Speciale Vino

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Vino – Speciale E-book

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Presenta

VINO Speciale E-BOOK

E-BOOK BY www.abcinformaticaweb.it

REALIZZAZIONE GRAFICA Paola Uberti, SLELLY – The Dark Side of Kitchen

Distribuzione gratuita

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GLI AUTORI

GLI AUTORI

Gli autori di questo speciale fanno parte della selezione di food blogger che collaborano con Blog di Cucina 2.0.

Silvia Barbaro

Blog:

Silvi's Kitchen

Lucilla Carbocci

Blog:

Vecchi Sapori

Antonella Degrassi

Blog:

La Casetta di Cioccolato

Maria Antonietta Grassi

Blog:

Il Pomodoro Rosso di Mantgra

Arianna Mazzetta

Blog:

Saparunda's kitchen

Rosa Rosae

Blog:

13 a tavola

Rosita

Blog:

Puffin in Cucina

Semplicemente Lalla

Blog:

Semplicemente Cucinando

Paola Uberti

Blog:

SLELLY – The Dark Side of Kitchen

Valeria Vitolo

Blog:

Kitchen and Grill

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RINGRAZIAMENTI Hanno partecipato alla stesura di questo speciale il fotografo Stefano Bellante(http://www.stefanobellante.it/) e la sommelier A.I.S. Annalisa Nesti. Gli autori ringraziano per la preziosa collaborazione e per il materiale gentilmente concesso.

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LA STORIA DEL VINO Di Maria Antonietta Grassi. Vino deriva dalla parola sanscrita “vena” formata dalla radice ven (amare), la stessa della parola Venus, Venere. Il vino è dunque, da sempre, legato all’amore, alla convivialità, alla gioia di vivere, alla cristianità, parte integrante del rito della Messa. Esso rilassa il corpo e la mente, ci inebria e ci predispone allo scambio con l’altro. L’origine del vino si perde nella notte dei tempi ed è un po’ la storia dell’umanità, c’è chi, addirittura, fa risalire l’origine della vite sino ad Adamo ed Eva, ipotizzando che il frutto proibito del Paradiso terrestre non fosse la mela ma l’uva: la Bibbia, nella Genesi, ci dice che Noè salvò la vite dal diluvio universale portandola al sicuro sulla sua arca e che, terminato il diluvio, la piantò ottenendo una vigna e si ubriacò del suo vino.

Da un dipinto di Tebe, scena di vendemmia egizia con pigiatura, riempimento delle anfore e trasporto delle stesse lungo il Nilo e nei magazzini reali Fonte: Aldo Quinto Lazzari – www.darapi.it

Questo ci fornisce testimonianza di come, in Oriente, in epoca prediluviana, fossero già conosciute le tecniche enologiche. In effetti le prime tracce della coltivazione della vite si trovano in Asia Minore, nelle terre tra il Tigri e L’Eufrate: gli egiziani furono maestri e profondi conoscitori della pratica enologica, con la puntigliosità e la precisione che li

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distingueva, annotarono tutte le fasi del processo produttivo, dal lavoro nella vigna, alla conservazione. Con i geroglifici ci lasciarono numerose e dettagliate testimonianze su come si produceva il vino dei faraoni. Essi furono grandi viticoltori e bevitori, Erodoto li descrive dettagliatamente mentre festeggiano il plenilunio in preda all’ubriachezza. I vini erano per lo più rossi e venivano conservati in anfore su cui il produttore apponeva un sigillo con l’anno della vendemmia, un marchio d.o.c. ante litteram. Grazie ai Fenici e ai Greci il vino giunse in Italia e in Francia.

Fonte: Aldo Quinto Lazzari – www.darapi.it

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Furono i Greci a perfezionare i metodi di vinificazione e l’ubriachezza assunse un carattere sacrale al punto che nell’Olimpo fu assegnato un posto importante a Dioniso, figlio di Zeus, dio del vino. Dalla Grecia all’Italia il passo fu breve. In Italia, allora chiamata Enotria cioè terra della vite, fiorì la civiltà del vino. Nelle colonie greche in Calabria, a Sibari, fu addirittura costruito un enodotto di argilla che convogliava il vino verso il porto dove era imbarcato. La produzione e il consumo del vino passarono dai Greci ai Romani che la diffusero in tutte le province dell’Impero Romano fino a raggiungere l’Europa settentrionale.

Anfore romane per il trasporto del vino Fonte: Museo Navale Romano Albenga

I romani erano a conoscenza delle proprietà battericida del vino (come dimostrò nel 1866 L. Pasteur nel suo scritto Etudes sur le vin in cui scrive “ il vino è la più salutare ed igienica di tutte le bevande”) e lo portavano nelle loro campagne militari come bevanda dei legionari. Tuttavia, il vino di Roma, aveva poco a che vedere con quello che oggi conosciamo: i Romani lo bollivano per conservarlo meglio e così lo trasformavano in un denso liquido dolciastro di alta gradazione e lo allungavano con

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l’acqua (da qui il verbo mescere, in latino mescere significa mescolare), talvolta con quella di mare per renderlo meno acido. Le mense dei patrizi avevano un esperto che decideva le percentuali di vino e acqua da mischiare. Era molto gradito anche il “mulsum” (vino con il miele) ed era normale speziare e addolcire il vino con zucchero di canna, pepe, resina, sale, cannella, aloe e sambuco.

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Fonte: Aldo Quinto Lazzari – www.darapi.it

Era conservato in otri di terracotta rivestiti di pece e tenuti vicino alle canne fumarie. Questo nettare di Bacco era riservato solo agli uomini e il consumo era rigorosamente vietato alle donne. Anche i romani amarono a tal punto questa bevanda da assegnargli un dio: Bacco. Nel frattempo ci fu un’invenzione, da parte dei Galli, che rivoluzionò per sempre la conservazione del vino: la botte. I romani iniziarono quindi a utilizzare barili di legno, introducendo ed enfatizzando il concetto di “invecchiamento” e “annata”. Dal secondo secolo si cominciò a dare importanza alla coltivazione della vite nella Loira, nella Borgogna e nella Champagne. Il declino dell’Impero Romano e la nascita del Cristianesimo segnarono l’inizio di un periodo controverso per il vino, da un lato esso era accusato dalla Chiesa di portare ebbrezza e perdizione, dall’altro i monaci benedettini non solo tennero in vita la cultura del vino, ma le diedero nuova linfa: produrre quella prelibata bevanda, utilizzata nel rito della Santa Messa, equivaleva a diffondere il messaggio di Dio. Nei campi di abbazie, monasteri e chiese si coltivava la vite. Furono i monaci a sperimentare nuovi uvaggi e tecniche innovative (fu un benedettino italiano a inventare il metodo della rifermentazione in bottiglia, poi ripreso da Dom Pérignon, l’inventore dello

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champagne). Un ulteriore impulso al tentativo di produrre vini di alta qualità, specialmente in Borgogna, fu dato da Bernardo, ex monaco benedettino che, nel 1112, fondò l’ordine dei Cistercensi. Contemporaneamente, nel bacino del Mediterraneo, la diffusione dell’Islamismo, tra l’ottocento e il millequattrocento d.C., mise al bando la viticoltura in tutti i paesi conquistati. Nel Rinascimento si torna a dare al vino il suo ruolo di protagonista della cultura occidentale, i mercanti inglesi, olandesi e veneziani trasportavano via mare ettolitri di vino, mentre i grandi Chateaux di Bordeaux iniziarono a produrre i grandi vini di pregio che conquisteranno la fama.

Fonte: Aldo Quinto Lazzari – www.darapi.it

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I conquistadores, nel Nuovo mondo appena scoperto, scoprirono che il vino sopportava male la traversata e portarono con sé le talee di viti europee, per impiantarle sul suolo americano. Il Settecento fu la vera epoca d’oro per il vino: l’arrivo della cioccolata dall’America, del caffè dall’Arabia, del tè dalla Cina e la diffusione della birra e dei distillati, indussero i produttori a cercare una qualità migliore per competere con le nuove bevande e questa necessità diede grande impulso alla sua conoscenza e alla ricerca di nuove tecniche di produzione. Fu inventato l’imbottigliamento con il tappo di sughero che sostituì i piccoli legni avvolti da stracci imbevuti nell’olio o legati da una colta di cera utilizzati fino ad allora per tappare le bottiglie; fu messa a punto la tecnica Champenois, si studiarono i lieviti e gli zolfi e si inventarono i torchi. La Francia divenne la padrona assoluta e incontrastata dei grandi vini di Bordeaux e della Champagne che esportava in tutto il mondo. Fu in questo periodo che, sbarcato dal Nuovo Continente, con un battello a vapore, si diffuse un pericoloso nemico della vite: la filossera. Quest’afide micidiale, divorerà le vigne europee per quarant’anni causando danni enormi, solo nel 1910, si riuscì a sconfiggerlo grazie all’intuizione di un francese che innestò le viti europee su quelle americane che ne erano immuni. Solo in poche zone esistono ancora dei vigneti che resistettero all’attacco dell’afide e si chiamano “franchi di piede”. In Italia possiamo trovarli in Alta Val d’Aosta (Blanc de Morgex), nell’area flegrea in Campania e ai piedi dell’Etna in Sicilia. Nel diciannovesimo secolo si consolidò la posizione del vino nella civiltà occidentale, alla tradizione contadina si affiancarono studiosi che si adoperarono per la realizzazione di vini di maggiore qualità. Ai nostri giorni, questa deliziosa bevanda è molto conosciuta e consumata in tutto il mondo. L’Italia è un paese eccezionalmente vocato alla viticoltura (ricordiamoci che i Greci la chiamarono Enotria, terra del vino) ma, questa vocazione, non è mai stata sfruttata appieno: fortunatamente, da qualche anno, parecchi produttori italiani lavorano sulla qualità, sulla bassa resa per ettaro e sull’applicazione di criteri scientifici in fase di vinificazione e questo consente la produzione di ottimi vini che nulla hanno da invidiare ai grandi vini francesi e, anche tra i consumatori, si va diffondendo la cultura del vino che trasforma un “bevitore” in un “degustatore” consapevole che il buon vino è un’opera d’arte, è il nettare degli dei!

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BACCO E ARIANNA Tiziano Vecellio 1520-1523 Olio su tela National Gallery di Londra

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ESTRATTO DA “CANZONA DI BACCO” Lorenzo De’ Medici Canti Carnascialeschi VII Trionfo di Bacco e Arianna Quant'è che si Chi vuol di doman

bella giovinezza, fugge tuttavia! esser lieto, sia: non c'è certezza.

Quest'è Bacco e Arianna, belli, e l'un de l'altro ardenti: perché 'l tempo fugge e inganna, sempre insieme stan contenti. Queste ninfe ed altre genti sono allegre tuttavia. Chi vuol esser lieto, sia: di doman non c'è certezza. Questi lieti satiretti, delle ninfe innamorati, per caverne e per boschetti han lor posto cento agguati; or da Bacco riscaldati, ballon, salton tuttavia. Chi vuol esser lieto, sia: di doman non c'è certezza.

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ROSSO VINACCIA La simbologia del vino attraverso la storia della pittura Di Paola Uberti. Nell’immaginario collettivo è rosso come il sangue, come la passione, come l’amore, come la scintilla vitale, come la lava che si agita nelle viscere della terra, come la felicità. Il vino, compagno dell’umanità dalla notte dei tempi, è metafora, icona, simbolo. Il “succo della vigna”, sangue vegetale estratto da grassi e turgidi acini che in settembre compiono la propria epifania, quando la natura e l’uomo si apprestano a un cambiamento stagionale drammatico e romantico, è un elemento capace di una trasversalità culturale quasi unica. Non stupisce, quindi, che la storia dell’arte sia costellata di opere che rappresentano la simbologia del vino, mettendola a disposizione del pubblico con intenti didattici, didascalici ed empatici. Marmo, bronzo, tempera, colori a olio, acquerello sono medium grazie i quali il vino ci manifesta il suo mistero che è nostra storia, nostra speranza, nostra vita. Questo articolo affronta brevemente i significati simbolici del vino attraverso la storia della pittura rappresentata da alcune tra le più celebri opere, ciò che Dante definisce “Il Visibile Parlare”. E’ un linguaggio che ognuno di noi può comprendere, interpretare e sentire proprio sotto l’egida del Nettare degli Dei, del Sangue di Cristo, del Moltiplicatore di Individualità secondo Baudelaire. “Ora Noé, coltivatore vigna." (Genesi 9,20)

della

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cominciò

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Ebbrezza di Noè Particolare raffigurante Noè che pianta la vite dopo il diluvio Michelangelo Buonarroti 1508 – 1510 Affresco Cappella Sistina, Musei Vaticani, Città del Vaticano – Roma

Vino come rinascita, speranza, promessa. Vino dopo l’acqua della catarsi. Noè, conclusosi il Diluvio, scende dall’Arca e pianta una vite “Contraendo un matrimonio con la Terra”, come scrive Giampiero Rorato. Nell’affresco di Michelangelo, Noè è ritratto nel gesto di dissodare la terra, ventre fecondo che darà origine alla vite dalla quale lo stesso uomo produrrà il vino, in un ciclo di creazione che diviene dono per l’umanità futura. La sua tunica ha il colore del vino e ne esalta la simbologia. Attraverso il gesto del patriarca, prima della sua ebbrezza, il vino è al contempo metafora di un nuovo inizio e della fecondazione e, per tanto, della vita stessa.

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La vicenda di Noè, dopo la coltura della vite, introduce un altro significato del vino: la sapienza. “Avendo bevuto il vino, si ubriacò e all'interno della sua tenda.” (Genesi 9,20)

giacque

scoperto

Ebbrezza di Noè Giovanni Bellini 1514 Olio su tela Musée des Beaux-Arts di Besançon

Nella tela di Bellini, Noè, ebbro, molle, le membra abbandonate, scomposto e incosciente, subisce la derisione del figlio Cam. Il suo corpo anziano e magro è disteso ai piedi dei figli: Sem e Jafet lo proteggono, coprono le sue nudità, Cam lo insulta, ride di lui. Nel suo oblio Noè è inerme, indifeso, in balia di altri, soggetto alla loro pietà o alla loro crudeltà. La sua orizzontalità morbida e chiara sembra in procinto di essere inghiottita dall’arco oscuro dei corpi dei figli in secondo piano; al centro, in basso, una coppa di vino e un grappolo d’uva: il superamento di un limite proprio porta alla manifestazione dei limiti altrui. Il vino richiede una profonda conoscenza di se stessi. Abusarne significa perdita del sé, obnubilamento. Stringere con esso un sodalizio costruttivo fondato sull’autocoscienza è per tanto la base sulla quale si fonda l’allegoria della sapienza.

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Il sapiente conosce la capacità del vino di amplificare ciò che di buono risiede nel cuore umano, quanto di positivo muove l’anima, quanto di sublime fa esprimere lo spirito e lo tende verso il prossimo. Il vino è sapienza perché la sapienza è richiesta per approcciarlo con positività, ma lo è anche perché attraverso la stimolazione dell’interiorità umana dà “sapore” alla vita. In quanto elemento vitale e capace di cambiare il gusto dell’esistenza, il vino accende, il vino scalda, il vino riempie. La destinazione di tali stimolazioni, come insegnano mitologia, leggenda, arte e letteratura, è il cuore dell’uomo. Il vino ha un rapporto diretto con il cuore umano, inteso in senso figurato, ovvero come sede dei sentimenti, della socialità innata della specie: il vino è simbolo di amicizia, quindi.

Le déjeuner des canotiers Pierre-Auguste Renoir 1880-1882 Olio su tela Phillips Collection, Washington

Come un amico sincero e fedele, il vino fa bene al cuore, lo rallegra, lo stimola, lo orienta al benessere, alla gioia, al godimento della vita.

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Renoir tra il 1880 e il 1882 dipinge il vino come catalizzatore di amicizia. Sotto una tenda colorata gli amici del pittore e la sua futura moglie si riuniscono attorno a un tavolo sul quale si trovano avanzi di cibo e bottiglie. Queste ultime sono al centro della scena. Con il loro colore liquido e scuro fanno da perno attorno al quale si svolge tutta la scena: i corpi si esprimono in rilassatezza, le espressioni sono morbide, i cappelli di paglia paiono piccoli soli che illuminano la tela e che fanno da contrappunto ai toni scuri, mai cupi. I blu sono vividi, i neri lucidi. Nulla può essere foriero di malinconia, negatività o tristezza in un convivio amicale. Gli spiriti sono leggeri, gli stomaci sazi, le anime rinfrancate. Tutto è volatile e fresco come la brezza d’estate e sembra scivolare via in naturalezza e spontaneità seguendo la prospettiva della composizione che dal basso sale verso la parte superiore destra della tela, come fanno le giornate riempite di gioia dagli amici più cari. Leggerezza e gratuità, godimento della vita, spensieratezza, trascendendo dall’amicizia e approdando a contenuti più carnali, terreni e sensuali, attraverso il vino si fanno baccanale. Il Bacco dei Romani, identificato con il dio greco Dioniso, è profondamente radicato nella cultura occidentale. Le origini del mito vogliono un Dioniso associato alla vegetazione, divinità della linfa che anima i vegetali durante l’estate e che li abbandona in inverno, quando la natura si appresta al riposo, alla rigenerazione che ha in sé la promessa di nuovi frutti ricchi, succosi e zuccherini come il fico, la melagrana e l’uva, associati al dio. In epoca più tarda Dioniso è divenuto il dio del vino, dando vita a una tradizione iconografica e simbolica dal valore universale. Con il suo seguito di fauni, satiri, ninfe, centauri, creature mitologiche che nel corpo fondono elementi antropomorfi e zoomorfi e che rappresentano gli aspetti più carnali dell’esistenza umana, la bestialità che si concretizza nella sessualità, nell’edonismo, nell’amore fisico, nella soddisfazione dei sensi, in un ritorno alla natura selvaggia e sfrenata dell’uomo-animale, Dioniso e poi Bacco ci offrono un intendimento del vino che diviene simbolo di vitalità concreta, terrena, erotica. Il vino di Bacco è abbandono dell’io alla sensualità, alla celebrazione degli istinti basilari e naturali, un inno alla vita e ai suoi cicli.

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Trionfo di Bacco Annibale Carracci 1957 – 1600 Affresco Palazzo Farnese – Roma

Da sinistra a destra, dalla terra all’aria, Carracci raffigura Bacco sul carro del trionfo anticipato e circondato dal suo corteo di creature sfrenate, grottesche. Tigri, capre e un asino, satiri, fauni e putti, uomini e donne si muovono, corrono, si torcono, volano, suonano, ballano annunciando e celebrando il dio. I personaggi sono ora scultorei, ora molli e grassi, ora mostruosi, ora perfetti. I corpi si manifestano senza pudicizia nella loro naturale apparenza, si appoggiano gli uni agli altri per sorreggersi nell’ebbrezza alcolica. Esseri antropomorfi toccano e abbracciano animali in una simbolica fusione con la natura e con l’aspetto più bestiale della sensualità. Bacco regge un grappolo d’uva, dietro di lui una brocca d’oro atta a contenere il prezioso vino. I personaggi portano sacchi e ceste e si muovono verso destra, dove si scorge un albero, forse l’inizio di una selva, il luogo in cui la mitologia vuole risiedano le creature care al dio del vino. Del tutto differente è il celebre Bacco dipinto da Caravaggio.

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Bacco Caravaggio 1596 – 1597 Olio su tela Galleria degli Uffizi - Firenze

Questa tela è oggetto di numerose interpretazioni riferite alla sua simbologia che meritano uno studio approfondito a parte. Ciò su cui voglio concentrarmi è il confronto tra l’iconografia sfrenata dell’affresco di Carracci e l’opera di Caravaggio che ha un impianto e un impatto visivo completamente differenti. Il dio è solo, il suo chiassoso corteo è assente, l’eco delle grida e dei canti è spento. L’immagine è intima e solitaria e invita a un’osservazione sottile. In questo Bacco non si legge

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la celebrazione esorcistica della vita e dei sensi: “Chi vuol esser lieto, sia: Del doman non v'è certezza.” Questo Bacco sussurra una sensualità più mentale. La sua parziale nudità è morbida e bianca come i drappi che la avvolgono. I suoi capelli ricci e folti dal fine erotismo, le sopracciglia marcate, gli occhi nerissimi richiamano il vino contenuto nella brocca e nella coppa, l’uva nel cesto, il fiocco nel quale egli infila un dito. La manipolazione della luce, caratteristica del pittore, la sua capacità di incanalarla e distribuirla come ne fosse lui stesso il creatore, fa sì che Bacco si stagli sullo sfondo scarno e bruno dando l’impressione di emettere un riverbero proprio. Il panno che gli avvolge il braccio, bianchissimo, fa da contrappunto alla cristallina coppa di vino che sembra offrirci. In questo senso Bacco si rivela a noi nella sua più intima essenza: rivendica elegantemente la paternità del vino. La testa inclinata, lo sguardo languido, il sorriso appena accennato le guance rosse di molle ubriachezza sembrano un silenzioso invito a consumare il contenuto della coppa per entrare in empatia con la divinità e a godere della succosa ricchezza dei frutti che la rappresentano. Nel mito di Bacco una presenza è costante: Arianna. Attraverso essa il vino racconta di un’altra allegoria. Abbandonata dall’ingannatore Teseo sulla spiaggia di Nasso, Arianna si unisce a Bacco nel mito dell’amore che consola. Vino come simbolo dell’amore, quindi, del cuore che si riscalda, dell’amore mantenuto che ripaga dell’amore promesso e poi tradito.

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Bacco e Arianna Guido Reni 1620 circa Olio su tela County Museum of Art di Los Angeles

Guido Reni rappresenta un Bacco dalla bellezza scultorea, classica. La divinità è avvolta da un panneggio rosso come rossi sono il vino e l’amore, la passione e il coinvolgimento sensuale. Il dio guarda un’Arianna candida adagiata sulle rocce, tradita, ferita, abbandonata, che al contempo si discosta da lui e gli tende la mano come in attesa di un dono. Il suo corpo compie un arco che risale verso destra, in un’implicita promessa

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di nuova vita, di futuro. Bacco è l’elemento che dà stabilità alla composizione, la sua sensuale chioma corvina si staglia su un cielo dal blu intenso, un cielo mediterraneo. Il dio sfiora il mantello che lo avvolge come una languida carezza e nel farlo sembra indicare al contemporaneamente Arianna e il proprio cuore. Vino come amore, inteso nella sua accezione più sublime e scevra da coinvolgimenti sensuali, concepito come multiforme sentimento che eleva lo spirito umano al di sopra della sofferenza, verso la redenzione: Cristo. "Ora, mentre mangiavano, Gesù prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e, mentre lo dava ai discepoli, disse: Prendete, mangiate: questo è il mio corpo -. Poi prese il calice, rese grazie e lo diede loro, dicendo: - Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti per il perdono dei peccati. Io vi dico che d’ora in poi non berrò più di questo frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi, nel regno del Padre mio.-" (Vangelo secondo Matteo, 26). Sin dal miracolo dalla trasformazione dell’acqua in vino, si manifesta un parallelismo simbolico tra il succo della vigna e Cristo. Gli apostoli bevono il vino, simbolo del suo sangue che sarà sacrificato per la redenzione dei peccati. Il sangue del figlio di Dio per l’umanità intera. Entrare in comunione con il sangue e il corpo di Cristo significa partecipare del suo amore illuminato, ultraterreno, puro, autentico. Nell’amore di Cristo, nel suo sangue, nella sua più pura essenza e quindi nel vino si condensano amicizia, solidarietà, comprensione, spiritualità, sacrificio, speranza. Il vino come sangue di Cristo è una sorta di super-simbolo nel quale si annidano sub-simboli cui è affidato il compito di manifestare gli aspetti più alti dell’animo umano che stringe con esso un’alleanza.

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Ultima Cena Tintoretto 1592 – 1594 Olio su tela Basilica di San Giorgio Maggiore - Venezia

Nella tela di Tintoretto, Cristo e gli apostoli non sono ritratti di fronte, ma sono disposti lungo una linea fortemente inclinata che sembra “ferire” la composizione in diagonale, intensificandone la drammaticità. Tre livelli di luce, terrena (la lampada appesa al soffitto), religiosa (le aureole degli apostoli) e divina (l’aureola di Cristo), fanno vibrare l’immagine, illuminano porzioni di volti e di corpi e fanno risplendere le brocche nelle quali è contenuto il vino. La prospettiva della tela sembra annunciare la dipartita di Gesù che pare risucchiato verso il fondo della stanza nella quale compaiono gli angeli, eteree creature semitrasparenti la cui presenza è rivelata grazie ai giochi di luce. La presenza di persone semplici, estranee al racconto della Bibbia e introdotte dal pittore, rende la narrazione più vicina all’osservatore, più fruibile; la proietta in una sorta di semplice quotidianità che, per contrasto, amplifica l’intensità dell’evento rappresentato e della presenza divina.

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Cristo morirà e risorgerà, il suo sangue sarà versato e poi bevuto nel rito eucaristico nei secoli dei secoli, in un’eterna promessa di salvezza. Ma il vino, tornando a contenuti e metafore terrene, può allontanare l’uomo dalla divinità e dalla redenzione, può renderlo sordo al richiamo divino, traghettandolo in una spiritualità dualistica e apparentemente contraddittoria perché creativa e autodistruttiva, intellettuale e concreta, vitale e mortifera, poetica e prosaica: se da una parte può essere ideale mezzo d’ispirazione artistica e traghettatore dello spirito dell’artista verso l’infinito, come sostiene Baudelaire, dall’altra può essere uno strumento di alienazione e autolesionismo. Nella seconda metà del XIX secolo, mentre “sbocciano” i Fiori del Male, molti artisti fanno la propria esperienza del binomio vino-arte. Alla fine del secolo la pittura di Toulouse Lautrec diventa icona della Parigi notturna, oscura, polverosa. La Parigi dei bordelli e della miseria, degli artisti borderline e dei bar, dell’alienazione, dell’isolamento, dei sorci e degli scarafaggi. La Parigi umida e nebbiosa che vive negli angoli e negli anfratti, dove le sfavillanti luci della Belle Époque non riescono a estendere la loro dorata illusione, dove non si beve aristocratico assenzio, ma vino, rosso, scuro, come lo sono il sangue e la disperazione, la Parigi dalle due facce, la Parigi che s’identifica nella Nanà di Emile Zola.

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A la Mie Henry de Toulouse-Lautrec 1891 Olio su tela Museum of Fine Arts - Boston

Nella tela “A la mie”, i non-sguardi sono rivolti altrove, in una dimensione tutta cerebrale, ma di un cervello obnubilato, addormentato, distratto dalle sofferenze e dalle miserie del cuore grazie agli effetti del vino. I personaggi dipinti da Toulouse Lautrec, seppur seduti allo stesso tavolo, sono reciprocamente alieni. Ognuno alla ricerca di una momentanea fuga dal dolore e dalla noia eppure cristallizzati in essi. Non vedono ciò che guardano. Gli effetti dell’alcol e il peso delle loro vicende gravano sulle loro schiene che s’incurvano. La scena non è convivio, non è amicizia, non è comunanza ma è comunione nel vino che nulla di cristologico possiede. La donna contrae il volto come per mettere a fuoco, l’uomo inarca un sopracciglio e contorce il volto in un sorriso senza sentimento. La tela trasuda idealmente odore di vino scadente e

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polvere, di abbandono e ricerca senza approdo. Così come si appoggiano al tavolo per affidare a esso il loro peso, l’uomo e la donna appoggiano il peso della loro anima al vino che vi sta sopra. Con i personaggi di Toulouse-Lautrec il vino compie il suo viaggio all’inferno. Dai fauni e dalle ninfe approda ai demoni, al regno dell’angelo caduto, dove non c’è fuga dal malessere se non momentanea e illusoria. Il vino mostra il rovescio della medaglia e ciò che si annida tra i lucenti e abbacinanti riflessi di un bicchiere svuotato.

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DAL GRAPPOLO AL VINO

Proprietà Maria Antonietta Grassi

Di Maria Antonietta Grassi. A inizio ottobre, quando gli acini sono gonfi e dolci, inizia un rito molto importante, che ha un fascino arcaico e magico: la vendemmia. Inizia così la trasformazione dell’uva che diventerà nettare che tutti conosciamo con il nome di vino.

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Fonte: Wikipedia

I grappoli vanno raccolti manualmente prestando molta attenzione al trasporto: l’uva deve arrivare integra e asciutta per poter poi procedere immediatamente alla “diraspatura” (separare l’uva dai raspi) e alla pigiatura. Incomincia quindi la fermentazione, porterà l’uva a trasformarsi in vino.

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Mosto d’uva fragola appena girato con l’apposito strumento poggiato sul tino stesso Fonte Wikipedia

La vinificazione avviene grazie ai lieviti che si trovano sulle bucce degli acini e che trasformano gli zuccheri dell’uva in alcol etilico (fermentazione alcolica) e, spesso, per ottenere dei vini di alta qualità, sono aggiunti al mosto dei lieviti selezionati.

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Bottiglie di vino Barolo Fonte Wikipedia

Ogni tipologia di vino (rosso, bianco, rosato) seguirà un suo percorso di vinificazione, vediamo in cosa consiste: Vinificazione in rosso Il processo della vinificazione in rosso inizia togliendo subito il raspo per evitare che trasmettano troppi tannini che diluirebbero il colore, al contrario, a questo scopo, sono lasciati le bucce e i semi (vinaccioli) che donano al vino il colore rosso. Più tempo le bucce restano a contatto con il mosto, più forte sarà l’intensità del colore. Di solito questo tempo oscilla tra i 4/5 giorni per i rossi più leggeri, fino ad arrivare a un massimo di un mese per i grandi rossi (Barolo, Brunello, Barbaresco) ricchi di tannini, da far invecchiare. Concluso questo processo, seguito scrupolosamente con continui rimontaggi, cioè con apporti di ossigeno al mosto per consentire ai lieviti di moltiplicarsi e impedire così arresti di fermentazione, si procede alla “svinatura”. Si tolgono dal mosto le parti solide, cioè le vinacce, e sono torchiate per estrarre il vino che contengono; si tratta di un vino di torchio, molto ricco di colore e di tannini che è vinificato a parte e aggiunto al vino fiore per dargli spessore.

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Cantina con botti Fonte Wikipedia

Il mosto è quindi travasato in contenitori d’acciaio, dove continua una fermentazione lenta, alla quale fa seguito una seconda fermentazione detta malolattica innescata dai batteri e non dai lieviti come nella fermentazione alcolica. A questo punto il vino comincia il suo processo di maturazione: il colore acquista tonalità meno vive e più calde, il sapore diventa pieno e rotondo. Dopo la maturazione, per i vini adatti, segue la fase d’invecchiamento in grandi botti o in piccoli fusti di rovere (barriques, fusti di legno di quercia da 225 litri) che conferiscono al prodotto aroma di spezie e legno. La durata di questo riposo sarà definita dal tipo di vino e dai suoi disciplinari: due anni o più per ottenere il titolo “riserva”. L’invecchiamento continuerà nelle bottiglie perché l’ambiente privo di ossigeno porterà il vino al suo equilibrio ottimale.

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Cantina con Barriques Fonte Wikipedia

Vinificazione in bianco La vinificazione in bianco differisce da quella in rosso perché le parti solide dell’uva non devono rimanere a macerare con il mosto, vanno quindi separate immediatamente utilizzando delle apposite pigiatrici, con membrane a camera d’aria, che comprimo l’uva con molta delicatezza e consentono alla parti solide di non cadere nella vasca insieme al mosto. Le vinacce sono torchiate subito e il risultato della torchiatura può essere aggiunto, in parte o tutto, al mosto. Questo mosto, quasi privo si tannini, è particolarmente delicato e necessita di molte attenzioni. Per ottenere un vino bianco fruttato, da bere giovane, è opportuno farlo fermentare in un tank di acciaio a 18°C: se, al contrario, vogliamo un vino da invecchiamento, bisogna farlo

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fermentare in botti di legno o barriques. In questo modo il vino trarrà dal legno i tannini necessari alla sua durata e conservazione. Vinificazione in rosato I vini rosati si ottengono vinificando in bianco le uve a bacca rossa; il mosto è mantenuto pochissimo a contatto con le vinacce (24/36 ore), quindi si svina e si fa fermentare il mosto a bassa temperatura, esattamente come per i bianchi. I vini rosati, freschi e fragranti, devono essere consumati entro un anno dalla loro produzione. Vino Novello Si tratta in un vino fresco e profumato, deve il suo nome al fatto che è prodotto subito dopo la vendemmia e non è assolutamente adatto all’invecchiamento. Per ottenerlo si utilizza la tecnica della macerazione carbonica, in altre parole, l’uva non pigiata è messa, tutta intera (raspi compresi), per 7/9 giorni, in serbatoi privati dell’aria mediante l’immissione di anidride carbonica, questo fa sì che i lieviti migrino dalla buccia alla polpa in cerca di ossigeno e acqua, dando così inizio a un processo di fermentazione. Si procede poi alla vinificazione in rosso, con una pigiatura leggera e un’altra fermentazione di ¾ giorni. Il vino ottenuto è leggero e dal sapore molto simile al chicco d’uva. Non può essere commercializzato prima del 6 novembre e il termine ultimo per l’imbottigliamento è il 31 dicembre dello stesso anno della vendemmia. Bibliografia: Tutto vino di Luca Pollini – Giunta Demetra Editore

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A CIASCUNO LA SUA CANTINA. Di Lucilla Carbocci. Chiunque sia appassionato di vini sogna di organizzarsi una cantina personale. Una cantina ideale,qualunque sia la sua capienza, dovrebbe trovarsi nel sottosuolo, che offre sufficiente garanzia rispetto agli sbalzi climatici. Inoltre deve essere esposta a nord ; il fresco continuo, in ogni stagione, è il principale requisito di ogni cantina.

Fonte La mia cucina" Edipem / istituto Geografico De Agostini

TEMPERATURA : La temperatura ideale può variare tra i 12° e i 15°C : non deve mai scendere troppo e ovviamente neanche salire. Bisogna ricordare che il vino è una sostanza molto sensibile e soffre terribilmente degli sbalzi di temperatura troppo bruschi .La cantina scavata in profondità è dunque la migliore, perché in un sottosuolo ben protetto, ma anche opportunamente arieggiato. La collocazione sotterranea può essere negativa solo nel caso la cantina si trovi vicino alla caldaia per riscaldamento o alle tubazioni che distribuiscono l’acqua calda. AERAZIONE : La cantina deve essere opportunamente arieggiata, in continuazione; occorre però che la ventilazione sia moderata, tale da consentire il passaggio attraverso le aperture di lievi

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correnti d’aria. Per ottenere una buona ventilazione si può anche ricorrere a impianti di condizionamento d’aria. LUCE : L’ambiente adibito a deposito del vino non deve avere però finestroni che lasciano entrare luce diurna, o peggio, i raggi del sole :uno dei principali requisiti di una buona cantina è che sia buia, o attraversata da una luce molto fioca. Il vino teme la luce : non per nulla molte bottiglie hanno un colore marrone scuro, quasi nero, e altre sono verdi con maggiore o minore intensità. Non si possono mettere in cantina impianti di illuminazione elettrica con lampade usate come quelle di un appartamento, meglio l’illuminazione indiretta. In ogni caso è importante che il vino non venga “ disturbato “ con lampade di grossa portata. PULIZIA : La cantina va tenuta rigorosamente pulita, sia per quanto riguarda le pareti, sia per il pavimento; le cantine piene di ragnatele o di muffe possono essere anche considerate pittoresche , ma non certo igieniche e pratiche. Prima di tutto deve essere asciutta e non umida perché l’umidità influisce sul vino se non altro trasmettendo alle bottiglie odori che podssono ricordare più o meno il marciume; anche la polvere è da considerare un sintomo di sporcizia che non di invecchiamento. La cantina di mattoni è ideale. In ogni caso è preferibile la tinteggiatura neutra a calce, rispetto alle vernici impermeabili.

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VINO E SALUTE Di Silvia Barbaro. Il consumo di vino è spesso al centro di dibattiti in quanto, essendo una bevanda alcolica, rappresenta un alimento dagli effetti controversi: da una parte è noto che contenga numerosi elementi nutritivi con effetti positivi sul nostro organismo, dall’altra assunto in dosi eccessive può avere importanti conseguenze negative. Per capire a fondo quali sono questi effetti positivi e negativi dobbiamo comprendere che cosa è il vino, che cosa significa consumo moderato e quali sono i limiti da non superare.

Per gentile concessione dell’autore Stefano Bellante http://www.stefanobellante.it/

Il vino è soluzione idroalcolica di più di 6000 micro e macro elementi chimici, ottenuto per fermentazione alcolica totale o parziale di uva o mosto d’uva. L’insieme di questi elementi fa del vino un alimento con proprietà nutrizionali e biologiche di rilevanza. Ciascuno degli elementi che lo compongono, inoltre, è responsabile delle caratteristiche organolettiche del prodotto finale che comprendono colore, profumo e gusto. I principali microelementi che si trovano nel vino sono alcoli, esteri, aldeidi, polifenoli, zuccheri, sali minerali e vitamine.

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Come trarre beneficio dal consumo di vino Il primo fattore da tenere in considerazione nel consumo di vino e la gradazione alcolica. La gradazione alcolica dei vini in commercio è compresa tra i 10 e 13 gradi (per grado alcolico si intende la quantità di ml di etanolo contenuti in 100 ml di bevanda e corrisponde a 0.79 g di alcol). L’INRAN (Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione), nelle sue Linee Guida per una Sana Alimentazione considera moderata, in accordo con le indicazioni dell’OMS, una quantità giornaliera di alcol equivalente a non più di 2-3 Unità Alcoliche per l’uomo, non più di 1-2 Unità Alcoliche per la donna e non più di 1 Unità Alcolica per l’anziano. Una Unità Alcolica (U.A.) corrisponde a circa 12 grammi di etanolo che sono contenuti in un bicchiere piccolo (125 ml) di vino a media gradazione, in una lattina o bottiglia di birra (330 ml) di media gradazione o in una dose da bar (40 ml) di superalcolico. Considerati i suddetti valori possiamo considerare che la quantità ideale di vino da consumare per un uomo di media corporatura sono circa 2-3 bicchieri al giorno. Va però sottolineato che gli effetti dell'alcol sull'organismo sono influenzati da numerose variabili come il sesso, il peso, l'altezza, le condizioni di salute, e anche alcuni fattori genetici e ambientali. A questo proposito vi propongo un grafico (fonte: Il Potere Curativo del Vino, G. Sicheri) che rappresenta la “curva di accettabilità dell’alcol”:

In conclusione le proprietà benefiche del vino manifeste con l'assunzione di quantità moderate prestando attenzione a non abusarne.

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Il viaggio del vino attraverso l’organismo umano e i suoi effetti L’alcol viene assorbito per il 20% dallo stomaco e per il restante 80% dalla prima parte dell’intestino; entra così nel circolo sanguigno che lo convoglia nel fegato, deputato a metabolizzarlo, con la velocità di circa un bicchiere ogni ora,

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variabile da soggetto a soggetto. Per circa il 90% l’alcol, viene quindi rimosso dal fegato grazie all’azione degli enzimi del MEOS, mentre il restante 10% viene eliminato attraverso l’urina, il respiro e la sudorazione. Tutte le altre sostanze nutritive contenute nel vino vengono anch’esse assorbite prevalentemente a livello dell’intestino tenue e trasportate dal sangue ai diversi organi. Gli effetti sul metabolismo Il vino ha potere energetico elevato perché un grammo di alcol metabolizzato libera circa 7 kcal. Considerando che il vino presenta un contenuto di alcool che varia dal 5% al 18%, possiamo affermare che un bicchiere da 150 ml fornisce circa 100kcal. Per questa ragione nei soggetti sovrappeso e in coloro che stanno seguendo diete ipocaloriche il consumo di vino è indicato in quantità molto moderate. Inoltre il vino contiene molti zuccheri che, non solo contribuiscono al potere calorico dello stesso, ma influiscono sul metabolismo glucidico di chi lo consuma. Questa è la ragione per cui anche i soggetti diabetici sono invitati ad un consumo attento di questa bevanda. D’altro canto il cromo, contenuto nel vino, pare stimolante nei confronti dell’attività insulinica pertanto nei diabeti insulino-dipendenti modiche quantità di vino potrebbero giovare al paziente. Gli effetti sul sistema nervoso Per il suo contenuto alcolico il vino può dare un effetto euforizzante sul sistema nervoso centrale. Anche in questo caso dalla quantità e dalle circostanze in cui viene consumato dipende l’entità degli effetti. E’ consigliabile non bere a stomaco vuoto ma durante i pasti e di non superare i due bicchieri a pasto. In questo modo si eviteranno gli effetti di disinibizione ed euforia seguiti dalla fase di stordimento, rallentamento psicomotorio e cefalee che può dare un abuso di alcol. Le quantità suddette sono sempre indicative perché, in generale, l’alcol agisce in maniera diversa da soggetto a soggetto a seconda di: -

Frequenza e quantità in cui si consuma alcol Età, sesso, fattori genetici e famigliari Condizione di salute generale

Gli effetti sul fegato La diatriba che riguarda il consumo di alcol (e vino) e i suoi effetti sul fegato attanaglia tutti i medici. Partiamo dal presupposto che diverso è il concetto di consumo da quello di abuso di alcol e di conseguenza, come già detto in precedenza, un consumo moderato ed attento non avrà effetti irreversibili sul nostro corpo. D’altro canto è anche vero che la diversità soggettiva di ciascuno non ci permette di fare un discorso universalmente “vero” riguardo agli effetti del vino sul fegato.

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Questo perché esistono soggetti con una maggiore predisposizione genetica a malattie epatiche, persone in sovrappeso, individui con malattie epatiche già note: in tutti questi soggetti è indispensabile un controllo attento del consumo di alcol. Qual è la ragione? L’abuso di alcol o il suo consumo nei suddetti soggetti può contribuire allo sviluppo di una condizione detta “steatosi epatica” (comunemente nota col termine di “fegato grasso”) che predispone e può evolvere in cirrosi epatica. La steatosi rappresenta una condizione reversibile e correggibile con una dieta appropriata. Al contrario la cirrosi alcolica, che colpisce dal 10% al 15% delle persone che consumano grandi quantità di alcol peri un prolungato periodo di tempo, non è reversibile ed è destinata ad evolvere verso una serie di complicanze sistemiche importanti e in molti casi rappresenta il substrato di partenza da cui può svilupparsi l’epatocarcinoma. Concludendo, non è necessario fare del terrorismo riguardo agli effetti del vino sul fegato. L’elemento chiave sta nel consumare il prodotto con moderazione e non cadere nell’esagerazione o nell’abuso. Altri effetti Si dice che il vino abbia degli effetti stimolanti sulla peristalsi intestinale, diminuendo la stitichezza, e che favorisca la digestione stimolando la produzione di saliva e di ptialina, fondamentali nella prima parte del passaggio del bolo alimentare attraverso l’apparato digerente. Il vino fa buon sangue Partiamo da questo detto popolare per arrivare alla parte più interessante per chi ama il vino e ne fa un uso corretto. Il vino a davvero effetti benefici sul nostro organismo? La risposta a questa domanda è un deciso sì. Come? Il vino possiede un’azione anticolesterolemica grazie alla vitamina C presente nella sua composizione chimica. Alcuni minerali come il magnesio, il silicio, il cromo ed il potassio hanno un ruolo importante sul sistema cardiocircolatorio. I polifenoli hanno un ruolo chiave nel determinare gli effetti positivi conseguenti all’assunzione di vino. Tutte queste sostanze influiscono sull’aggregazione piastrinica, sulla tonicità dei vasi e del muscolo cardiaco, giocano un ruolo nella protezione delle coronarie e nella prevenzione dell’aterosclerosi influendo sia sul metabolismo del colesterolo sia sulla formazione delle placche aterosclerotiche. Per queste ragioni è possibile affermare che “dosi moderate di alcool, consumate come vino durante i pasti, svolgono un’azione protettiva sul cuore e contribuiscono a prevenire le malattie cardiocircolatorie.”

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Concludo lasciando un link molto curioso che ho scovato navigando dove viene consigliato un “vino-rimedio� per diversi disturbi che vanno dal raffreddore, ai problemi di pelle http://www.vino-salute.com/ricette-benessere/. Ovviamente, come sempre, vi raccomando di non sostituire questi rimedi alla medicina tradizionale e ricordatevi sempre e comunque di chiedere consiglio al vostro medico di famiglia.

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VINO: PROPRIETÀ NUTRIZIONALI Di Arianna Mazzetta.

Per gentile concessione dell’autore Stefano Bellante http://www.stefanobellante.it/

Che il succo d’uva avesse molteplici proprietà lo sapevano anche i nostri avi. Infatti, un bicchiere di vino al giorno è stato dimostrato da diversi studi, aiuta a prolungare la vita di cinque anni.

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Il vino è presente in tutte le nostre tavole e viene utilizzato non solo come bevanda ma anche per cucinare. Ne esistono diverse varietà che variano di regione in regione, in base al terreno e alle condizioni climatiche nel quale l’uva viene coltivata e son o diverse anche le tecniche di lavorazione del prodotto. Dal punto di vista chimico, il vino è una miscela liquida costituita principalmente da acqua e alcol etilico (o etanolo). Contiene però tantissime altre sostanze, alcune danno un sapore gradevole al vino, altre hanno un effetto positivo sulla salute (ad esempio i polifenoli e le antocianine). Naturalmente c’è anche il rovescio della medaglia: alcune sostanze sono indesiderate, in quanto danno un sapore sgradevole, altre hanno un effetto negativo sulla salute (ad esempio l'anidride solforosa, la cui concentrazione massima è fissata per legge, essendo altamente tossica). Nel vino rosso troviamo anche la vitamina A, le vitamine del gruppo B (B1, B2, B3, B4, B6) e la vitamina K. Quindi il vino contenendo diversi antiossidanti è un ottimo rimedio per combattere i radicali liberi responsabili dell’invecchiamento cellulare e dei tumori. In più, grazie al resveratrolo, ha la capacità di abbassare la pressione arteriosa ed è anche in grado di prevenire l’arteriosclerosi e malattie cardiache come l’infarto, l’ictus e l’angina pectoris. Andiamo più nel dettaglio: il resveratrolo e il paradosso francese. La popolazione del Sud della Francia, con una alimentazione analoga a quella di alcune regioni degli Stati Uniti, sarebbe meno soggetta a problemi medici di natura cardiovascolare. Perché? La spiegazione è stata ricondotta al resveratrolo, derivato dal contenuto naturale della pianta di vite (Vitis vinifera) proveniente dalle bucce degli acini. Il resveratrolo non è l’unica fitoalessina presente nella vite e nel vino infatti, come ho già accennato prima troviamo diverse sostanze che sono mobilitate e prodotte dai tessuti vegetali per affrontare le infezioni batteriche e fungine. Tuttavia le dosi di vino necessarie per una attività “misurabile” sono di molto superiori alla dose giornaliera di vino consigliata, basta pensare che bisognerebbe bere circa quattro litri di vino al giorno per avere effetti benefici sulla circolazione, ma la stessa quantità darà problemi al fegato e alle arterie.

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Inoltre, sempre per quanto riguarda il resveratrolo, negli ultimi anni è balzato agli onori della cronaca in quanto troppo spesso è stato definito come un elisir, quando nella realtà è sì un antiossidante per certi aspetti benefico, ma comunque privo di virtù miracolose. L’aspetto negativo risiede nei suoi possibili effetti collaterali: anche se è in grado di prevenire eventuali rischi di cancro, allo stesso tempo esiste la possibilità che esso possa indurre lo sviluppo del tumore al seno. Un ulteriore e probabile rischio riguarda il danno epatico conseguente anche alla dipendenza alcolica, dal momento che la principale fonte alimentare di questa sostanza è il vino. Potrebbe inoltre minare la salute delle donne in gravidanza. A chi volesse avere ancora più informazioni sul resveratrolo e le sue proprietà consiglio questo articolo.

Il vino rosso è particolarmente ricco di polifenoli, una classe di pigmenti vegetali di cui sono note le proprietà antiossidanti e antimicrobiche, ma di cui non si conoscono ancora gli esatti meccanismi molecolari alla base dei loro potenziali effetti benefici . Questi composti sono presenti non solo nell’uva rossa, ma anche in molti altri alimenti di origine vegetale: frutti rossi, cacao, te, caffè… Tuttavia i processi fermentativi dell’uva e la presenza di etanolo distinguono il vino dalle altre fonti in quanto l’attività metabolica dei microorganismi non si limita alla trasformazione dello zucchero in alcol, ma porta anche a cambiamenti degli stessi polifenoli. Inoltre, la presenza di alcool influenza il loro assorbimento nel tratto gastrointestinale. Uno studio del 2011 dell’Università di Milano ha osservato l’azione protettiva esercitata dalla componente polifenolica sulla degradazione degli acidi grassi polinsaturi presenti nel sangue. Questo studio ha esaminato la capacità dei polifenoli estratti da un vino rosso italiano di proteggere dalla degradazione gli acidi grassi polinsaturi omega-3 (esempio: acidi

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eicosapentaenoico e docosaesaenoico) e omega-6 (esempio: acido arachidonico). Gli acidi grassi polinsaturi essenziali delle famiglie omega-3 e omega-6 sono una classe di composti di origine alimentare che svolgono un ruolo importante nella prevenzione delle patologie cronico-degenerative comprese quelle cardiovascolari che possono essere innescate e aggravate da un alterata risposta immunitaria che porta a lievi stati infiammatori cronici. Un corretto rapporto tra gli omega-3 e gli omega-6 nelle membrane delle nostre cellule è fondamentale per modulare la risposta infiammatoria: bassi livelli di omega-3 ed elevati livelli di omega-6 favoriscono l’infiammazione, viceversa alti livelli di omega-3 e bassi di omega-6 hanno una azione antinfiammatoria. I risultati di questo studio indicano che questi polifenoli proteggono effettivamente dall’ossidazione tutti gli acidi grassi polinsaturi presenti nel sangue più efficacemente della vitamina E. Inoltre preservano gli omega-3 più degli omega-6, esercitando così un’azione antinfiammatoria. Anche i risultati di alcuni studi epidemiologici meno recenti di questo hanno associato ad un consumo moderato di vino rosso (un bicchiere per le donne e due per gli uomini al dì che corrispondono a circa 0.5-1 g di polifenoli) un minor rischio di sviluppare patologie cardiovascolari. Consigli Chi già consuma bevande alcoliche dovrebbe farlo moderatamente, concedendosi uno o al massimo due bicchieri al giorno, e preferibilmente di vino perché bere in modo più pesante, può causare non solo incidenti ma anche tumori, steatosi e cirrosi del fegato. Inoltre non è consigliabile iniziare a bere per via degli effetti positivi per la salute in quanto il consumo di alcolici può dare dipendenza.

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LA DEGUSTAZIONE Di Semplicemente Lalla.

Per gentile concessione dell’autore Stefano Bellante http://www.stefanobellante.it/

Sapete quante volte, prima di decidermi a fare un corso base sul vino, mi sono sorpresa a rispondere a domande del tipo “ Ti piace questo vino?” “Come trovi questo vino?” con un secco ed insignificante “si, buono” “insomma, troppo forte” . Eppure sorseggiare un buon bicchiere di vino a tavola, godermi un frizzantino come aperitivo mi piace da tempo. Dal corso base in poi ho cercato sempre di leggere le etichette dei vini, andare a scoprire qualcosa di più su uvaggio, produttore etc dei vini che bevevo e a frequentare, sia pur non

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spessissimo, le degustazioni degustazioni generali.

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Lu ngi da me insegnare come si degusta il vino, sono la prima ad avere ancora tutto da imparare e provare, ma condividere con voi quello che ho assimilato e letto per farvi venire la voglia – se amanti del vino – di approfondire, degustando, le vostre conoscenze. Esattamente come è successo a me quando ho deciso di non accontentarmi più di rispondere alle famose domande iniziali con un vago “si, buono”. Ogni vino è diverso, è diverso per colore , per profumo e per sapore; ogni vino proviene da terreni, zone climatiche diverse ed annate diverse e anche questo si riflette poi sul suo colore, sul suo profumo e sul suo sapore. Alla base della degustazione, ci sono organi di senso regolati dal sistema nervoso: gli stimoli esterni – sapore, colore, odore- arrivano al nostro corpo e sono intercettati da particolari cellule i “recettori” il cui compito primario è di “trasmettere” mediante impulsi elettro-chimici al nostro cervello le informazioni. Il cervello a suo volta le “elabora” e le rimanda a specifici organi – gli organi di senso – sotto forma di sapore, colore e odore. Ogni organo ha i suoi specifici recettori a seconda della funzione da loro svolta: i fotorecettori degli occhi catturano l’energia luminosa; i chemorecettori del naso e della lingua saranno stimolati da stimoli relativi a odore e sapore. La percezione di tali stimoli è soggetta però a numerosi variabili spesso anche soggettive: così il valore soglia “intensità” della capacità di captare un odore o un sapore dipende da soggetto a soggetto. I fumatori hanno l’olfatto ed il gusto meno sensibile, le donne abituate a cucinare hanno spesso molto più sviluppata la capacità di percepire un profumo rispetto ad un uomo. La capacità di analisi sensoriale, inoltre, diminuisce mano a mano che si “degusta” tanto da limitare alla fine la percezione dei soli stimoli più forti ed intensi; non si possono degustare troppi vini uno di seguito all’altro senza un’opportuna pausa in modo da consentire il normale ripristino della sensibilità. Tre, quindi, i momenti fondamentali della degustazione: esame visivo, esame olfattivo e l’esame gustativo. La tabella 1 riassume in modo molto chiaro questi tre momenti che se pur rappresentati separati sono uno conseguenza dell’altro. Si comincia con l’analisi visiva, si prosegue con quella olfattiva

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per terminare con l’esame del gusto tenendo presente che ogni passaggio da informazioni per l’esame successivo.

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Scheda di degustazione dell’Associazione Italiana Sommelier (A.I.S.)tratta da Il libro completo del vino – G. Sicheri – De Agostini

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ESAME VISIVO Il colore del vino è fortemente influenzato dal vitigno di origine, dalla natura del terreno e dal metodo di vinificazione; il colore naturalmente da informazioni diverse a seconda che si tratti di un vino bianco, rosso o rosato. Vini bianchi: un colore giallo paglierino molto limpido con riflessi verdolini è quasi sempre un vino del nord; il verde è sinonimo di clorofilla quindi di vendemmia effettuata non a completa maturazione delle uve. Molti vini dell’Alto Adige, del Trentino e Valle d’Aosta sono caratterizzati da sfumature verdoline per arrivare poi a uve come il Riesling, il Muller Thurgau in cui la caratteristiche è molto più marcata. In Germania usano servire i bianchi in bicchieri con lo stelo verde proprio per esaltare le caratteristiche tendenti al verde dei vini. I vini del centro o di terre con clima più mediterraneo sono caratterizzati da, sì colore giallo paglierino, ma senza riflessi verdi. La presenza di venature dorate è sinonimo di lunga permanenza in botti di legno - la famosa barrique (adoro la grappa barricata ;-)) . Un’eccessiva maturazione dell’uva determina venature dorate al vino – è il caso dei vini bianchi amabili o passiti che restano dei grandi e signori vini - e se protratta a sovra maturazione può portare a fenomeni ossidativi non voluti indice di vino non più buono. Vini rossi: i vini rossi sono di fatto più impegnativi dei bianchi e ciò è dovuto fondamentalmente al fatto che nei rossi mosto e bucce dell’uva fermentano insieme. Sembra banale ma non lo è : la buccia rappresenta il confine con l’esterno e come tale risente moltissimo delle condizioni climatiche in cui matura. I vini rossi risentono molto di più dei bianchi dell’annata e dal colore si possono ottenere molte informazioni. I vini rossi giovani tendono al violaceo per la presenza marcata di sostanze gli antociani che mano a mano che la maturazione del vino procede, si disattivano e lasciano predominare i tannini, dal colore più tendente all’arancione. L’equilibrio fra antociani e tannini è il responsabile principale della colorazione del vino rosso: alcune uve – dolcetto in Piemonte, il Sirah nella Valle del Rodano – hanno gli antociani più stabili per cui anche a maturazione prevarrà la tonalità fredda dl viola; in altre uve invece i tannini risultano rilevanti anche nei primi anni : il Nebbiolo delle Langhe o l’Aglianico tenderanno a colori più caldi anche da giovani. Un nebbiolo sarà quindi meno violaceo rispetto ad un Dolcetto anche in età giovane; il rosso granata è tipico dei grandi vini

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rossi molto invecchiati; un colore troppo tendente all’arancio, mattonato, denotano un invecchiamento eccessivo. Vini rosati: in base all’esame visivo si distinguono in: rosati veri e propri molto chiari ; chiaretto in cui emerge già una tendenza aranciata e il cerasuolo decisamente più rossi. Qualunque vino di qualità ha il dovere di presentarsi limpido ed è anche vero che con l’affinamento dei trattamenti stabilizzanti e di filtraggio è estremamente raro imbattersi in vini non limpidi. Osservare le pieghe della mano o una scritta attraverso il bicchiere aiuta a determinare la limpidezza. L’effervescenza è dovuta alla presenza di anidride carbonica tipica dei vini frizzanti o degli spumanti e l’esame delle bollicine di un vino spumante merita da solo un capitolo a parte; a grandi linee la grana, il numero e la persistenza delle bollicine definiscono e classificano i vini spumanti. ESAME OLFATTIVO Con l’esame olfattivo – Tabella 1 - si devono analizzare 3 qualità di un vino: la persistenza, l’intensità e la qualità dei suoi profumi; la qualità del profumo di un vino è senza dubbio il più importante : un vino con profumo molto intenso e molto persistente è valido solo se risulta positivo anche nella qualità. Si distinguono: odore primario: il profumo che deriva dall’uva e potrà essere aromatico se deriva da uve aromatiche (Moscato, Malvasia) o fruttato tipico dei vini giovani. odore secondario: secondario alle reazioni che subisce l’uva dalla vendemmia all’inizio della fermentazione; ne sono responsabili le sostanze che si sprigionano durante la fermentazione alcoolica, nell’affinamento e maturazione dando origine ai profumi post fermentativi o bouquet. L’esame olfattivo è piuttosto complicato e solo la conoscenza delle caratteristiche dell’uva, le degustazioni ripetute e possibilmente guidate all’inizio ci abituano a percepire il profumo di un vino; a grandi linee i vini bianchi sono dominati nel profumo da sentori di frutta fresca : dalla pesca, alla banana, alla mela golden o renetta. Nei vini bianchi di maggior complessità, che hanno subito una fermentazione ad es nel legno, ai profumi originari dell’uva si andranno a sommare profumi più complessi – vaniglia, burro, caffè e arachide. Va da se che in questo secondo caso le uve utilizzate dovranno essere di grande

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valore è cioè avere produzione limitata e condizioni climatiche e di terreno particolari. Entrando nel mondo dei vini rossi la cosa complicarsi perché, come già sottolineato, la viene fatta con mosto e buccia insieme. Nei primario sarà determinato da sentori di frutta amarena, prugna cotta. Il “bouquet” spazia invece fiori, di animali e di vegetali.

non può che fermentazione rossi l’odore rossa, ribes, dal profumo di

Quante volte vi sarà capitato di dire “questo vino sa di tappo”! Anche questo fa parte dell’esame olfattivo, anche se di immediata percezione così come l’odore di marsalato o l’odore di legno marcio.

ESAME GUSTATIVO Le prime percezioni sono spesso le più piacevoli perché la punta della lingua – figura 1- è rivestita da papille gustative specializzate nella percezione del dolce, il fondo , al contrario da papille deputate a captare il sapore amaro che ha una persistenza maggiore. Il salato non è il sapore tipico dei vini, praticamente non esistono vini salati, ma il sapore salmastro è percepibile nei vini prodotti nei pressi del mare.

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L’analisi gustativa permette di valutare l’intensità, la persistenza, la struttura generale del sapore e ancora l’armonia, la qualità e la tipicità di un vino. Nella tabella 1 è riportata la terminologia con cui normalmente si giudicano tutti gli aspetti di un vino; entrare in confidenza con questi vocaboli, imparare a percepire le varie sfumature del gusto, profumo e colore di un vino non è immediato , solo la pratica, l’allenamento ed il confronto con chi ne sa di più di noi sono gli ingredienti essenziali per riuscirci.

TEOREMA DELLA FRUTTUOSITA DEL VINO, OVVERO DELLA SUA PIAVEOLEZZA secondo LUCA MARONI Assioma: Il vino è piacevole quando il gusto richiama in modo vero (consistente, equilibrato, integro) quello del frutto da cui è attenuto. Teorema: la fruttuosità del vino è direttamente proporzionale alla consistenza, all’equilibrio, all’integrità e al gusto Si deduce che Qualità-Piacevolezza-Fruttuosità = Consistenza+Equilibrio+Integrità

Consistenza: l’insieme delle sostanze che costituiscono un vino, il suo estratto. Il vino consistente è ricco di colore, di profumo, di sapore e ha un tatto denso e viscoso. Tanto più è consistente l’uva impiegata, tanto maggiore è la consistenza del vino. La consistenza di un vino è in sostanza un pregio raro, perché costoso Equilibrio: quando la dolcezza (morbidezza) del suo gusto eguaglia la somma della sua acidità e della sua eventuale amarezza. Il vino equilibrato ha sapore morbido, armonico; l’equilibrio determina la qualità delle sensazioni provate. Tanto minore è il livello di maturità dell’uva impiegata, tanto più il vino avrà sapore acido e amaro. L’equilibrio di un vino è in sostanza un pregio raro perché rischioso e costoso

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Integrità: un vino è di gusto integro quando il sapore del frutto costitutivo è avvertito nella sua pulizia e nella sua novità. La pulizia del vino consiste nell’assenza di gusto-aromi non propri dell’uva; la novità è l’assenza di gusto-aromi ossidati non presenti nell’uva al momento del suo distacco dalla pianta. L’integrità di un vino è in sostanza un pregio raro, perché rare sono negli operatori la diligenza e la semplicità.

Tanto più profondamente il vino lo si conosce, tanto più piacevolmente lo si apprezza, tanto più naturalmente lo si rispetta. E mai più se ne abusa. (Luca Maroni)

Bibliografia: Vini D’Italia – Mondadori Il libro completo del vino – G. Sicheri – De Agostini Appunti del corso base di degustazione de Il Gambero Rosso: ABC del vino

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L'ANIMA DEL VINO INCONTRA E SPOSA CON LO SPIRITO DEL CIBO?

SI

Di Annalisa Nesti, Sommelier A.I.S. A questo proposito inizio, se mi è permesso, con una citazione di C. Baudelaire: “L'anima del vino cantava nelle bottiglie: Uomo, caro diseredato, io ti lancio, dalla mia prigione di vetro e dalle mie vermiglie chiusure, un canto pieno di luce fraterna!” Tenterò e proverò a spiegare quanto è possibile di questo matrimonio tra vino e cibo.

Per gentile concessione dell’autore Stefano Bellante http://www.stefanobellante.it/

Il vino non è solo una bevanda alcolica risultante dalla fermentazione di uva, ma è storia (a cominciare dalle civiltà più antiche come etrusca, greca, egizia, romana e mediovale alle civiltà moderne post-guerra per arrivare ai ns.giorni) è arte (raccontato e raffigurato da pittori, attori, poeti e scrittori illustri ) ed è fenomeno socio-culturale (quanti discussioni e trattati politici e religiosi sono stati conclusi con del buon cibo e calici di vino?!)...a tal proposito anche O.Wilde diceva “A tavola perdonerei chiunque, anche i miei parenti”. Stessa

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cosa vale per il cibo, che come il vino, ha conosciuto, ha attraversato le difficoltà di epoche diverse, evolvendosi, talvolta adattandosi. Entrambi esercitano il loro potere agli appassionati e non, agli operatori, nella ricerca di un abbinamento perfetto, ovvero alla ricerca di equilibrio e armonia, affinchè esaltino a vicenda le proprie caratteristiche organolettiche, si compensino su eventuali squilibri di profumi, sapori, aromaticità e persistenza gusto-olfattiva. Inizialmente e storicamente l'abbinamento avveniva per tradizione, cioè ispirandosi alla cucina e all'enologia localeregionale, nati per necessità di utilizzare quanto era disponibile, un tempo, sul luogo, visto sia le difficoltà di reperibilità degli alimenti, che i costi alti di trasporto; quindi troviamo la bistecca fiorentina con il Chianti colli fiorentini o senesi o le triglie alla livornese con il Montescudaio Vermentino. L'abbinamento stagionale si ispira al principio di consumare in ogni stagione gli alimenti più adatti o quelli che si trovano al momento in quantità e con buon rapporto qualità-prezzo. Nella stagione fredda la necessità di una dieta sostanziosa basata su piatti speziati, strutturati con sughi e cotture in umido ; come un Peposo alla Fiorentina con un Supertuscan Ornellaia; un Castelmagno stagionato con un Amarone Valpolicella. Invece nella stagione calda, c'è la necessità di una dieta leggera, che porta al consumo di pietanze non strutturate, di verdura fresca, pesce, carni bianche condimenti crudi , come un piatto di totani e gamberi appena scottati a vapore e conditi con olio ed erbe aromatiche con un buon e fresco Vermentino di Bolgheri oppure Panzanella Toscana e/o Sogliola alla mugnaia accompagnata da una buona Vernaccia San Gimignano. L'abbinamento psicologico o poetico è legato ad una cerimonia, ad un evento, dove un cibo è affiancato e degustato insieme al un calice di vino importante o particolare, come le cene tematiche proposte nei locali come un menù formaggi italiani stagionati con vini rossi di struttura oppure Ostriche (dove in una è depositata una scatolina blu e un bell'Anello di Tiffany ...magari!!!) con un bel calice di Champagne Larmandier Bernier Terre di Vertus per una proposta di matrimonio. Ed infine personaggi illustri, come Dumay di scuola Francese che tentò con il suo decalogo di stilare delle regole per l'abbinamento di cui ne elenchiamo qualcuna : • Nessun vino liquoroso bianco non deve essere servito con carni rosse o selvaggina.

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• Nessun grande vino rosso va servito con pesci e/o crostacei. • Ogni piatto ha il suo vino. • Servire i vini nella loro stagione e separare assaggio di vino con acqua. • Vini bianchi serviti prima di quelli rossi. • Vini leggeri serviti prima di quelli strutturati. • Servire prima i vini con temperatura più fredda/fresca procedere con i vini che hanno temperatura ambiente.

e

Alcune di queste regole, specialmente le ultime tre, sono ancora oggi tenute inù considerazione ed applicate nel servizio. Solo con Veronelli, appassionato, giornalista eno-gastronomo, è stato possibile definire le negazioni tra vino e cibo, cioè l'impossibilità di ricercare un abbinamento con un piatto di insalata condita con limone, aceto, sottoaceti, carciofi crudi, frutta, agrumi, gelato; lasciando spazio e possibilità di ricerca ed esperienze per tutti gli altri piatti con nessuno tipo di regola fissa. Infine è stato Pietro Mercadini , che è stato elaborato un metodo oggettivo con una scheda grafica a cerchi concentrici per l'abbinamento analogia e contrasto. Questo metodo, applicato dagli operatori del settore, si basa sul contrasto o analogia tra vino e cibo e ricerca l' equilibrio dal punto di vista organolettico e della struttura di entrambi. Se nel piatto ho una Bistecca alla Fiorentina, sentirò sensazioni di succulenza e tendenza dolce per la cottura al sangue, moderata grassezza (per il contenuto di grasso, la cotenna della carne) , leggera tendenza amarognola (per l'eventuale cottura alla griglia) e saranno abbastanza percettibili aromaticità e speziatura /sapidità (pepe/sale dopo la cottura ); qui si abbinerà per contrasto un vino rosso di medio corpo, piuttosto alcolico, abbastanza sapido e tannico, in quanto questi ultimi elementi vanno a lavare e pulire la grassezza, la succulenza e tendenza amarognola del cibo, esaltandone l'aromaticità aromatica ed intrinseca della bistecca. Altresì con un dessert come i biscotti di Prato, sentirò dolcezza, succulenza indotta, intensità aromatica media per l'uso di anice e mandorle, e discreta grassezza (per

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l'impiego di uova e burro nell'impasto del biscotto), quindi l'abbinamento sarà per analogia con un vino dolce, abbastanza fresco per rinfrescare la bocca dell'eventuale grassezza , con altrettanto corredo aromatico intenso come il biscotto, quindi servirò un calice di Vin Santo di Carmignano. Per procedere all'abbinamento è necessario capire ed esaminare sia il cibo che il vino a livello sensoriale e quindi per il cibo: • aspetto visivo consiste nel valutare la composizione cromatica/estetica del piatto (l'occhio vuole sempre la sua parte!), l'integrità dell'alimento secondo le disposizioni igenico-sanitarie ,la composizione del piatto (se carne, pesce, cereali, insaccati, pasta o dolci), la sua cottura, poiché ogni cottura esercita un cambiamento chimico ed organolettico del cibo. • Aspetto olfattivo si basa sulla percezione da appena accennata ad intensa sul corredo di profumi del piatto ...dal profumo di cottura, all'aromaticità intrinseca del cibo a crudo (come un tartufo, un'ostrica). L'aspetto visivo ed olfattivo uniti fanno scattare la cosiddetta e benedetta “acquolina in bocca”, definita tecnicamente secrezione ghiandolare che si forma in bocca quando avvertiamo degli odori invitanti. • Esame gustativo, che fa la parte del leone, in quanto è con l'assaggio che darò il giudizio finale di gustosità e percezione delle sensazioni tattili, saporifere , morbide o dure del cibo. • Quali sono le sensazioni morbide del cibo? 1. Grassezza: è una sensazione tattile, che si avverte la pastosità in bocca parzialmente dovuta alla presenza di grasso saturo e solido (panna, formaggi, pancetta, parte grassa di insaccati e carne). 2. Untuosità: è una sensazione tattile, che si avverte con la scivolosità in bocca ed impastamento totale della lingua, riferita alla presenza di grasso liquido come olio di oliva, olio di semi (piatto di pasta con olio e peperoncino o con burro fuso, piatto di peperonata). 3. Succulenza: è una sensazione tattile, che denota la presenza di liquido in bocca, che può essere intrinseca, quando è presente nel cibo che assaggiamo (brodo, ostriche,iti brasati); indotta dalla salivazione e masticazione del cibo (bistecca, spezzatino, pane, formaggi) ed infine può essere per addizione,

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aggiunta di liquidi nella preparazione del piatto ( zuppa di pesce, pappa al pomodoro). 4. Tendenza dolce: è una sensazione saporifera da non confondersi con la dolcezza, in quanto non riferita alla presenza di zucchero come c'è in un dolce ; è tipica di tutti gli amidi/carboidrati, carni, pane, formaggi, verdure, pesce, crostacei e frutta. • Quali sono le sensazioni dure del cibo? 1. Sapidità: è una sensazione saporifera dovuta alla presenza di sale aggiunto prima, durante o dopo la cottura, oppure per effetto di stagionatura, affumicatura od anche per il sapore intrinseco del cibo, come l'agnello presalèe tipico francese, che si nutre con erba che contiene il salmastro oceanico. 2. Tendenza amarognola: è una sensazione saporifera percepita in fondo alla lingua, che è data dalla cottura alla griglia o brace, dove si formano sostanze carbonizzate che conferiscono questo gusto amarognolo, oppure per la presenza di erbe aromatiche, che cotte acquistano l' amarognolo ed infine può essere intrinseca all'alimento come il carciofo, fegato, affumicati, radicchio o scarola. 3. Tendenza Acida: è presenza di sostanze balsamico, pomodoro.

una sensazione acidule come

saporifera data aceto, limone,

dalla aceto

4. Speziatura: è una sensazione tattile percepita prima con l'olfatto, poi con la bocca risultante dalla presenza di spezie o erbe aromatiche usate nella cottura, nella stagionatura, che può dare piccantezza come nel caso di impiego di pepe nella preparazione del piatto , la troviamo nel risotto allo zafferano, pollo al curry, pecorino siciliano, speck, Panforte) 5. Aromaticità: è una sensazione tattile percepita anche questa per primo con l'olfatto e può essere naturale per la natura dell'alimento (ostrica, pesce, funghi) oppure un cibo con aggiunta di erbe aromatiche a crudo (caprese con orignano, pizza margherita con basilico, pesto genovese). Di solito si abbina vino e cibo per analogia quando abbiamo le sensazioni di dolcezza, aromaticità, speziatura e struttura, cioè per cercare l'armonia e l'equilibrio, come per il dessert, che è soprattutto dolce, abbinerò un vino dolce, amabile o abboccato a seconda del grado di dolcezza.

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Nel caso di sensazione di sapidità, tendenza dolce, amarognola e acida, succulenza, untuosità e grassezza avvertite nel cibo andrò alla ricerca di un vino con caratteristiche opposte, al fine di compensare e livellare gli squilibri nel cibo e non acuirli col fine di ricercare armonia. L'esempio è semplice : se ho un cibo molto untuoso e sapido, cercherò un vino con buona dose tannica, alcolica e e di acidità/freschezza. Importante è stabilire il grado di percettibilità di queste sensazione dalla scala numerica da 0 a 10 nel grafico AIS/Mercadini di 10 cerchi concentrici, dove abbiamo gli aspetti del cibo da valutare (grassezza, dolcezza, tendenza dolce, sapidità, tendenza acida, aromaticità, speziatura, tendenza amarognola, succulenza ,untuosità e P.G.O.=persistenza gusto olfattiva scritti caratteri scritti in minuscolo in 6 rette divergenti ) e la parte del vino (acidità, sapidità, effervescenza , alcool, tannicità e P.A.I. con caratteri scritti in maiuscolo con 6 binari paralleli).Vedi la scheda allegata. 0-1-2 impercettibile non valutabile perchè appena accennata o non presente. 2-3-4 poco percettibile quando la sensazione si avverte leggermente. 4-5-6 abbastanza percettibile se la sensazione identificarla.

è

presente

in

maniera

sufficiente

per

6-7-8 percettibile quando la sensazione è netta e spiccata. 8-9-10 molto percettibile quando la sensazione è predominante in modo assoluto quasi nel piatto, come un tartufo con la sua aromaticità.

Valutazione delle sensazioni del vino E' necessario prendere in considerazione la scheda AIS di analisi sensoriale del vino che prevede cinque definizioni qualificative per ogni elemento del vino e riportiamo il grafico di riferimento:

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Fascia

Intensità olfattiva

P.A.I.

Effervescenza

Acidità

Sapidità

Alcolicità

Tannini

Morbidezza

Dolcezza zuccheri

0-1-2

Carente

Corto

Fermo

Piatto

Scipito

leggero

Molle

Spigoloso

Secco

2-3-4

Poco intenso

Poco pers.

Poco effervescente

Poco fresco

Poco sapido

Poco caldo

Poco tannico

Poco morbido

Abboccato

4-5-6

Abbastanza intenso

Annastanza pers.

Abbastanza tannico

Abbastanza morbido

Amabile

6-7-8

Intenso

Persistente Effervescnete

Fresco

Sapido

Caldo

Tannico

Morbido

Dolce

8-9-10

Molto intenso

Molto pers.

Molto effervescente

Acidulo

Salato

Alcolico

Astringente

Pastoso

Stucchevole

Abbastanza Abbastanza Abbastanza Abbastanza effervescente fresco sapido caldo

Molto importante è la struttura del cibo che si può definire: poco strutturato/abbastanza strutturato/ strutturato. Per il vino la struttura si definisce invece Magro/debole/Di corpo/robusto/pesante. Ed ovviamente la struttura del cibo con il vino va abbinata per analogia, nel senso che con un brasato in umido dovrò abbinare dei vini robusti e maturi. Riportiamo la scala numerica di percettibilità del cibo e del vino con due colori diversi, poi andiamo a tracciare i due poligoni, uno per il vino ed uno per il cibo; se otteniamo due poligoni simili avremo equilibrio e quindi un abbinamento armonico o abbastanza aromico, altrimenti, nel caso si ottenga due poligoni dissonanti l'abbinamento sarà poco o non armonico. Schema riepilogativo dell'abbinamento contrasto ed analogia Contrapposizione o contrasto quando: Sensazioni Cibo Grassezza Tendenza dolce Succulenza Untuosità Sapidità Tendenza acida

Sensazioni Vino Sapidità/effervescenza Acidità/sapidità/effervescenza Tannicità/Alcolicità Tannicità/Alcolicità Alcolicità Alcolicità

Tendenza amarognola

Alcolicità/dolcezza se l'alcool non è sufficiente

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Concordanza o analogia: Sensazioni Cibo Dolcezza

Sensazioni Vino Dolcezza Struttura vino di Struttura (insieme sensazioni corpo/robusto con rilevante gustative olfattive tattili) estratto secco P.G.O. Persistenza GustoP.A.I. persistenza Olfattiva = durata percezione aromatica intensa dopo deglutizione Aromaticità naturake e/o con Intensità olfattiva/P.A.I uso erbe Speziatura Intensità olfattiva/P.A.I Non Vi resta che provare prima con il grafico per acquisire tecnica e poi provare, azzardare, giocare, abbandonarsi con i sapori, profumi, le sensazioni finchè non troviamo l'armonia giusta e Vi lascio con una citazione “Nessuno può essere saggio a stomaco vuoto” (G.Heliot).

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ALCUNE INDICAZIONI DI AIUTO ABBINAMENTO CIBO-VINO Cibo Aperitivi

Vino abbinato Spumante secco di ogni metodo a 7°

Antipasti magri di pesce, Bianco secco leggermente acido, o insalata di pollo frizzante, a 10° Cocktail di scampi Prosciutto crudo

Bianco aromatico a 10° Rosato leggero e sapido a 12°

Antipasti di salumi

Rosato fresco o rosso giovane brioso a 12°-14°

Verdure in pinzimonio

Bianco morbido leggermente profumato a 10°

Uova al burro

Bianco secco morbido e giovane a 10°

Frittata

Rosato di buon corpo a 12°-14°

Minestre in brodo

Continuare con il vino servito con l'antipasto

Risotto Risotto Risotto Risotto Risotto

Rosato leggero e brioso a 14° Rosato giovane a 14°-16° Bianco secco morbido a 10° Bianco secco media struttura a 12° Rosso giovane e/o frizzante a 15°

ai funghi al Barolo alle verdure al pesce con salsiccia

Pastasciutta con pescato

Bianco morbido, secco, o leggermente abboccato a 10°-12°

Pastasciutta base verdure Bianco secco morbido a 12° Pastasciutta la pomodoro

Bianco secco fresco di acidità 10°

Pastasciutta a base di carne

Rosato o rosso giovane e vivace a 12°16°

Sformati salati

Bianco secco o rosato leggero a 10°14°

Frutti di mare crudi

Bianchi aromatici a 8°-10°, o bianco di corpo

Frutti di mare cotti

Bianchi morbidi, fruttati a 10°

Pesce alla griglia e fritture

Bianco secco di carattere o rosato leggero a 10°-14°

Pesce in umido o cartoccio

Rosato corpo medio a 12°-14°

Zuppa di pesce

Rosato di buon corpo o Rosso giovane 14° - 16°

Carni bianche di pollo

Bianco secco di carattere o Rosato a 10°-14°

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Cibo Carni di coniglio

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Vino abbinato Rosso moderatamente giovane, leggero di corpo e fresco

Carni di vitello Canre di maiale Fegato e rognone

Rosso secco, giovane e leggero a 14° Rosso secco di medio corpo a 16° Rosso di buon corpo a 12°-16°

Carni rosse alla griglia

Rosso di struttura a medio invecchiamento, anche vivace, a 16°

Carne rossa in umido

Rosso secco di invecchiamento, anche vivace, a 16°

Bolliti misti

Rosso giovane anche vivace a 16°-18°

Cacciagione

Rosso secco di invecchiamento, anche vivace, a 18°

Formaggi a pasta fresca

Bianco morbido a 10°

Formaggi erborinati

Bianco di Buon corpo o passito a 12°15°

Formaggi fermentati

Rosso di medio corpo e buon incecchiamento a 18°

Formaggi a pasta dura

Rosso di medio corpo e buon incecchiamento a 18°-20°

Formaggi piccanti

Rosso di corpo o liquoroso a 18°-20°

Panettoni e simili

spumante dolce o demi-sec o bianco aromatico a 7°

Torta paradiso

Bianco dolce leggermente aromatico a 7°

Crostata di frutta

Bianco o rosso semisecco o dolce, aromatico o fruttato, anche Spumante dolce a 7°-8°

Prodotti da forno

Passito liquoroso abboccato o dolce a 10°-13°

Dolci al cucchiaio

Bianco o Spumante dolce a 7°-10°

Creme crude o cotte

Bianco Liquoroso d'invecchiamento a 8°-12°

Gelati

Nessun vino

Frutta fresca

Vino abboccato, aromatico e fruttato a 7°

Frutta secca Macedonia con agrumi

Rosso abboccato o passito liquoroso Nessun vino

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Che vino comprare Bianchi freschi fruttati

Gavi, Soave, Cirò Bianco, Tocai, Vermentino ligure, Gewurtraminer, Pinot, Verdicchio

Bianchi compositi di affinamento

Sauvignon, Vernaccia, Torgiano Bianco

Bianchi affinati, da meditazione

Picolit

Rosati

Logrein Rosato, Rosato del Salento, Chiaretto del Garda, Cerasuolo d'Abruzzo

Rossi giovani freschi

Dolcetto, Chianti giovane, Bardolino, Nero d'Avola, Cabernet, Frascati, Barbera, Bonarda

Rossi corposi di affinamento

Barolo, Barbaresco, Brunello di Montalcino, Carema, Cannonau, Negroamaro, Valtellina Inferno, Taurasi, Teroldego, Montepulciano d'Abruzzo, Amarone

Da dessert, vini freschi

Asti spumante, Moscato Oltrepò Pavese, Brachetto, Recioto di Soave, Cartizze

Da dessert, liquorosi

Malvasia delle Lipari, Marsala, Recioto

Spumanti secchi

Oltrepò Pavese Champenoise, Trentino Champenoise, Franciacorta Champenoise

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RICETTE

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Autore: Paola Uberti Blog: SLELLY – The Dark Side of Kitchen

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BARBEROTTI Borlotti al Barbera con speck tostato su crostini di focaccia al rosmarino

INGREDIENTI PER CIRCA 30 CROSTINI 400 grammi di fagioli borlotti freschi giĂ sgranati Vino Barbera fermo e di medio corpo q.b. Brodo vegetale q.b. Una piccola costa di sedano bianco Mezza cipolla bionda Mezza carota Alcuni grani di pepe verde Alcuni grani di pepe rosa Alcuni grani di pepe bianco Alcuni fiocchi di pepe di Sichuan Mezza bacca di anice stellato Tre bacche di ginepro Due bacche di pepe di Jamaica Alcune foglie di prezzemolo fresco Un rametto di rosmarino fresco Un rametto di timo Olio EVO q.b. Sale fino q.b. Focaccia al rosmarino preferibilmente fatta in casa q.b. Alcune fette di speck di montagna molto sottili

I primi giorni di settembre manifestano un fascino elegante e dolce, venato di una malinconia appena percettibile, come un graffio leggero nel cielo terso, provocato dalla scia bianca di un aeroplano. Tornando a Torino dalla Liguria, passando per il Colle di Nava, ho compiuto un viaggio lento e rilassato attraverso luoghi che, in pochi chilometri di strade curvilinee, condensano la bellezza del mare, della montagna e della campagna che si uniscono e avvicendano in un paesaggio fatto di ulivi e pini, prati e rocce, fiori di oleandro e muri di case rosa e ocra. Da Ortovero a Pogli, da Ponterotto a Onzo, da Acquetico a Pornassio, da Ormea ad Albra, ho visto immagini variegate, illuminate dal sole bianco di fine estate: campi di basilico e rosmarino, vecchie sedie sistemate fuori dalle case rustiche sulle quali erano esposte genuine e locali prugne in vendita, manifesti colorati di imminenti sagre

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autunnali, piccole botteghe nelle quali trovare prodotti tipici, vigne ordinate ricche di grappoli maturi, banchetti di apicoltori sui quali brillavano i vasi di miele di lavanda. Ho fatto sosta a Vessalico per comprare il sublime aglio, a Ormea per i formaggi locali come la Tuma, il Raschera e il Brus di Castelmagno, per poi terminare il mio piccolo tour gastronomico a Bagnasco, dove, su una bancarella storica, meta dei villeggianti piemontesi in viaggio verso il mare, ho trovato i Borlotti di Cuneo, freschi, turgidi, screziati di un meraviglioso cremisi, alloggiati in una cassa protetta dal sole grazie a un vecchio, sbilenco ombrello.

In una materia fermo e rustica

dimensione contadina autentica e ristoratrice dell'anima ho comprato la prima principale di questa ricetta destinata a sposarsi con un Barbera di medio corpo ed alle spezie che donano a una preparazione semplice e una nota sensuale.

PROCEDIMENTO Pesto finemente le spezie in un mortaio. Riduco il sedano, la carota e la cipolla in una fine dadolata. Scaldo tre cucchiai di olio EVO in un tegame e vi rosolo la cipolla per alcuni minuti avendo cura di non bruciarla. Unisco sedano e carota e rosolo ancora. Spolvero il soffritto con la polvere di spezie e lascio tostare per un minuto.

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Aggiungo le erbe e i fagioli e mescolo. Riduco la fiamma al minimo e verso tre parti di vino Barbera e una parte di brodo vegetale in quantitĂ sufficiente a coprire completamente i fagioli.

Copro il tegame senza chiuderlo del tutto e lascio stufare per circa un'ora e mezza o fino a quando i legumi sono teneri.

Elimino le erbe, condisco con poco sale e serviranno da decorazione, tenendoli da parte.

scolo

una

parte

dei

fagioli

che

Frullo i fagioli rimasti nel tegame assieme al liquido di cottura. Devo ottenere una crema molto densa. In caso sia troppo liquida riporto sul fuoco e lascio asciugare mescolando. Assaggio per regolare di sale se necessario.

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Taglio la focaccia in piccoli rettangoli che tosto in una padella molto calda, rigirandoli a metĂ cottura.

Abbrustolisco le fette di speck nella stessa padella rendendole molto croccanti, ma senza bruciarle. Taglio lo speck in piccoli rettangoli. Spalmo un po' di crema su ciascun rettangolo di focaccia e sovrasto con un paio di fagioli interi e un pezzo di speck. Sistemo i crostini su un piatto che possa andare in forno. Riscaldo il tutto sotto il grill per pochi istanti, irroro con un filo di olio a crudo e servo immediatamente.

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I PRESENTI E GLI ASSENTI: principali allergie e intolleranze alimentari Crostacei e prodotti a base di crostacei: NO Uova e prodotti a base di uova: NO Pesce e prodotti a base di pesce: NO Arachidi e prodotti a base di arachidi: NO Cereali contenenti glutine e prodotti derivati: SI (focaccia; attenzione inoltre alla qualità dello speck) Soia e prodotti a base di soia: NO Latte e prodotti a base di latte (compreso il lattosio): NO Frutta con guscio e prodotti derivati: NO Sedano e prodotti a base di sedano: SI Senape e prodotti a base di senape: NO Semi di sesamo e derivati: NO Lupino e prodotti derivati: NO Molluschi e prodotti derivati: NO Patate e prodotti derivati: NO CHI RESTA E CHI SE NE VA La focaccia può essere sostituita con pane senza glutine Il sedano può essere omesso (in caso di intolleranza prestare attenzione agli ingredienti del brodo vegetale).

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Autore: Paola Uberti Blog: SLELLY – The Dark Side of Kitchen

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FINGER FEGATO Crostini con fegato al Marsala, cipolle stufate e panna acida

INGREDIENTI PER CIRCA 25 CROSTINI 400 grammi di fegato di bovino adulto freschissimo 1 baguette ai cereali 10 cucchiai colmi di Marsala secco 1 grossa cipolla rossa 2 bacche di ginepro 4 bacche di pepe verde 4 bacche di pepe rosa 4 bacche di pepe nero 4 bacche di pepe bianco 1 chiodo di garofano 2 cucchiai di zucchero Panna acida freschissima q.b. Olio EVO q.b. Sale fino q.b. Lo si ama o lo si detesta. Il sapore e la consistenza del fegato di bovino ne fanno un alimento da amore folle o da odio profondo. Io mi schiero dalla parte di coloro che lo apprezzano. Adoro il suo gusto particolare, al contempo pungente e vellutato, la consistenza morbida quando è appena scottato e l'esperienza seducente della giustapposizione di acutezza e dolcezza quando il fegato si sposa alla cipolla stufata e caramellata. Il burro, delizioso, ricco e avvolgente, è un altro compagno ideale del fegato, capace di assecondarne il gusto come un'onda che riempie la bocca di delizia. Ricordo una cena in uno storico ristorante del saluzzese. Tra i numerosi antipasti tipici della tradizione piemontese, mi è stato servito un paté di fegato di bovino adulto che resterà per sempre impresso nella mia memoria gastronomica. Non so definirlo con parole differenti da sublime. A quell'esperienza, con infinita umiltà, è dedicata questa ricetta nella quale la panna acida, più fresca e aspra del burro, a mio avviso equilibra bene il piatto e lo rende più "casual", adatto quindi a un buffet.

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PROCEDIMENTO Sbuccio la cipolla e la taglio a metà per poi ricavarne fette molto sottili. Scaldo abbondante olio EVO in una larga padella e vi rosolo la cipolla su fiamma media per alcuni minuti avendo cura di non farla bruciare. Condisco con sale e pepe, aggiungo mezzo cucchiaio di zucchero e sfumo con due cucchiai di Marsala. Abbasso la fiamma, aggiungo poca acqua calda e lascio stufare la cipolla sino a quando diventa morbida ed è avvolta da una salsa tirata e densa. Metto da parte mantenendo in caldo.

Taglio il pane in fette sottili e lo faccio bruscare su una griglia o in una padella molto calda. Lascio raffreddare. Spalmo il pane con una generosa quantità di panna acida. Taglio il fegato a strisce e poi a piccoli tocchi. Pesto le spezie in un mortaio sino a renderle in polvere (ginepro, pepi e chiodo di garofano). In una seconda padella scaldo un po' di olio EVO e aggiungo il fegato che faccio saltare brevemente. Sfumo con due cucchiai di Marsala, condisco con un po' di sale e le spezie in polvere. Cuocio a fiamma vivace mescolando spesso (la cottura varia in base al gusto personale; io preferisco il fegato leggermente rosato e tenero). Scolo la carne dal liquido formatosi in cottura e la metto da parte mantenendo in caldo.

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Nella padella in cui ho cotto il fegato e nella quale è rimasto il liquido, metto il restante zucchero, una presa di sale e il rimanente Marsala. Mescolo e cuocio su fiamma media per alcuni minuti, sino a che la salsa si è ristretta leggermente. Lascio raffreddare (la salsa si inspessirà ulteriormente).

Assemblo le tartine. Sistemo un po' di cipolla stufata sullo strato di panna acida e sovrasto la stessa con alcuni pezzi di fegato. Lascio colare alcune gocce di salsa al marsala sulla tartina e servo.

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I PRESENTI E GLI ASSENTI: principali allergie e intolleranze alimentari Crostacei e prodotti a base di crostacei: NO Uova e prodotti a base di uova: NO Pesce e prodotti a base di pesce: NO Arachidi e prodotti a base di arachidi: NO Cereali contenenti glutine e prodotti derivati: SI (baguette) Soia e prodotti a base di soia: NO Latte e prodotti a base di latte (compreso il lattosio): SI Frutta con guscio e prodotti derivati: NO Sedano e prodotti a base di sedano: NO Senape e prodotti a base di senape: NO Semi di sesamo e derivati: NO Lupino e prodotti derivati: NO Molluschi e prodotti derivati: NO Patate e prodotti derivati: NO

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CHI RESTA E CHI SE NE VA Il pane ai cereali può essere sostituito da pane senza glutine.

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Autore: Rosa Rosae Blog:

13 a tavola

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UOVA AFFOGATE AL VINO ROSSO Sulla scia di Julie&Julia…

INGREDIENTI PER 5 PERSONE 5 Uova 500ml di vino rosso Novello 75g di lardo affumicato 100g di funghi champignon 5 fette di pane carrè 1 cucchiaio di farina erba cipollina fresca tritata 20g di burro Pepe Sale

Le mode sono mode, si sa, ci sono certe mode, però, che non si può fare a meno di seguire o almeno di provare, specie se queste si integrano con il proprio lavoro o con una passione che abbiamo o seguiamo. Come evitare dunque di leggere o senonaltro acquistare il libro Julie&Julia, must di ogni foodblogger che si rispetti: io, naturalmente, l’ho fatto e devo dire che per buona parte della lettura non sono stata tentata affatto di realizzare le ricette della povera Julia Child! Tuttavia alcuni piatti mi sono rimasti particolarmente in presso perché più vicini ai miei gusti e allora li ho tenuti a mente rivisitandoli, però..soltanto un pochino. Questa ad esempio è la mia versione delle uova à la bourguignonne di cui si parla nel libro; un abbinamento particolare, tutto da provare non appena saranno pronte le prime bottiglie del buon vino Novello. PROCEDIMENTO

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Imburra le fette di pane e lasciale dorare mettendole sulla piastra del forno o direttamente nel tostapane. Taglia il lardo a pezzetti e pulisci i funghi champignon eliminando la parte terrosa con un coltellino: sciacquali velocemente sotto l’acqua corrente e tagliali in quarti per poi tritarli con la mezzaluna. Versa il vino in una pentola e fai scaldare: nel frattempo rompi il primo uovo in un piatto e quando il vino sta per bollire fai scivolare l’uovo nella pentola aggiungendo sale e pepe. Lascia cuocere per tre minuti cercando di avvolgere con la forchetta il bianco dell’uovo intorno al tuorlo. Raccogli quindi l’uovo con l’aiuto di una schiumarola e procedi alla cottura delle altre uova seguendo lo stesso procedimento. Fai dorare il lardo a pezzetti aggiungendo i funghi tritati e lascia cuocere velocemente per 10 minuti circa: alla fine della cottura togli dal tegame e lascia raffreddare in un piatto. Versa il burro nella stessa padella insieme alla farina e mescolando bene il tutto aggiungi il vino della cottura delle uova opportunamente filtrato. Lascia cuocere questa salsa fino a che non diventi oleosa. Disponi le fette di pane tostato su un vassoio con sopra le uova e tutt’intorno i funghi con il lardo e cospargi con la salsa. Completa con una spolverata di erba cipollina tritata.

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Autore: Semplicemente Lalla Blog: Semplicemente Cucinando

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RISOTTO ALL’AMARONE Quando il vino è protagonista

INGREDIENTI PER 4 PERSONE 350 gr di riso carnaroli Mezza bottiglia di Amarone 2 piccoli scalogni 1,5 lt di brodo Burro Olio Parmigiano

Tritate finemente gli scalogni e fateli appassire, su fiamma debole, in un tegame basso e largo con una buona noce di burro ed un paio di cucchiai di olio; quando è quasi trasparente unire il riso e tostalo bene. Bagnate con il vino rosso – ho usato una bottiglia di Amarone della Valpolicella e, mescolando di tanto in tanto, fatelo evaporare completamente. Alzate la fiamma ed iniziare ad aggiungere poco per volta il brodo, facendo un'aggiunta ogni volta che la precedente è stata completamente assorbita; portate a cottura il riso mantenendolo piuttosto al dente . Due minuti prima di spegnere il fuoco aggiungete una noce di burro ed una generosa grattata di parmigiano, mescolate per mantecare bene, spegnete il fuoco e lasciate riposare il riso un paio di minuti; e servitelo ancora all'onda.

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Autore: Rosita Blog: Puffin in Cucina

INGREDIENTI PER 4 PERSONE

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REGINETTE AL VINO ROSSO CON FUNGHI PORCINI E SALSICCIA Sulla scia di Julie&Julia

Per la pasta fresca: 320 g di farina 00 di grano tenero 2 uova 1 dl di vino rosso corposo tipo “ Chianti Classico Gallo nero” un pizzico di sale

Per il sugo 1 “cornocchio” di salsiccia 60 gr di funghi porcini secchi 50 gr di gherigli di noci 1 scalogno 1 bicchiere di vino rosso corposo olio evo

PROCEDIMENTO

Per la pasta. Impastare tutti gli ingredienti a mano fino a formare un composto omogeneo. Se usate l'impastatrice, io uso il ken, mettere la farina nel cestello e poi aggiungere un uovo alla volta e alla fine il vino ed il sale, impastando con il gancio per una decina di minuti. Lasciare riposare la pasta in una canovaccio per una mezz'ora. Riprendere la pasta e spianarla.

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Io utilizzo la macchina per la pasta, ho passato le sfoglie alle diverse misure fino alla numero 7 poi l'ho tagliata a reginette. Lasciare asciugare un po' la pasta prima di cuocerla. Per il sugo. Mettere in cucinarli.

ammollo

i

funghi

secchi

in

acqua

fredda

almeno

un'ora

prima

In una padella antiaderente rosolare la cipolla tritata con un po' d'olio e poi aggiungere la salsiccia sminuzzata.

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di


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Cuocere qualche minuto e sfumare con un bicchiere di vino rosso. Strizzare i funghi e tritarli grossolanamente con il coltello insieme ai gherigli di noci (lasciarne qualcuno intero).

Unire il tutto alla salsiccia e cuocere ancora 10/20 minuti, se dovesse asciugare troppo aggiungere qualche cucchiaio di acqua calda. Cuocere la pasta fresca in abbondante acqua salata, aggiungendo un cucchiaio d'olio per evitare che si appiccichi insieme. Scolare la pasta e saltarla in padella con il sugo.

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Servire e buon appetito ^_^

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Autore: Antonella Degrassi

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BRASATO AL BAROLO

Blog: La Casetta di Cioccolato

INGREDIENTI PER 8/10 PERSONE 1 kg e mezzo di carne di manzo per brasato 2 cipolle 2 carote 2 coste di sedano 2/3 foglie alloro 2 spicchi aglio 100 gr di lardo affettato 1 bottiglia di vino Barolo 50 gr di burro farina 00 q.b. fecola q.b. pepe in grani sale La ricetta del brasato al Barolo è un classico della cucina Piemontese, questo vino tipico di questa regione, impreziosisce la carne con il sapore e profumo di questa terra. Con questo tipo di cottura, la carne rimane morbida e si scioglie Vi consiglio di servirlo con un buon purè di patate perché è si addice a questo piatto. PROCEDIMENTO

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in bocca.

il contorno che

più


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Lavate e tagliate a pezzi tutte le verdure, lasciate intero solo l’aglio, sarà piÚ facile eliminarlo. Aggiungete 6 grani di pepe e 2 foglie di alloro spezzettate.

Ponete in una terrina il pezzo di carne, le verdure e per ultimo il vino, coprite e mettete al fresco, non in frigorifero, per 24 ore.

Qui potete vedere il pezzo di carne appena tolto dalla marinatura. Filtrate il vino dalle verdure e tenete da parte.

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Sciogliete il burro insieme alle fettine di lardo.

Sciogliete il lardo a fuoco lento.

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Salate il pezzo di carne, infarinatelo e fatelo rosolare da tutte

e due le parti.

Quando avrà l’aspetto come nella foto , sara' il momento di bagnarlo con la marinatura. Dobbiamo prima cuocere

un po' la marinatura per restringerla e poi filtrarla.

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Bagnate con la marinatura e continuate a cuocere, ore e mezza circa a fuoco basso e coperto.

aggiungete la marinatura per 2

Quando il brasato sarà pronto, tagliatelo a fette e mettetelo su di un piatto di portata e tenetelo al caldo . Deglassate il sugo di cottura con la marinata rimasta e legatelo con un cucchiaio di fecola stemperata in precedenza con un po' di acqua fredda, mescolate finché si sarà leggermente addensato. Ricoprite con il sugo il brasato e servite. Vi assicuro che sarà un successo , farete un figurone...

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Autore: Maria Antonietta Grassi

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CINGHIALE AL CIVET E POLENTA

Blog: Il Pomodoro Rosso di Mantgra

INGREDIENTI PER 8/10 PERSONE 800 gr. di spezzatino di cinghiale 1 carota 1 cipolla media 2 gambi di sedano 1 spicchio d’aglio 2 rametti di rosmarino 4 o 5 foglie di salvia 2 foglie di alloro 2 chiodi di garofano 1 cucchiaino di cannella ½ litro di vino rosso corposo (barbera, dolcetto, barbaresco ecc.) 1 bicchiere d’ acqua calda 1 cucchiaio di conserva Olio extra vergine d’oliva q.b. Sale q.b. Per la polenta: 500 gr di farina di mais bramata 2 lt di acqua 1 cucchiaio di sale 50 gr di burro 1 etto di fontina tagliata a listarelle 1 etto di parmigiano grattugiato

Il civet (sivé) è un tipo di preparazione delle carni rosse e della cacciagione tipica della cucina piemontese. E’ caratterizzata dall’uso del vino rosso in cui vengono fatte macerare le carni insieme ad ortaggi e spezie. Mettete la carne, tutte le verdure tagliate a rondelle e gli aromi in una ciotola e versatevi sopra il vino. Lasciate in infusione per 12 ore(una notte).

PROCEDIMENTO Scolate la carne e ponetela in una pentola con un po’ d’olio, fatela rosolare a fuoco vico per una decina di minuti, aggiungete tutte le verdure, gli aromi, il vino, i chiodi di garofano, la passata di pomodoro, la cannella, il sale ed il bicchiere d’acqua calda. Portate a bollore e fate cuocere a pentola coperta e a fuoco bassissimo per circa 2 ore, eventualmente aggiungere altra acqua calda nel caso in cui si dovesse asciugare troppo. Nel frattempo iniziate preparare la polenta.

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Ponete sul fuoco una pentola con l'acqua e il sale e prima che prenda il bollore gettate a pioggia la farina di mais rimestando sempre nello stesso verso per non fare grumi. Cuocete per circa 30 minuti poi aggiungete il burro, la fontina e il parmigiano. Continuate la cottura, sempre rimestando, ancora per una decina di minuti. Versate la polenta su di un tagliere.

Togliere lo spezzatino dalla pentola e passare al passaverdura tutto il fondo di cottura. Rimettete sia la carne che il fondo di cottura sul fuoco per 5 minuti, versate la polenta su di un tagliere e servite. E‌‌buonissimo appetito!!

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Autore: Antonella Degrassi

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COQ AU VIN

Blog: La Casetta di Cioccolato

INGREDIENTI PER ??? un pollo o 2 petti di pollo grandi 80 gr di pancetta a cubetti 2 carote 2 cipolle medie 200 gr di cipolline 200 gr di funghi champignon un mazzetto tra alloro,timo e prezzemolo 1/2 litro vino rosso 1 bicchierino brandy farina q.b. olio extravergine d’oliva sale e pepe

Questa è una ricetta tipicamente francese, sostanziosa e completa: possiamo considerarla come piatto unico.

molto quindi

Si tratta di pollo al vino rosso da servire accompagnato dalle sue verdurine, ma anche da patate al forno come contorno. Per praticita' ho adoperato i petti di pollo tagliati a pezzetti, ma la ricetta prevede un pollo intero tagliato a pezzi piccoli. Non è difficile da preparare, è solo un po' lungo il procedimento. PROCEDIMENTO

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La cottura sarĂ in due tempi, la prima finire di nuovo nel fornello.

parte con il fornello, poi nel forno, per

Ho adoperato una padella grande antiaderente, poi per infornare ho utilizzato questo tegame di terracotta con coperchio.

Fate dorare la pancetta con un po' d'olio e trasferitela sulla carta assorbente.

Nel frattempo tritate le cipolle con le carote e fatele dorare con un po' d'olio in un altro tegame.

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Infarinate il pollo e fatelo rosolare nella stessa padella dove avete soffritto la pancetta e aggiungete il soffritto di carote e cipolle.

Bagnate con il bicchierino di brandy e fatelo evaporare a fiamma viva. Salate, pepate e mettete tutto nella teglia per il forno. Aggiungete il vino rosso, le cipolline e il mazzetto di aromi. Coprite e infornate a 180 gradi per 30 minuti.

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CosĂŹ deve apparire la carne dopo 30 minuti di cottura al forno.

Rimettete tutto nella padella e aggiungete i funghi tagliati e la pancetta e fate cuocere ancora a padella scoperta e a fuoco vivo per 20/30 minuti. Eliminate il mazzetto di aromi e controllate che il sugo sia ben ristretto, se risultasse ancora troppo liquido fatelo consumare ancora un po'. Eventualmente aggiustate di sale e pepe. Tritate il prezzemolo con il timo e spolverizzatelo sopra Io l'ho servito in tavola con la cocotte da forno.

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prima di servire.


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Autore: Maria Antonietta Grassi

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TORTA STROSCIATA A MODO MIO

Blog: Il Pomodoro Rosso di Mantgra

INGREDIENTI PER UNA TEGLIA DI 28CM DI DIAMETRO 250 gr. di farina 70 gr. di zucchero ½ bicchiere di vino bianco 1 bicchiere d’olio ½ bustina di lievito 1 pizzico di sale 30 gr. di mandorle

PROCEDIMENTO Accendete il forno a 180° In una ciotola miscelate la farina, lo zucchero (meno 2 cucchiai), il lievito e il sale. Unite poco per volta il vino e l’olio e lavorate l’impasto con le mani per qualche minuto. Disponetelo sulla teglia imburrata e infarinata. Premete con le dita in maniera da distribuirlo bene e uniformare l’altezza a circa 1 cm.

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Distribuite le mandorle intere o, se preferite riducetele a granella, spolverizzate con lo zucchero rimasto ed infornate per 20/25 minuti. E‌..Buon appetito!

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Autore: Antonella Degrassi Blog: La Casetta di Cioccolato

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MINICHEESECAKE CON COULIS DI VINO ROSSO DI FRANCONIA

INGREDIENTI PER 4 MINICHEESECAKE O PER UNA TORTA DI 26 CM DI DIAMETRO Per la base: 250 gr di biscotti secchi 100 gr di burro Per il ripieno 250 gr di ricotta 250 gr di Philadelphia 250 gr di panna fresca 125 gr di zucchero a velo 15 gr di colla di pesce Per la coulis di vino rosso 750 ml di vino rosso di Franconia o molto corposo 4 cucchiai colmi di miele Mezza mela tagliata a pezzetti Qualche frutto di bosco La buccia di 1 limone La buccia di un’arancia Cannella 2 fogli colla di pesce In occasione dello Speciale sul vino organizzato dal Blog di cucina volevo preparare un dolce che avesse come ingrediente il vino. Ho pensato a un cheesecake perchè è un dolce a base di formaggi e si sa che il formaggio si sposa molto bene con il vino. Per la coulis mi sono ispirata al vin bruleé, un esperimento direi ben riuscito, perché a casa mia, con molto scetticismo, è stato degustato e approvato. Ho usato un vino rosso della mia regione il Friuli Venezia Giulia: il Franconia. Il Franconia è un vitigno di origine austriaca, diffuso in Francia, Germania, e Ungheria. In Italia e in Friuli e arrivato dopo l'avvento della fillossera; se ne hanno infatti notizie a partire dalla fine del 1800 nel Friuli. Caratteri Ampelografici: foglia grande, orbicolare, trilobata -grappolo grande, piramidale, talvolta con ali, semi spargolo - acino medio, sferico, buccia spessa, resistente e pruinosa di colore nero-blu.

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Note sensoriali: Colore: Rosso rubino vivace Profumo: vinoso, speziato Gusto: abbastanza morbido, fresco Abbinamenti: cacciagione, arrosti, carni di maiale Temperatura di servizio: 18° - 20° PROCEDIMENTO Cheesecake

Tritate nel mixer i biscotti e poi irrorateli con il burro fuso. Mescolate bene, i biscotti devono assorbire tutto il burro.

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Prendete uno stampo per torte dal diam. 24 o 26 e ricopritelo con la pellicola. Questo vi faciliterĂ il passaggio di staccare il cheesecake dallo stampo.

Sulla pellicola mettete l’impasto di biscotti e comprimete bene, disco di base. Ponetelo in frigo.

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dovete formare un


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Montate la panna e tenetela in frigorifero o correrete il rischio che si smonti.

Mettete la colla di pesce in ammollo per una decina di minuti in acqua fredda. Scolatela e strizzatela molto bene. Sciogliete la colla di pesce in un pentolino con un dito di latte caldo. Montate la ricotta con il Philadelphia , incorporate un cucchiaio di questo composto alla colla di pesce per raffreddarla un po’, mescolate bene e incorporate tutto alla crema. Ora aggiungete la panna montata delicatamente, mescolando con un mestolo di legno dal basso verso l’alto.

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Versatela nello stampo e ponetela in frigo almeno per 12 ore. Coulis al vino rosso

Aprite la bottiglia di vino e versatela in un pentolino, aggiungete il miele, le bucce degli agrumi, i pezzetti di mela con la buccia e una bella spolverata di cannella. Portate a bollore a fuoco vivace e lasciate consumare il vino.

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Dovrà ridursi della metà. Sentirete che profumo rilascerà in cucina!

Filtrate il vino. Intanto mettete la colla di pesce in ammollo in acqua fredda, strizzatela e scioglietela in un pentolino, a fuoco basso, con il vino filtrato.

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Lasciatelo raffreddare: Ricoprite il cheesecake con la coulis al vin brule’ e rimettete in frigorifero per alcune ore. Trascorso il tempo togliete

il cheesecake dallo stampo e servitelo.

Sarete meravigliati dal gusto che sprigionera’ in bocca quando lo assaggerete. Buona degustazione.

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SOMMARIO

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GLI AUTORI

3

RINGRAZIAMENTI

4

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5

STORIA DEL VINO

8

ROSSO VINACCIA - LA SIMBOLOGIA DEL VINO ATTRAVERSO LA STORIA DELLA PITTURA

16

DAL GRAPPOLO AL VINO

30

A CIASCUNO LA SUA CANTINA

36

VINO E SALUTE

38

VINO PROPRIETA’ NUTRIZIONALI

42

LA DEGUSTAZIONE

46

L'ANIMA DEL VINO INCONTRA E SI SPOSA CON LO SPIRITO DEL CIBO?

54

BARBEROTTI - Borlotti al Barbera con speck tostato su crostini di focaccia al rosmarino FINGER FEGATO - Crostini con fegato al Marsala, cipolle stufate e panna acida

66 71

UOVA AFFOGATE AL VINO ROSSO

76

RISOTTO ALL’AMARONE

78

REGINETTE AL VINO ROSSO CON FUNGHI PORCINI E SALSICCIA

79

BRASATO AL BAROLO

83

CINGHIALE AL CIVET E POLENTA

88

COQ AU VIN

90

TORTA STROSCIATA A MODO MIO

94

MINICHEESECAKE CON COULIS DI VINO ROSSO DI FRANCONIA

96

1 0 8


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