Weekly Enjoy #012

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IL SETTIMANALE DE LE GUIDE DE L’ESPRESSO

Ogni fine settimana, al vostro indirizzo di posta elettronica, vi verrà recapitato il Weekly Enjoy, un magazine con notizie, servizi, approfondimenti e consigli più interessanti della settimana. Chi ha fame di notizie enogastronomiche può mettersi a tavola. Il servizio è gratuito

WEEKLY ENJOY - IL SETTIMANALE DELLE GUIDE DE L’ESPRESSO
Pubblicazione settimanale gratuita #012 - 09 Settembre 2023
Direttore Responsabile: Alessandro Mauro Rossi Coordinamento Editoriale Digital: Carlo Carnevale Grafica e Impaginazione: Beatrice Dalla Paola Direttore Commerciale: Michele Belingheri

Località Isola San Biagio Montemonaco (AP)

NOVITÀ AL GUSTO CIOCCOLATO

Tel. +39 0736 856441 IL

VIP: VERY IMPORTANT POSTO

TIGLIO

Enrico Mazzaroni è il cuoco autodidatta che ha dato via ad un’incredibile cucina di contrasti presso il ristorante Il Tiglio di Montemonaco (AP). Immaginate un luogo fuori dalle carte geografiche, dove il ruggito del traffico si sgretola nel silenzio. A Montemonaco, sul versante marchigiano dei Monti Sibillini, esiste la cucina dello chef autodidatta Enrico Mazzaroni. Negli anni Il Tiglio è cresciuto in silenzio, lentamente, ma creando una struttura forte e consolidata, proprio come l’albero da cui prende il nome. Un estro culinario rimasto in incubazione quello del cuciniere sibillino, che però ha dato vita ad eccezionali combinazioni. Niente viaggi verso territori culinari inesplorati, eppure la cucina si è sviluppata con ingredienti diversi e contrastanti che parlano linguaggi gustativi differenti in grande armonia tra loro. Opulenti Gambero e cervello in una versione ancora elegante e dal sapore deciso. Strepitose le ostriche e fegato, immense tagliatelle con caffè d’orzo e orecchie di maiale. Un plauso al maître Luigi Silvestri, abile e spigliato padrone di casa.

NOME DELLO CHEF : Enrico Mazzaroni MENU DEGUSTAZIONE : € 60/98

VIP: VERY IMPORTANT PIATTO

UN KATSUSANDO IN RIVA AL MARE

RISTORANTE STAZIONE VUCCIRIA CHEF YOJI TOKUYOSHI

Il pop up di Stazione Vucciria continua a stupire: quest’anno con il supporto del cuoco giapponese pop per eccellenza, Yoji Tokuyoshi, e del suo ormai celebre katsusando. Stazione Vucciria rischia di diventare un cult estivo della ristorazione: andare a Finale di Pollina, a due passi da Cefalù, gli occhi affacciati sul mare, godersi la cena nel bel terrazzo ricavato dalla ristrutturazione di una casa cantoniera. Questo hanno costruito a partire dalla scorsa stagione Franco Virga e Stefania Milano, che in meno di un decennio hanno rivoltato come un calzino la scena gastronomica palermitana. Stazione Vucciria va fuori dagli schemi, un pop up che, molto probabilmente, proporrà uno chef differente ogni anno: la scorsa estate Kobe Desramaults e la sua cucina raw, quest’anno il più pop dei cuochi giapponesi in Italia, Yoji Tokuyoshi, sempre sold out nella sua Bentoteca a Milano. Prenotate un tavolo al banco di fronte a fuoco e braci e godete soprattutto del Katsusando, il panino giapponese con il maiale impanato, che a Milano Yoji propone con la lingua, a Finale anche con la ricciola, panata nel panko, servito con cavolo riccio e una magnifica salsa sumiso che incrocia miso, mirin, yuzu, sake, zucchero e aceto di riso. Cosa di meglio in estate in riva al mare?

STAZIONE VUCCIRIA

Spiaggia Torre Conca

Finale di Pollina (PA)

Tel: +39 3715229069

stazionevucciria.com

Dal prossimo 13 settembre, Giornata Internazionale del Cioccolato, sarà attiva la sezione dedicata al cioccolato sulla nuova app Guide de L’Espresso (già disponibile gratuitamente negli store). Come racconta il curatore della Guida sul cioccolato, Antonio Franchi, “questo mondo rappresenta un fenomeno culturale: lo studio del cioccolato, infatti, approfondisce costumi, regole e consuetudini sviluppatesi nel corso dei secoli nel Vecchio Continente e Oltreoceano (ove, pure, la storia del cioccolato ha avuto inizio). Anche il cioccolato ha descritto (e continua a descrivere) le abitudini dei popoli e il loro modo di vivere”. La nuova sezione delle Guide, insieme al sito Internet e al Weekly Enjoy, conferma l’obiettivo del progetto di base: informare e divulgare nel modo più diretto e leggero possibile, senza mai perdere di qualità: “La Guida rappresenta un vademecum” prosegue Franchi, “per acquisire le conoscenze di base del mondo del cioccolato. Illustra la storia del cioccolato e le vie attraverso le quali la cioccolata si è diffusa in Europa. Sono, poi, indicate le principali varietà di cacao e le fasi di lavorazione del cioccolato, oltre alle tecniche di degustazione e sono spiegate le corrette (e fondamentali) modalità di conservazione. Vi è, inoltre, una rassegna dei principali prodotti a base di cioccolato e cacao (torte, cioccolatini, bonbon, etc.) fino alla descrizione delle principali cioccolaterie di eccellenza in Italia e dei migliori abbinamenti”.

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di Alberto Cauzzi di Alfonso Isinelli Carlo Carnevale Carlo Carnevale Coordinatore editoriale digital de Le Guide de L’Espresso IL TIGLIO

CIOCCOLANDIA

PRINCIPALI PRODOTTI TIPICI A BASE DI CIOCCOLATO IN LIGURIA

BACIO DI ALASSIO

Dolcetto a base di nocciole tostate, zucchero, miele, panna e cacao, con al centro una tenera crema al cioccolato; fu inventato nel 1919 da Rinaldo Balzola, della pasticceria Balzola di Alassio, oggi locale storico d’Italia.

SACRIPANTE

Piccolo dolce inventato dal genovese Giovanni Preti nel 1851, formato da morbido Pan di Spagna imbevuto in una particolare miscela di rum e marsala, stratificato con ricche creme e coperto di un velo croccante di cioccolato fondente.

SACRIPANTINA

Torta ideata anch’essa da Giovanni Preti, formata da dischi di Pan di Spagna imbevuti nel Marsala, separati da strati di crema al burro e cacao. È profumata al rum e racchiude un canestrello al centro. La forma a cupola richiama le gonne delle dame del passato.

TORTA MONTEROSSINA

Torta tipica di Monterosso, località delle Cinque Terre, formata da un guscio di pasta frolla ripieno di un velo di marmellata di albicocche, pan di spagna, crema pasticcera e cioccolato fondente, con copertura di pasta frolla.

ARRIGO CIPRIANI

La cioccolata può aiutarti a ridurre lo stress non solo mangiandola, ma anche facendoci il bagno. Stare immersi in una vasca di cioccolato liquido rilassa e combatte la ritenzione idrica.

Il bagno al cacao esplica effetti remineralizzanti e nutrienti, grazie alla presenza di numerosi principi attivi e grassi naturali che nutrono la pelle, cui ridona un’idratazione ottimale.

Il bagno al cacao favorisce inoltre il drenaggio dei liquidi in eccesso inducendo una maggiore tonicità dei tessuti. Può essere utilizzato come coadiuvante nel trattamento degli stati depressivi. Durante il trattamento viene offerta una degustazione di piccola pasticceria accompagnata da un bicchiere di succo di mela.

“Sono l’unico uomo al mondo che si chiama come un bar, non viceversa”. Arrigo Cipriani è l’ Harry’s bar e l’Harry’s bar è Arrigo Cipriani. Cipriani Senior aprì il locale nel 1931 in Calle Vallaresso appena una anno prima la nascita del figlio legandoli a doppio filo indissolubilmente. Oggi il cognome Cipriani fa tendenza e non soltanto per il prestigio di cui gode il gruppo con la diaspora di 26 locali nel mondo, ma perché Arrigo è un uomo atipico, sagace e avverso al 2.0. Maestro di Karate e cintura nera terzo dan, le sue opinioni sono colpi decisi che non risparmiano nessuno. Ateo incontrovertibile immagina l’aldilà un luogo pieno di “menu degustazione al buio creati da chef che non sanno cucinare”, di telecuochi, di “guide dei copertoni”. Eppure, stretto nei monopetto di assoluta finezza sartoriale, Cipriani è un uomo di vigore e di passioni, un testimone oculare del mondo che cambiava. Nella sua stanza, come ama definire il locale, si sono avvicendate le grandi personalità del ‘900. Qui è dove Ernest Hemingway ha ultimato il romanzo Di là dal fiume e tra gli alberi e dove sono nati il Bellini e il carpaccio. L’Harry’s Bar custodisce quasi cento anni di storia assistendo all’umanità passarsi il testimone durante un secolo che mai come prima ha galoppato verso il progresso di macchine e di idee.

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CURIOSITÀ ARTIFICIALI
Abbiamo chiesto all’AI... Si può fare il bagno nel cioccolato?
PERSONAGGI

ODE ALLE MILLE E UNA PASTA

LE BUONE COSE… di ANDREA GRIGNAFFINI

L’esperto svela tutti i segreti per preparare e gustare al meglio gli ingradienti della settimana.

Ovunquenelmondo incarniilsempiterno emblema del Bel Paese e della nostra culturagastronomica indiscussa protagonistadei piùnoti,ghiottie replicaticlassici culinari.

Spaghettata di mezzanotte

Gioia dell’improvvisazione, estemporaneità del momento, creatività rutilante. Un simbolo della convivialità cheaccomuna giovani e meno giovani che diventano cuochi per un giorno, anzi per una notte. E quando tempo e ingredienti sono scarsi cosa c’è di meglio di uno spaghetto elaborato all’istante?

Regole di cottura

Parafrasando Luigi Veronelli che citava un anonimo secentesco possiamo dire: la miglior regola è quella di non seguirla. Allora lasciamo la cottura della pasta al gusto individuale, ma soprattutto al posizionamento geografico (più si scende più la pasta deve avere consistenza) e al suo rapporto col condimento.

Cè un popolarissimo vocabolo italiano che definisce un «alimento a base di semola o farina di diversa origine seccato o usato fresco e tagliato in vari formati», un termine che non necessita di traduzione in qualsivoglia altra lingua. Sarà perché l’italianità della pasta è talmente conclamata, radicata e inscalfibile a cominciare dal suo stesso nome? Di certo ridonda sottolineare come ovunque nel mondo incarni il sempiterno emblema del Bel Paese e della nostra cultura gastronomica, indiscussa protagonista dei più noti, ghiotti e replicati classici culinari nonché delle vicende socioeconomiche nazionali, oggi come non mai. Fiera espressione dell’essenza primordiale del mondo agricolo, la pasta nelle sue multiformi declinazioni riverbera anche lo spirito del popolo a cui più indissolubilmente è legata, gli italiani. Gli stessi avidi consumatori che tanto ferventemente la amano e alla quale tanto devono, la pasta che orgogliosamente celebrano e per la quale addirittura insorgono, tesi ed inflessibili come uno spaghetto crudo che rischia però di spezzarsi a causa della sua stessa fragile rigidità. Il dibattito sul sempre crescente prezzo della “pasta delle polemiche” nutre di frustrazione il gesto naturale di milioni di famiglie che quotidianamente acquistano al supermercato rigatoni, mezze penne e fusilli, puntando costantemente i riflettori sull’odioso rincaro che appesantisce lo scontrino e la cui martellante eco riempie il carrello di una certa esasperazione, conseguendo l’ovvio risultato di mettere pericolosamente in dubbio - forse fin troppo? - la più viscerale qualità della pasta: la sua democraticità. Magari consolerà, fosse solo per un momento, ricordare che con il classico pacco da un chilo, sia pur rincarato al costo medio di 2.13 euro, ancora si servono almeno 10 primi piatti. Una resa ottima che pochi altri alimenti possono vantare e che si esalta nell’innata capacità della pasta di appagare chiunque – infinite le possibilità di cucinarla, illimitate le opzioni sulla forma e soggettiva persino la scelta del perfetto tempo di cottura che, come tutto il resto, rispecchia un canone soltanto: il gusto personale. La pasta è libertà: che ci troviamo di fronte alla cottura (fondente nell’anima, al dente, al chiodo) o al condimento occorre continuare ad apprezzare a un costo comunque contenuto l’immenso potenziale di questa eccellenza nostrana. Confidando che le tensioni si ammorbidiscano come lo spaghetto crudo tra i bollori dell’acqua si decontrae, rinascendo plastico e versatile nell’intreccio con altri ingredienti, dai più semplici e spartani, nella creazione di un unicum che vale molto più della somma delle sue parti.

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DOLCE & AMARO

FATTORIA DI VALIANO Località Valiano

Castelnuovo Berardenga (SI)

Tel. 0577 54011

info@tenutepiccini.it

IL BUON VINO… di LUCA GARDINI

Conosciuto anche come The Wine Killer, grazie al successo del suo sito, redatto interamente in lingua inglese e dedicato alle sue degustazioni di vini da tutto il mondo, GardiniNotes.com, Luca Gardini è oggi uno stimato wine-critic a livello internazionale.

VA’ DOVE TI PORTA IL CHIANTI

Tenuta dal passato glorioso - il cui nome affonda le radici addirittura nella Lex Julia - appartenuta a condottieri valorosi e capi di stato prestigiosi come Giovanni Gronchi, Tenuta di Valiano è indubbiamente una delle più importanti realtà guidate da Famiglia Piccini, uno dei pilastri del vino italiano. Alla guida c’è Mario, che successivamente ha deciso di “investire” Michelangelo, il figlio, insieme a Benedetta e Ginevra, le sorelle, della responsabilità della struttura, in un percorso virtuoso iniziato già nel 1995. Siamo a Castelnuovo Berardenga, due passi da Siena, UGA (Unità geografica aggiuntiva) fondamentale, in cui il Chianti Classico si colora di espressioni di sapidità, tensione e consistenza ragguardevole, tuttavia terra duttile, sede di interpretazioni di grande vividezza di vitigni internazionali. 250 ettari di estensione totale, di cui circa 75 vitati, tutti in conduzione biologica, collocati per la maggior parte a 350 metri di altezza e dotati di eccellente esposizione, in cui suoli argilloso-sabbiosi, ricchi di scheletro, forniscono “spalle” robuste a una produzione completa, che arriva all’incirca alle 400.000 bottiglie, caratterizzata dalla bella qualità media delle etichette. Sangiovese, ovviamente, insieme a Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc e Merlot, declinati in versioni brillanti, che rendono giustizia al lavoro di accuratezza svolto tra campagna e cantina, dove a guidare le danze c’è l’occhio vigile di Pasquale Presutto. Una tenuta di consistenza e futuro luminoso, confermato dagli assaggi, tutti eccellenti, tra cui, a proposito di uve non autoctone, spicca il Toscana IGT Rosso Pècchero, Indubbiamente uno dei migliori Cabernet Franc in purezza in commercio, con il suo naso di mirtillo, pepe rosa e alloro, floreale-balsamico alla beva, dotato di persistenza lunghissima e chiuso da un ritorno fruttato-speziato. Se dovessero mai venire dubbi sulla potenzialità vitivinicola del chiantigiano, insomma, qui ci sono molte delle risposte.

CHIANTI CLASSICO DOCG

RISERVA POGGIO TEO

2019

PUNTEGGIO 95+ /1 00

prezzo €

Sangiovese in purezza proveniente dal vigneto più antico dell’azienda, un condensato di croccantezza, esaltato da un lavoro di campagna molto preciso e da un affinamento raffinato, 18 mesi in rovere francese di grande dimensione. Marasche al naso, noce moscata e tocchi di ginepro, con sentori di sottobosco. Grande tensione sapida alla bocca, con ritorno fruttato-officinale e piacevolissima persistenza. Irresistibile con un’arista di maiale ai funghi porcini.

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THE ITALIAN TRAVELLER

CASA CLÀT:

A CAGLIARI UN VECCHIO PALAZZO STORICO DIVENTA BOUTIQUE HOTEL

Per anni abbandonato, poi rinato grazie allo sforzo di due imprenditori locali: Casa Clat è la destinazione di comfort per un weekend a Cagliari

Quando si pensa a una destinazione per un weekend italiano, Cagliari è difficilmente tra le prime cinque nominate. E in realtà sbagliamo, perché il suo essere sull’isola non ci può fare da freno, non per troppo tempo quanto meno! Ci sono ottimi voli, comodi come orari di partenza, e frequenti, che consentono senza spese esagerate di ritagliarsi una due notti/un giorno e mezzo o tre notti e due giorni pieni, all’insegna della Sardegna urbana. Quella che siamo meno abituati a vedere, quella non da cartolina e stella marina bensì quella che la maggior parte dei sardi vedono durante tutto l’anno. La dimensione cittadina esiste anche nell’isola dorata e in realtà tiene celato un animo particolarmente dinamico e divertito. Che Cagliari non sia così sdoganata è, ahinoi, un dato di fatto ed è per questo che ci siamo davvero incuriositi e affezionati all’atmosfera del posto, quando siamo stati in visita qualche mese fa. Con piacere abbiamo scoperto

una serie di attenzioni (ad esempio nell’ospitalità), nei servizi (le opportunità fornite ai turisti), nella ristorazione stessa (con le sempre nuove aperture in città e non) che ci hanno fatto pensare che forse davvero una nuova era sta finalmente iniziando per il capoluogo. Restando in tema alberghiero, una vera new entry di marzo 2023 è stata l’apertura del primo vero e proprio boutique hotel. Perché boutique? Perché le stanze sono poche e molto spaziose, perché l’arredo è stiloso e con un design altamente artigianale e personalizzato, perché gli ambienti sono piccoli ma molto curati, perché c’è una sensazione di esclusività riservata e dedizione verso l’ospite non scontati. Casa Clat è un palazzo dell’Ottocento, per anni lasciato in totale abbandono, che due imprenditori locali – Caterina e Claudio Murgia di Nieddittas, azienda simbolo della miticoltura di qualità sull’isola) –hanno deciso di prendersi a cuore.

La decorazione delle singole stanze e di altri dettagli della struttura è stata affidata a un artista locale, Giorgio Casu, che ha contribuito fortemente alla definizione dello stile e del gusto degli ambienti dell’albergo. Giorgio ha coinvolto artigiani, designer, intagliatori, pittori per personalizzare il più possibile e riuscire a contaminare con uno stile moderno e personale, ogni spazio, parete, superficie presente. Anche le camere sono arredate in modo diverso, seguendo pantoni cromatici variegati: dal rosa al blu, al verde smeraldo così come al nero e al bianco. Ogni camera è a sé, con letto rotondo o tradizionale, sauna e doccia con cromoterapia, vasche idromassaggio e impianti musicali firmati Bang and Olufsen. Continua a leggere sul sito

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di Chiara Buzzi

(ALMENO) UNA VOLTA NELLA VITA

EXPEDITION DINING,

MANGIARE IN MEZZO AI FIORDI SU UN’INSTALLAZIONE GALLEGGIANTE

Quando una cena diventa una spedizione tra le gelide acque del Mare del Nord, verso un’installazione artistica dedicata al futuro sostenibile del cibo, si vivono momenti indimenticabili. Ecco che cos’è Iris e perché vale una visita.

Una spedizione tra i fiordi norvegesi che affacciano sul Mare del Nord permette di ammirare le loro altissime vette, innevate nella stagione più fredda o ricoperte di sfumature verdi in estate, ai cui piedi si trovano le classiche casette rosse in legno, con i loro tetti scuri dagli angoli acuti. Le acque che riflettono i profili delle montagne sono un rifugio silenzioso durante le giornate più limpide, mentre diventano impetuose quando i forti venti sferzano da ogni direzione,

incanalandosi tra picchi e valli. Se il meteo è clemente, gli appassionati di fine dining possono trovare ristoro in uno degli indirizzi più chiacchierati degli ultimi tempi. Un ristorante che si trova all’interno di un padiglione galleggiante e accoglie 24 ospiti per volta, pronti a imbarcarsi per la più interessante Expedition Dining del momento. Ad accogliere questo unicum gastronomico è il Salmon Eye, struttura ellittica galleggiante costruita da Eide Fjordbruk, produttore carbon neutral di salmone, con l’obiettivo di sensibilizzare il pubblico sull’importanza alimentare del pesce proveniente da filiere sostenibili. Con un diametro di 25 metri, il padiglione è composto da quattro piani (di cui uno sotto il livello dell’acqua) e ospita il ristorante Iris, alla cui guida si trova la giovane chef danese Anika Madsen. Raggiungere la struttura è parte dell’esperienza offerta dal locale, che si svolge in un tempo massimo di sei ore. Per accedervi è indispensabile acquistare un biglietto: le prenotazioni avvengono solo in determinati giorni dell’anno, segnalati sul sito del ristorante. La partenza è dal porto della cittadina di Rosendal, da cui si salpa con una nave elettrica in direzione del primo pit-stop. La chef Madsen accoglie infatti gli ospiti nella sua casa galleggiante sull’isola di Snilstveitøy, per offrire loro uno snack di benvenuto, prima di navigare alla scoperta del Salmon Eye, dove il percorso inizia dal livello sottomarino, fino a salire nel punto più alto: la sala di Iris dove, grazie a un’ampia vetrata, si possono ammirare i picchi del fiordo e le montagne che lo circondano. Nelle giornate più belle è anche possibile salire sul rooftop e consumare lì una delle portate del menu degustazione, cotta su una fiamma viva. Anika Madsen porta a tavola il meglio degli ingredienti che la circondano tra pesce appena pescato, alghe e molluschi, erbe aromatiche e ingredienti vegetali raccolti tra le montagne norvegesi. La sua cucina si abbandona agli elementi, indaga il lato più selvaggio e inesplorato delle materie prime locali e le propone solamente dopo un attento studio, nella loro forma più gustosa. Il menu degustazione di 18 portate, servito al costo 3200 NOK (circa 280€) racconta, attraverso un profondo storytelling, il futuro del cibo, suggerendo azioni concrete per risolvere i problemi che attanagliano le più grandi filiere alimentari del pianeta. Continua a leggere sul sito

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di Penelope Vaglini

L’UOVO? AGITATO, NON MESCOLATO

Ci si creda o meno, l’uovo è uno degli ingredienti più longevi e a tratti imprescindibili nella storia della miscelazione. E ancora oggi, grazie a bartender competenti, si potrebbe godere di ricette deliziose. Già nei primi ricettari di miscelazione (la pietra miliare è da considerarsi How to Mix Drinks di Jerry Thomas, 1862), tra gli ingredienti di numerosi cocktail si può trovare l’albume. La chiara d’uovo è infatti storicamente ritenuta un elemento imprescindibile nell’arsenale di un bartender che si rispetti, grazie alle caratteristiche che dona al drink finito, se implementata correttamente. In dosi minime (intorno ai 10ml per cocktail), l’albume contribuisce alla consistenza del cocktail, rendendolo setoso, denso senza appesantirlo da un punto di vista organolettico, e soprattutto aggraziandolo con la classica testa soffice: si tratta infatti di un elemento schiumogeno, che shakerato con vigore si espande nel caratteristico strato spumoso sulla parte superiore del bicchiere.

Per questo motivo, oltre a dover essere rigorosamente fresco o rigidamente pastorizzato, l’albume richiede una certa tecnica per poter valorizzare ricette eterne come pressoché l’intera categoria dei sour (Whiskey Sour, Pisco Sour): quella che in gergo viene definita dry shake, ovvero una shakerata “a secco”, che serve all’albume per amalgamarsi agli altri ingredienti, prima di procedere con la shakerata classica con ghiaccio (la temperatura più bassa impedirebbe la corretta miscelazione). Lo stesso discorso va applicato ai sostituti contemporanei dell’albume, come l’alternativa vegana dell’aquafaba (l’acqua di cottura dei ceci) o i vari foamer creati appositamente.

Ancora più sorprendente potrebbe rivelarsi la scoperta di cocktail che prevedono l’uso di un uovo intero: ce ne sono eccome, e sono deliziosi. Continua a leggere sul sito

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COCKTAILS & DREAMS di Carlo Carnevale

GASTROCKNOMIA

I WEEZER, IL “PORK AND BEANS” E UNA SOTTILE METAFORA SEMPRE ATTUALE

“Pork and Beans” è un brano dei Weezer pubblicato nell’album omonimo del gruppo del 2008 Weezer noto anche come Red Album.

Con il cibo non esistono regole ben predefinite, tutti - o quasi - possiamo cimentarci in esperimenti gastronomici sfidando le regole del buonsenso e del buon gusto in questo caso. In questo nuovo episodio di GastROCKnomia, vi raccontiamo di un brano partorito dalla geniale mente di River Cuomo e dei suoi Weezer, band formata nel 1992 e con ben quindici dischi all’attivo. Il nostro viaggio, oggi, affonda nell’anno 2008 e più precisamente al mese di aprile. In quel periodo la band è alle prese con la realizzazione di Weezer, noto ai più come Red ALbum. Il gruppo, in occasione del lancio dell’album, confeziona un singolo potentissimo intitolato Pork and Beans. La canzone debutta al numero 19 della classifica Modern Rock di Billboard trascorrendo ben undici settimane al primo posto. Il brano, inoltre, entra in classifica in Canada, Irlanda, Regno Unito e Stati Uniti. Memorabile il video a supporto del singolo, capace di includere molte celebrità e anticipando (di moltissimi anni) i meme. Il video vincerà successivamente un Grammy Award per il miglior video musicale alla 51a edizione dei Grammy Awards. Il brano è una della canzoni più dissacranti di metà 2000 e punta l’attenzione su un tipico piatto inglese/americano che consiste in fagioli intinti in un ragù di carne di maiale, spesso mangiato a colazione e di facilissima reperibilità: infatti il pasto lo si può tranquillamente

trovare negli scaffali di supermarket in scatola o in lattina. Non lasciamoci però troppo ingannare dallo strambo testo e dall’apparente significato: Pork and Beans è una precisa metafora che racconta di come sia importante nella vita andare avanti seguendo le proprie idee. La canzone incoraggia gli ascoltatori ad essere se stessi e a non inchinarsi alle pressioni della società per conformarsi. Il brano, in sostanza, è la sintesi di quello che ha vissuto il frontman della band: le esperienze nell’industria musicale lo hanno infatti ispirato a scrivere una canzone che incoraggia il pubblico ad essere sempre se stessi. Il messaggio della canzone è particolarmente rilevante nell’era dei social media, dove le persone spesso sentono la pressione per curare i loro personaggi online. Il senso dei fagioli e del maiale? In epoca di perfezionismo gastronomico non abbiate mai paura di osare e sperimentare. Alla prossima puntata.

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di Giovanni Aragona

GUERIDON E DINTORNI

LA “VOGLIA” DI UN HAMBURGER

I segreti e i racconti di Restaurant Manager del Ristorante Duomo di Ciccio Sultano. Si parla da tempo di emergenza di sala, del fatto che le nuove generazioni non siano così appassionate del lavoro di sala, che lo chef è la star e la figura centrale a cui tutti ambiscono, mentre invece un fulcro importante della fortuna di un ristorante è anche e soprattutto il grande lavoro di accoglienza che si opera nella sala del ristorante, dove nasce e finisce l’esperienza principale. Abbiamo deciso di creare questa rubrica non per parlare dei soliti argomenti ma per chiedere agli uomini e attori principali di questo straordinario mestiere il loro punto di vista, la loro visione e soprattutto gli aneddoti e le curiosità che stimolano e ravvivano questo mondo. Oggi ne parliamo con Riccardo Andreoli, Restaurant Manager del Ristorante Duomo di Ciccio Sultano.

I segreti e i racconti di Restaurant Manager del Ristorante Duomo di Ciccio Sultano. Si parla da tempo di emergenza di sala, del fatto che le nuove generazioni non siano così appassionate del lavoro di sala, che lo chef è la star e la figura centrale a cui tutti ambiscono, mentre invece un fulcro importante della fortuna di un ristorante è anche e soprattutto il grande lavoro di accoglienza che si opera nella sala del ristorante, dove nasce e finisce l’esperienza principale. Abbiamo deciso di creare questa rubrica non per parlare dei soliti argomenti ma per chiedere agli uomini e attori principali di questo straordinario mestiere il loro punto di vista, la loro visione e soprattutto gli aneddoti e le curiosità che stimolano e ravvivano questo mondo.

Oggi ne parliamo con Riccardo Andreoli, Restaurant Manager del Ristorante Duomo di Ciccio Sultano. Caro Riccardo, come hai iniziato questa professione e perché?

Riccardo Andreoli: La passione per il cibo in primis e per il mondo dell’hotellerie mi hanno sempre affascinato, e la naturale conseguenza è stata quella di iscrivermi all’Istituto professionale per i servizi alberghieri di Verona nel lontano 1998. Da lì, a seguito delle prime esperienze (anche grazie alla scuola) sia in sala che in cucina, ho fatto la scelta di seguire le orme della sala, il diploma, le stagioni a Verona e infine la decisione a 20 anni di partire per Roma, una città che mi ha sempre affascinato, e dove ho desiderato per tanto tempo di vivere.

La mia prima esperienza è stata al ristorante in Viale Parioli, una ristorazione classica, il Sig. Italo Santucci, il “principale” trascorreva le mattinate a spiegare a noi di sala i segreti per una buo-

na gestione del ristorante, dal pulire l’argenteria, al come “capare”, come si dice a Roma i carciofi – in sala erano i camerieri che si occupavano della pulizia delle verdure, di tutte le verdure, una cosa nuova per me. L’esperienza da Heinz Beck a La Pergola giunge dopo qualche mese dal mio arrivo a Roma, e subito si apre un mondo nuovo: da novembre 2007 la Pergola è stata la mia casa per 12 anni, lavorare al fianco di Umberto Giraudo, Simone Pinoli e Marco Reitano, capitanati da Heinz Beck è stato motivo di orgoglio. Rapportarsi con la brigata, la soddisfazione dell’ospite, la gestione delle lamentele, la comunicazione tra sala e cucina, l’obiettivo comune di gestire alla perfezione ogni minimo dettaglio, sono tutti requisiti che mi danno oggi l’opportunità di dirigere una delle sale più importanti in Italia, il Duomo di Ciccio Sultano.

Il tuo bilancio di questi 20 anni di carriera qual è?

Riccardo Andreoli: La passione è sempre la stessa. Oggi le mie mansioni, grazie a Ciccio Sultano ed al ruolo che mi ha affidato, sono sicuramente diverse rispetto a prima: siamo in un confronto quotidiano nella gestione del ristorante che non si sviluppa solamente durante il servizio, il momento più bello della giornata, ma ha una visione a 360 gradi del ristorante, dalle prenotazioni all’incontro con un rappresentante, dall’appuntamento con un fornitore alla gestione dei numeri, dal rapporto con la brigata alla spiegazione e confronto di piatti nuovi con il personale. Essere uno dei suoi bracci destri è motivo di orgoglio, e avermi affidato la gestione del ristorante è un punto di partenza e uno stimolo per fare sempre meglio.

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di Alberto Cauzzi

Wines

In cima alle colline, nel comune di Radda in Chianti, si trova Castello di Albola, una delle più alte tenute del Chianti Classico. Qui trovano dimora le espressioni più elevate ed eleganti del Sangiovese di "alta collina", caratterizzate da forti pendenze, che godono di importanti escursioni termiche e di un microclima ideale per la produzione di vini unici, patrimonio della cultura locale ed espressioni autentiche di eccellenza.

In cima alle colline, nel comune di Radda in Chianti, si trova Castello di Albola, una delle più alte tenute del Chianti Classico. Qui trovano dimora le espressioni più elevate ed eleganti del Sangiovese di "alta collina", caratterizzate da forti pendenze, che godono di importanti escursioni termiche e di un microclima ideale per la produzione di vini unici, patrimonio della cultura locale ed espressioni autentiche di eccellenza.

In cima alle colline, nel comune di Radda in Chianti, si trova Castello di Albola, una delle più alte tenute del Chianti Classico. Qui trovano dimora le espressioni più elevate ed eleganti del Sangiovese di "alta collina", caratterizzate da forti pendenze, che godono di importanti escursioni termiche e di un microclima ideale per la produzione di vini unici, patrimonio della cultura locale ed espressioni autentiche di eccellenza. @CastelloDiAlbola

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albola.it

PROVINCIA DI PESCARA

La provincia di Pescara ha una ricchissima tradizione culinaria, che l’ha resa nota per le ricercate pietanze apprezzate in tutto il mondo. Fra i piatti di mare, il più famoso è il brodetto di pesce alla pescarese; rispetto alle varianti di altre città costiere dell’Adriatico, prevede pescato di zona, che non contempla mai pesce azzurro o merluzzo. Con un gusto e sapore forte, dato dei peperoni secchi lasciati soffriggere con olio, prima di cucinare i vari tipi di pesce locale.

Considerato il re d’Abruzzo, nato proprio nel pescarese, l’arrosticino di pecora è il piatto simbolo della regione: nella cucina povera si utilizza carne di agnello pecora o castrato. Nella zona pedemontana del Gran Sasso, in provincia di Pescara, gli arrosticini (carne ovina tagliata a tocchetti e infilata in spiedini) vengono cotti su un braciere dalla caratteristica forma allungata definito canala, in dialetto “furnacell”, per la sua somiglianza ad un canale di gronda. Passeggiando nel cuore di Pescara possiamo ammirare, oltre al mare, le cime più alte degli Appennini, qui tre giorni alla settimana si svolge il mercato di produttori locali, con prodotti a chilometro zero, tra cui il pomodoro pera d’Abruzzo chiamato così per la sua forma e che può raggiungere dimensioni e peso importanti anche 600 grammi. Fra i legumi spicca il fagiolo tondino del Tavo, fiume che attraversa tutta la vallata che prende il suo nome. Questo fagiolo è molto utilizzato in abbinamento con vari tipi di pasta fresca fatta a mano tipiche di questo territorio, come le sagne e le tacconelle.

Molto conosciuto e apprezzato è un dolce nato in questa terra quasi un secolo fa dalla creatività di un pasticcere: Luigi D’Amico, che nel suo laboratorio, impastando uova, cioccolato fondente, buccia d’arancia, semolino e mandorle ha creato una dolcissima semisfera e la inviò all’amico poeta Gabriele D’Annunzio, fu proprio lui a battezzarlo con il nome che l’ha reso famoso: il Parrozzo o “pane rozzo” come quello della tradizione contadina.

La consuetudine vuole che alla fine di un buon pasto non può mancare un bicchierino di Aurum, un liquore con una gradazione di 40° a base di brandy e infuso di arance, risalente al 1925. Oltre che come bevanda viene utilizzato anche come ingrediente per i dolci. Anche in questo caso c’è lo zampino di d’Annunzio, con il quale il produttore del liquore, Amedeo Pomilio, intratteneva un rapporto personale. Il poeta consigliò di chiamare il liquore Aurum, derivante dalle parole latine aurum (oro) e aurantium (arancio), che indicano il colore dell’oro e il sapore di arancia.

Mare, montagna, borghi e buon cibo. I tesori nascosti della provincia di Pescara pronti su un piatto per essere assaporati e vissuti. Mare e trabocchi con palafitte sospese, dove regna la brezza dal fascino unico.

Oltre al mare è unica la montagna, dove al Blockhaus della Maiella è possibile (la sola località al mondo) sciare guardando la costa adriatica.

Tre sono i vini DOC presenti nel territorio, con il vitigno Montepulciano viene prodotta la DOC Montepulciano d’Abruzzo anche in tipologia riserva. Con i vitigni Trebbiano abruzzese, Trebbiano toscano e Bombino bianco viene prodotta la DOC Trebbiano d’Abruzzo . Alle uve locali è legata anche una confettura d’uva “La scrucchiata”, termine onomatopeico che come suggerisce “scrocchia” sotto i denti. Viene preparata con uve scure della varietà Montepulciano e con una tecnica molto particolare, gli acini vanno innanzitutto tolti dal raspo e poi con tanta pazienza vanno spremuti a uno a uno separando la polpa dalla buccia e la polpa dai semi. I semi vanno buttati, mentre polpa e buccia cotti insieme diventeranno la scrucchiata.

Pescara è una terra non solo di apprezzati vitigni, ma anche di ottimi uliveti: il cosiddetto triangolo d’oro dell’olio è costituito dalla località di Pianella, Moscufo e Loreto Aprutino dove viene prodotta la maggior quantità di olio della provincia con un basso tasso di acidità, molto gradevole al palato. Quella pescarese è una tradizione tramandata da generazioni di produttori di olio e proprietari di frantoi.

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TERRITORI A TAVOLA di Matteo Calzaretta

Monna Lisa sul Monte

“Vado da Dalla Gioconda” il bisticcio di preposizioni che conduce al Monte di Gabicce, prima di San Bartolo, prima delle Falesie della Focara, prima di perdersi nelle ultime verzure prima del Conero. Lassù Davide Di Fabio ha mollato i pappafichi, e si libra in una dimensione che costituisce un vero e proprio salto di paradigma. Nuovo e profondamente “dallagiocondiano” .

Iconoclasti cappelletti ripieni d’olive, Negroni a fianco.

Animella laccata alla brace, piadina come un pane naan, panna acida.

Duetto di piccione e ventresca, uova di merluzzo, tartufo, foie gras, insalata di spinaci all’olio di nocciola.

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ASSAGGI DI LUCE di Stefano Caffarri Riso tiepido, seppia, limone.

Feed ‘n’ Food

Valeria Ciccotti, meglio conosciuta come “Vale cucina e fantasia”., pubblica una media elevatissima di contenuti. Cercate informazioni e ricette ecco per voi “L’Ansa della cucina”

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Wladi Nigro, cosentino DOC, è il founder di Calabria Food Porn. Ironia, sapori e tradizioni, senza mai prendersi sul serio. Un mattatore del web.

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Salute e benessere valgono molto più di aspetto fisico e peso. Francesca Mittoni ne è la tangibile prova.

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Partire per gioco e diventare famosi? si può, occorre persevere e creare contenuti originali. David e Frederick sono i due famosissimi fratelli di Verona, hanno rispettivamente 26 e 19 anni, e hanno letteralmente creato un vero e proprio impero.

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