Weekly Enjoy #026

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Pubblicazione settimanale gratuita #026 - 16 Dicembre 2023

Direttore Responsabile: Alessandro Mauro Rossi Coordinamento Editoriale Digital: Carlo Carnevale Grafica e Impaginazione: Beatrice Dalla Paola Direttore Commerciale: Michele Belingheri

WEEKLY ENJOY - IL SETTIMANALE DELLE GUIDE DE L’ESPRESSO

IL SETTIMANALE DE LE GUIDE DE L’ESPRESSO Ogni fine settimana, al vostro indirizzo di posta elettronica, vi verrà recapitato il Weekly Enjoy, un magazine con notizie, servizi, approfondimenti e consigli più interessanti della settimana. Chi ha fame di notizie enogastronomiche può mettersi a tavola. Il servizio è gratuito.


WEEKLY ENJOY - IL SETTIMANALE DELLE GUIDE DE L’ESPRESSO

Carlo Carnevale Coordinatore editoriale digital de Le Guide de L’Espresso

VECCHIE SCOPERTE VILLA FELTRINELLI Via Rimembranza, 38 Gargnano (BS) Tel. +39 0365798000 villafeltrinelli.com

VIP: VERY IMPORTANT POSTO di Alberto Cauzzi

VILLA FELTRINELLI

guideespresso.it

Da oltre vent’anni, lo chef Stefano Baiocco esprime la sua filosofia di cucina d’autore tra le mura storiche della lussuosa villa secolare, Villa Feltrinelli Villa Feltrinelli è un giardino diffuso lungo la passeggiata verso Gargnano. L’architettura secolare conserva il piglio old money degli anni ’20 condensata ad arredi di gusto francese. Soffitti a cassettoni, scalinate e drappeggi di fiori si specchiano – e qui il senso figurato non è quasi necessario – sulle sponde del lago di Garda consacrando questo albergo tra i più fastosi e eleganti della zona. Una location che serve a saziare l’animo e dove ci si accontenterebbe di mangiare anche pane, formaggio e vino della casa. Eppure, dietro le porte dell’ingresso, impera da ormai un ventennio il genio culinario dello chef Stefano Baiocco, il cui destino ormai costituisce un unicum con quello del ristorante della Villa. Gli amuse bouche suggeriscono quale sarà la consecutio temporum dell’intero pasto: un sodalizio tra i fondamentali della cucina d’Oltralpe e lo stile personale del cuoco anconetano. Il menu è scevro dall’ormai gettonassimo studio dei vegetali se non in poche preparazioni come la iodata Lasagna al plancton, indovinata revisione dell’originale In carta, la vera raison d’être è occupata da Rombo in consistenze contornato da superbe guarniture e un omaggio all’Oriente con Trota poché, zuppa di cocco e germoglio di canna fermentato. Continua a leggere sul sito CHEF STEFANO BAIOCCO

MENU DEGUSTAZIONE € 220 - 280

VIP: VERY IMPORTANT PIATTO di Fiorello Bianchi

QUAGLIA IN SALSA JERK La tradizione giamaicana si fonde con la cultura montana dello chef Michele Lazzarini, ex braccio destro di Norbert Niederkofler, oggi alla guida di Contrada Bricconi Contrada Bricconi è un bellissimo progetto, pensato per far rivivere la montagna, ridando vita ad un borgo del XV secolo, in Val Seriana. È la Contrada della Bellezza per il posto, incantevole, per come il borgo è stato ristrutturato, per il concept architettonico della stalla e del caseificio, per il design degli interni. Si produce in casa il più possibile e si supportano piccoli produttori locali. Tutto è attentamente pensato, in una logica di economia circolare: si lavora sulla sostenibilità, vera, a 360 gradi, che qui è uno stato mentale, uno stile di vita. La cucina è affidata a Michele Lazzarini, talentuoso ex braccio destro di Niederkofler, tornato a casa per raccontare il lavoro agricolo e la cultura della montagna, dando vita a piatti di grande impatto. Continua a leggere sul sito RISTORANTE CONTRADA BRICCONI

CHEF MICHELE LAZZARINI

CONTRADA BRICCONI Via Bricconi, 3, Oltressenda alta (BG) Tel. +39 3515489493 contradabricconi.it

Ciclicamente, come fosse una scoperta nuova invece di un problema quasi genetico, si leggono allarmi sulla crisi della ristorazione. Soltanto nel corso dell’ultima settimana più voci lamentavano, tra le concause del disastro, della troppa “improvvisazione”: ebbene, nulla di più vero, ma neanche di più superficiale. Manca, infatti, concretezza da entrambe le maggiori parti in gioco. Si continua a vedere la ristorazione come una gallina dalle uova d’oro, che richiede un discreto gruzzolo di partenza e poco altro per poter essere perseguita. Tutti gli aspetti manageriali, gestionali, analitici, di proiezione, di ottimizzazione tipici di una qualsiasi azienda di un qualsiasi altro segmento, sembrano perdere d’importanza quando si tratta d’aprire un locale di ospitalità. Ed è qui che l’improvvisazione fa i suoi danni: pensare che “tanto cosa di vuole a fare due caffè”, come si è fatto per decenni, si sta finalmente rivelando uno tra i mali meno estirpabili da fronteggiare. A ciò si aggiunge l’improvvisazione di chi nel settore lavora quotidianamente: essere professionista di sala, bartender, cuoco, sommelier richiede formazione costante e dedizione che non si raccolgono sugli alberi. È indubbio che molto ci sia da fare sul piano delle condizioni lavorative (salario, ore, inquadramento), ma non ci si può nascondere dietro al dito delle inottemperanze formali, quando i primi a non rispettare l’impegno che il sistema richiede siamo noi stessi. È un cane che si morde la coda: finché non cambierà l’approccio al settore, che merita maggiore serietà, non si avrà la possibilità di sedere ai tavoli decisionali, e di conseguenza le condizioni non cambieranno. Purtroppo, però, vale anche l’inverso. Carlo Carnevale


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CIOCCOLANDIA

di Antonio Franchi

GIRAUDI: ARTE DOLCIARIA A CASTELLAZZO BORMIDA Giraudi (giraudi.it) nasce nel 1907 a Castellazzo Bormida (Alessandria) come mulino e forno per la panificazione; negli anni ’60 l’attività si amplia con l’apertura di un bar-pasticceria in Corso Roma e qui viene dato inizio alla produzione di alcune specialità a base di cioccolato. Ma è negli anni ‘80 che Giacomo Boidi, nipote di Giovanni Battista Giraudi, decide di concentrare la propria attività sul cioccolato, approfondendo i temi legati alla lavorazione del cacao con Jean Pierre Richard, Meilleur Ouvrier de France nel 1990, studioso del cacao e, in particolare, dei metodi di preparazione della ganache (la crema nata in Francia nel XIX secolo , anche detta “parigina”, a base di cioccolato e panna, spesso con l’aggiunta di burro). Giacomo Boidi diventa così Membre Correspondant dell’Académie Française du chocolat et de la confiserie e inizia un percorso di ricerca delle migliori materie prime per la creazione di prodotti di eccellenza: tra questi, spiccano i Pentagoni e i Petali, i primi cioccolatini a cinque facce ripieni di creme golose e i secondi sfoglie di cioccolato dure o ripiene; i Mandrugnin, cioccolatini fondenti ripieni di liquori e distillati; i Nocciolini, sfere ripiene di creme di frutta secca; i Croccantelli, barrette ripiene di cremino e croccante di nocciola Tonda Gentile Trilobata del Piemonte e ricoperte di cioccolato fondente; i Cremini e i Gianduiotti, anche nel formato grande fino a 1,5 kg.; i Dragèe di cioccolato al latte, fondente, al caramello o bianco, ripieni di croccante di frutta secca, fave di cacao o caffè. Senza dimenticare alcuni protagonisti principali: il gianduja, realizzato con massa di cacao Trinitario del Venezuela, declinato magistralmente nella Giacometta, crema spalmabile al cioccolato e nocciole della varietà Tonda Gentile Trilobata (anche nelle versioni con pistacchi selezionati siciliani e cioccolato fondente) e le Selezioni e i Napolitain, tavolette e piccoli quadrati di cioccolato monorigine lavorato con raffinati processi di miscelazione e delicato concaggio. Tra i molti premi e riconoscimenti ricevuti da Giraudi, mi piace ricordare quello recentissimo attribuitogli da Il Golosario, nell’ambito dell’edizione del 2023 di Golosaria dal tema “La Tradizione è innovazione”, che ha classificato Giraudi tra i 100 produttori rappresentanti “una storia di qualità italiana”.

PERSONAGGI

BRUNO BARBIERI “Lo chef è un mestiere che devi sentirti veramente nell’anima.” Bruno Barbieri potrebbe non aver bisogno di presentazioni. Tra i personaggi di cultura generale, è coniatore di termini gastronomici ormai goliardicamente di uso comune, amante di completi che indossare con quel savoir faire è qualità destinata a pochi, conduttore, scrittore di libri culinari. Eppure, seppur labile, il confine tra il personaggio e l’uomo è ancora lì. L’iniziazione avviene in casa su ferree basi di paste ripiene e tagliatelle al tartufo grazie al primo mentore: la nonna. Ha continuato spadellando in una scuola alberghiera di Bologna, militato sulle navi da crociera per poi approdare ad Argenta diventando membro dell’ A-team culinario capitanato dal visionario Giacinto Rossetti. Se l’amore viscerale per i tortellini che affogano nel brodo ne tradisce le origini, lo chef subisce il fascino della cucina libanese ed orientale, costruita sul passaggio dei popoli che ne hanno occupato le terre. La pellicola che gli ha catturato l’esistenza è Il pranzo di Babette e le passeggiate in spiaggia rappresentano il miglior defaticante. Entrando al Trigabolo - il fu pizzeria e poi epicentro culinario nazionale - fece un voto: si chiuse la porta della cucina alle spalle e gettò la chiave. Li per lì nemmeno troppo in senso figurato. Persona di struttura e dalle convinzioni nette, fin da subito sceglie il fuoco delle padelle al focolare. É chef di brigata di ristoranti che ha aperto e ceduto. É emigrato in Brasile, a Londra e Andy Warhol ha assaggiato la sua arte. Prima che lo schermo piatto lo consacrasse a personaggio mediatico, prima dei canali social con i video da 15 secondi, prima delle dirette, prima delle ricette con il link cliccabile c’è stata la scelta di un uomo che si è consegnato alla sua vocazione trasformandola in cucina 4.0. In barba a ciò che è capitato ad Icaro, una volta raggiunto il sole, cos’altro c’è ancora?


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BELPAESE DEI BROCCOLI LE BUONE COSE… di ANDREA GRIGNAFFINI L’esperto svela tutti i segreti per preparare e gustare al meglio gli ingradienti della settimana.

Calabrese o romanesco, di Torbole o di Moncalieri. La famiglia di questi ortaggi offre mille varietà, valorizzate da ricette regionali

È la scenografica infiorescenza non ancora matura della pianta Brassica oleracea, il broccolo, autentico concentrato di preziosissime virtù benefiche. Un ortaggio italiano al cento per cento, originario del Sud, già molto amato dagli antichi Romani che crearono la prima varietà di broccolo, il calabrese – quello le cui infiorescenze laterali, i broccoletti, sono ottime per insaporire la pasta dopo una passata in padella con un filo l’olio, acciughe e peperoncino. Accanto al calabrese e al celebre romanesco, verde squillante e spettacolare forma piramidale, il nostro territorio offre tante varietà di nicchia di questo super food, chicche agroalimentari coltivate in tutta la penisola. Negli orti affacciati sulle sponde meridionali del Garda, il broccolo di Torbole, matura in pieno inverno beneficiando del mite clima lacustre e delle brezze di Ora e Pelér. Varietà dal gusto delicato, in cottura non libera il tipico odore pungente ed è squisito fritto o in versione “cremosa” abbinato a formaggi, oppure lessato e ridotto in tocchetti ad esaltare

la carne salada o il pesce di lago sotto sale. Sulle moreniche colline di Custoza, nel Veronese, se ne coltiva una qualità d’inconfondibile dolcezza. Raccolto ai primi freddi, il broccoletto di Custoza è versatilissimo; si presta a pesti e sott’aceti, se non impiegato per ghiotti risotti o vellutate, fritto in pastella o gratinato; la gente del luogo lo ama bollito e condito con olio e sale, gustato insieme a uova sode, salame o salsiccia fresca. L’aprilatico di Partenopoli, in Campania, dal sapore più deciso, ha cime croccanti se crude, gradevolmente polpose e amarognole dopo la cottura paternese che lo vuole sposato a sarde, aglio e limone; è ideale nel pancotto o abbinato alla carne di maiale come da tradizione locale. Imperdibile rarità il cavolfiore di Moncalieri, arrivato in Italia con i Savoia e coltivato a ridosso della Collina di Torino. Piccino e compatto, cromia avorio e odore delicato, è ottimo bollito o fritto, accostato alla salsa tipica del posto, la bagna cauda, ma anche crudo in insalata, insaporito con olio e parmigiano, sale e pepe.


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CANTINE DE BIASE

Contrada Calvello, SP89 km 2+800 Roccanova (PZ) Tel. 348 9580264 cantinedebiase@gmail.com

IL BUON VINO… di LUCA GARDINI Conosciuto anche come The Wine Killer, grazie al successo del suo sito, redatto interamente in lingua inglese e dedicato alle sue degustazioni di vini da tutto il mondo, GardiniNotes.com, Luca Gardini è oggi uno stimato wine-critic a livello internazionale.

GROTTINO DI ROCCANOVA DOP ROSSO NETTARE DELL’ENOTRIA 2021 PUNTEGGIO 93/100

prezzo € Un avvincente blend di Sangiovese, Cabernet, Malvasia Nera di Basilicata e Montepulciano capace di sintetizzare impagabilmente un territorio. Lampone rosso al naso, con sfumature di tiglio, sottobosco e ricordi di alloro. Alla beva succoso-salmastro, grande persistenza, con richiamo delle sensazioni di piccoli frutti e sentori officinali. Impossibile pensare ad un abbinamento migliore che con una tradizionalissima pignata.

CALEIDOSCOPIO IN LUCANIA Bianchi, rossi e rosati che uniscono con maestria Malvasia del territorio a Sangiovese o Sauvignon: Cantina De Biase ne fa di tutti i colori Tra le novità più suggestive del movimento vitivinicolo lucano tradizione che vanta testimonianze fin dai tempi degli Enotri - c’è indubbiamente Cantina De Biase, la creatura di Laura Marino e Giovanna De Biase. Nasce nel 2009, nel comune di Castronuovo di Sant’Andrea, nell’entroterra di quell’oasi mozzafiato che è il Parco Nazionale del Pollino, che, abbracciando due Regioni e tre Province, è l’area protetta più estesa della Penisola. Territorio collinare-montuoso, certo, ma di impressionante varietà geologica, completata da forti escursioni e naturale biodiversità: tutte caratteristiche ideali per la produzione di alto livello. Il lavoro è stato impostato proprio sulla campagna, con una gestione non interventista, successivamente approdata alla certificazione biologica. In cantina, invece, dove è determinante l’operato del giovane, ma già affermato, enologo Fabio Mecca, l’obiettivo è quello di accompagnare, mai sovrastare. Viste le premesse, ed aiutati dalla “nuova” denominazione Grottino di Roccanova DOP, nata proprio nel 2009, non si poteva che puntare alla qualità. Un lavoro che si destreggia tra bianchi, rossi e rosati, dove ai vitigni del territorio, come Malvasia Bianca e Nera di Basilicata, sono accostati internazionali come il Sauvignon o il Cabernet ed extra-territoriali come Montepulciano e Sangiovese, come nel caso dell’Ursolei Bianco o del Donnalucana Rosato. La viticoltura è un caleidoscopio di imprevedibile ricchezza, l’obiettivo di Cantine de Biase è quello di esplorarlo, senza porsi limiti.


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THE ITALIAN TRAVELLER

di Chiara Buzzi

CLUB MED

IL NUOVO “PINK DIAMOND” DELLA MAISON ITALIANA Lusso, cultura, tradizione italiana: una destinazione imperdibile nella capitale giapponese, ecco il nuovo Tokyo Bulgari Hotel Nel marasma di immobili più o meno ordinato che abita il centro della capitale giapponese, è spesso normale ritrovarsi al terzo, quinto, settimo piano di un edificio apparentemente anonimo ma seduti in un locale di incredibile qualità. La concezione dello spazio, a Tokyo, non segue le regole che conosciamo e che adottiamo in Italia. La percezione della socialità è differente, per un gap culturale, per abitudini, per necessità. Difficile da paragonare e mi permetto, di dire anche sbagliato. Tralasciando l’ostacolo della lingua – cui se siete viaggiatori minimamente esperti si può in qualche modo ovviare con un po’ di scaltrezza e disinibizione – decifrare indirizzi e orientarsi nel reticolo di vie, insegne luminose, vicoli e vicoletti è sfidante per tutti. Quando finalmente si arriva a capire dove si trova l’ingresso desiderato si resta molto spesso increduli, tanto che siate alla ricerca di un ristorante o di un cocktail bar premiato, quanto se siete diretti verso il vostro hotel. Nel piano cittadino di riqualificazione di determinati distretti, valorizzazione di altri, nuove costruzioni e investimenti, edificare a strati non è qualcosa di poi così pazzo. Le realtà si sviluppano più in altezza che per superficie occupata per cui in un singolo grattacielo potrebbe capirvi di partire dal piano interrato per arrivare al ventesimo piano incontrando sempre qualcosa di diverso. Davanti alla stazione ferroviaria di Marunouchi, in posizione nevralgica perché nei pressi del Palazzo Imperiale e a pochi minuti dal distretto commerciale di Ginza, sorge uno dei complessi ultramoderni noti come Midtown. Più di un centro commerciale, più di un complesso architettonico, questi aggregatori ultramoderni di umanità sono sempre più diffusi nei vari distretti della capitale e offrono un ventaglio ampissimo di servizi di alto profilo. Il Tokyo Midtown Yaesu è una delle più recenti costruzioni realizzate dal leader giapponese nel real estate Mitsui Fudosan co., Ltd. e la sua torre / grattacielo sta velocemente diventando un nuovo simbolo della città. Dal quarantesimo al quarantacinquesimo piano, l’esclusività di una delle viste più alte di Tokyo è stata conquistata dalla recente apertura del nuovo Tokyo Bulgari Hotel. Con un accesso su strada particolarmente nascosto e non semplicissimo da raggiungere di primo acchito, l’arrivo al piano accoglie l’ospite con una grandiosità degli spazi difficilmente visibile altrove. I soffitti sono altissimi, le luci calde, le pareti rivestite di tessuti a tromp l’oeil con efficaci illusioni ottiche giocate nella suddivisione degli spazi. La vista sulla città, a trecentosessanta gradi, è incredibilmente potente e presente ogni camera, grazie a vetrate a tutta altezza e lungo tutto il perimetro. Gli interni sono stati pensati come un gioiello, con la stessa dedizione verso l’oggetto unico, raro e prezioso ma con l’idea di creare un connubio sobrio, elegante e decisamente lussuoso. Gli arredi sono in parte firmati Maxalto, B&B Italia, Flexiform per premiare la manodopera e l’artigianalità italiana ma sono stati i dettagli e le atmosfere che evocano i principi della filosofia wabi-sabi e i canoni dell’architettura giapponese contemporanea. Continua a leggere sul sito


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(ALMENO) UNA VOLTA NELLA VITA di Penelope Vaglini

BENTLEY LOUNGE

COME A BORDO DI UNA SUPERCAR Per tutto il periodo natalizio, all’interno di Anantara Palazzo Naiadi Rome Hotel, il Lobby Bar si trasforma in una Bentley Lounge con preziosi arredi firmati dal brand del Luxury Living Group e speciali cocktail all’ora dell’aperitivo I viaggi delle feste che portano nelle migliori località di montagna o nelle ancora assolate regioni del sud, sono più comodi a bordo del lusso confortevole di una Bentley. La casa automobilistica britannica con oltre cento anni di storia, da sempre affascina gli amanti delle autovetture che vogliono coniugare un design all’avanguardia con prestazioni tecniche da pista. Grazie alle sue linee inconfondibili, il brand ha anche lanciato collezioni per l’interior design con Bentley Home, parte di Luxury Living Group, portando nelle case e nelle lounge più sofisticate la stessa attenzione per il dettaglio e il comfort che si trova negli abitacoli delle supercar. Con un concept che richiama costantemente il tema del viaggio, al motto di “Extraordinary Journeys” Bentley Home personalizza, per tutto il periodo delle feste, il Lobby Bar del cinque stelle Anantara Palazzo Naiadi Rome Hotel. Immerso nello stile neoclassico del palazzo, con i suoi soffitti altissimi, spicca un albero addobbato con stelle natalizie e ghirlande in cuoio realizzate dal brand di design. Ogni elemento che decora l’abete è realizzato su misura e progettato appositamente per l’albergo di lusso capitolino, impiegando pelle riciclata in ogni fase della produzione sartoriale. Su ogni prezioso oggetto è impresso il logo della casa automobilistica, mentre ai piedi dell’albero sono esposte delle piccole confezioni regalo trasparenti che contengono le miniature delle sedute più iconiche di Bentley Home. Intorno a questa sfavillante opera d’arte natalizia si sviluppa la Bentley Lounge, con gli arredi del brand di lusso dalle sedute ampie e confortevoli, dove abbandonarsi sorseggiando un drink o semplicemente leggendo un libro in totale relax. Marmo Calacatta e Valentine Grey caratterizzano gli elementi di arredo scelti per la lobby, insieme a lana e velluto decorati con pattern classici e nuove stampe. Le poltroncine Ramsey mostrano le loro curve sinuose, insieme alle Mere Armchair con la struttura lignea. Gli ampi divani della serie Bayton firmati da Carlo Colombo richiamano il mondo dell’automotive con la scocca piena in essenza e le imbottiture che aderiscono alle curve affusolate. Completano il mood della Bentley Lounge le poltrone e i divani Wickham dalle linee sinuose, con una forma continua che abbraccia tutta la seduta, dall’aspetto scultoreo. Pezzo forte dell’esposizione è però il bar cabinet Harrow, scrigno prezioso che contiene i migliori distillati. All’esterno ha bordi smussati a 45°, mentre all’interno spiccano top e schienali in marmo e ripiani in vetro temperato extrachiaro, pronti ad accogliere bottiglie di spirits preziosi. Continua a leggere sul sito


BLEND CRIOLLO 80% - PREMIO TAVOLETTA D’ORO 2023 PER LA CATEGORIA “CIOCCOLATO FONDENTE”.


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COCKTAILS & DREAMS di Carlo Carnevale

CINQUE HOTEL PER CINQUE STORIE MISCELATE I bar d’albergo sono da sempre luoghi ammantati di energia propria, simboli di ospitalità di eccellenza. E nel corso dei decenni hanno dato vita a cocktail o leggende che vale la pena di assaggiare almeno una volta Il Natale è ormai alle porte, e i tradizionali festeggiamenti in famiglia sono già marcati in calendario. C’è però chi, avendone la possibilità (o magari solo il comprensibile desiderio di essere lontano dai propri parenti), ha scelto le feste di fine anno per un viaggio oltreconfine. Ebbene, qualora foste ancora in cerca di una sistemazione o di una tappa responsabilmente alcolica per il vostro viaggio, sappiate che sparsi per il mondo potete trovare alberghi che hanno letteralmente fatto la storia della miscelazione. Tanto da trasformarsi più in luoghi di pellegrinaggio, che di (oggettivo) buon bere, ma una volta lì, mancare una visita sarebbe un peccato.

Savoy Hotel – Londra

Chi della miscelazione ha fatto la propria professione, e si spera la propria passione, sa che il lobby bar del Savoy di Londra occupa un posto senza paragoni sulla cartina del bere mondiale. Il bartender dell’epoca, Harry Craddock, nel 1930 mandò alle stampe il Savoy Cocktail Book, raccolta di 750 ricette cristallizzatasi come Bibbia del bartending contemporaneo: è di fatto in questo volume (che va detto, a tratti copia sfacciatamente pubblicazioni precedenti ma di non altrettanto successo) che affondano le radici delle miscele di oggi. E a tornare ancora più indietro nel tempo, si scoprono ulteriori pietre miliari: nel 1925, la prima head bartender donna (cosa pressoché impensabile per l’epoca), Ada Coley Coleman, mise la sua firma sul cocktail Hanky Panky, realizzato per l’attore sir Charles Hawtrey e forte di una minuscola dose dell’italianissimo Fernet Branca. Continua a leggere sul sito


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GASTROCKNOMIA

di Giovanni Aragona

L’UOMO DEI GELATI FIRMATO VAN HALEN Ice cream man (L’uomo dei gelati) è la traccia numero dieci del primo omonimo album dei Van Halen pubblicato il 10 febbraio del 1978 Chi di voi non ha mai mangiato un gelato nella propria vita non è di questo mondo. Attenzione, affondiamo il colpo e oggi vi raccontiamo di una delle figure più dolci e al contempo retro nostalgiche della storia: l’uomo dei gelati con il carretto. Figura ormai mitologica, era letteralmente svanito dalle strade e dalle piazze delle nostre città, e i nostri nonni ne narravano le gesta con un velo di profonda malinconia. Gli anni passano, inesorabilmente, e i ricordi toccano anche i cuori più freddi: le vacanze al mare, come in un film di Luchino Visconti e l’arsura dei bambini con i sandali. L’uomo con i carretti ambulanti è tornato per la gioia di nonni e nipoti. In tempi di digitalizzazione, social, metaverso, intelligenza artificiale e futurismo, sono tornati con carrettini colorati, motori elettrici e in E-Bike. Il revival del carrettino, sospeso nel tempo, prova a rivivere anche in epoche d’avanguardia e l’episodio odierno di GastRockNomia affonda il colpo raccontandovi di un brano che celebra questa meravigliosa figura: Ice cream man (L’uomo dei gelati) è la traccia numero dieci del primo omonimo album dei Van Halen pubblicato il 10 febbraio del 1978.

TESTO Now summertime’s here babe, need somethin’ to keep you cool Ah now summertime’s here babe, need somethin’ to keep you cool Better look out now though, Dave’s got somethin’ for you Tell ya what it is I’m your ice cream man, stop me when I’m passin’ by Oh my my, I’m your ice cream man, stop me when I’m passin’ by See now all my flavors are guaranteed to satisfy Hold on a second baby I got good lemonade, ah, dixie cups All flavors and push ups too I’m your ice cream man, baby, stop me when I’m passin’ by See now all my flavors are guaranteed to satisfy Hold on, one more Well, I’m usually passin’ by just about eleven o’clock Uh huh, I never stop, I’m usually passin’ by, just around eleven o’clock And if you let me cool you one time, you’ll be my regular stop All right boys

L’album inizialmente continuò a vendere in maniera costante negli anni successivi con l’aumentare della popolarità della band, fino ad ottenere la certificazione di disco diamante dalla RIAA nel 1996 per le oltre dieci milioni di copie vendute negli Stati Uniti. La canzone celebra il gelato ma più precisamente è l’apologia della figura mitologica dell’uomo dei gelati su di un carretto. Il brano, ha contribuito in modo decisivo allo sviluppo di ciò che ha reso la band seminale: mescolare l’hard rock all’heavy metal con testi scanzonati e leggeri. Anche questo brano è citato come fonte di ispirazione da una moltitudine di chitarristi per la capacità innata di Eddie Van Halen, all’anagrafe Edward Lodewijk van Halen, di suonare brani semplici in chiave virtuosa. Il debutto della band, e di questo brano, è considerato una delle pietre miliari della musica heavy metal. Il gelato per i bambini è svezzamento, e, abbinare questa canzone a questo alimento è metafora precisa: svezzate i vostri pargoli facendo loro ascoltare valida musica e non ve ne pentirete.


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https://guideespresso.it/wp-content/uploads/2023/09/SITO1-3.jpg GUERIDON E DINTORNI di Alberto Cauzzi

MEGLIO BENVENTO CHE BENTORNATO, SEMPRE! Si parla da tempo di emergenza di sala, del fatto che le nuove generazioni non siano così appassionate del lavoro di sala, che lo chef è la star e la figura centrale a cui tutti ambiscono, mentre invece un fulcro importante della fortuna di un ristorante è anche e soprattutto il grande lavoro di accoglienza che si opera nella sala del ristorante, dove nasce e finisce l’esperienza principale. Abbiamo deciso di creare questa rubrica non per parlare dei soliti argomenti ma per chiedere agli uomini e attori principali di questo straordinario mestiere il loro punto di vista, la loro visione e soprattutto gli aneddoti e le curiosità che stimolano e ravvivano questo mondo. Oggi ne parliamo con Alessandro Pipero, patron e uomo di sala del ristorante Pipero Roma.

Caro Alessandro come hai iniziato questa professione e perché? A 14-16 anni è veramente difficile decidere cosa si voglia fare nella vita. Avevo solo una idea chiara: amavo in modo viscerale il cibo e il suo mondo e quindi decisi di farlo diventare il mio lavoro. Mi iscrissi alla scuola alberghiera perché si mangiava e si studiava il cibo. Anni passati poi nei grandi alberghi per capire ed entrare nella testa del cliente: a volte esigente, spavaldo, non sempre preparato. Io credo che la più grande forma di insegnamento me l’abbia data il cliente e capire la sua psicologia e soprattutto capire quello che tu vuoi essere quando lavori tra i tavoli è la chiave. In ultimo, importante, per noi fare il cliente è vitale. Ti aiuta a capire meglio la loro prospettiva. Il tuo bilancio di questi anni di carriera qual è? Il mio bilancio è come la mia bilancia… sale sempre! Sono contento e felice perché nella mia vita ho fatto quello che mi piace fare e avrei desiderato fare. Il trucco è semplice: io non lavoro, non mi accorgo. Dico sempre che quando mi accorgerò e sentirò di lavorare, smetterò! Ma credo di parlare a nome di molti, dicendo che quando vai in vacanza il primo giorno si dorme, il secondo fai l’amore, dal terzo chiami i colleghi, parli di vino, etc… Non smettiamo mai.

Hai degli aneddoti, curiosità, episodi che ti piacerebbe condividere con noi? Di aneddoti ne ho e ne abbiamo tutti, ma ne racconto due in particolare che mi hanno colpito. Si sa che una mia grande passione è per il calcio e per la Roma, sono un super tifoso. Ecco quindi che, correva l’anno 2002, la Roma vince lo scudetto e festeggia con mister Capello (grande intenditore di vino) da Antonello Colonna, dove ero a quei tempi il sommelier. Avevo ansia da vendere e la mia tensione si poteva tagliare con forbici da sarto. Ad un certo momento apro due magnum di Philipponnat Clos de Goisses, non le assaggio perché Totti era vicino a me ed ero emozionato, una delle due sapeva di tappo e Capello si alzò in piedi e disse: “Bouchonè! Tappo, tappo!”, pensate voi come mi sono sentito. Ormai ci penso costantemente da 22 anni. Il secondo aneddoto è riferito al 14 febbraio di 4 anni fa, San Valentino. A pranzo viene al ristorante una coppia a festeggiare, mangiano e bevono, si baciano, si amano e alle 15,30 vanno via, tutto nella norma. Alle 20,00 a cena inizia il servizio della sera, avevamo 14 tavoli da 2, tutto filava liscio, fino a quando alle 21,15 suona il campanello e la fortuna vuole che vado io ad aprire, ed era il signore del pranzo che a cena veniva con la moglie. Continua a leggere sul sito


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TERRITORI A TAVOLA

di Matteo Calzaretta

PROVINCIA DI RIETI Viaggio nell’Italia dei sapori: cosa mangiare in provincia di Rieti, per scoprire un territorio chiave del Belpaese, ricco di storia e di enorme valore enogastronomico Dalla coltre di neve della provincia di Aosta, scendiamo nell’Italia centrale a incontrare i borghi ricchi di storia: luoghi tristemente passati alla storia il 24 agosto 2016, con il terremoto che ha colpito tutti i paesi della provincia di Rieti. La città di Rieti è stata definita l’ombelico d’Italia per via della sua posizione centrale rispetto all’intera Penisola: una miscela perfetta di storia e tradizione, bellezza della natura e cultura enogastronomica. Ricca di torrenti e sorgenti, la pianura, dominata dal monte Terminillo, è considerata la zona più ricca d’acqua d’Europa. La cucina reatina si compone di una serie di paste caserecce dalla sfoglia ruvida e callosa, perfetta per accogliere i sughi più ricchi. Il primo per eccellenza non può che essere lo spaghetto all’amatriciana, piatto conosciuto in Italia e nel mondo, specialità di Amatrice, paese delle 100 chiese, per la salsa gustosa a base di guanciale, pomodoro, sale, pepe e pecorino. L’amatriciana nasce con il condimento in bianco e solo alla fine del 1700, con l’avvento del pomodoro, il piatto è preparato con gli ingredienti che si usano ancora oggi. Oltre a questa prelibatezza, troviamo altre paste fatte in casa: le fregnacce alla sabinese, così chiamate proprio perché originarie della Sabina, una porzione di territorio vicino a Rieti. Le fregnacce sono un tipo di pasta fresca con solo farina di grano tenero e acqua; una pasta povera, anzi poverissima come denuncia lo stesso nome (nel dialetto laziale “fregnacce” indica appunto una cosa di poco valore, senza molta importanza). Piatti genuini preparati con l’olio della Sabina dalla tradizione millenaria: risalgono infatti al VII-VI secolo a.C. i semi di olivo ritrovati nel corso di scavi archeologici. È considerato il primo DOP italiano, essendo stato il primo olio in ordine di tempo a ottenere la certificazione nel 1995. Le tecniche utilizzate per la produzione dell’olio, sebbene siano state ammodernate in virtù degli sviluppi tecnologici, sono rimaste pressoché invariate dall’epoca preromana. Fondamentale per l’ottenimento dell’olio extravergine di oliva Sabina DOP è la qualità del terreno e il clima mite che caratterizza la zona.

Per concludere il pranzo possiamo gustare i dolci tipici delle festività natalizie: i terzetti reatini. Si tratta di golosi biscotti che oltre agli ingredienti classici vengono aggiunte anche le noci e il miele che li rendono molto particolari e profumati. Altro dolce tipico Sabino è la Nociata o Copeta, un composto di miele bollente e noci che viene versato e pressato su un piano di marmo e poi tagliato in piccoli rombi avvolti in foglie d’alloro. Come digestivo consigliamo La Genziana, un liquore fatto con le radici dell’omonima pianta, la genziana lutea, un esemplare protetto di cui è vietata la raccolta.

Per quanto riguarda l’enologia, il Lazio si conferma sempre più una regione dinamica nel settore della viticoltura e proprio il Reatino rappresenta oggi una nuova frontiera con la produzione di vini di qualità. Negli anni ’70, infatti, con la nascita del nucleo industriale, gran parte dei vigneti furono abbandonati e poi successivamente espiantati. Oggi, in uno scenario spettacolare, si estendono 4 ettari coltivati a vite, in cui vigneti giovani, con cloni più nordici quali Traminer e Riesling Renano, si alternano a vigneti “antichi” con vitigni come Malvasia, Sangiovese e il Cesanese Nero. Particolare attenzione va riservata proprio al Cesanese Nero, che rappresenta in maniera indiscussa la viticoltura della zona. Ricca anche la produzione di formaggi, come il pecorino fresco o stagionato, la ricotta, in particolare “il fiore molle” di Leonessa allo zafferano. E poi tanta cacciagione, manzo e abbacchio; un agnello da latte che si lascia rosolare in olio e aglio, si insaporisce con salvia e rosmarino e si bagna con l’aceto, quando è sfumato del tutto si aggiungono un po’ di acqua e un po’ di farina che formeranno un sugo ristretto. Da provare sono anche i sardamirelli, ricavati dalle budella del maiale lasciate essiccare sotto il camino, oppure appesi ad un palo di legno nella cucina. Si mangiano cotti alla griglia, ma anche in umido con i fagioli.


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ASSAGGI DI LUCE di Stefano Caffarri

La montagna incantata Un terzo della superficie del nostro Bel Paese è montagnoso. Un altro terzo collinare. Eppure se si parla di “cucina di montagna” si ha sempre l’impressione di parlare di una particolarità, di una nicchia, di qualcosa di speciale come speciali sono le altitudini. Ma il Bel Paese è anche stretto e lungo, e la montagna ha infinite varianti: dal Bianco a Lavaredo, dal Cimone al Gran Sasso, alla Maiella, all’Etna. Facile immaginare che anche la cucina di montagna sia un universo.

Trota alla brace, beurre blanc Michele Lazzarini Contrada Bricconi Oltressanda Alta (BS)

Lepre su lepre Alessandro Gilmozzi El Molin Cavalese (TN)

Amuse Bouche Paolo Griffa Caffè Nazionale Aosta

Porro Enrico Mazzaroni Il Tiglio Montemonaco (AP)

Crudo e cotto di manzo lingua e tartare Riccardo Agostini Il Piastrino Pennabilli (RN)


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Feed ‘n’ Food

JodiEttenberg è Un’avvocato, stanca del suo lavoro, decide di lasciare lo studio in cui lavora e inizia a girare il mondo, raccontando quello che vede e che mangia.

Khalid è un cuoco professionista che ha una passione per la cucina mediterranea e araba per le sue origini marocchine. Versatile come pochi.

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Rafael Nistor è uno chef e food influencer su TikTok che condivide ricette innovative e semplici da preparare.

Veruska, ossia “la cuochina”, dispensa consigli sulle mete di viaggi, aggiungendo i piatti tipici da assaggiare, posti da vedere e locali in cui mangiare.

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