Quaderno 13

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Ed è davanti a questo processo che il paesaggio del Veneto mostra la sua forma di resistenza (davanti alla persistenza di questi processi che lo aggrediscono), ma anche la sua vulnerabilità (davanti ai processi che dovrebbero tutelarlo). Anche nella pianura più intensamente industrializzata e urbanizzata – come ben emerge dai più recenti studi che la Regione Veneto ha voluto condurre per il completamento del suo PTRC – i brandelli di paesaggio più tradizionale che vi si vogliono riconoscere all’interno dei nuovi scenari geografici creati dallo sviluppo, sopravvivono a processi in cui la “spontaneità” delle dinamiche ha in realtà goduto di regolarità normativa quando non anche di razionalità amministrativa e coerente programmazione. Non diversamente, il processo di messa in sicurezza territoriale – declinato dopo le alluvioni del 2009 e del 2010 esclusivamente come azione di prevenzione per opere idrauliche ed infrastrutture ingegneristiche – non ha minori impatti sul paesaggio tradizionale come sul paesaggio contemporaneo, impatti che vengono però trascurati, per la valenza “salvifica” degli interventi. Il paesaggio che istituzioni ed esperti riconoscono come il bene da tutelare, è dunque un paesaggio “contemporaneo” che a suo modo ha resistito all’assalto dei processi di urbanizzazione e all’aggressione dello sviluppo economico industriale, antagonisti del paesaggio e forse proprio per questo riconoscibili (nelle loro dinamiche come nelle loro morfologie) e per questo in qualche modo – se esistesse un’univoca intenzionalità politica ed una diffusa consapevolezza collettiva – da poter tenere sotto controllo. Il paesaggio, paradossalmente, appare piuttosto esposto rispetto ad altri processi che al contrario dovrebbero essere votati alla sua valorizzazione, o a dinamiche che nel loro incalzante sviluppo finiscono con il produrre le cause stesse di depauperamento della risorsa e il suo degrado. Faccio chiaro riferimento all’agricoltura, al turismo e alla pianificazione.

Agricoltura e turismo contemporanei… ed il paesaggio Non è possibile trattare con dettaglio i tre argomenti, e concentrerò maggiore attenzione solo sul terzo dei processi che apre più di qualche interrogativo, ma mi riservo alcune battute sui primi due temi. Sui temi dell’agricoltura nel terzo millennio e soprattutto sui radicali cambiamenti che questa ha subito nel corso degli ultimi decenni, esiste già molta letteratura; e molto si sta scrivendo anche sugli effetti di questa nuova “rivoluzione verde” (e in Veneto particolarmente). Qui, un’agricoltura dinamica e ben inserita nei circuiti produttivi internazionali ha mostrato la sua capacità di alternativa all’industrializzazione e, grazie all’affermazione sui mercati dei suoi prodotti di qualità (e quindi agli elevati profitti garantiti oltre ai contributi comunitari che non si disdegnano) ha rappresentato – soprattutto dopo la crisi globale degli anni scorsi – una ben valida alternativa ad un certo modello di sviluppo. E se, da un lato, questo ha comportato un incremento notevole della qualità dei prodotti, dall’altro ha innescato un processo di uso del suolo non meno vigoroso ed aggressivo dell’industrializzazione della piccola e media impresa (Ferrario, 2013; 2016). Celebrata con leggerezza come la panacea all’urbanizzazione – rispetto alla quale, nei decenni precedenti, risultava soccombente alla cementificazione (soprattutto per i 165


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