Emilio Sereni. L'origine dei paesaggi della Grande Liguria. Due inediti dei primi anni Cinquanta

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Non ci soffermeremo oltre in questo esame del trapasso dalla nomenclatura della pietra a quella del legno in area ligure, sul quale frequentemente avremo occasione di ritornare nel seguito di questo studio303; e così pure non c’intratterremo qui – per quanto riguarda i derivati della base carra sulla loro evoluzione stadiale nel senso di valori semantici legati alla nomenclatura agricola304 o a quella del fuoco e del fulmine, o di altri fenomeni meteorologici, che appaiono anch’esse connesse con quella della pietra305. Quanto siam venuti rilevando per i rapporti 303  Potrebb’essere discutibile se si debba parlare, invece che di «trapasso semantico dalla nomenclatura della pietra a quella del legno», di un trapasso inverso, dalla terminologia delle tecniche del legno a quelle litiche. Scoperte come quella di una punta di lancia in legno nel Prechelleano inglese di Clacton-on-Sea hanno avvalorato, negli ultimi decenni, l’ipotesi, già prospettata in passato, di una “civiltà del legno” dei preominidi e del primo paleolitico. Certo è che la pelle e il vello dei grandi mammìferi, cacciati dall’uomo nel Paleolitico inferiore, non potevano esser perforate dai rozzi manufatti litici che quell’età ci ha trasmessi, e che dovevano avere altro impiego (raschiatoi ecc,). L’arma in legno sembra pertanto esser stato lo strumento ausiliare essenziale per la caccia degli uomini di quell’epoca (cfr. in proposito Lindner, La Chasse préhistorique, p. 25 e 34 sgg.). Una tale “cultura del legno”, comunque, risale ad epoche ben più lontane di quelle a cui qui ci riferiamo; ad un’età, probabilmente, in cui lo stesso linguaggio articolato era in una fase appena iniziale di elaborazione. Le tecniche del legno alle quali ci siamo riferiti nel testo sono di un tipo ben diverso e più elevato: sono tecniche del legno lavorato, che presuppone l’uso già diffuso ed evoluto di strumenti di pietra (o d’osso). Per le epoche in questione, pertanto, il senso dell’evoluzione stadiale è quello dalle tecniche della pietra a quelle del legno, e non viceversa. Questo non toglie, beninteso, che per singole tecniche il processo si sia potuto svolgere anche in senso inverso (ad es. per le tecniche della costruzione, forse, in certi ambienti, dove la costruzione in legno ha senza dubbio preceduto quella in pietra). Non si dimentichi, del resto, che, quando parliamo di processi di evoluzione stadiale, non intendiamo mai riferirci a schemi univoci, nello spazio e nel tempo, ma a processi storici concreti, che variamente si intersecano e si combinano, pur presentando una risultante, caràtteristica per una data, fase dello sviluppo stadiale stesso. 304  Ci limiteremo a segnalare, in proposito, la voce carrau, usata nel paese d’Arles per designare «il mucchio dei covoni sull’aia»; cui corrisponde, in quel d’Avignone, la voce marró, con un’analogo trapasso semantico, dalla base marra. 305  Cfr. 1’evoluzione semantica dell’alban. shkrepi = «rupe, macigno, pietre focaia», schkrep = «far fuoco con la focaia, mandar scintille, sfavillare», shkrepëtimi = «lampo, baleno», shcreptin = «lampeggia». Lo sviluppo è caratteristica, ai fini di una dimostrazione dell’influenza dalle tecniche della pietra sulla concezione del mondo e sul linguaggio di popolazioni primitive, anche por guanto riguarda i fenomeni cosmici più grandiosi e, per noi, più lontani da un nesso logico o genetico col mondo della pietra. Si ricordi, d’altronde, guanto abbiamo già rilevato in proposito della designazione di «pietre del fulmine», usata dall’antichità fino al folklore moderno per gli strumenti litici. Non è escluso che, in questa migrazione, abbia avuto una parte importante il nesso produttivo e concettuale illustrato dall’evoluzione smantica dell’aiban. shkrepi = «rupe, macigno, pietra focaia». In base a conciderazioni del genere, non può non attirare la nostra attenzione una voce ligure come quella attestata dai toponimi del tipo Palena, Balena (Bellena), quando essa venga messa a 153


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