North Africa

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to il profumo a base alcolica. In tutti i paesi in cui vivono dei musulmani, la sobrietà in termini di abbigliamento femminile è sinonimo di velo o ḥijāb14. Il termine ḥijāb, che viene spesso tradotto con “foulard o velo”, in arabo indica più propriamente il “vestire modestamente”. Il vestire modesto è il primo passo per rappresentare l’identità islamica femminile. In alcuni paesi, quali l’Arabia Saudita o l’Iran, il ḥijāb è obbligatorio, mentre in altri paesi è considerato una tradizione e quindi non lo è. La parola ḥijāb appare in sette versetti del Corano e si riferisce sempre a una cortina o tenda dietro alla quale può avvenire la rivelazione del Corano stesso. L’obbligo di portare il velo è legato ai momenti rituali e all’ingresso nei luoghi sacri. La scelta di estendere quest’obbligo a tutti gli altri aspetti dell’esistenza è un fatto personale che riguarda esclusivamente la donna. L’atto simbolico di velarsi, così come per l’uomo quello di portare l’abito tradizionale, rappresenta la volontà di esprimere anche esteriormente la propria vocazione religiosa. L’abbigliamento è quindi un simbolo e ha una precisa corrispondenza con la propria disposizione interiore. Rimane un dato storico indiscutibile che l’uso del velo non sia una pratica esclusivamente musulmana, ma semmai araba e anteriore all’Islam, diffusa anche in varie altre culture e religioni, tra il quale il Cristianesimo. Il suo scopo principale era quello di segnalare le differenze sociali, indicare le donne che dovevano essere oggetto di un particolare rispetto. Anche nell’ambito cristiano si parla del velo delle donne. L’apostolo Paolo, infatti, prescrive:

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