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La dinasty dei Moretti Polegato

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Estate in vigna

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Sempre un passo avanti

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Dalle bollicine alle scarpe che respirano, i successi dei Moretti Polegato Geox e Villa Sandi sono ai primi posti in Italia nei rispettivi settori di attività

DI STEFANO FOSSATI

A “Crozeta”, come chiunque nella zona chiama Crocetta del Montello, 6mila anime in provincia di Treviso, ovunque ti guardi intorno vedi capannoni e fabbricati industriali: né più, né meno rispetto a tante altre cittadine venete protagoniste del boom delle piccole imprese nel secondo dopoguerra. Ma basta salire un po’ verso il Piave, sulle colline, e il panorama cambia radicalmente, con fabbriche e officine che lasciano il posto a sconfinati filari di viti. È in queste zone fra Valdobbiadene e Conegliano, patrimonio Unesco dal 2019, che si è compiuto il “miracolo del Prosecco”: risultato di quel mix di caparbietà, cultura enologica e amore per il territorio di un drappello di vignaioli che, nel giro di pochi decenni, hanno reso il “bollicine” veneto il vino spumante più venduto al mondo.

Le anime del territorio

Industria e vino: due anime di una delle regioni trainanti del Pil nazionale. Le stesse anime che hanno reso la famiglia Moretti Polegato fra le più conosciute rappresentanti del “made in Veneto” a livello globale. Sì, perché c’è il vino alla base anche della storia di Mario Moretti Polegato, il 17mo uomo più ricco d’Italia secondo Forbes, patron e artefice di quella Geox che da almeno un ventennio è simbolo di moda e innovazione, di creatività e capacità industriale del Nord-Est. Ben prima degli occhiali bicolore, della “scarpa che respira”, dell’amicizia con Steve Forbes e dei meeting di Cernobbio o Davos. Una storia che inizia il 16 agosto 1952, quando Mario nacque a Crocetta in una famiglia lontanissima dal mondo della moda e delle calzature: il padre Divo e lo zio Vittorino erano a capo della Vinicola Fratelli Polegato, dopo avere ampliato l’impresa avviata negli anni ‘20 dal nonno Mario con l’acquisto di alcuni vigneti. La strada, per Mario jr., sembrava a senso unico: “Mia madre raccontava che, ancora nella culla, mio padre mi bagnò le labbra e disse ‘tu sarai il futuro cantiniere’”, racconta nelle interviste.

Direzioni differenti

Negli anni ‘70 le attività dei fratelli Polegato si separarono: Vittorino – scomparso nel 2014 – fondò la Astoria, poi divenuta uno dei più importanti marchi del Prosecco (oggi in mano al figlio Paolo, che lo scorso anno ha rilevato la quota del fratello Giorgio), mentre Divo proseguì con la moglie Amalia Moretti e i figli Mario - dopo gli studi in enologia e la laurea in Giurisprudenza a Ferrara - e Giancarlo, classe 1957, destinato per formazione a occuparsi della gestione finanziaria. Fino a quel tragico giorno di agosto del 1979, quando Divo morì in un incidente stradale.

Successione in famiglia

Un duro colpo, al quale tuttavia Amalia reagì con caparbietà e tempra d’acciaio, subentrando al marito sia nella gestione dell’attività vinicola sia nella funzione di guida per i figli che avrebbe spinto sempre a guardare avanti, a investire, a credere nelle proprie capacità. Una figura fondamentale, nella crescita di Mario e Giancarlo, che non a caso, qualche anno dopo, chiesero e ottennero per decreto di affiancare il cognome materno a quello del padre. A Crocetta sono in molti a ricordare che, fino a pochi anni fa (Amalia è morta nel 2018 a 91 anni) non ci fosse decisione importante

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Negli anni Settanta le attività dei fratelli Mario e Vittorino hanno preso strade diverse, seguendo ciascuno le proprie inclinazioni

Da sinistra: Mario e Giancarlo Moretti Polegato.

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sulla quale i suoi “ragazzi” non le chiedessero un parere.

L’intuizione

Di lì a poco venne acquisita Villa Sandi, edificio palladiano del 1622 che diventò sede e simbolo dell’azienda. Sotto la spinta della madre, i due fratelli iniziarono a puntare sull’export, a fare conoscere il Prosecco fuori dal Veneto e dall’Italia, studiarono il metodo classico nella regione dello Champagne per diversificare la produzione. Ma intanto Mario lavorava anche su un’idea che, con il vino e le bollicine, c’entrava poco o nulla. Ma che senza il vino, con ogni probabilità, non avrebbe mai avuto. La storia è nota: “spedito” qualche anno prima dal padre a presentare i vini dell’azienda in una fiera in Nevada, dopo gli incontri con i clienti decise di fare un’escursione nel deserto. Faceva caldo, molto caldo, ne risentivano soprattutto i piedi “prigionieri” in un paio di scarpe da ginnastica con la suola in gomma. “Presi un coltellino e feci un buco nelle suole, ricavando una sorta di ventilazione”, ricorda Mario Moretti Polegato. Semplice, eppure funzionava. Restava il problema di come evitare che acqua e polvere entrassero nelle scarpe dai fori per la ventilazione. Così, tra una vendemmia e una vinificazione, Mario tornò negli Stati Uniti per studiare una membrana utilizzata dalla Nasa, impermeabile ma allo stesso tempo traspirante.

La scelta di mettersi in proprio

Convinto di avere in mano una soluzione rivoluzionaria, il giovane Polegato la brevettò e, per tre anni, girò Italia, Germania e Stati Uniti per proporla alle più importanti aziende del settore. Senza riscontrare alcun interesse. Chi sarà mai questo vignaiolo trevigiano – avrà pensato qualche manager delle multinazionali del footwear – che viene a insegnarci come non fare sudare i piedi dei nostri clienti? La risposta l’avrebbe avuta qualche

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Enrico Moretti Polegato

anno più tardi. Perché, piuttosto che cestinare un’idea che riteneva vincente, Mario a poco più di quarant’anni decise di mollare i vigneti e di mettersi in gioco, facendo da solo le “sue” scarpe. A Montebelluna, una manciata di chilometri da “Crozeta”, fondò nel 1995 Geox (da “Geos”, “terra” in greco antico, con la “X” finale a simboleggiare la tecnologia), prese

a bordo cinque giovani manager

freschi di formazione e li convinse a buttarsi in un’impresa che sembrava senza speranza. Perché un conto è fare buchi nelle suole e renderli impermeabili con la membrana, un altro è produrre calzature basate su questa idea e venderle: i piedi al fresco non bastavano, le scarpe dovevano anche essere alla moda, distribuite nei negozi giusti, con un marchio riconoscibile… Ma Moretti Polegato aveva dalla sua determinazione, passione, l’immancabile sprono materno e la possibilità di investire qualche risorsa di tasca propria, oltre alla capacità di circondarsi dei collaboratori giusti. La crescita, di lì a poco, fu travolgente. Sulla scia dello slogan “La scarpa che respira”, Geox è oggi il terzo gruppo calzaturiero italiano, con un fatturato che nel 2021 ha sfiorato i 609 milioni di euro, il 70% dei quali provenienti dall’estero grazie a una presenza in oltre 100 paesi. Ma non è solo questione di marketing, anzi: dietro il successo ci sono i continui investimenti in ricerca e sviluppo, motore della costante evoluzione della produzione e dell’espansione nel settore dell’abbigliamento casual. Sempre impermeabile e traspirante, grazie ai brevetti di proprietà che oggi sono ben 61, escludendo i cinque in attesa di approvazione.

Vocazione per l’innovazione

Nel 2004 l’azienda sbarcò in Borsa, anche se il 71% resta blindato in capo alla finanziaria di famiglia, la Lir, controllata all’85% da Mario e al 15% dal figlio Enrico: la “cassaforte” attraverso la quale diversificare gli investimenti, dall’immobiliare (con la controllata Domicapital)

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alle energie rinnovabili, ma anche espandere l’impero nel calzaturiero, dando spazio appunto alla quarta generazione. Nel 2009 venne infatti acquisita Diadora, storica azienda della scarpa sportiva nel pieno di una fase difficile: Enrico Moretti Polegato, laurea in Giurisprudenza appesa dietro alla scrivania e tanta voglia di scalzarsi di dosso l’etichetta di “figlio di”, ne prese in mano le redini non ancora trentenne (è nato nel 1981). E vinse la sua sfida: in meno di dieci anni i lavoratori passarono da 50 a oltre 200 e nel 2021 il fatturato consolidato ha raggiunto i 166 milioni di euro. D’altra parte, la capacità di far crescere le aziende è un “vizio” di famiglia. A Crocetta, Giancarlo Moretti Polegato, quello che avrebbe dovuto essere l’uomo dei conti e dei bilanci, ha continuato a guidare Villa Sandi portandola a collocarsi fra le prime cantine private italiane: 121 milioni di fatturato nel 2021, con una crescita del 33 per cento rispetto all’anno precedente a fronte di un +20% di volumi commercializzati nello stesso periodo, a testimoniare un incremento non solo delle vendite ma anche, e ancora di più, del valore della produzione. Il segreto? Sempre quello: avere scelto di investire per restare al top, con l’acquisizione di ulteriori cantine e il rinnovamento degli impianti produttivi ma anche delle fonti di approvvigionamento energetico. Asset che valgono oro, in un momento di costi alle stelle per energia e materie prime. E puntando ancora sull’innovazione di prodotto, con il lancio di una linea di cosmesi e non solo. Perché anche il Prosecco, così come le scarpe, può essere “fashion”. Prendiamo il Rosé, novità giunta sul mercato da un paio di anni in forma di Doc grazie alla variazione del disciplinare di produzione, di cui Villa Sandi è stata fra i principali promotori nell’ambito del Consorzio. Anche qui, con il contributo della quarta generazione rappresentata da Diva, giovane figlia di Giancarlo entrata in azienda come brand ambassador già all’età di 16 anni. In attesa di fare spazio anche al fratello minore Leonardo. Perché “essere avanti”, in casa Moretti Polegato, è una questione di Dna, non importa che si tratti di sneaker, di giacche o di bollicine.

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