Estetica della sparizione un’etica per la societa’ dello spettacolo

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Da: bonanseaBruno bonanseab@gmail.com Oggetto: Data: 19 febbraio 2017 04:12 A:

ESTETICA DELLA SPARIZIONE: UN’ETICA PER LA SOCIETA’ DELLO SPETTACOLO I nostri eroi si sono uccisi, o s’uccidono (Henry Miller) Il mio capolavoro è il silenzio (Marcel Duchamp)

Esiste una segreta convergenza tra alcune grandi anime del Novecento quali Fuocault, Deleuze, Debord e Mishima, che può essere illuminata a partire dalla nozione di ‘estetica della sparizione’. Intesa, quest’ultima, non nell’accezione originaria attribuitale da Virilio[1], bensì nel duplice significato di un “lavoro di sé su sé “ che consiste nel “dare senso e bellezza alla morte, estetizzare la cancellazione di sé”[2]e, anche, nel senso di una ‘fuga’ dalla società dello spettacolo integrato[3]che risulti essere l’esatto contrario della resa:”Fuggire, ma fuggendo, cercare un’arma”[4], sapendo che “gli artefici dei naufragi scrivono il loro nome soltanto sull’acqua”[5]. Una vera e propria “estetica dell’esistenza”[6], dunque, che è anche un’estetica della sparizione, già tratteggiata, nelle sue linee essenziali, negli ultimi due libri pubblicati da Michel Foucault , nel 1984, poco prima della morte prematura. Questa estetica dell’esistenza, come spiega Paul Veyne, va concepita dal punto di vista dei Greci, “per i quali l’artista era in primo luogo un artigiano e l’opera d’arte – un’opera”[7]; solo in questo modo , “l’io, assumendo sé stesso come opera da compiere, potrà sopportare una morale che né la ragione né la natura né la tradizione sopportano più”[8], fino a diventare “artista di sé stesso”[9]secondo lo schema dannunziano de “Il piacere”, in cui il padre di Andrea Sperelli enuncia così il suo credo:”Bisogna fare la propria vita, come si fa un’opera d’arte…La superiorità vera è tutta qui””[10]. Detto con le parole di Foucault:”L’individuo si realizza come soggetto morale nella plastica di un comportamento perfettamente misurato, ben visibile a tutti e degno di duratura memoria”[11]. Questo atteggiamento estetico non esclude ma, anzi, implica “una visione da guerriero, per il quale non esistono che dei partiti presi, il proprio e quello dell’avversario, e che non pensa a darsene ragione: gli basta aver fatto la sua scelta”[12]. Lo stile, si può dire, diventa principio di individuazione, al punto che:”Un vero guerriero non conosce l’indignazione, ma conosce la collera, il thymos; non si cura di fondare la sua verità, gli basta volerla e farla trionfare; ma non si abbassa a cavillare…Tra l’indignazione e la collera non c’è una semplice


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