazioni residenziali su 20 aree individuate dalla Protezione Civile, propagandate come tante piccole città, nè provvisorie nè definitive ma durevoli. Dl 28 aprile 2009, n. 39 Articolo 2 Comma 1 Il Commissario delegato nominato dal Presidente del Consiglio dei Ministri [...] provvede in termini di somma urgenza alla progettazione e realizzazione nei comuni di cui all’articolo 1 di moduli abitativi destinati ad una durevole utilizzazione, nonchè delle connesse opere di urbanizzazione e servizi, per consentire la più sollecita sistemazione delle persone le cui abitazioni sono state distrutte o dichiarate non agibili dai competenti organi tecnici pubblici in attesa della ricostruzione o riparazione degli stessi.

Nel complesso sono stati previsti 164 edifici, per un totaledi 4.000/4.500 appartamenti che saranno adatti ad ospitare circa 15.000 persone e, in particolare, saranno riservati ai cittadini dell’Aquila con una casa distrutta o inagibile. Secondo le ultime integrazioni (Dcd 1 ottobre 2009, n. 26), gli alloggi in costruzione distribuiti in 185 edifici, sono circa 4.600 per un totale di 17.000 abitanti. l’ospitalità complessiva è dunque pari a circa un terzo dei cittadini del capoluogo e a un quarto di quelli dell’intero comune. Le aree interessate dal Progetto C.A.S.E. sono state individuate dal decreto del Commissario delegato 11 maggio 2009, n. 6 dove si specifica che nella scelta dei luoghi si sia tenuto comto della loro prossimità ai luoghi di provvidenza delle persone, dell’integrazione con i centri abitati esistenti nonchè dell’idoneità dei siti dal punto di vista della sicurezza idrogeologica, sismica e della sostenibilità paesaggistico ambientale. 2009 - Terremoto 6 aprile


PARTE 3


SINTESI


‘43 - ‘54

EMIGRAZIONE

CASSA DEL MEZZOGIORNO PIANO INA-CASA

‘55 - ‘63

CRESCITA PRODUZIONE

‘64 - ‘79

EMIGRAZIONE

EMIGRAZIONE SVILUPPO INFRASTRUT.

SVILUPPO MEZZOGIORNO

CRESCITA PRODUZIONE

EMIGR

BOMBAR CASSA DEL M PIANO I

PROGRESSO INDUSTRIALE

CRESCITA P CONSU PROGRESSO

SVILUPPO INFRASTRUT.

SVILUPPO

SVILUPPO MEZZOGIORNO

CONGI AUTUNN AUST SVILUPPO M

‘80 - ‘09

LOTTA ANTIMAFIA E ANTITERRORISMO

TERREMOTO

Indagini Istat

TERREMOTO UE E EURO

TANGE CRISI DI TERR UE E

Infrastrutture

Risorse pr


WORDS TO GET IDEAS

RAZIONE

EMIGRAZIONE

RDAMENTI MEZZOGIORNO INA-CASA

BOMBARDAMENTI

PRODUZIONE UMISMO O INDUSTRIALE

CRESCITA PRODUZIONE CONSUMISMO

PIANO INA-CASA

PIANO INA-CASA CAMPI CONCENTRAMENTO

EMIGRAZIONE INFRASTRUT.

IUNTURA NO CALDO TERYTY MEZZOGIORNO

ENTOPOLI GOVERNO REMOTO E EURO

roduttive

AUTUNNO CALDO AUSTERYTY MOTI STUDENTESCHI LOTTA ANTIMAFIA E ANTITERRORISMO TANGENTOPOLI CRISI DI GOVERNO TERREMOTO UE E EURO

Abitanti ed evoluzione sociale

TERREMOTO

Risorse culturali


autostrada A14- costruita tra il 1966 - 1975 autostrada A25 - costruita tra il 1969 - 1979 autostrada A24 - costruita tra il 1969 - 1970


A4 (1927)

A25 (1970)

A3 (1929)

A18 (1971)

A1 (1964)

A14 (1975)

A12 (1967)

A26 (1977)

A16 (1969)

A24 (1979)


1960-1965 1966-1970 1971-1975


1950-1960 1961-1970 1971-1980 1981-1990 1991-2000


1940- 1950 Emigrazione verso Australia Venezuela, Usa e Canada

1964 -1980 Emigrazione verso nord Italia e spostamenti interni (dalla montagna alla cittĂ )

1950- 1964 Emigrazione verso Europa Nord Italia, migrazioni interne

1980 ad OGGI Immigrazione e spostamenti verso nord Italia


Evoluzione demografica 1936

1981

1951

1991

1961

2001

1971


1950- 1964 Emigrazione verso Europa Nord Italia, migrazioni interne 1964 -1980 Emigrazione verso nord Italia e spostamenti interni autostrada A14- 1966 - 1975

1950-1960 1961-1970 1971-1980

autostrada A25 - 1969 - 1979

1981-1990

autostrada A24 - 1969 - 1970

1991-2000



BIBLIOGRAFIA TESTI _Ornella Alessio “I borghi d’Italia”, Mondadori, Milano 2005 _Campolieti Giuseppe, Breve storia del sud, Mondadori, Milano, 2006 _Massimo Costantini e Costantino Felice, Le regioni. Abruzzo, Einaudi, 2000 _Giovanni De Luna, Gabriele D’Autilia e Luca Criscenti, L’Italia del Novecento. Le fotografie e la storia. Vol 1-2, Giulio Einaudi Editore, Torino, 2006. _Paul Ginsborg “Storia d’ Italia dal dopoguerra a oggi”, Einaudi, Torino, 1995 _Liliana Lazaro, Dalla bottega artigiana alla fabbrica,Editori Riuniti, Roma 1999 _Denis Mack Smith. Storia díItalia dal 1961 al 1969, edizione Euroclub,1977 _Rober Palmer, Joel Colton, Storia del Mondo Moderno- dalla prima guerra mondiale ad oggi,Editori Riuniti, Roma 1998 _Luciano Paradisi, Giandomenico Cifani, Fiammetta Fiorini “I borghi pi˘ belli d’ Abruzzo”, L’inchiostroblu, Bologna, 1999 _Aldo Rasero “Morte a Filetto_la resistenza e le stragi naziste in Abruzzo”, Mursia, Milano, 1970 _G.Sabatucci,V. Vidotto,Storia díItalia-Líitalia contemporanea, Editori Laterza 1999 _G. Sabbatucci, V. Vidotto “Il mondo contemporaneo_Dal 1948 a oggi”, Editori Laterza, Bari, 2008 _Mostra celebrativa dei sessantanni della Repubblica, L’Italia della Repubblica: 19462006, Gangemi Editore _Touring Club Italiano “Dentro l’Italia: piccole citt‡, borghi e villaggi”, Milano, 2007 _Guida d’Italia, Abruzzo Molise, Touring Club Italiano,Milano 1979 _Atlante storico, Garzanti Libri, Milano, 2006

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