Billy - numero 16, 9 novembre 2009

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9 novembre 14 ottobre 2009 - numero Numero 16 13

I SOLITI IGNOTI

all’interno

rassegne in romagna

ALEX DE LA IGLESIA

9-22 novembre

RECENSIONI

RNFF

ALIEN TRESPASS / STOIC / THE DESCENT 2 / COFFIN ROCK / LIFE AND DEATH OF A PORNO GANG / THE HUMAN CENTIPEDE

BASTARDI SENZA GLORIA / WHITEOUT / IL NASTRO BIANCO / PARNASSUS L’UOMO CHE VOLEVA INGANNARE IL DIAVOLO

Billy DOMANI ACCADRA’

RETROPOLIS

GRANDI GUERRE / LA GUERRA LAMPO DEI FRATELLI MARX / IL MASSACRO DI FORT APACHE / IL RUGGITO DEL TOPO / VALIANT

riguardatelo

INCHIESTA

BUKOWSKI CONTRO HOLLYWOOD

Réportage

il giorno dell’indiano

edizione

BELLOCCHIO A CESENA, FAENZA, FORLI’, FORLIMPOPOLI

Villanova in Corto

omaggio a federico fellini


sommario Bussola................................................. 3 Ilario Gradassi

che voleva ingrannare il diavolo...

Ravenna Nightmare Film Festival

alien trespass............................ 5 Matteo ‘Lier’ Lelli

stoic............................................ 6 Marco Bacchi

coffin rock................................. Matteo Lolletti

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Anteprima.............................................

must love death the human centipede.................. 8 Ilario Gradassi

20 21

Ilario Gradassi

CiNERDmatografo i roditori venuti Matteo ‘Lier’ Lelli

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CineLETTERATURA NOVECENTO......

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Cattivi Maestri fassbinder #2.........

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Indagine hollywood sfida charles

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Marco Bacchi

life and death of a porno gang

Matteo Lolletti

bukowski........................................

Festa per Bellocchio 10....................... 9

Billy Giudica bastardi senza gloria 10 Ilario Gradassi

Billy Giudica whiteout................... 11 Luigi Palmirotta

Prima scelta il nastro bianco.......... 12 Alessandro Merci

Marco Berardi

Retropolis grandi guerre.............

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I soliti ignoti alex de la iglesia....

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Francesco Garoia, Fabio Giambi Michelangelo Pasini

Cinepotere salò o le 120 giornate di sodoma e il lato oscuro del

RASSEGNE IN ROMAGNA............ 14 9-25 novembre 2009

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Chiara Tartagni

dalle stelle..................................

the descent part 2

Billy

Billy Giudica parnassus - l’uomo

potere.........................................

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Barbara Pianese

billy.rivistacinematografica@gmail.com blogspot myspace facebook issuu scribd

dirige Ilario Gradassi, grafica Stefania Montalti, edita Cecilia Benzoni scrivono Marco Bacchi, Marco Berardi, Camilla Bruschi, Ilario Gradassi, Matteo Laghi, Matteo Lolletti, Alessandro Merci, Michelangelo Pasini, Chiara Tartagni.

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bussola al termine del girotondo festivaliero Il lungo mese dei festival cinematografici romagnoli è finito. È iniziato il 1° novembre a Imola con un gruppo di anziani sodali che ricordava lo scienziato eterodosso Pierluigi Ighina prima che l’Imola Film Festival gli dedicasse un documentario e si è concluso ieri, sabato 7 novembre, a Rimini con Pupi Avati che consegna nelle mani di Sidney Lumet il premio Fellini al termine del convegno annuale dedicato al massimo regista che la Romagna abbia prodotto. Nel mezzo il Villanova in Corto di Villanova di Bagnacavallo, il Sedicicorto Film Festival di Forlì, il Corto cortissimo di Castelbolognese, la mostra su Hesperia a Meldola e il Ravenna Nightmare Film Festival di Ravenna. Giunti alla fine di questo autunno cinefilo il bilancio non può non essere positivo ma al tempo stesso con un futuro denso di incognite. Il calo dei contributi pubblici e privati è stato attutito con fantasia e abilità ma si è fatto comunque sentire, in particolare al Nightmare, circa cui spesso si vaticina la fine. E il futuro, a giudicare dalle forbici che Tremonti agita tutte le mattine appena sveglio, non sarà migliore. Che fare? Se ne parlerà nei prossimi numeri andando a sentire chi c’è dietro le macchine che organizzano i festival e gli eventi cinefili romagnoli. BILLY, nei limiti della sua velocità e del suo coraggio, è riuscito ad essere prevente quasi ovunque tranne quando inattese pieghe degli eventi, a Castelbolognese

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e Rimini, hanno impedito che ciò avvenisse. E partecipando agli eventi si è reso conto che ancora non c’è una diffusione soddisfacente degli eventi. La destra non sa ancora cosa fa la sinistra. Vedere Hunger di Steve Mc Queen a Imola al locale festival, la visione d’essai più intensa del 2009, con qualche imolese e qualche sparuto ravennate del nord, e poi vederselo riproporre da Scaglie un mese dopo a Faenza come se fosse la prima italiana lascia un po’ delusi, ma questo è parte della vetta che proprio noi di BILLY dobbiamo aiutare a scalare. Scaglie comunque ha ripreso la sua programmazione, come al solito sopraffina, alla domenica sera, proprio mentre a Forlì continua a registrare il tutto esaurito la rassegna su Truffaut di forCINE al Moquette. E successo dovrebbe avere anche la polirassegna su Bellocchio in corso a Faenza, Forlì, Forlimpopoli e Cesena – il programma è nella rubrica DOMANI ACCADRÀ . E oltre a questa, e a un passaggio a Bagnacavallo, Cervia e Piangipane dove sono riprese le attività, vi segnaliamo, a Cesena, mercoledì 11, dopo la proiezione de Il nastro bianco, di cui leggerete il giudizio di Alessandro Merci in PRIMA SCELTA, l’interessante incontro con Sara Schivapazza, unica attrice italiana del film. Buone visioni. Ilario Gradassi

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alien trespass

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ravenna nightmare film festival

alien trespass 90’ 2009 R.W. Goodwin Fine anni ’50: un’astronave aliena precipita sulle montagne nei pressi di una ridente cittadina americana. Ne fugge un cetriolone monocolo capace di rendersi invisibile che inizia a divorare i locali, lasciando a testimonianza di ogni spuntino solo una pozza composta dai liquidi della vittima. Gli danno la caccia un ranger intergalattico impossessatosi del corpo dello scienziato del luogo e alcuni giovani visti con sospetto dalla polizia. Gli ingredienti del più classico prodotto fantascientifico da drive in ci sono tutti: il disco volante, l’alieno verde, il body snatching (furto di corpo altrui, tipico espediente adottato da ogni extraterrestre che si rispetti), la gioventù positiva,

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ecc. Cosa aggiunge allora Alien Trespass al filone che tanto pedissequamente e amorevolmente omaggia? Tanto citazionismo e un po’ di humou r odierno, che però non basta a farlo brillare di luce propria: al contrario di Mars Attacks!, questo film diverte, ma non si innalza al di sopra dell’archetipo. Merita comunque una visione, se non altro per queste tre ragioni: Eric McCormack (Will in Will & Grace, magistrale nel ruolo dell’extraterrestre Urp), il mostro, e la bellissima sequenza nel cinema che omaggia il celebre The Blob – Fluido Mortale. Matteo ‘Lier’ Lelli

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ravenna nightmare film festival

stoic

stoic rimangiando il vomito a cura di

marco bacchi

La seconda serata del Ravenna Nightmare Film Festival manda in scena Stoic e Dark House. La nostra attenzione ricade sul primo dei due film in concorso. Stoic è l’ultima fatica del regista canadese Uwe Boll, acclamato e pluripremiato ai Razzie Award (per ben due volte), come peggior regista dell’anno. Ora, cosa ci faccia in concorso a un festival di cinema horror questo film (cosa che ci si può chiedere per molti di quelli in concorso

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in questa edizione) di genere carcerario non ci è dato sapere: perché di horror non c’è proprio niente. Un detenuto viene ritrovato impiccato dentro la sua cella dai suoi compagni, che ne danno subito l’allarme. Scopriamo così, attraverso gli interrogatori, come si sono svolti i fatti. Dopo una partita di poker Mitch non vuole mangiare il tubetto di dentifricio che era stato scelto come posta in palio. Questa

la miccia che innesca un vortice di violenza aberrante nei suoi confronti: costretto a rimettere e a pulire rimangiando il suo stesso vomito, picchiato a sangue, quasi affogato dentro al water, stuprato e seviziato con un bastone e infine lasciato inerme, per terra, nella totale indifferenza e normalità, mente si decide come inscenarne il suicidio. L’orrore della natura umana è ancora più agghiacciante di qualsiasi horror. Un Boll molto al di sopra delle sue capacità.

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ravenna nightmare film festival

the descent part 2 coffin rock I CATTIVI AL BUIO a cura di

matteo lolletti

Trovare il Cinema City è sempre un po’ una botta di culo, ma la fortuna, per una volta, è – a banchi di nebbia – dalla nostra parte. Ci attende, alla sala 7 di questa grottesca cattedrale, la terza serata del Ravenna Nightmare Film Festival. È giovedì 29 ottobre e fa freddo. La prima proiezione – l’opinabile sequel del bel film di Marshall – si rivela una vera vaccata. The Descent part 2 è improbabile, meschino,

stupido e reazionario, con un finale potente ma buttato lì a caso per farti incazzare ancora di più. Si salva però una possibile lettura, che riguarda la ricerca della verità, raggiungibile solo attraverso l’atto di un vedere filtrato da uno schermo, e relega i “cattivi” nel buio della loro cecità. ( ) Coffin Rock, dopo, invece, è una bella sorpresa. Un film non horror, derivativo

quanto si vuole, ma abbastanza ben costruito, e soprattutto rappresentazione di un genere, l’horror appunto, che necessita di contaminarsi con ambiti contigui e reali. Una storia di (desiderio di) maternità, follia, isolamento e mediocrità in una società che risponde all’atomizzazione con la complicità meschina. Sicuramente sbrigativo in diversi passaggi, ma altrettanto sicuramente intrigante. ( )

coffin rock

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ravenna nightmare film festival

must love death

life and death of a porno gang must love death the human centipede gli ultimi giorni a cura di

ilario gradassi

Un’edizione terribile e coraggiosa quella del Nightmare Festival di Ravenna che davanti ai tagli improvvisi ha preferito, come enunciato in apertura di catalogo, accettare di mostrarsi menomato per comunque offrire nuove visioni. E così dopo tre giorni francamente deludenti e un White lighting che non convince i puristi dell’ horror e che si fa ricordare solo per la fotografia sfocata ( ) viene presentato come grande scoperta Life and Death of a Porno Gang, film serbo in cui un giovane regista cerca la libertà di espressione prima nel porno poi nel teatro porno (c’è una sottile differenza) raccattando una congérie di sfortunati e infine cadendo nello snuff movie a sfondo guerresco. Infine redenzione e suicidio. Con quel tocco di tamarragine balcanica, anzi più di un tocco, che puòfarimbambolaremachelasciafrancamente senza appigli ( ). Anche se porta a casa la menzione speciale della giuria. Meglio il sabato? Decisamente sì. Must Love Death dell’esordiente tedesco Andrea

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Schaap è una buona fusione tra un horror (un tipo vuole suicidarsi, si mette d’accordo con altri che vogliono fare la sua stessa fine; ma sul punto di compiere il gesto scopre di essere finito nelle mani di un gruppo di sadici torturatori), una classica commedia sentimentale, con anche una simil Jennifer Garner, e un film tributo di Star Trek alla Galaxy Quest. Il risultato è estremamente gratificante ( ). E ce lo fa preferire al vincitore del RNFF ’09 The Human Centipede, impeccabile opera dell’olandese Tom Six che merità tutti i complimenti trovati in giro per la rete anche se pecca un po’ di staticità dovuta probabilmente alla scarsità di budget ( ): uno scienziato pazzo costruisce utilizzando due turiste americane e uno giapponese un millepiedi umano da usare come animale domestico . L’aria che tira è che i soldi per la prossima edizione non ci siano. Che il RNFF sia morto, almeno in questa formula. Aspettiamo quindi l’edizione zombie.

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domani accadrà l’ora di religione

festa per bellochio 70 Lunedì9novembreMarcoBellocchio compie 70 anni. Con perfetta scelta di tempo la FICE (Federazione Italiana Cinema d’Essai) dell’EmiliaRomagna in collaborazione con la sezione Emilia-Romagna – Marche del Sindacato Nazionale dei Critici Cinematografici promuove in nove cinema d’essai della regione la rassegna Immagini del potere. Il cinema di Marco Bellocchio, con la proiezione pressoché dell’intera produzione del regista piacentino. Quattro le sale romagnole coinvolte. Ecco il programma particolareggiato. CINEMA SAN BIAGIO – CESENA 2 novembre I pugni in tasca (107’ 1965) Abbasso lo zio (15’ 1961) 9 novembre Nel nome del padre (109’ 1972) Il popolo calabrese ha rialzato la testa (60’ 1969) 16 novembre Il gabbiano (132’ 1977) L’uomo dal fiore in bocca (36’ 1992) 23 novembre Il diavolo in corpo (110’ 1986) Vacanze in Val Trebbia (55’ 1980) 30 novembre L’ora di religione (102’ 2002) Sorelle (70’ 2006) 1 dicembre Vincere (128’ 2009) Inizio proiezioni alle ore 21.00 tranne il 1 dicembre alle 17.00. Il primo dicembre film preceduto da incontro con Marco Bellocchio. Ingresso libero. CINEMA SARTI – FAENZA 12 novembre

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L’ora di religione (102’ 2002) 19 novembre Sbatti il mostro in prima pagina (93’ 1972) 26 novembre Marcia trionfale (125’ 1976) 3 dicembre La balia (106’ 1999) 10 dicembre Il regista di matrimoni (107’ 2006) 17 dicembre Inizio proiezioni alle ore 21.15. Presentazione dei film del critico Andrea Bruni. Ingresso libero il 12 novembre. Le altre sere ingresso 5€, ridotto 4 € CINEMA SAFFI – FORLI’ 26 novembre Abbasso lo zio (15’ 1961) Il popolo calabrese ha rialzato la testa (60’ 1969) Matti da slegare (108’ 1975) 3 dicembre La condanna (90’ 1990)

L’uomo dal fiore in bocca (36’ 1992) 10 dicembre La balia (106’ 1999) Sorelle (70’ 2006) Inizio proiezioni alle ore 20.30. Presentazione dei film del regista Alessandro Quadretti. Ingresso 5€. CINEMA VERDI – FORLIMPOPOLI 6 novembre La condanna (90’ 1990) 20 novembre Sorelle (70’ 2006) Inizio proiezioni ore 21.00. Ingresso libero. Le proiezioni continueranno nel mese di dicembre con programma ancora da definire. Presso le casse dei cinema sarà possibile acquistare il volume Immagini del potere. Il cinema di Marco Bellocchio edito da Le Mani e curato da Luisa Ceretto e Gianfranco Casadio.

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billy giudica

bastardi senza gloria 153’ Quentin Tarantino 2009 Nel pieno della Seconda Guerra Mondiale una squadra di guastatori dell’esercito uccide nazisti a decine in pieno territorio occupato francese fino ad annientare il vertice nazista: Hitler, Goebbels e Himmler, vengono arsi nell’incendio di un cinema parigino dove si proietta un film sull’impresa di un cecchino nell’Italia del sud. Divagazione sul potere del Cinema che riscrive la Storia con un uso misurato di quel tipo di riprese e di effetti definiti

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ormai ineluttabilmente come tarantinate e una attenzione inusuale verso i personaggi, in particolare l’ispettore SS Hans Landa, vero Sherlock Holmes in salsa nazista, troppo intelligente per non vendersi agli Alleati un paio d’ore prima che esploda il cinema. Tarantino esalta i fans e mette nel dubbio i detrattori. Ma è un film destinato a rimanere nel mazzo. Ilario Gradassi

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billy giudica

whiteout 128’ 2009 Dominic Sena Si sente il bisogno di una creare una nuova eroina? Se la risposta è affermativa probabilmente il tentativo è poco riuscito. Il thriller sembra non portare nulla di nuovo alla ricetta tipica del film d’azione e la sensazione del déjà vu è molto presente alla fine della visione. L’unica caratteristica interessante è l’idea di realizzarlo in un’ambientazione ostica come il freddo dell’Antartide, un luogo così alienante da sembrare fuori

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dal mondo. Gli ingredienti sono quelli tipici di un prodotto preconfezionato: bella donna, ricerca del sensazionale, storia d’amore, senso di colpa che si trasforma in rabbia e determinazione, superpoteri normali, conto alla rovescia. Ciò che cambia è il nome del prodotto e l’etichetta. Se sia digeribile o meno dipende dai gusti. Luigi Palmirotta

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prima scelta

il nastro bianco 144’ 2009 Michael Haneke Gelida e implacabile, rigorosa e spietata, inquietante e indimenticabile: è l’ultima fatica del regista austriaco Michael Haneke, maestro di psicologia del profondo e amante della perversione sottile e del tormento psico-fisico (La pianista), del perturbante che si insinua a poco a poco nel quotidiano incidendolo con segno profondissimo (Niente da nascondere), della crudeltà immaginata più che mostrata (Funny games). Solo a poco a poco, col lento dipanarsi dell’algido bianco e nero – imparate le lezioni di Dreyer e Bergman – scopriamo dietro il candore abbacinante delle nevi, tra le pietre e le usanze antichissime di un villaggio tedesco di inizio Novecento, le mille facce che può assumere il Male. Piccoli eventi senza importanza, in un tempo che sembra aver smesso di scorrere, come congelato sotto la cappa impenetrabile di convenzioni e ipocrisie: una caduta da cavallo, un campo devastato, un incidente sul lavoro, la sparizione di un bambino. Come nella Dogville di Von Trier, la mostruosità si traveste da quotidianità, ha i modi eleganti e distaccati del dottore del villaggio, si giustifica con la severa rigidità del pastore protestante (memore di Fanny e Alexander), si compiace nell’arroganza superficiale del barone. Dietro la facciata perbenista riassunta dalle immancabili cerimonie religiose

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domenicali, regna la perversione di un’umanità sola e disperata, dimentica di ogni calore umano e priva di speranza: una società in cui le colpe dei padri ricadranno sui figli, su quelle vittime pronte a trasformarsi in carnefici per sfogare la propria frustrazione; su quei bambini abituati all’obbedienza e alla repressione, capaci di trovare una forma di liberazione soltanto nella sopraffazione verso il diverso, che di lì a poco si trasformeranno in nazisti. Per chi, come l’ingenuo maestro del villaggio che racconta la storia, non si vuole adeguare a questo sistema, non resta che la fuga. Qualcuno potrà dissentire sull’analisi storica, ma il film di Haneke resta universale, visto che parla non solo della Germania, ma dell’umanità in genere, di un certo tipo di società, e dell’orrore di una malintesa virtù. Intenso quanto inquietante, il film ha meritatamente conquistato la Palma d’oro all’ultimo Festival di Cannes, per come il regista ha saputo unire psicologia e analisi sociale in un’opera quasi perfetta, in cui ogni dettaglio è al suo posto, dalla straordinaria fotografia giocata sul contrasto alla scelta degli interpreti, all’assenza di ogni commento musicale alle singole inquadrature. Da non perdere, purché si sappia cosa si va a vedere. Alessandro Merci

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9 - 25 novembre 2009

rassegne in romagna CINECIRCOLO CAPPUCCINI via Villa Clelia 12 Imola 4,50 € Tessera obbligatoria 2 € CINECLUB forCINE Moquette bookshopbar via dall’Aste 17 Forlì Tessera obbligatoria 5 € CINECLUB NOTORIUS Cinema Tiberio, viale Tiberio 59 Rimini 5,50 € Ridotti 4,50 € CINECLUB SCAGLIE Bar Clandestino viale Baccarini 21 Faenza tessera obbligatoria 8€ CINEFORUM GIAPPONESE via Oberdan 2 Forlì abbonamento obbligatorio € 20, gratuito per studenti CINESOGNI Cinemacity sala 12 via Bini 7 Ravenna 3 € CINEMA TEATRO VERDI piazza Fratti 4 Forlimpopoli 5 € Ridotto 3 € CINEMA TEATRO VICTOR via San Vittore 1680 San Vittore di Cesena 3,50 € FASCISMO E ANTIFASCISMO sala Forum della Seconda Circoscrizione via Enrico Berlinguer 4, Ravenna Ingresso libero IMMAGINI DEL POTERE Cinema Sarti via Scaletta 10 Faenza (RA) 12/11 ingresso libero, 19/11 intero 5€ Ridotti 4€ LUGOCINEMA Cinema Giardino viale Orsini 19 Lugo 5 € LUNEDì CULT MOVIE Cinema Italia via Cavina 9, Faenza 6,50 € Tessera web 5,50 € LUNEDì D’AUTORE Cinema Eliseo viale Carducci 7 Cesena 5 € LUNEDì MAI VISTI Cinema Saffi viale dell’Appennino 480, San Martino in Strada 5 € METROFESTIVAL Multisala Abbondanza, sala Metropol Gambettola inizio proiezioni ore 21 3,50 € Ridotto 2,50 € Abbonamento sette film 7 € NUOVO CINEMA BAGNACAVALLO Ex convento di San Francesco via Cadorna 14 Bagnacavallo 4,50€ ridotto 3,50€ OCCHI SUL CINEMA martedì Cinema Nuovo piazza MTini 7 Dogana (RSM) mercoledì Cinema Turismo via Capannaccia 2 San Marino 5 € Ridotto 4 € RICCIONE PER LA CULTURA-CINEMA via Virgilio 19 Riccione 6 € Ridotto 5 € RIMINI AL CINEMA Cineteca di Rimini via Gambalunga 27 lunedì sera 4€ ridotto 3€ ingresso libero negli altri appuntamenti SAN BIAGIO CESENA sala rossa via Aldini 24 Cesena ingresso libero SUPERCINEMA SANTARCANGELO piazza Marconi 1 Santarcangelo di Romagna 5€ TEATRO SOCJALE PIANGIPANE via Piangipane 153 Piangipane 10 € (compresi cappelletti e bicchiere di vino)

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lunedì 16 novembre Lunedì d’autore 21.00

lunedì 9 novembre Lunedì Cult Movie 21.40

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giovedì 12 novembre Rimini al cinema 21.00

domenica 22 novembre Cineclub forCINE 21.00

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mercoledĂŹ 18 novembre Cineforum giapponese 20.30

gioovedĂŹ 12 novembre Cinema Teatro Victor 21.00

domenica 15 novembre Cineclub forCINE 21.00

martedĂŹ 10 novembre Rimini al cinema 21.00

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domenica 15 novembre Cineclub Scaglie 21.30

giovedì 19 novembre Cinesogni 21.00

martedì 17 novembre Rimini al cinema 21.00

martedì 17 novembre mercoledì 18 novembre Occhi sul cinema 21.00

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lunedì 9 novembre la ragazza che giocava col fuoco 127’ 2009

Daniel Alfredson Cinema Teatro Verdi 21.00 la parola ai giurati 96’ 1957 Sidney Lumet Rimini al cinema 16.30 home 95’ 2008 Ursula Meier Rimini al cinema exiled 98’ 2006 Johnny To Lunedì Cult Movie 21.40 il mondo di horten 90’ 2007 Bent Hamer Lunedì d’autore 21.00 monkey boy 79’ 2009 Antonio Monti Lunedì Mai Visti 21.00-22.45 chéri 100’ 2009 Stephen Frears Riccione per la cultura-cinema 21.15 nel nome del padre 109’ 1971 Marco Bellocchio San Biagio Cesena 21.00

martedì 10 novembre IL CANTO DI PALOMA 94’ 2009 Claudia Llosa Ci-

nema Teatro Verdi 21.00 LA TERZA GENERAZIONE 110’ 1979 Rainer Werner Fassbinder Rimini al cinema 21.00 PUCCINI E LA FANCIULLA 84’ 2008 Paola Baroni, Paolo Benvenuti Occhi sul cinema chéri 100’ 2009 Stephen Frears Riccione per la cultura-cinema 21.15 LA RAGAZZA CHE GIOCAVA COL FUOCO 127’ 2009 Daniel Alfredson SuperCinema Santarcangelo 21.15 UNA NOTTE DA LEONI 100’ 2009 Todd Philips Teatro Socjale Piangipane 21.30

mercoledì 11 novembre una soluzione razionale 104’ 2009 Jorgen Bergmark Cinema Teatro Verdi 21.00 puccini e la fanciulla 84’ 2008 Paola Baroni, Paolo Benvenuti Occhi sul cinema 21.00 la ragazza che giocava col fuoco 127’ 2009 Daniel Alfredson SuperCinema Santarcangelo 21.15 giovedì 12 novembre garage 85’ 2007 Leonard Abrahamson Cineclub Notorius 21.30 una soluzione razionale 104’ 2009 Jorgen Bergmark Cinema Teatro Verdi 21.00 bastardi senza gloria 153’ 2009 Quentin Tarantino Cinema Teatro Victor 21.00 il cerchio 91’ 2000 Jafar Panahi Rimini al cinema 21.00 the informant 108’ 2009 Steven Soderbergh Lugocinema 21.00 l’ora di religione 102’ 2002 Marco Bellocchio Immagini del potere 21.15 two lovers 110’ 2008 James Gray Metrofestival 21.00 i giorni dell’abbandono 96’ 2005 Roberto Faenza Cinesogni 21.00 venerdì 13 novembre focaccia blues 82’ 2008 Nico Cirasola Cine-

circolo Cappuccini 20.45 two lovers 110’ 2008 James Gray Metrofestival 21.00 una soluzione razionale 104’ 2009 Jorgen Bergmark SuperCinema Santarcangelo 21.15 lo spazio cinema 96’ 2009 Francesco Comencini Nuovo Cinema Bagnacavallo 21.15

sabato 14 novembre focaccia blues 82’ 2008 Nico Cirasola Cinecircolo Cappuccini 20.45 baaria 150’ 2009 Giuseppe Tornatore Cinema Teatro Victor 21.00 lo spazio cinema 96’ 2009 Francesco Comencini Nuovo Cinema Bagnacavallo 21.15

domenica 1 novembre jules e jim 100’ 1962 Francois Truffaut Cineclub forCINE 21.00 baaria 150’ 2009 Giuseppe Tornatore Cinema Teatro Victor 21.00 sukiyaki western django 120’ 2007 Takashi Miike Cineclub Scaglie 21.30 lo spazio cinema 96’ 2009 Francesco Comencini Nuovo Cinema Bagnacavallo 21.15

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rassegne in romagna

lunedì 16 novembre la collina del disonore 123’ 1965 Sidney Lumet

Rimini al cinema 16.30 rachel sta per sposarsi 114’ 2008 Jonathan Demme Rimini al cinema 21.00 baaria 150’ 2009 Giuseppe Tornatore Lunedì Cult Movie 21.40 amore e altri crimini 105’ 2008 Stefan Arsenijevic Lunedì d’autore 21.00 questione di punti di vista 75’ 2009 Jacques Rivette Lunedì Mai Visti 21.00-22.30 tris di donne e abiti nuziali 98’ 2009 Vincenzo Terracciano Riccione per il cinema-cultura 21.15 il gabbiano 132’ 1977 Marco Bellocchio Immagini del potere 21.00

martedì 17 novembre teza 130’ 2009 Halle Gerima Cinema Teatro Verdi 21.00 baaria 150’ 2009 Giuseppe Tornatore Cinema Teatro Victor 21.00 veronika voss 105’ 1981 Rainer Werner Fassbinder Rimini al cinema 21.00 vuoti a rendere 100’ 2008 Jan Sverak Occhi sul cinema 21.00 tris di donne e abiti nuziali 98’ 2009 Vincenzo Terracciano Riccione per il cinema-cultura 21.15 the informant 108’ 2009 Steven Soderbergh SuperCinema Santarcangelo 21.15 i love radio rock 129’ 2009 Richard Curtis Teatro Socjale Piangipane 21.30

mercoledì 18 novembre hula

girls 108’ 2006 Sang-il Lee Cineforum giapponese 20.30 motel woodstock 120’ 2009 Ang Lee Cinema Teatro Verdi 21.00 il partigiano johnny 135’ 2000 Guido Chiesa Fascismo e antifascismo 20.30 vuoti a rendere 100’ 2008 Jan Sverak Occhi sul cinema 21.00 the informant 108’ 2009 Steven Soderbergh SuperCinema Santarcangelo 21.15

giovedì 19 novembre il mondo di horten 90’ 2007 Bent Hamer Cineclub Notorius 21.30 motel woodstock 120’ 2009 Ang Lee Cinema Teatro Verdi 21.00 il tempo dei cavalli ubriachi 80’ 2000 Bahman Ghobadi Rimini al cinema 21.00 il mio vicino totoro 86’ 1988 Hayao Miyazaki Lugocinema 21.00 sbatti il mostro in prima pagina 93’ 1972 Marco Bellocchio Immagini del potere 21.15 chéri 100’ 2009 Stephen Frears Metrofestival 21.00 tideland 120’ 2005 Terry Gilliam Cinesogni 21.00 venerdì 20 novembre generazione 1000 euro 101’ 2009 Massimo Venier Cinecircolo Cappuccini 20.45 sorelle 70’ 2006 Marco Bellocchio Cinema Teatro Verdi 21.00 chéri 100’ 2009 Stephen Frears Metrofestival 21.00 racconti dell’eta’ dell’oro 110’ 2009 Hanno Hofer, Cristian Mungiu, Costantin Popescu, Ioana Uricaru, Razvan Marculescu SuperCinema Santarcangelo 21.15 parnassus – l’uomo che voleva ingannare il diavolo 122’ 2009 Terry Gilliam Nuovo Cinema Bagnacavallo 21.15

sabato 21 novembre generazione 1000 euro 101’ 2009 Massimo Venier Cinecircolo Cappuccini 20.45 parnassus – l’uomo che voleva ingannare il diavolo 122’ 2009 Terry Gilliam Nuovo Cinema Bagnacavallo 21.15

domenica 22 novembre fahrenheit 451 113’ 1966 Francois Truffaut Ci-

neclub forCINE 21.00 io sono un evaso 93’ 1932 Mervyn Le Roy Cineclub Scaglie 21.30 parnassus – l’uomo che voleva ingannare il diavolo 122’ 2009 Terry Gilliam Nuovo Cinema Bagnacavallo 21.15 *Versione originale sottotitolata in italiano

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billy giudica

PARNASSUS – L’UOMO CHE VOLEVA INGANNARE IL DIAVOLO 122’ 2009 Terry Gilliam L’immaginario del Dottor Parnassus, che i titolisti italiani inspiegabilmente sopprimono, è certamente quello di Terry Gilliam. Nato come disegnatore e animatore (sue le immaginifiche impalcature grafiche che sorreggono i film dei Monty Python), continua a sorprendere per la notevole cultura figurativa dispiegata fin dai tempi di Brazil. Nel narrarci la sfida fra l’immortale Dottor Parnassus (splendido Christopher Plummer) e il Diavolo in persona (chi se non Tom Waits?), Gilliam ci pone davanti all’eterna lotta fra Luce e Oscurità, guidandoci con la forza del colore attraverso le anime dei protagonisti. È casuale che l’ambiguo Tony, che cambia volto a seconda degli immaginari in cui si immerge, riveli infine la propria intima corruzione con un abito nero? E le cangianti vesti di Parnassus, o le fulve chiome della figlia Valentina,

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non sono forse spie figurative dei rispettivi destini? È notevole che, mentre narra per immagini la propria storia, il millenario dottore raffiguri il Diavolo a capo di un grigio drappello di clericali medievali e se stesso come Messia su di un barocco carro dionisiaco, alla testa di un gioioso corteo. Intrigante riferimento che si esplicita nella ripresa della Trasfigurazione di Cristo di Raffaello, proprio sul carro di Parnassus. Il potere dell’immaginazione, sembra ammonirci Gilliam con gli spettacolari e fin troppo descrittivi viaggi nella mente di Parnassus, è l’unica via di salvezza in un mondo dominato dalla paura e dai dogmi. Davvero ottimo il cast, che riesce nell’impresa di colmare il vuoto lasciato da Heath Ledger. Un’opera affascinante, anche se vagamente incompiuta. Chiara Tartagni

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anteprima

good morning aman

ritorno al futuro a cura di

ilario gradassi

1. SEGRETI DI FAMIGLIA (127’ 2009 Francis Ford Coppola). Esce il 20 novembre. Coppola racconta la storia di una famiglia italiana emigrata in Argentina liberandosi di parte delle incrostazioni dovute alla lunga pausa. 2. GLI ABBRACCI SPEZZATI (129’ 2009 Pedro Almodovar). Esce il 13 novembre. La storia dell’uomo che divenuto cieco si racconta a un bambino esce finalmente nelle nostre sale. Con Penelope Cruz. 3. LA PRIMA LINEA (96’ 2009 Renato De Maria). Esce il 20 novembre. Otto anni dopo Paz! De Maria torna a raccontare gli anni ’70 dando vita al libro autobiografico del terrorista rosso Sergio Segio. Con Riccardo Scamarcio e Vittoria Mezzogiorno.

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4. GOOD MORNING AMAN (105’ 2009 Claudio Noce). Esce il 13 novembre. Due storie di umanità desolata si incontrano nella periferia romana. Con Valerio Mastrandrea e Anita Caprioli. Opera seconda di un regista capace di riprendere con mano felice l’Italia interculturale. 5. FRANCESCA (96’ 2009 Bobby Paunescu). Esce il 20 novembre. L’emigrazione romena in Italia vista dalla parte balcanica, non priva di stereotipi il più delle volte ineccepibili. 6. VALENTINO: THE LAST EMPEROR (96’ 2009 MattTyrnauer). Esce il 20 novembre. Documentario sulla vita e le opere di Valentino Garavani, celebre stilista italiano da un paio d’anni ritirato a vita privata.

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ciNERDmatografo

i roditori venuti dalle stelle il loro cibo sei tu a cura di

Matteo ‘Lier’ Lelli

Chissà quante volte, guardando verso il cielo, vi sarete domandati qual è la dieta preferita di un roditore extraterrestre… Come quasi mai?!? Male, perché l’argomento vi riguarda molto da vicino: che ci crediate o no, il cibo preferito di un roditore extraterrestre siete proprio voi, cari i miei homines sapientes! E pensare che hanno fatto persino quattro film per mettervi in guardia… Allora, la prima cosa che dovete sapere è che questi roditori sono dei criminali intergalattici divora-tutto: in Critters – Gli Extraroditori (1986) assistiamo alla loro fuga da un asteroide adibito a carcere spaziale, al loro atterraggio di fortuna nel paesino campestre di Grover’s Bend e al massacro che ne consegue, una volta che i mostriciattoli hanno assaggiato la nostra prelibata carne. Per fortuna alcuni cacciatori di taglie interstellari, aiutati dall’ubriacone del luogo e da una famiglia assediata dai mostri, porranno fine alla minaccia… almeno momentaneamente! Ma ecco che le palle di pelo più affamate di sempre tornano alla carica in Critters 2 (1988): allo sterminio del primo film sono infatti scampate alcune uova aliene, che per una strana serie di eventi finiscono per essere l’oggetto della caccia all’uovo pasquale di Grover’s Bend… inevitabile la carneficina, cui pongono nuovamente fine i cacciatori di taglie spaziali, tra le cui fila milita ora Charlie, l’ubriacone del primo episodio. Ma alcune uova, incredibilmente, finiscono nell’automobile di un turista, che se le riporta a casa a Los Angeles in Critters 3 (1991), dove i mostri infesteranno un condominio. Charlie sistema le cose ancora una volta, ma ordini dei superiori lo costringono a depositare alcune uova in un’astronave, nella quale

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rimane lui stesso ibernato. In Critters 4 (1992) si risveglierà nel 2045 in una stazione spaziale che verrà presto invasa dai malefici roditori. Tutta la quadrilogia, nata sulla scia dei fantastici Gremlins di Joe Dante, mescola, con risultati altalenanti, toni da commedia e horror sanguinolento. Se il primo film, diretto da Stephen Herek (regista della versione live action de La Carica dei 101) è un signor b-movie, godibile dal primo all’ultimo fotogramma, e il secondo, pur nelle mani di quel maiale di Mick Garris, regala più di un momento divertente, il terzo (di Kristine Peterson) e il quarto capitolo (di Rupert Harvey) riescono raramente a superare la soglia della decenza. Peccato, anche perché più di un attore famoso ha dato il suo contributo a questa strana saga: Dee Wallace (la mamma in E.T. l’Extraterrestre), Brad Dourif (GrimaVermilinguo nella trilogia de Il Signore degli Anelli) e niente meno che un giovanissimo Leonardo di Caprio.

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cineLETTERATURA

novecento lost in translation a cura di

«Non sei fregato veramente finché hai da parte una buona storia e qualcuno a cui raccontarla». Bisognerebbe saperla raccontare. La buona storia c’è, eccome: La leggenda del pianista sull’oceano è infatti tratto da Novecento, monologo teatrale, scritto da Alessandro Baricco, che narra la storia fantastica di Danny Boodman T.D. Lemon Novecento, il più grande musicista che abbia mai solcato i mari. Novecento è il nome dato a un bambino che viene trovato a bordo del transatlantico Virginian il primo mese del primo anno del Novecento e trascorre i primi anni nascosto nella sala macchine fino alla morte del suo padre adottivo. Per evitare di essere affidato a un orfanotrofio si nasconde nella nave per giorni e giorni fino a quando non viene ritrovato al pianoforte della prima classe. Diventa così il pianista della nave, deliziando con la sua musica tutti i passeggeri, dalla prima

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Marco bacchi

alla terza classe. Decide di vivere la sua vita sull’oceano, e non ha mai il coraggio di scendere e affrontare il mondo fino alla sua fine e alla fine della nave. La prima domanda che viene in mente allo spettatore è come sia possibile girare un film di due ore e quaranta minuti da un romanzo di sessanta pagine o poco più: un concentrato di emozioni, un libro altamente romantico e profondamente lirico, che Tornatore riesce a trasformare in un film zeppo di sentimentalismi scadenti. Quindi la storia c’è, e non serviva raccontarla, ma lasciare che si raccontasse da sola, senza riempirla di cinema: troppe carrellate, troppi dolly, troppi zoom che non fanno altro che appiattire il film privandolo della poesia che scaturiva dalle pagine del libro. Non bastano nemmeno le citazioni a Fellini e al Leone di C’era una volta in America, nemmeno le musiche scritte da Ennio Morricone a ridarci le note di Novecento, che ci accompagna lungo tutta la vita del suo protagonista come se scivolassimo sui tasti di un pianoforte, come se fossimo accompagnati nel viaggio dalla musica e dalle parole. Come nella scena madre del libro e del film, in cui Novecento, interpretato da Tim Roth (una delle poche note positive del film), durante una notte di burrasca, rassicura l’amico di sempre facendolo sedere di fianco a lui, al pianoforte al quale ha fatto togliere i fermi, cominciando una danza tra le sale della nave, guidati dalle onde. Tra le pagine del libro ci sentiamo al riparo, guardando il film ci sentiamo al massimo sul Titanic, mentre sta affondando.

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cattivi maestri

fassbinder #2 a cura di

matteo lolletti

Con la fine del periodo dell’Antiteater e l’inizio di quello dei melodrammi, Fassbinder ripensa radicalmente il proprio cinema, esce da un elitarismo congenito e approda in senso proprio a quel cinema radicalmente popolare che abbiamo descritto nella precedente puntata dedicata al grande regista tedesco. Quel cinema popolare che lo renderà l’interprete (ancora) più autentico di un periodo e di una società. Ma quella del “popolare” non è una decisione razionale, quanto piuttosto un’esigenza imprescindibile: Fassbinder ripensa il proprio ruolo di intellettuale all’interno della società, e si pone il fondamentale problema della funzione propria del suo cinema, nei termini in cui esso viene recepito dal pubblico. E individua istintivamente in quella che lui chiama l’ingenuità del cinema hollywoodiano, e più specificamente nel melodramma, quello – in un certo modo – codificato da Douglas Sirk1, il punto di contatto tra ciò che il pubblico medio è abituato a vedere e la sua vicenda autoriale . È chiaro che tale esperienza necessita di un’attualizzazione e di un ripensamento, ma la grammatica alla base del nuovo linguaggio di Fassbinder resta, nelle sue linee portanti, quella propria di quel cinema che annovera La Magnifica Ossessione e Lo specchio della vita tra i suoi vertici. Fassbinder si avvicina ai film di Sirk – ed è questo che ci interessa – concentrandosi non tanto sul sentimento, quanto sulla esiziale ragnatela di «rapporti e ricatti affettivi che intorno al sentimento si tesse»2. «Io da spettatore seguo con Douglas Sirk le tracce della disperazione umana. […] Dopo aver visto i film di Douglas Sirk mi convinco sempre di più che l’amore è lo strumento migliore [...] più insidioso ed efficace di oppressione sociale. […] Nessuno dei protagonisti si rende conto che tutto, pensieri, sogni desideri, scaturisce dalla realtà sociale e ne viene manipolato»3. Sono i meccanismi sociali, quindi, che influiscono sui sentimenti. Proprio da questa consapevolezza emerge il nuovo cinema di Fassbinder, che si

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apre, necessariamente, a un maggiore realismo, raggiunto appunto attraverso il melodramma. Tale realismo ha due immediate conseguenze: un nuovo modo di rappresentare e il suo effetto. Fassbinder comincia a coinvolgere lo spettatore nel film, riducendo i dialoghi, e realizzando, attraverso le scelte della macchina da presa, una sorta di inclusione (inosservata) sul “palcoscenico” del film. Il punto di vista della macchina da presa non è mai invisibile, piuttosto è fastidioso – e per alcuni geniale e per altri retorico – e sicuramente enfatico. Non è un cinema realista, perché il cinema realista «falsa la realtà»4, dal momento che la realtà cinematografica è una realtà a sé. È la struttura stessa del melodramma che, oltre a fornire emozioni, concede allo spettatore, stimolandolo, la possibilità di analizzare ciò che sente5. È questo l’effetto che Fassbinder vuole – e ottiene, almeno in parte – per il suo cinema: un cambiamento nella realtà, dove si sposta – di fatto – il campo concreto del suo ruolo e della funzione del suo cinema, un cinema che non crea miti, idoli o utopie, ma spinge lo spettatore al confronto con la propria quotidianità. E lascia, anche per questo, uno strano malessere, il cinema di Fassbinder. Imprescindibile, per questo periodo (che va dal 1971 al 1975), è almeno un film. Stiamo alludendo a Le lacrime amare di Petra Von Kant: un’unica stanza, due ore di durata, dialoghi lunghi e pochi personaggi, nessun colpo di scena, carrellate e panoramiche bellissime ed elaboratissime a scandire la progressione drammatica declinata quindi attraverso la macchina da presa. Un capolavoro, che riflette sul rapporto schiavo-padrone attraverso il dominio sentimentale, da cui traspare quello economico, e che invera la forma nella sostanza. Di più, si spinge in una dialettica di genere (sessuale) che ha una potenza inaudita, e che riverbera nelle relazioni individuali. Non vi è il riscatto della trasgressione, i sentimenti sono, comunque, cannibalici, l’amore è interazione sociale e chi lo affronta da solo è destinato – comunque – a scomparire.

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cattivi maestri

le lacrime amare di petra von kant

Il cortocircuito, se di cortocircuito si tratta, è quello tipico del cinema fassbinderiano: i protagonisti si ritrovano nella loro situazione di partenza, inadatti, per quanto non condannati a priori, ad accettare un rapporto che si smarchi dalla logica servo-padrone. Il fatto, se vogliamo banale nella sua enunciazione, è che l’amore è sofferenza (in ogni senso: è soffrire e far soffrire).

1 Douglas Sirk è il nome d’arte del regista tedesco Hans Detlef Sierck, approdato negli States in fuga dal nazional-socialismo nel 1937 e autore di alcuni dei film più celebrati della Hollywood classica. 2 Davide Ferrario, Rainer Werner Fassibinder, Editrice Il Castoro, Milano 1996. 3 Rainer Werner Fassbinder, «Éssai», n. 5, giugno 1980. 4 Rainer Werner Fassbinder, «Cinema», n. 203, novembre 1975. 5 Contrariamente al cinema classico hollywoodiano che, come detto, fornisce solo emozioni.

le lacrime amare di petra von kant

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indagine

hollywood sfida charles bukowski a cura di

marco berardi

È pacifico che la letteratura sia una delle massime muse ispiratrici per la settima arte. Ma se parliamo di Charles Bukowski, dimentichiamoci schemi e metodi standard. Barfly ne è la prova paradigmatica. Questo film datato 1987, diretto da Barbet Schroeder e prodotto da Francis Ford Coppola, basa le sue vicende proprio su quelle della vita di Charles Bukowski, che ne cura la sceneggiatura. E una volta tanto è stata la pellicola a ispirare un’opera cartacea. Ci riferiamo a Hollywood, Hollywood! romanzo del 1992, penultima opera di Bukowski prima che la leucemia fulminante lo stroncasse nel ’94. Non stiamo parlando di un adattamento, sarebbe inutile e scontato. Hollywood,Hollywood! è una paurosa riflessione dell’autore sulle sue esperienze, sul cinema e il sistema produttivo hollywoodiano, e sulla risultante di queste due componenti. Barfly racconta le vicende di «ordinaria follia» di un ubriacone interpretato da Mickey Rourke, del suo dimenarsi tra l’alcool e i tentativi abortiti di avere una vita più “regolare” e quindi di cercarsi un lavoro, trovarsi una compagna. Tentativi che falliscono e che riportano il

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protagonista nella sua vita ordinaria, o meglio nella pazzia che ordinariamente si presenta. Nel libro Bukowski non solo racconta se stesso, ma ci parla in virtù della sua esperienza della caotica Los Angeles e del fare cinema: l’ingiustizia della compravendita dei diritti e della rara onestà intellettuale, la ciarlataneria dei produttori e la sottomissione del regista, i capricci puerili degli attori. Gli aneddoti raccontati ci fanno andare oltre i fotogrammi di Barfly, sono un manuale commentatodiHollywood, per il quale niente è ciò che sembra, e per cui dietro ogni singolo gesto, ogni singola azione degli attori, c’è l’invidia professionale, il materialismo economico o le manie di protagonismo. Alla luce di queste considerazioni dovremmo considerare libro e film come un distico atipico, per cui ciascuna opera conferisce valore all’altra e tra esse si instaura un rapporto dinamico. Per quanto concerne poi il metodo letterario utilizzato in Hollywood,Hollywood! (perché è qui che risiede tutta l’originalità) l’autore si discosta da una prima poetica intrisa di svergognato disprezzo nei confronti di una realtà

avversa e ingiusta, e matura il suo stoico senso critico, archiviando con una risata anche colpi tremendi in ambito lavorativo o personale. I toni spensierati dell’inizio e della fine del romanzo, fanno da parentesi a una investigazione della realtà che, per mezzo di una lente grottesca, estrapola il comico anche dalla situazione più tragica rendendo il tutto straniante, e forse ancora più tragico. Ci strappa un riso amaro pirandelliano, anche se l’autore stesso è conscio che sia tutta «una pupazzata», che i suoi artifici edulcorano una realtà già distorta. Il trucco c’è e si vede, insomma. La riflessione di Bukowski impreziosisce un film di per sé non eccezionale (che lui non nasca sceneggiatore è fin troppo chiaro) e dichiara definitivamente l’incompatibilità di un sistema produttivo ufficiale (cinematografico e letterario) che cerca la storia originale dal pazzo ubriacone, e questo che non potrebbe mai accettare un cambiamento o un contratto stabile, pena la rinuncia a tutte quelle fonti creative che una bottiglia di whisky o una bionda doppio malto possono fornire. «È Hollywood!» dice Bukowski. Una realtà incoerente e mercuriale che tenta anche le sue prede al cambiamento. Ma secondo lui sarebbe forse meglio la solita vita pazza tra una bottiglia, una macchina da scrivere e una giocata ai cavalli. Bukowski, anche se con qualche parolaccia in meno, non ha abiurato.

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retropolis grandi guerre

grandi guerre la guerra lampo dei fratelli marx 70’ 1933 Leo McCarey Chiuso in una caserma sotto un pesante bombardamento, allo stremo delle forze e con buona parte degli uomini uccisi o fuggiti, il generale Firefly si rivolge al suo Ministro della guerra: «Il nostro esercito è avviato a una grave sconfitta, che intende fare?» «L’ho già fatto» «Fatto che cosa?» «Sono passato al nemico» «Ho molto bisogno di lei in questo momento, cosa vuole per lavorare di nuovo per me?» «Le ferie pagate». Siamo nel 1933, e in un periodo di per certo “caldo” in fatto di guerre, i fratelli Marx confezionano questa incredibile, irriverente presa in giro nei confronti degli eserciti – tutti, come dimostra il costante cambiamento di uniforme di Groucho – e della loro molla principale, il patriottismo. Anticipano, in qualche modo, Il grande dittatore, che uscirà sette anni più tardi, facendo satira sia sull’ascesa di Hitler, sia sulla

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nota incapacità militare degli ufficiali europei. Ma se nella pellicola di Chaplin c’è spazio per una seria e drammatica considerazione finale su quello che sta(va) accadendo al mondo, nel film dei Marx c’è spazio solo per gag dissacranti. Forse addirittura più efficaci, nell’intento di rendere il non-sense della Prima Grande Guerra: «Eccellenza, il generale Smith ha segnalato un attacco col gas, che deve fare?» «Digli di prendere un cucchiaino di bicarbonato in mezzo bicchier d’acqua» «Sì signore». Fu prevedibilmente un flop quando uscì nelle sale, ma ora è considerato il capolavoro del quartetto. Diretto da Leo McCarey (già regista per molti corti di Laurel & Hardy), distribuito dalla Paramount, più che mai attuale. Francesco Garoia

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locandina de la guerra lampo dei fratelli marx

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retropolis grandi guerre

il massacro di fort apache 127’ 1948 John Ford Il western è sempre stato indocile ad appiattirsi sul genere dei war movies: racconto (ed elegia nei casi più felici) di storie di uomini stra-ordinari nel vero senso etimologico, cowboys nomadi ed errabondi, disadattati nella vita sociale e per questo quasi sempre solitari. All’orizzonte, in lontananza, la frontiera: meta da oltrepassare e al tempo stesso «oscuro oggetto del desiderio», essa è il vero motore di un’epica fondamentalmente individuale e individualista, costruita sul mito del self-made man che tanta influenza ha avuto e ha nella storia americana. Il massacro di Fort Apache, prima parte della trilogia che John Ford dedicò ai valori della cavalleria (seguono I cavalieri del NordOvest – stupendo – e Rio Bravo) è solo apparentemente un film corale. In realtà anche qui è lo scontro tra due individualismi

a dominare il campo: da una parte quello megalomane e roso dall’ambizione del generale Thursday (un grande Henry Fonda), educato alle guerre europee e deluso dal trasferimento nello sperduto Fort Apache – chiaro riferimento al generale Custer – dall’altra quello, pure più umanitario, del suo sottoposto colonnello York (l’eccellente, mitico, John Wayne). L’eroismo dei semplici e degli umili, condotti a una sicura disfatta dall’egoismo cieco di un singolo, si intreccia all’umanità profonda dei personaggi e alla loro straordinaria dignità. Mentre come in dissolvenza, nell’amaro lieto fine, è quel sempre indefinito confine tra storia e leggenda del vecchio West a sfumare sempre di più, fino a elevarsi nell’area indistinta del mito definitivamente smitizzato. Fabio Giambi

il ruggito del topo 83’ 1959 Jack Arnold «Il commercio è guerra», aveva dichiarato quella vecchia volpe di Colbert, ministro delle finanze del Re Sole, al momento di assumere la dirigenza della politica economica del regno di Francia. A metà ‘900 ciò è ancora vero, se la sopravvivenza del piccolo Stato feudale del Ducato di Gran Fenwick – retto dalla granduchessa Gloriana XII, amministrato dal gran connestabile Mountjoy e militarmente diretto dal feldmaresciallo Tullio Balcome (un Peter Sellers straordinariamente multiforme nei tre ruoli diversi, come sarà anche nel Dottor Stranamore di Kubrick) – è appesa all’ottimo vino lì artigianalmente prodotto, oggetto della speculazione capitalistica yankee. È immediatamente la guerra, nella quale una ventina di arcieri del Ducato, guidati dallo sgangherato Tullio, sconfiggono gli Stati Uniti d’America,

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dopo essere partiti in autobus e aver attraversato l’Atlantico su un peschereccio, perché riescono a impadronirsi (alquanto involontariamente) della Bomba Q, che potrebbe cancellare in un istante dalle cartine geografiche l’intero Nord America. Il ruggito del topo è una discreta parodia di film di guerra, la cui comicità tipicamente british – e che pure tocca qualche punta di genio grazie all’istrionismo del grande Sellers – ha tuttavia accusato il passare degli anni. Il film ha, ad ogni modo, una certa carica profetica: oggi infatti, all’indomani dell’11 settembre 2001, non sembra più semplice parodia che un pugno di uomini (stando, almeno, alla vulgata ufficiale) possa infliggere un colpo durissimo alla prima potenza mondiale. Fabio Giambi

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retropolis grandi guerre

valiant 109’ 2005 Gary Chapman Film d’animazione per famiglie: innocuo, senza grosse pretese e ben confezionato. Lo avrete completamente dimenticato un paio d’ore dopo la visione. Il tenero piccione Valiant è forte e molto coraggioso, ma viene preso in giro da tutti perché troppo piccolo e paffuto per rendersi utile all’umanità. Riuscirà a riscattarsi allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, dove servirà l’esercito inglese con devozione fino a diventare un eroe senza macchia, aiutato dagli immancabili simpatici amici di varie specie animali, e ostacolato da temibili falchi tedeschi sui quali i caratteristi hanno un po’ sorvolato (scusate il gioco di parole). Il film si salva grazie alla buona animazione (produzione inglese) e alle nozioni sulla guerra per i più piccoli, come il racconto del ruolo dei piccioni viaggiatori. Francesco Garoia

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i soliti ignoti

alex de la iglesia a cura di

michelangelo pasini

Redigere un qualsiasi articolo implica uno sforzo che precede il lavoro di scrittura vero e proprio. Prima di tutto è necessario scegliere il soggetto, poi autoconvincersi dei motivi che rendono quello che si è appena scelto il candidato adatto per la rubrica che ti è stata affidata, e infine crearsi una scaletta mentale che snoccioli in modo logico e sequenziale i punti che si sono appena analizzati. Per Alex De La Iglesia questo lungo processo ha subito una contrazione quasi inevitabile. Scrivere una puntata di questa rubrica significa individuare un autore che nonostante, il suo talento e la sua carriera, sia poco celebrato, osannato, citato. Al regista di Bilbao l’appellativo Solito Ignoto non solo calza a pennello, ma citare il suo nome pare una sineddoche per la quale l’equazione De La Iglesia=Cinema Spagnolo in toto è sempre vera. Negli ultimi quindici anni la settima arte in Spagna si è infatti dimostrata più vispa che mai, ma distribuzione e critica italiana quanto europea sembrano non essersene accorte. O almeno lo hanno fatto in clamoroso e colpevole ritardo. Forse perché il cinema spagnolo degli ultimi due decenni si è sorretto e si sta sorreggendo in gran parte sui generi e ancora più nello specifico perchè è l’horror, da sempre bistrattato dalla critica alta, a fare la parte del leone. Beninteso: per confutare tale tesi non basta citare le celebrazioni tardive per il cinema di Balaguerò e le, scontatissime e sempre puntuali, recensioni entusiaste per l’ultimo capolavoro di Almodovar. Anche perché Alex De La Iglesia debutta proprio grazie all’aiuto e al fiuto del regista di Tutto su mia madre e qualche anno dopo, badate bene, a

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9 novebre 2009 - Numero 16

soli trent’anni, si aggiudica con El Dia De La Bestia il premio Goya per la miglior regia (che in Spagna vale di gran lunga di più di un David di Donatello qualsiasi). A seguito di questi riconoscimenti qualche fuoco d’artificio in Europa ma, successivamente, l’oblio. Tanto che il film successivo, lo splendido quanto violento Perdita Durango, giunge in Italia solamente otto anni dopo la sua realizzazione e mutilato oltre l’inverosimile dalla censura. Il gusto del cineasta per la commedia nera, l’horror e la satira continuano a svilupparsi fino a dar vita a quello che è, a parere di chi scrive, il suo capolavoro, vale a dire: La Comunidad – Intrigo all’ultimo piano, capace di vincere ben tre premi Goya e di essere visto da ben uno spagnolo su trenta. Risultato per niente scontato per essere un film a basso budget e fruibile fino a un certo punto. Ma dopo la parentesi Crimen Perfecto, altra chicca a metà tra la commedia, il noir e il demenziale, un’altra brutta botta assestata ai danni di Alex De La Iglesia: proprio nell’anno che doveva celebrarne l’esplosione a livello mondiale, un film come Oxford Murders, con un cast di attori dal blasone internazione come Elijah Wood e John Hurt, non solo è il suo lavoro meno riuscito, ma viene anche accolto malissimo da una critica per niente indulgente e non trova distribuzione nemmeno negli Stati Uniti. Bizzarro che le taglienti pellicole precedenti non avessero possibilità di sfondare il muro della vera notorietà e che l’unico lavoro nato zoppo fosse l’occasione, sprecata, per fare il grande balzo. Balzo che a questo punto Alex De La Iglesia non può e non deve sentire suo. Stay true Alex.

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cinePOTERE

salo o le 120 giornate di Sodoma e il lato oscuro del potere a cura di

barbara pianese

«Ma scusi, noi, non siamo forse la dimostrazione vivente di che è realmente il Potere? L’unica vera, grande, assoluta Anarchia, è quella del potere. Infatti noi, qualsiasi cosa ci venga in mente, la più folle ed inaudita, la più priva di senso, possiamo scriverla in questo quadernetto, ed essa diviene immediatamente legale». È solo uno stralcio dei discorsi dei protagonisti di Salò. Il film, ambientato nel 1944 al tempo della repubblica di Salò, è un riadattamento del libro di Sade. Il proposito non è solo una critica al regime fascista, ma una rappresentazione filmica dei meccanismi del potere. Il potere, secondo Foucault, sia sotto forma storica di dittatura che di capitalismo avanzato, assoggetta quei singoli e quelle collettività di cui dovrebbe farsi garanti, imponendo nei regimi norme disciplinari spesso senza senso, e assimilando nelle democrazie liberali codici di valore imposti delle classi dirigenti. I totalitarismi si avvalerebbero di un’esplicita propaganda, mentre le altre forme

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di governo di modi più soft ma anche più insidiosi, come i mezzi di comunicazione di massa e i saperi. E infatti il rapporto fra i gerarchi, ovvero il Duca, Sua Eccellenza, Monsignore, il Presidente, rappresentanti dei diversi poteri, e i giovani loro sottoposti è scandito dall’ educazione, la coercizione e la punizione. I ragazzi, lontani dalla «ridicola libertà concessa da mondo esterno», sono sottoposti ad abusi e perversioni che aumentano passando per i quattro gironi “danteschi”. Essi, che mostrano solo indifferenza, sembrano proprio il prodotto di quella società consumistica che cerca tramite i media di ottundere le coscienze dei giovani. Il sesso, insomma,

diventa la metafora di ciò di che il potere fa dei corpi. Riprendendo Marx si potrebbe parlare di mercificazione, ed è soprattutto metafora dell’essenza più intima del potere, è brutalità, violenza. Il gesto sodomitico, per la sua meccanicità, si presta bene a rappresentare una sopraffazione continuamente perpetrata. E Pasolini profetizza anche la bassezza culturale e legata al sesso dei nuovi media, in special modo della televisione. Ecco che i gerarchi si ritrovano a scegliere il migliore dei culetti o ad ascoltare, seduti su un divano, i racconti di quattro donne che hanno il fine di eccitare gli uomini e pervertire i giovani. Evidente poi il mito della falsa perfezione nella scena della bella ragazza scartata per la mancanza di un dente.

9 novembre 2009 - Numero 16

billy


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