Billy - numero 15, 26 ottobre 2009

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rivista cinematografica romagnola rivista cinematografica romagnola

ottobre numero 15 13 14 26 ottobre 2009 - Numero

recensioni

all’interno

rassegne in romagna

26 ottobre – 8 novembre

Chéri / Basta che funzioni / Up / Motel Woodstock

Prehallowe’en

16Corto

Ravenna Horror NightMare Festival

In mezzo come il giovedì \ Un mondo capovolto \ Giù al nord \ Animazione

Billy rubriche

retropolis

In Costume / lo sguardo

Alieni in retrospettiva

The Rocky Horror Picture Show \ Piano 9 da un Altro Spazio \ Flash Gordon \ Le ragazze della Terra sono facili

impotente dell’arte e i fantasmi di Goya Horror Politics #8 / district 9 e la metamorfosi viaggi di Cinema / manga impact: la generazione dei ‘70

Réportage

riguardatelo

Villanova in Corto

il giorno dell’indiano

edizione

zombie


sommario Bussola...................................... 3

Billy Giudica basta che funzioni 19

Villanova, corti e culturame...... 5

Anteprima..................................

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16corto day 2............................. 6

CHÉRI.......................................

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16corto # 3................................. 7

Horror Politics #8 DISTRICT 9 22

16corto # 4................................. 8

In costume GOYA’S GHOSTS 25

16corto # 5................................. 9

Viaggi di cinema MANGA

Ilario Gradassi

Francesco Garoia Luigi Palmirotta Marco Berardi

Barbara Pianese Marco Bacchi

Ilario Gradassi

Luigi Palmirotta Matteo Lolletti

Chiara Tartagni

IMPACT................................ 26

Settimana Horror a Ravenna.... 10

Matteo Laghi

RASSEGNE IN ROMAGNA.. 11

Retropolis ALIENI DAL

26 ottobre-8 novembre 2009

VOLTO UMANO................... 28

Prima scelta UP.......................... 11 Francesco Garoia

motel woodstock................... 18 Fabio Giambi

Billy

Matteo ‘Lier’ Lelli, Marco Bacchi

Riguardatelo IL GIORNO

DELL’INDIANO................... 32 Michelangelo Pasini

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Alessandro Merci

billy.rivistacinematografica@gmail.com blogspot myspace facebook issuu scribd

dirige Ilario Gradassi, grafica Stefania Montalti, edita Cecilia Benzoni scrivono Marco Bacchi, Marco Berardi, Camilla Bruschi, Ilario Gradassi, Matteo Laghi, Matteo Lolletti, Alessandro Merci, Michelangelo Pasini, Chiara Tartagni.

26 Ottobre 2009 - Numero 15

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bussola nel mezzo del cammino Ben ritrovati. Grazie a chi ha partecipato alla festa di presentazione della nuova stagione di BILLY alla Collina dei Conigli di Forlì. I fortunati avventori hanno potuto portare a casa una copia cartacea della rivista. Lo ripeteremo prima o poi. Siamo nel bel mezzo di un mese strapieno di appuntamenti in Romagna, tanto che il primo dorso di questo quindicesimo numero di BILLY è interamente occupato dalle recensioni di quello che si è visto nei festival di Villanova di Bagnacavallo e Forlì. Entrambi i festival sono stati baciati dal successo sia per l’alto livello cinematografico dei corti sia per l’impatto sui media locali e sui cittadini. Villanova in corto, terza edizione, ha puntato sull’atmosfera familiare: ha presentato il proprio paesino ai filmaker presenti e ha approfittato della gloria locale Ivano Marescotti per presentare la serata finale. Anche i corti sono stati scelti nello stile delle piccole cose, scusate la ripetizione, fatte con stile, a cominciare dall’impareggiabile Astutillo Smeriglia che ha meravigliato con Il giorno del Jujitsu, dopo aver vinto al Festival dei Cinesogni con Qualcosa di mai visto, tutti e due visibili su youtube, caricati dall’autore stesso – a cui consigliamo di mollare la fisica teorica e di mettersi seriamente a fare cinema. Il 16corto ha continuato la sua crescita aprendosi ancora di più sia alla città che al movimento cinematografico internazionale

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con ospiti di varie nazionalità, in particolare dell’Est asiatico. Ma per un bilancio definitivo vi diamo appuntamento al prossimo numero dove interrogheremo il direttorefactotum Gianluca Castellini. L’agenda degli appuntamenti per il vero cinofilo sembra la sceneggiatura del secondo tempo di La grande abbuffata di Ferreri. A Ravenna, dal 27 al 31 ottobre il NightMare Film Festival. A Rimini le giornate felliniane ci riservano per il 31 Noi che abbiamo fatto la dolce vita, il 6 e il 7 il convegno su Fellini sceneggiatore e il premio consegnato a Sidney Lumet. E le proiezioni collegate ad Ambiente Festival. Infine il mercoledì in cineteca quattro film di Fassbinder, tanto per gradire. A Forlì il cineforum giapponese. Riparte Lugocinema e si avvicina la ripartenza di Bagnacavallo e della rassegna del Teatro Socjale di Piangipane. E aspettiamo che Scaglie a Faenza batta un colpo. E in sala escono Almodovar, Jonze, Haneke, Mann e Moore più quelli da recuperare. Vien voglia di vendere la televisione per recuperare qualche euro da investire in sala. Oppure di leggere le nostre rubriche di approfondimento con Forman In costume, uno Shamalyan da riprovare, un’altra riflessione su District 9, meglio sul suo lato splatter, e un Retropolis sugli alieni dal volto umano. Un po’ come quelli che vediamo tutte le mattine uscendo di casa. Buone visioni. Ilario Gradassi

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villanova in corto

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12 Ottobre 2009 - Numero 14

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villanova, corti & culturame festival in evoluzione a cura di

francesco garoia

Una piccola sala in piccolissimo paesino di provincia gremita di registi, attori e musicisti provenienti da tutta Italia, che a turno salgono sul palco per ricevere onori, applausi e un lauto premio consistente in due bottiglie di vino, mentre sul telo viene proiettata la loro opera. Sostanzialmente basterebbe questo per sottolineare la bellezza del Villanova in Corto. Una rassegna di tre giorni modesta, semplice, realizzata con più cuore che mezzi: lo sanno bene gli organizzatori, che fanno dell’atmosfera familiare e accogliente il loro marchio di fabbrica, e lo sanno gli artisti, professionisti o amatori che siano, che fanno migliaia di chilometri per essere lì e ricevere una targhetta di latta col loro nome scritto a penna. Ma è proprio questo il fascino di questo concorso, come ha più volte sottolineato anche il presidente di giuria Ivano Marescotti: c’è chi collabora con le banche e avrà soldi, spettatori e registi di calibro internazionale, c’è chi collabora con la sagra paesana e col falegname in fondo alla strada e avrà un festival caldo e rilassato, con corti di alta qualità e pieni di idee. Come l’amaro Sa promissa, film sardo firmato Ilaria Godani e Giuliano Oppes, vincitori del premio per la fotografia, che raccontano la storia

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di un pastore assassinato e del piccolo coraggioso figlio ( ). O Il giorno del jujitsu di Astutillo Smeriglia, spassosissimo cartoon pulp – vincitore della sessione Corrente Alternativa – dove un parroco sfida Satana a colpi di karate ( ). Tra l’altro è particolare anche la storia dell’autore: Astutillo è il nome d’arte di un fisico laureato in astronomia che per passione disegna irriverenti cartoni animati sperando di restare nell’anonimato. Segnalo infine Ellissi di Piero Cannata, vincitore del premio Alta Tensione, che mette in scena una semplicissima quanto geniale idea: una ragazza si risveglia da un incubo scoprendo di vivere proprio quell’incubo ( ). Applausi ai corti low budget in generale, la dimostrazione di come per creare un piccolo capolavoro basti avere un grande spirito, e congratulazioni agli organizzatori, giustamente orgogliosi della loro campagnola, divertente ed emozionante creatura. D’altronde – come ha detto provocatoriamente nel corso delle premiazioni l’attore villanovese Marescotti – chi ci lavora dentro lo sa meglio di tutti: dedicarsi ai cortometraggi vuol dire metterci anima e corpo, soprattutto in una realtà come quella italiana dove la cultura è considerata «culturame» e i suoi finanziamenti si aggirano intorno allo 0,1% del Pil.

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16corto # 2 in mezzo come il giovedì a cura di

luigi palmirotta

La giornata di proiezioni di giovedì 9 è scandita dalla suddivisione fra corti europei (Spagna, Germania e Francia) nella prima parte e italiani nella seconda. Per gradire si inizia con Susurros, corto spagnolo di Carlos Castel che vede un’affascinante Monica Cruz alle prese con un lavoro alquanto bizzarro. Il suo compito è quello di svegliare dolcemente ogni giorno un annoiato imprenditore. Il più docile sussurro umano, le sue carezze e le sue premure materne sostituiscono il fastidiosissimo trillo della sveglia. Ben pagata, ma non paga di un compito così estemporaneo, in un risveglio di coscienza rinuncia a un lavoro da altri così ambito. ( ) A seguire Birthday, di Andrzey Krot, un cortometraggio tedesco-polacco in cui un uomo ripercorre con la memoria

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ciò che è successo l’anno precedente. Un giorno, ubriaco, non riuscì a prevenire che la sua felicità diventasse tragedia. Ripercorre quei momenti e cerca di lenire il senso di colpa riparando al suo errore. Narrato attraverso soggettive che dimostrano appieno la vista scoordinata degli effetti alcolici, si perde nello svolgimento della trama lasciando lo spettatore frastornato e incapace di ricostruire il racconto. Oppure anche questo potrebbe essere un effetto alcolico che il regista sceglie di rappresentare. ( ) Scena Familiare è invece un corto francese con attori taiwanesi. Un finto reality

show mostra con discrezione il dramma vissuto da una famiglia dopo la scomparsa del figlio maggiore. Il premio promesso e la trasmissione non sono altro che un espediente del convivente per rivelare la vera storia del ragazzo scomparso e infine conoscere la famiglia dalla quale proveniva. ( ) Aspettando le quattro del pomeriggio di Simone Gattoni è un tenero tributo all’innamoramento che non svanisce mai e che raggiunge persino l’ultimo dei luoghi romantici, un bagno pubblico, dove una signora in età avanzata non avrebbe mai pensato di trovare un corteggiatore e rituffarsi per breve tempo nel brio fanciullesco di una seduzione. L’illusione e l’attesa vana fanno ricadere l’austerità degli anni, ma rimane alla donna un sorriso. ( ) L’amore è un giogo di Andrea Rovetta è una breve commedia con un finale a sorpresa in cui il protagonista, Neri Marcorè, commette un evidente errore iniziale a poker che accompagna lo spettatore per tutto il corto. Finché si comprende che di errore non si trattava, ma di una astuta strategia in un gioco diverso da quello del tavolo verde. ( ) Spighe di Laura Chiossone, ambientato all’interno di una cascina di campagna, racconta la pubertà di piccole donne alle prese con le prime pulsioni sessuali e le paure a esse connesse, mostrando una sessualità più adolescenziale. ( ) L’estraneo di Fabian Ribezzo è incorniciato in un quadro grottesco, lì dove un civile gesto d’aiuto si incontra con la solitudine estrema di un’anziana che rapisce l’uomo con la sua miseria impedendogli di andar via. Il regista diventa partecipe della sua situazione angosciosa, di cui tutti insieme al protagonista sarebbero ben contenti di liberarsi. Supereranno il senso di colpa per dover abbandonare una vecchietta così bisognosa. ( )

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goodbye garibaldi La serata di venerdì, densa e interessante, ha proposto quattro corti e quattordici supercorti. Apertura in grande stile con l’opera messicana Goodbye Garibaldi di Alejandro Ramirez, coinvolgente storia ambientata nelle baraccopoli di una città centroamericana in degrado. I tre protagonisti si cimentano in una rapina, e con lo svolgersi della vicenda scopriranno l’impossibilità di amare. Qui l’odio è la forza aggregatrice, l’amore quella disgregatrice. Il montaggio dinamico e spezzettato, l’uso di ralenti, fuori fuoco e l’alternanza frenetica di campi lunghi e primi piani la rendono un’opera dallo stile apprezzabile. Più classico e forse meno meritevole è l’americano In the dark di Alex Fazeli, storia vera della fuga di un agente CIA negli USA al tempo del colpo di stato di Khomeini in Iran. Una condensata spy story che come suggerisce il titolo gioca su chiaroscuri e forti contrasti. Fremmede è il terzo corto in programma. Opera del danese Nis Closter, è ambientato in un treno. L’iniziale diffidenza tra un ebreo e un arabo si annulla con l’arrivo di tre naziskin dalle non buone intenzioni. Non esistono dialoghi, l’unica parola pronunciata è un «Thank you» alla fine. L’incomunicabilità e la vittoria finale della fiducia nell’altro sono presentati nel film magistralmente. L’ultimo corto è il peruviano Interior Bajo Izquierida di Diego e Daniel Vega. In una casa dai ritmi cadenzati e noiosi, una coppia di anziani progetta il suicidio. I loro continui fallimenti sono accompagnati dal sermone di un predicatore alla radio. Il film, che definirei “ermetico” (non è necessariamente una critica) si conclude con più ottimismo. Nella seconda parte della serata i quattordici supercorti si potrebbero dividere in due filoni: quello del comico o del comico-macabro e quello umanitario. Sicuramente nel primo rientra 1,2,3 huye, escapa si puedes, basato su un capovolgimento delle aspettative che prende in giro lo spettatore. Il demenziale 3x3 sfrutta lo stesso effetto in maniera più efficace nella sfida cestistica tra una guardia giurata e un manutentore. I supercorti italiani Aiuto e Fisico da spiaggia cercano di ripetere le stesse dinamiche, ma con risultati più scarsi, interiorizzando uno stile pubblicitario che rischia di cedere alla banalità. Il supercorto Irlandese Hoor diverte.

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16corto # 3 un mondo capovolto a cura di

Del resto non ci si può aspettare altro da tre ragazzini ospiti in una casa d’appuntamento. La mensola di Giulia ci propone i continui fallimenti di suicidio di un uomo, che alla fine viene fortuitamente ucciso dai suoi vicini. L’umorismo nero di ha senza dubbio efficacia. Il più divertente corto della serata è senza dubbio The Last Smile che con una sola e geniale carrellata di pochi secondi ci racconta un personaggio, la sua vita e la sua morte. Si colloca nella serie di supercorti che dedicano i loro temi all’umanitarismo e alla denuncia Impasse. Opera davvero notevole che racconta un breve viaggio di un ragazzo e una ragazza, lui bianco e lei nera. Un continuo gioco di sguardi fa trapelare un’attrazione tra i due e il finale a sorpresa rende al meglio il titolo, un vero e proprio impasse. Négritude invece ci presenta con una grande ellissi temporale la condizione dell’uomo nero nella società, come schiavo e perseguitato. No way Through è ambientato a Gerusalemme, ed è la denuncia di tutte quelle morti , sicuramente evitabili, causate dall’assenza di soccorsi e dalla presenza di asfissianti posti di blocco; Si pepe at ang mga bulaklak è un’opera filippina impegnata nel tema dell’omofobia. Anche

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marco berardi se il bambino protagonista è semplicemente appassionato di fiori, viene perseguitato da suo padre e dai suoi amici. L’effetto sorprendente è quello che l’omofobia, un problema così detestabile nella nostra società è presente anche in un ambiente così diverso ed esotico. Altro tema di denuncia è trattato dal supercorto turco Utanc, la storia di una donna adultera costretta al suicidio, fenomeno diffusissimo nella società del regista. Stroke è il corto inglese basato su un intelligente capovolgimento delle aspettative che sfocia nel macabro. Una scena d’amore idilliaca si rivelerà la disperazione di un amante che piange la sua amata in un obitorio. Infine On a Day in April è un’opera tedesca molto frenetica e compressa. Il montaggio serrato e l’uso di animazioni, collage e luce sovraesposta la rende intensa e interessante. La percezione all’uscita dalla sala è di quanto sia avvincente vedere una manciata di temi, analizzati e interpretati da opere provenienti da ogni angolo del globo.

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phone story

16corto # 4 giù al nord a cura di

barbara pianese

Il primo film della serata, Phone story ( ) , affronta il tema dell’ integrazione. Memo, immigrato curdo, gestisce un phone center a Bruxelles. A causa della solitudine, ma anche di una curiosità che in fondo un po’ tutti conosciamo, spia le conversazioni di una ragazza di cui condivide le origini , sperando di scoprirne i gusti e conquistarne il cuore. Il tema dell’immigrazione viene qui trattato non tramite i soliti luoghi comuni, ma mostrandoci , spesso in modo buffo, gli aspetti della quotidianità. Ci avviciniamo a Memo non perché impietositi dalla sua condizione o curiosi di una cultura diversa, ma proprio perché ci ritroviamo nei suoi comportamenti. Sores e Sirin ( ) affronta una questione simile. Due fratelli, fuggiti dall’ Iraq in guerra e cresciuti in Germania, hanno reazioni diverse al contesto culturale e sociale che li circonda. Per Sores la tradizione diventa l’unico resto di un passato distrutto, per Sirin è semplicemente qualcosa di passato. Ecco forse un modo di mostrare come si possa avere un diverso approccio alle proprie origini , ma anche come, nonostante tutto, i rapporti umani vadano

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oltre ogni barriera culturale o scelta delle persone vicine tra loro. Il terzo cortometraggio si allontana dal racconto della vita di tutti i giorni degli immigrati per catapultarci lontano nel tempo in mondo quasi fantastico. Tratta da una favola dei fratelli Grimm, ecco dall’Islanda Harmsaga ( ). Una famiglia felice vive in modo modesto e tradizionale, isolata in una natura dipinta con colori pastello. Ma ecco che un gioco innocente dei due bambini devasta il quadretto quasi bucolico. Le espressioni beate, i capelli biondissimi illuminati da un sole splendente e la quotidianità contrastano con la tragedia, inspiegabile. E questa volta la colpa non risale all’uomo contemporaneo, sempre più lontano dal mito del buon selvaggio, ma è un male insito nell’essere, naturale, di un uomo come tutti gli altri, come tutti noi. Sempre da un altro paese freddo, la Finlandia, ecco Kaveri ( ). Pera decide di provare con il suo amico qualcosa di bizzarro e poco convenzionale all’ insaputa della moglie, ma, sfortunatamente, i tempi ristretti non lo aiuteranno, creando una buffa situazione. Teemu Nikki sembra quasi giocare col tema dell’ omosessualità, sdrammatizzando una questione troppo spesso appesantita da dibattiti ideologici.

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Invisibile Loneliness La sesta edizione di Sedicicorto riserva anche quest’anno una sezione ai corti di animazione dal titolo Coortonia. Trentadue i lavori in concorso arrivati da mezzo mondo e realizzati con le più diverse e innovative tecniche che l’animazione cinematografica mette a disposizione. Spazio dunque alla creatività e alla libertà di mettere in mostra ogni fantasia, anche se solo come libero esercizio di stile, che spesso le regole ferree della fiction vietano. Allora ci si immerge nelle pennellate e nelle mani che disegnano, sullo schermo, figure astratte, come accade nello svizzero Retouches o nello spagnolo No corras tanto; oppure in Rif, di stampo quasi documentaristico, in cui scopriamo un mondo subacqueo popolato da marionette. Ben più interessanti e divertenti le storie della donnola, protagonista di Signalis, alle prese con la direzione di un semaforo e con la responsabilità di accendere la lampadina giusta al momento giusto, che trova la libertà solo dopo che, sbadatamente, causa un incidente; della bambina di Invisibile Loneliness che lasciata sola in casa è costretta ad affrontare le sue

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16corto # 5 animazione a cura di

paure. Protagonista di Arc dell’ungherese Ferenc Cako, è invece una società sull’orlo del collasso, in cui il volto dell’autorità campeggia vigile sul popolo, che protesta e chiede a gran voce di avere una faccia. Perché il popolo di questo corto non ha bocca, non ha occhi né­­ orecchi. Semplici favole oppure allegorie dei giorni nostri in cui omologazione, fretta convulsa, solitudine e paure ci hanno strappato il ruolo di protagonisti. Due titoli su tutti, al di là di quelli che saranno gli

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marco bacchi

esiti finali: il francese Le jour de gloire, di Bruno Collet, che ci porta nell’inferno di un soldato, all’interno di una trincea della prima guerra mondiale. Girato in stop motion con pupazzi di plastilina ci fa vivere, con tremendo realismo, l’attesa e l’arrivo della battaglia, le esplosioni e l’inevitabile, restituendoci tutto l’orrore e la solitudine della guerra. Il secondo è lo splendido La maison en petits cubes del giapponese Kunio Kato che ci racconta la storia di un anziano signore costretto a costruire una casa sopra l’altra per salvarla dal continuo innalzarsi delle acque: accortosi di avere dimenticato la pipa al piano di sotto ci immergiamo con lui nei suoi ricordi percorrendo un viaggio a ritroso nel tempo, conoscendo, casa dopo casa, i luoghi e gli oggetti sommersi, le persone e gli affetti che il tempo ha portato via.

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domani accadrà

settimana horror a ravenna Da martedì 27 a sabato 31 ottobre 2009 la città di Ravenna ospita la settima edizione del NightMare Film Festival. L’appuntamento si svolgerà presso la multisala CinemaCity. Si comincia con la pellicola americana Alien Trespass di R. W. Goodman, un sentito omaggio di Jack Arnold alla fantascienza anni ‘50, con i due noti attori televisivi Eric McCormack (Will & Grace, Criminal Minds) e Robert Patrick (X Files, Lost). Sabato 31 ottobre gran finale con l’ultimo lavoro della scandalosa e geniale autrice francese Catherine Breillat, Barbe Bleue. Fedele al suo immaginario fatto di storie forti e controverse, ecco una sua personale reinterpretazione del racconto fantastico di Barbablù. Tredici le pellicole in gara per il concorso internazionale: dall’Inghilterra due pellicole memorabili, White Lightnin’ di Dominic Murphy (con Carrie Fisher) midnight madness cult tra l’incubo e lo psychobilly, ispirato alla vera vita del cantante Jesco White «il danzatore fuorilegge» mezzo angelo, mezzo diavolo (Sundance e Berlinale 2009) - e l’atteso sequel The Descent Part 2 di John Harris. Dalla Serbia Life and Death of a Porn Gang di Mladen Dordevic, allucinante parabola di un regista tra arte, pornografia e snuff movies; si prosegue con Stoic, ultima fatica di “mister flop” Uwe Boll, storia carceraria interpretata dal bello e dannato Edward Furlong (American History X, Pecker, I cavalieri che fecero l’impresa); dal Grande Nord un cinico apologo sulla società della violenza, Deliver Us from Evil del danese Ole Bornedal; Must Love Death di Andreas Schaap, black horror-commedy tedesca su un aspirante suicida per amore; dall’Indonesia arriva Macabre, dei Mo Brothers, fantasy horror su

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una famiglia di spietati assassini; The Human Centipede, variante sadomaso con echi nazisti del classico Dottor Frankenstein, diretta da Tom Six; dall’Australia e dagli stessi produttori di Wolf Creek, Coffin Rock, storia di tormenti, terrore e morte sulla scia di Fatal Attraction e Cape Fear. Infine il colorato splatter Dark House dell’americano Darin Scott, moderna variante sull’archetipo della casa infestata. Tutti i film sono in versione originale con sottotitoli in italiano. La visione è vietata ai minori di 18 anni. p r o g r a m m a ravenna nightmare festival 2009 Martedì 27 Ottobre 20.45 A l i e n Trespass (80’ 2009 R.W. Goodwin ) 22.30 Macabre (95’ 2009 Mo Brothers) Mercoledì 28 Ottobre 20.45 Stoic (87’ 2009 Uwe Boll) 22.30 Dark House (90’ 2009 Darin Scott)

Giovedì 29 Ottobre 20.45 The Descent: Part 2 (94’ 2009 Jon Harris) 22.30 Coffin Rock (92’ 2009 Rupert Glasson) Venerdì 30 Ottobre 16.00 Coffin Rock (92’ 2009 Rupert Glasson) 18.00 The Descent: Part 2 (94’ 2009 Jon Harris) 20.30 W h i t e Lightnin’ (90’ 2009 Dominic Murphy) 22.30 Life And Death Of A Porno Gang (90’ 2009 Mladen Djordjević) Sabato 31 Ottobre 15.45 Must Love Death (89’ 2009 Andreas Schaap) 18.00 The H­uman Centipede (90’ 2009 Tom Six) 20.30 Deliver Us From Evil (100’ 2009 Ole Bornedal) 22.30 Cerimonia di premiazione a seguire Death of the Virgin (103’ 2009 Joseph Tito) 00.15 Barbe Bleue (80’ 2009 Catherine Breillat)

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billy billy


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rassegne in romagna prima scelta

up 104’ 2009 Pete Docter e Bob Peterson Up in realtà sono due film, ben divisi dall’intervallo. Il primo è sognatore, romantico, drammatico, triste, idilliaco. Non si potrebbe sperare di più. Si ride di gusto e si cerca di trattenere le lacrime. Perfetto, una produzione Pixar a livelli altissimi: si riflette con leggerezza sulla vita, sull’amore, sul tempo che passa, sulla terza età, sulla morte, accompagnati da immagini sempre più realistiche (e il 3d, almeno nel caso del RealD, aiuta moltissimo). L’idea è affascinante tanto quanto la realizzazione: Carl, un settantottenne vedovo, solo e stufo dei cantieri che sfornano grattacieli attorno alla sua piccola casetta, vola in Sudamerica in compagnia di un paffuto boyscout, Russell, attaccando palloncini pieni di elio all’abitazione. Voto dieci (in una scala da uno a cinque). Ma qui termina l’idillio. Nella seconda parte si entra nel pieno dell’avventura, il film diventa un action movie dei peggiori, col cattivo di turno che va’ a sapere perché è così crudele, cani che volano su piccoli aerei, improbabili anziani che fanno la lotta e saltano qua e là come se fossero atleti olimpionici e spostano immobili come se fossero Hulk.

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La poesia scompare di minuto in minuto, addio povero tenero vecchietto pieno di spirito. Aggiungiamo una doverosa punta di momenti tristi che però in confronto alla carica emotiva della prima parte risultano inutili o addirittura grotteschi (come quando il nonnino scopre l’infelice storia personale di Russell), e abbiamo colto tutti i piccioni/spettatori con una fava. Dalla favola alla fava. Una fava terribile tra l’altro, confusa, banale. Non c’è scusa che tenga, a chi pensa: «Ma è un film per bambini!» rispondo ricordando la terribile morte da incubo del cattivone Charles: non è un film per bambini, in certi punti è proprio tirato via In generale, però, Up merita davvero di essere visto. Se non altro perchè c’è chi riesce a fare molto peggio: mettere in scena banalità dal primo all’ultimo minuto (eh-ehm, Dreamworks, uh-uhm). Ah, pieni voti anche per il corto Party Cloudy che precede il film. Anzi una riflessione: i corti della Pixar sono tutti eccellenti, che io mi ricordi; è sul “lungo periodo” che la sceneggiatura comincia ad arrancare. Francesco Garoia

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rassegne in romagna

lunedì 26 ottobre Basta che funzioni 92’ 2009 Woody Allen Cine-

ma Teatro Verdi 21.00 Cosmonauta 85’ 2008 Susanna Nicchiarelli Riccione per la cultura-Cinema 21.15 Il canto di Paloma 103’ 2008 Claudia Llosa Lunedì d’autore 21.00 Il primo giorno d’inverno 88’ 2008 Mario Locatelli Cineteca di Rimini 21.00 Il verdetto 125’ 1982 Sidney Lumet Cineteca di Rimini 16.30 Look both Ways 100’ 2005 Sara Watt Lunedì mai visti 20.45-22.30 The Informant 108’ 2009 Steven Soderbergh Lunedì Cult Movie 21.40

martedì 27 ottobre Amori e altri crimini 105’ 2008 Stefan Arsenijevic Occhi sul cinema 21.00 Basta che funzioni 92’ 2009 Woody Allen CineTeatro Victor 21.00 Chéri 100’ 2009 Stephen Frears Supercinema Santarcangelo 21.15 Cosmonauta 85’ 2009 Susanna Nicchiarelli Cinema Teatro Verdi 21.00 Riccione per la cultura-Cinema 21.15

mercoledì 28 ottobre Amori e altri crimini 105’ 2008 Stefan Arsenijevic Occhi sul cinema 21.00 Chéri 100’ 2009 Stephen Frears Supercinema Santarcangelo 21.15 Cosmonauta 85’ 2009 Susanna Nicchiarelli Cinema Teatro Verdi 21.00 Un giorno da leoni 96’ 1961 Nanni Loy Fascismo e antifascismo 20.30 Waterboys 90’ 2001 Shinobu Yaguchi Cineforum giapponese 20.30 V.O.S.I.* giovedì 29 ottobre Amori e altri crimini 105’ 2008 Stefan Arsenijevic Cineclub NOTORIUS 21.30 Chéri 100’ 2009 Stephen Frears Lugocinema Cosmonauta 85’ 2009 Susanna Nicchiarelli Cinema Teatro Verdi 21.00 Le 13 rose 130’ 2009 Emilio Martino-Lazaro Cinema Moderno 21.30 Uomini che odiano le donne 152’ 2009 Arden Oplev Metrofestival 21.00

venerdì 30 ottobre Baaria 150’ 2009 Giuseppe Tornatore Cinema Teatro Verdi 21.00 Garage 85’ 2007 Leonard Abrahamson Cinecircolo Cappuccini 20.45 Uomini che odiano le donne 152’ 2009 Arden Oplev Metrofestival 21.00

sabato 31 ottobre Baaria 150’ 2009 Giuseppe Tornatore Cinema Teatro Verdi 21.00 Basta che funzioni 92’ 2009 Woody Allen CineTeatro Victor 21.00 Garage 85’ 2007 Leonard Abrahamson Cinecircolo Cappuccini 20.45 Noi che abbiamo fatto la dolce vita 85’ 2009 Gianfranco Mingozzi Teatro degli Atti 21.00

domenica 1 novembre Baaria 150’ 2009 Giuseppe Tornatore Cinema Teatro Verdi 21.00 Basta che funzioni 92’ 2009 Woody Allen CineTeatro Victor 21.00 Non drammatizziamo. È solo questione di corna 90’ 1970 François Truffaut Cineclub forCINE 21.00

*Versione originale sottotitolata in italiano

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rassegne in romagna

lunedì 2 novembre Baaria 150’ 2009 Giuseppe Tornatore Cinema Teatro Verdi 21.00 Fuga dal call center 95’ 2008 Federico Izzo Cineteca di Rimini 21.00 Garage 85’ 2007 Leonard Abrahamson Lunedì d’autore 21.00 il principe della città 167’ 1981 Sidney Lumet Cineteca di Rimini 21.00 V.O.S.I.* Questione di punti di vista 75’ 2009 Jacques Rivette Lunedì Cult Movie 21.40 Tulpan 100’ 2006 Sergey Dvortsevoy Cinecircolo Cappuccini 20.45 | Riccione per la cultura-Cinema 21.15

martedì 3 novembre Cosmonauta 85’ 2008 Susanna Nicchiarelli CineTeatro Victor 21.00 | Supercinema Santarcangelo 21.15 Il mondo di horten 90’ 2007 Bent Hamer Occhi sul cinema 21.00 La paura mangia l’anima 93’ 1974 Rainer Werner Fassbinder Cineteca di Rimini 21.00 Tulpan 100’ 2006 Sergey Dvortsevoy Cinecircolo Cappuccini 20.45 | Riccione per la cultura-Cinema 21.15

mercoledì 4 novembre Cosmonauta 85’ 2008 Susanna Nicchiarelli Supercinema Santarcangelo 21.15 Departures 130’ 2008 Yojiro Takita Cineforum Giapponese 20.30 V.O.S.I.* Il mondo di horten 2007 Bent Hamer Occhi sul cinema 21.00 Paisà 126’ 1946 Roberto Rossellini Fascismo e antifascismo 20.30 giovedì 5 novembre LA bohème 100’ 2008 Robert Dornheim Cineclub NOTORIUS 21.30 Cosmonauta 85’ 2008 Susanna Nicchiarelli CineTeatro Victor 21.00 Racconti dell’età dell’oro 100’ 2009 Hofer, Marculescu, Mungiu, Popescu, Uricaru Lugocinema Il sapore della ciliegia 99’ 1997 Abbas Kiarostami Cineteca di Rimini 21.00 Questione di cuore 104’ 2008, Francesca Archibugi Metrofestival 21.00

venerdì 6 novembre Questione di cuore 104’ 2008, Francesca Archibugi Metrofestival 21.00 Tulpan 100’ 2006 Sergey Dvortsevoy Cinecircolo Cappuccini 20.45

sabato 7 novembre Onora il padre e la madre 117’ 2007 Sidney Lumet Cinema Corso 21.00 Questione di cuore 104’ 2008, Francesca Archibugi Metrofestival 21.00 Tulpan 100’ 2006 Sergey Dvortsevoy Cinecircolo Cappuccini 20.45

domenica 8 novembre l’amore fugge 94’ 1978 François Truffaut Cineclub forCINE 21.00

*Versione originale sottotitolata in italiano

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rassegne in romagna

lunedì 26 ottobre Riccione per la cultura-Cinema 21.15

mercoledì 28 ottobre Cineforum giapponese 20.30 V.O.S.I.*

martedì 27 ottobre mercoledì 28 ottobre giovedì 29 ottobre Cinema Teatro Verdi 21.00 martedì 3 novembre giovedì 5 novembre CineTeatro Victor 21.00 martedì 3 novembre mercoledì 4 novembre Supercinema Santarcangelo 21.15

lunedì 26 ottobre Lunedì mai visti 20.45-22.30

lunedì 26 ottobre Lunedì d’autore 21.00

*Versione originale sottotitolata in italiano

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rassegne in romagna

lunedĂŹ 26 ottobre Cineteca di Rimini 21.00

domenica 1 novembre Cineclub forCINE 21.00

LunedĂŹ 2 novembre Cineteca di Rimini 21.00 V.O.S.I.*

mercoledĂŹ 4 novembre Cineforum Giapponese 20.30 V.O.S.I.*

*Versione originale sottotitolata in italiano

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rassegne in romagna

martedì 3 novembre Occhi sul cinema 21.00 mercoledì 4 novembre Occhi sul cinema 21.00

martedì 3 novembre Cineteca di Rimini 21.00

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mercoledì 4 novembre Fascismo e antifascismo 20.30

giovedì 4 novembre Lugocinema

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rassegne in romagna

giovedì 29 ottobre

venerdì 30 ottobre Metrofestival 21.00

venerdì 30 ottobre sabato 31 ottobre Cinecircolo Cappuccini 20.45

mercoledì 28 ottobre Fascismo e antifascismo 20.30

giovedì 29 ottobre Cinema Moderno 21.30

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rassegne in romagna

domenica 8 novembre Cineclub forCINE 21.00

lunedì 2 novembre martedì 3 novembre venerdì 6 novembre sabato 7 novembre Cinecircolo Cappuccini 20.45 lunedì 2 novembre martedì 3 novembre Riccione per la cultura-Cinema 21.15

Motel Woodstock 121’ 2009 Ang Lee Dopo I segreti di Brokeback Mountain (2005) e Lussuria – Seduzione e tradimento (2007), il regista Ang Lee torna al genere della commedia che non praticava più dal 1994, con il suo ultimo film di ambientazione taiwanese Mangiare bere uomo donna. Taking Woodstock ha il pregio di essere una rivisitazione “da dietro le quinte” del celebre maxiconcerto del 1969. Il film si rifà all’autobiografia di Elliot Tiber che, di ritorno dal motel dei suoi anziani genitori nel Greenwich village, nella profonda provincia americana, organizza nella sua sorniona e conservatrice località, dove tutti i diversi (compresa la famiglia Tiber, di origine ebrea) vengono malvisti, quello che diventerà il più grande megaraduno hippie della storia. La

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scelta di prendere il punto di vista dei gestori di un’umile pensione della zona e quella di non mostrare un solo fotogramma del concerto, con tutto il corredo dei suoi celebri interpreti, salvano il film dall’essere l’ennesima riproposizione semi-documentaria su Woodstock (di cui l’omonimo film di Michael Wadleigh del 1970 è ancor oggi il capostipite insuperato). Il vero problema del film sta negli eccessi di cliché e di stereotipi: gli hippie, in particolar modo, sembrano una massa anonima di maschere tutti uguali. L’aspetto più bello e più umano è il rapporto tra il giovane Elliot e i suoi genitori. Ma non può bastare a risollevare le sorti dell’intero film. Fabio Giambi

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billy giudica

Basta che funzioni 92’ 2009 Woody Allen Finita la tournée europea, in cui, dopo un ottimo inizio (Match Point), pareva essersi un po’ smarrito tra le nebbie di una delittuosa Londra (Scoop, Sogni e delitti) e i triangoli erotici di una solare Catalogna da cartolina (Vicky Cristina Barcellona), l’instancabile settantatreenne Woody Allen fa ritorno nella sua Manhattan con un film perfettamente riuscito, che rappresenta un mirabile compendio delle sue manie, del suo umorismo e della sua visione del mondo. Il suo alter ego, nonché protagonista del film, Boris Yelnikoff è un premio Nobel mancato con matrimonio naufragato alle spalle, suicida fallito, ipocondriaco incorreggibile, maestro di scacchi frustrato ed instancabile dispensatore di lezioni di cinismo a chiunque lo circondi. Una sera si ritrova in casa la giovanissima Melody, ragazzina viziata fuggita da una famiglia

superficiale e perbenista, e tra i due è (quasi) subito amore. La trama si sviluppa secondo il più alleniano dei copioni, tra memorabili battute sull’insensatezza della vita, riferimenti all’ebraismo, triangoli amorosi e frustrazioni esistenziali, ma quello che appare nuovo, oltre alla presenza azzeccatissima del comico Larry David, è la morale tutto sommato ottimistica del film, in cui c’è uno spiraglio anche per la felicità e dove in fondo, nonostante tutti i pessimismi ed al di là di ogni nichilismo, «basta che funzioni». «Niente di troppo originale o profondo»– obietterà qualcuno, e non gli si potrà forse dare torto; ma ritrovare puntuale come ogni anno il nostro Woody e passare insieme a lui un’oretta e mezza come con un vecchio amico o un buono psicanalista, non può che far bene allo spettatore. Alessandro Merci

CINECIRCOLO CAPPUCCINI via Villa Clelia 12 Imola 4,50 € Tessera obbligatoria 2 € CINECLUB forCINE Moquette bookshopbar via dall’Aste 17 Forlì Tessera obbligatoria 5 € CINECLUB NOTORIUS Cinema Tiberio, viale Tiberio 59 Rimini 5,50 € Ridotti 4,50 € CINEFORUM GIAPPONESE via Oberdan 2 Forlì abbonamento obbligatorio € 20, gratuito per studenti CINEMA MODERNO via Morini 24 Castelbolognese 5 € Ridotto 3,50 € CINEMA TEATRO VERDI piazza Fratti 4 Forlimpopoli 5 € Ridotto 3 € CINEMA TEATRO VICTOR via San Vittore 1680 San Vittore di Cesena 3,50 € CINETECA DI RIMINI via Gambalunga 27, Rimini Spettacoli pomeridiani ingresso libero Alla sera biglietto 7 € Ridotto 5 € FASCISMO E ANTIFASCISMO sala Forum della Seconda Circoscrizione via Enrico Berlinguer 4, Ravenna Ingresso libero LUGOCINEMA Cinema Giardino viale Orsini 19 Lugo 5 € LUNEDì CULT MOVIE Cinema Italia via Cavina 9, Faenza 6,50 € Tessera web 5,50 € LUNEDì D’AUTORE Cinema Eliseo viale Carducci 7 Cesena 5 € LUNEDì MAI VISTI Cinema Saffi viale dell’Appennino 480, San Martino in Strada 5 € METROFESTIVAL Multisala Abbondanza, sala Metropol Gambettola inizio proiezioni ore 21 3,50 € Ridotto 2,50 € Abbonamento sette film 7 € OCCHI SUL CINEMA martedì Cinema Nuovo piazza MTini 7 Dogana (RSM) mercoledì Cinema Turismo via Capannaccia 2 San Marino 5 € Ridotto 4 € RICCIONE PER LA CULTURA-CINEMA via Virgilio 19 Riccione 6 € Ridotto 5 € RIMINI AL CINEMA Cineteca di Rimini via Gambalunga 27 lunedì sera 4€ ridotto 3€ ingresso libero negli altri appuntamenti SUPERCINEMA SANTARCANGELO piazza Marconi 1 Santarcangelo di Romagna 5€

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anteprima

public enemies

ritorno al futuro a cura di

ilario gradassi

1. NEMICO PUBBLICO (143’

2009 Michael Mann). Esce il 6 novembre la storia di John Dillinger girata da Michael Mann. Con Johnny Depp, Christian Bale e Marion Cotillard. Come combattere il crimine serve anche per fare la scalata al potere.

2. Capitalism: a love story

(120’ 2009 Michael Moore). Esce il 30 ottobre. Con il suo stile senza compromessi Michael Moore scoperchia la pentola sul prezzo che il capitalismo fa pagare agli esseri umani.

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3. Nel paese delle creature selvagge (101’ 2008

Spike Jonze). Esce il 30 ottobre. Con James Gandolfini e Forest Whitaker. Viaggio nel mondo immaginario di un bambino con molta, moltissima fantasia. Visivamente straordinario, può essere la grande sorpresa dell’anno. 4. Il nastro bianco (145’ 2009 Michael Haneke). Esce il 30 ottobre. Vincitore di Cannes 2009. Alla vigilia della Prima Guerra Mondiale i raggelanti fermenti che daranno vita al nazismo emergono durante una

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terribile vicenda in un paesino della Germania del Nord. 5. A serious man (105’ 2009 Ethan e Joel Coen). Esce il 6 novembre. Rilettura del libro di Giobbe ambientata nel Midwest degli anni ‘70. Senza attori di grido, ma i Coen sono i Coen. 6. Berlin Calling (106’ 2009 Hannes Stohr). Esce il 6 novembre. La vita di una stella della musica elettronica in un momento di crisi cruciale. Il cinema tedesco alla prova musicale.

7. L’uomo che fissava le capre (90’ 2009 Grant Heslov) Esce

il 6 novembre. Con Ewan Mc Gregor, George Clooney e Jeff Bridges. L’incredibile storia, vera, del reparto segreto dell’esercito statunitense nato per studiare e utilizzare le facoltà paranormali.

8. Niko una renna per amico (80’ 2009 Michael Hegner,

Kari Juusonen). Esce il 30 novembre. Piuttosto che Moccia e Michael Jackson regalatevi l’esordio di

uno studio nord europeo nell’arengo dell’animazione con una piccola renna che prova a diventare grande.

Chéri 100’ 2009 Stephen Frears Tra le nobiltà della Belle Époque, lì dove gli amanti dell’arte sono una fonte di guadagno più sicura dell’arte stessa, l’amore delle cortigiane è una finzione redditizia finché il buon senso permette loro di scongiurare il pericolo più grande: innamorarsi. La natura umana però contempla questa debolezza ai cui piedi cade, sofferente, l’individuo. Gli inglesi, dopotutto, considerano l’innamoramento una caduta (to fall in love) e in Chéri se ne trova una rappresentazione. Giunge inatteso come un ospite sgradito per la sola paura di incontrarlo, un sentimento che non farebbe rumore se ragione, sentimento e passione fossero orientati verso un’unica direzione per unirsi alle sponde dell’altro. Eppure l’amore è meno forte, se non quando è impossibile e si strugge in un conflitto interiore che avrà un solo vincitore. Luigi Palmirotta

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horror politics #8

district 9 a cura di

Matteo lolletti

D9 è un capolavoro (almeno la prima parte, rivedendolo), denso di sottotesti, metafore, allegorie e simbolismi. Ne abbiamo sapientemente parlato sul numero scorso di Billy, ma vogliamo provare a indagare un ulteriore elemento: la metamorfosi. La metamorfosi, in D9, è sociale, sanitaria ed esistenziale, addirittura divina. Quindi, nel complesso, politica. L’uomo forte diviene l’altro da sé, il debole, il reietto, il perseguitato. Lo diventa fisicamente, cellula per cellula, dopo il contagio. Non è tanto nei panni di ma nella pelle di. E l’accettazione non avviene mai, perché non basta più mutare classe per comprendere. Nel mondo descritto da D9 non esiste la possibilità dell’accettazione, della comprensione, appunto. Il mondo di cui parla D9 non è il Sudafrica post-apartheid, è il mondo tout court. Quindi, se il nazionalsocialista che si trasforma nell’ebreo (o il boero che si muta in nero) non comprende l’orrore e cerca solo di tornare ariano, la società odierna sostituisce il fattore etnico con un qualsiasi aggancio identificativo, in una

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scala indiscussa. La società è irrigidita, la permeabilità verticale, univocamente verso il basso, non crea empatia: raddoppia il disgusto per la perdita del privilegio. Il rapporto con il nuovo proprio simile è puramente strumentale. Non c’è speranza. L’uomo considerato sano si ammala, si deturpa, si corrompe, mentre la guarigione è esclusivamente personale, coincide unicamente con la restaurazione della condizione precedente. Il contagio non conta, è solo minaccia. La gelosa e intransigente difesa della propria sana mediocrità non contempla contaminazioni di sorta. La deriva identitaria, affermata ai danni dell’identità minoritaria altrui, è codice di un primato esistenziale, indiscutibile e naturale. D9 ha pochi appigli per la salvezza. Il protagonista che - a suo modo - aiuta l’alieno nel tentativo di fuga di quest’ultimo non esprime solidarietà, quanto piuttosto suggerisce rassegnazione rancorosa, se non addirittura calcolo peloso. Il taglio documentaristico di parte della pellicola non fa altro che sottolinearne l’attitudine realista, oltre che a realizzarsi come riuscito espediente narrativo. D9 parla di ognuno di noi, a gradi diversi, nell’istintiva e reazionaria protezione dell’acquisito. È un universo che non può mettersi in discussione: solo lo sguardo, il cinema, possono esplicitarne la deriva. Ma in una condizione in cui l’immaginario è omologato alla visione dell’altro come entità inconciliabile, trionfa inutile.

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goya’s ghosts


in costume

l'ultimo inquisitore: lo sguardo impotente dell'arte a cura di

Chiara Tartagni

Milos Forman è personaggio di non facile catalogazione: ceco di origine ebraica, assiste alla deportazione nazista dei genitori e nell’infanzia scopre i grandi film di Charlie Chaplin e Buster Keaton. Emigrato a Parigi e in seguito negli Stati Uniti a causa degli avvenimenti della Primavera di Praga, si distingue per il forte intento di denuncia sociale e per la fascinazione per gli emarginati, quelle personalità borderline che navigano in solitudine nel proprio genio o nella propria follia. E non è casuale che questo cantore del secolare intreccio fra creatività e alienazione abbia realizzato ben tre pellicole ambientate nel Settecento, il secolo più vicino alla modernità, in cui il culto della Ragione sfocia nel libertinaggio, l’emancipazione dell’amore romantico si fa frivolezza e perversione, e si afferma l’idea di felicità come meta ultima dell’esistenza. Il terzo di questi film è L’ultimo inquisitore (2006), o meglio Goya’s ghosts, nato da un’idea dello stesso Forman e di Jean-Claude Carrière, in cui il pittore Francisco Josè de Goya y Lucientes (1746-1828) è testimone, con la propria arte di veggente, dei meccanismi del potere e degli orrori della guerra. La sua figura di outsider getta uno sguardo diretto sulla Spagna settecentesca, fulgida e decadente, sulla famiglia reale al potere, da lui (e dal regista) ritratta con impietoso realismo, e sulla Chiesa, costretta a suggere

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nuova linfa da grotteschi processi. Vero protagonista della vicenda è Lorenzo Casamares, prima inquisitore di comprovata fede e in seguito rivoluzionario anticlericale sotto l’egida di Bonaparte: Forman ne segue le macchinazioni, tra cui la violenza nei confronti di una giovane modella di Goya, facendone l’incarnazione del quieto vivere al seguito di un dogma, che sia politico o religioso. E anche i valori della Rivoluzione, esportati con la forza, si perdono nel fanatismo del potere, che resta ipocrita e meschino qualunque sia il volto che assume. Scene e costumi di cupo splendore, interpretazioni memorabili e lo scorrere disincantato della trama rendono questo film una parabola sull’eterno ripetersi della storia, che non si nega il piacere estetico e funzionale di citare l’opera di Goya. Lo stesso Forman nelle sue dichiarazioni ha esplicitato un legame fra l’Inquisizione spagnola e il regime stalinista degli anni ’50, constatando inoltre la profetica precedenza della sceneggiatura rispetto alle entusiastiche dichiarazioni di Dick Cheney sulla “liberazione” dell’Iraq. E ne ha tratto il leit motiv che permea ogni scena di questa affascinante pellicola: «In arte qualsiasi cosa tu faccia è politica» 1.

1 http://www.artinfo.com/news/story/26991/milos-forman/

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viaggi di cinema

manga impact - per chi era bambino nel '70 a cura di

matteo laghi

Si è da poco conclusa a Torino una interessante retrospettiva sul mondo dell’animazione giapponese nell’ambito della rassegna Manga Impact, già proposta a Locarno a metà agosto. Un’occasione rara, per gli amanti del genere, per ammirare le produzioni dei grandi maestri e ripercorrere la storia dai classici Capitan Harlock e Lupin III, attraverso Gundam, sino ad arrivare ai contemporanei Evangelion e Animatrix (di wachowskiana memoria). Accanto alla rassegna delle migliori anime giapponesi degli ultimi tre decenni, prosegue, sino al 10 gennaio 2010, presso la Mole Antonelliana, la mostra di manifesti di film giapponesi, una ricca selezione di action figure e in più storyboard e disegni originali provenienti dal National Museum of Modern Art di Tokyo. A partire dagli anni ’80 del secolo scorso, i fumetti, prima, e i cartoni animati, poi, del Sol levante hanno segnato una rottura rispetto letematiche abituali dei comics americani. Per la prima volta le storie raccontate avevano come oggetto drammi e problemi reali e il destino della Terra non era più in mano agli adulti, ma ai ragazzi. E proprio questa nuova chiave di lettura fece storcere il naso ai nostri genitori. Troppo presto i manga vennero tacciati di essere troppo violenti o privi di un messaggio educativo. E spesso ci si nascondeva dietro un giudizio stilistico per camuffare il disagio del confronto con una nuova cifra stilistica: tutto si può raccontare. Ogni aspetto di questo mondo (o di altri) può diventare spunto

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per un fumetto, una serie o un film. In questo modo la società giapponese ha riproposto il dramma della guerra nucleare sublimandolo. E dalla bomba atomica sono scaturiti il capolavoro Akira di K. Otomo o lo scanzonato Conan di H. Miyazaki. Oggi, a distanza di quasi trent’anni, come spesso accade con i movimenti d’avanguardia, il cinema di animazione giapponese è tornato in auge. Miyazaki ha saputo rappresentare al meglio alcune delle tematiche più care ai disegnatori del paese dei samurai, prima fra tutte il rapporto tra l’uomo e la natura, senza perdere mai la poesia e la magia che hanno contraddistinto tutta la sua produzione. Un posto d’onore spetta a Tonari no Totoro (Il mio vicino Totoro) del 1988 che a Torino ha visto la presentazione ufficiale nelle sale cinematografiche italiane a più di vent’anni dalla sua realizzazione. Niente a che vedere con il rutilante Il castello errante di Howl (2004) o l’onirico La città incantata (2001). In Totoro, la grafica essenziale, i colori pastello, i toni garbati ci guidano nel mondo fantastico dell’introverso folletto giapponese, gigantesco elfo peloso. Un mondo in cui solo i bambini possono entrare. Un mondo in cui la natura, fragorosamente silente e a tratti maestosa, è co-protagonista e la spiritualità giapponese permea ogni immagine. A ricordarci che solo mantenendo intatta la curiosità e la voglia di stupirci possiamo conoscere il mondo che ci circonda, senza dimenticare che per farlo dobbiamo continuare a essere un po’ bambini.

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lupin III

neon genesis evangelion

la cittĂ incantata

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retropolis

alieni dal volto umano the rocky horror picture show 100’ 1975 Jim Sharman «Vorrei, se mi è concesso, condurvi in uno strano viaggio». Un viaggio alla scoperta del film più bizzarro che sia mai stato realizzato. Un viaggio fatto di decadenza, orrore e sesso. Un viaggio dannatamente rock! The Rocky Horror Picture Show è un caso cinematografico senza uguali. L’abusatissimo termine cult a nulla si adatta meglio che a questo film. Basti pensare che al mondo esistono sale cinematografiche che, fin dalla sua uscita, non hanno mai smesso di proiettarlo. Oppure che esistono proiezioni interattive, durante le quali il pubblico (per la maggior parte travestito come i personaggi del film) recita battute a memoria, canta, risponde agli attori sullo schermo e compie tutta una serie di rituali stranezze, comprensive, tra l’altro, di una simpatica pioggia in sala ricreata con pistole ad acqua. Il film narra le disavventure di Brad (Barry Bostwick) e Janet (Susan Sarandon), promessi sposi che, in una fatidica notte tempestosa, dispersi in mezzo al nulla e con una ruota a terra, decidono di chiedere aiuto in uno strano castello. Scopriranno a loro spese che il maniero appartiene al Dottor Frank-N-Furter (Tim Curry), scienziato pazzo libidinoso e travestito,

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novello professor Frankenstein e, per di più, come i suoi due servi Riff-Raff e Magenta, extraterrestre proveniente dal pianeta Transexual, della galassia di Transylvania. Ormai in potere del lussurioso padrone di casa, Brad e Janet rischiano di vedere il proprio matrimonio distrutto prima ancora di celebrarlo… Il film vanta, tra le altre cose, la bella trovata di far raccontare gli eventi a un Criminologo, un’innumerevole quantità di citazioni da classici dell’orrore e della fantascienza, e una colonna sonora rock ‘n’ roll semplicemente grandiosa. Le bizzarrie si susseguono a un ritmo frenetico in un’ambientazione decadente e pop che ha dell’incredibile, ma ciò che più di tutto lascia il segno è l’interpretazione assolutamente eccezionale di Tim Curry (il futuro pagliaccio Pennywise di It), che crea un personaggio estremamente controverso, protagonista e antagonista al tempo stesso, un sexy mad doctor in tacchi e calze a rete che buca lo schermo e diventa il fulcro di un culto che non ha precedenti nella storia del cinema. Con Halloween alle porte, questo è il film perfetto da riscoprire con gli amici per una serata decisamente diversa. Matteo ‘Lier’ Lelli

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Dr. Frank-N-Furter

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retropolis

Piano 9 da un Altro Spazio 79’ 1959 Edward D. Wood Jr. A lungo considerato il peggior film mai realizzato, oggi, molti Uwe Boll dopo la sua uscita, non risulta poi così terribile. Noiosetto forse, senz’altro mal scritto, pieno di errori, ma comunque talmente lontano e datato da avere un suo fascino per lo spettatore di oggi, non più abituato ai film da drive in. Il film racconta di come uno scarno manipolo di extraterrestri (umani nelle sembianze e nel comportamento, in tutto identici a noi, benché in un noioso monologo cerchino di dimostrare l’irrazionalità dei Terrestri) tentino di conquistare la Terra servendosi di alcuni morti resuscitati (!). L’azione militare sarebbe resa necessaria dal fatto che i nostri scienziati sono ormai vicini alla realizzazione della bomba solare, un ordigno in grado di far esplodere la luce del Sole (!!) e, di conseguenza, tutte le cose da essa raggiunte, in un effetto a catena che porrebbe fine allo stesso Universo (!!!). Toccherà ad un pilota che vive nei pressi del cimitero preso di mira opporsi agli invasori, con l’aiuto della polizia locale. Un pastiche che mescola orrore (poco, anche per gli standard del tempo) e fantascienza (celebri gli UFO tenuti sospesi con una lenza talvolta visibilissima), riscoperto recentemente soprattutto grazie a Ed Wood, con cui Tim Burton ha voluto omaggiare lo sfortunato e scalcagnato regista, il film non è mai stato veramente dimenticato proprio per la sua cattiva messa in scena e per i risibili effettacci: è quello che si definisce uno scult, pellicola amata proprio perché brutta. Nel cast, tra gli altri, Vampira e Bela Lugosi, morto durante le riprese. Matteo ‘Lier’ Lelli

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le ragazze della terra sono facili 100’ 1989 Julien Temple Ritratto colorato e musicale dell’america di fine anni ottanta, ambientato nella San Francisco capitale dell’edonismo occidentale per eccellenza. É la favola romantica di una ragazza, alle prese con un futuro marito che la tradisce in continuazione, che si vede precipitare in piscina una navicella spaziale con all’interno tre pelosi e bizzarri extraterrestri che si rivelano anche molto affascinanti dopo la doverosa depilazione. Dopo una nottata passata nei locali a fare sfoggio delle loro qualità e a fare incetta di donne si ritrovavano per caso a rapinare un negozio e inseguiti dalla polizia. Piacevole commedia, firmata Julien Temple, ricca di gag e assurdità, che vede, tra gli altri, un Jim Carrey alle prime armi e una splendida Geena Davis, interpretare un’America in cui anche gli alieni ce la possono fare. Marco Bacchi

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retropolis

ornella muti in flash gordon

Flash Gordon 111’ 1980 Mike Hodges

Tratto da un celebre fumetto e musicato niente meno che dai Queen, questo è forse il film più pacchiano e kitsch sul quale poserete mai gli occhi. Le gesta narrate sono quelle di Flash, campione di football che per uno strano concatenarsi di eventi si ritrova in missione per salvare la Terra dalla distruzione. Ming (Max von Sydow), il terribile imperatore di Mongo, per puro divertimento sta causando tutta una serie di cataclismi sul nostro pianeta.

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Bellissime le astronavi, bellissimi i vari regni di Mongo, bellissimi in particolare gli Uomini Falco (gli unici a non essere del tutto simili agli umani), e bellissimi (se riuscite a farci l’abitudine) i colori esagerati (oro, argento e rosso su tutti) che permeano tutta la pellicola. Un’avventura davvero godibile adatta a grandi e piccini. Matteo ‘Lier’ Lelli

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riguardatelo

il giorno dell'indiano a cura di

michelangelo pasini

E Venne il giorno di M. N. Shyamalan ha goduto davvero di pochissime recensioni positive e al box office è andato malino. Il perché è da ricercarsi nel brusco cambio di direzione intrapreso dal regista. Virata che però, al contrario di quanto si possa pensare, è da vedersi all’interno di un percorso iniziato con Il Sesto Senso. Coerenza da analizzare alla luce di una visione del cinema personalissima, che fa di E Venne il Giorno un grande film e conferma il regista indiano trapiantato in Usa come uno dei pochi autori nel senso più Cahiers du Cinéma del termine. Perché se è vero che i giovani turchi, definivano autore colui che è prima di tutto consapevole del proprio talento e del proprio percorso cinematografico, Shyamalan ne è uno degli ultimissimi esempi. In The happening (titolo originale del film) il regista sembra analizzare tutte le critiche che gli sono piovute addosso negli anni (prima fra tutte l’inserimento quasi forzato di uno o più twist a sorpresa nel finale di ogni sua pellicola), le interiorizza e la risposta che fornisce è tutt’altro che ruffiana nei confronti della critica che lo ha deriso, ma è piuttosto ragionata e reiterata, quasi naturalmente, per tutta la durata della pellicola. Se infatti in Signs o The Village il regista è stato accusato di voler fornire al pubblico una spiegazione pseudo-razionale in extremis, chiudendo in pochi metri di pellicola un mistero che ne avvolge l’intero metraggio, E venne il giorno è completamente costruito intorno a un evento che è inspiegabile tanto per lo spettatore quanto, con coerenza metacinematografica, per

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i protagonisti del film. E all’interno di questo percorso di straniamento per chi assiste e vive il dramma della pellicola Shyamalan inserisce un ulteriore tassello di coerenza, ciò che si chiama autocritica. Accusato, ripetiamo, nei film precedenti di essere forzamente macchinoso nel tirare le fila, ovvero di usare troppo l’ingegno e il cervello e di farne abusare anche ai suoi protagonisti, in The happening compie un’inversione di marcia: relega i personaggi più dotati a pedine impotenti davanti agli enigmi e dona ai meno dotati cerebralmente un intuito fuori del comune, mettendo le chiavi del

mistero nelle loro mani. È solo nel momento in cui la ragione si lascia sopraffare da istinto e sentimento che protagonisti e spettatori possono (ri)vedere la luce. Non è questa la sede per citare la visionarietà di certe sequenze della pellicola, la forza catartica dell’impressionante serie di morti in pianosequenza, né l’elementare intuizione di caricare gli occhi di Zooey Deschanel di una tensione che contrasta con la loro dolcezza e bellezza.

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