Weekly Enjoy #019

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Pubblicazione settimanale gratuita #019 - 28 Ottobre 2023

Direttore Responsabile: Alessandro Mauro Rossi Coordinamento Editoriale Digital: Carlo Carnevale Grafica e Impaginazione: Beatrice Dalla Paola Direttore Commerciale: Michele Belingheri

WEEKLY ENJOY - IL SETTIMANALE DELLE GUIDE DE L’ESPRESSO

IL SETTIMANALE DE LE GUIDE DE L’ESPRESSO Ogni fine settimana, al vostro indirizzo di posta elettronica, vi verrà recapitato il Weekly Enjoy, un magazine con notizie, servizi, approfondimenti e consigli più interessanti della settimana. Chi ha fame di notizie enogastronomiche può mettersi a tavola. Il servizio è gratuito.


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Carlo Carnevale Coordinatore editoriale digital de Le Guide de L’Espresso

NUOVO ENTUSIASMO LA TRADIZIONE Via Raffaele Bosco, 969 Vico Equense (NA) Tel. +39 0818028437 latradizione.superbexperience.com

VIP: VERY IMPORTANT POSTO di Alberto Cauzzi

LA TRADIZIONE

Salvatore de Gennaro e la sua famiglia spingono la cucina napoletana ai massimi livelli a La Tradizione, senza mai perdere veracità e ospitalità d’autore. La cucina partenopea è un’arte succulenta fatta di gesti precisi e conviviali. I nomi impartiti a piatti e prodotti tipici sono parole piene, onomatopeiche, che rimandano ad un tovagliolo legato al collo dei bambini per non macchiare il vestito della domenica e al pane portato al petto dai nonni per affettarlo. In altre parole: tradizione. Vico Equense è una località di mare, entrata ormai a gamba tesa tra i luoghi di transito delle Alte Sfere enogastronomiche grazie a Festa Vico, l’evento creatura dello chef Gennaro Esposito. La Tradizione, di Salvatore de Gennaro e famiglia, è cronologicamente prima bottega poi ristorante e oggi rientra tra le gemme di questo avamposto della veracità. Qui formaggi e carni nel bancone insieme a vino e verdure sugli scaffali, sono esposti come opere devozionali. Cantina e cucina si completano, frutto di una cura maniacale che ha permesso al locale di diventare tappa per top chef di passaggio sempre a caccia dell’ingrediente migliore. Continua a leggere sul sito NOME DELLO CHEF: Giovanna de Gennaro

VIP: VERY IMPORTANT PIATTO

MENU DEGUSTAZIONE: € 50

di Alfonso Isinelli

RISOTTO IN LATTINA IN GALLERIA Il risotto in lattina: l’ultima creazione dei Costardi Bros Gallerie d’Italia è un progetto di riorganizzazione e fruizione al pubblico del patrimonio artistico del gruppo Intesa San Paolo. Vicenza prima apertura, poi Milano, Napoli e Torino, città dove ai musei è stata affiancata un’offerta ristorativa di livello. Nel capoluogo piemontese, dove l’arte fotografica è protagonista negli spazi espositivi, ai fratelli Costardi è stata affidata la parte gastronomica, che comprende il rinnovo e la riapertura dello storico Caffè San Carlo, consigliatissimo per colazione e pausa pranzo e l’apertura di un ristorante che, inevitabilmente, si chiama Scatto. E, inevitabilmente, piatto simbolo è il risotto, che dei Costardi è simbolo iconico, anche nella sua presentazione, una lattina di ispirazione warholiana, creata dal mai troppo compianto genio di Bob Noto: il risotto in lattina! Continua a leggere sul sito RISTORANTE Scatto CHEF Christian Costardi

SCATTO Piazza San Carlo, 156 Torino (TO) Tel. +39 011532586 costardibros.it

Dopo la decennale abbuffata di indirizzi gastro-innovativi o presunti tali (discussa la scorsa settimana), condita dall’apertura di insegne esotiche e dalla rincorsa al piatto più complesso, assistiamo ultimamente a una ri-esplosione di “trattorie contemporanee” e simili. Luoghi in cui la qualità del cibo, sia per materia prima che per tecnica, tiene l’asticella oggettivamente alta, proponendo però atmosfere del quotidiano, quasi casalinghe, che riportano in auge gli ambienti da osteria di paese ancora tipiche di varie zone d’Italia (meno contaminate dalla bulimia di novità delle città con maggiore piglio internazionale). Si rivedono allora mattonelle e tovaglie senza fronzoli, ossobuchi e parmigiane di melanzane rivisitate, cantine profonde e soddisfacenti senza etichette urlate al megafono. Indirizzi solitamente aperti da nuove generazioni di osti comunque molto formati, che intercettano altrettanto nuove generazioni di consumatori, forse già saturi dei ristoranti all’ultimo selfie che hanno affollato le strade dei tempi recenti, e alla ricerca di sapori e umori sì deliziosi, ma meno impostati emotivamente. Uscire a cena, da privilegio, si è trasformato quasi in alternativa alla noia, finendo con il perdere di entusiasmo: ben vengano allora locali che riconciliano con lo star bene a tavola, punto. Ma vi si prega, occhio a non rendere anche questo l’ennesimo filone di comunicazione fine a se stessa: di proposte semplici e genuinamente buone c’è un gran bisogno. Carlo Carnevale


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CIOCCOLANDIA

di Antonio Franchi

PRINCIPALI PRODOTTI TIPICI A BASE DI CIOCCOLATO IN ABRUZZO

TORRONE AQUILANO AL CIOCCOLATO Torrone tenero al cioccolato, anche noto come torrone Nurzia, per il nome del suo inventore Ulisse Nurzia; caratterizzato dalla presenza nell’impasto di cioccolato, nocciole, miele, albume e vaniglia, dalla consistenza molto morbida. PARROZZO Dolce ideato da Luigi D’Amico a Pescara nel 1926, fu molto gradito a Gabriele D’Annunzio; pagnotta semisferica [pan rozzo] realizzato con semola, zucchero, mandorle tritate, essenza di mandorla amara, buccia di arancia o limone, liquore amaretto e coperto di cioccolato fondente.

NEWS

VINO E QUADRI D’AUTORE:

I RESTAURI DEI QUADRI SI FINANZIANO CON I VINI L’iniziativa di Associazione Civita patrocinata da Gallerie Nazionali Barberini Corsini. “Vino Civitas” è il progetto cui partecipa Tenuta Caparzo di Montalcino in cui il vino e quadri si “incontrano”. Serata romana dedicata al “Vino Civitas”, nella terrazza dell’Associazione Civita: qui è stata rivelata la prossima opera che sarà restaurata grazie al progetto di collaborazione con le Gallerie Nazionali Barberini Corsini. Dopo i saluti di Simonetta Giordani segretario Generale dell’Associazione Civita, Elisabetta Gnudi Angelini amministratore Delegato di Caparzo, e di Cristina Tonelli dirigente scolastico Istituto alberghiero Tor Carbone – A. Narducci, Alessandro Cosma, funzionario storico dell’arte delle Gallerie Nazionali di Arte Antica ha esposto le origini del progetto di collaborazione con il museo e presentato i risultati ottenuti con i restauri realizzati fino ad oggi grazie ai proventi della vendita del vino. Continua a leggere sul sito

BOCCONOTTO DI CASTEL FRENTANO Dolcetto di pasta frolla a forma tondeggiante dal cuore cremoso, ripieno di mandorle tritate, cioccolato, caffè e un pizzico di cannella. CONFETTI DI SULMONA Confetti di mandorle in tutte le forme, anche con aggiunta di cioccolato, prodotti secondo le tradizioni millenarie dei confettieri di Sulmona.

NEWS

LA PERGOLA DI HEINZ BECK CHIUDE. MA PER UN RESTYLING

La pausa della Pergola di Heinz Beck per un profondo intervento di restauro firmato dallo studio Jouin Manku di Parigi. Riapertura prevista per aprile 2024 È ufficiale: il ristorante La Pergola di Heinz Beck del Rome Cavalieri, A Waldorf Astoria Hotel, il regno di Heinz Beck, chiude. Ma solo provvisoriamente: si tratta di un restyling, per un rinnovamento radicale “dell’interior decoration”. Quella che viene definita come la “prima creatura di Beck”, sarà oggetto di un “progetto di completo restyling con l’obiettivo di reinventare gli spazi coniugando la modernità alle sue radici storiche, acquisendo così un’atmosfera decisamente contemporanea.

Questo porterà il ristorante ad un look completamente nuovo e in linea con le più moderne tendenze dell’interior design. Il progetto, firmato dallo studio Jouin Manku di Parigi, si ispira alla città di Roma, esalta le opere d’arte già presenti e vedrà gli effetti di luce come elemento distintivo. Massimo riserbo sui dettagli, che saranno svelati a lavori ultimati”. Le anticipazioni di Patrick Jouin e Sanjit Manku? “Abbiamo voluto invitare l’essenza di Roma all’interno del ristorante, offrendo agli ospiti un’esperienza culinaria arricchita ulteriormente da una vista mozzafiato sulla città, dove il tangibile e l’intangibile si fondono in un luogo unico”. Continua a leggere sul sito


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FORMAGGI DI CARATTERE LE BUONE COSE… di ANDREA GRIGNAFFINI L’esperto svela tutti i segreti per preparare e gustare al meglio gli ingradienti della settimana.

Il regno è quello dei formaggi pestiferamente odorosi dove solo gli audaci nasi che non si lasceranno scoraggiare, sorprenderanno le papille gustative con specialità di sbalorditiva piacevolezza. Quando afrore fa rima con incredibile sapore. Il regno è quello dei formaggi pestiferamente odorosi dove solo gli audaci nasi che non si lasceranno scoraggiare, sorprenderanno le papille gustative con specialità di sbalorditiva piacevolezza. E benché la medaglia d’oro al formaggio più puzzolente in assoluto vada al francese Vieux Boulogne, l’Italia eccelle in miasmatiche squisitezze casearie, cibi iconici delle antiche tradizioni e del territorio in cui vengono prodotti. Scientificamente, il tanfo si deve a un mix di fattori: tipologia di latte, funghi e muffe utilizzati nella fase di stagionatura e sostanze adoperate per trattare la crosta esterna delle diverse forme. Sul podio, nomen omen, sale il Puzzone di Moena, presidio Slow Food tipico della Val di Fassa e di Fiemme, formaggio a latte vaccino crudo dalla

crosta rossastra ricoperta dalla tipica patina untuosa; l’odore penetrante è dato dalla tradizionale stagionatura che prevede costanti lavaggi con acqua e sale. Il lezzo del Bruss piemontese è talmente celebre da meritare un detto popolare, «mach l’amor a l’è pi fòrt che ‘l bros», solo l’amore è più forte del Bruss. Più che un formaggio un impasto, la cui ricetta varia da zona a zona, di formaggi vari messi a macerare in recipienti di terracotta e la cui fermentazione viene bloccata con una dose di alcol o di distillato (tipo grappa o cognac). Il risultato è un’esplosiva crema fermentata da gustare in modica quantità sul pane o con piatti, tipo la polenta, che possano smorzarne l’intensità. Stesso uso va fatto del cremoso e piccante Marcetto teramano, ottenuto dal latte di pecora del territorio abruzzese di Castel del Monte. Quando come da tradizione antica sono presenti le larve di mosca deposte sotto la crosta umida durante la maturazione il prodotto non lo si può commercializzare, un po’ come accade nel celeberrimo Casu Marzu (o Casu Martzu) noto prodotto underground Sardo. Dopo due presenze a dir poco hard il palato si raddrizza con lo Strachitunt, stracchino Dop prodotto esclusivamente nelle valli bergamasche con la tecnica delle “due paste”.


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ARGIANO SRL SOCIETÀ AGRICOLA

Fr. Sant’Angelo in Colle Montalcino (SI) Tel. 0577 844 037 argiano@argiano.net

IL BUON VINO… di LUCA GARDINI Conosciuto anche come The Wine Killer, grazie al successo del suo sito, redatto interamente in lingua inglese e dedicato alle sue degustazioni di vini da tutto il mondo, GardiniNotes.com, Luca Gardini è oggi uno stimato wine-critic a livello internazionale.

TOSCANA IGT SOLENGO 2020 PUNTEGGIO 100 /1 00

prezzo € € € Un grande classico di Argiano, fondamentale nel passato e nel presente, recentemente oggetto di un restyling gustativo. Cabernet Sauvignon, Syrah, Petit Verdot e Merlot in dosatissimo assemblaggio, ha naso di visciole in confettura, foglia di pepe, tocchi di tabacco e zest di sanguinella, palato con tannini sapidi, densità e croccantezza, eccellente persistenza. Perfetto con un piatto rivisitato della tradizione toscana come la bistecca alla fiorentina fritta.

SOLENGO CENTO E LODE Tenuta storica di Montalcino, con origini nel Cinquecento, Argiano è cardine del territorio fin da quando, grazie alla famiglia Pecci, si edificò la celebratissima villa, punto di riferimento - non solo architettonico - per le abitazioni signorili dell’epoca. Le fortune vitivinicole, invece, determinate dai 125 ettari (di cui 57 vitati), si devono alle visioni della contessa Noemi Marone Cinzano, coerenti con la gestione illuminata di Ersilia Caetani Lovatelli, una delle prime “donne del vino” italiane, che riuscì a rendere i vini di Argiano ambitissimi già nell’800. Negli anni ’90 del secolo scorso, poi, insieme alla contessa Cinzano, arriva ad Argiano Giacomo Tachis, uno dei numi dell’enologia internazionale, che lascia la sua impronta soprattutto con la creazione del Solengo. Nella sua incarnazione moderna, inaugurata nel 2013 con la vendita ad André Santos Esteves, imprenditore, senior partner e presidente di BTG Pactual (la più importante banca d’investimento latinoamericana), gli intendimenti di casa prevedono impatti ambientali ridotti al minimo, grande lavoro di zonazione e conseguente selezione clonale - fortemente voluto dal Direttore della Cantina, Bernardino Sani - e vitigni internazionali come Cabernet Sauvignon, Merlot, Petit Verdot e Syrah, accostati al Sangiovese Grosso, il nume di casa, a cui si devono diverse gemme, tra cui una pregevole versione di Rosso di Montalcino e ovviamente i diversi Brunello. Argiano va indubbiamente verso il futuro, insomma, con un occhio, attento, rivolto al passato.


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THE ITALIAN TRAVELLER

QUINDICI MINUTI CHE FANNO LA DIFFERENZA:

HOTEL FØROYAR, SULLE ISOLE FÆR ØER di Chiara Buzzi

Poco accessibile ma ricchissime di sorprese: le Isole Fær Øer sono una destinazione tutta da scoprire, e Hotel Føroyar è una delle tappe imperdibili. Se vi capiterà di visitare le Isole Fær Øer avrete sicuramente bisogno di recuperare informazioni in merito alle tipologie di spostamento possibile, le distanze tra un’isola e l’altra, le condizioni meteo, le attività fattibili a seconda delle variabili climatiche, i pochi indirizzi disponibili in cui rifocillarsi. Pur non essendo un luogo remoto è una destinazione meno accessibile rispetto a tante altre, non nelle grazie di qualunque tipologia di turista e da studiare preventivamente. La capitale Torshavn, oltre a essere ocnsigliata come base strategica in cui soggiornare per la maggior parte della vostra vacanza, è anche l’unica vera città in cui poter provare a immaginare una sociabilità diurna e notturna, persa tra le poche case che compongono il centro e quei cittadini sparuti che incontrerete sul vostro percorso. Anche per questi motivi, l’Hotel Føroyar è senza ombra di dubbio la struttura che sentiamo di consigliarvi, tanto per un viaggio di lavoro quanto per una vacanza. Pur trattandosi di una struttura adatta a conferenze e meeting, quindi votata ai grandi gruppi, l’hotel è stato concepito seguendo il criterio delle tipiche case locali con il tetto in erba, quindi facilmente mimetizzato sulla collina e particolarmente accogliente al suo interno. Al pian terreno, che coincide con il più basso terrazzamento con l’accesso diretto verso l’esterno, è presente una palestra molto ben attrezzata e aperta 24 ore al giorno, oltre a diverse sale riunioni. Nell’ala orientale dell’hotel, leggermente più defilata dalle zone comuni, trovate la RESS SPA, attrezzata con i migliori trattamenti viso / corpo / beauty pensati per chi cerca conforto dopo lunghe giornate passate al vento e alla pioggia faroesi. Anche per questo motivo, l’hotel è stato concepito per essere un luogo il più possibile vario per i propri ospiti anche nella proposta enogastronomica. Grazie al suo front bar aperto tutto il giorno, è possibile fermarsi a un tavolo per un caffè e ore di lavoro al computer, provare la formula del tè delle cinque come vuole la tradizione britannica o buttarsi su un drink al volgere della sera. Al primo piano invece, con un affaccio su tutta la baia di Torshavn, si trova il ristorante Ruts. La proposta culinaria si concentra su ingredienti locali e stagionali, cercando il più possibile un approccio territoriale e laddove possibile green. Nella stessa sala si serve la prima colazione, allestita in tipico stile nordico: pane di tutte le fatture, una buona selezione di prodotti salati, formaggi, salmone affumicato, uova, crème fraiche, frutta secca, yogurt e cereali. La cucina è a disposizione per realizzare diverse varianti di uova e qualche piatto espresso. La vera peculiarità dell’Hotel Føroyar è la sua posizione, per nulla centrale e appunto rialzata sulla collina. Un sentiero perfettamente calpestabile (ma buio in notturna) conduce alla città nel giro di quindici/venti minuti (con camminata spedita) che saranno in discesa all’andata e in salita netta al ritorno. Continua a leggere sul sito


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(ALMENO) UNA VOLTA NELLA VITA

EXTREME WOW SUITE EXPERIENCE A BUDAPEST UNA STANZA DA SOGNO CON BAR PRIVATO di Penelope Vaglini

La Extreme Wow Suite è la presidential suite del nuovo W Budapest e può soddisfare tutti i desideri culinari e di mixology degli ospiti che decidono di trascorrervi una o più notti. Immagina di ricevere l’invito a un party in una suite da sogno dove all’ingresso, ad accogliere gli ospiti, si trova un bar privato con una bottigliera a tutt’altezza e scaffali circolari. Un esperto mixologist si avvicina al bancone di marmo e prepara un Martini alle persone sedute sugli sgabelli, vestite con abiti sgargianti che spiccano nella stanza dalle pareti scure, illuminata da luci soffuse. Sembra il trailer di un film, ma in realtà è una scena del tutto plausibile da quando, nel cuore della capitale ungherese, ha inaugurato il nuovo W Budapest. Indirizzo di ospitalità dal lusso informale, dallo spirito audace e allo stesso tempo sofisticato, ha aperto da pochi mesi di fronte al Palazzo dell’Opera di Budapest, con cui condivide diverse storie, raccontate tra le pareti della suite più incredibile di tutta la città. Per secoli il balletto è stato il cuore pulsante della scena culturale ungherese e, l’edificio che oggi ospita l’hotel gestito da Marriott International, ha accolto tra le sue mura l’Accademia del Balletto di Stato Ungherese. Nato come complesso per appartamenti di lusso con aree comuni al piano terra, il maestoso Palazzo Drechsler mantiene il suo fascino monumentale grazie a un’attenta opera di restauro. Gli interni del W Budapest celebrano questa particolare connessione con la danza, grazie a linee curve, luci che ricordano i fari puntati sui performer e tanti altri dettagli. L’estetica legata alle étoile di danza, viene ripresa anche nei colori delle 12 premium suite dell’hotel, che giocano su contrasti monocromatici e, in maniera ancora più evidente, nell’unica Extreme Wow Suite dal look total black, ispirato al cigno nero del balletto di Pëtr Il’ič Čajkovskij, “Il Lago dei Cigni”. Il colore scuro non è l’unico dettaglio audace del design. Appena varcato l’ingresso della suite presidenziale, si incontra infatti un bancone dalla forma circolare circondato da boiserie nere e pareti con carte da parati dalle finiture dorate. Raffigurate, ci sono diverse divinità greche intente a suonare strumenti musicali del passato e contemporanei, che richiamano gli affreschi del Palazzo dell’Opera. Qui, chi decide di prenotare la stanza per una o più notti, può approfittare della presenza di diversi spirits per prepararsi un ottimo drink, con tutti gli strumenti da mixologist professionista a sua disposizione. Continua a leggere sul sito


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GASTROCKNOMIA

“FATTE ‘NA PIZZA E IL MONDO TI SORRIDERÀ”, PAROLA DI PINO DANIELE di Giovanni Aragona

In questo episodio di GastROCKnomia vi raccontiamo del un brano storico “Fatte ‘na pizza” scritto e cantato da Pino Daniele e pubblicato nel 1993. Ci sono alimenti che piacciono quasi a tutti, ce ne sono altri particolarmente divisivi e taluni capaci di creare delle vere e proprie “scuole di pensiero”. L’unico alimento che metterà sempre d’accordo tutti è la pizza. Parliamo di un piatto che non solo si mangerebbe all’infinito, ma è alimento completo. Per chi scrive poi (e qui pioveranno critiche anche meritate), la pizza è: napoletana, araba, milanese, romana, pugliese e anche surgelata. La pizza è così apprezzata nel mondo che ogni Paese l’ha personalizzata cambiando forme, cotture, impasti e soprattutto gusti e condimenti, creando abbinamenti talvolta anche molto discutibili ma pur sempre interessanti. Rimarrete delusi però, la storia della pizza non inizia in Italia o a Napoli, ma già gli Egizi e gli Antichi Romani preparavano una sorta di pane schiacciato che, come si racconta nell’Eneide di Virgilio, usavano come “piatto commestibile” per posizionarci sopra altri alimenti. Il termine pizza ha inoltre un’etimologia latina e secondo molti studiosi risale al vocabolo pinsa ovvero ‘focaccia schiacciata’. Successivamente questo piatto si diffuse nel sud Italia, dove venne elaborato e reso molto più gustoso. Con l’avvento del pomodoro poi, nel 700′ nel Regno di Napoli, la pizza vede la sua definitiva genesi. Dovrà passare ancora un secolo, fino al 1889, per vedere nascere la pizza Margherita. In quell’anno il cuoco napoletano Raffaele Esposito fu incaricato di preparare delle pizze da offrire al Re d’Italia Umberto I e sua moglie la Regina Margherita di Savoia in visita a Napoli. In un wormhole temporale di poche battute andiamo velocemente al 2017, anno in cui la pizza vive la sua consacrazione più importante: è stata dichiarata come parte del patrimonio culturale dell’umanità dall’Unesco. Tanti artisti hanno elogiato la pizza, non potevamo non scrivere e ricordare l’indimenticabile Pino Daniele, autore della storica Fatte ‘na pizza, canzone scritta nel 1993 e parte dell’album Che Dio ti benedica pubblicato nel marzo 1993, e tredicesimo disco dell’artista napoletano nato nel 1955 e morto prematuramente nel 2015 a Roma in una gelida serata del 4 gennaio. La canzone non è solo cibo e sorrisi ma è da inquadrare in due chiavi differenti: Il testo Fatte ‘na Pizza concilia appunto due atteggiamenti opposti: da una parte l’impegno politico sociale (Mio caro presidente lei è uno buono ma non ci parli sempre di perdono …), dall’altra il disimpegno alla tarallucci e vino (Fatte ‘na pizza lievete ‘o sfizio …). Aveva ragione Ryan Reynolds: Anche le situazioni peggiori migliorano con una buona pizza. Alla prossima puntata.

Just working, working Just working, working, baby Just working, working Just working, working

Fatte ‘na pizza, lievete ‘o sfizio Mio caro presidente, lei è uno buono Ma non ci parli sempre di perdono E poi se c’è bisogno siamo presenti Parliamo piano ma coi sentimenti

Fatte ‘na pizza c’a pummarola ‘ncoppa Vedrai che il mondo poi ti sorriderà Fatte ‘na pizza e crescerai più forte Nessuno, nessuno più ti fermerà Fatte ‘na pizza, lievete ‘o sfizio

SOS alla nazione Adesso dateci una posizione SOS alla nazione Adesso dateci una soluzione

Mafia che brutta bestia e c’hai ragione Noi non vogliamo questa tradizione Dieta mediterranea e ti fa bene Ma a che ti serve se ti fai le pere?

Pizza, pizza margherita Se mangi con le mani poi ti lecchi le dita Pizza, pizza capricciosa Noi vogliamo solamente un’altra cosa

SOS alla nazione Adesso dateci una soluzione SOS alla nazione Adesso dateci una posizione

Che il mondo non diventi come un grande cesso Con questa filosofia cca’ nisciuno è fesso Cca’ nisciuno è fesso, cca’ nisciuno è fesso

Fatte ‘na pizza c’a pummarola ‘ncoppa Vedrai che il mondo poi ti sorriderà Fatte ‘na pizza e crescerai più forte Nessuno, nessuno più ti fermerà

One, two, one, two, three, four Grazie, grazie!


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COCKTAILS & DREAMS

VENEZIA NEL BICCHIERE di Carlo Carnevale

Lo Spritz e le “ombre”, i bàcari, i cocktail bar e gli alberghi di lusso: Venezia ha tanto da dire quando si tratta di bere di qualità Chi cerca buon bere miscelato in Italia, negli ultimi anni avrà senza dubbio messo Milano e Roma in cima alla lista delle possibili mete, con Firenze e Napoli che scalpitano e qualche chicca sparsa in giro per il territorio. Venezia rimane spesso vittima di se stessa: città monumento per eccellenza, stereotipata nell’idea di soffocante destinazione per turismo di massa e di conseguenza poco attenta alla qualità. Ebbene, la storia insegna tutt’altro. È a Venezia, tanto per dirne una, che si sublima il cocktail mediaticamente più forte dell’ultimo decennio: lo Spritz origina proprio nei dintorni della Laguna, in nebbiosi tempi durante i quali i reggimenti austriaci di stanza in regione tendevano ad allungare i vini locali con lo “spruzzo” di acqua. La versione contemporanea più celebre prevede l’Aperol e il prosecco, per quanto i veneziani veri prediligano spesso la variante territoriale con il Select, il liquore aperitivo creato dai Fratelli Pilla nel 1920 (si omette il seltz, si guarnisce con un’oliva). Qui, inoltre, alle spalle di Piazza San Marco, ha sede uno dei templi dell’ospitalità mondiale: l’Harry’s Bar, fondato da Giuseppe Cipriani nel 1931 e dedicato a uno studente statunitense che permise allo stesso Cipriani di avviare l’attività grazie a un cospicuo lascito. Tra i tavolini di legno e sotto il bassissimo soffitto, Cipriani (oggi divenuto vero e proprio marchio con diramazioni a Milano, Miami, Montecarlo, tra le altre) ha firmato alcuni dei classici della gastronomia italiana nel mondo: su tutti il carpaccio, e ancora più valido per noi, il Bellini, miscela di prosecco e purea di pesche. Ernest Hemingway soleva sostare qui e l’Harry’s Bar (peraltro patrimonio UNESCO) è più volte citato nel suo “Di là del fiume e tra gli alberi“. Continua a leggere sul sito


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https://guideespresso.it/wp-content/uploads/2023/09/SITO1-3.jpg GUERIDON E DINTORNI

ALFREDO BUONANNO: UN FISICO IN SALA PER PASSIONE di Alberto Cauzzi

I racconti e i ricordi di Alfredo Buonanno, Restaurant Manager e direttore di sala del Ristorante Krèsios di Telese Terme. Oggi parliamo con Alfredo Buonanno, Restaurant Manager e direttore di sala del Ristorante Krèsios di Telese Terme.

Caro Alfredo Buonanno, come hai iniziato questa professione e perché? La mia storia è quella di un adolescente che cercava una scusa, una copertura, per “far passare” il vino come oggetto di studio soprattutto nei confronti dei propri genitori. Ma è proprio tra le mura domestiche che, all’epoca inconsciamente, la curiosità e la simpatia nei confronti del vino prende forma: nonno Alfredo – carabiniere in pensione con la passione e la dedizione alla campagna- era famoso per la sua Falanghina e mi coinvolgeva dalla vendemmia ai lavori in cantina, passando per l’assaggio del mosto fino a quello del vino; mio padre invece – grossista di tutto ciò che si trova in un bar – era solito portare a casa il mensile Bargiornale e così, affascinato e incuriosito da quei signori in giacca bianca, ritratti dietro eleganti banconi di mogano che miscelavano alcolici e versavano Champagne, decisi di iscrivermi all’istituto alberghiero. Bacco – o chi per esso – mi ha assistito sin da subito e mi ha fatto incontrare persone meravigliose prima nel mondo della scuola e poi in quello del lavoro, quando, spaventato ma con tanta sete, ho mosso i primi passi in sala al Rossellinis, il ristorante fine dining di Palazzo Avino a Ravello. Da quel momento, quando ho avuto la possibilità di vedere all’opera una brigata di sala incredibile fatta da grandi persone prima che da ottimi professionisti, ho capito cosa significasse essere un cameriere. Ammiravo ognuno di loro adoperarsi fra i tavoli

e relazionarsi con gli ospiti: ormai ero sicuro, volevo diventare uno di loro. Il tuo bilancio di questi dieci di carriera qual è? Innanzi tutto che ho molti meno capelli che ora taglio quasi a zero, così sembra essere un look piuttosto che una necessità. Capelli a parte, sono davvero felice di come sono trascorsi questi anni: a settembre ho festeggiato nove primavere al Krèsios e qui, grazie alla fiducia (o forse è più giusto chiamarla incoscienza) dello chef Iannotti, ho avuto modo di costruire e modellare l’accoglienza, il servizio e quindi i vini secondo il mio credo; un credo basato sulla genuinità dei rapporti, prima con i colleghi e poi con gli ospiti i quali molto spesso sono le persone che frequento anche fuori dal lavoro, condividendo viaggi e altre passioni. Genuinità che oggi regna anche in cantina al Krèsios, dove la continua ricerca, concentrando l’attenzione soprattutto sugli artigiani, ha portato un cambio drastico e un’evoluzione in termini di riconoscibilità e consapevolezza che solo l’esperienza può offrire. Nel bilancio di questi anni e quindi nell’evoluzione personale e lavorativa, è importante che citi un’esperienza che mi ha segnato davvero tanto: un corso organizzato e costruito al Krèsios con due professionisti nell’ambito del public speaking che ha cambiato radicalmente l’approccio al tavolo ma in generale ai rapporti umani, la consapevolezza del nostro operato, risultando più incisivi e professionali. Continua a leggere sul sito



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TERRITORI A TAVOLA

di Matteo Calzaretta

PROVINCIA DI TRAPANI Viaggio nell’Italia dei sapori: cosa mangiare a Trapani e provincia, non solo per scoprire un territorio nel cuore del Belpaese, ricco di storia e di enorme valore enogastronomico. Dalle coste della Versilia, terra di Toscana ricca di tradizioni e storia, scivoliamo lungo lo Stivale sino a raggiungere la punta estrema della Sicilia che si affaccia sulle isole Egadi. Trapani e le sue coste viste dall’alto sono una perla unica, vanto per la nostra Italia: il bianco del sale caratterizza il panorama con lo sfondo blu cristallino del Mar Mediterraneo. Dal mare alle saline, dalle produzioni enologiche all’offerta turistica ed enogastronomica, ogni elemento di questa terra è un invito a scoprire le eccellenze di una provincia in cui il cibo e il vino sono la perfetta espressione di luoghi fortemente identitari riconoscibili anche, e soprattutto, dai prodotti. Mangiare a Trapani e dintorni è un’espereinza. La cucina fatta da piatti sia di mare che di terra, gustosi, autentici e prelibati, influenzati e contaminati dalla cultura araba. Un perfetto menù trapanese propone infatti ricette povere all’origine, ma apprezzate dai viaggiatori, perché si basano sulla qualità e l’unicità della materia prima come il tonno e il gambero rosso di Mazara del Vallo. Tra gli antipasti più tipici della cucina trapanese, abbiamo sicuramente la ficazza di tonno. Per la sua forma potrebbe ricordare un salame tradizionale, ma in realtà viene preparata con la carne dei tonni siciliani. Nel trapanese questo pesce viene definito maiale di mare, infatti, vengono utilizzate tutte le sue parti senza spreco, per poi essere condite con sale marino e pepe nero macinato e successivamente inserite in un budello di maiale. Il periodo di lavorazione è intorno ai mesi di maggio e giugno, cioè il periodo in cui i tonni arrivavano nel Mediterraneo a deporre le uova, venendo poi pescati nelle tonnare. Parlando sempre di tonno non bisogna dimenticare di assaggiare la sua bottarga. Questo antipasto d’eccellenza altro non è che la sacca contenente le uova di tonno salate, pressate ed essiccate. Dal gusto intenso e marino è un ingrediente molto apprezzato nella cucina. Il cous cocus di pesce alla trapanese e il cous cous trapanese con i broccoli sono dei primi piatti che bisogna mangiare a Trapani e che fondano le radici durante la dominazione sul Nord Africa dei Berberi, per poi essere diffusi dagli arabi. Si tratta di semola “incocciata”: un procedimento particolare che richiede tempo, pazienza e manualità e la cottura attraverso una particolare pentola chiamata cuscussiera. I granuli, che ricordano i granelli della sabbia del deserto, con poche gocce d’acqua, grazie al movimento rotatorio dei polpastrelli delle mani, si ingrandiscono e sono pronti per essere cucinati. Successivamente, il cous cous viene condito con verdure locali, in particolare i broccoli come da tradizione. Si può mangiare a Trapani il più famoso che è condito con un appetitoso brodo di pesce.

Un altro primo piatto tipico da mangiare a Trapani sono le busiate. Una pasta corta dalla caratteristica forma attorcigliata a spirale. L’impasto con sola acqua e semola viene arrotolato su un ferro da calza chiamato buso, ottenendo così un fusillo stretto e cavo al centro, ottimo per raccogliere il condimento. È una ricetta molto antica che nasce nei porti trapanesi, dove si fermavano le navi dei genovesi. La pasta viene condita assieme al pesce spada o con il pesto trapanese. Pesto a base di mandorle, basilico, olio e pomodoro. L’aglio è un ingrediente essenziale per questo condimento. Il migliore è l’aglio rosso di Nubia.

Non solo mangiare a Trapani e dintorni ma anche bere: nella provincia di Trapani troviamo eccellenti vini siciliani doc del consorzio, come la DOC Erice, prodotta dalle aziende del territorio che ne rappresentano l’amorevole culla, da cui hanno origine etichette pregiate in grado di rappresentare in pieno una filosofia enologica basata sulla sostenibilità e sulla contemporaneità. La denominazione Erice DOC comprende i vini rossi e bianchi provenienti dalla zona intorno all’antica città di Erice, un tempo una delle principali cittadelle medievali della provincia di Trapani. I vini di Erice hanno ricevuto il riconoscimento della DOC nell’ottobre 2004. L’uva Zibibbo svolge un ruolo importante in tutte le denominazioni della Sicilia, ma soprattutto qui, in quanto rappresenta il 95% nel vino Erice Moscato DOC. Continua a leggere sul sito


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ASSAGGI DI LUCE di Stefano Caffarri

Zanze XVI, La Via delle Spezie Lo ricorda quel XVI nella ragione sociale: la costola veneziana dello chef castellano Nicola Dinato è posto di ristoro da mezzo millennio qui alle Fondamenta dei Tolentini. Affidato oggi al giovanissimo ma con il petto fitto di mostrine Giovanni Rigoni racconta della Venezia delle Spezie, aristocratica e vanagloriosa, con una serie di composizioni brillate di folgorazioni, rinvenimenti e complicazionismi dissimulati al servizio di una espressione raffinata, non raramente appagante.

Acquerelle, Schie, finocchi di mare fritti in tempura con sakè, polvere di aceto e alloro, gel di cipolle in saor

Risotto alla cicoria, crema di mandorle e anguilla affumicata, umeboshi, mandarino miyagawa, foglia d’ostrica, salicornia, tartufi di mare, latticello di seppia

Agnolotti di agnellone, salsa di avena e lievito inattivo, burro al fieno affumicato, tucupi, olio alla paprika, polvere di prezzemolo, porcino spadellato, pimpinella.

Crostino con paté di fegati e cuore di piccione latti-fermentati

Piccione, pepe Tasmania, insalata con crema di canapa integrale, limone fermentato, capperi, fire tonic e barbabietola; Scarpetta vegetale


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Feed ‘n’ Food

Rosanna Marziale apre le porte di casa e con garbo ed eleganza sperimenta e propone ricette con diversi livelli di difficoltà.

A Napoli la pizza fritta è istituzione, Isabella De Cham sembrerebbe essere la migliore pizzaiola partenopea. Tra sorrisi e battute, il suo profilo vi strapperà più di una risata.

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Nonna Natalina è diventata famosa sui social grazie al nipote Luca, che ha messo in mostra la quotidianità della cucina di questa dolcissima nonnina.

Italiasquisita intreccia il culto dei grandi chef con le storie degli ingredienti e dei produttori italiani. Un cult del web.

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