Weekly Enjoy #015

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Direttore Responsabile: Alessandro Mauro Rossi

Coordinamento Editoriale Digital: Carlo Carnevale

Grafica e Impaginazione: Beatrice Dalla Paola

Direttore Commerciale: Michele Belingheri

IL SETTIMANALE DE LE GUIDE DE L’ESPRESSO

Ogni fine settimana, al vostro indirizzo di posta elettronica, vi verrà recapitato il Weekly Enjoy, un magazine con notizie, servizi, approfondimenti e consigli più interessanti della settimana. Chi ha fame di notizie enogastronomiche può mettersi a tavola. Il servizio è gratuito.

WEEKLY ENJOY - IL SETTIMANALE DELLE GUIDE DE L’ESPRESSO
Pubblicazione settimanale gratuita #015 - 30 Settembre 2023

VIP: VERY IMPORTANT POSTO

RISTORANTE REALE

Il regno, è il caso di dirlo, dello chef Niko Romito, che insieme alla sorella Cristiana cura il tristellato Ristorante Reale di Niko Romito a Castel Di Sangro. Siamo a Castel di Sangro, località montana dell’Abruzzo. Qui lo chef autodidatta Niko Romito ha costruito un impero del gusto che vede la sua punta di diamante nel ristorante Reale, centro di sperimentazione e avanguardia tra le più spinte d’Italia. Il lavoro di estrazione e di ricerca della profondità nel gusto è elaborato attraverso percorsi che apparentemente posso sembrare semplici, finanche banali. Il risultato però ottenuto è spiazzante, stordente, tanto è intenso e pervasivo al palato. Da un paio d’anni il menù degustazione del ristorante Reale di Niko Romito a Castel di Sangro è costruito attorno al cardine dell’elemento vegetale, non è presente in nessuna forma la proteina animale o ittica, che è comunque possibile aggiungere attraverso la scelta, a prezzi calmierati, di alcune portate alla carta. Piatti come Filigrana di Cipolla o Riso, Peperone Verde e Mela sono l’esempio di questo corso vegetale, che esplora consistenze e temperature differenti e armoniosamente interdipendenti. Immenso il dolce non dolce, Prugna, Panna e Alloro, tanto fresco e balsamico quanto profondo e pervasivo al palato. Continua a leggere sul sito

NOME DELLO CHEF : Niko Romito

MENU DEGUSTAZIONE : 190€

VIP: VERY IMPORTANT PIATTO

GAROFOLATO DI MANZO

RISTORANTE IMAGO DELL’HOTEL HASSLER CHEF ANDREA ANTONINI

Garofolato di manzo: il matrimonio tra cucina popolare e fine dining, firmato da Andrea Antonini all’Imago, presso l’Hotel Hassler di Roma. Ora possiamo dirlo senza tema di smentita: c’è un fuoriclasse ai fornelli nella Capitale. È arrivato quattro anni fa, grazie alla scelta coraggiosa del compianto Roberto Wirth, a dirigere uno dei ristoranti più importanti e belli, per l’impareggiabile panorama, di Roma: l’Imago dell’Hotel Hassler. i chiama Andrea Antonini, trentadue anni, curriculum di livello: ma soprattutto romano, cresciuto in quartiere popolare che gli ha trasmesso quella sicurezza, quell’idea forte di lavorare sin dall’inizio, sulla cucina popolare italiana e romana in particolare: dal pollo con i peperoni alla porchetta, dall’antipasto misto alla pasta alla checca. E nell’ultimo menu ha raggiunto il top con il garofolato di manzo: un piatto storico capitolino dove la carne subisce una lunga cottura. Qui invece è cruda, taglio consistente, con due cialde di fondo di manzo a chiuderla, una maionese fatta con gli aromi della ricetta classica, chiodi di garofano e soffritto su tutti, erbe e salsa al vino rosso. Continua a leggere sul sito

VITE PRENOTATE

IMAGO DELL’HOTEL HASSLER

Piazza Trinità dei Monti, 6 Roma

Tel. Tel +39 0669934726 hotelhasslerroma.con

Sulla soglia di bar e ristoranti è ormai impossibile scampare alla temibile domanda: “Avete prenotato?”. Di per sé superfluo (si direbbe immediatamente, perché riservare un tavolo e non reclamarlo?), il quesito pone di fronte un bivio quasi esistenziale. Da un lato è innegabile: le prenotazioni sono un’ancora per chi vuole garantirsi (almeno sulla carta) una serena esperienza fuori casa, e a maggior ragione quando sapientemente scaglionate dagli osti, sono uno strumento per organizzare al meglio le tempistiche di servizio, perché cuochi e personale di sala non vadano in apnea con ordinazioni simultanee. Sono anche fondamentali per apprendere di eventuali allergie, intolleranze e desiderata, che l’ospite dovrebbe sempre segnalare in anticipo. Al contrario, troppo spesso i locali soffrono proprio a causa di prenotazioni non rispettate, che si tratti di grandi gruppi che all’ultimo momento si restringono, o di tavolini ristretti ai quali intere comitive pretendono di sedere ugualmente “tanto basta aggiungere due posti”, quando non addirittura coperti che rimangono vuoti perché chi ha riservato semplicemente non arriva, senza avvisare. Il fardello vale anche per i consumatori: quasi non è più possibile uscire a fare due passi e poi decidere di fermarsi da qualche parte a caso, senza programmare per forza una cena, ed è un peccato, perché anche la magia dell’improvvisazione ha il suo valore, quando si va al ristorante. Insomma: prenotare è bene, non doverlo fare sarebbe meglio.

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di Alberto Cauzzi di Alfonso Isinelli Carlo Carnevale Carlo Carnevale Coordinatore editoriale digital de Le Guide de L’Espresso RISTORANTE REALE DI NIKO ROMITO A CASTEL DI SANGRO - CASADONNA Piana Santa Liberata Castel di Sangro (AQ) Tel. +39086469382 nikoromito.com

di Antonio Franchi CIOCCOLANDIA

PRINCIPALI

PRODOTTI TIPICI A BASE DI CIOCCOLATO IN LAZIO

PANGIALLO

Dolce natalizio romano a base di mandorle, noci, nocciole, pinoli, cedri e aranci canditi, uva passa, miele, farina e cioccolato. Prende il nome dal colore della parte esterna.

CASATA DI PONTECORVO

Dolce pasquale della Ciociaria, leggermente salato, a base di uova, sale, formaggio di pecora senza sale, cannella, cedro e cioccolato fondente; il nome casata deriva dal latino «caseum», formaggio. Durante la cottura gli ingredienti si ripartiscono e si ottengono due strati: uno giallo a base d’uovo e uno marrone a base di formaggio e cioccolato.

PANPEPATO DI ANAGNI

Dolce tradizionale delle feste natalizie ad Anagni, in Ciociaria, formato da uvetta, noci, pinoli, mandorle, nocciole tritate e cioccolato, canditi, cannella, noce moscata e pepe nero, miele e farina. L’impasto viene diviso in panetti che vengono cotti in forno.

TORRONCINI DI ALVITO

Torrone a pasta morbida tipico di Alvito, in Ciociaria, preparato nella versione originaria utilizzando pasta di mandorle, canditi e glassa bianca di copertura; nella versione moderna la copertura è di cioccolato fondente, spesso aromatizzato all’arancia.

PANFRUTTO DI FERENTINO

Dolce tipico della tradizione natalizia a Ferentino, in Ciociaria, realizzato da un impasto base di farina, zucchero, uova e lievito, a cui viene aggiunto miele di acacia, burro, vaniglia, cioccolato fondente, olii essenziali agli agrumi e una particolare infusione di bergamotto.

Usualmente ha forma circolare simile ad una ciambella ed ha una particolare consistenza. Viene prodotto anche nei comuni di Alatri, Anagni e Fiuggi.

GUALTIERO MARCHESI

“Quando una cosa è buona e semplice, guarda caso è anche bella”

In Italia imperversava la gastronomia. Poi, Gualtiero Marche si ha inventato l’Alta Cucina Italiana. Nel corso della storia è sempre esistito un Prima e un Dopo, accadimenti in grado di modificare tangibilmente il ciclo degli eventi.

Riso, Oro e Zafferano, insieme a quel Raviolo Aperto che ha azzerato lo status quo di ogni creazione culinaria Ante Marchesi, sono stati lo spartiacque tra la cucina allora conosciuta e l’avanguardia.

Lo chef ha 38 anni quando si presenta al cospetto dei fratelli Trosigros a Roanne. Qui osserva i fondamentali della Nouvelle Cuisine prima di chiudersi la porta del loro ristorante alle spalle intonando quel “Ho capito, vedrete che ho capito!” che promette la rivoluzione. Prima il modo di cucinare è arbitrariamente relegato alle categorie di questo si e questo no, si fa così e non si fa così. Gualtiero Marchesi sfonda le paratie stagne dei ricettari credendo nell’ingrediente, nella sua natura e studio poiché ogni alimento è cucinabile se lo si sa capire e valorizzare. Le sue opere sono una profonda interpretazione dell’animo umano che ha bisogno di risolversi nel bello e buono e non solo nella praticità della vita. Sua alleata, l’arte. In un affascinante gioco tra pittura ed estro culinario, Marchesi dà vita ad autentiche creazioni edibili pari al genio estetico degli artisti del suo tempo. Nella galleria sfilano Quattro paste concepito sulla scia della Marilyn di Andy Warhol , il Pollockiano Dripping di Pesce e Rosso e nero, una dedica all’artista Alberto Burri

Gualtiero Marchesi ha edificato una corrente culinaria e forgiato talenti tra cui Davide Oldani, Carlo Cracco, Enrico Crippa, Riccardo Camanini, Pietro Leeman e Andrea Berton

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PERSONAGGI

PESCE SILURO PER INTENDITORI

LE BUONE COSE… di ANDREA GRIGNAFFINI

“È un enorme pesce con una bocca spaventosa, una grossa testa che pare un otre, nessun dente, ma solo una ruvida mandibola; non ha squame, ma viscida pelle”. Non esattamente lusinghiera, benché accurata, la descrizione che il naturalista Konrad Gessner (1516-1565), fa del silurus glanis, il vorace pesce siluro, da sempre temuto mostro d’acqua dolce dall’impressionante stazza. Con il suo aspetto repellente e la sua predilezione per i fondali melmosi, dove spende acquattato le ore diurne per poi, al crepuscolo, risalire in superficie con l’urgenza di nutrirsi, non stupisce la sua arcaica, pessima reputazione figlia sì di fantasiose leggende popolari, ma anche di testimonianze come quella di Aristotele , che lo taccia di portar sventure, o di Plinio il Vecchio, il quale nella sua “Naturalis Historia” avverte che “il siluro in fase di caccia, attacca tutti gli esseri viventi, trascinando addirittura i cavalli che stanno nuotando per attraversare il fiume”. In realtà, il fin troppo bistrattato predatore, che effettivamente aggressivo lo è solo

in fase riproduttiva, un pregio non da poco ce l’ha: è molto buono! In Europa orientale, dove è autoctono, è considerato una vera prelibatezza e da anni è apprezzato e valorizzato anche in Francia, in particolare gli esemplari della Loira. In Italia, la diffidenza verso questo pescione alloctono entrato verso gli anni ‘50 negli ecosistemi dei nostri grandi fiumi e laghi compromettendone i delicati equilibri, si sta man mano stemperando tanto che in certe zone il pesce siluro si è trasformato da minaccia ecologica in prezioso ingrediente per tante ricette gourmet. All’ Osteria ai Nidrì di Iseo diventa sopraffino amuse bouche, Shabu shabu di siluro alla mugnaia e zenzero, mentre la Trattoria del Muliner a Clusane d’Iseo lo propone in versione terrina. Nel bergamasco, al Ristorante Zù a Riva di Solto si serve arrosto, accompagnato da asparagi e salsa bernese; all’agriturismo Contrada Bricconi in Val Seriana spunta in carta secondo disponibilità, sempre interpretato in modo da esaltare la delicatezza delle sue compatte carni bianche.

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In certe zone il pescesilurosiè trasformato da minacciaecologica in prezioso ingredienteper tante ricette gourmet
L’esperto svela tutti i segreti per preparare e gustare al meglio gli ingradienti della settimana.

Cantine Vincenzo Ippolito Agricola

Via Tirone, 132

Cirò Marina (KR)

Tel 0962 31106

ippolito1845@ippolito1845.it

CIRCOLO VIRTUOSO A CIRÒ

Conosciuto anche come The Wine Killer, grazie al successo del suo sito, redatto interamente in lingua inglese e dedicato alle sue degustazioni di vini da tutto il mondo, GardiniNotes.com, Luca Gardini è oggi uno stimato wine-critic a livello internazionale.

Tra le cantine che hanno contribuito alla crescita del movimento vitivinicolo calabrese, Ippolito 1845, che si deve all’iniziativa del capostipite Vincenzo e che porta nel nome le stimmate del suo radicamento territoriale, è la più antica. Siamo nel centro di Cirò Marina, territorio che negli anni ha raccontato molte delle storie enoiche più avvincenti di quest’area. Un’impeccabile azienda di circa 100 ettari totali, divisa fra tre tenute, Mancuso , Feudo e Difesa Piana , tutte collocate tra Cirò e Cirò Marina, adibite da sempre alla coltivazione esclusiva dei territoriali, nella fattispecie Gaglioppo, Greco Bianco, Calabrese, Pecorello e Greco Nero, allevati con modalità miste, che vanno dal tradizionale alberello al cordone speronato. Un bel progetto che parte da una conduzione non invasiva, in modalità biologica, con lavorazioni limitate all’essenziale per prevenire problemi di erosione e conservare, se non accrescere, la biodiversità, accompagnato ad un percorso di studio delle singole varietà. Un circolo virtuoso che si completa nei protocolli di cantina, che prevedono lunghi affinamenti in botti di rovere per i rossi, lavorazioni in acciaio per i bianchi, concretizzati nella produzione di 12 etichette, esportate in 4 continenti, chiaro segnale che la vocazione alla qualità qui ha radici solide, fatte di lavoro e idee lineari, altro sintomo di chiarezza - anche di vision, come dimostra la guida dei fratelli Vincenzo e Gianluca , coadiuvati dal cugino Paolo - degli obiettivi finali.

CALABRIA

IGT BIANCO

PECORELLO 2022

PUNTEGGIO 92 /1 00

prezzo € €

Una vera chicca, simbolo dell’importante lavoro di recupero varietale svolto da Ippolito, su una storica uva territoriale calabrese. Lavorazione in solo acciaio, naso che si apre su note agrumate, di cedro, poi gelsomino, sfumature di pera Abate e lemongrass. Al palato salmastro-sapido, con ritorno fruttato-agrumato e sentori officinali. Perfetto anche, molto semplicemente, con un antipasto di sardelle (il “caviale calabrese”) spalmate su una fetta di pane.

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IL BUON VINO… di LUCA GARDINI

COMPLETAMENTE GRATUITA

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ENOGASTRONOMICA ITALIANA

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FZEEN RETREAT:

LA CURA DEL CORPO COME FILOSOFIA DI OSPITALITÀ A CINQUE STELLE

A Cefalonia, l’isola più grande del Mar

Ionio, FZEEN Retreat è un autentico paradiso per chi cerca relax e possibilità di prendersi cura di sé stessi Chi ha la possibilità di godere di un ultimo mare settembrino, potrebbe prendere in considerazione un weekend lungo in quel di Cefalonia al FZEEN. La più grande delle isole del Mar Ionio, una delle più incontaminate da un punto di vista naturalistico e varia in termini di attività e scopi turistici. Che siate appassionati di natura ed escursioni, esperti esploratori di fondali marini, scalatori o camminatori, qui ce n’è davvero per tutti i gusti. Voi amate lo sport, la vostra metà un po’ meno? Niente paura, perché anche per gli studiosi di storia del territorio, ci sono a disposizione oltre 80 km di isola in cui perdervi tra produzioni olearie, viti vinicole e apiarie di grande interesse. Atterrando all’aeroporto di Cefalonia vi troverete nel sud dell’isola, a circa quindici minuti dalla capitale e alla stessa distanza dalle grandi spiagge sabbiose della costa

sud-orientale. Argostoli è stata completamente rasa al suolo nel 1953, dopo un terribile terremoto, e questo ha comportato una ricostruzione parziale nel corso degli ultimi cinquant’anni che non l’ha aiutata ad essere il curato e caratteristico borgo greco che tutti ci immaginiamo. Vale la pena passare qui una sera, per testare la vitalità della cittadina più importante dell’isola e andare alla ricerca di qualche ristorante un po’ più sofisticato rispetto alla media delle taverne greche dell’entroterra.

Nell’area di Lourdata invece si concentrano la maggior parte degli hotel e delle strutture ricettive, proprio per la facilità con cui è possibile accedere alla costa. Questa zona è famosa per la presenza, da aprile a giugno soprattutto, delle tartarughe Caretta-Caretta, visibili non solo nelle sessioni di diving: Cefalonia è infatti una delle isole più famose per la sopravvivenza di queste testuggini mastodontiche che, seppur capaci di allontanarsi per quindici anni dall’isola, tornano sempre dove sono nate per dare loro volta alla luce i piccoli. Ed ecco che non vi sarà così impossibile vederne qualcuna uscire dall’acqua per raggiungere un punto sabbioso sicuro in cui nascondere il proprio uovo.

L’hotel FZEEN Retreat si affaccia proprio su una delle spiagge più conosciute in questo senso. Un boutique hotel pressoché invisibile dal mare perché immerso in una vegetazione tropicale, sviluppato su più terrazzamenti e costruito utilizzando materiali ruvidi quali la pietra naturale, il rame grezzo e tegole irregolari. Fondato nel 2017, l’hotel è di proprietà privata e fonda la sua filosofia sul benessere psico- fisico dell’ospite. Continua a leggere sul sito

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THE ITALIAN TRAVELLER
di Chiara Buzzi

(ALMENO) UNA VOLTA NELLA VITA

PASSALACQUA, SOGGIORNARE NEL

MIGLIORE HOTEL DEL MONDO

Il Passalacqua hotel Como si trova a Moltrasio, sul Lago di Como, ed è appena stato eletto il migliore hotel del mondo da 50 Best grazie ai suoi interni maestosi, i giardini all’italiana e la cucina di casa dell’executive chef Alessandro

Rinaldi

Tra le sue mura si respira la storia e nei suoi giardini, durante le giornate più ventose, sembra quasi di udire l’eco delle composizioni del Bellini, che nel 1829 fece della villa la sua casa. La dimora costruita alla fine del 1700 dal conte Andrea Lucini Passalacqua è oggi tornata ai suoi antichi splendori grazie all’impegno della famiglia De Santis , già proprietaria del Gran Hotel Tramezzo , che con grande rispetto per la storicità e un gusto raffinato, ha saputo coniugare la classicità a un lusso contemporaneo e discreto, perfetto per un retreat a contatto con

le bellezze della natura comasca. Le stanze dove hanno soggiornato Napoleone e Winston Churchill sono oggi un tributo all’alto artigianato italiano, grazie ai dettagli di arredo scelti personalmente da Valentina De Santis che hanno contribuito a rendere Passalacqua il migliore hotel del mondo nella classifica dei World’s 50 Best Hotels. Come i maestosi lampadari di Barovier & Toso, di cui uno alto ben cinque metri troneggia nella sala della musica dove Rossini amava suonare con vista sul lago; i preziosi marmi provenienti dalle cave di Carrara e Verona, gli specchi veneziani e i trumeau intarsiati dei minibar firmati Barbini.

I tessuti sono creati su misura, come il motivo Voile de Como di Rubelli impresso sulle amenities di Passalacqua e la biancheria da letto di Beltrami in fibra di legno, più morbida ancora della seta e realizzata in esclusiva per la famiglia De Santis. Il segno distintivo delle suite sono i grandi bauli in pelle e tessuto di Bottega Conticelli di Orvieto, a prima vista porta oggetti, ma in realtà custodi dei televisori che, con un meccanismo elettrico, possono essere rapidamente svelati.

Le aree esterne del Passalacqua sono caratterizzate da giardini terrazzati che ospitano una piscina con solarium disegnato da La DoubleJ , una veranda vetrata in cui rilassarsi, un roseto e uno spazio dedicato allo yoga, immerso tra magnolie secolari. Sulla parte più alta, in un terrazzo panoramico, si trovano tavoli da esterni protetti dal sole con tende rigate, dove è possibile consumare i pasti realizzati dall’executive chef Alessandro

Rinaldi .

La sua proposta fa sentire gli ospiti a casa e porta a tavola la tradizione gastronomica italiana, impiegando materie prime provenienti dall’orto e rigorosamente stagionali. Visitando le cucine, è possibile dialogare con lo chef e prendere parte anche a cooking class, per poi scegliere il luogo preferito dove consumare il pasto. Continua a leggere sul sito

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di Penelope Vaglini

SARANNO CUOCHI, RIASSUNTO DELLE PRIME DUE PUNTATE

In attesa della terza puntata del nuovo programma in onda su Rai2, Saranno Cuochi, in collaborazione con Fondazione Barilla, ripercorriamo insieme le prime lezioni, i dubbi e le sfide che porteranno nove giovani ragazzi alla conquista del loro primo stage professionale nel mondo della ristorazione.

La prima puntata di Saranno Cuochi: l’importanza della tecnica.

Formare una nuova generazione di cuochi per testimoniare con passione un nuovo approccio al cibo che coniughi gusto, salute, benessere e tutela per l’ambiente è l’obiettivo che Fondazione Barilla si è proposta di perseguire. E Saranno Cuochi, il nuovo format televisivo in onda su Rai2 ogni sabato dal 16 settembre per quattro settimane, ne è la prova tangibile. Nella prima puntata l’emozione è palpabile. I ragazzi vengono condotti nella loro nuova aula dove ad attenderli ci sono le divise professionali, con i loro nomi incisi, che indosseranno durante l’intera esperienza e naturalmente il preside, e critico gastronomico, Andrea Grignaffini, e il direttore didattico, e chef, Alberto Gipponi. Il filo conduttore della prima puntata è la cena di famiglia. I ragazzi si destreggiano, tra dubbi, paure, ma tanta determinazione, nella preparazione del piatto che più li identifica. I piatti presentati da Nicholas, Engel, Allen, Mattia, Anna, Trivi, Emmanuel, Maica e Loubna hanno origini umili. Tra i profumi e i sapori delle ricette presentate riecheggiano ricordi d’infanzia e momenti che hanno incentivato la nascita della loro passione per la cucina. Ma il percorso verso un futuro più sostenibile continua con la prima masterclass condotta dallo chef Gennaro Esposito

durante la quale dimostra alla classe l’importanza della tecnica in cucina. I ragazzi imparano che non bisogna prendersi troppo sul serio e che è fondamentale far divertire i propri commensali con piatti innovativi e giocosi, senza perdere di vista l’obiettivo più importante, l’emozione.

I ragazzi proseguono con una lezione sul taglio delle verdure e l’uscita didattica in Franciacorta alla scoperta delle meraviglie dell’orto con lo chef Riccardo Scalvinoni con cui hanno modo di imparare a raccogliere e lavorare le verdure utilizzando anche gli scarti in modo consapevole e creativo.

Nella fase finale della prima puntata, Grignaffini e lo chef Gipponi dividono in ragazzi in tre brigate guidate da un capitano che ha il compito di dirigere il gruppo e presentare il piatto del primo test della scuola. Peccato, però, che i ragazzi incontrino le prime difficoltà e, dunque, nessuno di loro è ancora pronto per lo stage. Saranno Cuochi, seconda puntata: tra paste fresche e prime soddisfazioni. Nella seconda puntata di Saranno Cuochi i ragazzi tornano sui banchi di scuola per scoprire e analizzare il piatto che ha reso l’Italia celebre in tutto il mondo: la pasta. E dopo una prova di assaggio alla cieca condotta da Andrea Grignaffini e Alberto Gipponi, i ragazzi si dirigono in cucina per sperimentare un primo piatto di pasta asciutta con gli ingredienti indovinati. Continua a leggere sul sito

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NEWS: SARANNO CUOCHI

GLI ATTREZZI DEL MESTIERE

Che siate appassionati o bevitori occasionali, quando ci si siede al bancone di un bar è facile imbattersi in termini e strumentazioni non immediate, per i non addetti ai lavori. Ecco una piccolissima guida per saperne di più

JIGGER

Strumento ormai fondamentale nell’arsenale dei bartender, si tratta del misurino con cui vengono dosati gli ingredienti dei cocktail. Prende il nome dal jiggermast, la vela più piccola dei vascelli della Marina Reale Britannica, dove pare per primo venne utilizzato per misurare le razioni di rum a bordo (probabilmente ritenute insufficienti dai marinai). Si può trovare di innumerevoli dimensioni e capienze, per quanto il più comune, a forma di clessidra, è composto da due misuratori graduati di 30ml e 60ml. Pur non apprezzatissimo dai puristi, che preferirebbero sempre versare “a mano libera” (free pour), è una componente fondamentale del rinascimento miscelato degli ultimi anni, che si basa su precisione dell’esecuzione e bilanciamento perfetto tra gli elementi di un cocktail. I drink realizzati versando gli ingredienti direttamente nel bicchiere di servizio, sono eseguiti con la tecnica build.

SHAKER

L’attrezzo simbolo dei bartender nell’immaginario collettivo, è quello nel quale si miscelano cocktail che all’interno riportano succhi o ingredienti schiumogeni (panna, albume, aquafaba), e per questo necessitano di incorporare aria per poter esprimere il massimo del proprio potenziale aromatico: richiedono anzi una doppia shakerata, una delle quali senza ghiaccio, la dry shake. Esistono tre tipologie di shaker che vanno per la maggiore, tutte ormai in alluminio: il Cobbler, composto da tre pezzi (corpo, coperchio e tappo con filtro incorporato), il Boston, composto da due coni che si incastrano e sigillano, e il Parisienne, dal coperchio più largo e svasato, una sorta di ibrido. Continua a leggere sul sito

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COCKTAILS & DREAMS di Carlo Carnevale

GASTROCKNOMIA

GLI UB40 E L’ANTIDOTO DEL VINO ROSSO

Red Red Wine è un brano originariamente scritto e pubblicato da Neil Diamond. La canzone venne ripresa nel 1983 dagli UB40

Bere scioglie le inibizioni e la paura di non essere all’altezza delle aspettative del partner. Ma, alla lunga, finisce per alterare seriamente i meccanismi che accendono il rapporto. Bere, con moderazione, e per puro piacere, resterà sempre uno dei migliori momenti, anche e soprattutto in coppia. Nella puntata odierna di GastROCKnomia, il nostro viaggio vi porterà al 1983 e agli iconici UB40, autori in quell’anno di Red Red Wine, canzone pubblicata in origine da Neil Diamond ed estratta dall’album Just For You.  “Red Red Wine” narra, senza filtri, del tentativo maldestro di scongiurare un amore attraverso l’alcol. Il protagonista, nonostante la speranza che il tempo avrebbe fatto dimenticare e ricucire le ferite, scopre che i ricordi di lei sono ancora vivi. Si rivolge al vino rosso come via di fuga, sfruttando l’effetto di altro consumo, per anestetizzare il dolore emotivo resettandone la memoria. Il ritornello della canzone, con il verso ripetuto “Red, red wine goes to my head, makes me forget that I still need her so”, sottolinea il ruolo che l’alcol gioca nella vita del protagonista. I versi esprimono la lotta del protagonista per superare il passato: il tempo non guarisce le ferite ma l’alcool può mediare. Una nota positiva, nel testo, affonda nel: “Red red wine, you make me feel so fine, you give me whole heap of zing” come stato di beatitudine da vino rosso. “Red Red Wine” parla di dolore intimo ma anche di voglia di sconfiggere i propri

mostri. La voglia di rivalsa è tangibile. La cover realizzata dagli UB40 non è solo una delle migliori rivisitazioni della recente storia musicale ma è anche un brano che ha sdoganato il classico significato del reggae: non più Peter Tosh e Bob Marley, ma anche una band inglese, bianca, formata a Birmingham nel 1977 (in piena epoca punk) capace di vendere 70 milioni di dischi piazzando, contestualmente, oltre 50 singoli all’interno della Official Singles Charts. Alla rivista NME ‘Astro’ Wilson, founder della band, recentemente scomparso, spiegò:

“Prima che arrivassimo noi, la gente guardava al reggae come Rastaman e metà degli inglesi bianchi non ne volevano sapere. In una certa misura questa cosa allontanò le persone dal reggae. Quando siamo usciti noi, solo il fatto che metà della band fosse bianca quando il reggae doveva essere solo per i Rasta, iniziarono a rendersi conto che il reggae è solo musica ed è lì per chiunque vuole ascoltarla e per vuole suonarla.”

Ricordatevi di bere con moderazione: il vino fa bene all’organismo e soprattutto alla salute del sistema cardiovascolare e cerebrovascolare. Sorseggiare poi un buon rosso è un piacere, meglio farlo ascoltando una della band più piacevolmente scorrette della storia. Alla prossima puntata.

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GUERIDON E DINTORNI

I FIGLI DI MASTERCHEF E I LIEVITI INDIGENI

I ricordi e i racconti di Alessandro Tomberli, Restaurant manager del Ristorante Enoteca Pinchiorri.

Si parla da tempo di emergenza di sala, del fatto che le nuove generazioni non siano così appassionate del lavoro di sala, che lo chef è la star e la figura centrale a cui tutti ambiscono, mentre invece un fulcro importante della fortuna di un ristorante è anche e soprattutto il grande lavoro di accoglienza che si opera nella sala del ristorante, dove nasce e finisce l’esperienza principale. Abbiamo deciso di creare questa rubrica non per parlare dei soliti argomenti ma per chiedere agli uomini e attori principali di questo straordinario mestiere il loro punto di vista, la loro visione e soprattutto gli aneddoti e le curiosità che stimolano e ravvivano questo mondo.

Oggi ne parliamo con Alessandro Tomberli, Restaurant manager del Ristorante Enoteca Pinchiorri.

Caro Alessandro come hai iniziato questa professione e perché?

L’ho iniziata per caso… come avviene per tutte le cose belle della vita, quando le cerchi e le rincorri non ce la fai mai, poi quando non ci pensi, ecco che avviene. Dovevo scegliere una scuola dopo le medie, ho scelto un istituto professionale per sbolognarmi gli studi in fretta… tre anni e via. Ho scelto l’alberghiero dietro consiglio di un amico (che tra l’altro non ha continuato) poi mi è piaciuto, ho avuto un insegnante di Sala-Bar che coinvolgeva e ti faceva apprezzare quello per cui studiavi. Un giorno in autobus, una amica (liceo scientifico) mi chiede “Che scuola fai?”, e io “Alberghiero Sala-bar”. E lei dice “non pensavo bisognasse studiare per fare il cameriere”… odiosa. Però durante le stagioni estive ci si divertiva da matti; zero giorni liberi, servizio a colazione, pranzo, cena. E la notte disco e spiaggia, che tempi!

Il tuo bilancio di questi 40 anni di carriera qual è? Sono soddisfatto, ma non mi sento arrivato, è stato un lungo percorso. Sono arrivato all’Enoteca Pinchiorri a 17 anni, una delle mie prime mansioni, tra le tante, era quella di pulire i posaceneri…. Con Pinchiorri ho parlato dopo tre giorni che ero all’Enoteca… mi disse “Sappi che l’Enoteca c’era, c’è e ci sarà, con te o senza di te”. Mi son detto, sicuro di voler restare? La fine la sapete, sono restato, sono cresciuto, ho imparato, sto insegnando e continuiamo a crescere insieme. Durante il servizio c’è un copione da seguire, ma tra riga e riga ce n’è una vuota da scrivere tutte le sere in modo diverso. Ci si stanca ma senza annoiarsi. Si lavora divertendosi e ci si diverte lavorando. Ma non sono tutte rose e fiori, è un lavoro che ti occupa gran parte del tempo e se lo riesci a fare devi ringrazia-

re la famiglia che accetta tutto questo e ti permette di farlo.

Hai degli aneddoti, curiosità, episodi che ti piacerebbe condividere con noi?

Serata invernale, tavolo prenotato per 8, ma arrivano in 7, tre coppie e un single, tutti dell’Est Europa. Ognuno ordina per proprio conto, una donna (bellissima) pasteggia a Jagermeister, l’altra (altrettanto bella) a limoncello, uno beve Krug, l’altro Musigny, sembrava la torre di Babele. A un certo punto della serata il single mi chiama e, siccome la sua “ragazza” non si era presentata, mi chiede se poteva avere una mia cameriera a sua disposizione… che roba! Quello che gli ho risposto non è pubblicabile. Adesso ti chiediamo un ricordo… il ricordo di un grande uomo o una grande donna di sala che ti ha impressionato, nel tuo lungo girovagare per ristoranti, e perché ti ha impressionato.

Ci sono personaggi di “Sala” a cui ti ispiri, o comunque fai riferimento perché sono una guida per i giovani; almeno per me ai tempi di quando ho iniziato. Adesso si chiamerebbero influencer? Boh! Comunque quando sentivo parlare di Sala negli anni ’80 ricordo quattro personaggi: con uno ci lavoravo insieme, Giorgio Pinchiorri, l’altro è Antonio Santini, poi Sirio Maccioni e per finire un personaggio carismatico come Jean Claude Terrail, da cui ho imparato che il servizio in sala si basa sull’eleganza e sulla classe; capire in un attimo chi si ha davanti e comportarsi di conseguenza. Avevo sempre voluto sapere come veniva assegnato quel tavolo/vetrina della Tour d’Argent dal quale sembra di toccare Notre Dame de Paris, quindi glielo chiesi. Pensavo ci volessero mesi di prenotazione, amicizie particolari o bustarelle. Continua a leggere sul sito

WEEKLY ENJOY - IL SETTIMANALE DELLE GUIDE DE L’ESPRESSO
di Alberto Cauzzi

Wines of A ltit ude

Wines of A ltit ude

Wines of A ltit ude

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In cima alle colline, nel comune di Radda in Chianti, si trova Castello di Albola, una delle più alte tenute del Chianti Classico. Qui trovano dimora le espressioni più elevate ed eleganti del Sangiovese di "alta collina", caratterizzate da forti pendenze, che godono di importanti escursioni termiche e di un microclima ideale per la produzione di vini unici, patrimonio della cultura locale ed espressioni autentiche di eccellenza. @CastelloDiAlbola

In cima alle colline, nel comune di Radda in Chianti, si trova Castello di Albola, una delle più alte tenute del Chianti Classico. Qui trovano dimora le espressioni più elevate ed eleganti del Sangiovese di "alta collina", caratterizzate da forti pendenze, che godono di importanti escursioni termiche e di un microclima ideale per la produzione di vini unici, patrimonio della cultura locale ed espressioni autentiche di eccellenza.

In cima alle colline, nel comune di Radda in Chianti, si trova Castello di Albola, una delle più alte tenute del Chianti Classico. Qui trovano dimora le espressioni più elevate ed eleganti del Sangiovese di "alta collina", caratterizzate da forti pendenze, che godono di importanti escursioni termiche e di un microclima ideale per la produzione di vini unici, patrimonio della cultura locale ed espressioni autentiche di eccellenza.

In cima alle colline, nel comune di Radda in Chianti, si trova Castello di Albola, una delle più alte tenute del Chianti Classico. Qui trovano dimora le espressioni più elevate ed eleganti del Sangiovese di "alta collina", caratterizzate da forti pendenze, che godono di importanti escursioni termiche e di un microclima ideale per la produzione di vini unici, patrimonio della cultura locale ed espressioni autentiche di eccellenza.

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Alt. del vigneto di Santa Caterina: 550 m s.l.m. @CastelloDiAlbola albola.it Alt. del vigneto di Santa Caterina: 550 m s.l.m. @CastelloDiAlbola albola.it Alt. del vigneto di Santa Caterina: 550 m s.l.m. albola.it

TERRITORI A TAVOLA di Matteo Calzaretta

PROVINCIA DI ISERNIA

Tradizione e semplicità: Isernia e dintorni sono un territorio di enorme valore enogastronomico, tutto da scoprire.

Lasciamo le alture a picco sul mare del territorio del Cosentino, per addentrarci in una provincia, dove le montagne la fanno da padrone. Isernia presenta infatti un territorio in prevalenza montuoso (le catene montuose della Meta, quella del Matese, i monti dell’Alto Molise e la Montagnola Molisana). Una provincia che della qualità e rispetto per le antiche tradizioni ne ha fatto la sua bandiera, un territorio vincente, che propone una enogastronomia semplice, artigianale, con sapori che ricordano il profumo

Uno dei prodotti più importanti di questa terra è la cipolla di Isernia, chiamata anche cipolla di San Pieperché la tradizione vuole che sia legata alla madre del Santo fondatore della Chiesa Cristiana, che la donò a una donna affamata come atto di solidarietà. Ha una forma schiacciata e il bulbo bianco, può arrivare a pesare fra i 200 e i 300 grammi. Il sapore è particolarmente dolce e per questo viene spesso consumata semplicemente accompagnandola con del pane; una delle ricette più comuni è la frittata fatta con abbondanti cipolle, chiamata non a caso cipollata, vera regina della Fiera delle cipolle di Isernia, che si tiene ogni anno il 28 e 29 giugno.

I Monti del Matese sono ricchi di prodotti tipici legati alla pastorizia, principale attività locale. Uno di questi è il pecorino, prodotto con latte della razza ovina “Pagliarola”, ha una crosta di colore marrone chiaro, dura e compatta, su cui si trovano le muffe. Di pasta dura, presenta un colore bianco o avorio, mentre il sapore varia secondo la stagionatura (da 3 mesi a un anno).

Viene consumato prevalentemente come formaggio da tavola.  Di origini antiche, probabilmente risalente ai sanniti, la produzione di pecorino di Capracotta, abbraccia l’omonimo comune, oltre a quelli di: Agnone, Carovilli, Vastogirardi, San Pietro Avellana, Pescopennataro, tutti appunto in provincia di Isernia. La crosta di questa prelibatezza è dura e rugosa, la pasta untuosa e compatta, di colore paglierino, e il sapore diventa sempre più piccante man mano che riposa. Viene consumato fresco, ma spesso anche fritto, dopo averlo passato

Tra le tipicità, uno dei formati di pasta più rappresentativi della regione sono i cavatelli, presente anche in Puglia, è oggi diffuso in gran parte della Penisola. Una pasta di semola di grano duro e acqua dalla caratteristica forma allungata, fatta a mano “incavando”, come si dice in dialetto locale,  l’impasto con la pressione dell’indice e del medio. Solitamente si condiscono con ragù o sugo a base di carne di maiale, oppure con verdure tipo cardoncelli o broccoli, che in Molise tutti chiamano “spigatelli”.

Passando ai secondi piatti da gustare, impossibile non citare i torcinelli arrostiti, a base di interiora d’agnello, il piatto dei pastori: preparati con gli intestini d’agnello avvolti intorno ad un ripieno di fegato e trippa (sempre d’agnello). Ottimi i vini fra cui il Biferno (bianco, rosso e rosato) ed il Pentro di Isernia (bianco, rosso e rosato), vitigni autoctoni presenti sin dall’antichità. Il Pentro prende il nome da un popolo di origine Sannita, chiamato appunto popolo dei Pentri, antichi abitanti della zona.

Dolci della provincia di Isernia, ma diffuse in tutto il Molise e l’Abruzzo, sono le Cancelle o ferratelle, prodotte mediante uno stampo di acciaio o ghisa che imprime la caratteristica forma ai dolci, spesso con scanalature incrociate che ricordano certi cancelli, da cui prendono il nome. Si preparano impastando le uova sbattute con zucchero, olio e succo di limone e poi unendo la farina fino a quando l’impasto risulterà sodo ed elastico; si ricaveranno delle palline che verranno poi cotte sul fuoco con l’apposita strumentazione.

La tradizione enogastronomica di questa provincia è caratterizzata da piatti semplici e genuini di origine contadina. Inoltre, il territorio è ricco di tartufi, sia neri sia bianchi pregiati. Lontano da ogni tipo di contaminazione e inquinamento, il tartufo molisano è molto apprezzato sia in Italia che all’estero. Nelle vallate molisane se ne raccolgono di diversi tipi: il tartufo bianco pregiato, ad esempio, è tipico delle zone più interne delle province di Isernia e Campobasso, in particolare intorno a Carovilli, S. Pietro Avellana, Boiano e Capracotta. Un tartufo dalla scorza esterna liscia e leggermente vellutata, mentre all’interno la polpa può essere di colore bianco latte, giallo-ocra o nocciola. Tipici delle zone più asciutte sono invece il tartufo uncinato e lo scorzone. Il tartufo uncinato è nero con verruche a forma di piramide, mentre la polpa, prima biancastra, diventa di colore nocciola o bruna man mano che il tartufo matura. Lo scorzone, o tartufo estivo, ha una scorza nera e una forma globosa. La polpa varia dal colore nocciola chiaro al bruno con diverse venature bianche. In cucina si utilizzano in diverse preparazioni, dalle paste fresche ai secondi, fino addirittura ai dolci.

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La Regina Disadorna

Nell’insegna del Portico di Appiano Gentile c’è scritto “Ristorante V.ro”. È la contrazione di “vero”: l’eliminazione di una vocale sostituita da un punto per una non-abbreviazione è l’anteprima del complesso approccio alla cucina attuale di Paolo Lopriore , che manda in tavola la sua “minutina” sempre più spoglia d’orpelli e ricca di contenuti. Come direbbe quel grande scrittore, una regina disadorna.

Le vongole nude, da usare a piacere

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I ravioli sono sconditi L’uovo all’uovo ASSAGGI DI LUCE di Stefano Caffarri Le favette

Feed ‘n’ Food

Un viaggio alla scoperta della città partenopea tra paesaggi, curiosità, costumi e tanto buon cibo. Questo è la genesi dell’idea di Giuseppe Russo diventato oggi imprenditore di se stesso. Non solo social ma anche un sito internet che offre tour ed escursioni.

FOLLOWER: 1,2 M

Come si fa a parlare di cucina e non citare Chef Barbieri? Volto arcinoto della televisione, un curriculum chilometrico e 7 stelle Michelin, per uno dei più importanti personaggi della cucina contemporanea europea

FOLLOWER: 1,4 M

Per chi segue TikTok, la giovane Emily Daniels è una delle più cool in circolazione. Unisce salute e piacere con garbo e sorriso.

FOLLOWER: 342 K

Mark Wiens è il veterano social del mondo del food. Volto noto in tv ha inaugurato inoltre un suo ristorante in Tailandia. Vero Highlander gastronomico.

ISCRITTI: 10 M

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