Bibenda n° 75

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Anno XVII - n. 75 - Mensile - speciale - Novembre-Dicembre 2018

75 duemiladiciotto

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copertina > Parco Edoardo Valentini, Vignaiolo e Cantiniere. Sarà ricordato così a Roma l’illuminato produttore abruzzese, uomo di profonda cultura, grande innovatore, un esempio che oggi fa scuola. La Fondazione Italiana Sommelier ha fortemente voluto e ottenuto un ricordo esemplare, un intero parco in città porterà il suo nome. Per sempre. Da pagina 4.

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Quelli che si ostinano a rimanere camerieri del vino / di Franco M. Ricci Edoardo Valentini vignaiolo e cantiniere / di Redazione 50 vendemmie di Sassicaia / di Redazione Storia di un vino eterno / di Claudio Bonifazi La metamorfosi di Cortaccia / di Daniele Liurni Il Maturano e altri vitigni di Ciociaria / di Dario Risi Piccole storie e curiosità dello Stato nato a San Valentino / di Elvia Gregorace Il segreto di Giuliano / di Pietro Mercogliano I vini dei vice campioni del mondo / di Antonella Pompei Linda, Massimo, La Madeleine / di Floriana Bertelli ...e ora brindiamo! / di Paolo Aureli Il Nizza / di Sabatino Marotta Il rapporto diVino / di Luca Busca Cresce l’offerta turistica nelle aziende agricole La cultura alimentare a Mantova fra Cinquecento e Seicento / di Pietro Mercogliano Da leggere... Abbinando / di Daniela Scrobogna A tavola con i produttori / di Cinzia Bonfà Crucibenda / di Pasquale Petrullo Informazioni da Fondazione

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Prossimo appuntamento con la Guida BIBENDA - Sezione Olio domenica 24 marzo 2019. Giornata dedicata al 12° Forum Nazionale per la Cultura dell’Olio.

Cena di Gala per la presentazione della Guida e Consegna dei Premi agli Oli del Nuovo Raccolto 2018 valutati 5 Gocce. Le Eccellenze di Bibenda.

...RESTATE SINTONIZZATI!


EDITORIALE

Quelli che si ostinano a sono destinati a vivere

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rimanere camerieri del vino di sole mance...

Il Vino è partecipazione. Non è pensabile che qualunque Corso

Il Vino è partecipazione, non può essere solo il ricordo meraviglioso

per Sommelier tu abbia frequentato possa offrirti la speranza di

dell’aula di un corso, il Vino ti aspetta costantemente e non puoi

illuminarti il sapere e il godere appieno di una cultura ampia e

abbandonare qualcosa che hai scelto per farla diventare una delle

gratificante.

priorità della tua vita.

La speranza è una luce, se chiudi gli occhi non la puoi vedere. Anche tu, che ti prodighi a svolgere i servizi nelle nostre aule, hai Questa speranza, dunque, di essere protagonista e non gregario, ha

il dovere di partecipare. Anche tu che sei in un Ristorante o in

un solo modo per essere realizzata: la partecipazione.

un’Enoteca, non pensare che nelle fatture che ti arrivano per i tuoi

Partecipare vuol dire essere al passo con i tempi dei produttori

ordini ci possano essere i racconti fantastici che trovi da noi. E non

che producono, con le nuove tecniche, con le idee industriali a

bastano, credimi, gli assaggi con i tuoi clienti.

vantaggio dei buoni e nuovi prodotti. Sono tanti i Corsi e i Seminari che organizziamo oramai in tutta È il viaggio interminabile dei territori, la conoscenza attraverso i

l’Italia, per questo ho voluto dare un segnale culturale forte che

viaggi, ma è anche l’esperienza a tavolino, con il bicchiere e poi con

come Fondazione ho il dovere di compiere.

l’altro bicchiere, per assaggiare, per conoscere, per sapere. Per l’anno 2019 tutti gli Iscritti si debbono mobilitare per esserci, Tutto questo lo sottolineo in un periodo in cui riscontro troppo

mobilitare sì, in una sorta di accelerazione alla partecipazione,

torpore in moltissimi di voi, amici sommelier. Il torpore del

proprio per eliminare inedie e indolenze molto nocive (sic!) alla

manager che dopo il Corso è tornato a fare il manager e basta.

propria cultura al proprio magazzino del cuore.

Quello che sparisce dal mondo associativo e riciccia spaurito magari dopo qualche anno...

Soltanto un segnale per invitarvi a captare e a trasmettere

Tutto questo lo rimarco per ricordare la grande opportunità

l’importanza di aggiornarsi, l’importanza di partecipare,

a disposizione di tutti di partecipare ai nostri incontri culturali

l’importanza di esserci.

organizzati in tutto il Paese, a Roma poi sono veramente tanti, per tutte le “stagioni”.

Franco M. Ricci 3


ARTICOLO DI COPERTINA

EDOARDO VALENTINI VIGNAIOLO E CANTINIERE “Quando l’ultimo contadino e l’ultimo artigiano moriranno e

aristocratica di notabili e proprietari terrieri. Per Edoardo il

noi saremo solo produttori o consumatori di beni, allora sarà

vino era passione autentica e viscerale, tanto da indurlo a

la fine della storia”. Così profetizzava Pier Paolo Pasolini nel

voltare le spalle a una già avviata carriera forense per dedicarsi

film “La Rabbia”, del 1963. Appena mezzo secolo fa, ruralità

all’azienda di famiglia a carattere misto, comprendente anche

significava condizione inferiore, schiavitù da cui affrancarsi,

seminativi, ortofrutta e uliveti.

mentre il posto in fabbrica o in ufficio e le opportunità del

Personalità complessa, di grande spessore culturale, Edoardo

boom economico rappresentavano il luminoso avvenire che

Valentini, che amava professarsi discepolo dei Presocratici e di

avrebbe assicurato a tutti una vita migliore. In quel preciso

Pasteur, nutriva grande rispetto e ammirazione per le implicazioni

anno nascevano le Doc, nel lodevole intento di preservare

cosmiche, filosofiche e simboliche del vino ab antiquo, in

e valorizzare un patrimonio di biodiversità a rischio. In

netta controtendenza rispetto a quegli anni pre-metanolo di

Abruzzo ne fu assiduo promotore Edoardo Valentini, figura

mercificazione spinta, in cui sovrapproduzione e sofisticazioni

emblematica della storia del vino italiano, discendente da stirpe

sembrava dovessero comprometterne irreversibilmente l’immagine.

n

Aprile 2004, una lettera

scritta da Edoardo Valentini con la “solita” stilografica, in cui annuncia la sua produzione di olio extravergine. 4


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Bibenda 75 duemiladiciotto

Edoardo Valentini vignaiolo e cantiniere

Chissà cosa penserebbe Edoardo Valentini, se fosse ancora tra noi. Lui così schivo, signorile, estremamente riservato nel sociale, come accoglierebbe la notizia che un Parco a Roma porterà il suo nome? E sarebbe lusingato o, all’opposto, si schermirebbe dinanzi a tanta attenzione mediatica nei confronti dell’azienda di famiglia? In molti lo ricordano per la folgorante battuta “Si vada a rileggere i Presocratici!”, esemplare della sua personalità, indirizzata n

Edoardo Valentini

a un importuno che lo sollecitava a svelare chissà quali

Ritratto di Edoardo

segreti di lavorazione in cantina. Di certo Edoardo,

Valentini durante il Bibenda

pur rimanendo un acculturato notabile, discendente da

day del 2006. Sempre

antica, aristocratica stirpe di notai e avvocati, sentiva

elegante, con il papillon al

molto forte il legame con le proprietà terriere di famiglia,

quale non rinunciava mai.

a carattere misto fino all’ultimo dopoguerra. Secondo

Foto di Stefano Segati

l’uso di allora, si coltivavano anche cereali e si allevava

in esclusiva per

bestiame; già rinomate erano la produzione olearia

BIBENDA n. 21/2006

(a loro apparteneva il frantoio più grande di Loreto Aprutino) e quella vinicola, fin dai primi anni postunitari molto apprezzata sui mercati nazionali ed esteri, benché venduta “en vrac” (il primo imbottigliamento risale al 1860). Nel 1868 l’avo Camillo Valentini viene premiato all’Esposizione agraria regionale abruzzese per il suo aceto, mentre nel 1899 è la volta dell’olio, che ottiene un diploma d’onore all’Exposition franco-italiana di Nizza. Edoardo, classe 1936, imprime formidabile impulso al settore vitivinicolo, iniziando a imbottigliare regolarmente solo partite limitate, rispondenti a rigorosissimi criteri qualitativi, ottenute attraverso selezioni maniacali della materia prima e lunga maturazione in cantina, sia per i bianchi che per i rossi, declassando impietosamente a sfuso tutto il resto. Come accade a tutti i grandi innovatori, non venne subito capito, ma il suo esempio oggi fa scuola. Quelli che venti, trent’anni fa sembravano anacronismi e cocciuto, sterile conservatorismo (mantenimento della pergola tradizionale, niente barrique, nessun controllo della temperatura e così via) si sono poi rivelati accorgimenti fondamentali per ottenere un prodotto vivo, di spiccata e inimitabile personalità, capace di evolvere a lungo nel tempo, precorrendo il filone dei cosiddetti “vini naturali” attualmente tanto in voga. Edoardo, soprattutto, imprime all’azienda di famiglia il segno indelebile e nobilitante della sua profonda cultura, tesa al recupero, sull’esempio classico, dell’antico legame simbiotico fra la terra e l’uomo che la abita e la coltiva.

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Oggi è Francesco Paolo, formatosi accanto al padre, a portare avanti l’attività agricola.

n

Già lo affianca Gabriele, il figlio ventiquattrenne, sommelier. “Guardo e lascio che

per la presentazione di Bibenda

Madre Natura faccia il suo corso - ha dichiarato Francesco Paolo, vignaiolo maieuta -

2019, il Vice Sindaco di Roma

esiste già tutto, bisogna solo farlo emergere”. A dire quanto Francesco Paolo Valentini

Luca Bergamo scopre la targa

abbia fatto suo il grande insegnamento paterno, a definirne il profilo di produttore

del Parco che prenderà il nome

fuori dal coro, attento allo stile, alla precisione dei dettagli e al tratto umano,

di Edoardo Valentini. Alla sua

basterebbe un unico dettaglio: il suo comunicato che ogni anno ci arriva in redazione

destra Francesco Paolo, figlio di

assieme alla campionatura, vergato in bella grafia con la stilografica, firmato e datato

Edoardo.

Durante la serata di gala

su carta intestata, così come soleva fare Edoardo. Il contenuto è il puntuale resoconto dell’annata e degli accorgimenti tecnici adottati di volta in volta. Ma non solo. Poiché dalla scrittura manuale traspare il carattere della persona e se ne intuiscono le emozioni, quel foglio dice già tutto sul modus operandi di Francesco Paolo, sul suo straordinario, magico rapporto con l’energia che pervade l’universo, che si fa vento, sole, linfa nei tralci e filo d’inchiostro modulato dalle sinapsi.E si arriva allora a comprendere che quel che rende così unici i vini di Valentini è soprattutto un alto valore umano di antica ascendenza, molto prossimo al divino e nei tempi attuali sempre più raro. 7


50 Vendemmie di Sassicaia

Bibenda 75 duemiladiciotto

50 VENDEMMIE

DI SASSICAIA Tutte

degustate qui nella nostra

Scuola

di

Roma

al

Rome Cavalieri. Tutte

assaggiate e tutte raccontate dai nostri docenti insieme a

Rocchetta

e molte con il grande

Giacomo Tachis. Oggi, Sassicaia

orgoglio il titolo di miglior vino del mondo. primi anni

“qual

Nicolò Incisa

Siamo

solo nel

celebra con

2018

ma erano i

’90 quando nelle interviste tv o per la carta stampata ci veniva chiesto:

è il tuo vino preferito?”.

grande vino del mondo!”.

Non

La

nostra risposta inevitabile:

poteva che essere il

Teatro

di

“Sassicaia,

Bibenda

il più

a offrirvi

questo spettacolo, mai andato in scena altrove.

Vino a Denominazione di Origine Controllata – Uve: Cabernet Sauvignon 85% - Cabernet Franc 15%

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della


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La Verticale storica | S

assicaia

1968 Emoziona per la sua coltre granato/arancio che dolcemente scivola verso profumi di cedro, cardamomo e mentuccia. Al palato ci inonda di deliziosa sapidità e vellutato tannino. Grande stoffa, materico. Degustazione di Dicembre 2011

1970 Aranciato. Sfilano al naso sentori mentolati che si arricchiscono subito dopo di prugna, ribes e violetta. Freschezza ancora protagonista dell’assaggio e piacevole sapidità nel finale. Maturo. Andamento climatico buono, con giusto calore e sufficiente umidità. Degustazione di Dicembre 2011

1971 L’impostazione olfattiva si riflette in note erbacee che evolvono nel tabacco, scatola di sigari e cardamomo. La struttura si rivela media ed equilibrata. Andamento climatico piuttosto buono con temperature medie equilibrate. Estate di scarsa piovosità. Degustazione di Dicembre 2011

1972 Paradossalmente ancora un vino molto vivo, color mogano, dai profumi che richiamano spezie, frutti di bosco, ribes e la solita, splendida, menta. Anche in bocca conferma la sua grande complessità, con ricchezza di estratto e grandi tannini. In-

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finito il finale. Andamento climatico eccezionalmente piovoso, tuttavia i mesi di agosto e settembre, miti e caldi, consentirono una fantastica maturazione delle uve. Degustazione di Dicembre 2011

1974 Terroso al naso: emergono toni di humus, funghi e prugne. Boschivo. Al gusto ricalca questa impronta, con media struttura. Andamento climatico mediocre, piogge un po’ eccessive, temperature e luce incostanti. Degustazione di Dicembre 2011

1975 Grande versione che ancora oggi esprime tutta la sua profonda personalità. Granato, offre un quadro olfattivo di notevole complessità, sentori tipici di menta si arricchiscono di eucalipto, ribes, viola, cardamomo e caffè. Sorso avvolgente, di notevole sapidità, tannino perfetto. Lunghissima persistenza. Clima un po’ bizzarro ma nel complesso buono. Temperatura media piuttosto elevata. Degustazione di Dicembre 2011

1977 Testa di moro il colore, dimostra all’olfatto di avere ancora molte frecce nel suo arco. Sentori boschivi, di alloro, funghi e humus, e più soavi di cedro, menta e viola. Bocca morbida che comunque lascia spazio a succosa sapidità. Andamento climatico buono. Degustazione di Dicembre 2011

1978 Ricalca perfettamente il profilo gustoolfattivo di altre annate, ma con minor vigore e dinamicità. Ematico, speziato e mentolato, si offre al gusto equilibrato e di media persistenza. Andamento climatico molto buono e regolare. Degustazione di Dicembre 2011

1979 Profumi che richiamano spezie, tabacco, funghi e alloro. Assaggio un po’ stanco, emerge la sapidità ma non la freschezza. L’annata non è stata climaticamente favorevole. Degustazione di Dicembre 2011

1976

1980

Tende alla trasparenza, profumi di menta e bacche rosse, struttura di media persistenza. Andamento climatico anormale, peggiore del 1972 ai fini del prodotto finito, con un’estate molto piovosa. Degustazione di Dicembre 2011

Mostra pienamente e con orgoglio i suoi 25 anni, maturo ma non vecchio. Rosso granato-aranciato, luminoso. Considerevole gamma di sfumature, dai toni balsamici e di cacao, verso quelli più austeri di terra bagnata, sottobosco, fungo e grafite. Al palato si distingue per una non ancor sopita freschezza e un bel tannino levigato,


struttura morbida e setosa. Sfuma elegantemente con piccoli ritorni di vaniglia e cacao. Annata media, segnata dalla pioggia e da un’estate piuttosto fresca. Degustazione di Dicembre 2005

armonia raggiunta, anche se non incalzata da un’adeguata persistenza. Clima di una certa piovosità con temperature relativamente non elevate. Degustazione di Dicembre 2005

di vita lo attendono. Clima perfetto, a una primavera poco piovosa ha fatto seguito un’estate addirittura siccitosa. Ottimo il grado di maturazione raggiunto dalle uve. Degustazione di Dicembre 2005

1981

1984

1987

Una marcia in più, fin dalla profondità del colore che, seppur granato-aranciato, risulta compatto e meno trasparente. Anche il naso segue la via della maggiore concentrazione, con profumi coesi di confettura di prugna, visciola sotto spirito, tabacco, spezie scure, carruba, terra bagnata e nota minerale. Al gusto disegna un quadro ricco di estratto e spessore, con abbondante ma equilibrata presenza di acidità e tannicità. L’assaggio sfuma con notevole sapidità. Annata superiore dal punto di vista climatico, che ha portato le uve a perfetta maturazione. Degustazione di Dicembre 2005

Prima di diventare farfalla e spiccare il volo per affascinare il mondo, il Sassicaia in quest’annata si è chiuso nella crisalide. Di ottima concentrazione, rosso granato sfumato. Colpisce decisamente per i toni minerali fusi a quelli di terra bagnata, corteccia, anice, prugna, castagna, ben presto affiancati, e sovrastati, da una nota smaltata. In bocca presenta il limite dell’annata, con una struttura debole, segnata da una sensibile sapidità, tannino sottomesso e leggera scissione acida. Comunque non manca l’impronta dell’eleganza. L’andamento climatico è stato il meno fortunato degli anni ‘80, con forte piovosità e due grandinate a luglio e agosto. Degustazione di Dicembre 2005

Rosso granato di una certa trasparenza. Profumi scuri, profondi, con spiccati riconoscimenti balsamici, di caffè, sottobosco, china, rabarbaro, serrati in una prepotente tonalità minerale, sfumature di terra bagnata. In bocca la silhouette è più slanciata che concentrata, con acidità ancora vivacissima e finale ammandorlato. Andamento stagionale sufficientemente buono, con giusta temperatura e piogge regolari. Uve abbondanti e di prima di qualità. Degustazione di Dicembre 2005

1982 Andamento climatico leggermente più piovoso rispetto al 1981 con temperature più fresche nel periodo della vendemmia. Degustazione di Dicembre 2011

1983 Trasparente rosso granato con bordo arancio. Note mentolate in particolare evidenza, seguite da quelle floreali di lavanda, minerali, speziate, di terra bagnata, tabacco, tamarindo e fichi secchi. Appagante, al palato si offre morbido, misurato e in perfetto equilibrio. Grande

1985 È considerato l’annus mirabilis: la farfalla spicca il volo, con la sua bellezza e la sua perfezione. Rosso granato, profondo e impenetrabile. L’imponente profilo olfattivo si schiude in un ventaglio molto ampio, spazia fra i più esemplari toni mentolati di eucalipto e fruttati di ribes, per arrivare a mora, liquirizia, viola, lavanda, al consueto soffio minerale. Sorso totalmente armonico e cremoso, polposo, ricco e profondo, si sviluppa in un crescendo perfetto fra freschezza e tannicità, già molto bene amalgamate. La persistenza è infinita, elegante. Un capolavoro. Ancora molti anni

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La Verticale storica | S

assicaia

1988 Vino spettacolare, impressionante ed emozionante, riesce ad armonizzare i caratteri marini con quelli boschivi, fondendo l’eleganza alla struttura. Contende all’85 la palma di migliore. Immensamente profumato di note mentolate, canfora, floreali di viola, sottobosco, poi un’esplosione di bellissimi toni di macchia mediterranea, caffè, cacao, chiodi di garofano e gentili soffi fruttati di ribes. In perfetta coerenza gusto-olfattiva svela una struttura morbida e vellutata, equilibrata, colma di succosa acidità e tannino vellutato. Finale salmastro, lunghissimo e promettente. Eccellente. Annata perfetta per la maturazione dell’uva, risultata anche particolarmente ricca di polifenoli. Degustazione di Dicembre 2005

1989 Granato cupo con bordo arancio. Al naso è “telegrafico”, con cenni evidenti di humus, muschio e liquirizia, che aprono a lavanda e viola. Al palato, venato dal tabacco e dalla prugna secca, dimostra di essere un vino evoluto piuttosto velocemente, dal corpo non particolarmente solido e con evidente acidità. Una sfumatura di vaniglia aleggia nel finale. Dopo un’estate umida, con qualche pioggia e limitata luminosità, la vendemmia ha portato uva sana ma con tannini non particolarmente nobili. Degustazione di Dicembre 2005

1990 Rosso granato compatto per un vino dal naso “dolcissimo”, da cui emergono sentori di frutti di bosco in gelatina, con-

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fettura di amarena, liquirizia, chiusura vegetale, boisé e balsamica. In bocca, in un contesto di buona compattezza ed equilibrio, si distingue per notevole eleganza e presenza tannica levigata. Ottima la sapidità che caratterizza il finale di erbe aromatiche. Splendido. Annata fra le più famose, un andamento regolare ha portato a un certo anticipo della vendemmia, con uve di ottima qualità. Degustazione di Dicembre 2005

1991 Granato, leggermente trasparente ai bordi. Il disegno dei profumi si colora di nette sfumature mentolate, di anice, poi da china, liquirizia, erbe aromatiche, terra bagnata. In bocca rivela un tannino inaspettato, ancora particolarmente disidratante, rievoca quasi la buccia della castagna, e una decisa acidità. Finale in linea con il resto della struttura. Alle temperature elevate dell’estate si sono alternate quelle più fresche, portando l’annata ad un livello buono, ma non eccellente. Degustazione di Dicembre 2005

1992 Rosso granato, molto profondo. Profumi di spezie dolci e frutti di bosco, chiusura iodata. Sorso di volume, tannino compatto e finale sapido di lunga persistenza. Annata non favorevole, addirittura scadente in tutta la Toscana, molti produttori hanno deciso di non imbottigliare. Non è stato il caso per il Sassicaia, grazie a fattori climatici e ambientali diversi che hanno consentito la salvaguardia della qualità, grazie all’accurata conduzione del vigneto, alla tempestiva raccolta delle uve e ad una

ineccepibile gestione delle operazioni di vinificazione. Degustazione di Dicembre 2011

1993 Vino tutto giocato sull’eleganza, alla vista emerge, finalmente, un piccolo sbuffo rubino a ravvivare il rosso granato. Al naso si modella verso una nota più vegetale, impreziosita da ribes nero, liquirizia e guizzi di eucalipto. Meno aperto e compiuto degli altri all’olfatto, si apre, invece, su una struttura gustativa perfettamente equilibrata, arricchita da giusta acidità e tannicità, che lo rende un vino affascinante e dalla lunga persistenza. Annata non perfetta, che ha portato il vino ad aprirsi lentamente e a consolidarsi nel tempo. Degustazione di Dicembre 2011

1994 Ricalca le sfumature del millesimo precedente, solo più diluito. Olfatto immediato e semplice, con sentori di frutta rossa, tabacco, spezie e insistenti note fungine e di humus a chiudere. In bocca mantiene questa tendenza, con corpo decisamente equilibrato, e una splendida piacevolezza di gusto. Non immense la complessità e la potenzialità evolutiva. Primavera piovosa, estate addirittura siccitosa, hanno portato uva ricca di tannini e dalla buccia spessa. Degustazione di Dicembre 2005


1995

1998

All’apice qualitativo, rosso granato concentrato con cenni rubino. Ampio ventaglio di sensazioni, inizialmente salmastre, di viola, liquirizia e cassis, seguite da quelle più scure di spezie, fungo, rabarbaro, china e caffè. Assaggio molto elegante, polposo, sferico, di ottima progressione. Perfetto il tannino. Chiusura interminabile con ritorni fruttati e speziati. Buono l’andamento dell’annata, maturazione perfetta delle uve. Degustazione di Dicembre 2005

Trovare questo colosso dopo l’osannata 1997, è davvero sorprendente. Profondo rosso rubino con bordo granato. Naso compatto e contemporaneamente ricco di sfaccettature, che spaziano tra quelle più bordolesi di ribes, liquirizia, eucalipto a quelle mediterranee di erbe aromatiche, macchia, salamoia e pepe. Al palato è potente, fruttato, con una struttura caratterizzata dai tannini, giovani, e dalla sapidità, succosa. Perfetto il richiamo alle note mentolate in chiusura. Prospettive evolutive infinite. Eccezionale. Annata caratterizzata da piovosità ridotta e temperature elevate. Degustazione di Dicembre 2005

1996 Colore simile al precedente. Profumi meno complessi, soprattutto viola e lavanda, sfumature salmastre e minerali, poi grafite, caffè e prugna dolce a chiudere. Al gusto traccia un’equilibrata struttura, morbida e sapida, moderatamente articolata e con tannino in secondo piano. Finale elegante. Annata non molto felice in Italia, mitigata dalle condizioni perfette del microclima locale. Degustazione di Dicembre 2005

1997 Rosso granato con riflessi rubino, propone un insieme vastissimo di profumi, svettano sentori di macchia mediterranea, mirto e ginepro, balsamici, mentolati, sfumati di ribes e cioccolato al latte. Sviluppo gustativo monumentale, sapidità e tannini da manuale. Morbido, rotondo, avvolgente, persistenza gusto-olfattiva infinita. Potenziale evolutivo ottimo, assaggio sublime. Annata perfetta, vendemmia eccellente. Degustazione di Dicembre 2005

1999 Un bellissimo e splendente rosso rubino apre la strada a un registro olfattivo di grande fascino. Note balsamiche e floreali lasciano intravedere toni tostati, di frutta di bosco, liquirizia, humus, tabacco dolce e capperi. In bocca presenta un buon peso, piacevolmente equilibrato, con freschezza, sapidità e tannini in evoluzione. Da conservare a lungo. Emozionante. Clima particolarmente favorevole, vendemmia anticipata di circa una settimana. Degustazione di Dicembre 2005

2000 Rosso rubino scuro. Naso in fase di trasformazione: emergono espressivi profumi mentolati abbinati a frutta rossa, scatola di sigari e cacao dolce. L’attacco gustativo, di notevole impatto, è associato a grande

freschezza, sapidità e tannicità ancora da evolvere e forse leggermente scomposte, ancora. Il finale ha lunghezza adeguata. Andamento climatico buono, scarsa piovosità, lieve anticipo della vendemmia. Degustazione di Dicembre 2005

2001 Bellissimo rosso rubino, concentrato e sgargiante. L’architettura dell’olfatto è ampia e molto ben espressa. Spazia fra sfumature di ribes, erbe aromatiche, eucalipto, cacao, note salmastre. Gusto potente e travolgente, si distingue per profondità sapida, che solo nelle più grandi annate abbiamo trovato. Corpo concentrato, tannino esemplare. Nel finale ancora un po’ di legno da digerire. Peccato di gioventù che non incide sulla sua eccellenza. Andamento stagionale simile all’annata precedente. Degustazione di Dicembre 2005

2002 Stile particolarmente bordolese con le tipiche note del Cabernet in bella mostra. Colore rubino con bordo evoluto. Naso erbaceo, con cioccolato, caffè, erbe aromatiche e frutta rossa a far da cornice. Bocca che conferma la sua giovane stagione, con acidità e tannicità importanti in un contesto ricco, più di eleganza che di polpa. Lunghezza finale piacevole con richiami alla liquirizia. Ottimo. Annata piuttosto problematica per molte zone d’Italia, ma a Bolgheri ha dato comunque un buon risultato. Degustazione di Dicembre 2005

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La Verticale storica | S

assicaia

2003 Rubino luminoso. A ciclo continuo profumi di origano, humus, legna arsa, aghi di pino, alghe marine e un’inedita nota minerale. In bocca ecco la carica espressiva del grande vino: sensazioni di macchia mediterranea si rincorrono in un quadro di rotondità complessiva, la persistente scia che si delinea stenta a terminare. Clima nella media fino a primavera, estate particolarmente calda, mitigata dalla vicinanza del mare. Degustazione di Dicembre 2005

2004 Rubino luminoso, recupera, in raffinata veste, il senso squisitamente bolgherese di qualche lustro fa. Naso a dir poco ampio, ammaliante nel corredo aromatico di macchia marina, grafite, sottobosco, anice, violetta, succo d’amarene, chinotto, glassa e toni d’anguria. La bocca è misuratissima, nessuna componente prevarica l’altra, mediando un tannino incredibilmente sciolto nella struttura e una stupenda freschezza mentolata. Appropriata la rispondenza di frutta croccante, che induce a nuovi sorsi. Piogge sufficienti, temperature mai eccessive, condizioni ideali. Degustazione di Dicembre 2011

2005 Manto rubino cupo, leggermente sfumato al bordo. Naso da attendere: con pacata energia si dichiara lussuoso e al principio dell’evoluzione. Prugna, succo d’amarene, profumi di torrefazione, sono solo l’inizio di un lungo percorso aromatico appena avviato. In bocca la proverbiale eleganza: tannino dal profilo ben registrato e una dirompente sapidità tar-

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tarica. In chiusura non scivola via, offrendo i toni di rovere ereditati dai 24 mesi passati in barrique. Andamento stagionale buono. Degustazione di Dicembre 2011

2006 Manto rubino cupo. Ventaglio olfattivo straordinario, dopo aver offerto un profilo che richiama la macchia mediterranea, un profluvio di succo d’amarene e mirtilli, assume fattezze più profonde di sale, chinotto, cioccolatino alla ciliegia e grafite. Chiari toni di felce e resine balsamiche confermano lo stadio iniziale di terziarizzazione. Il sorso è la quintessenza dell’equilibrio: strutturato, imprime un tannino che solo nei grandi bordeaux trova paragoni, scioltissimo e levigato, in perfetta sinergia con il lato più morbido della sua essenza. Il lunghissimo finale è adornato da fiera sapidità. Annata tra le più importanti a Bolgheri, temperature mai eccessive e un perfetto susseguirsi delle fasi di maturazione fenolica hanno prodotto uve perfette. Degustazione di Dicembre 2011

2007 Rubino cupo e profondo, trama olfattiva di innata nobiltà. Inesauribile fluire di profumi, ribes, ciliegie e mirtilli, bacche di ginepro, dragoncello, richiami di eccellente definizione a pepe nero, tabacco e macchia mediterranea. Una potenza che nulla toglie al carisma dell’assaggio, magistrale estrazione polifenolica, acidità e vitalità in dialogo con un’intima salinità. Persistenza sinuosa, pulita, coinvolgente. Inverno e primavera molto miti, mesi estivi sono stati caldi e secchi ma con temperature nella norma. Degustazione di Dicembre 2011

2008 Rosso rubino compatto e molto concentrato. Manto olfattivo ricchissimo di scintillanti richiami marini, intrecciati a penetranti profumi di ribes, cioccolato, china e sciroppo di mirtilli. Completano l’allungo olfattivo spezie orientali, liquirizia, ginepro e grafite. Bocca indimenticabile per struttura e infinita persistenza, un chiaro esempio di perfezione: freschezza incontenibile, croccante sapidità e un tannino morbido e didascalico. Finale interminabile su riverberi di resina, felce e sali minerali. Produzione inferiore alla norma di circa il 20%. L’allungamento del ciclo di maturazione ha portato un guadagno nel potenziale aromatico e strutturale. Degustazione di Dicembre 2011

2009

Rosso rubino denso, con bagliori granato, molto luminoso. Profumi di more e ribes, cacao, sandalo, cedro e grafite preannunciano una forte nota di macchia marina e resine balsamiche. Sorso di solido vigore mitigato dalla freschezza, esibisce tannino perfetto, morbidezza ed equilibrio. Finale di pregevole ampiezza, limpido ed elegante. Andamento climatico ottimale. Degustazione di Ottobre 2012

2010 Un Sassicaia elegantissimo che ricorda molto i grandi vini del Médoc. Il corredo aromatico è nobilissimo: l’incedere di toni di more, ciliegie e prugne si completa con note di spezie d’Oriente, macchia mediterranea e sbuffi mentolati. Il palato raffinatissimo ha tannino levigato incitato dall’energica freschezza.


Il finale, molto lungo, emana toni fumé. Un rosso da conservare a lungo in cantina e assaggiare con la più pregiata selvaggina. Inverno lungo e rigido, primavera piovosa e fresca. Vendemmia prolungata fino a metà ottobre, uve perfettamente equilibrate. Degustazione di Luglio 2013

2011 Rubino, dai timidi bagliori granato. Freschissime note balsamiche introducono toni profondi di corteccia e terriccio, intervallati da ricordi di frutti selvatici, legno di sandalo, rosa rossa, alloro, macchia marina. Bocca saporita e di perfetta volumetria: si sviluppa con coesione tra sapida mineralità e precisa freschezza, con un tannino perfettamente integrato. Finale lunghissimo ma gentile, tipico dei più grandi vini del mondo. Andamento climatico ottimo, tra le migliori annate del Duemila. Degustazione di Luglio 2014

2012 Veste rubino dai bordi sfumati. Bouquet eccentrico e diretto: delicato incipit di spezie dolci, poi una cascata di profumi di ribes e mora, anguria, pepe rosa e vetiver, richiami a note terragne di radici, alternate a più profonde sensazioni minerali. In bocca è strutturato e complesso, tannino pari al velluto, in perfetta sinergia con la morbidezza, rallegrata da sapidità tartarica. Lunghissimo il finale, contraddistinto da nette note di cioccolato amaro. Annata dall’andamento climatico particolare con autunno e inverno rigidi, primavera partita in ritardo, estate calda. Grazie alla peculiare giacitura dei terreni circondati dalla macchia marina, le uve non hanno risentito dei picchi di calore. Degustazione di Luglio 2018

2013 Rubino impenetrabile, purpureo ai bordi. Intensi profumi di confetture di more, macchia marina e alghe, poi resina di pino, cardamomo, pomodori secchi e ginepro. Struttura calda e cremosa, dote tannica imponente ma ben integrata, ottima verve acida a trasmettere i giusti “spigoli”. Finale insistente che riporta uno ad uno gli aromi riscontrati al naso. Annata fantastica sotto ogni aspetto. Degustazione di Luglio 2018

2014 Rubino lucente, naso profondo, giocato su due registri: uno vitale e mediterraneo, l’altro più terragno e cupo. Note di lamponi e marasche, essenza di rosa, resina e lavanda, legno di cedro, pepe, un brioso tocco d’agrumi e anice, macchia marina a corredo. Al gusto si ripete, un tannino elegante e setoso dirige l’assaggio verso un finale di lunghissima persistenza minerale. Annata insolita a Bolgheri, come nel resto d’Italia, ma sicuramente mal giudicata un po’ frettolosamente. Degustazione di Luglio 2018

2015 Rubino, denso e brillante, mostra un’intensità d’aromi impareggiabile per purezza e generosità. Inarrestabile nei profumi di frutta matura e succosa arricchiti da note ben definite di acqua di rose, agrumi, macchia marina, tabacco e cedro. Sorso didascalico, in equilibrio armonioso, con tannini perfetti, freschezza e sapidità si avvicendano in un quadro di elegante potenza. Andamento climatico ottimo, uve perfette. Degustazione di Luglio 2018

15


Storia di un vino eterno

Bibenda 75 duemiladiciotto

STORIA DI UN VINO C

l a u d i o

B

o n i f a z i

Se mai ci fosse un vino da portare via con te su un’isola deserta, eccolo. Con una sentenza senza deviazioni

Richard Mayson

convoglia l’essenza del

Madeira

poche parole: un vino infinito, capace di resistere nel tempo, anche aperto.

16

in


eterno 17


Bibenda 75 duemiladiciotto

Storia di un vino eterno

La sua tempra e la forza di non appassire è stata ereditata dai marinai che l’hanno forgiato: è sì frutto di una tradizione, ma anche risultato di necessità. Non v’è spazio per troppo romanticismo; l’arcipelago sito al largo delle coste marocchine è sempre stato punto d’approdo per mercanti, navigatori ed esploratori, ultimo ristoro per chi avanzava verso le Americhe e sosta gradita per chi era pronto a circumnavigare l’Africa per le Indie: percorsi che non avrebbero lasciato posto ad ulteriori provviste, motivo per cui imbarcare riserve durevoli era di vitale importanza. Madeira compare su alcune mappe medicee già nel 1350 distinta come Terra de lo Legname; altrimenti era conosciuta come bocca dell’inferno; oltre essa c’era l’ignoto e le caratteristiche nubi che circondavano le vette montuose aggiungevano quel che di tetro, da qui il nome. Occorrerà attendere i portoghesi con Joao I per renderla abitabile. Prima di allora, su quelle rocce che s’immergono a picco nelle acque oceaniche, c’erano foreste: secondo la letteratura ci vollero circa 7 anni per bruciare gli ettari necessari a soddisfare le necessità dei conquistatori, con un arricchimento di cenere tale da modificare il profilo del suolo. La prima piantagione ad essere importata fu la canna da zucchero e a seguire, l’anno successivo, la vite con selezioni di Malvasia proveniente da Creta o Cipro. L’agricoltura era l’attività basilare, con la canna da zucchero in nitido vantaggio rispetto alle piantagioni di viti - sarà la scoperta del nuovo mondo a invertire i ruoli, portando il vino al centro degli scambi commerciali - con a seguito le piantagioni di finocchio, di cui la capitale Funchal ne porta il nome. Per via della sua posizione meridionale i vini ivi prodotti avevano insolitamente alto contenuto alcolico e residui zuccherini; fermentazioni indesiderate erano un problema molto sentito. Lentamente qualcuno iniziò ad aggiungere del distillato ai vini con l’intento di stabilizzarli, così come stava già accadendo a Oporto o a Jerez; acquavite o alcol derivato da canna da zucchero in questo caso. Tale pratica impiegò quasi cento anni per radicarsi e divenire prassi, terminando nel XVII secolo. Per molto tempo vini fermi e fortificati coesisterono simultaneamente. Al tempo in cui la fortificazione divenne uso consolidato iniziarono anche le prime legislazioni in merito, prediligendo brandy locale a quello francese oltre a distillati di altra derivazione. Si fortificava al momento dello shipping e i vini erano preferibilmente secchi; solo alcune Malvasie di pregio venivano addizionate durante la fermentazione. 18


La storia però non termina così, prosegue, prendendo una declinazione del tutto singolare. Alcuni naviganti che si rifornivano di vini a Madeira, per andare nelle Indie, notarono che quest’ultimi affinavano una volta giunti a destinazione, rispetto a quando acquistati. C’era qualcosa nel tragitto che li diversificava: il caldo dell’equatore e l’esposizione al sole caramellizzavano il vino liquoroso conferendogli sentori irripetibili. La ricerca del vinho da roda - quel vino nato da lunghi viaggi in nave - divenne spasmodica tanto che gli stessi produttori cominciarono a mandare al largo le proprie botti, col fine di ottenerle volontariamente. La pratica per quanto romantica era però lenta, costosa e rischiosa: un semplice naufragio avrebbe vanificato il lavoro di un intero anno, reso già problematico anche dalle condizioni d’allevamento delle viti, che vedremo successivamente in questo capitolo. Si era innescato ormai quel procedimento per cui il Madeira era un vino unico, da produrre a tutti i costi anche per soddisfare la crescente richiesta del mercato; come ogni storia che si ripete iniziarono falsificazioni di vario tipo: cotture illecite dei vini 19


Bibenda 75 duemiladiciotto

20

Storia di un vino eterno

per simulare la soglia equatoriale, spacciare vini delle Azzorre

Il primo deviò il traffico per le Indie nel Mediterraneo, la seconda

come prodotti madeirensi, si arrivò ad utilizzare anche prodotti

devastò i vigneti; le così dette varietà nobili (Sercial, Verdelho,

naturali estranei alla produzione enologica. Le cause sono

Bual e Malvasia) con cui il vino aveva saputo farsi riconoscere

comprensibili dal punto di vista del profitto: basti pensare

divennero rare, e altre cultivar trovarono spazio, tra cui la

che gli inglesi consumavano circa un quarto della produzione

Tintanegra e il Terrantéz.

annuale, seguito poi da portoghesi, spagnoli e olandesi.

Stock invenduti ristagnarono altresì per la concorrenza che la

Si arriverà nel 1835 a legalizzare le armazèm de calor - ambienti

Sicilia riuscì a praticare, vista la sua posizione nel mediterraneo,

termocontrollati con cui si scaldava il vino una volta fortificato

per sistemare il Marsala verso le Indie.

– per lungo insistere delle lobby di produzione, dopo che furono

C’è da aggiungere che la produzione di Madeira si basava su una

inventante da Pantelao Fernandes nel 1794.

frammentazione quasi atomica dei vigneti: circa 1700 viticoltori

Proprio nel momento di massimo splendore, quando si

per soli 1100 ettari di vigne lavoravano in condizioni difficili. I

producevano all’incirca un milione di bottiglie l’anno, una serie di

suoli acclivi imposero la costruzione di terrazzamenti dove si pote-

sfortunati eventi cambiò drasticamente lo scenario: si può giurare

va operare solo manualmente; per di più alcuni vigneti erano rag-

che il 1800 sia stato un secolo non proprio magnanime. Esclusi

giungibili unicamente via mare. Il singolo vignaiolo mai avrebbe

guerre e embarghi, per i quali si dovrebbe fare un’eloquente e

potuto posizionare un prodotto indipendente nel mercato. Con il

apposita digressione, basterà citare due circostanze: l’apertura del

tempo dunque si rafforzavano gli shippers i quali, acquistando le

canale di Suez e l’avvento della fillossera.

uve, pensavano poi a produrre, affinare e maturare il vino. Il loro


potere cresceva sempre di più, proporzionalmente però smettevano di possedere le terre da cui sarebbero nati i loro vini (basti pensare che oggi solo Henriqes & Henriqes controlla 10 ettari di vigne). Questo sistema obbligò gli stessi shippers ad unirsi tra loro, cercando di combinare le forze per fare breccia in un mercato concorrenziale: ecco che nel primo quarto del XX secolo nacque la Maderia Wine Association fondata da Hinton, Henriques & Camara e Welsh & Cunha. Anche qui una serie di sfortunati eventi rese nota tale associazione come l’associazione della morte, poiché chiunque vi aderisse finiva per avere una sorte non augurabile. Sarà l’arrivo delle famiglie Blandy’s, dei Leacock’s e de Symington a portare la poi divenuta Maderia Wine Company, ad un percorso di gloria. Alla fine degli anni ‘70, i soci della Madeira Wine Company, come venne reso noto, erano stati ridotti a un piccolo numero di famiglie fondatrici, sempre più legati alla famiglia Blandy. I Symingtons con una vasta rete di distribuzione mondiale, avevano una profonda conoscenza commerciale del mercato e fornirono un prezioso contributo alla produzione vitivinicola, frutto dell’esperienza acquisita durante i loro numerosi anni come leader di mercato nel commercio del vino del porto.

n

Madeira Wine Association Il primo consesso associativo degli shippers di Madeira fu fondato nei primi anni del Novecento.

Il Madeira è riuscito a sopravvivere grazie alla forza di un’intera comunità, oggi sono solo 8 i produttori presenti, che vendono e commerciano decine di brand. Il consumo ricade principalmente in Europa, vedendo solo un 20% esportato verso i paesi extracomunitari. Il 13% di questa produzione non abbandona l’arcipelago: i turisti che visitano l’isola sono ghiotti dei vini di Maderia. I vini dolci, a base di Malvasia e Bual, sono venduti più facilmente così come i blend di 3 e 5 anni trovano maggiore riscontro nei mercati (forse anche per il prezzo più accessibile). Fatto sta che questo grande vino, indistruttibile per caratteristiche strutturali e organolettiche, ha rischiato più volte di scomparire. 21


Bibenda 75 duemiladiciotto

La metamorfosi di cortaccia

LA METAMORFOSI di Cortaccia D

22

a n i e l e

L

i u r n i


La Cantina Kurtatsch

ha presentato i nuovi vini della linea

“Freienfeld”,

gamma della produzione vinicola dell’azienda altoatesina diretta da

Kofler. Noi

top di

Andreas

ovviamente c’eravamo, curiosi di scoprire cosa ci avrebbe riservato

Othmar Donà, storico enologo della cantina autore di un interessante cambio di direzione nell’impostazione dei vini.

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Bibenda 75 duemiladiciotto

24

La metamorfosi di cortaccia

Per comprendere meglio queste novità occorre dapprima

il Müller Thurgau Graun, dall’omonima frazione di Corona, è

inquadrare l’azienda di Cortaccia, una delle più antiche cantine

figlio di vigneti posti a 800-900 metri s.l.m., su terreni sabbiosi

sociali del Trentino Alto Adige che consta di 190 soci per 190

e ghiaiosi con infiltrazioni argillose. E così via per il Sauvignon

ettari di terreno: siamo in provincia di Bolzano, sulla Strada

Kofl, il Pinot Grigio Pénoner, il Gewürztraminer Brenntal e lo

del Vino che ospita paesi come Caldaro e Termeno in un lungo

Chardonnay Pichl, tutti vini bianchi della linea denominata,

percorso caratterizzato da vigneti e meleti sormontati dalla

lapalissianamente, “Terroir”. Del resto, con circa il 70% dei vigneti

maestosità delle Dolomiti. Se però

situato nel solo comune di Cortaccia

il melo trova il suo habitat migliore

sarebbe stato folle non valorizzare

nel fondo valle, la vite preferisce

le caratteristiche di ogni singola

altitudini maggiori, garanti di un

parcella e il lavoro di sacrificio che

microclima più fresco e asciutto;

vi è dietro, a cominciare da una

dunque i vigneti di Cortaccia sono

gestione delle rese per ettaro che

tutti disposti fra i 220 e i 900 metri

porta ad avere raccolti ridotti e

d’altitudine, con pendenze a volte

dunque produzioni limitate.

proibitive per qualsivoglia aiuto

La linea Freienfeld punta, se

meccanico in fase di vendemmia. A

possibile, a porsi su un gradino

diverse quote corrispondono anche

ancora più alto: sia il Cabernet

diversi terreni, una varietà su cui la

Sauvignon, sia lo Chardonnay,

Cantina Kurtatsch fonda la sua identità e cioè la capacità di

sono infatti prodotti solo nelle migliori annate e dai migliori

raccontare il terroir sudtirolese con vini puliti e riconoscibili,

appezzamenti di Cortaccia e portano il nome della Tenuta

provenienti dalle zone più vocate per ciascun vitigno. Così

Freienfeld, storica sede della cantina nel centro del paese.

il Pinot Bianco viene dalla frazione di Hofstatt, da vigne fra i

Interessante notare che nella sala degustazione della tenuta, abbel-

500 e i 650 metri, con suoli calcarei ricchi di argilla, mentre

lita da preziosi affreschi del Cinquecento, spicca una scena della


leggenda di Piramo e Tisbe, di cui parla Ovidio nelle sue “Metamorfosi”: ai due Romeo e Giulietta ante-litteram sono dedicate le etichette dei vini Freienfeld, disegnate dall’artista Margit Pittschieler. Un packaging importante che vuole sottolineare il rapporto molto stretto fra il Cabernet Sauvignon e lo Chardonnay Riserva, tanto diversi quanto complementari fra loro. L’inversione di rotta che Othmar Donà ha voluto fare con questi vini infatti si concretizza nell’aver da un lato aumentato e migliorato l’apporto del legno per il Cabernet, e dall’altro nell’aver invece diminuito tale apporto per lo Chardonnay. Due vini che cambiano veste, diventando l’uno più potente, persistente e complesso, l’altro più elegante e minerale, per raccontare insieme due espressioni del territorio di Cortaccia. 25


Bibenda 75 duemiladiciotto

La metamorfosi di cortaccia

Il Cabernet Sauvignon Riserva Freienfeld, che ha una lunga storia da noi ripercorsa con una verticale di 5 annate a partire dalla 1992, ci ha permesso di apprezzare tuttavia una certa continuità col passato, mentre lo Chardonnay Riserva Freienfeld pur raccogliendo l’eredità del suo predecessore, lo Chardonnay Eberlehof, si candida decisamente come rappresentante del nuovo corso tracciato dall’azienda. L’intenzione della cantina sociale d’altronde è quella di allinearsi alle necessità di un mercato, soprattutto internazionale, in continua evoluzione che richiede sempre più vini monovarietali di un certo spessore, preferibilmente di piccole produzioni provenienti da n

Othmar Donà

territori ben identificabili. Per questo è stato fondamentale il lavoro di un professionista come Harald Cronst, export manager di Cantina Kurtatsch, il quale ha lavorato a stretto contatto con Donà per trovare la chiave di volta di tutto il progetto di rinnovamento, che può individuarsi a nostro avviso nel desiderio di narrare il Trentino Alto Adige per come è oggi, senza rinnegare il passato ma anche senza restarne intrappolati. La regione invero, non va dimenticato, subisce anche gli effetti del cambiamento climatico, in primis la diminuzione dei livelli di acidità nelle uve e l’aumento della concentrazione zuccherina, che per forza di cose conducono a scelte obbligate dal punto di vista tecnico per garantire una produzione di qualità.

CABERNET SAUVIGNON

• Resa ridotta da 80 a 60 qli/ha • Fermentazioni e macerazioni più lunghe con elevazione di 14 mesi in grandi botti di legno francese, più legno nuovo ed eliminazione del legno americano • Grado alcolico più elevato • Più complessità e potenza CHARDONNAY

• Resa ridotta dai 2 kg al chilo per pianta grazie al nuovo sistema a guyot • Fermentazione in barrique francesi di media tostatura con 11 mesi di batonnage, malolattica parzialmente svolta poi assemblaggio in grandi botti ed elevazione sui lieviti per 6 mesi. • Grado alcolico più elevato • Meno note tostate e più varietali

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La degustazione | V

erticale di

Cabernet Sauvignon Freienfeld

Ecco dunque nel dettaglio come si sono evoluti i vini della linea Freienfeld e le nostre note di degustazione. A voi giudicare se il nuovo corso di una delle più piccole cantine sociali della provincia di Bolzano rappresenta oggi anche il nuovo corso dell’intero Trentino Alto Adige.

Cabernet Sauvignon Freienfeld 1992 88 / 100 Veste granato. Emerge subito l’impostazione tipica di quegl’anni, con le note di vaniglia, chiodi di garofano e pepe di Sichuan che ancora giocano un ruolo da protagonista, mentre sullo sfondo il tocco balsamico della menta e le più verdi sensazioni piraziniche certificano il vitigno. Sorso fresco e sapido, gravido di aromi di marasca e liquirizia, con tannini ben integrati, pecca un po’ in persistenza. 13% vol.

Cabernet Sauvignon Freienfeld 1997 88 / 100 Granato con tocchi rubino. Non eccelle per complessità ma i profumi che esprime sono netti e didascalici: sa di chinotto, menta, liquirizia, vaniglia e peperone verde. All’assaggio un tannino più aggrappante ed energico si contrappone ad una ancor viva freschezza e alla spiccata sapidità, con il tipico sentore vegetale che ritorna nel retrolfatto. 13,5% vol.


La degustazione | V

erticale di

Cabernet Sauvignon Freienfeld

Cabernet Sauvignon Freienfeld 2007 90 / 100 Granato con allure rubino. Un vino più orientaleggiante nei suoi tratti speziati di cumino e pepe selvatico, accenna a sensazioni floreali di lavanda e a più cupi profumi di china, rabarbaro e tabacco da fiuto, con un gradevolissimo afflato balsamico che amplia lo spettro aromatico. Sorso di scattante freschezza e vivace sapidità, dal tannino elegante, che si distende in un lungo assaggio di grande finezza. 14% vol.

Cabernet Sauvignon Freienfeld 2011 88 / 100 Rubino compatto. Tutta la sfrontatezza della gioventù ancora in bella mostra al naso con i suoi profumi di mirtilli rossi, visciole selvatiche, ribes e menta piperita che anticipano un sorso fresco e sapido, dai tannini possenti. Elegante ed equilibrato. 14,5% vol.

Cabernet Sauvignon Riserva Freienfeld 2015 90 / 100 Rubino luminoso. Olfatto in fase embrionale che gioca tutto sulla potenza dei profumi varietali di marasca, cassis, mirtilli e menta, ma che lascia intravedere un futuro fatto di complessità e potenza, con note di sottobosco, grafite e fuliggine che emergono dopo qualche minuto di aerazione nel calice. Al palato si mostra dotato di grande acidità, ricco di tannini perfettamente estratti, coerente nei ritorni aromatici e con un lungo finale sapido. Giovane ma promettente. 13% vol.

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La degustazione | V

erticale di

Chardonnay Freienfeld

Chardonnay Eberlehof 1994 88 / 100 Dorato brillante. Opulento e grasso, proprio come richiedeva il gusto di trent’anni fa, e così è rimasto, quasi fermo nel tempo: sa di passion fruit, ananas, papaia, nocciole tostate e caramello, con una inconfondibile nota di vaniglia e marzapane che probabilmente resisterà, stoica, per altri vent’anni. Il palato è la perfetta prosecuzione di quanto descritto - caldo, denso e corposo - eppur sostenuto da una prode freschezza e da una vena sapida che invita sempre a un nuovo assaggio. Monolitico. 13% vol. Chardonnay Eberlehof 1996 87 / 100 Dorato luminoso. Si trova attualmente in quella fase di chiusura che anticipa una futura elargizione di profumi terziari che ancora non si sono sviluppati, e concede perciò pochi ma compatti sentori di tiglio, scorza di cedro, zucchero filato e vaniglia. Il palato gode di una vivace vena fresco-sapida, quasi inaspettata dopo 22 anni, che ben si contrappone ad una morbidezza tanto boisé quanto glicerica che rende l’assaggio didatticamente rotondo. 13,5% vol.

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Il Cabernet Sauvignon Riserva

Freienfeld 2015 è già disponibile in un’edizione limitata di 8.100 bottiglie, mentre lo Chardonnay Riserva Freienfeld 2016, 4.000 bottiglie, uscirà sul mercato dopo la presentazione ufficiale al Vinitaly 2019.

Chardonnay Eberlehof 2000 86 / 100 Dorato intenso. Olfatto non molto complesso, anzi piuttosto inquadrato in un bouquet aromatico fatto di sensazioni di lemon curd, cotognata e miele d’arancio, che appare sentir già il peso dell’età: vira verso profumi da Cognac e anche al palato, che risulta meno condizionato dal legno, una pur presente acidità non basta ad ingentilire un sorso che spicca per alcolicità e ritorni mielati. 14% vol. Chardonnay Riserva Freienfeld 2016 90 / 100 Dorato. Cambia completamente identità il naso di questo Chardonnay: il tocco boisé è appena accennato ed esalta i freschi sentori di glicine, di ananas e di scorza di limone tipici del vitigno. Ma è soprattutto quel profumo di mela, che in altri casi sarebbe piuttosto banale citare, che qui invece, in piena Val d’Adige dove vite e melo convivono, è espressione pura del territorio. In bocca dunque emergono una vivida freschezza e una vibrante sapidità, per un sorso garbato nell’alcolicità e di lunga persistenza, con cenni di cannella e ginger in final d’assaggio. Contemporaneo. 14% vol. 29


Bibenda 75 duemiladiciotto

Il Maturano e altri vitigni di Ciociaria

IL MATURANO E ALTRI VITIGNI DI CIOCIARIA D

a r i o

R

i s i

“…Evvi fra due montagne un fosso o pur precipitio da una tirata di archibuscio, et sotto vi scorre acqua.

Lo dicono lo Lacerno, arborato dall’una e dall’altra banna de licine

et altri bellissimi arbori, tutto sassoso, quasi inaccessibile per l’alte acute et spesse pietre, dove alla sicura praticano camosci et lupi assai…Molti vi vanno et restano stupefatti”.

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foto Š Marco Tarantino

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Bibenda 75 duemiladiciotto

Il Maturano e altri vitigni di Ciociaria

Così scriveva nel 1574 Giulio Prudenzio, storico di Alvito,

nella “Descrittione

d’Alvito et suo Contato” con riferimento al Vallone Lacerno. Uno splendido e selvaggio canyon ricco di acque e grotte carsiche a ridosso della Marsica, oggi in gran parte ricadente nell’area di protezione esterna del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, versante laziale. Un territorio, appartenente alla provincia di Frosinone, frequentato da appassionati di trekking ma anche da turisti alla ricerca di prodotti tipici (la zona è ricca di tartufi) e della buona cucina. Sotto le gole del Lacerno, tra la Valle di Roveto e la piana di Sora, spicca il borgo di Pescosolido. Di fronte, nelle immediate vicinanze, Campoli Appennino e, più distanti, lo splendido Lago di Posta Fibreno e la Valle di Comino. Posto su un’altura sassosa a 630 metri s.l.m., il centro storico di Pescosolido, in lingua osca “pesclum” (roccia) e “sodolum” (solida), appare oggi raccolto intorno al piccolo corso su cui si affacciano costruzioni di epoca recente che hanno preso il posto delle case medievali distrutte dal disastroso terremoto del 1915. Nel territorio circostante, ove non è infrequente incontrare l’orso Marsicano, domina il verde: sotto le alte montagne, ad un’altitudine che oscilla tra i 450 e gli 800 metri s.l.m., solo boschi, oliveti e vigneti. È proprio a Pescosolido che inizia la nostra camminata tra le vigne alla ricerca di antiche storie e vitigni dimenticati. In quest’angolo remoto del Lazio al confine con l’Abruzzo la vite è stata coltivata da sempre. “Oggi sopravvivono ancora molte viti, localmente dette “Trendn” (dall’italiano tirante), che superano di molto i cento anni di vita, tutte a piede franco”. Il racconto è di Anselmo Cioffi, agronomo, che da tempo si sta adoperando per la riscoperta degli antichi vitigni di questa bellissima zona. “La viticoltura di Pescosolido per migliaia di anni ha prodotto vino sfuso per il paese e per il circondario. Un territorio particolarmente vocato. Il sole, con l’intero territorio comunale praticamente esposto a sud, e la giusta ventilazione, favorita dalla presenza della Valle di Roveto e della Valle di Comino, non sono mai mancati. Questa tradizione avrebbe potuto continuare così per molti anni se un gruppo di produttori non avesse iniziato a valorizzare adeguatamente il territorio cominciando in alcuni casi, e siamo solo all’inizio, ad imbottigliare il prodotto e a commercializzarlo”. Settembre regala una giornata calda e limpida con grappoli splendidi sulle piante pronti per essere vendemmiati. È Anselmo Cioffi a farci da guida. Volti di contadini e tante storie di fatica e sacrificio tra vitigni affascinanti e poco conosciuti. 32


n

Una veduta del borgo di Pescosolido e delle sue vigne situate tra la Valle di Roveto e la Valle di Comino.

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Bibenda 75 duemiladiciotto

Il Maturano e altri vitigni di Ciociaria

Il primo incontro è con Luigi Lucci, intraprendente imprenditore

(circa 0,7 ha), anche la Passerina che in questi terreni si esprime

dell’Azienda Agricola Biologica intestata alla moglie Sarra

con caratteristiche uniche per un prodotto, come il Piluc di Poggio

Annarita. I vigneti sono interamente su breccia bianca. Qui

alla Meta, ricco di eleganza e grande mineralità.

si coltivano, tra i 600 e i 700 metri s.l.m., il Maturano bianco e

L’incontro successivo è con l’azienda di Paolo Guida, padre

altre varietà riscoperte da poco come l’Uva Giulia, a bacca rossa.

della titolare Guida Vanessa, azienda in conversione biologica

L’azienda sta ultimando anche una cantina, parzialmente interrata

che mantiene la tradizione con molti Trendn, dove prevalgono

nella roccia, per la vinificazione, con

Maturano, Pampanaro e Capolongo

annessa una piccola taverna per la

rosso. Ci troviamo sul versante che

degustazione dei prodotti. Non solo

si affaccia sulla Valle di Roveto. Il

vino però. Una piacevole sorpresa

terreno qui diventa calcareo e di

poter apprezzare in quest’azienda

medio impasto. Una posizione

l’Ortice, una cultivar da cui Luigi

particolarmente favorevole grazie

Lucci estrae un olio dal sapore

alla costante ventilazione presente

elegante e dal profumo intenso.

nella valle che riesce a garantire, anche in annate particolarmente

Con Anselmo Cioffi attraversiamo

piovose, uve sane e di ottima qualità.

poi i terreni di sua proprietà. Buona parte dei vigneti sono posizionati

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Continuiamo il nostro viaggio con

sulla sommità di un colle a circa 500 metri di altezza con vista

l’azienda di Enzo Marcoccio e di sua figlia Rosalba, giovane

sul vicino paese di Campoli Appennino. Qui si lavora in regime

titolare dell’omonima azienda biologica che da generazioni

biologico e biodinamico certificato, su suoli di pietra bianca

conserva sui Trendn maritati all’olivo, unicità di questo

levigata. In uno dei vigneti sono coltivati buona parte dei vitigni

territorio, tutte le vecchie varietà. Grazie a questa azienda

locali che sono stati riscoperti negli ultimi anni. Un impianto

l’ARSIAL (Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l’innovazione

sperimentale di estremo interesse scientifico e pratico utilizzato,

dell’Agricoltura del Lazio) ha potuto recuperare, su terreni

in collaborazione con l’azienda di Casalvieri Poggio alla Meta

calcarei sabbiosi e di medio impasto, posizionati tra i 400 e i

del Prof. Mariano Nicotina, per lo studio agronomico ed

500 metri, diverse varietà antiche di vite che sono state iscritte

enologico delle diverse varietà. Vegetano qui Maturano bianco,

nell’elenco delle risorse genetiche. Presente una piccola cantina

Pampanaro (vitigno bianco di buona produttività che da cui si

(al momento non è ancora previsto l’imbottigliamento) ma

ottengono vini molto chiari e aciduli, spesso in uvaggio, secondo

anche un piccolo frantoio e un caseificio dove si trasforma il latte

la tradizione locale, con Capolongo e Maturano), Capolongo

degli animali aziendali allevati sui pascoli di montagna.

bianco (localmente detto tstaregl bianco, dalla buccia dura, per

Un variegato mondo fatto di piccoli vignaioli appassionati e

vini aciduli ma aromatici e di corpo), Lecinaro (vitigno rosso, dal

preparati che con sacrificio sta cercando, attraverso il recupero e la

dialetto “lecina”, la susina viola coltivata nella zona) e Maturano

valorizzazione degli antichi vitigni, di far conoscere questo territorio

nero (vini morbidi con pochi tannini). Inoltre Uva Giulia (per vini

anche al di fuori del ristretto ambito regionale. È il caso di Danilo

tannici carichi di colore e acidità con profumi molto accentuati e

Scenna, giovane e dinamico titolare dell’Azienda D.S. bio. Il suo

particolari), Tendola, Uva Mecella, Capolongo rosso (localmente

Arcaro, da uve Maturano in purezza, ha vinto nel 2017 il premio

detto tstaregl rosso). Presente in purezza, distribuita su due vigneti

alla manifestazione Autochtona, tradizionale evento autunnale


che si svolge a Bolzano, nella categoria miglior vino bianco. Un’affermazione che, oltre a portare alla ribalta questa interessante azienda biologica in conversione biodinamica, ha dato lustro ad un una parte della Ciociaria finora poco frequentata dal turismo del vino. “D.S. bio nasce nel 2012” ci racconta Danilo. “Si tratta di un’azienda di prima generazione; i miei genitori possedevano dei terreni di famiglia, in parte incolti e in parte destinati alla produzione di olio. Mi sono laureato in Economia e Management e quindi ho studiato in Francia, La passione per il vino l’ho sempre avuta ed era un mio sogno quello di fare della mia passione una professione. Proprio in Francia mi sono avvicinato al “mondo” dei vini naturali, ed ho approfondito il tema studiandone gli aspetti filosofici, anzi, per meglio dire antroposofici. In seguito ho avuto una breve esperienza a Bruxellex al Parlamento Europeo, dove ho seguito i lavori per la stesura della Politica Agricola Comune 2014-2020. Una volta tornato in Italia ho iniziato ad acquistare dei terreni a Pescosolido e nel 2013 ho impiantato i primi 6000 mq di maturano. Ad oggi ho quasi 2 ettari di vigneto e l’obiettivo è quello di arrivare ai 5 ettari. n

Nelle foto sopra Enzo e

Rosalba Marcoccio. Un grappolo di Uva Giulia. Sotto, Danilo Scenna e Anselmo Cioffi. Un grappolo di Maturano bianco. Nella pagina accanto Luigi Lucci nel suo uliveto.

35


Bibenda 75 duemiladiciotto

Il Maturano e altri vitigni di Ciociaria

Sono stato fortunato perché all’inizio della mia “avventura” ho conosciuto subito delle persone con le quali tutt’oggi collaboro come Anselmo Cioffi per la parte agronomica, Carlo Noro per i preparati biodinamici e Michele Lorenzetti (enologo). Tra i vitigni coltivati nei terreni di questa Azienda troviamo il Maturano, il Lecinaro e l’Uva Giulia. Per quanto concerne le forme di allevamento, i nuovi impianti sono a spalliera, ma nei vecchi terreni della famiglia sopravvive il sistema ad alberata con la vite maritata all’ulivo. Tre sono i vini prodotti: Il Volumnia , un blend di Sangiovese (40%), Lecinaro (40%) e Uva Giulia (20%), il Matre (60% Maturano e 40% Trebbiano), prodotto dalle vigne n

Poggio alla Meta S.r.l.

vecchie franche di piede (senza portainnesto) ed infine l’Arcaro. L’obiettivo primario di

Via Valloni snc

questa Azienda è quello di perseguire una viticoltura sostenibile coniugando al meglio

Casalvieri (FR)

tradizione e innovazione. “In questa azienda” è ancora Danilo che parla “non vengono

Tel. 3356861317

usati concimi chimici e diserbanti. Gli unici prodotti che vengono impiegati sono i preparati

poggioallameta@gmail.com

biodinamici: il cornoletame, la silice, la semina di sovesci e il compost. Per il resto è tutto in

www.poggioallameta.it

sintonia con la natura con particolare attenzione alle fasi lunari”. Una grande affermazione quindi per il Maturano, antico vitigno autoctono della Valle del Liri e della Valle di Comino, da poco riscoperto e quindi iscritto nel Registro nazionale delle varietà di vite da vino nel 2010, assieme al Capolongo bianco, il Lecinaro nero, il Pampanaro bianco. Il Maturano ha un acino grande, con buccia spessa pruinosa, consistente, dal colore giallo carico nel pieno della maturazione. Una varietà caratterizzata da notevole rusticità con germogliamento tardivo che le permette di superare senza danni gelate e brinate primaverili. È in grado di adattarsi alle varie condizioni ambientali vegetando senza problemi sia su terreni mediamente compatti, ma con buona presenza di sabbia, sia su terreni calcarei con presenza o prevalenza di scheletro. In passato veniva allevato maritato all’olmo (a Pescosolido soprattutto all’olivo) . Oggi è allevato prevalentemente a spalliera semplice in coltura promiscua. A Pescosolido, e nei comuni circostanti ove è diffuso il vitigno, i viticoltori prediligono il cordone speronato ed il Guyot. Ancora oggi possiamo però ammirare , retaggio di un’antica cultura, viti allevate ad alberata ciociara. La maggior parte delle viti presenti nel territorio di Pescosolido sono a piede franco. Vitigno produttivo, con buona resistenza alle malattie, il Maturano in annate particolari tende ad avere difficoltà di allegazione (localmente viene detto che sgrana) e quindi può presentarsi in questi casi con un grappolo estremamente spargolo. Particolarmente significativi ai fini della conoscenza di questo vitigno gli assaggi delle bottiglie di D.S. Bio e di Poggio alla Meta. Nonostante la diversità dei terreni e le differenti scelte delle due aziende in merito alle tecniche di vinificazione si riescono comunque ad apprezzare in maniera compiuta le peculiarità del vitigno e le sue potenzialità espressive.

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I VINI y L’Arcaro 2016 di D.S. Bio, dal colore oro antico, è caratterizzato da profumi di erbe di campo, mela cotogna e pesca sciroppata. Al palato è abbastanza consistente e succoso con piacevoli ritorni di erbe aromatiche, frutta bianca matura, mandorla e pinoli. Il finale asciutto e di media persistenza. L’Arcaro di quest’annata ha fatto 48 ore di macerazione sulle bucce in vasche di cemento con affinamento di 6 mesi in cemento e 3 mesi in bottiglia. L’Arcaro 2017, vinificato in bianco senza contatto con le bucce, si presenta di colore giallo oro carico. All’olfatto mostra delicati sentori floreali e di frutta bianca matura. Si riconoscono i fiori gialli e il tè ma anche la mela cotogna e il miele di acacia. In bocca è sufficientemente fresco e sapido con buona corrispondenza naso – bocca. Di medio corpo avvolge delicatamente il palato con aromi di fiori di campo, miele e albicocca, chiudendo con bella persistenza tra ricordi di erbe aromatiche e mandorle amare. Perfetto in abbinamento con le fettuccine al tartufo ma anche con la pasticceria secca a base di nocciole. n

y Il Maturano 2016 di Poggio alla Meta, dal colore paglierino carico con riflessi verde oro, di bella nitidezza e trasparenza, si apre con intriganti note vegetali. Ai fiori di campo e alle erbe aromatiche si aggiunge la frutta bianca matura (con qualche nota esotica). In bocca è asciutto e sufficientemente ricco. Timo, camomilla e rosmarino avvolgono piacevolmente il palato lasciando spazio nel finale alla mela bianca matura e alla mandorla amara. L’annata 2017 di questa azienda piace per l’ampio ventaglio di aromi che riempiono delicatamente il bicchiere. Al naso, più fresco e balsamico del campione precedente, possiamo riconoscere le erbe aromatiche, i fiori di campo, la mela verde, il cedro e qualche nota di frutta tropicale. All’assaggio è asciutto e sapido, appena minerale. Elegante e di beva gradevole mostra grande profondità e persistenza. In bocca le erbe aromatiche lasciano progressivamente spazio alla frutta bianca matura e quindi alla mandorla per un finale lungo e molto convincente. Fermentato in acciaio con lieviti selezionati biologici a temperatura controllata (18°) dopo i travasi e le filtrazioni viene affinato in acciaio. Limitato l’utilizzo di anidride solforosa entro i limiti dell’agricoltura biologica. Vinificato e commercializzato dall’Azienda Poggio alla Meta, con cantina nella vicina Casalvieri, con uve provenienti dai vigneti di Luigi Lucci a Pescosolido. Da provare con la zuppa di pane raffermo e verdure o con le Sagne e fagioli Cannellini di Atina.

Azienda Agricola BIO

Danilo Scenna Via Piana 32 Pescosolido (FR) Tel. 3498612984 info@dsbiodinamica.com www.dsbiodinamica.com

Piccoli vigneti su terreni particolarmente scoscesi sotto grandi montagne. Un patrimonio ampelografico unico, complesso e variegato, ancora in fase di studio. Nei racconti della gente di Pescosolido antiche tradizioni e tante storie di fatica e attaccamento alla terra. Un angolo di Ciociaria, sospeso tra Lazio ed Abruzzo, incastonato nel verde e ricco di gemme preziose. 37


Bibenda 75 duemiladiciotto

Piccole storie e curiosità dello stato nato a San Valentino

Piccole storie e curiosità dello stato nato a

E

lv i a

L’Oregon lontano

G

r e g o r a c e

divenne uno stato degli

1859. Territorio

USA

il giorno di

dell’ormai

federato, situato nell’area nord occidentale del

continente americano lambito dall’Oceano

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San Valentino

Pacifico.


San Valentino

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Bibenda 75 duemiladiciotto

Piccole storie e curiosità dello stato nato a San Valentino

Luogo ricco di vegetazione, a tratti incontaminato, regala, a chi lo visita, momenti di silenzio intervallati dallo stupore che raggiunge l’acme quando si scorge il Crater Lake, scoperto da un mulattiere che aveva perso la strada nella prima metà dell’800. Tesori naturali, oggi conosciuti anche grazie alla presenza di un turismo enologico che dalla Napa Valley si sta spingendo in questa zona. Un clima fresco e umido è vivo nell’Oregon, alla medesima latitudine del sud della Francia. L’ebrezza del mare mitiga le estati torride. Pinot Noir, Chardonnay, Pinot Gris e Riesling in aumento negli ultimi anni, sono i vitigni più diffusi. Piccole cellar si alternano a grandi winery che talvolta sembrano “scimmiottare” uno stile californiano non sempre indice di qualità del prodotto. Distese di uve si scorgono tra colline che a tratti rammentano i più suggestivi panorami valdostani e piemontesi. La maggior parte dei produttori sogna la Borgogna e se si paragona uno dei loro vini a un sorso francese pare che raggiungano l’apoteosi. Diverse le cantine, differenti i sorsi, i più tecnicamente perfetti, non sempre emozionanti. Chi tra le vigne e gli studi enologici ha trovato la sua strada è la proprietaria e winemaker Kelly Kidneigh della Mad Violets Wine Company. Desiderava diventare attrice. Una volta giunta in California, però, per potersi mantenere tra uno spettacolo e un altro inizia a lavorare come cameriera in un locale. Conquistata dagli story telling, incontra l’uomo della sua vita, Stirling. A poco a poco acquista vigne e crea una sua cantina alla quale offre i nome delle figlie Madeline e Violet. La sala degustazione è piccolissima, si tratta di una casetta nel bosco priva di sedie nella quale si è accolti da Tenzing, mastino Tibetano, predisposto agli scatti fotografici. Sembra di vivere nel mondo delle bambole anche se non se ne vedono perché sono proprio le donne e la loro forza le protagoniste di questa azienda. I bianchi regnano sovrani: Chardonnay e Riesling hanno personalità ed equilibrio. Il primo regala profumi intensi, il secondo inebria.

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Chi ha generato dal Riesling una vera e propria filosofia è la

riuscendo ad aumentare la quantità di bottiglie vendute e stando

cantina Brooks, ne sono prodotti ben ventitré, impossibile non

sempre a contatto con la gente. Diverse le cene settimanali a

trovare il coniuge ideale. L’azienda nasce nel 1998 per volontà di

tema che si svolgono in cantina nelle quali sono coinvolti chef

Jimi morto prematuramente, proprio quando il suo sogno stava

rinomati. Nulla è lasciato al caso. I fortunati commensali hanno

per realizzarsi. Ad aver preso le redini sono stati il giovane figlio

la possibilità di godere di uno splendido panorama, di gadget

Pascal e la sorella Janie. Donna volitiva, estroversa che dopo la

connessi al tema del vino e soprattutto del rapporto diretto tra

grave perdita si è dedicata completamente al sogno del fratello,

produttore e consumatore.

n

A sinistra la cantina e un

dettaglio delle vigne della Mad Violets Wine Company; a destra la veduta aerea delle vigne della cantina Brooks e il ristorante della cantina.

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Bibenda 75 duemiladiciotto

Piccole storie e curiosità dello stato nato a San Valentino

Per chi è desideroso di paesaggi mozzafiato, realtà più ampie

giorno potessero essere più famosi dei vicini californiani. Diversi

e scenari coreografici Willamatte Valley Vineyards è la scelta

i Pinot. Le speziature ondeggiano tra chiodi di garofano, pepe

giusta. Trentacinque ettari di paesaggio regalano un vero e proprio

nero e noce moscata su un sottofondo di frutti rossi.

percorso che esprime la storia del vino in Oregon. Fondatore è

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Jim Berneau, perfetta combinazione tra origini tedesche e francesi.

Zerba Cellars è una realtà a conduzione familiare, ubicata al centro

Uomo intuitivo, sa scegliere perfettamente i collaboratori. I suoi

di Walla Walla Valley. Diverse le uve tra le quali il Sangiovese. I vini

vini hanno un grande riscontro sul mercato internazionale.

sono intensi e morbidi, di palato americano diremmo. Persistenti.

Sebbene l’Oregon non sia stato meta dell’emigrazione italiana,

Chi, invece, si è innamorato dei vitigni italiani è Lowell Ford a capo

due cognomi ne hanno provenienza: Pataccoli e Zerba. La

della cantina Illahe il cui significato è legato indissolubilmente

cantina Redhawk è di origine marchigiana. John non conosce

alla terra, al suolo. A parte il Pinot Noir emergono Lagrein,

l’italiano, ricorda con commozione la nonna che lo lasciò

Schioppettino e Teroldego. L’owner è attratto dal nord Italia e tenta

ragazzino. Da quel momento in poi stabilisce di smettere di

di produrre vini che possano ricordare i sentori nostrani. Crede

parlare la lingua natia per tentare di cancellare il dolore. Giovanni

che le condizioni climatiche del suo appezzamento di terreno

e Grazia Pavoni Pataccoli giunsero a New York cercando una vita

siano simili alle nostre. L’accoglienza è di casa. Kathy Greysmith,

migliore. È John che decide di trasferirsi in Oregon, credendo nei

donnina esile dai lunghi capelli argentei e dalla personalità

suoi studi di enologia e soprattutto sperando che i suoi vini un

vulcanica, si occupa della clientela in modo simpatico e ironico.


Chi, però, ha capito l’importanza del territorio e la necessità di non dover essere copia di altri ma, semplicemente, di interpretare ciò che la natura offre è Bryn Mawr vineyards. Terreni vulcanici e venti marini coccolano ventuno ettari di vigneto. Jon e Kathy Lauer coadiuvati, oggi, dal figlio David, producono vini autentici. Ogni vitigno ha le sue peculiarità. Colori, aromi, intensità sono indicatori di calici realizzati molto bene. Da segnalare la Barbera che potrebbe far ingelosire un produttore piemontese. I nettari sono diversi e voluttuosi. La riuscita del successo è data non solo da una famiglia che lavora sodo, ma anche da una winemaker scevra da ogni tipo di condizionamento. Decide di studiare in Australia e di seguire il corso delle stagioni. Rachel Rose è una giovane donna, vincente che ha contribuito alla buona riuscita di un’azienda che merita il successo. Dulcis in fundo i nettari di Cristom vineyards. Il sultano è il Pinot Noir. Piacevole, elegante e raffinato ha una serie di sfumature tipiche dei vini francesi. L’Oregon resta tra gli stati ancora di scoprire. Le culture che lo hanno costituito si sono abbracciate su un suolo naturalmente emozionante che regala paesaggi talvolta mozzafiato. 43


Bibenda 75 duemiladiciotto

Il segreto di Giuliano

IL segreto DI GIULIANO P

i e t r o

M

e r c o g l i a n o

Casa Bortolomiol svela la sua ultima novitĂ in una cena al RoofTop Terrace del Marriott Rome Grand Hotel Flora

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Bibenda 75 duemiladiciotto

Il segreto di Giuliano

È ormai un luogo comune, quasi una frase fatta, che gli “eventi” si svolgano “in magiche cornici”: ma esistono serate in cui la cornice e l’evento appaiono cosí perfettamente disegnati l’uno nell’altra da far pensare davvero a una sorta di magia, tanto è il senso di stupore che prende. Un esempio recente: la sera dell’ultimo ventotto novembre, sulla strada romana della Dolce Vita all’ultimo piano dell’albergo “Flora”, Bortolomiol presentava la sua ultima novità. Si entra, si salutano i vecchi amici e si conoscono i nuovi, s’inizia a prender confidenza col bianco purissimo di arredi e tovagliati. Viene servito il “Bandarossa Special Reserve” della celebre Cantina di Valdobbiadene, accompagnato da un piccolo amusebouche. Pian piano s’inizia a prender posto a tavola e a sogguardare il menu: col plat de résistance è annunciato l’abbinamento a “Il Segreto di Giuliano”, che nessuno ovviamente ha mai sentito nominare (o che segreto sarebbe?) e che subito risveglia la curiosità. Ad aumentare la quale c’è un tavolino sul quale si staglia la sagoma d’una bottiglia coperta da un velluto rosso. Stefano Carboni di “MC Logos” introduce la serata e presenta Elvira e Maria Elena Bortolomiol. La cena si apre con un fresco piatto di pesce, perfettamente equilibrato: maccarello, bufala liquida, tarallo, gel di carpione; in abbinamento, il Valdobbiadene Prosecco Superiore “Ius Naturae” Brut Millesimato Biologico: tipicamente fruttato e con ottimo corredo floreale, colpisce positivamente per la lunga sapidità. Si prosegue con un piatto di pasta ripiena, segnato dalle caratteristiche amaricanti della verdura: ravioli di baccalà, alici del Cantabrico, bieta; in abbinamento, il Valdobbiadene Prosecco Superiore “Grande Cuvée del Fondatore - Motus Vitae” Brut Nature Millesimato delle Rive di San Pietro di Barbozza: naso floreale e minerale, prosegue in bocca con un sorso vibrante ed equilibrato. Intanto, gli argomenti di conversazione a tavola sono naturalmente tutti attratti dal Segreto di Giuliano e dal velluto rosso che lo cela: si fanno supposizioni, ci si scambiano intuizioni (nessuna delle quali si rivelerà esatta), si evita di scommettere solo perché ancora non s’è bevuto troppo. Carboni e le sorelle Bortolomiol si alzano sorridenti, lieti della curiosità suscitata e certi dell’effetto che stanno per ottenere; li raggiunge l’enologo Roberto Cipresso, appena giunto dall’Argentina. Iniziano a parlare di Giuliano Bortolomiol: 46


del suo ruolo fondamentale per la Denominazione di Valdobbiadene, del suo rispetto per l’ambiente e per la terra, della sua sognante pragmaticità. E, a quel che pare, Giuliano Bortolomiol aveva un segreto: possedeva un ettaro vitato sul versante freddo di Montalcino; che ora la famiglia (la vedova e le quattro figlie) ha deciso di porre a frutto. Un chilogrammo di resa per pianta, per un totale di tremila bottiglie che si fa conto presto di portare a cinquemila. Il drappo viene sollevato e si procede alla solenne apertura della prima bottiglia della prima annata, la 2016, di “Il Segreto di Giuliano”. Sangiovese con l’apporto d’un 15% di Alicante, il vino s’eleva per un anno in barrique di rovere francese. Il colore concentrato e brillante e la consistenza che dimostra alla vista già lasciano presagire l’assaggio che verrà. All’olfatto è inizialmente molto compatto su toni di spezie piccanti ed erbe aromatiche che abbracciano il frutto croccante; poi va via via declinando ricordi di balsamicità mentolata e di speziatura dolce, mentre si approfondisce sempre piú una cupa sensazione di sottobosco. In bocca è potente e generoso, caldo ma bilanciato dalla vibrante freschezza e carezzato da un tannino davvero vellutato; di ottima persistenza, lascia la bocca non appesantita ma pur consapevole della struttura degustata; a dispetto (od in virtú?) della quale, la qualità invita comunque con disinvoltura al nuovo sorso.

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Bibenda 75 duemiladiciotto

Il segreto di Giuliano

In abbinamento, era servito un filetto di manzo al pepe di Sichuan con morbido di patate e salsa alla senape; nonostante la veemenza della salsa – che forse non rendeva il miglior servigio al vino protagonista della serata –, il piatto era di ottima fattura: opera, come il resto del menu, della brigata guidata con passione e competenza dall’executive chef Raffaele de Mase. Dopo le emozioni del racconto del Segreto di Giuliano, un entremets sucré di notevole gusto riportava all’atmosfera conviviale: cremoso al mango, crema allo n

Elvira Bortolomiol e Roberto

yuzu, dacquoise di mandorle; in abbinamento, il Valdobbiadene Superiore di Cartizze

Cipresso brindano in cantina

Dry Millesimato. Chiudeva la cena una mousse di cioccolato fondente e tè Lapsang

con il “Segreto di Giuliano”.

Souchong accompagnata dalla Grappa di Bandarossa. Lasciando la terrazza di Via Veneto, rimaneva indosso la sensazione d’aver partecipato al contempo a una riunione di famiglia e a un incontro ufficiale: la pregnanza e l’emozione di entrambi i momenti, unite a quel senso di primavera che sempre accompagna la rivelazione d’una nuova impresa; e nelle orecchie il motto di Giuliano: “Bisogna fare qualcosa!”.

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I D I T N A R I RISTO

t i . a d n e b i www.b


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I vini dei vice campioni del mondo

I VINI DEI VICE CAMPIONI DEL MONDO A

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n t o n e ll a

P

o mp e i


Alla scoperta dei vini croati dell’Isola di Hvar, splendida isola della Dalmazia.

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Bibenda 75 duemiladiciotto

I vini dei vice campioni del mondo

L’estate scorsa la Croazia ci ha fatto battere il cuore. Perché

Dal punto di vista ampelografico, la Croazia dispone di un

stava per diventare campione del mondo ai mondiali di calcio

importante patrimonio di vitigni autoctoni, tra cui la pregiata

Russia 2018, contro i nostri non sempre amatissimi cugini

Malvasia Istriana nell’Istria, lo Zeleni Silvanic, la Grasevina e

francesi. Purtroppo sappiamo che non ce l’ha fatta. Forse

il Frankovka nella zona nord-occidentale, il Debit che, come

però non tutti sappiamo che la Croazia è anche un paese

il Pagadebit romagnolo, corrisponde al Bombino Bianco, il

vitivinicolo dove l’uva si coltiva da secoli e dove il vino fa

Bogdanuša e molti altri, dai nomi talvolta per noi impronunciabili.

parte delle tradizioni, della cultura

Il vitigno più interessante è il Crljenak

e dei consumi quotidiani.

Kastelanski, perché è geneticamente

Qui la vite, probabilmente portata

uguale al nostro Primitivo e allo

dai romani o ancor prima dai

Zinfandel californiano.

greci, trova un habitat ideale sia nel

Probabilmente, parlando di Primitivo

clima mite e soleggiato delle coste

e Zinfandel, a proposito di vitigni

adriatiche, sia nei climi più freschi

croati, a molti di noi verrà in mente il

e umidi della parte continentale

Plavac Mali, che invece è, dal punto

del Paese, laddove il sole riesce

di vista genetico, “figlio” del Crljenak

comunque a garantire una buona

Kastelanski, così la parentela tra il

produzione, soprattutto di vini

Primitivo, lo Zinfandel ed il Plavac

bianchi freschi, profumati e leggeri.

Mali è confermata. Ed è sempre

La viticoltura si pratica un po’ ovunque, con grande prevalenza

il Plavac Mali, tra i rossi, l’uva croata per eccellenza, il vitigno

dei molti vitigni autoctoni, diffusi nella varie zone. Il vino

portabandiera dell’intera Croazia, diffuso un po’ dappertutto,

risulta tra le eccellenze della Croazia e la produzione è molto

specie nella zona costiera meridionale e nella splendida Isola di

importante sia nella quantità che nella qualità, con circa 300

Hvar, l’isola più soleggiata della Dalmazia.

produttori nella zona continentale e circa 130 nella zona

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costiera e delle numerose isole della Dalmazia. La costa e le

Tralasciando la bellezza mozzafiato delle ciottolose spiagge e

isole producono principalmente vini da dessert e vini rossi di

delle frastagliate coste, dei colori del mare di tutte le sfumature

alta qualità. I primi, considerati un po’ il fiore all’occhiello tra

trasparenti del verde e del blu, l’Isola di Hvar è anche ricca di

i vini croati, esprimono il carattere dolce e vigoroso di queste

attrattive storico-architettoniche e, cosa che in questo contesto ci

terre mentre tra i secondi troviamo produzioni di buona qualità

interessa maggiormente, enologiche. Hvar, centro più importante

e talvolta di pregio, quasi sempre a prezzi invitanti. Tra questi,

che dà il nome all’isola, è una cittadina bellissima, dallo stile

il Dingač, vino corposo prodotto nella penisola di Peljesač, che

veneziano, come tutte le cittadine sulla costa dalmata, un tempo

è stato, nel 1967, il primo vino ad ottenere la denominazione

possedimenti della Repubblica della Serenissima, ognuna coi

di origine controllata croata, ed il Postup, anch’esso vino rosso

suoi tetti arancioni ed il suo alto appuntito campanile. A Hvar

tra i migliori della nazione, meno noto e più economico del

è possibile ammirare la bianca Cattedrale di Santo Stefano,

Dingač. Tra i vini costieri ed isolani in genere, troviamo il

l’Arsenale, edificio presso cui si riparavano le navi da guerra della

Vugava, bianco paglierino e profumato dell’isola di Vis, il Gkr,

Repubblica di Venezia, il Teatro Rinascimentale, la Fortezza

prodotto nella bellissima isola di Korcula, l’ottima Malvasia di

Ispanjola, che difese l’isola dall’armata dei turchi e da cui si

Dubrovnik e tanti altri.

gode un panorama unico, il Monastero Benedettino, la Tesoreria


Vescovile, varie chiese e strade fatte di lucidi lastroni di marmo bianco. Se invece si preferisce vivere la movida, ci sono locali eleganti e discoteche alla moda, spiagge ben frequentate e una magnifica passeggiata lungo il porticciolo, dove attraccano gli yacht più lussuosi del mondo. Oltre a Hvar, l’isola presenta altri centri urbanizzati: la struggente Stari Grad, nominata nel 2008 patrimonio dell’umanità dall’Unesco, la sola, insieme a Hvar, a possedere lo status di città. Deliziosa ed accogliente, Stari Grad ha un’anima tutta sua, che colpisce al cuore per la sua bellezza semplice e quieta, con una vista meravigliosa ed un’atmosfera rilassante, immersa nella natura ricca, nel mare stupendo e nell’aria odorosa. Le altre cittadine, costiere come Jelsa, Vrboska e Sicuraj e interne come Vrbanja, sono tutte molto

n

belle. E tutte hanno un’identità vignaiola, oltre che turistica, soprattutto Jelsa e Vrbanja.

Unesco; sotto, una veduta del porto

Per il resto, l’isola sfoggia una natura pressoché intatta, al cui interno si incontrano profili

ripresa dalla Fortezza di Starigrad

rocciosi e dolci colline, macchia mediterranea e campi di lavanda, uno dei simboli croati,

(Fortica).

In apertura Stari Grad, patrimonio

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Bibenda 75 duemiladiciotto

I vini dei vice campioni del mondo

poi pini marittimi, alberi di melograno e piccoli orti dietro le case. Nelle campagne, piantine di origano, rosmarino e lavanda spuntano un po’ ovunque, così come nei giardini degli alberghi e nelle aiuole del lungomare, a profumare intensamente l’aria pulita, asciutta e leggera. E, tra tutta questa bellezza, troviamo le vigne. Dal punto di vista storico, la produzione vitivinicola dell’Isola di Hvar ha vissuto vari passaggi a partire dalla fine del XIX secolo, quando anche tutta la Dalmazia fu colpita dallo sterminio della fillossera. A quell’epoca Hvar era una delle regioni vitivinicole più produttive d’Europa. La crisi causata dalla fillossera durò, come nel resto del continente, circa due decenni, poi iniziò la rinascita e i viticoltori dell’isola decisero di risorgere nel solco della tradizione dei loro padri. Ma un’altra piaga intervenne a colpire la viticoltura

n

L’isola di Hvar è un vivaio

a cielo aperto di numerose varietà di vitigni. Nella zona meridionale gli impianti digradano dolcemente fino in riva al mare.

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della Croazia, che all’epoca era ancora Yugoslavia. Alla fine degli

a dedicarsi alle varietà autoctone che potevano rendere risultati più

anni ‘40, i leader politici della Repubblica Federale di Yugoslavia

interessanti. Quasi ogni villaggio a Hvar aveva all’epoca la propria

presero una decisione i cui effetti furono disastrosi quanto quelli

cooperativa di vignaioli, una delle quali esiste ancora oggi, mentre

causati dalla fillossera: i viticoltori potevano produrre vino solo

le altre sono state assorbite da varie aziende. All’inizio degli anni

per il proprio fabbisogno, mentre il resto della produzione doveva

’90 la Croazia divenne indipendente e, dopo un breve periodo di

essere ceduto alle cooperative. Contemporaneamente, furono

stagnazione, le cose cominciarono a migliorare. Crebbe il numero

espiantate le varietà indigene meno produttive per far posto alle più

dei vigneti allevati a varietà autoctone, quasi sempre ad alberello;

redditizie uve internazionali. Si produceva molto vino ma di qualità

quindi con rese bassissime; l’attenzione principale fu dedicata al

scadente. Una decina di anni dopo, ai viticoltori fu permesso di

Plavac Mali ed i viticoltori cominciarono a diventare competitivi

vendere di nuovo il proprio vino per cui, poco a poco, iniziarono

orientandosi verso la qualità.

Oggi i vitigni più coltivati a Hvar sono i rossi Plavac Mali e Darnekuša (autoctono di Hvar) e i bianchi Bogdanuša e Parc, seguiti da Mehuja, Pošip e Maraština, coltivati in tutta la Dalmazia. Alcuni produttori hanno recentemente introdotto il Cabernet Sauvignon ed il Merlot, come Andro Tomic, più che altro ad uso sperimentale o per dare morbidezza alle varietà autoctone. Il Plavac Mali si ambienta bene anche nelle zone più rocciose e dal clima più arido, ha una buccia spessa per cui ha una buona resistenza alle malattie, produce molti zuccheri mentre l’acidità è moderata, così i vini hanno spesso un’importante gradazione alcolica e bisogna fare attenzione al rapporto acidi/zuccheri dell’uva per preservare una discreta acidità. I suoi vini, di un intenso rosso violaceo da giovani, regalano bouquet fruttati, dove spiccano frutti rossi più o meno maturi secondo l’annata e la gioventù, che virano facilmente nel frutto in confettura o sotto spirito, sentori di spezie e talvolta lievi note vegetali. In bocca sono caldi, di buona struttura tannica e di piacevole morbidezza. I tannini talvolta presentano un finale lievemente amarognolo ma sanno essere anche vellutati e ben integrati nella possente impalcatura. Da giovani sono godibili ma è consigliabile aspettare qualche anno, fino ad un massimo di cinque o sei, se l’acidità lo consente e nelle migliori espressioni aziendali. Sull’Isola di Hvar, a Jelsa, si tiene ogni anno alla fine di agosto, uno dei più importanti eventi del vino di tutto l’Adriatico, la Jelsa Festavina, famosa in tutta la Croazia. Sempre in Dalmazia, nella splendida Dubrovnik si svolge il Dubrovnik Festiwine, altro evento sul vino di risonanza nazionale. Tutto questo può bastare a demolire l’erronea rappresentazione che fa percepire la Croazia come un paese vitivinicolo di scarso rilievo? 55


La degustazione | L

e

Aziende e i Vini di Hvar

I più importanti produttori dell’isola, secondo l’ordine quantitativo, sono Zlatan Plenkovic, sul versante meridionale, che produce anche in altre zone della Croazia, la cooperativa PZ Svirce a Svirce, Andro Tomic a Jelsa, Vino Hvar Winery dei Fratelli Caric a Svirce, la cantina dei Fratelli Plančić a Vrbanja. Vini di particolare pregio provengono da piccolissime aziende come quella di Ivo Dubokovic a Jelsa e Vujnovic a Sicuraj. Seguono la cantina Luviji a Hvar, Huljic a Jelsa, Pinjata a Vrboska, Pavino a Stari Grad e Tudor a Milna.

PLANČIĆ WINERY

Si trova a Vrbanja, su 4,5 ettari di colline di white soil nell’entroterra dell’isola, il cui terreno è per lo più sabbioso, con buone percentuali di calcare, terra rossa e ciottoli. L’azienda esiste dal 1916 e dall’85 è guidata dai fratelli Antun e Marijo Plančić. Produce vini bianchi e rossi con le uve tipiche di Hvar, soprattutto Bogdanuša e Parc per i vini bianchi, Plavac Mali e Darnekuša per i rossi. Marijo Planćić, persona riservata e sensibile, mi fa provare alcuni vini bianchi, annate 2016 e 2015, 15 mesi in barrique non nuove. Sono vini freschi e piacevoli, dai profumi fruttati e floreali, dotati di discreta acidità e di buona sapidità, ideali da degustare d’estate come aperitivo o in abbinamento a delicati piatti a base di pesce, noi lo abbiamo provato con un buon formaggio. I vini rossi sono più strutturati: proviamo il Pharos Grand Cru 2009, fruttato e corposo, con una lieve nota ossidata, forse perché la bottiglia era stata aperta il giorno prima. A casa mi porto il Pharos Reserva, fiore all’occhiello di Plančić, da una selezione di uve raccolte a mano, dalle rese bassissime (0,5 – 0,8 kg per pianta), affinato per 24 mesi di cui 12/18 in barrique di quercia. Pharos Reserva Plančić 2012 14,50% vol., 80% Plavac Mali e 20% Darnekuša, 16€. Rosso rubino intenso e profondo. Al naso la complessità mostra dapprima note fruttate di mora e prugna mature poi, dopo qualche minuto, si sprigionano e sorprendono le note dark di inchiostro, di olive nere al forno, polvere di pepe nero, macchia mediterranea arsa dal sole, rosmarino e origano secco, bacche di mirto. In bocca esprime una buona acidità, con un ritorno di sapori fruttati e di caffè nero zuccherato. Di gran corpo e tannini ben integrati, con una discreta persistenza, in un elegante equilibrio che rende il vino tra pronto e maturo, con ancora due o tre anni di evoluzione. Marijo suggerisce di abbinarlo, oltre che con formaggi stagionati e piatti di carne, anche con il brodet, una gustosissima zuppa di pesce servita con polenta. 56


VINA TOMIC

Andro Tomic è il più famoso winemaker dell’isola e tra i più noti della Croazia. È un personaggio un po’ eccentrico, molto attivo, che dopo la degustazione ama chiacchierare di filosofia con i suoi ospiti in una saletta arredata di divani di pelle e tanti libri. La cantina è scavata nella roccia, ed ha una bellissima sala di degustazione, piacevolmente arredata di pezzi moderni e attrezzi antichi. Andro ha studiato il vino in Francia e mi accoglie in lingua francese, e in francese degustiamo i suoi tanti vini (a Hvar, oltre il croato, si parla inglese). La sua azienda, ubicata a Jelsa, ha 12 ettari e produce 130.000 bottiglie, grazie anche alle uve di diversi conferitori della zona. Alleva principalmente Plavac Mali, poi le uve bianche Bogdanuša e Pošip, un po’ di Cabernet Sauvignon e Merlot, che sperimenta in purezza e aggiunge al Plavac Mali. Degustiamo due bianchi, 2016 e 2017, con profumi semplici di mela, pera e ananas, intensi e con una piacevole acidità. Poi due rossi: il Plavac Mali 2011, 15,9% vol. maturato due anni in barrique, rosso granato limpido, intenso, con sentori di tamarindo, cola, carrube e confettura di fichi e una lievissima ossidazione che accompagna tannini dolci. L’assaggio del secondo vino è più convincente: Illyricus 2015 Tomic 13,5% vol. Plavac Mali e Cabernet Sauvignon, 12€. Rosso rubino limpido, profumo vinoso di visciola, marasca e ciliegia, poi mirto e lievi note vegetali di macchia mediterranea. Buona l’acidità, intenso anche in bocca, piacevole, sapido, morbido, dalla struttura più agevole del precedente così come la beva. I tannini sono affinati e la persistenza è discreta. Da abbinare anche ad un tagliere di antipasti tipicamente croato, con prosciutto crudo affumicato (molto diverso dal nostro speck), formaggi semistagionati, come il dalmata Kolen, olive e crostini di paté vari.

DUBOKOVIĆ WINERY Considerato in Croazia uno dei leader dei boutique winemaker, Ivo Duboković, ha costruito la sua reputazione su vini di alta qualità prodotti in limitatissime quantità. Ha infatti un’azienda, ubicata a Jelsa, che produce meno di 10.000 bottiglie e i suoi migliori vini, il Medvid ed il Medvjedica, provengono da uve coltivate nella parte sud-occidentale dell’isola, che lui lascia pienamente maturare, e si sente. La produzione, da poco in biodinamica, è davvero limitata, due botti di rovere per annata, che Ivo, produttore gentile e di poche parole, cura personalmente e vende a prezzi decisamente alti.

Medvid 2012 Duboković 15,00%, 100% Plavac Mali, 60€. Rosso rubino intenso e compatto. Al naso mostra profumi di visciola sotto spirito e prugna matura, note vegetali di peperone arrosto e speziate di pepe nero, un accenno di ossidazione. In bocca è morbido e caldo, di discreta freschezza; la nota alcolica è evidente, insieme ad un tannino leggermente pungente. Ovviamente di gran corpo, con una discreta persistenza. Maturo, forse migliore un anno fa. Abbinato con tagliolini al ragù di carni miste e zafferano.

PAVINO È uno dei piccoli ed interessanti produttori dell’isola, biodinamico, le cui vigne si trovano nella piana di Stari Grad.

Ager Pavino 2017 15,80% vol. 100% Plavac Mali (prezzo n.p.). Rosso violaceo intenso e piuttosto compatto; presenta sentori di amarena sotto spirito, prugna matura e lievi note vegetali. Dopo qualche minuto si riconoscono note di cacao amaro e di moncheri. In bocca è caldo, di più che discreta freschezza e abbastanza agile nonostante i quasi 16 gradi alcolici; i tannini hanno una lieve nota amaricante nel finale, ma sono comunque vellutati e lasciano la bocca pulita. Buona la persistenza. Con bistecca di manzo alla griglia. 57


Linda, Massimo, La Madeleine

Bibenda 75 duemiladiciotto

LINDA, MASSIMO, F

l o r i a n a

B

e r t e ll i

Dal mare alla vigna, un percorso per esperti navigatori.

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La Madeleine

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Bibenda 75 duemiladiciotto

Linda, Massimo, La Madeleine

La politica, una passione che brucia ancora. La vigna, un’avventura che lo stimola e incuriosisce. Il vino, quello buono, una consuetudine familiare che arriva dal passato. Queste le linee guida di Massimo D’Alema, il politico che si è trasformato in vigneron con lo stesso impegno e determinazione di quando era protagonista nelle stanze del potere. Lo incontro all’Hilton, per la degustazione dei suoi vini. Mi apre la strada all’intervista Linda, moglie e complice nella vita e nella nuova avventura. Massimo sta parlando fitto di strategie e nuovi progetti con il suo enologo, Riccardo Cotarella. È proprio Linda Giuva D’Alema che mi presenta l’azienda: “Già dal nome abbiamo capito che era un destino a cui non potevamo sottrarci. La Madeleine ha le stesse iniziali dei nostri nomi, Linda e Massimo. Si chiamava così e, come per le barche, la sua altra grande passione, il nome non è stato cambiato”. 15 ettari tra Narni e Otricoli, in territorio umbro, sette gli ettari vitati. “La vicinanza con Roma è stato uno degli elementi fondamentali nella scelta, perché ci consente di partecipare attivamente alla vita aziendale. La proprietà, acquistata nel 2008, aveva solo un grande capannone senza verde intorno… un terreno però ottimo per la viticoltura, argilla e calcare. Nell’acquisto abbiamo pensato al futuro dei nostri figli, noi la curiamo per loro”. Pinot Noir, Cabernet Franc, Marselan e Tannat, i vitigni piantati cui ora si aggiunge l’autoctono Ciliegiolo cui spetterà il compito di rinsaldare i legami col territorio, oggi un po’ labili. È Massimo D’Alema che racconta e spiega. “Perché vitigni francesi? Siamo partiti da quello che per noi rappresenta la piacevolezza del bere, per me è il Pinot Noir, il n

Massimo e Linda in cantina

tra le barrique.

resto è seguito naturalmente, anche analizzando il terreno ricco di calcare e argilla, ma soprattutto di fossili. Qui nel pleistocene c’era il mare, e ne sono rimaste tutte le tracce, a volte camminando in vigna mi sembra di essere sulla spiaggia di Santa Marinella!” Il passaggio dalla politica alla viticoltura: più una rottura o una evoluzione, come il vino nel legno? “Con la diminuzione degli impegni politici, diciamo, mi sono ritrovato più tempo libero da dedicare alla ricerca di un maggiore equilibrio tra diverse passioni. Certo, la politica è quella più radicata, familiare, identitaria che si svolge in contesti però molto diversi, più duri, più difficili. Occuparsi di una vigna significa stare a contatto con la natura che devi governare ed accettare come viene. Puoi prendere delle precauzioni, ma ci puoi far poco”.

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Vela e vino: quale al primo posto? “Alla vela ho rinunciato perché gli anni passano. Vado ancora in estate su barche di amici, la nostra è stata venduta in favore dell’azienda. È difficile fare una graduatoria, anche perché fare vino non è un gioco. Ci sono aspetti molto più complessi che esulano dalla sfera romantica e bucolica. Stare sul mercato cambia le prospettive”. L’eterna sfida tra Francia e Italia, chi ha le carte migliori? “Il vino è un settore che tira ed è in crescita. In Francia lo si è capito da sempre. In Italia da qualche anno rappresenta una quota importante del nostro avanzo commerciale e del comparto agroalimentare. Credo che meriterebbe maggiore attenzione e cura da parte del governo. Mi domando se sia corretto considerare il vino, e di conseguenza l’Iva che si applica, come per un bene di lusso e non una produzione agricola. I francesi hanno brand secolari e hanno saputo imporre i loro marchi e i loro prezzi. Lo Stato si è messo a garanzia del settore e lo ha istituzionalizzato, proteggendo i vini e le aziende. Eppure il vino è nato da noi, i romani hanno esportato le barbatelle in tutto l’impero, nel mondo conosciuto di allora, diciamo. Ma in Italia, purtroppo, paghiamo il prezzo della nostra storia nazionale, frammentata da sempre, senza una vera unità politica e di scopo”. 61


Bibenda 75 duemiladiciotto

Linda, Massimo, La Madeleine

Un futuro difficile, allora, per il nostro vino? “Il settore soffre per una parcellizzazione della struttura produttiva che penalizza l’intero comparto. Burocrazia e peso fiscale appesantiscono, a volte uccidono, soprattutto i piccoli produttori, proprio quelli che più rappresentano l’identità territoriale. E rende difficile l’affacciarsi sui mercati internazionali. La produzione nazionale del vino è tre volte il consumo interno. È chiaro allora che si sopravvive vendendo all’estero. Ma senza una struttura che ti sostiene diventa tutto molto complesso e soprattutto per i piccoli produttori, un impegno spesso insopportabile”. Da ex premier all’attuale: quale vino dei suoi offrirebbe a Conte? “Intanto un vino ottimo. Se lo merita perché ha già tanti crucci di suo… Tra i miei, gli offrirei il Pinot Nero, è il meno impegnativo, il più facile e rilassante… una beva stimolante, soddisfacente e raffinata”. E invece a quali vitigni paragonerebbe i due vicepremier, Salvini e Di Maio? “Domanda non facile, il vino è una cosa seria, comunque a Salvini accosterei un Sagrantino, rustico, tannico, difficile da vinificare. Per Di Maio… forse un Pagadebit, i debiti che dovranno pagare gli italiani se andrà avanti il suo governo”.

n

Linda e Massimo

passeggiano tra le vigne della loro tenuta.

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n

La Madeleine Strada Montini 38 – 05035 Narni (Terni) www.cantinalamadeleine.it Tel. +39 0744 040427

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Bibenda 75 duemiladiciotto

…e ora brindiamo!

…E ORA BRINDIAMO!

P

a o l o

A

u r e l i

Breve vita di una bollicina, dalla nascita sul fondo di una flûte fino all’esplosione sulla superficie del vino

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Bibenda 75 duemiladiciotto

…e ora brindiamo!

Siamo entrati ormai in uno dei due mesi che per antonomasia sono

perché esso impatta su tre proprietà sensoriali: in primo luogo, la

dedicati alle più attese festività religiose e pagane dell’anno; periodi

percezione visiva (il gas dà vivacità al liquido); poi, perché ha effetto

nei quali accanto alle cerimonie religiose più sentite e seguite da mi-

sulla percezione aromatica a causa dello scoppio delle bollicine

liardi di persone vengono addobbate con luminarie colorate e fan-

non appena raggiunta la superficie che libera anidride carbonica e

tasiose strade, centri commerciale e abitazioni private, avvolgendo

composti organici volatili; e, infine, perché influenza la sensazione

le persone in un’aura festosa, propedeutica alle riunioni conviviali

orale/tattile che provocano in bocca l’anidride carbonica disciolta

con parenti e/o con amici. Proprio la

e le bollicine esplodenti sui ricettori

natura festosa delle ricorrenze rende in-

trigeminali e gustativi.

dissolubile la loro celebrazione con un brindisi augurale, a inizio o prevalen-

A riprova del valore commerciale

temente fine pasto, immancabilmente

attribuito

preceduto dall’apertura più o meno

l’iniziativa di una importante Maison

fragorosa di una bottiglia di sparkling

francese, la Moët & Chandon, che

wine. Perché questo è il vino che senza

una quindicina di anni fa ha finanziato

ombra di dubbio si è prepotentemente

un team di ricercatori dell’Università

conquistato il favore di milioni di per-

di Reims perché identificassero e

sone diventando una presenza fissa per

comprendessero i parametri implicati

brindare ad un evento, una ricorrenza,

nella formazione delle bolle. Da

all’effervescenza

sta

una festa in tutto il mondo! Così una tamburellante sinfonia di pic-

allora, quel gruppo ha prodotto numerosi lavori scientifici con

colissime bollicine accompagna il gustoso sorso nel quale alle rin-

interessantissimi risultati che per facilità di esposizione verranno con

frescanti sensazioni provocate dalla fredda pungenza delle bollicine

grandissime approssimazioni di seguito sintetizzati.

si affianca il confortante calore sprigionato dall’alcool. È verosimile allora che sia proprio l’effervescenza (= perlage, termine utilizzato

Come ben noto ai frequentatori dei corsi per sommeliers, gli

per indicare la rapida formazione di bolle gassose non appena uno

champagnes/spumanti (realizzati con il metodo classico) sono

sparkling wine viene versato nel bicchiere), anche se causa pruri-

soluzioni idroalcoliche multicomponenti soprasature di molecole di

to alle narici, a rappresentare la cifra irresistibile e inconfondibile

anidride carbonica gassosa (CO2) in esse disciolte. Queste molecole

dell’appeal di questi vini.

si sono formate, insieme ad altro alcool etilico, nella seconda fermentazione, la cosiddetta prise de mousse, che tradizionalmente si

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Sebbene nella scheda analitica di un vino, l’esame visivo di uno

realizza addizionando una miscela (liqueur de tirage) contenente tra

sparkling wine preveda la rilevazione della grana, del numero e

l’altro 24 g/L di zucchero al vino base. Per effetto della fermentazione,

della persistenza delle bollicine, non c’è alcuna evidenza scientifica

operata dai lieviti all’interno della bottiglia di vino base, chiusa dopo

che correli la qualità degli sparkling wines con tali caratteri.

l’addizione dello “sciroppo di tiraggio”, si producono 11,5 g di

Ciononostante, i consumatori sono spesso propensi a collegare le due

CO2/L di vino (valore sperimentalmente ricavato degassando una

cose al punto che assicurare la caratteristica tradizionale effervescenza

bottiglia in condizioni controllate e assai prossimo al valore teorico)

al proprio prodotto è diventata per le Maisons/Cantine un grande

che equivalgono grosso modo alla metà della concentrazione di

compito/impegno. Oggigiorno non c’è produttore che non

zucchero aggiunto e a circa 5 litri di anidride carbonica gassosa nel

consideri l’effervescenza un parametro critico del proprio prodotto

caso di una bottiglia da 0,75 L.


Si ricorda che la quantità di CO2 disciolta nel vino è proporzionale alla pressione esercitata dall’anidride carbonica accumulatasi nello spazio tra il tappo e la superficie del liquido; così man mano che cresce la pressione nello spazio cresce la quantità di CO2 disciolta nel vino. Con l’occasione si ricorda che la solubilità di un gas in una fase liquida (nel nostro caso il vino) è molto temperatura dipendente cioè tanto più è bassa la temperatura del liquido tanta più alta è la solubilità del gas. Quando viene stappata una bottiglia, la pressione esercitata dall’anidride carbonica presente nello spazio tappo-superficie vino cade bruscamente e il gas disciolto nel vino soprasaturo passa rapidamente nell’aria per ristabilire l’equilibrio; in altre parole quando si versa lo sparkling wine nel bicchiere esso perde l’anidride carbonica disciolta perché questa tende a lasciare la fase liquida diffondendo nell’aria attraverso la superficie libera del vino (l’80% circa) e le bollicine (il 20 % circa) che una volta raggiunta la superficie scoppiano. Diverse riviste specializzate del settore vitivinicolo e vari bloggers si sono cimentate nel calcolo teorico del numero di bollicine presenti in una bottiglia o in una flûte

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Bibenda 75 duemiladiciotto

…e ora brindiamo!

(rispettivamente 100 milioni e 15 milioni circa). Va chiaramente detto che queste stime sono assai lontane dal vero tenuto conto, come sopra accennato, che non tutta l’anidride carbonica si perde nell’aria sotto forma di bollicine e, poi, perché le dimensioni delle stesse continuamente diminuiscono man mano che passa il tempo perché la concentrazione di anidride carbonica disciolta diminuisce in quanto sfugge dalla fase liquida. Questo spiega perché gli sparkling wines più vecchi presentano bollicine più piccole e sconfessa la diffusa credenza secondo cui più le bollicine sono fini, migliore è il vino. È leggenda! Gli sparkling wines più vecchi mostreranno più fini bollicine perché durante l’invecchiamento l’anidride carbonica fuoriuscirà, anche se lentamente, dal tappo. È stato verificato che dopo venti anni la bottiglia perde la metà dell’anidride carbonica disciolta e produrrà più fini e piccole bollicine per scarsa presenza di anidride carbonica. Contrariamente a quanto a lungo creduto, la formazione delle bollicine non è associata alla presenza di irregolarità sulla superficie del bicchiere ma a microscopiche (circa 100 µm= 100 millesimi di millimetro di lunghezza) fibre di cellulosa, di forma grosso modo cilindrica e cave, che essendo assai diffuse nell’aria (la cellulosa, come è noto, è presente in circa il 50% della parete delle cellule vegetali e addirittura nel 100 % di quelle del cotone) e/o lasciate dagli strofinacci con cui vengono asciugati o ripassati i bicchieri, finiscono facilmente nel fondo degli stessi dove restano adese. In altre parole, una sorta di microscopici capillari. Proprio per la loro particolare geometria, le fibre non possono essere completamente bagnate dal liquido perché quando viene versato il vino nel bicchiere, per effetto di ondeggiamenti altamente turbolenti, spesso sacche di gas vengono intrappolate nella parte cava della fibra. Così, l’anidride carbonica disciolta nel liquido può migrare nella cavità, contenente la sacca d’aria, per questioni di equilibrio pressorio dapprima come microscopica bolla per poi crescere fino a raggiungere dimensioni tali da galleggiare nel liquido esterno, distaccandosi così dalla fibra. Una volta che la prima bolla di anidride carbonica lascia la fibra si genera una produzione ciclica di bolle che danno vita al caratteristico treno di bollicine che si innalza dal fondo del bicchiere. La formazione di bolle al cosidetto sito di nucleazione (= la cavità della fibra dove migrano le microscopiche bolle di anidride carbonica) è caratterizzata da una certa frequenza cioè da un numero di bolle prodotte in un secondo; nel caso degli sparkling wines, prodotti con metodo classico, il liquido di una bottiglia appena aperta e versato nel bicchiere produce 30 bollicine al secondo. Da quanto riportato appare evidente quanto è stato trovato sperimentalmente e cioè che la concentrazione di anidride carbonica disciolta dello sparkling wine versato nel bicchiere è molto più bassa di quella presente nella bottiglia chiusa; inoltre, che la concentrazione dipende sia dalla temperatura del vino che dal modo di servirlo. 68


Per chiarezza, le basse temperature e tenere il bicchiere inclinato mentre si serve il vino (refrigerato a 4°C) aiutano a trattenere l’anidride carbonica perdendo 2 volte e mezzo meno gas rispetto a quando viene versato nel bicchiere tenuto verticalmente. Le ragioni sono presto spiegate: quando il vino è freddo risulta più viscoso e, cosi, la turbolenza che favorisce la perdita di gas è smorzata molto rapidamente; inoltre, le molecole di anidride carbonica diffondono più lentamente nei liquidi refrigerati e per questa ragione sono incapacitate a raggiungere rapidamente la superficie. Poi, versare il vino nel bicchiere inclinato fa si che il volume di liquido è meno esposto all’aria e il suo impatto più morbido con la parete provoca meno turbolenza. Una volta che le bollicine cominciano a salire in superficie, attraverso la fase liquida (il vino) soprasatura di anidride carbonica disciolta, si ingrandiscono via via fino a raggiugere in superficie la grandezza di circa 1 mm. Questo ingrandimento è causato dalla continua diffusione della anidride carbonica. disciolta nel vino attraverso l’interfaccia bolla di gas/liquido(vino). Questo fatto, aumenta la galleggiabilità delle bollicine che salgono in superficie man a mano più velocemente separandosi l’una dalle altre durante la salita. Bisogna tener presente che il vino non è un liquido puro ma contiene, oltre ad anidride carbonica, acqua ed alcool, anche composti organici (principalmente proteine e glicoproteine) che presentano una attività tensioattiva (si definisce tensioattivo una sostanza capace di abbassare la tensione superficiale di un liquido agevolando la miscibilità di liquidi diversi) come quella delle molecole del sapone. Queste sostanza si legano in parte alle bolle di anidride carbonica e in parte al liquido (vino) facilitando il loro passaggio attraverso le molecole di liquido (vino). Arrivate in superficie, una parte delle bollicine emerge dal liquido mentre la maggior parte resta sotto la superficie. La parte emersa è una pellicola liquida semisferica; questa progressivamente si assottiglia fino a raggiungere uno spessore critico che la rende sensibile alle vibrazioni e ai gradienti termici dopo di che si rompe. Risultato: centinaia di minuscoli spruzzi di liquido, alla velocità di alcuni metri al secondo, si alzano di pochi centimetri dalla superficie di vino frammentandosi rapidamente in minuscole goccioline. È stato dimostrato di recente che è proprio questo aerosol a portare l’essenza organolettica degli sparkling wines agli organi di senso del degustatore. Così, quando al brindisi, avvicinando le labbra e il naso al bicchiere, finiremo per essere investiti dal profumatissimo aerosol evitiamo di tirarci indietro perché proprio questo momento rappresenta il fascino indiscutibile degli sparkling wines e una delle situazioni per apprezzarne la qualità. 69


Il Nizza

Bibenda 75 duemiladiciotto

IL NIZZA S

a b a t i n o

La Barbera

è femmina!

la“principessa” tra il

M

a r o t t a

Declinata

Re Barolo

sempre al femminile, diventa in

e la

Regina Barbaresco. Non

Piemonte

è un caso che la

nobiltà divenga il segno distintivo di un vino che si scrolla di dosso le umili origini di vino semplice, a volte rustico, sicuramente di facile beva e di grande familiarità affettiva con le merende e la cucina del territorio.

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Bibenda 75 duemiladiciotto

Il Nizza

La Barbera in questione è il Nizza, vino prodotto con uve Barbera provenienti da un territorio piuttosto ristretto che conta solo 18 comuni situati intorno a Nizza Monferrato. Qui ha sede l’Associazione dei Produttori del Nizza, nata con l’obiettivo di tutelare, valorizzare e promuovere l’eccellenza dell’area di produzione della Barbera d’Asti, che invece comprende 169 comuni dislocati nelle province di Asti ed Alessandria. Già nel 2000 venne riconosciuta Nizza come sottozona della Barbera d’Asti Superiore, essendo la zona storicamente tra le più vocate, ma è solo con la vendemmia del 2014 che nasce la denominazione Nizza Docg, con la possibilità di aggiungere la tipologia “Riserva” e la menzione “Vigna”.

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L’area è limitata da un disciplinare con vincoli molto rigidi sul piano colturale ed enologico, ma i produttori del Nizza si sono imposti un codice di autoregolamentazione ancora più severo, consapevoli che il vitigno, terza varietà a bacca rossa, destinato a vini di qualità e più piantato in Italia, è capace di stupire per eleganza e per la capacità di invecchiare perfettamente. Questi risultati hanno determinato l’opportunità di effettuare degli studi di zonazione per definire ed evidenziare particolari differenze che contraddistinguono vini dai caratteri diversi, evidenziati dalla degustazione dei 9 esemplari del millesimo 2011, che ci ha consentito anche di valutare l’opportunità di maturazione e di invecchiamento della Barbera, pardon, del Nizza!

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I VINI cascina GARITINA

DACAPO Barbera d’Asti Superiore Docg Nizza “Vigna Dacapo” 2011 14,5°. Rubino compatto e luminoso. Complesso l’olfatto che apre con spezie dolci, piccoli frutti e fiori rossi e cenni di erbe aromatiche. Chiude con ricordi minerali e di macchia mediterranea. Il sorso, di avvolgente calore e morbidezza, è in perfetto equilibrio con la vibrante trama tannica e la tesa vena acida. Lunga la persistenza aromatica finemente sapida. BAVA Barbera d’Asti Superiore Docg Nizza “Piano Alto” 2011

CASCINA GARITINA Barbera d’Asti Superiore Docg Nizza “900” 2011

13,5°. Rosso rubino con riflessi granato. Intenso l’olfatto che apre con sensazioni fragranti di piccoli frutti e fiori rossi, rincorse da cenni di spezie dolci ed erbe aromatiche. Chiude con ricordi minerali e di macchia mediterranea. Sorso equilibrato dalla freschezza misurata, di piacevole corrispondenza e progressione con un lungo finale sapido.

15,5°. Rubino compatto e luminoso. Olfatto fitto e complesso di terra e radice di liquirizia, con piglio minerale e ferroso. Poi si distende su percezioni di frutti rossi maturi, erbe aromatiche, fiori appassiti e lievi note speziate. Elegantemente bilanciato il sorso, di affascinante corrispondenza e progressione con tannini vellutati che reggono la trama di un lunghissimo finale.

BERSANO Barbera d’Asti Superiore Docg Nizza “La Generala” 2011

CANTINA SOCIALE DI VINCHIO VAGLIO Barbera d’Asti Superiore Docg Nizza “Laudana” 2011

15°. Rubino compatto e luminoso con riflessi granato. Elegante l’olfatto che apre con toni balsamici, ciliegie sotto spirito, fiori appassiti e spezie scure. Poi cenni di erbe aromatiche, cacao e macchia mediterranea. Sorso vibrante e in perfetto equilibrio con l’importante gradazione alcolica magistralmente integrata. Lunghissima la persistenza aromatica con echi minerali. 74

15°. Rubino compatto e luminoso. Elegante l’olfatto che apre con toni minerali, ciliegie sotto spirito, fiori appassiti e spezie scure. Poi cenni di erbe aromatiche, cacao e macchia mediterranea. Sorso pieno e appagante in perfetto equilibrio. Ottima la corrispondenza con echi balsamici nella lunghissima persistenza.

EREDE DI CHIAPPONE ARMANDO Barbera d’Asti Superiore Docg Nizza “Ru” 2011 16°. Rubino impenetrabile. Intensi e complessi profumi scuri di grafite e radice di liquirizia sono rincorsi da ricordi di maggiorana, chiodi di garofano e pepe nero. Poi i frutti rossi maturi, come le prugne e le succose more e marasche. Suggestioni mentolate e balsamiche in chiusura. Al gusto dispiega potenza ed equilibrio, con sapidità in garbata evidenza. Il finale si distende sulle note fruttate, con una freschezza perfettamente bilanciata. Lunghissima la persistenza con echi piacevolmente amaricanti. LA GIRONDA Barbera d’Asti Superiore Docg Nizza “Le Nicchie” 2011 14,5°. Rubino compatto con riflessi granato. Olfatto che apre con eleganti sentori balsamici e di erbe aromatiche, quali la maggiorana e il timo, ad introdurre le note fruttate di ciliegia, susina nera e mora, che sfumano in percezioni di spezie scure. Il sorso è austero, di raffinato equilibrio con la trama tannica in piacevole evidenza, ben supportata dalla lunghissima persistenza aromatica con echi amaricanti.


MICHELE CHIARLO Barbera d’Asti Superiore Docg Nizza “La Court” 2011 14°. Rubino compatto e luminoso. Ricco ed elegante l’olfatto che apre con cenni minerali e speziati, rincorsi da piccoli frutti neri e fiori appassiti. Poi tabacco e cacao in netta progressione, avvolti da effluvi balsamici. Appagante il sorso, equilibrato e fine, di ottima corrispondenza e lunghissima persistenza piacevolmente amaricante con ricordi di melagrana. TENUTA OLIM BAUDA Barbera d’Asti Superiore Docg Nizza 2011 14,5°. Rubino dai luminosi riflessi granato. L’olfatto offre eleganti note di spezie dolci miste a sensazioni vegetali di felce e muschio, poi toni di sottobosco. Tutto affiancato dal timbro fruttato fragrante di ciliegia e marasca. Chiude con ricordi di agrumi e un sottofondo di grafite. Il sorso è caldo, avvolgente, con vivida freschezza e dosata impronta tannica. Lunghissima la persistenza piacevolmente amaricante. 75


Bibenda 75 duemiladiciotto

Il rapporto diVino

IL RAPPORTO

diVino L

u c a

B

u s c a

“La filosofia è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi a gli occhi (io dico l’universo)

… è scritto in lingua matematica …”

Galileo Galilei – Il Saggiatore – 1623.

La Prima Parte nel numero precedente 76


77


Bibenda 75 duemiladiciotto

Il rapporto diVino

L’eccesso di calcolo conduce però all’omologazione del risultato, creando inevitabilmente la tendenza opposta che spinge per un ritorno al “naturale”. È divertente notare come questo termine abbia la facoltà di scatenare annose diatribe sia in campo enologico sia in quello matematico. Nel primo caso si dibatte sulla correttezza del termine, sostenendo da un lato che il vino è un artefatto e pertanto la sua esistenza allo stato naturale viene negata. Dall’altro lato si risponde che l’uomo è parte integrante della natura, pertanto può decidere di operare all’interno di tale contesto o fuori di esso. Per i numeri si discute, invece, sull’esistenza o meno in natura del nulla, ovvero se lo zero sia un numero naturale, essendo questi definiti come interi non negativi. Ai fini del rapporto tra vino e numeri, però, il “naturale” non può sfuggire alle dinamiche relazionali che lo regolano a prescindere dall’intervento dell’uomo. Infatti i “fattori” presenti nell’uva e la loro trasformazione durante i processi di vinificazione seguono il loro corso indipendentemente dal metodo di controllo adottato, più o meno “naturale” che sia. Il vino gode della proprietà commutativa che rende inutile il tentativo di invertire i “fattori” per cambiare il “prodotto”. Se si vuole ottenere un risultato diverso si può scegliere di aggiungere “fattori” se si è interventista o, in caso contrario, cercare “soluzioni” diverse cambiando tipo di “operazione”. In ognuna delle infinite sfumature che la presenza umana assume nel panorama vinicolo mondiale, i numeri che costituiscono il territorio, il vitigno, la fermentazione e la maturazione del vino saranno sempre lì, meglio, quindi, conoscerli che ignorarli. A tal fine nel 2015 la società italo-tedesca Ors Group ha sviluppato Algo-Wine, un software in grado di aiutare il produttore di vino dalla potatura invernale alla lunga maturazione in botte. Algo, infatti, sta per algoritmo che mette in relazione migliaia di informazioni per determinare la soluzione migliore per ogni fase di lavorazione sia in vigna sia in cantina. Dal Dipartimento di Matematica dell’Università di Cagliari arriva invece una ricerca che indaga su alcuni degli infiniti legami tra numeri e vino. Tra questi l’articolo, pubblicato su International Journal of Mathematical Education in Science and Technology della Taylor & Francis, sviscera l’equazione che regola l’invecchiamento del vino; racconta gli antichi espedienti trigonometrici per misurare l’interno di una botte; applica l’equazione di Arrhenius alla progettazione della cantina ideale priva di impianti di condizionamento, si tratta di un’equazione differenziale lineare del primo ordine omogenea a coefficienti costanti, che mette in relazione la costante di velocità con la variazione di temperatura. Quale vino è quindi più matematico? Il vino artificiale frutto di infinite manipolazioni di cantina o quello interamente concepito in vigna? Probabilmente la “soluzione” migliore scaturisce da un approccio dell’uomo che, interpretando una lunga tradizione empirica, non lasci al caso o alla chimica la facoltà di alterare i “fattori” o usare “addendi”. La Germania, patria di illustri filosofi e matematici che hanno fatto del calcolo ordinato una 78


scuola di pensiero, è il paese in cui questo modo di pensare è diventato quasi istintivo. Mentre il mondo si affida al grado Babo per determinare il contenuto zuccherino del mosto, qui, come anche in Austria, si utilizza il grado Oechsle che misura la differenza di peso tra un litro di acqua e un litro di mosto. In questo modo si viene a conoscenza della dotazione completa delle sostanze contenute nel mosto. Non solo, ma la proverbiale precisione teutonica ha inserito tale valore numerico, a supporto del grado di maturazione delle uve, per la codifica delle diverse categorie dei vini con predicato, cioè, per la logica matematica, con un attributo o proprietà specifica. Tale attributo è costituito essenzialmente dal tenore zuccherino, che per i produttori di uva di un paese freddo come la Germania prende le sembianze di un miraggio che raramente si concretizza in elevate gradazioni alcoliche. La prima legge tedesca in materia enologica, risalente al 1892 lasciava ampi spazi a questa ossessione dello zucchero, consentendo la chaptalization dei vini. I primi limiti arrivarono nel 1909 e presero forma definitiva con la legge del 1971 che codificava con estrema precisione i Qualitätswein mit Prädikat, poi divenuti Prädikatswein, per cui l’aggiunta di zucchero era ed è vietata. Fondamentalmente questi vini provengono da vendemmie tardive, “Spätlese” in lingua tedesca, il secondo dei predicati che prevede un grado Oechsle compreso tra 85 e 94. Tra 75 e 84 viene concesso il predicato chiamato Kabinett, nome dato agli armadietti da cucina per indicare il classico 79


Bibenda 75 duemiladiciotto

vino da dispensa. Seguono poi i vini da vendemmia selezionata,

suddivisione delle regioni in 39 distretti; “Großlage”, inteso come

“Auslese”, con gradazione Oechsle minima di 95; se la selezione

buona posizione, indica 170 vigne di grandi dimensioni con vitigni

viene eseguita acino per acino, il vino sarà definito “Beerenauslese”

e proprietari diversi: “Einzellage”, indica 2600 piccole vigne, la

e il suo mosto avrà tra i 125 e i 149 gradi. Chiude la piramide

cui mappatura, per le regioni della Mosella e Rheingau, risale alla

qualitativa il predicato destinato alle selezioni di acini secchi, cioè

metà del XVIII secolo, quando sulla scia della tradizione francese,

attaccati da muffa nobile, “Trockenbeerenauslese” con non meno di

importata durante l’occupazione napoleonica del Palatinato e della

150 gradi. È anche previsto un predicato appositamente dedicato

Renania, si assorbì il concetto di cru. Le ultime due categorie sono

ai vini provenienti da uve lasciate ghiacciare sulla pianta sino a

sempre affiancate al nome del comune munito della desinenza di

gennaio, l’Eiswein, unica eccezione alla codifica dei gradi Oechsle.

appartenenza “er”. Nonostante questo sistema sia il più rigido e

Il produttore può scegliere la quantità di zuccheri da destinare alla

“matematico” del mondo, a molti produttori tedeschi non apparve

trasformazione in alcol e quella adibita ad ammorbidire le asperità

sufficiente a spiegare la qualità del vino prodotto. Così già nel 1897

dei vini prodotti a cavallo del 50° parallelo. La fermentazione diventa

nacque il Vereinigung Rheingauer Weingutsbesitzer, seguito, nel

così un’equazione di secondo grado in cui l’incognita alcol ha due

1908, dal Großer Ring Mosel-Saar-Ruwer, che nel 1910 con l’ingresso

possibili soluzioni, determinate dal valore della temperatura e dalla

delle associazioni della Rheinpfalz e della Rheinhessen si costituì

possibilità di variare tale valore per interrompere il processo. Per

nel Verband Deutscher Naturweinversteigerer, un’associazione di

meglio definire la tipologia del vino la normativa prevede, oltre ad

produttori che, definendosi naturali, si schieravano apertamente

altre denominazioni per i vini senza predicato, altri termini per meglio

contro la pratica, anch’essa di origine francese, della “chaptalisation”

individuare il residuo zuccherino: Trocken significa secco e impone

per aumentare il tenore zuccherino dei mosti. Solo nel 1982

che sia inferiore ai 9 grammi litro; Halbtrocken minore di 18 g/l, ciò

il nome è stato cambiato in Verband Deutscher Prädikats und

che noi definiamo amabile; Feinherb intorno ai 25 g/l; i “Lieblich” e

Qualitätsweingüter, l’attuale VDP. Nata per favorire la promozione e

Süß” indicano il semidolce e il dolce. Inoltre è prevista una divisione

la commercializzazione dei vini di qualità l’associazione ha aggregato

geografica, che riguarda tutti i Qualitätswein con o senza predicato,

197 soci che hanno, nel corso degli anni cercato di porre l’accento

in quattro livelli: “Ambaugebit”, 13 regioni vitivinicole; “Bereich”,

sui cambiamenti di mercato.

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Il rapporto diVino


Dal 1985, infatti, i vini senza predicato, definiti Dry, cioè i Trocken e gli Halbtrocken, hanno incontrato sempre maggiori consensi, passando dal 35% della produzione all’attuale 65%. La normativa non includeva però una codifica adeguata della qualità di questo segmento. Così nel 2012 la VDP ha coniato una propria classificazione che, su ispirazione borgognona, privilegia il territorio, dividendo in quattro categorie i vini. Alla base della piramide qualitativa vengono posti i Gutswein, i vini Regionali, al secondo posto gli Ortswein, equivalenti ai Village, i premier cru vegono chiamati letteralmente Erste Lage così come i Grand Cru, detti Grosse Lage. Nelle due categorie all’apice della piramide vengono posti solo i migliori vigneti, frutto di una zonazione iniziata nel 1984, che ha individuato le migliori vigne in tutte e tredici le regioni. La classificazione VDP prevede comunque l’adozione del protocollo dei predicati, che vengono indicati in etichetta. Anche il territorio tedesco rappresenta un’equazione unica al mondo il cui sviluppo è condizionato da tre “fattori” fondamentali. Il primo è costituito dalla prossimità abituale delle vigne ad un corso d’acqua e, soprattutto per quanto riguarda la Mosella, www.vdp.de

su colline scoscese con esposizione a sud. Molti di questi vigneti prendono il nome di “Sonnenuhr”, che in tedesco significa meridiana, l’orologio che solo se orientato a mezzogiorno sa indicare l’ora esatta, per sottolineare la migliore delle insolazioni possibili. La “funzione” del corso d’acqua è quella di mitigare il secondo “fattore”: il clima estremamente rigido tipico di questa latitudine che in alcune occasioni supera addirittura il limite della viticoltura posto sul 50° parallelo nord. Sulla Mosella poi il fiume amplifica la propria funzione rallentando il proprio corso per affrontare le strette “sinusoidi”, sulle cui ripide sponde insistono i caratteristici terreni di ardesia blu e rossa, che costituiscono la terza preposizione del sillogismo ambientale. Se i “fattori” umano

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Bibenda 75 duemiladiciotto

Il rapporto diVino

e territoriale necessari a definire un vino matematico sono ampiamente soddisfatti dalla legislazione, dalla tradizione, dall’innovazione e dal contesto naturale, l’elemento che toglie ogni dubbio sulla definizione di vino più matematico è costituito dal vitigno che, prendendo come riferimento la Mosella, è facilmente identificabile in base alla proporzione 95:100=Riesling:uva coltivata. Il motivo è insito nelle caratteristiche proprie del Riesling come la dotazione acida fuori dal comune ed è dato dalla capacità di conservare questa dote anche in fase di surmaturazione degli acini. Per maggiore chiarezza ci si può rivolgere ai relativi parametri matematici, che indicano spesso il range del pH di n

Riesling

un vino compreso tra 3 e 4, le rare volte che si scende sotto il 3 quasi sicuramente si sta

www.riesling.de

analizzando un riesling. Di conseguenza non è raro che l’acidità totale del vino superi gli 8 g/l. Inoltre il riesling ha una straordinaria attitudine a sintetizzare i sali minerali. Tali doti sono state sviluppate grazie ad un’attenta selezione clonale iniziata già nel 1921, per far fronte al disastro della fillossera, dall’Istituto di allevamento della vite dell’Università di Geisenheim che ha portato all’identificazione di una sessantina di cloni, attualmente autorizzati, con le attitudini migliori per le diverse zone di allevamento. Molti di questi sono stati usati per la creazione di nuove varietà in tutto il mondo. In realtà la storia genetica del Riesling è molto più antica, anche se quest’uva nasce per meri motivi numerici o meglio economici. Alla fine del I secolo d.C., infatti, Domiziano, al fine di incentivare la produzione di grano e concentrare quella di vino in Italia, promulgò l’editto con cui vietava la coltivazione della vite nelle provincie. Nei successivi 150 anni l’impero crebbe ancora e con esso il numero di legionari posti a guardia della aeree controllate. La forza di questi dipendeva fondamentalmente dal vitto a base di vino e formaggio, che garantiva le calorie necessarie ad affrontare la battaglia. Rifornire 350.000 legionari sparsi per tutta l’Europa, il Medio oriente e l’Africa del

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nord aveva costi pazzeschi. Così, nel 280 d.C l’imperatore Marco

più espressivo tra le bacche bianche. La storia prosegue ricca di

Aurelio Probo, esperto guerriero e ancor più valido “logistic

aneddoti che vedono protagonista più la regione Renana del

manager” dell’epoca, annullò l’incongruo provvedimento e

Rheingau che l’amata Mosella. Nell’VIII secolo inizia infatti la

consentì il reimpianto della vite a nord delle Alpi. Nella maggior

coltivazione della vite nell’Abbazia Benedettina di Johannisberg

parte dei casi fu scelto un vitigno vigoroso, resistente al freddo,

dove, mille anni dopo nacque il primo Spätlese, per colpa di

molto produttivo e a maturazione precoce. Nonostante il frutto

un messo ritardatario che recò il permesso di vendemmiare

fosse di scarsa qualità risultò ideale per la produzione di vino a

dell’Abate Principe di Fulda quando le uve erano ormai attaccate

bassa gradazione in uso presso le truppe. Il successo fu tale che

dalla botrytis. Il successo fu tale che il casuale rinvio divenne

nell’alto medioevo l’Heunisch costituiva più del 70% dell’intero

lo standard per le vendemmie tardive attaccate da muffa nobile

patrimonio viticolo europeo. Il nome significa Unno e per

di Schloss Johannisberg e al messo venne dedicata una statua

anni ha fatto erroneamente pensare che la sua diffusione fosse

nell’atrio della vinoteca. Nel 1136, a poco più di otto chilometri

collegata alle invasioni barbariche. Ma Unno significa in lingua

di distanza dall’Abbazia Benedettina si insediarono, nel Kloster

originale “nostro” e in questo caso indicava l’essere endemico

Eberbach, i confratelli Cistercensi provenienti dalla Borgogna,

delle valli del Reno e del Danubio del “nostro” Heunisch. A

cui si deve la prima piramide qualitativa e l’inizio di quella

testimonianza dell’enorme diffusione i recenti studi sul Dna

zonazione completata negli anni ottanta dall’associazione di

hanno rilevato la sua presenza in 78 degli attuali vitigni europei.

produttori Charta e recepita ora dalla VDP. Un ultimo fattore

Nel frattempo la natura, senza darsi pensiero delle umane gesta

rende inequivocabilmente il Riesling tedesco il vino più

e della genetica moderna, incrociò il Traminer con un esemplare

matematico: la semplicità. Infatti, come le infinite relazioni tra

di Vitis Silvestris autoctona del Reno. Così superata la boa

gli infiniti numeri semplificano la soluzione di un problema, le

del primo millennio, non si sa con certezza se ad opera della

dotazioni insite nel vitigno riesling semplificano la realizzazione

natura o di un genio, ignaro di essere tale, il “nostro” Heunisch

del vino. In cantina non sono necessarie manipolazioni o lunghe

poté convolare a imperiture nozze con l’illegittimo figlio del

maturazione, si usano solo acciaio e botti grandi completamente

Traminer. Come tutti i meticci il neonato Riesling seppe cogliere

esauste, le stückfässern, per ottenere vini tra i più longevi ed

i lati migliori dei genitori, creando così il vitigno semiaromatico

espressivi al mondo.

83


Bibenda 75 duemiladiciotto

Il rapporto diVino

Se il vino deve molto ai numeri la musica ne è, addirittura,

ogni 16 note. L’esperimento può essere realizzato anche secondo

un’espressione di cui l’uomo è semplicemente interprete. Già

la serie dodecafonica (la scala cromatica dei dodici semitoni),

nell’antica Grecia del VI secolo a.C., Pitagora, illustre filosofo,

in questo modo si ottiene una melodia ricorsiva con periodo

scienziato e matematico, attraverso gli esperimenti realizzati con

24. Tra le tante proprietà della sequenza di Fibonacci c’è anche

il suo “monocordo”, riuscì a definire la stretta relazione tra le note

quella di presentare una periodicità pari qualsiasi modulo si usi.

musicali e i numeri. Gli intervalli della scala musicale, ovvero

Fa piacere notare che quasi tutti questi periodi appartengono alla

la distanza tra le note, sono appunto

numerosa famiglia dei multipli di 4.

stabiliti dal rapporto numerico tra

Altra interessante chiave di lettura è

le lunghezze delle corde: l’ottava

quella di Sylvain Lalonde.

superiore corrisponde ad una corda

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dimezzata cioè metà (1/2) della

Dal periodo ellenico gli studi

precedente; una quinta ai 2/3, una

matematici della musica non si sono

quarta ai 3/4. In seguito si concordò

mai interrotti, raggiungendo l’apice

che le note fossero 7, un numero

dello sviluppo nel XVIII secolo. In

che, oltre a definire i giorni della

seguito grazie allo sviluppo della fisica

settimana, ricorre in diverse amenità

acustica si è scoperto che qualsiasi

religiose. Per tradurle in scrittura si

suono è scomponibile in una serie

usa il pentagramma, nome derivante

di onde sinusoidali calcolabili con

dalle parole greche penta (cinque) e gramma (scrittura). Cinque

la trasformata di Fourier, sviluppata dal matematico francese

sono anche i lati del pentagono regolare, figura sacra per i greci,

che le ha dato il nome nel 1822. Le conoscenze così accumulate

all’interno del quale si inserisce la stella a cinque punte su cui

consentirono a Ludwig Van Beethoven di comporre, nel 1824

si base la sezione aurea. Il pentagramma è, inoltre, un piano

a tre anni dalla propria morte e ormai completamente sordo,

cartesiano con il tempo in ascissa e la frequenza in ordinata.

la celebre IX sinfonia completa del suo quarto movimento con

Entrambi i valori si misurano con numeri a cui la partitura può

l’Inno alla Gioia, universalmente riconosciuta come capolavoro.

essere ricondotta. Per convenzione infine si è stabilito di dividere

Anche nella musica le relazioni numeriche tendono a semplificare

in dodici note ogni ottava. Sulla tastiera del pianoforte questo

rapporti complicati tra note e tempi, così come quelle tra i diversi

si traduce in 13 tasti per ogni ottava, 8 bianchi e 5 neri, divisi

strumenti. Basti pensare che tutta la musica moderna, dal blues

in blocchi da 3 e 2. Et voilà la sequenza di Fibonacci riappare

al jazz, dal soul al rock deriva dalla semplicità delle 12 battute in

sotto forma di intervallo musicale, anche se per puro caso.

tre fasi (chiamata, risposta e conclusione) caratteristica dei primi

Comunque molti artisti si sono cimentati nella traduzione in

spiritual. Quando si parla di semplicità musicale affiora subito

musica della sequenza, usando diversi metodi di trasposizione.

alla mente una delle canzoni più famose ed allo stesso tempo

Il più matematico di tutti mi è sembrato quello (esposto da

più “facili” degli ultimi cento anni, solo due giri di accordi simili

Raffaele e Riccardo Giannetti) che traduce le cifre della sequenza

(Sol, Re, Lam7, il primo Sol, Re, Do, il secondo). Anche il testo è

in modulo 7 (le note), cioè dividendo le cifre della sequenza per

molto essenziale con sette versi ed un ritornello ripetuto più volte

il modulo e segnando il disavanzo si ottengono numeri dallo 0 al

secondo la durata dell’esecuzione. Eppure questo tempio della

6, a cui vengono abbinate le note secondo la scala diatonica in 7

semplicità grazie all’immediatezza armonica si trasforma in inno

note. Così facendo si ottiene una melodia che si ripete all’infinito

all’intensità. Parliamo di Knockin’ on Heaven’s Door, composta


da Bob Dylan nell’ambito della colonna sonora del film Pat Garret and Billy the Kid, diretto nel 1973 da Sam Peckinpah e interpretato da James Coburn, Kris Kristofferson e, nel singolare ruolo di Alias, dallo stesso Bob Dylan. Il film narra la storia del bandito Billy ucciso dall’amico Pat divenuto sceriffo. Romanzata in modi diversi la vicenda ha fatto più volte da canovaccio cinematografico per il racconto della fine dell’epopea del mitico West. La canzone funge da voce narrante di una delle scene più belle del film in cui il vecchio sceriffo Baker, interpretato da Slim Pickens, muore in seguito ad uno scontro a fuoco sulla riva del fiume al tramonto accompagnato dalle lacrime della moglie e dalle note del “menestrello del rock”. Il brano estratto e pubblicato, nello stesso anno, come singolo ebbe un successo enorme e venne reinterpretato da uno stuolo infinito di artisti tra cui Eric Clapton, Aretha Franklin, The Grateful Dead, Roger Waters, Bruce Springsteen e U2.

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Il rapporto diVino

La cover più apprezzata resta però quella che per anni i Guns n’ Roses hanno eseguito ai loro concerti. Nel 1990 la incisero per la prima volta per inserirla nella colonna del film Days of Thunder (Giorni di Tuono) con Ton Cruise, Nicole Kidman e Robert Duvall. L’anno seguente fu inserita nell’album “Use Your Illusion II”, che rimase in classifica per tre anni. Nel 1992, infine i Guns n’ Roses la scelsero per la loro apparizione al Freddie Mercury Tribute Concert. Per creare l’abbinamento ideale con la più aritmetica delle melodie, era necessario trovare il più espressivo dei Riesling. Ovviamente la scelta è caduta sulla zona della Mosella – n

Guns n’ Roses

Saar - Ruwer, ma il contesto geografico da solo non poteva bastare, occorreva anche un

Use Your Illusion II

lungo affinamento. Ho così scovato in cantina una vecchia bottiglia del 1994 di Weingut St. Urbans-Hof. La cantina, con sede a Liewen lungo il corso del fiume Mosella 11 km a monte di Piesport, è stata fondata nel 1947, è membro della VDP e dispone di 40 ettari, tra cui porzioni di due Grosse Lage, il Goldtröpfchen nel comune di Piesport e il Bockstein in quello di Ockfen sul fiume Saar.

86


Leggendo l’etichetta si scopre che il vino è uno Spätlese Halbtrocken, cioè con un residuo zuccherino tra i 12 e i 18 g/l. I gradi alcolici sono 9,5 il che fa presupporre un buon residuo zuccherino. Il vino è imbottigliato presso il produttore (Erzeugerabfüllung) L’indicazione Ockfener Bockstein ci orienta verso la Saar e accompagna le uniche classificazioni rappresentate dalla regione, Mosel Saar Ruwer, e dal marchio della VDP sulla capsula. Il vigneto, infatti, è stato catalogato solo nel 2012 come Grosse Lage dalla VDP. Si estende a forma di anfiteatro, avvolgendo il villaggio di Ockfen, per oltre 58 ettari sulla sponda destra del fiume Saar. L’esposizione va da sud-sud-ovest a sud-est, con pendenza variabile dal 38 a quasi l’80% e altitudine compresa tra i 180 e i 320 metri. La temperatura media giornaliera va da zero gradi nel mese di gennaio ai 18 di luglio, con precipitazioni medie mensili di 70,8 mm. L’insolazione mensile su base annua e di 133,7 ore, il picco di luglio raggiunge le 222. I suoli sono rocciosi e ricchi di ardesia blu del Devoniano, che contribuisce a mantenere il calore, in alcuni tratti l’arenaria e la quarzite si mescolano a terra fine giallastra.

Nel bicchiere il lungo affinamento ha conferito una colorazione dorata intensa che introduce le note di ossidazione dei caroteni che producono le caratteristiche sensazioni di idrocarburo che salgono al naso sulle semplici note dell’arpeggio di chitarra. Come in una proporzione elementare, l’incognito si svela complesso con ricchezza lineare fatta di frutta gialla matura, quasi candita, miele, erbe aromatiche e sensazioni salmastre e vagamente fumé, che accompagnano l’ingresso altrettanto articolato del coro. Il connubio aritmetico dei fattori musicali ed enologici, lontani dal tedio del calcolo, sa far vibrare le corde dell’emozione come solo la metrica poetica sa esprimere a questi livelli. Ed è all’assaggio che si risolve questa trepidante “espressione” in un equilibrio perfetto tra freschezza inviolata dagli anni, profonda sapidità e residuo zuccherino perfettamente dosato a bilanciare la vitale dotazione dell’uva. Rispondono all’udito voci e chitarre intrecciandosi in un equivalente unico armonico, creando quella progressione in crescendo, che resta percepibile dai sensi ben oltre la fine del brano. Allo stesso modo il vino regala, grazie alla perfetta sintonia delle proprie semplici forze, infinita e dinamica persistenza che conduce, senza bussare, “alle porte del paradiso” … 87


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Cresce l’offerta turistica nelle aziende agricole

Cresce l’offerta turistica

nelle aziende agricole Il centro studi di Confagricoltura segnala la crescita dell’offerta in occasione di

Agri@tour 2018,

multifunzionale di

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il salone nazionale dell’agriturismo e dell’agricoltura

Arezzo.


“Nel 2017, rispetto all’anno precedente, le aziende agricole che svolgono

Il centro studi segnala come questa crescita derivi dall’’offerta

attività agrituristiche sono cresciute del 3,3% raggiungendo quota

sempre più diversificata delle aziende: dalle attività di svago come

23.400. Quello registrato nel 2017 è il terzo maggiore incremento

l’equitazione (+10,2° quelle sportive (+5,2%), dalla degustazione

del decennio 2008-2017, superiore di sei decimi di punto percentuale

dei prodotti (+4,2%) all’intrattenimento (+10,5%). Rileva anche

rispetto alla media annua del periodo (+2,7%)”. Lo segnala il centro

la tendenza all’incremento della ricettività media aziendale.

studi di Confagricoltura, in occasione di Agri@tour 2018, il salone

Di contro per ogni 100 nuove aziende autorizzate, 65 cessano

nazionale dell’agriturismo e dell’agricoltura multifunzionale di Arezzo.

purtroppo l’attività.

“Questa crescita – ha sottolineato il presidente di Agriturist, Cosimo Melacca – è uno dei modi per mettere in risalto il ruolo fondamen-

“Da Nord a Sud il nostro territorio – conclude Melacca - è il valore

tale degli agricoltori nel successo dell’italian style enogastronomico.

aggiunto che offre l’Italia. Occorre riuscire a valorizzare questo

Lo sviluppo delle strutture agrituristiche, integrativo e addizionale

brand con un progetto organico di promozione del turismo, capace

all’impegno agricolo tradizionale, è l’evidente dimostrazione della

anche di fare ordine nell’offerta. Le campagne, le acetaie, le cantine,

trasformazione che sta interessando il mondo agricolo, alla ricerca di

i caseifici, i frantoi fanno grande la nostra enogastronomia, e

attività che possano di dare un’opportunità aggiuntiva di sostenibili-

potranno così contribuire ancora di più allo sviluppo dell’economia

tà economica e ambientale alle imprese del settore”.

e dell’agricoltura italiana”.

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Bibenda 75 duemiladiciotto

La cultura alimentare a Mantova fra Cinquecento e Seicento

La cultura alimentare a Mantova fra P

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Cinquecento e Seicento

i e t r o

M

e r c o g l i a n o


n

“I Gonzaga digitali” di

Monferrato e Tokaj: i vini alla Corte dei Gonzaga

Edizioni di Storia e Letteratura Pagine 188

È appena uscito, per i tipi di Edizioni di Storia e Letteratura, il libro “Cultura alimentare a

Euro 36,00

Mantova tra Cinquecento e Seicento. Storie di cibi e banchetti nei carteggi gonzagheschi” a cura di Andrea Canova e Barbara Sogliani. Si tratta di un testo abbastanza specialistico, incentrato sulle Materie che danno il nome alla Casa Editrice che l’ha pubblicato. Ma qualcosa d’interessante vi può trovare anche l’appassionato di vino. Vi si scoprono molte cose gustose: provenienza delle materie prime e rotte del loro commercio, ricette, modalità e stili di servizio, abitudini, orarî, vasellame, ordine delle portate, pregio delle pietanze. A breve assaggio di tutto ciò, si riassume qui di seguito qualcosa sui vini piú presenti nella Corte dei Gonzaga a Mantova fra XVI e XVII secolo. Il vino – meno diffuso della birra sulle tavole frequentate dai borghesi a causa del suo maggiore costo – era una parte immancabile dei banchetti di Corte, assieme ad alcuni altri alimenti ritenuti fondamentali: almeno un piatto di pesce ed uno di carne, frutta freschissima, pasticceria genovese; per la medesima via commerciale del Po che seguiva la pasticceria genovese, giungeva il vino dalla Lombardia e soprattutto (in particolare un «moscatello torbedo» e la cosiddetta «Monferrato Malvasia») dal Monferrato. Anche se pare che il vino preferito dal duca Francesco II fosse quello friulano, il cui commercio era però gestito da Venezia. La vicina Corte estense a Ferrara acquistava soprattutto Vernaccia e vino bianco da Goito. E poi adorava i «vini de Ungaria» e in particolar modo il vin di Tokaj, molto apprezzato anche a Mantova. Il «vino di toccai eccellentissimo» di cui si parla in una lettera citata nel volume e datata 1572 era considerato talmente pregiato da esser messo in palio nel corso di una festa in onore d’un arciduca. Ma quel che piú deve interessare è la data della lettera: essa infatti consente di anticipare di oltre un secolo la prima attestazione di ‘vin di Tokaj’, che fino allo studio di questa lettera si pensava fosse il testo “Ungheria compendiata” (1685) di Ettore Scala. Al di là del Tokaj, sembra in generale di poter comprendere che la dolcezza (con la quale si sarà anche voluto intendere una bassa acidità ma che comunque deve rimandare pure almeno a una amabilità zuccherina) fosse considerata sinonimo di gradevolezza e di qualità. Per riassumere. I vini bevuti alla Corte dei Gonzaga provenivano principalmente dall’Ovest – Monferrato e Lombardia – lungo la rotta commerciale del fiume Po: ma erano anche molto apprezzati quelli friulani e la rarità del Tokaj ungherese; il vino era naturale sinonimo di convivialità e di festa, immancabile presenza ai banchetti anche piú frugali e protagonista di quelli piú sontuosi. 91


Da Leggere

Sono

i nostri consigli di lettura.

dizionari,

testi

legislativi,

romanzi,

tecniche: letture intorno al vino.

92

NovitĂ ,

nuove edizioni,

saggi,

pubblicazioni


Da Leggere

VINO IL ROMANZO SEGRETO

CODICE DELLA VITE E DEL VINO

Piemme Pagine 252 Euro 18,50 Prefazione Gianni Mura

Unione Italiana Vini - Confederazione Italiana della Vite e del Vino Pagine 2000 Euro 290

Non occorre la macchina del tempo per catapultarsi in un periodo remoto: è sufficiente una pozione magica fatta di acini spremuti. Grazie al vino, epoche storiche lontane rivivono. Roberto Cipresso, winemaker, chiama vini d’emozione quelli che a ogni sorso raccontano una storia. E lui, come un cacciatore di tesori, ha solcato terre e mari, scavalcato muri di giardini abbandonati, si è addentrato nelle grotte sul monte Ararat, per cercare le viti più antiche, quelle dimenticate, i terreni meno battuti dai viticoltori, per riportare in vita vini che sono la quintessenza di storia umana e natura. È un viaggio attraverso il vino, un romanzo in cui si intrecciano passione, sapere, esperienze, opinioni schiette, strade da abbandonare e altre da imboccare.

Testo unico del Vino e decreti attuativi, disposizioni comunitarie aggiornate, norme nazionali applicative e circolari interpretative. La legislazione vitivinicola è in continua evoluzione. Per fornire agli addetti ai lavori uno strumento aggiornato e completo utile a facilitare la consultazione dell’elevato numero di norme nazionali ed europee che regolano il settore, come ogni anno, Unione Italiana vini ha dato alle stampe il nuovo Codice della Vite e del Vino, giunto alla quattordicesima edizione, curato da Antonio Rossi. All’interno delle oltre 2000 pagine, suddivise in 18 capitoli, il volume contiene la rielaborazione e l’aggiornamento dell’intero panorama legislativo nazionale, significativamente mutato dopo l’emanazione del Testo Unico del Vino (legge n. 238/2016) e l’approvazione di gran parte dei corrispettivi decreti attuativi. Sono altresì presenti le disposizioni nazionali che disciplinano l’attività di produzione e commercializzazione delle bevande, anch’esse parte della complessa realtà legislativa nella quale si inserisce il lavoro quotidiano degli operatori vitivinicoli. Accanto al volume, UIV mette a disposizione il servizio di consultazione legislativo online.

Roberto Cipresso Originario di Bassano del Grappa, inizia la carriera di winemaker nel 1987 a Montalcino, dove si stabilisce e lavora per alcuni dei più noti produttori. Nel 1999 fonda Winemaking, gruppo di consulenza agronomica ed enologica che al momento segue più di trenta aziende dislocate in tutto il territorio nazionale. Il suo percorso professionale vede anche collaborazioni con alcune aziende straniere, in Argentina, in Brasile e in Spagna.

SORSI DI SALUTE IL VINO SENZA FRASCA Cuzzolin Editore Pagine 334 Euro 27 Prefazione Peppe Vessicchio Ogni qualvolta ci si affanna nel voler attribuire ad un alimento un nesso di casualità con lo stato di salute o di malattia, ci si imbatte inesorabilmente in un sentiero lastricato di insidie. Il vino, non si sottrae a tali difficoltà. Paradossalmente ne introduce ancor di più. Il vino, rappresenta un alimento di antichissima tradizione ed allo stesso tempo, estremamente moderno, in continua evoluzione. Partendo dalla “formula” del vino e dalla biochimica dei suoi aromi, il testo descrive il viaggio del vino a seconda di come, quanto e chi lo beve, fino a tratteggiare alcuni effetti speciali dell’alcol del tutto inattesi. Ampio risalto viene dato alla composizione polifenolica e in particolare al Resveratrolo “tuttofare”, cercando di mantenere sempre netto il confine tra i benefici che tali sostanze apportano alla pianta che li produce e quelli potenziali dell’organismo che li assume. Michele Scognamiglio Torrese di Torre del Greco, Biochimico, Specialista di Scienza dell’Alimentazione. Autore di pubblicazioni scientifiche su temi inerenti la Nutraceutica e la Biochimica della Nutrizione. Sommelier “per dispetto”. Conoscendo la malizia dei microbi colleziona bottiglie di vino, rigorosamente vuote. 93


Abbinando D

Per

a n i e l a

S

c r o b o g n a

comprendere al meglio quello che ruota intorno a un

corretto abbinamento, è necessario incastonare tale argomento nel piacere edonistico.

L’esaltazione

delle caratteristiche di

entrambi i protagonisti porta a un risultato comune, armonico e spesso di grande appagamento. il concetto di

(dal

gr.

Edonismo,

Per

approfondire chiariamo

ricordando che l’

ἡδονή “piacere”). –

“EDONISMO

è una dottrina morale, secondo

la quale fine di ogni azione umana è, e non può non essere, il piacere che essa procura a chi la compie”.

Seguendo

questo

filone si fa strada la consapevolezza che l’abbinamento deve raggiungere la più totale sublimazione dell’uno e dell’altro, attraverso l’esaltazione di ogni singolo componente.

h •C

Vi

proponiamo un piatto del grande

Chef

del

Ristorante La

Pergola, presso il Rome Cavalieri a Roma, Heinz Beck.

94

ef

Heinz Bec

k


Abbinando

TONNO TONNATO Ingredienti per 4 persone: Per la gelatina di brodo di vitello e bonito 1 lt di brodo di vitello 100 g di bonito 6 cucchiai di gelatina liquida Per le chips di alici 200 g di riso Carnaroli 4 filetti di alici sott’olio 1 sardina fresca 300 ml di brodo vegetale Per il tonno 120 gr di filetto di tonno rosso Per le perle di tapioca all’aceto balsamico 3 g di perle di tapioca 50 g di Aceto Balsamico Tradizionale di Modena Per la neve di salsa tonnata 200 g di tonno sott’olio, sgocciolato 15 g di tuorlo 90 g di panna 1 cucchiaio di maionese 1 foglio e ½ di gelatina Per la guarnizione del piatto Shiso Procedimento Per le chips di alici Tostare il riso e sfumare con il vino bianco. Aggiungere il brodo gradualmente e portare a cottura. A parte, rosolare le alici e unirle al riso. Una volta che il riso sarà stracotto, incorporare la sardina già pulita. Congelare e affettare. Friggere le chips in olio extra vergine di oliva a 190°C. Per il tonno Tagliare il tonno a strisce lunghe circa 10 cm e larghe 5 cm. Scottarle da ambo i lati per 5-6 secondi. Tagliare a fettine sottili. Per perle di tapioca all’aceto balsamico Mettere le perle di tapioca in acqua mista ad Aceto Balsamico Tradizionale e fare bollire lentamente per circa 20 minuti. Per la neve di salsa tonnata Nel frullatore unire il tonno sgocciolato, la panna, il brodo di vitello, il vino bianco e frullare a 70°C fino ad ottenere un composto omogeneo. Aggiungere la maionese, la gelatina e il tuorlo d’uovo. Filtrare attraverso uno chinois e regolare di sale.

L’ABBINAMENTO Vista la complessità del piatto per via dei diversi ingredienti, dal tonno all’aceto balsamico e ancora alici, sardine, maionese, tapioca e bonito, la scelta del vino deve necessariamente considerare una certa struttura. Per questo motivo assolutamente da scartare l’idea di un vino bianco, bensì un rosso delicato e profondo al tempo stesso. Carema Etichetta Bianca 2014 - Ferrando Rosso Doc | Nebbiolo 100% | Gr. 13,5% Il Carema viene definito il “nobile Barolo di montagna”, vino raro per via della coltivazione “eroica”. L’azienda Ferrando di Ivrea, da generazioni dedica tutte le proprie energie alla valorizzazione di questo vino e di questo territorio. La coltivazione del Nebbiolo, in questa zona a forte pendenza, è possibile grazie ai terrazzamenti costituiti da muretti in pietra a secco. Rosso granato di media trasparenza. Al naso regala intense sensazioni di arancia rossa, note ferrose ed ematiche che pian piano si arricchiscono di spezie, tabacco e ciliegie. L’eleganza di questo vino culmina in un assaggio snello e dinamico, segnato da splendida sapidità e corroborante freschezza. Il tannino di nobile fattura impreziosisce l’equilibrio. Da vigne di 40-50 anni, trascorre 36 mesi in botte grande.

Da la “Fisiologia del Gusto” di Brillat Savarin: Il piacere del mangiare è la sensazione attuale e diretta di un bisogno che si soddisfa. Il piacere della tavola è la sensazione riflessa che nasce da diverse circostanze di fatti, di luoghi, di cose e di persone che accompagnano il pasto. Il piacere di mangiare è comune a noi e agli animali; presuppone soltanto la fame e ciò che occorre per saziarla. Il piacere della tavola è particolare alla specie umana; presuppone delle cure antecedenti per preparare il pasto, per la scelta del luogo e per la riunione dei convitati. Il piacere di mangiare esige, se non la fame, per lo meno l’appetito, il piacere della tavola è quasi sempre indipendente dall’uno e dall’altro. Si può concludere asserendo che l’abbinamento ottimale è dato dall’atmosfera, la preparazione della tavola, i commensali e la pace interiore. E perché no, anche dalla musica. Completerei l’abbinamento accostando il Quintetto per pianoforte e archi in la maggiore detto La trota, di Franz Schubert. Auguri! 95


i r o t t u d o r p i n o c A tavola C

i n z i a

B

o n f Ă

Siamo

entrati nelle cucine di alcuni produttori di vino

chiedendo loro di raccontarci una propria ricetta alla quale sono particolarmente legati.

96


IL PRODUTTORE Il Piave si sa, ha la sua leggenda storica con la Grande Guerra, attraverso un fiume da sempre protagonista di piene e inondazioni devastanti che hanno lasciato, però, un terreno alluvionale ben drenato, dove nei secoli si sono sedimentati detriti ghiaiosi, perfetti per la coltivazione della vite. Proprio su questa tipologia di terreno, a Tezze del Piave, in provincia di Treviso, l’azienda Cecchetto coltiva uno dei vitigni italiani più difficili da domare, alquanto scorbutico e poco accondiscendente con i palati comuni: il Raboso. Giorgio Cecchetto deus ex machina, è aiutato dai suoi figli e da sua moglie Cristina Garetto, donna di grande charme, elegante, pacata e gentile che, oltre ad occuparsi della comunicazione e delle relazioni aziendali, coltiva un piccolo orto delle meraviglie con risultati straordinari e si diletta magistralmente in cucina creando i manicaretti più disparati. Ci propone questo mese una dolce ricetta che, essendo senza latte, burro e uova, può essere mangiata anche da persone con intolleranze al lattosio e da coloro che abbracciano una filosofia vegana. La torta al farro, cacao e pere di Cristina è anche salutare perché vede come ingrediente principale la farina di farro che rimane più digeribile.

TORTA AL FARRO, CACAO E PERE Ingredienti per uno stampo da 20 cm: 210 grammi di farina di farro, 40 grammi di cacao amaro di alta qualità, 2 pere Madernassa, 12 grammi di lievito per dolci, 250 milligrammi di acqua, 60 milligrammi di olio di semi, 110 grammi di zucchero di canna, cacao e zucchero a velo per guarnire.

*

Preparazione 1. Setacciare con molta cura tutti gli ingredienti secchi, la farina, il lievito in polvere, il cacao amaro e lo zucchero di canna in modo da evitare che si formino grumi. 2. In una ciotola a parte versate insieme l’olio e l’acqua (o il latte di soia) e lavorateli energicamente con una frusta a mano o con le fruste elettriche. 3. Unite pian piano gli ingredienti liquidi a quelli secchi, lavorando sempre con la frusta fino a quando non ci saranno più grumi. 4. Versate il composto in una tortiera apribile da 20 centimetri ricoperta di carta da forno. 5. Sbucciate le 2 pere, tagliatele il più possibile a spicchi lunghi e adagiateli sulla parte superiore del composto. 6. Infornate a 180° gradi in forno già caldo e cuocete per circa 35 minuti. 7. Prima di sfornare, lasciate raffreddare, aprite lo stampo e servite spolverizzando con cacao in polvere e zucchero a velo.

L’ABBINAMENTO Per l’abbinamento non poteva mancare un vino dolce che Cristina indica nel loro RP Passito di Raboso S.A., un blend di diverse annate in percentuali decrescenti di almeno quattro che si siano distinte per qualità, perché l’appassimento enfatizza i pregi e i difetti di ciascuna annata. Il Raboso ricordiamo è un vitigno autoctono del Veneto, difficile, scorbutico e appunto “rabbioso” che in questa versione riesce a donare peculiarità e sensazioni sorprendenti, essendo domato dall’appassimento che lo ha reso morbido smussandone tutti gli spigoli. Rubino compatto smagliante dall’incarnato granato. Complesso e accattivante si apre a sensazioni che evocano le erbe amaricanti quali il rabarbaro, la genziana, unite ad amarena sotto spirito. Goduriosa l’idea ammiccante di Cynar che si percepisce in chiusura. Al gusto è dolce ma si distingue per grande ricchezza espressiva con rinvigorente freschezza e sapidità e con tannini levigati che, pur arrampicandosi delicatamente sul palato, lasciano una lieve e gradevole percezione di astringenza. Epilogo dai rimandi olfattivi fruttati di scorzetta d’arancia e prugna secca. Le diverse annate maturano separatamente per 60 mesi tra tonneau e barrique.

pera Madernassa è una varietà ottima da cuocere, * Laoriginaria del Piemonte. Se non doveste trovarla, potete sostituirla anche con la più comune pera Abate. 97


Cruc i BENDA P

a s q u a l e

P

e t r u ll o

in arte Petrus

Il Cruciverba di questo numero è dedicato al Natale. Auguri a tutti i nostri lettori!

Orizzontali 1. Un attrezzo per la fitness 5. Vino rosso DOC del Novarese 8. Si dice di vino con una netta e gradevole sensazione salina 13. Stato africano con capitale Porto Novo 15. Lo è il vino da dessert con una spiccata e predominante morbidezza, dovuta ad un’elevata concentrazione glicerica 17. Vino bianco del Roero 19. Il nome di una Thompson attrice 20. Marchio distintivo di un’azienda 22. Regione vinicola a Sud del lago d’Iseo tra la sinistra del fiume Oglio e la pianura di Cellatica 25. Si occupano di frodi alimentari (sigla) 26. Le sponde dell’Adige 27. Delfini dei fiumi brasiliani 29. Tribunale Arbitrale dello Sport 31. Cifra del sistema binario 32. La Spagna cantante (iniz.) 98

34. Gira in acqua e in aria 36. Il pittore Klee e l’attore Newman 40. Pari in short 41. Vino rosso di forte gradazione alcolica della Valpolicella 43. Più che antipatica, molesta 45.Lo è il vino senza alcuna sensazione di dolcezza 46. Mesceva il nettare agli dei 47. Nei biscotti e nel panforte 48. Quella di Ovidio è ...amatoria 50. Il Bongiorno detto il re dei quiz 51. Vi discese Orfeo 52.Quello molto intenso è particolarmente spiccato e avvolgente 54. Rigonfio nel mezzo 55. Vitigno francese a bacca bianca 58. Il Pitt di “Bastardi senza gloria” 59. Una pianta da davanzale 60. Lo è l’aroma del vino dopo il passaggio inbotte e affinamento in bottiglia


Cruc i BENDA

13 14 15 16

© Petrus

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12

17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28

B U O N

29 30 31 32 33

34 35

36 37 38 39 40

N A T A L E

41 42 43 44 45 46 47 48 49 50 51 52 53 54

55 56 57 58

59 60

Verticali 1. Scorpacciata a spese altrui 2. Molto pallida, livida 3. La città Ombelico di Sicilia 4. Lo è il corpo del vino dotato di notevole struttura gustativa che riempie il palato 6. Si grida spiccando un salto 7. Lo stato ottimale di equilibrio di un vino 8. Nazioni... o situazioni 9. Pollaio senza polli 10. Prodotto Nazionale Lordo 11. Dotati dei requisiti 12. Un’assicella della botte 14. Sigla del Nicaragua 16. Ordine al Merito della Repubblica 18. Il fischio delle pallottole 19. Umberto, autore del romanzo “Il nome della rosa”

21. Un’ambita statuetta per divi 23. Si ripete imponendo un’alternativa 24. Respiro affannoso o sospiro... di desiderio 28. Segmento terminale dell’intestino tenue 30. Prosciutto affumicato altoatesino 31. È pesto ma non è un occhio 33. Si dice a sette e mezzo 35. Il metodo detto anche Martinotti 37. Messa in moto, funzionante 38. Prestigioso premio svedese 39. Agghindate con fronzoli 41. Carpe del Trasimeno 42. Opprime l’animo 44. Carlos, regista spagnolo 45. Offusca l’atmosfera 49. L’uovo che... si affetta 51. Ganci per pescatori

52. Il genere di Lady Gaga 53. La polizia statunitense con i G-men 56. Fanno del veto un evento 57. Cambiano il gusto in lusso

99


LA GUIDA DEI RISTORANTI Informazioni da Fondazione

Questa rubrica riassume tutte le novitĂ , gli eventi, le attivitĂ , le notizie, i momenti che hanno vista impegnata la

Fondazione Italiana Sommelier in lungo e in largo nel

100

Paese.


RIESLING IN SICILIA Nel nome del Riesling riaprono le attività di Fondazione Italiana Sommelier a Palermo. L’esordio per il nuovo corso capitanato da Paolo Di Caro e dal fiduciario Sergio Messina è all’insegna del «vino bianco più buono al mondo»: sono parole di un’appassionatissima, che ha traghettato numerosi ed entusiasti partecipanti a una degustazione in viaggio lungo la Mosella. Poco più a nord della Champagne, tra le anse fluviali della Germania occidentale, in un angolo fatato impresso su ardesia nell’universo delimitato dal Reno, il Riesling garantisce l’optimum per mineralità e carattere. Nel sistema fluviale che la Mosella, lenta e sinuosa, forma con Saar e Ruwer, lungo pendii scoscesi e spesso impervi, la viticoltura è complessa, onerosa ma molto gratificante per i produttori specializzati sul vitigno. Accanto a dinastie che da secoli credono e lavorano al Riesling, di recente nomi diversi hanno affermato

interpretazioni personali rendendo ancora più complesso un panorama mozzafiato al gusto e all’olfatto. Da Fritz Haag con Brauneberger “J”, esemplare espressione verticale del vitigno, e Markus Molitor, con Erdener Treppchen Kabinett, più ampio e seducente, fino ai complessi abbracci della Spätlese di J. J. Prüm, che smantella i pregiudizi sull’abbinabilità delle vendemmie tardive, e alla versione graffiante e incisiva dell’Ürziger Würzgarten Auslese del Dr. Loosen, il pubblico riscopre la Mosella. In quest’affondo, hanno un ruolo determinante le due incursioni centrali in Alsazia con il Praelatenberg di Engel e lo Zoninger Helligenstein dell’austriaco Brundlmayer: i due vini dagli stili completamente diversi - morbido l’uno, corposo, molto caldo e persistente l’altro consentono una visione più profonda del vitigno. Una degustazione da annali per rilanciare la cultura del vino.

I RISTORANTI DI BIBENDA DA ORA ONLINE PER TUTTI

Per maggiore attenzione verso i nostri lettori abbiamo voluto offrire una Guida dei Ristoranti, da quest’anno, in costante aggiornamento, dal racconto qualità all’anagrafica. Sarà inoltre consultabile dal nostro sito in modalità totalmente gratuita. Insomma, Bibenda.it si arricchisce di un nuovo spazio, quello dedicato a “I Ristoranti di Bibenda 2019”! Quello dei Ristoranti, infatti, è un settore che raccoglie molteplici informazioni, difficilmente possibili da mantenere invariate per un intero anno: cuochi che vanno e vengo-

no, chiusure settimanali e ferie, trasferimenti, nuove aperture e tanto di più. L’unica costante è la classificazione dei nostri “Baci”. Questa nuova filosofia ci permette di comunicare più efficaciemente con i nostri lettori. In uscita a Gennaio 2019 anche l’applicazione per Apple e Android. Facile e immediata, potrai collegarti in qualsiasi momento e trovare i ristoranti più adatti alle tue esigenze nel raggio di 3 km dalla tua posizione, grazie alla geolocalizzazione. Grazie per aver scelto di consultarci.

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l’Oliol’Olio è l’Olio è

❖ A PARTIRE DAL 12 MAGGIO 2017 ❖ ❖ A PARTIRE DAL MAGGIODAL 2017 ❖ 12 A PARTIRE 12 ❖ MAGGIO

ALL’HOTEL ROME CAVALIERI ALL’HOTEL ROMEAC LLAVALIERI ’HOTEL ROME CAVAL IL 17° CORSO PER SOMMELIER DELL’OLIO IL 17° CORSO PER OMMELIER ’O LIO IL S17° CORSO DELL PER S OMMELIER D ◆❖◆ ◆❖◆

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INFORMAZIONI SU WWW.BIBENDA.IT INFORMAZIONI SU WWW.BIBENDA .IT INFORMAZIONI SU WWW.BIBENDA. PER ISCRIVERSI TEL. 06 8550941 PER ISCRIVERSI TEL. 06 8550941 PER ISCRIVERSI TEL. 06 8550941

❖ A PARTIRE DAL 12 MAGGIO ❖ Fondazione Italiana2017 Sommelier

Fondazione ItalianaFondazione Sommelier Italiana Somm

CENTRO INTERNAZIONALE PER LA CULTURA DEL VINO E DELL’OLIO con il INTERNAZIONALE Riconoscimento Giuridico della Repubblica CENTRO PER LA CULTURA DEL VINO EItaliana DELL’OLIO CENTRO INTERNAZIONALE PER LA CULTURA DEL VINO

ALL’HOTEL ROME CAVALIERI IL 17° CORSO PER SOMMELIER DELL’OLIO

con il Riconoscimento Giuridico della Repubblica Italiana con il Riconoscimento Giuridico della Repubblica


www.bibenda.it bibenda@bibenda.it

direttore

Franco M. RICCI

Caporedattore centrale Paola SIMONETTI

Hanno collaborato a questo numero Paolo AURELI, Floriana BERTELLI, Cinzia BONFÀ, Claudio BONIFAZI, Luca BUSCA, Elvia GREGORACE,

Foto

Daniele LIURNI, Sabatino MAROTTA,

© shutterstock.com

Pietro MERCOGLIANO, Pasquale PETRULLO, Antonella POMPEI, Dario RISI,

Consulenti dell’Editore

Daniela SCROBOGNA.

Sergio BIANCONCINI Architettura Michele FEDERICO Medicina

Grafica e Impaginazione

Stefano MILIONI Edizioni

Fabiana DEL CURATOLO

Franco PATINI Internet Attilio SCIENZA Viticoltura Gianfranco VISSANI Cucina

BIBENDA per rendere più seducenti la cultura e l’immagine del vino / Anno XVII / n. 75 / Novembre - Dicembre 2018

> Direzione, Redazione e Amministrazione 00136 Roma - Via A. Cadlolo, 101 - Tel. 06 8550941 - Fax 06 85305556 >

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2018, Bibenda Editore Srl - Roma tutti i diritti sono riservati / Registrazione del Tribunale Civile di Roma al n° 574 del 20 Dicembre 2001

> Iscrizione al Registro Operatori della Comunicazione al n° 9.631 L’analisi sensoriale, che evidenzia la qualità dei vini di tutte le nostre recensioni, viene effettuata con metodo e scuola di Fondazione Italiana Sommelier. Bibenda, la rivista nata nel 2002 su progetto grafico originale di Bets Design S.r.l., Roma. Altre Pubblicazioni di Bibenda Editore | BIBENDA il Libro Guida ai Migliori Vini, Grappe e Oli | L’Arte del Bere Giusto / Il Gusto del Vino / Il Vino in Italia e nel Mondo / Abbinare il Vino al Cibo / Il Dizionario dei Termini del Vino (sono i testi del Corso di qualificazione professionale per Sommelier riconosciuto in tutto il mondo) | Ti Amo Italia (la pubblicazione in inglese su Vino e Cibo italiani) | Il Quaderno di Degustazione del Vino.


III


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