Weekly Enjoy #027

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Pubblicazione settimanale gratuita #027 - 23 Dicembre 2023

Direttore Responsabile: Alessandro Mauro Rossi Coordinamento Editoriale Digital: Carlo Carnevale Grafica e Impaginazione: Beatrice Dalla Paola Direttore Commerciale: Michele Belingheri

WEEKLY ENJOY - IL SETTIMANALE DELLE GUIDE DE L’ESPRESSO

IL SETTIMANALE DE LE GUIDE DE L’ESPRESSO Ogni fine settimana, al vostro indirizzo di posta elettronica, vi verrà recapitato il Weekly Enjoy, un magazine con notizie, servizi, approfondimenti e consigli più interessanti della settimana. Chi ha fame di notizie enogastronomiche può mettersi a tavola. Il servizio è gratuito.


WEEKLY ENJOY - IL SETTIMANALE DELLE GUIDE DE L’ESPRESSO

Carlo Carnevale Coordinatore editoriale digital de Le Guide de L’Espresso

SILVANO VINI E CIBI AL BANCO Piazza Morbegno 2 Milano, Mi Tel. +39 0272193827 silvano.superbexperience.com

VIP: VERY IMPORTANT POSTO di Alberto Cauzzi

SILVANO VINI E CIBI AL BANCO

guideespresso.it

Un bagliore di luce nuova in una Milano che ha già provato tutto, o quasi. Silvano Vini e Cibi è il nuovo avamposto di Cesare Battisti in zona NoLo Finché c’è Silvano, c’è speranza. Dimenticatevi le dilaganti pokerie, i taglieri di pane aridi e i salumi sudaticci, tradizione millenaria di sushi barbaramente rilegata agli All You Can Eat. Silvano Vini e Cibi al banco si trova in un’arteria del quartiere Nolo ed è il quarto feudo annesso alla casata di Cesare e Federica Battisti. In questa fervente vineria con cucina, lo chef Vladimiro Poma è un oste attentissimo che nutre coraggiosamente l’assuefatto pubblico milanese, sempre a caccia del nuovo e che ha già visto tutto – o quasi – sorgere e tramontare nella galoppante realtà gastronomica del capoluogo. Si comincia dai fondamentali: le cotture. Qui i classici fuochi e piastre a induzione sono messe al bando. Si parla di unica e pura cottura al forno. Pane e focacce sono condite con goduriosi ragù di carne e di mare e golosa salsa tonnata. E come se questa panificazione allegorica non fosse abbastanza, ci sono anche sapori più inediti come l’insalata russa arrosto. Originale per la preparazione delle verdure al forno che accompagnano il paté rigorosamente alla Toscana. Seguono effluvi di lasagne, parmigiane e selezionatissima tartara di fassona piemontese. Continua a leggere sul sito CHEF VLADIMIRO POMA

MENU DEGUSTAZIONE Piatti dai € 5 ai € 18

VIP: VERY IMPORTANT PIATTO di Fiorello Bianchi

PESCE SPADA ALLA MUGNAIA Il Pesce spada alla mugnaia di Dario Pandolfo che guarda il mondo da Cefalù, e dal suo ristorante Cala Luna All’interno dell’intimo Hotel Le Calette c’è il ristorante Cala Luna, che, nella bella stagione, si trasferisce in giardino, con una ammaliante vista sul porto di Cefalù. Dal 2022 la cucina è stata affidata al giovane Dario Pandolfo, di Milazzo, reduce da importanti esperienze, fra cui Geranium e St. Hubertus. La Sicilia è terra di contaminazione, i siciliani sono figli di 13 influenze diverse e lo chef guarda al mondo, ma continua a parlare siciliano. La sua è una cucina siciliana contemporanea, di classe, eleganza, gusto e qualche spigolosità che davvero non guasta. Il VIP è il pesce spada alla mugnaia: parte dall’idea della sogliola alla mugnaia, tipica ricetta francese a base di farina, succo di limone e prezzemolo. Per interpretare questa ricetta in chiave siciliana viene utilizzato il pesce spada, tipico dello stretto di Messina. Continua a leggere sul sito RISTORANTE CALA LUNA

CHEF DARIO PANDOLFO

CALA LUNA – HOTEL LE CALETTE Via Vincenzo Cavallaro, 12 Cefalù (PA) Tel. +39 0921424144 lecalette.it

STRENNE La retorica di fine dicembre si perde facilmente nelle speranze, quasi sempre vane, di altruismo, bontà e carità che sarebbero valide solo in questo periodo dell’anno, non si sa perché. Il Natale 2023 non farà eccezione, alla luce delle più svariate dinamiche trasversali che portano a credere che “peggio di così…”. Concentricamente, dalla situazione geopolitica logora alla tumultuosa realtà editoriale della nostra sfera, passando per la sempiterna tiritera della crisi del settore ospitalità e per i caritatevoli nodi che vengono al pettine di panettoni-influencer. Ecco, ricordando che l’enogastronomia dev’essere momento gioioso, ed è nostra responsabilità divulgarla con competenza ed entusiasmo, per queste feste l’augurio è tanto semplice quanto non scontato, visti i tempi: cucinare, versare, miscelare con sentimento. Che tanto non ci si perde nulla se per una settimana non si critica, pretende o rinfaccia: poi, per dirla alla Riccardo Garrone, “anche questo Natale…”. Carlo Carnevale


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CIOCCOLANDIA

di Antonio Franchi

IL CIOCCOLATO DI CECILIA RABASSI

Cecilia Rabassi è stata la prima donna al mondo a diventare Maitre Chocolatier ed ha ottenuto importanti premi e riconoscimenti a livello internazionale. Forte di esperienze in Francia, Belgio e Germania ha fondato Amedei Tuscany nel 1990 per poi aprire nel 2021 il suo laboratorio artigianale a Capannoli (in provincia di Pisa) con il marchio Cecilia Rabassi (www.ceciliarabassi.com). Nel 2021 la London Chocolate Academy l’ha insignita del President’s Award per aver rivoluzionato il mondo del cacao e del cioccolato negli ultimi trenta anni e nel 2022 ha vinto il Premio Tavoletta d’Oro diCompagnia del Cioccolato con la tavoletta di cioccolato fondente Icon Perù 85%. Il suo cioccolato ha una complessità aromatica particolare e tutte le materie prime impiegate (ad iniziare dal cacao ovviamente) sono di alta qualità, ricercate con cura e selezionate direttamente nei luoghi di origine. Il processo di lavorazione utilizzato è, inoltre, del tutto speciale: la tostatura avviene a bassa temperatura e il concaggio viene effettuato in vasche di alabastro di Volterra, pietra tipica della terra natia di Cecilia. I prodotti così realizzati sono eccellenti! Un unicum del tutto innovativo è rappresentato dal cioccolato “Di Vino” (un incontro tra fondente extra 85% e Cabernet Franc), caratterizzato da sentori di prugna e da un finale che evoca gli aromi del vino. Le tavolette al latte (in particolare la tavoletta Note, con una percentuale di cacao del 60%) si distinguono per un equilibrato connubio tra gli aromi intensi del cacao e quelli tenui del latte caratterizzati da avvolgenti note di panna e di burro. Senza dimenticare, poi, le golose ed appaganti creme spalmabili (Black Fragrance, di nocciole e cacao senza latte; e Brown Fragrance, di nocciole e latte), così come le Pear Fragrance (confettura di pera e cioccolato) e Orange Fragrance (confettura di arance dell’Isola d’Elba con granella di cacao tostata).

PERSONAGGI

EZIO E RENATA SANTIN Nel loro momento aurorale, gli accadimenti sono forze che si intersecano tra loro generando personaggi e avanguardie. La storia di Ezio e Renata Santin, e il posto che meritatamente occupano nella genealogia gastronomica italiana, è una di queste forze. Ezio Santin è un torrefattore affermato con la passione per la cucina. Tuttavia non pensa di fare lo chef, non gli interessa. Ma è l’amicizia con Franco Colombani patron de il Sole di Meleo e affabulatore di un’intera generazione di cuochi, a instillare nella coppia la possibilità che la ristorazione sia la strada maestra da proseguire. Renata convince il marito ad acquistare una villa poco fuori Milano, a Lugagnano. Ezio studia, setaccia i ristoranti in lungo e in largo istruendosi da autodidatta e non si ferma. Volano in Francia per apprendere i cardini della cucina d’ élite: come preparala e come servirla. Nel 1976 aprono l’Antica Osteria del Ponte a Cassinetta. Da qui in poi l’alta cucina francese perde la sua egemonia diventano anche italiana. In quegli anni ’80 così grassi e grossi, l’ingrediente sviscerato fino all’anima diventa l’opportunità per innescare un potente atto creativo. Sul binario parallelo, viaggia l’amico-rivale Gualtiero Marchesi, che la critica dipinge come acerrimo antagonista ma in cui l’inossidabile coppia gastronomica Santin vede un supporto. Le sferzati penne della critica non tardano ad arrivare insieme a commosse pacche sulla spalla d’Oltralpe. L’Espresso gli attribuisce due cappelli e giungono i giganti Raspelli e Veronesi a imporre il sigillo di autorialità gastronomica sulla Cassinetta. Il sistema ristorativo collaudato da Ezio e Renata, fa da perno a quello adottato dalla successiva classe di cucinieri, tra le sue fila anche il premiatissimo Umberto Bombana. Ezio Santin fu un battitore libero scevro da diktat e dottrine gastronomiche. In lui la passione per sapori orientali, ricerca, l’intuizione che l’ingrediente ignoto si fa occasione.


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MEDIOEVO IN AGRODOLCE LE BUONE COSE… di ANDREA GRIGNAFFINI L’esperto svela tutti i segreti per preparare e gustare al meglio gli ingradienti della settimana.

Zanzarelli, ambrogino, biancomangiare. Viaggio nel tempo alla scoperta dell’abbagliante menu del Natale dei secoli bui

Tra sacro e profano, caleidoscopico riflesso delle tradizioni di ciascun luogo e di ogni casa, il pranzo di Natale è per molti un attesissimo momento di convivialità, con quei profumi che rievocano l’infanzia e quei sapori rassicuranti che non vediamo l’ora di ritrovare. Il simposio natalizio, si sa, ha origini ancestrali testimoniate in ricettari ben più antichi di quelli della nonna; il menù del pantagruelico pranzo di Natale medievale, per esempio, spicca per sontuosità e una varietà di pietanze straordinariamente contemporanee. All’ouverture a suon di vino dolce e pere sciroppate (i banchetti del tempo iniziavano e terminavano con frutta secca di ogni tipo) seguivano, secondo tradizione, gli zanzarelli, una minestra di uova e formaggio antesignana della nostra stracciatella. Si servivano quindi le lasagne realizzate con pasta lievitata e cotta in acqua bollente: furbo espediente, quello della lievitazione, che rendeva la pasta più elastica e leggera. S’insaporivano con parmigiano grattugiato, pepe e spezie in abbondanza, un primo piatto robusto

e saporito. Dopo, una portata tecnicamente complessa nonché sofisticata in termini di gusto, l’ambrogino di pollo con frutta secca, archetipo del bilanciamento ideale tra dolce, agro e speziato. Re incontrastato del pranzo, il cappone arrostito si gustava accompagnato dall’immancabile salsa camelina a base di aceto, uva passa, pane raffermo e droghe. Come intermezzo si delibava il candido biancomangiare (fatto con riso, petto di pollo, latte di vacca o di mandorle e zucchero) oppure la “torta d’agli” in cui aglio, zafferano e formaggio si combinavano in soave equilibrio. Finale in dolcezza con i caliscioni, panciuti “ravioli” al marzapane aromatizzato all’acqua di rose e il nucato, un croccante al miele ricco di mandorle, noci e nocciole. L’abbinamento cibo/vino non era rilevante (nel Medioevo la scelta si legava alla tipologia dei commensali: i vini bianchi solitamente spettavano ai membri dei ceti più alti, il vino rosso era per i lavoratori manuali) ma il brindisi finale di rito avveniva con il dolce e speziato vino Ippocrasso.


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CANTINE DE BIASE

Contrada Calvello, SP89 km 2+800 Roccanova (PZ) Tel. 348 9580264 cantinedebiase@gmail.com

IL BUON VINO… di LUCA GARDINI Conosciuto anche come The Wine Killer, grazie al successo del suo sito, redatto interamente in lingua inglese e dedicato alle sue degustazioni di vini da tutto il mondo, GardiniNotes.com, Luca Gardini è oggi uno stimato wine-critic a livello internazionale.

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PINOT NERO E I SUOI FRATELLI È finalmente tornato quel momento dell’anno in cui il vino serve, soprattutto, a scortare pensieri lieti e cibi delle feste. Il mio augurio per voi è che la Sacra Bevanda vi sia da alleata in un mondo di sapori e colori e, soprattutto, serenità. BOLLICINA - CONTRATTO ALTA LANGA (1) Alta Langa DOCG Pas Dosé For England Rosé 2019. Una cantina dalla storia impressionante, qui in un compiuto Pinot Nero 100%, lavorato con breve contatto con le bucce. Naso molto sfaccettato, note di nettarina, pompelmo rosa, poi sentori di rosa canina. Al palato croccante-teso, salmastro, con ricordi officinali-agrumati e note floreali. Perfetto con qualsiasi antipasto di pesce. BIANCO - KÖFERERHOF (2) Alto Adige Valle Isarco DOC Pinot Grigio 2022. Una cantina dall’impeccabile artigianato in un Pinot Grigio dal profilo cristallino, agrumato e officinale al naso, mela Golden, scorza di cedro e biancospino su tutti. Sapido, croccante e intenso alla bocca, dove si dispiega in tutta la sua raffinata aromaticità anche grazie alla possente spalla acida. Ideale con tutti i primi della tradizione. ROSATO - GIOVANNI AIELLO (3) Puglia Primitivo Rosato IGT Chakra Rosato 2022. Un rosato da Primitivo in purezza. Naso con note di lampone, tocchi di salvia, sentori di pepe rosa e macchia mediterranea. Al gusto salmastro, con ritorno speziato. Chiude su richiami officinali e mentolati. Da abbinare sia ai primi a base di carne sia a secondi come pesci al forno o in crosta, sformati e tortini vegetariani. ROSSO - MASTROBERARDINO (4) Taurasi DOCG Riserva Radici 2017. Un Taurasi che è arduo, se non impossibile, non definire iconico. Ciliegia sotto spirito e alloro al naso, nuances di eucalipto, zest di sanguinella e sottobosco, alla beva salinità, densità e compattezza, con ritorno agrumato. Ideale con i secondi, dai pesci in umido ai classici cotechino, zampone e salama da sugo. DOLCE - FLORIO (5) Marsala Vergine Riserva DOC 2009. La mitologia del vino è racchiusa in questa etichetta. 18 anni di affinamento, al naso note di frutta secca tostata, scorza di arancia candita e cannella. Grande ricchezza al palato, con ritorno delle note di frutta secca tostata e frutta candita. Ideale con i lievitati.

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THE ITALIAN TRAVELLER

di Chiara Buzzi

ANTICA CORTE PALLAVICINA

LÀ DOVE NASCE UN TESORO DELLA GASTRONOMIA ITALIANA Antica Corte Pallavicina: ristorante, locanda con camere, cantina, museo Perdersi nella Bassa Parmense? Sì, grazie. Possibilmente nei pressi dell’Antica Corte Pallavicina, un luogo che visto dall’esterno sembra essere rimasto fermo a secoli addietro, dove la magia della pianura e dello scorrere del tempo sembra non essere cambiato. Questo è quello che i nostri occhi traducono a prima vista ma in verità, la natura di questo posto è piena di storia, gusto, grande cucina, preziose artigianalità e tanta passione. Come ogni progetto di successo, durevole nel tempo e fatto di azioni concrete, Antica Corte Pallavicina è oggi una dimensione carica di tante anime. Ristorante, locanda con camere, cantina di stagionatura, osteria, ristorante gourmet e museo, tutti quanti riuniti sotto la conduzione della famiglia Spigaroli. Il vecchio podere, ovvero tutta la proprietà della corte dalla terra ai muri, è stata protagonista di un intervento ingente di restauro durato oltre vent’anni e che finalmente oggi è godibile in tutte le sue parti. Le camere sembrano ricordare gli alloggi che venivano offerti ai viandanti, con la differenza che oggi sono accoglienti e confortevoli per quanto arredate con mobili d’epoca, tessuti pesanti, camini, parquet, letti in ferro battuto e tappeti persiani. La luce soffusa delle candele che illuminano le bottiglie a vista del salotto di rappresentanza sarà la vostra luce per un aperitivo soffuso, a suon di culatello appena affettato e dell’ottimo vino. Questa, infatti, è la mecca per i cultori di questo grandissimo salume. Propriamente, vi ritroverete a dormire sopra una delle collezioni più ricche d’Italia: la cantina di stagionatura dei Culatelli Spigaroli. Costruite nel 1320 dai marchesi Pallavicina, questi spazi venivano utilizzati già in passato per stagionarvi salumi, formaggi, per affinarvi vini e immagazzinare prodotti del contado. Tra questi, stagionavano i culatelli che venivano inviati in un secondo momento ai duchi di Milano (gli Sforza), utilizzandoli per i banchetti al castello Sforzesco, oppure come dono prezioso per ingraziarsi la nobiltà. Questa tradizione è rimasta e anzi, si è consolidata nel tempo diventando il fiore all’occhiello della famiglia, sapere prezioso e diventato ormai noto in tutto il mondo. Passeggiando tra i culatelli appesi vedrete quelli delle più importanti famiglie nobiliari del mondo, di sovrani, grandi chef, star del cinema. A coltivare questa qualità e a riproporla in ogni frangente dell’Antica Corte è stato soprattutto Massimo Spigaroli, cuoco di grandissima cultura e conoscenza del territorio, cui dobbiamo un lavoro importante di valorizzazione di un territorio, quello della Bassa Parmense definito da lui stesso gastro-fluviale. «Zone umide con un microclima speciale legato al nostro fiume, dove da secoli si è sviluppato un incrocio di culture, un sistema fatto di “uomini” e di “prodotti “che han dato vita a una cucina di grande interesse». Un’identità di acqua e nebbia come lui stesso la descrive e che si ritrova ampiamente nel menu del ristorante fine dining della corte. Continua a leggere sul sito


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(ALMENO) UNA VOLTA NELLA VITA

di Penelope Vaglini

UNWRAPPING CHRISTMAS AL

FOUR SEASONS HOTEL MILANO

L’hotel cinque stelle in partnership con il brand di lusso Acqua di Parma svela Unwrapping Christmas: l’allestimento di Natale e i laboratori di alto artigianato per personalizzare le cappelliere della maison del gruppo Lvmh Il rito della mattina di Natale, con i regali che attendono sotto l’albero e il rumore della carta che si strappa per svelare il loro contenuto è tra i momenti più magici delle feste. Questa atmosfera di gioia e di scoperta ha ispirato Vincenzo D’Ascanio, direttore artistico del Four Seasons Hotel Milano, per creare l’allestimento a tema natalizio di quest’anno. Si chiama Unwrapping Christmas e, in partnership con Acqua di Parma, porta negli spazi dell’hotel di lusso meneghino il savoir faire artigianale italiano. Come un dono da scoprire, ogni ambiente celebra i cinque sensi attraverso l’esaltazione degli elementi e dei dettagli che compongono un pacco regalo. Velluti, nastri, fiocchi e carte colorate ispirate alle sfumature identificative di Acqua di Parma avvolgono gli spazi della lobby, lo Stilla Bar e il ristorante Zelo, spingendosi fino in sala Camino dove un portale rivestito di pungitopi porta fortuna svela un ambiente raccolto, con comodi divani e poltrone. Tra gli agrifogli di Unwrapping Christmas sono state allestite due botteghe dove, due volte a settimana, gli artigiani della maison di profumi sviluppano laboratori per decorare a mano le cappelliere a tema natalizio e incidere i flaconi di Acqua di Parma. Uno spettacolo che rivela la maestria e l’attenzione al dettaglio, da osservare mentre si sorseggia uno dei drink speciali sviluppati dal bar manager Nikos Tachmazis per Stilla Bar, oppure degustando i dessert firmati dal pastry chef Daniele Bonzi, pensati per ricreare un viaggio multisensoriale ispirato alle fragranze di home collection del brand del gruppo Lvmh. La cocktail list delle feste conta tre drink disponibili in limited edition fino ai primi giorni di gennaio. Il primo, “Porta Fortuna” è realizzato con rum bianco ai sentori di crème brûlée, note di sandalo, patchouli e completato con soda. Il “Neve Fresca” porta nel bicchiere i sentori della montagna con lo Stilla Gin infuso al pino, betulla e patchouli, soda e un twist di lime come guarnizione. Infine, “Bosco Cocktail” è servito in coppetta e ricorda il cocktail preferito da James Bond, con una base di gin marchiato Bar Stilla, Martini Bianco e vermouth dry. I dessert di Bonzi sono tutti serviti all’interno di bicchieri colorati di giallo Acqua di Parma e riportano gli stessi nomi dei cocktail. Quello dedicato alla buona sorte ha una base di crumble, una crema diplomatica, sciroppo di Oabika, polvere di cannella e vaniglia Norhoy. Il dolce ispirato alla neve ha sempre un crumble alla base, ma sentori più agrumati con gel al bergamotto, kumquat candito e fiori eduli. Infine, il dessert dedicato al bosco è finito con pinoli caramellati, una salsa balsamica all’eucalipto e un’affumicatura al legno di cedro. Completa l’offerta di Unwrapping Christmas la degustazione del panettone della tradizione del Four Seasons Hotel Milano, realizzato con 36 ore di lievitazione. Il suo impasto soffice racchiude materie prime come vaniglia di Tahiti, miele di acacia, uva sultanina e canditi italiani. Continua a leggere sul sito



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COCKTAILS & DREAMS di Carlo Carnevale

I COCKTAIL CASALINGHI PER UN NATALE ALTERNATIVO Pranzi e cene tradizionali sono alle porte, per festeggiare il Natale 2023. Per quanto lontana dalla nostra tradizione, la miscelazione può rivelare stimoli interessanti anche per questi periodi Siamo agli sgoccioli, poi il taglio dei primi casatielli segnerà l’inizio delle celebrazioni enogastronomiche per il Natale. La tradizione è per definizione (quasi) intoccabile, ma per chi avrà voglia di sperimentare nei propri menù da bere e sostituire l’immancabile vino, di seguito c’è una serie di suggerimenti realizzabili in casa, per evitare che l’unico cocktail a tavola sia quello di gamberi.

Per il brindisi

Alla bolla, per dare inizio alle danze della tavola natalizia, non si rinuncia, ma per un’alternativa alla tradizionale flûte basta aprire i libri di storia della miscelazione, ai primi capitoli: lo champagne cocktail, di fatto tra le prime ricette note al tempo dei saloon statunitensi, prevede una zolletta di zucchero imbibita di bitter di Angostura e depositata sul fondo del calice, prima di riempirlo, ovviamente, di champagne. Per un tono più fresco e mordace, c’è il French 75: gin, succo di limone e zucchero shakerati e filtrati in coppetta, prima dell’aggiunta di champagne a colmare (in gergo, un top up).

A tutto pasto

Al posto del tradizionale vino, un suo derivato potrebbe dare enormi soddisfazioni, e per struttura e contenuti rimanere ancora più in tema natalizio: il vermouth, soprattutto nella variante dolce, più speziata e avvolgente, si presta a miscele di meravigliosa beva, più leggere e lunghe rispetto al cugino più conosciuto. Il Vermouth Cocktail, presente addirittura nei primi ricettari di fine Ottocento, prevede l’aggiunta di gocce di Maraschino e bitter di Angostura al vermouth dry, mentre l’Addington unisce parti uguali di vermouth dolce e vermouth dry, shakerandole e completandole con uno spruzzo di soda. Continua a leggere sul sito


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https://guideespresso.it/wp-content/uploads/2023/09/SITO1-3.jpg GUERIDON E DINTORNI di Alberto Cauzzi

IL NERO LUTTO DELLE DIVISE Si parla da tempo di emergenza di sala, del fatto che le nuove generazioni non siano così appassionate del lavoro di sala, che lo chef è la star e la figura centrale a cui tutti ambiscono, mentre invece un fulcro importante della fortuna di un ristorante è anche e soprattutto il grande lavoro di accoglienza che si opera nella sala del ristorante, dove nasce e finisce l’esperienza principale. Abbiamo deciso di creare questa rubrica non per parlare dei soliti argomenti ma per chiedere agli uomini e attori principali di questo straordinario mestiere il loro punto di vista, la loro visione e soprattutto gli aneddoti e le curiosità che stimolano e ravvivano questo mondo. Oggi ne parliamo con Pascal Tinari, Responsabile di Sala e Cantina del Ristorante Villa Maiella.

Caro Pascal come hai iniziato questa professione e perché? Questa professione, evoluta in passione, nasce dal mio percorso personale. Sin da bambino muovendo i primi passi nel ristorante di famiglia, allora trattoria, sono sempre stato affascinato dal mondo della ristorazione. I nostri genitori ci consigliarono di non iscriverci all’istituto alberghiero perché la nostra doveva essere una scelta libera e non dettata dall’attività di famiglia. Dopo essermi diplomato in ragioneria informatica, seppur i fine settimana davo una mano al ristorante, decisi di formarmi professionalmente in uno dei più grandi ristoranti italiani: il Pescatore a Canneto sull’Oglio. Questo fu uno dei momenti più determinanti della mia vita: mi presentai per la cucina con la speranza di poter avere delle basi diverse da quelle del mio territorio, ma durante il colloquio il Sig. Antonio mi disse che avevano posto solo in sala e io accettai subito con l’idea di poter passare in cucina in un secondo momento e vedere realizzato il mio sogno di diventare un cuoco. Ma le cose andarono diversamente, perché fu proprio il Sig. Antonio a capire che la mia vera vocazione era la sala: ”Tu sei un ragazzo intelligente, tu dovrai fare sala” mi disse, e così fu. Grazie alla famiglia Santini ho intrapreso questo percorso per poi continuare la mia formazione in Alsazia all’Auberge de l’ill. E ad oggi io e mio fratello Arcangelo continuiamo l’attività di famiglia nata nel 1968.

Il tuo bilancio di questi 20 anni di carriera qual è? Sono soddisfatto della crescita professionale, ma le ambizioni sono ancora molte. Ad oggi sono 20 anni che svolgo questo lavoro, ho iniziato da ragazzino e ho avuto la fortuna di vivere e confrontarmi con diverse realtà, metodi e scuole di pensiero traendone gli aspetti positivi che mi hanno permesso di apportare importanti migliorie nell’attività di famiglia. Si può definire un bilancio positivo caratterizzato da grandi cambiamenti. Hai degli aneddoti, curiosità, episodi che ti piacerebbe condividere con noi? Di episodi ne sono successi diversi, uno tra i tanti fu quando anni fa entrò una signora al ristorante che, trovandoci all’accoglienza tutti con l’abito nero, ci chiese perplessa se ci fosse stato un lutto. Inutile dire che scoppiammo tutti a ridere e la signora con noi. Diciamo che di aneddoti ce ne sarebbero davvero moltissimi ma la maggior parte non possiamo raccontarli. Adesso ti chiediamo un ricordo… il ricordo di un grande uomo o una grande donna di sala che ti ha impressionato, nel tuo lungo girovagare per ristoranti, e perché ti ha impressionato. Da questo punto di vista sono molto di parte, sicuramente per me un grande uomo di sala è Antonio Santini. Continua a leggere sul sito


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TERRITORI A TAVOLA

di Matteo Calzaretta

PROVINCIA DI TARANTO Viaggio nell’Italia dei sapori: cosa mangiare a Taranto, per scoprire un territorio unico, ricco di storia e di enorme valore enogastronomico Dal cuore dell’Italia centrale, con il territorio del Reatino, la sua storia e la cultura, scendiamo verso sud fino a raggiungere Taranto, una terra dal clima mite e gradevole, dalla gastronomia che fa delle specialità a base di pesce il proprio punto di forza, e dove si affiancano anche sapori e profumi dell’entroterra. Taranto è una delle città pugliesi più ricche di storia e di interessi naturalistici. Un tempo capitale della Magna Grecia e antico centro mercantile, oggi è uno dei porti commerciali più importanti d’Italia. La città si affaccia sul Mar Ionio ed è nota come “città dei due mari” per la posizione geografica a cavallo tra due specchi d’acqua: il Mar Grande e il Mar Piccolo. Il Mar Grande è separato dal Mar Piccolo da un canale su cui è costruito il ponte girevole; nel Mar piccolo diviso in due seni sono presenti sorgenti sottomarine chiamate Citri, che apportano acqua dolce mista a quella salmastra, creando così una condizione idrobiologica ideale per la coltivazione dei mitili, le famose cozze nere, che è possibile gustare in tutti i ristoranti Tarantini. Potete mangiarle crude, gratinate, in impepata o come ingrediente di zuppe e paste. I cavatelli con le cozze sono un tradizionale piatto di questa città. Queste cozze dal gusto deciso, sapido e dalla forma tozza, piccola e piuttosto bombata, si preparano cotte semplicemente in una padella con peperoncino e pomodoro e servite con crostini di pane casereccio per raccogliere il sughetto delizioso. Impossibile visitare Taranto e andarsene senza aver assaggiato le chiancaredde. Dette anche orecchiette tarantine, si tratta di un tipo di pasta fatto rigorosamente in casa, il cui impasto è semplicemente a base di acqua e farina. La caratteristica forma concava data dal movimento veloce del pollice e la loro porosità si sposano benissimo con il sugo di pomodoro fresco che ne viene assorbito ed esalta il sapore della pasta, il tutto spolverato con formaggio, meglio se cacioricotta. Particolare pietanza di sapore è il tarantello, vera e propria rarità nel campo degli insaccati; si tratta infatti di un insaccato elaborato con un impasto di ventresca di tonno macinata e speziata; famosissime prelibatezze tarantine sono anche le cozze arraganate: cozze farcite di mollica di pane, origano, aglio, olio, prezzemolo e pomodoro passati in forno.

Altro piatto locale è la “puccia alla vampa”, (alla fiamma) è la rivisitazione tarantina della classica puccia salentina. L’impasto è a base di farina di semola e viene preparato un disco di pasta e infornato, il disco aumenta il volume cuocendo e il risultato è un dischetto di pane morbido con poca mollica. La tradizione vede questo tipo di puccia farcita con olio extravergine di oliva pugliese, sale e ricotta forte, semi di pomodoro fresco o in alcuni casi condito con cime di rapa stufate e leggermente piccanti.

Visto che ormai siamo nei giorni delle Festività Natalizie vorremmo soffermarci su i dolci che caratterizzano questo periodo dell’anno: le taradde scatàt’ si tratta dei taralli tipici della tradizione natalizia impastati con un po’ di zucchero, poi scottati in acqua bollente e cotti in forno non appena asciutti. Alla fine della cottura, si glassano con ‘u sciléppe (giulebbe), ossia una glassa a base di zucchero e albumi. O ancora, le carteddate, sfoglie di pasta fritta dalla forma accartocciata ricca di significato (sarebbe legata alle lenzuola in cui venne avvolto il Bambin Gesù). Il nome deriva dalla sottigliezza della sfoglia, come la “carta oleata”, che viene avvolta su se stessa fino a formare una sorta di rosa fritta in abbondante olio e impregnata di vincotto tiepido o miele, poi spolverata con cannella, zucchero a velo o confettini colorati. I sannacchiudde sono, invece, piccolissimi pezzettini di pasta fritti conditi con miele, rinominati i dentini di Gesù e rappresentano una tipicità dolciaria tarantina.


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ASSAGGI DI LUCE di Stefano Caffarri

Inkiostro Simpatico Per una volta dell’Inkiostro di Parma, gioiello della collezione di una antica famiglia di ristoratori nelle capaci mani di Francesca Poli, parleremo senza ricordare il prima e il molto prima ma solo il durante: qui e ora è Salvatore Morello che ne disegna la silhouette con gesto amanuense, puntiglio certosino, devozione monacale e conoscenza enciclopedica. Provare per credere.

Hamachi e kimchi di cetriolo e zenzero

Zucca Mulligatawny

Tagliatelle di koji di Frumento e Natto

Risotto al burro d’anguilla

Piccione

Gelato di Latte Acido


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Feed ‘n’ Food

Angela è una pasticcera per passione. Un profilo casalingo adatto a tutti tra semplicità e sorrisi.

Recentemente premiato da noi, chef Antonini cura un profilo Instagram con foto geometricamente perfette. Cibo e prospettiva per palati fini.

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Un seguito enorme per questo ragazzo romano che gira il mondo raccontando cibbo, cultura e tradizione. Un nerd piacione capace di conquistare un pubblico molto trasversale.

Dalla bio si legge “voglio fare lo youtuber”, e visto i numeri ci è riuscito in pieno. Si chiama Aleksando, ha 24 anni e talento da vendere.

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