Forbes 79

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CONSULENTI DIGITALI

UNDER 30 A REGOLA D'ARTE WOMEN STORIES, PASSIONI IN VOLO USA VS CINA, SFIDA SULL'ACQUA NELLA PROVINCIA DEI LUNA PARK MAGGIO, 2024 INCHIESTA L'ERA DEL MANAGER CASALINGO Billionaires 2024 I più ricchi d'Italia e del mondo COVER STORY
PAOLO DI GRAZIA, VICE DIRETTORE GENERALE E RESPONSABILE GLOBALBUSINESS DI FINECOBANK Italia 4,90 euroCH CT 11,90 ChfCôte d’Azur 13,90 euroAnno 8N° 79maggio 2024Periodicità: mensilePrima immissione: 10/05/2024 MensilePoste Italiane SpaSpedizione in abbonamento postale D. L. 353/2003 (conv in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comma 1 LO/MI

IN SIDE

42 | La via della consulenza passa dalla tecnologia Innovazione. È il filo conduttore che ha guidato Fineco dalla sua nascita. Ma ora la scommessa è quella di far crescere la cultura finanziaria per dare migliori servizi alla clientela. Paolo Di Grazia, vice direttore generale e responsabile global business, racconta a Forbes i progetti della società.

FORBES.IT MAGGIO, 2024
maggio, 2024 Volume 79 5

A pagina 22 la mappa dei miliardari in giro per il mondo

11 | La nuova frontiera della carta digitale

Alessandro Mauro Rossi

12 | Alta fedeltà

Andrea Giacobino

14 | L’insostenibile leggerezza del digitale

Giovanni Iozzia

16 | Greenwashing all’europea Ugo Mattei

FRONTRUNNER

19 | Un club esclusivo

22 | Miliardari in giro per il mondo

24 | Più ricchi che mai

28 | Star d’oro

30 | La riscossa degli oligarchi Matteo Novarini

32 | Eccellenza emiliana

34 | In alto i calici

36 | Ascesa da record

Massimiliano Carrà

37 | Passione ad alta quota

Roberta Maddalena

38 | Il meglio del design

NEWS

39 | Innovation people Giovanni Iozzia

40 | Social responsibility Enzo Argante

41 | Space news Emilio Cozzi

COVER STORY

42 | La via della consulenza passa dalla tecnologia Alessandro Mauro Rossi

THE INVESTIGATION

48 | L’era del manager casalingo Tommaso Carboni

52 | Sfida sull’acqua Cosimo Maria Palleschi

54 | Accelerazione spaziale Emilio Cozzi e Matteo Marini

CONTRARIAN

57 | Disegnatori di sogni Massimiliano Carrà

60 | Verso il welfare di precisione Enzo Argante

BEST IN CLASS

63 | Un racconto lungo 50 anni Matteo Chiamenti

66 | A prova di imprevisto Francesca Vercesi

68 | Una valida alternativa Francesca Vercesi

70 | Oltre l’auto Danilo D’Aleo

72 | Grandi speranze Lavinia Desi

74 | La creatività del dna Lavinia Desi

Hong Kong 67 Stati Uniti 813 Brasile 69 Regno Unito 55 Germania 132 Russia 120 India 200 Cina 406 Canada 67 Italia 73 MAGGIO, 2024 FORBES.IT 6
DRAGON FIRE TOUR-PP-03-24 FLYING TOURBILLON

UNDER 30

76 | Arte al potere

a cura di Roberta Maddalena

REAL ESTATE

87 | Nella rete del lusso

Rolando Lima

90 | Il secondo Rinascimento

Penelope Vaglini

92 | Voglia di prosperità

Danilo D’Aleo

94 | La mia casa

Maurizio Abbati

96 | Restauri di valore

Marco Gemelli

97 | Transizione gemella

Attilio Nucetti

98 | Un piano per Dubai

Elisa Serafini

99 | Costruttori di futuro

Matteo Borgogno

100 | L’immobiliare verde

Matteo Borgogno

GOOD STORIES

103 | Umanesimo tecnologico

Elisa Serafini

106 | Energia da vendere

Alessandro Dall’Onda

108 | Una finestra sull’innovazione

Ettore Mieli

110 | Battaglia contro il rischio

Andrea Celesti

112 | Nuove frontiere

Maurizio Abbati

114 | Guidare il cambiamento

Agostino Desideri

116 | Il money manager delle star

Alessandro Dall’Onda

BRANDVOICE con Seven Holding

118 | Dove va la salute

141

FINANCIAL SERVICE

121 | 40 anni di evoluzione

Primo Marzoratti

124 | A tutto tech

Francesca Vercesi

125 | La sicurezza al primo posto

Francesca Vercesi

BRANDVOICE con Edenred

126 | Il buono che vale

SPECIALE CHARITY

129 | Al fianco dei più fragili

Enzo Argante

132 | Percorsi virtuosi

Matteo Calzaretta

133 | I professionisti del domani

Agostino Desideri

134 | La strada giusta

Lavinia Desi

SMALL GIANTS

A cura di Piera Anna Franini

137 | La provincia dei luna park

DESIGN

A cura di Valentina Lonati

141 | Operazione rilancio

146 | L’arte del saper fare

147 | L’architetto inventore

FORBES LIFE

149 | Pronti, partenza, via!

Alessia Bellan

152 | Divulgatore di bellezza

Valentina Lonati

154 | Forbes trends

Marco Gemelli

155 | Forbes design

Valentina Lonati

156 | Forbes tech

Gabriele Di Matteo

157 | Forbes cars

Serena Cappelletti

LIVING

159 | Milano Alessia Bellan

160 | Roma Mara Cella

161 | New York Aka Sarabeth

162 | Pensieri e parole Disuguaglianza

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FORBES.IT
MAGGIO, 2024
SISTEMA DI SEDUTE DYLAN | DESIGN RODOLFO DORDONI DIVANO RAPHAEL | DESIGN GAMFRATESI DISCOVER MORE AT MINOTTI.COM/DYLAN

MAGGIO, 2024 | VOLUME 79

Mensile registrato presso il Tribunale di Milano al n°260 del 7 settembre 2017

CASA EDITRICE

BFC Media Spa

Via Melchiorre Gioia, 55 - 20124 Milano

Tel. (+39) 02.30.32.11.1 - Fax (+39) 02.30.32.11.80 info@bfcmedia.com-redazione@bfcmedia.com

BFC MEDIA SPA editore

MAURIZIO MILAN Presidente

NICOLA FORMICHELLA Amministratore delegato

ALESSANDRO MAURO ROSSI Direttore responsabile

Strategy editor: Andrea Giacobino

Managing editor: Daniel Settembre

WRITERS

Massimiliano Carrà, Andrea Celesti, Matteo Chiamenti, Carola Desimio, Roberta Maddalena, Matteo Novarini, Edoardo Prallini, Matteo Rigamonti, Matteo Sportelli

SPECIAL CONTRIBUTORS

Smart mobility: Giovanni Iozzia

Lifestyle: Susanna Tanzi

Technology: Gabriele Di Matteo

Space economy: Emilio Cozzi

Responsibility: Enzo Argante

Contributors: Alessia Bellan, Matteo Calzaretta, Serena Cappelletti, Tommaso Carboni, Mara Cella, Danilo D’Aleo, Alessandro Dall’Onda, Anna Della Rovere, Lavinia Desi, Agostino Desideri, Fabiola Fiorentino, Piera Anna Franini, Rolando Lima, Valentina Lonati, Primo Marzoratti, Ugo Mattei, Ettore Mieli, Attilio Nucetti, Cosimo Maria Palleschi, Aka Sarabeth, Elisa Serafini, Penelope Vaglini, Francesca Vercesi

Grafica: Filippo Scaglia, Patrizia Terragni

Stampa: Rotolito S.p.A. - Via Bergamo 7/9 - 20063 Cernusco sul Naviglio (Milano)

Distribuzione Italia e estero: Press - Di Distribuzione stampa e multimedia srl - via Bianca di Savoia, 12 - 20122 Milano

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Direct Channel Spa - via Mondadori, 1 - 20090 Segrate (Milano) – Tel. 02 49572012 abbonamenti.bfc@pressdi.it

Il costo di ciascun arretrato è di 8,00 euro

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Direttore commerciale: Michele Belingheri - belingheri@bfcmedia.com

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Events & Award director: Fabio Wilhelm Invidia

Digital specialist: Giovanni Aragona - aragona@bfcmedia.com

FORBES GLOBAL MEDIA HOLDINGS INC.

Steve Forbes chairman and editor-in-chief

Michael Federle president & ceo

Randall Lane chief content officer

Alicia Hallett-Chan design director

Katya Soldak editorial director, international editions

Peter C.Hung president, licensing and branded ventures

Matthew Muszala president, licensing & branded ventures

MariaRosa Cartolano general counsel

Nikki Koval vice president & assistant general counsel

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FORBES ITALIA is published by BFC Media S.p.A. under a license agreement with Forbes Media LLC, 499 Washington Blvd. Jersey City, NJ 07310.

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FORBES ITALIA (ISSN 2532-9588) è pubblicato da BFC Media S.p.A. con accordo di licenza di Forbes Media LLC, 499 Washington Blvd. Jersey City, NJ 07310.

“FORBES” è un marchio su licenza di FORBES LLC”.

Founded in 1917

B.C. Forbes, Editor-in-Chief (1917-54)

Malcolm S. Forbes, Editor-in-Chief (1954-90) James W. Michaels, Editor (1961-99) William Baldwin, Editor (1999-2010)

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Top selection

PEOPLE IN FOCUS

Quattro personaggi sotto i riflettori, scelti dal direttore di Forbes Italia

ALBIERA ANTINORI

Ventisei generazioni dopo, Albiera Antinori (premiata al Vinitaly da Forbes) continua nel percorso di crescita e innovazione del gruppo vinicolo tra i più iconici al mondo. Mentre il Tignanello compie 50 anni, scommette su Poggio alle nane, un rosso di grandi prospettive.

ALESSANDRO MICHELE

L’ex direttore creativo di Gucci, passato nello stesso ruolo a Valentino, ha dato un contributo al fashion system che va oltre il lavoro di stilista, con i suoi richiami a musica e pittura. Debutto in settembre con la nuova casacca e l’impegno a stupire ancora.

STEFANIA BOSCHETTI

Appena nominata presidente di Ey, prima presidente donna della società di consulenza. Ha lavorato in diverse linee di business della practice italiana (assurance, strategy and transactions e consulting) assistendo clienti internazionali in numerosi settori.

ANDREA PIGNATARO

La seconda persona più ricca d’Italia ha costruito la sua fortuna sulla vendita di dati e informazioni. È nato nel 1970 a Bologna e lì si è laureato in economia. Poi è andato a Londra, dove ha iniziato a lavorare in Salomon Brothers.

10 FORBES.IT MAGGIO, 2024
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La nuova frontiera della carta digitale

AAndando avanti a sfogliare le pagine di questo numero 79 di Forbes, troverete alcuni cambiamenti, a cominciare da un’impaginazione più nitida e razionale, che possono sembrare unicamente di natura grafica, invece hanno un significato recondito editoriale e contenutistico. Intanto troverete molti articoli corredati da numeri e schede che aiutano e facilitano la lettura sintetizzando la vita degli intervistati o magari racchiudendo in poche cifre record e soddisfazioni dell’azienda di cui si parla. Ma soprattutto troverete sempre più spesso QR Code e rinvii al sito Forbes.it se non ai canali tematici di Forbes.it che ad oggi sono Classifiche, Small Giants, Food&Beverage, Tech, Lifestyle e Design. A questi, dai primi di maggio si è aggiunto anche il canale Professionals dedicato a commercialisti e avvocati d’affari, al loro incontro con il mondo delle aziende come solo Forbes sa fare. Altri se ne aggiungeranno ancora e sempre di più le pagine di carta rinvieranno all’approfondimento nelle pagine digitali del sito Forbes.it. Il legame tra carta, eventi e nuovi strumenti digitali, è inevitabile se una casa editrice vuole fare il suo lavoro salvaguardando gli interessi dei lettori e garantendosi la propria esistenza in vita. Quello in atto nel mondo dei media, ricorda paradossalmente l’asteroide che sconvolse l’era dei dinosauri sulla terra: non sono sopravvissuti i più forti, ma quelli che si sono saputi adeguare. Così, il giornale di carta puro e semplice, seppur denso di contenuti di qualità, potrà resistere nel nuovo ordine mondiale dei media, però sarà confinato in una nicchia, magari con aria sufficiente a sopravvivere ma non a svilupparsi, non a espandersi. Tanto meno a riprodursi. La

televisione tradizionale generalista, il nuovo focolare che ha unito l’Italia dagli anni 60 del secolo scorso in poi, è in declino: vincono i contenuti specializzati, consumabili a richiesta, possibilmente su device diversi da quello che fu il tubo catodico appostato in salotto. Nessuno ha più tempo di fermarsi a guardare, di rilassarsi incrociando le gambe, la società impone ritmi infermali per il consumo dell’informazione ma anche del divertimento. Un film si guarda sempre meno al cinema o in tv con gli amici, ma si consuma sempre più spesso in treno o addirittura in auto, dove si ascolta il podcast tematizzato che va pian piano prendendo il posto della radio. E i siti internet, la nuova frontiera dell’informazione? Sfiancati anche quelli. Ormai solo un’esigua minoranza di internauti va a cercare direttamente le informazioni sui siti. Ci si arriva prevalentemente dai social, il nuovo pozzo da dove si attinge ogni genere di notizia buona o cattiva, vera o falsa, poco importa. I social macinano, digeriscono e rimettono in circolazione di tutto, senza intermediazione, senza nessuna garanzia per chi legge che qualcuno si prenda la faticosa briga di controllare la veridicità di quello che circola in rete.

Per questo il giornalismo pulito, quello delle verifiche alla fonte, è destinato a non tramontare. A patto però che sappia trovare il giusto equilibrio con i nuovi mezzi digitali e con gli eventi fisici, in un gioco continuo di incroci e di rimandi. Perché c’è bisogno di avere a disposizione più strumenti d’informazione per sapere di più, ma anche per offrire servizi. La gente ha voglia di incontrarsi, di parlare, di conoscersi, di ascoltare storie e proposte ma soprattutto di poter interagire. Il futuro dell’informazione è nelle mani di chi saprà usare la carta digitale, per dare autorevolezza, rapidità e interazione. Forbes Italia ha scelto questa via. F

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UNDER 30 A REGOLA D'ARTE WOMEN STORIES, PASSIONI IN VOLO USA VS CINA, SFIDA SULL'ACQUA NELLA PROVINCIA DEI LUNA PARK MAGGIO, 2024 INCHIESTA L'ERA DEL MANAGER CASALINGO
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COVER STORY CONSULENTI DIGITALI PAOLO DI GRAZIA, VICEDIRETTOREGENERALE ERESPONSABILEGLOBALBUSINESSDIFINECOBANK Italia 4,90 euro CH CT 11,90 Chf Côte d’Azur 13,90 euro Anno N° 79 maggio 2024 Periodicità: mensile Prima immissione: 10/05/2024 Mensile Poste Italiane Spa Spedizione in abbonamento postale D. L. 353/2003 (conv in L. 27/02/2004 n. 46) Art. comma LO/MI
Billionaires 2024
più ricchi d'Italia e del mondo

Alta fedeltà

Riccardo Mulone è in Ubs da 25 anni e nell’ufficio milanese da 20. Ha gestito più di 100 transazioni, per un controvalore di oltre 300 miliardi di dollari. E ha mantenuto un legame forte con la sua Sicilia, dove torna per sostenere l’azienda vinicola della moglie e per confrontarsi con gli universitari

Riccardo Mulone, catanese, 51 anni, sposato con Sonia, con cui ha tre figli, nel panorama dei grandi banchieri d’affari italiani è sicuramente un unicum: dal 1999 non ha mai cambiato casacca. Prima aveva lavorato per tre anni in Arthur Andersen, nei dipartimenti di audit e corporate finance, e in precedenza nel dipartimento private equity di Sopaf. Venticinque anni fa ha varcato per la prima volta la soglia di un ufficio di Ubs e da allora lo ha fatto tutti i giorni. Prima a Londra, lavorando nei team di m&a, leverage finance ed equity corporate finance, e poi a Milano, dove è arrivato circa 20 anni fa. Oggi è country head di Ubs in Italia ed è anche direttamente responsabile dell’investment banking. In questi anni Mulone ha gestito oltre 100 transazioni, per un controvalore superiore ai 300 miliardi di dollari. Tra le più recenti: Unipol/ UnipolSai (2024, 1,1 miliardi di euro), Mef (ministero dell’Economia e delle finanze) & Kkr/Tim NetCo (2023, 22 miliardi di euro) e Dufry/Autogrill (2023, 14 miliardi di franchi svizzeri). Senza dimenticare che con il suo team è stato a novembre, ancora a fianco del Mef, nella vendita del 25% del Monte dei Paschi di Siena tramite un accelerated book building, consentendo allo stato azionista di incassare 920 milioni di euro, in un’operazione che lui stesso ha definito “incredibile”. Chi lo conosce lo definisce come un banchiere molto attento alle esigenze di natura industriale e che interpreta il suo ruolo con una missione: creare le mi -

Secondo il banchiere, la finanza deve essere al servizio dell’industria, non viceversa. Questo approccio gli è valso anche l’apprezzamento di persone come
Sergio Marchionne ed Ermenegildo Zegna

gliori condizioni affinché le aziende italiane siano in grado di competere da campioni nel panorama internazionale. In una rara intervista ha dichiarato: “Bisogna puntare su aggregazioni che creino valore strategico e industriale, aiutando le nostre aziende a posizionarsi su prodotti e servizi ad alto valore aggiunto”. Questo suo approccio, in cui la finanza deve essere messa al servizio dell’industria e non viceversa, gli vale la stima dei suoi clienti, che lo apprezzano anche per la sua capacità di stare lontano dai riflettori. Due nomi su tutti: Sergio Marchionne ed Ermenegildo ‘Gildo’ Zegna. Con il primo Mulone ha costruito una relazione non solo professionale, ma soprattutto umana, passando dall’acquisizione di Chrysler da parte di Fca negli Stati Uniti e dalla quotazione a Wall Street di Ferrari. Due momenti che hanno cambiato il profilo di Fiat. Con Gildo Zegna ha una relazione di lunga data, che è nata con l’acquisizione del gruppo del lusso di Biella del brand statunitense Thom Browne ed è proseguita con la quotazione alla borsa di New York e con l’acquisto di Tom Ford Fashion. Tanto che oggi Mulone siede anche nel board della holding della famiglia Zegna, la Monterubello. La fedeltà che ha nei confronti di Ubs la dimostra anche nei confronti della sua terra natale, la Sicilia. Orgoglioso delle sue radici, Mulone non perde occasione di supportare nel tempo libero la moglie Sonia, imprenditrice vinicola, fondatrice di Santa Maria La Nave. Quella della moglie è una boutique

12 FINANCIAL PICTURE FORBES.IT MAGGIO, 2024

winery nata per preservare e valorizzare la biodiversità del territorio dell’Etna. Mulone, consapevole delle difficoltà che le nuove generazioni devono affrontare per entrare nel mondo del lavoro, dedica parte del tempo libero al confronto con i giovani sia alla Bocconi, sia all’Università di Catania, ateneo nel quale ha studiato. In un’intervista ha dichiarato: “Come diceva Marchionne, parlare ai giovani e dare loro consigli è tra le cose più complesse, perché si tende a generalizzare. Ogni persona ha, invece, una propria storia che la rende unica. Per questo motivo mi limito a dire che, a prescindere dal tipo di carriera che si

vuole intraprendere, occorre avere sempre, durante tutto il percorso professionale, sia una grande passione per quello che si fa, sia una costante fame di conoscenza, sia coraggio nel cercare di uscire sempre da schemi consolidati”. Nella scorsa primavera il banchiere ha costituito la sua holding Lifestar e ha investito in due veicoli di The Equity Club, il club deal promosso da Mediobanca. Ma lui continuerà a fare l’investment banker e prevede che il 2024 sarà ancora un anno di buoni affari, che dovranno però essere selezionati attentamente e con mano “artigianale”. Proprio come la sua. F

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Riccardo Mulone

L’insostenibile leggerezza del digitale

Il web ci sembra virtuale, immateriale, e quindi ecologico. Invece, se fosse un paese, sarebbe il quarto al mondo per inquinamento. In futuro consumerà sempre di più. Il compito di frenare la deriva spetta non solo alle aziende, ma anche ai singoli

Se fosse un romanzo, il titolo potrebbe essere L’insostenibile leggerezza del digitale, con questo incipit: “Tutti credevamo che il Digitale (qui con la D maiuscola perché è il protagonista, ndr) fosse virtuale e virtuoso, addirittura indispensabile per far diventare anche gli altri migliori, e invece abbiamo scoperto che anche lui non è pulito”. Per capire quanto, al di là di ogni gioco paraletterario, basta un’immagine del Global Carbon Project, il progetto di ricerca sulla sostenibilità promosso dal network internazionale di scienziati Future Earth: se il web fosse una nazione, sarebbe la terza per consumo di energia elettrica e la quarta per inquinamento, dopo Cina, Stati Uniti e India. Altro che abilitatore della sostenibilità, dicono adesso in molti: l’industria digitale, come tutte le altre, ha un problema di impronta ambientale, anche se meno evidente.

“Molti ancora si stupiscono nello scoprire che la questione ecologica riguarda anche l’universo digitale, ritenuto intrinsecamente pulito in quanto virtuale, impalpabile, apparentemente immateriale. Transizione ecologica e transizione digitale non sono equivalenti”, avverte Giovanna Sissa, autrice di un libro che si intitola Emissioni segrete, recentemente pubblicato da il Mulino. Sissa ha studiato fisica, poi il phd in informatica e ora insegna sostenibilità ambientale dell’Ict alla scuola di dottorato di Genova. Una materia sempre più dibattuta la sostenibilità delle tecnologie digitali, che sono fatte di prodotti fisici, infrastrutture importanti, software sempre più potenti che per funzionare consumano molta energia.

“Che cosa possiamo fare? Usare i servizi digitali che ci sono davvero utili e non farlo solo perché sono gratuiti, anche se non ci servono”

C’è un tabù da infrangere, suggerisce Sissa: il digitale che, con i suoi bit e la sua immaterialità, per esistere ha bisogno di cavi, circuiti, calcolatori potentissimi, memorie, apparecchiature varie e dispositivi individuali. E tutto questo deve essere costruito, trasportato, alimentato, dismesso e smaltito. Qual è il punto di questo ciclo dove vengono prodotte più emissioni? “La produzione dei microprocessori, un’industria complessa, che richiede produzioni raffinate”. Quei microprocessori su cui si investe sempre di più perché sono i neuroni dell’intelligenza artificiale, protagonista di una nuova rivoluzione che si porta dietro un bel carico di CO2. Nel 2023 la potenza consumata a causa dell’IA è stata pari a 4,3 GW, cioè la stessa di un paese come Cipro, con quasi 1,2 milioni di abitanti. Le previsioni di Schneider Elettrica, che ha condotto la ricerca, dicono che entro il 2028 l’AI brucerà una quota tra i 13,5 e i 20 GW. Un esempio ancora più specifico: una gpu (la scheda grafica che permette di fare calcoli velocemente) venduta da Nvidia nel 2020 consumava fino a 400 watt, due anni dopo un nuovo modello quasi il doppio (700 watt).

Poi ci sono data center, blockchain e criptovalute, cloud: tutte tecnologie straordinariamente energivore. Qualche numero: l’1% della domanda globale di energia elettrica è assorbita dai data center, i cuori del mondo digitale, e un solo server può produrre tra una e cinque tonnellate di CO2 l’anno. Per estrarre (fare mining, in gergo) criptovalute si consuma tanta elettricità quanta la Nuova Zelanda in un anno. E via consumando e inquinando.

14 FORBES.IT MAGGIO, 2024
di Giovanni Iozzia

I dati sono instabili, a volte contraddittori, ma indicano tutti la stessa direzione: il costo ambientale del digitale è destinato a crescere parallelamente alla sua diffusione nella nostra vita, dal lavoro al tempo libero. La rivoluzione digitale, un tempo vissuta come la soluzione per un futuro sostenibile, rivela ora la sua doppia faccia: fonte inesauribile di innovazione, certo, ma anche occasione per consumare risorse e produrre rifiuti. Secondo alcune proiezioni, nel mondo entro il 2030 ci saranno quasi 75 milioni di tonnellate di rottami elettronici.

La questione riguarda i comportamenti di tutti: chi avrebbe mai pensato che gesti quotidiani come inviare una mail o sfogliare pagine web potessero avere un impatto sull’inquinamento globale? Eppure, la nostra vita digitale, come quella nel mondo fisico, lascia una scia di CO2: oggi è stimata attorno al 4% del totale (compreso l’uso della tv) e potrebbe raddoppiare già entro il prossimo anno. Frenare questa deriva è soprattutto responsabilità delle aziende - a partire dei colossi digitali -, ma anche di tutti noi che magari ci preoccupiamo della spazzatura nei parchi o negli oceani, ma assai meno della quantità di video che scarichiamo o delle mail che inviamo.

Il digitale consuma tanta energia: la linea comune delle tech company è aumentare la quota di rinnovabili fino ad arrivare al 100% per mitigare l’impatto ambientale delle loro attività. Microsoft si è impegnata a raggiungere questo obiettivo per i suoi data center entro il 2025, Amazon ha recentemente investito in 6,5 GW energia eolica e solare e Google punta

700

Il consumo in watt di una gpu di Nvidia nel 2022. Nel 2020 era 400 watt

1%

La quota della domanda globale di energia elettrica assorbita dai data center

75

I milioni di tonnellate di rottami elettronici nel mondo nel 2030

4%

La quota di emissioni di CO2 riconducibile alla nostra vita digitale

a eliminare completamente l’uso di energia da combustibili fossili entro il 2030. Ma questo è solo una parte del problema. “L’impostazione hi-tech nell’informatica non si è mai posta l’obiettivo di ridurre le emissioni”, ricorda Sissa. “Uno sviluppo attento a contenere i consumi elettrici e le emissioni, un green software, sarebbe molto utile”. Così come ripensare il ciclo di vita delle tecnologie digitali, con l’impatto della produzione e dello smaltimento di dispositivi elettronici, con server e dischi rigidi che richiedono sostituzioni frequenti. E poi ci siamo noi. Che cosa possiamo fare? “Usare i servizi digitali che ci sono davvero utili e non farlo solo perché sono gratuiti anche se non ci servono”, consiglia Sissa. Per esempio, potremmo cominciare a eliminare le mail non necessarie: se si pensa che ogni messaggio inviato produce circa quattro grammi di CO2 e che, solo in Italia, ogni giorni siamo in 35 milioni a farlo, si comprende quanto sarebbe importante per l’ambiente anche questa piccola attenzione. E poi ci sono le app inutilizzate, che consumano comunque energia. O le foto mandate a raffica su WhatsApp, “tanto ho i giga illimitati”. Dovremmo poi preferire dispositivi che durano di più e non cambiarli solo per inseguire i nuovi modelli, e ancora di più preoccuparci di dove e come smaltire quelli che sono arrivati a fine vita. Insomma, è arrivato il momento di una coscienza ecologica digitale sempre più diffusa, soprattutto in quelle generazioni molto sensibili ai temi ambientali, ma anche immerse in una vita digitale di cui ancora non percepiscono l’impatto. F

15 FORBES.IT MAGGIO, 2024

ECONOMIC SCENARIOS

di

Greenwashing all’europea

Il Parlamento Ue lavora a una direttiva sui green claim, cioè la diffusione di informazioni manipolate per darsi patenti ecologiche. Solo che intanto l’Unione è coinvolta in operazioni dall’impatto ambientale devastante: dagli incentivi agli allevamenti intensivi ai consumi smodati di carburante

Il cosiddetto greenwashing, locuzione divenuta comune in questi ultimi anni, ha indotto il Parlamento europeo a lavorare su un progetto di direttiva green claim Si tratta della pratica di fornire informazioni manipolate o riduttive per ammantare un prodotto, un’organizzazione o un marchio di qualità quali l’essere ecologico, biologico, ecosostenibile, a impatto zero, etc. Per esempio, i produttori di veicoli elettrici enfatizzano l’emissione zero, come se produrre una Tesla fosse parte della soluzione e non del problema. Certo, chi la guida in città non emette CO2, ma chi estrae il litio e le altri metalli rari per creare batterie poi difficilissime da riciclare produce impatti sociali e ambientali giganteschi. La pratica ideologica nota come greenwashing e la lotta contro di essa si è diffusa particolarmente in era neoliberale, a fronte del postulato secondo cui consumatori ben informati sarebbero in grado di compiere scelte virtuose, capaci di stimolare il capitalismo verso sorti magnifiche e progressive.

Il concetto di B corporation, sotto forma di società benefit, è un’operazione di maquillage, che presenta come novità benefica
ciò che dovrebbe essere il comportamento fisiologico di ogni impresa sana

Secondo il Parlamento europeo, che utilizza abbondantemente la statistica comunicativa, un pratica che consiste nel condividere i dati in modo parziale per avanzare una tesi pre-confezionata, l’86 % dei consumatori europei desidererebbe sapere di più sull’impatto ambientale dei prodotti, in particolare sulla loro durata. Per questo, anche nelle ultime battute di legislatura, si sta ancora lavorando a una riforma della direttiva sulle pratiche commerciali sleali, per disciplinare i green claim. Insieme alla proposta di riforma della responsabilità civile per danno da prodotto, immutata e insufficiente dal 1985, e ai vari interventi sui requisiti green per gli immobili, che dal 2030 imporranno oneri pesantissimi sui proprietari, nonché regole

di inalienabilità stringenti se non rispettati, la direttiva sul greenwashing costituisce un pilastro dell’agenda 2030. L’osservatore critico non può che rimanere perplesso per tanto zelo ecologista da parte di un’Europa coinvolta in operazioni che, a prescindere da ogni considerazione morale, hanno un impatto devastante sugli ecosistemi. Basti pensare alle forniture di armi e munizioni in teatri di guerra, che rilasciano uranio impoverito e altri agenti tossici letali; ai consumi smodati di carburante per navi da guerra e aeromobili (quali quelle ultratecnologiche che Leonardo ha trasferito anche di recente all’esercito israeliano); ai continui innalzamenti delle soglie di tollerabilità per le emissioni elettromagnetiche; ai favori e agli incentivi elargiti agli allevatori intensivi, che riforniscono di carne le catene tipo McDonald’s; alle varie strategie per autorizzare e di fatto imporre agli agricoltori europei ogm e pesticidi tossici prodotti da multinazionali onnipotenti quali Bayer (che ha acquistato la famigerata Monsanto). Verrebbe da dire, con scherzo amaro, che la direttiva sui green claim è a sua volta un’operazione di greenwashing delle istituzioni europee di fronte ai continui ecocidi di cui sono quanto meno testimoni. Del resto, lo stesso concetto di sviluppo sostenibile, che fin da Maastricht permea la struttura istituzionale europea, contiene il germe del greenwashing. Personalmente, ho cominciato a riflettere su questa modalità di adattamento del capitalismo parassitario alla mutata sensibilità pubblica sulla catastrofe ecologica di fronte alla svolta green del Draghi riformatore costituzionale degli articoli 9 (paesaggio) e 41 (iniziativa economica privata). In un solo colpo, l’ambiente e le generazioni future hanno trovato spazio nella Costituzione, cosa che avrebbe

16 FORBES.IT MAGGIO, 2024

dovuto essere accolta con giubilo da chi, come il sottoscritto, lavora da 20 anni per introdurre i beni comuni e le generazioni future nel cuore del nostro diritto civile, come freno alle privatizzazioni selvagge, secondo lo schema classificatorio della Commissione Rodotà del 2007. Tuttavia, saltare il diritto codicistico (quello che davvero vincola i privati) a favore della Costituzione costituisce in questo ambito un ennesimo greenwashing, non solo inutile, ma pure dannoso. Infatti, il Consiglio di Stato, con la sentenza 8167 del 2022, utilizza questa retorica per autorizzare a prescindere gli scempi ecologici e paesaggistici del capitalismo green, dal fotovoltaico a terra alle ubique pale eoliche, ai biocombustibli, agli impianti di cattura del carbonio.

In realtà questa strategia non è limitata al green, ma costituisce un più ampio fenomeno di disorientamento del dissenso che andrebbe studiato a fondo nei suoi aspetti economici, sociali e giuridici. Per esempio, le frange più radicali del movimento studentesco che attacca il cosiddetto patriarcato (altro termine che andrebbe adoperato dopo un serio vaglio critico) denunciano il pink washing, reso recentemente celebre e un po’ ridicolo dallo statuto tutto al femminile dell’Università di Trento, dove il sottoscritto è stato ‘professoressa’ dal 1985 al 1997. Il washing, infatti è una strategia di cattura (nel senso della capture theory of regulation) di idee, concetti e istituzioni che nascono come radicalmente critici e controcorrente, ma vanno incontro al triste destino di essere inglobati e strumentalizzati nel processo inarrestabile dell’accumulo di capitale. Fra le nozioni politico-giuridiche più vittimizzate da questo processo ci sono

i beni comuni, nati per collocare fuori mercato intere categorie di beni (per esempio l’acqua) e ridotti a burocratici regolamenti per convincere qualche pensionato a pitturare panchine o prendersi cura di aiuole, sotto lo sguardo di qualche giunta comunale che predica partecipazione e pratica esclusione.

Un altro esempio è la cosiddetta B corporaton, nata negli ambienti americani della deep ecology come proposta radicale di governo democratico e inclusivo dell’economia attraverso la modifica degli statuti societari. Essa, sotto forma di società benefit, si è ridotta a un’operazione di puro maquillage, che presenta come novità benefica ciò che dovrebbe essere il comportamento fisiologico di ogni impresa sana (essere non nociva e talvolta generosa). Più di recente, questa cooptazione della contro-egemonia è stata facilitata dalla tecnologia. Per esempio, il cosiddetto public domain, che rende accessibile la proprietà intellettuale, un tempo cavallo di battaglia del pensiero critico nell’economia politica del diritto, è oggi sostenuto dai grandi colossi tech, che vi trovano ricchi depositi di informazioni gratuite, ben sfruttabili dai loro prodotti della sorveglianza. Da ultimo, è il principio della data transparency nella pubblica amministrazione e soprattutto nella sanità a subire la cattura, perché i dati trasparenti sono perfetti per insegnare all’intelligenza artificiale, che consentirà accumuli sempre maggiori di capitale. Nella società dello spettacolo, scriveva Guy Debord, ”il vero diventa falso e il falso vero”, e il “segreto generalizzato” si nasconde dietro questa cacofonia. Oggi la vera merce rara, il vero bene comune, la conoscenza critica, che consente, fra l’altro, di smascherare il greenwashing. F

17 FORBES.IT MAGGIO, 2024

Un club ESCLUSIVO

19
BY CHASE PETERSON-WITHORN. ILLUSTRATION BY BEN KIRCHNER

Imiliardari del mondo sono più ricchi del 120% rispetto a dieci anni fa. Ma queste 14 persone, che hanno un patrimonio individuale stimato oltre i 100 miliardi di dollari, hanno fatto molto meglio del miliardario medio. Il loro patrimonio netto, che è aumentato del 255% nello stesso periodo, ha superato di gran lunga l’inflazione (+32%) e il mercato azionario statunitense (S&P 500 +182%). Hanno un patrimonio complessivo di 2.000 miliardi di dollari, il che significa che il 14% della ricchezza totale dei 2.781 miliardari del mondo è in mano allo 0,5% dei membri della classifica di Forbes. Nel 1987, quando Forbes pubblicò la sua prima classifica dei più ricchi del mondo, c’erano solo due persone, entrambi magnati giapponesi, con un patrimonio superiore a 10 miliardi di dollari (circa 27 miliardi di dollari attuali, una somma che si collocherebbe al 69esimo posto nella classifica del 2024). C’è voluta la bolla delle dot-com per creare il primo centimiliardario, Bill Gates, spinto oltre gli 11 zeri nel 1999 dalle azioni di Microsoft, prima che il crollo ne dimezzasse il patrimonio netto. Nessuno si è avvicinato per quasi 20 anni, anche se i mercati si sono impennati prima e dopo la Grande Recessione. A riuscirci nel 2017 è stato Jeff Bezos, che è diventato il secondo membro del club quando Amazon ha raggiunto i 1.000 miliardi di dollari di capitalizzazione di mercato. Tuttavia, solo nel 2021 nel club di chi ha un patrimonio di 100 miliardi di dollari sono entrati anche altri: Elon Musk, Bernard Arnault e Bill Gates.

Ora, con l’aumento delle mega ricchezze in tutto il mondo, l’adesione diventa sempre più comune. Una 15esima persona, l’ereditiera di L’Oréal Françoise Bettencourt Meyers (patrimonio di 99,5 miliardi di dollari), sta bussando alla porta, e il magnate della tecnologia Michael Dell (91 miliardii) non è molto lontano. F

MILIARDI SU MILIARDI

I SUPER-RICCHI CONTINUANO A DIVENTARE SEMPRE PIÙ RICCHI. NEGLI ULTIMI 20 ANNI IL PATRIMONIO NETTO COMPLESSIVO DEI MILIARDARI DEL MONDO È SALITO DEL 545%, A 14.200 MILIARDI DI DOLLARI : QUASI CINQUE VOLTE LA CRESCITA DEL PIL MONDIALE (111%)

Ricchezza totale (migliaia di miliardi di dollari)

LE 14 PERSONE CON OLTRE 100 MILIARDI DI DOLLARI DI PATRIMONIO

(I VALORI SONO AGGIORNATI ALL’8 MARZO 2024)

1 | BERNARD ARNAULT

Patrimonio:

233 miliardi di dollari

Fonte della ricchezza: Lvmh

Cittadinanza: Francia

2 | ELON MUSK

Patrimonio:

195 miliardi di dollari

Fonte della ricchezza: Tesla, SpaceX

Cittadinanza: Stati Uniti

3 | JEFF BEZOS

Patrimonio:

194 miliardi di dollari

Fonte della ricchezza: Amazon

Cittadinanza: Stati Uniti

4 | MARK ZUCKERBERG

Patrimonio:

177 miliardi di dollari

Fonte della ricchezza: Facebook

Cittadinanza: Stati Uniti

20 MAGGIO, 2024 FORBES.IT
2024 2023 2022 2021 2020 2019 2018 2017 2016 2015 2014 2013 2012 2011 2010 2009 2008 2007 2006 2005 15 12 9 6 3 0

CHI HA GUADAGNATO DI PIÙ

È stato l’anno di Mark Zuckerberg, ceo di Meta. Il suo patrimonio netto, infatti, è quello che cresciuto di più in assoluto, salendo di quasi 113 miliardi di dollari negli ultimi 12 mesi, fino ad arrivare a 177 miliardi di dollari. Il rally del 182% di Meta ha permesso a Zuckerberg, che possiede il 14%

Per scoprire tutte le classifiche di Forbes visita il sito Forbes.it

della società, di balzare in un solo anno dal sedicesimo al quarto posto nella classifica dei miliardari di Forbes. Si tratta della posizione più alta mai registrata. Ora è circa 80 miliardi di dollari più ricco rispetto al suo precedente record, nel 2021, quando aveva 97 miliardi di dollari.

5 | LARRY ELLISON

Patrimonio:

141 miliardi di dollari

Fonte della ricchezza: Oracle Cittadinanza: Stati Uniti

6 | WARREN BUFFETT Patrimonio:

133 miliardi di dollari

Fonte della ricchezza: Berkshire Hathaway Cittadinanza: Stati Uniti

7 | BILL GATES

Patrimonio:

128 miliardi di dollari

Fonte della ricchezza: Microsoft Cittadinanza: Stati Uniti

8 | STEVE BALLMER Patrimonio:

121 miliardi di dollari Fonte della ricchezza: Microsoft Cittadinanza: Stati Uniti

9 | MUKESH AMBANI

Patrimonio:

116 miliardi di dollari Fonte della ricchezza: diversificata Cittadinanza: India

10 | LARRY PAGE Patrimonio:

114 miliardi di dollari Fonte della ricchezza: Google Cittadinanza: Stati Uniti

11 | SERGEY BRIN Patrimonio:

110 miliardi di dollari

Fonte della ricchezza: Google Cittadinanza: Stati Uniti

12 | MICHAEL BLOOMBERG

Patrimonio:

106 miliardi di dollari

Fonte della ricchezza: Bloomberg Lp Cittadinanza: Stati Uniti

13 | AMANCIO ORTEGA

Patrimonio: 103 miliardi di dollari

Fonte della ricchezza: Zara

Cittadinanza: Spagna

14 | CARLOS SLIM HELÚ Patrimonio: 102 miliardi di dollari Fonte della ricchezza: Telecom Cittadinanza: Messico

FORBES.IT MAGGIO, 2024
21
GETTYIMAGES

Stati Uniti

Gli Stati Uniti sono sempre il paese con più miliardari: 813 sui 2.781 globali. Il doppio di quelli della Cina , seconda, e il quadruplo di quelli dell’ India , terza. L’ Italia è sesta al mondo e seconda in Europa

Il denaro fa girare il mondo e nel 2024 ci saranno più soldi al mondo che mai. Nella lista dei miliardari di Forbes ci sono ora 2.781 persone, con patrimoni complessivi record di 14.200 miliardi di dollari. Provengono da 78 paesi, in aumento rispetto ai 77 del 2023. Gli Stati Uniti restano il paese con il maggior numero di miliardari, con 813 persone che hanno

patrimoni totali per 5.700 miliardi di dollari. Quattordici delle 20 persone più ricche del mondo e otto delle prime dieci sono cittadini statunitensi. La Cina è al secondo posto per numero di miliardari, con 406 persone e totale dei patrimoni di 1.300 miliardi di dollari. Tuttavia, questo dato è in calo rispetto alle 576 persone e ai 2mila miliardi dallo scorso anno. L’India, il secondo paese più popoloso del mondo, si è piazzata al terzo posto, registrando nel 2024 un record di 200 miliardari, tra cui 25 new entry. In totale, i loro patrimoni

arrivano a 954 miliardi di dollari, con un balzo di oltre il 40% rispetto ai 675 miliardi dell’anno scorso. Due cittadini indiani sono nella top 20: Mukesh Ambani, presidente del conglomerato Reliance Industries, al numero 9, e Gautam Adani, presidente di Adani Group, al numero 17.

Ancora una volta, la Germania è al quarto posto per numero di miliardari, con 132, rispetto ai 126 dell’anno scorso. I tedeschi, come gruppo, sono più ricchi di 59 miliardi di dollari rispetto a un anno fa. A completare la top five c’è la Russia, che continua a godere di una ripresa della ricchezza nonostante la guerra con l’Ucraina. Il numero totale di miliardari russi è salito a 120 quest’anno, 15 in più rispetto all’anno scorso e 37 in più del 2022. Il totale dei loro patrimoni è di 537 miliardi di dollari, con un aumento di 217 miliardi rispetto al 2022. F

22 FORBES.IT MAGGIO, 2024
813
69 Regno Unito 55 Germania 132 Canada 67 Italia 73 IL
Brasile

1. Stati Uniti

Miliardari totali: 813

(contro i 735 dell’anno scorso)

Totale dei patrimoni:

5.700 miliardi di dollari

(4.500 miliardi l’anno scorso)

Persona più ricca: Elon Musk, 195 miliardi di dollari

2. Cina

Miliardari totali: 406 (contro i 495 dell’anno scorso)

Totale dei patrimoni:

1.300 miliardi di dollari

(1.670 miliardi l’anno scorso)

Persona più ricca: Zhong Shanshan, 62,3 miliardi di dollari

7. Brasile

Miliardari totali: 69

(contro i 51 dell’anno scorso)

Totale dei patrimoni:

231 miliardi di dollari

(160 miliardi l’anno scorso)

Persona più ricca: Eduardo Saverin, 28 miliardi di dollari

8. Canada

Miliardari totali: 67

(contro i 63 dell’anno scorso)

Totale dei patrimoni: 315 miliardi di dollari

(245 miliardi l’anno scorso)

Persona più ricca: David Thomson e famiglia, 67,8 miliardi di dollari

3. India

Miliardari totali: 200 (contro i 169 dell’anno scorso)

Totale dei patrimoni: 954 miliardi di dollari

(675 miliardi l’anno scorso)

Persona più ricca: Mukesh Ambani, 116 miliardi di dollari

4. Germania

Miliardari totali: 132 (contro i 126 dell’anno scorso)

Totale dei patrimoni: 644 miliardi di dollari

(585 miliardi l’anno scorso)

Persona più ricca: Klaus-Michael Kuehne, 39,2 miliardi di dollari

5. Russia

Miliardari totali: 120 (contro i 105 dell’anno scorso)

Totale dei patrimoni: 537 miliardi di dollari

(474 miliardi l’anno scorso)

Persona più ricca: Vagit Alekperov, 28,6 miliardi di dollari

6. Italia

Miliardari totali: 73 (contro i 64 dell’anno scorso)

Totale dei patrimoni: 302 miliardi di dollari

(216 miliardi l’anno scorso)

Persona più ricca: Giovanni Ferrero, 43,8 miliardi di dollari

9. Hong Kong

Miliardari totali: 67

(contro i 66 dell’anno scorso)

Totale dei patrimoni: 330 miliardi di dollari

(350 miliardi l’anno scorso)

Persona più ricca: Li Ka-shing, 37,3 miliardi di dollari

10. Regno Unito

Totale miliardari: 55 (contro i 52 dell’anno scorso)

Totale dei patrimoni: 225 miliardi di dollari

(202 miliardi l’anno scorso)

Persona più ricca: Michael Platt, 18 miliardi di dollari

Hong
67 23 FORBES.IT MAGGIO, 2024
Kong
Russia 120 India 200 Cina 406

C’è sempre Giovanni Ferrero in testa alla classifica dei miliardari italiani. L’imprenditore piemontese dei dolci ha un patrimonio di 43,8 miliardi di dollari, il più alto che Forbes gli abbia mai attribuito. È la 26esima persona più ricca del mondo e la quarta più ricca d’Europa, dopo che il suo gruppo ha chiuso l’esercizio 2022/23 con un record di ricavi (17 miliardi di euro). Per la prima volta dalla morte di Leonardo Del Vecchio, però, ha un rivale. Al secondo posto c’è Andrea Pignataro, il fondatore di Ion Group, che ha un patrimonio di

Il totale dei patrimoni dei miliardari italiani in miliardi di euro

27,5 miliardi di dollari. Pignataro, bolognese, è un ex trader di Salomon Brothers. Negli ultimi 20 anni, con il suo gruppo ha acquistato più di 30 aziende nel campo dei dati e delle tecnologie finanziarie, senza portarne in Borsa nemmeno una. Entra in classifica per la prima volta quest’anno ed è in assoluto il più ricco tra i 265 nuovi miliardari globali del 2024. A completare il podio è Giorgio Armani, che ha un patrimonio di 11,3 miliardi di dollari. In totale, i miliardari italiani sono 73: nove in più di un anno fa e più che in qualsiasi edizione precedente della classifica di Forbes. Il to-

I miliardari italiani sono 73, più che in qualsiasi edizione precedente della classifica di Forbes, e per la prima volta il totale dei loro patrimoni supera i 300 miliardi di dollari. Nella lista ci sono dieci nomi nuovi

CHE MAI PIÙ RICCHI

tale dei loro patrimoni supera per la prima volta i 300 miliardi di dollari e arriva a 301,7, contro i 215,6 di un anno fa. Al quarto posto c’è un altro nome nuovo: Giancarlo Devasini, direttore finanziario e principale azionista di Tether, l’azienda che ha creato una delle principali stablecoin al mondo (cioè criptovalute il cui valore è ancorato a quello di un altro asset). Devasini ha un patrimonio di 9,2 mil-

iardi di dollari e precede Piero Ferrari (8,6 miliardi), che possiede circa il 10% della casa automobilistica fondata dal padre, Enzo. Al sesto posto, con 7,6 miliardi, c’è la prima donna, Massimiliana Landini Aleotti, che assieme ai figli ha ereditato l’azienda farmaceutica Menarini dal marito, Alberto Aleotti. Alle sue spalle Sergio Stevanato (7 miliardi), presidente di Stevanato Group, uno dei primi gruppi

FORBES.IT
24 MAGGIO, 2024 C’
301,7

LA CLASSIFICA

1 | Giovanni Ferrero

Patrimonio: 43,8 miliardi

2 | Andrea Pignataro

Patrimonio: 27,5 miliardi

3 | Giorgio Armani

Patrimonio: 11,3 miliardi

4 | Giancarlo Devasini

Patrimonio: 9,2 miliardi

5 | Piero Ferrari

Patrimonio: 8,6 miliardi

6 | Massimiliana Landini

Aleotti e famiglia

Patrimonio: 7,6 miliardi

7 | Sergio Stevanato e famiglia

Patrimonio: 7 miliardi

8 | Patrizio Bertelli

Patrimonio: 6,4 miliardi

8 | Miuccia Prada

Patrimonio: 6,4 miliardi

10 | Gianfelice Rocca

Patrimonio: 5,6 miliardi

10 | Paolo Rocca

Patrimonio: 5,6 miliardi

12 | Giuseppe

De’ Longhi e famiglia

Patrimonio: 4,8 miliardi

13 | Rocco Basilico

Patrimonio: 4,7 miliardi

13 | Giuseppe Crippa e famiglia

Patrimonio: 4,7 miliardi

13 | Claudio Del Vecchio

Patrimonio: 4,7 miliardi

13 | Clemente Del Vecchio

Patrimonio: 4,7 miliardi

13 | Leonardo Maria Del Vecchio

Patrimonio: 4,7 miliardi

ANDREA PIGNATARO

Lo chiamano ‘il Bloomberg italiano’. Andrea Pignataro è nato a Bologna nel 1970 e ha iniziato a lavorare in Salomon Brothers, storica banca d’affari di Wall Street, proprio come l’imprenditore statunitense. È diventato miliardario grazie a Ion Group, un polo dei dati e delle tecnologie finanziarie che ha fondato nel 1999. Negli ultimi tre anni ha investito 5,7 miliardi di euro in Italia per comprare aziende e per entrare in Mps, nella Banca Illimity di Corrado Passera e nella Cassa di Risparmio di Volterra. Possiede immobili a Milano, a Pisa e in Sardegna e ha investito quasi 300 milioni di dollari per una proprietà di 1.280 acri a St. Vincent e Grenadine, nei Caraibi. È il più ricco tra i 265 miliardari entrati quest’anno per la prima volta nella classifica di Forbes.

I nuovi miliardari italiani

mondiali di packaging per l’industria farmaceutica e di cartucce per l’insulina. Patrizio Bertelli e Miuccia Prada, marito e moglie, sono appaiati all’ottavo posto, con 6,4 miliardi di dollari. Un altro pari merito completa le prime dieci posizioni: quello tra i fratelli Gianfelice e Paolo Rocca, 5,6 miliardi, eredi di Techint, la multinazionale fondata dal nonno, che spazia dall’impiantistica alla siderurgia, dall’ingegneria alla sanità. Oltre a Pignataro e Devasini, altri otto italiani compaiono per la prima volta nella classifica dei miliardari di

FORBES.IT
25 MAGGIO, 2024
10
Di seguito la classifica completa dei miliardari italiani. Tutte le cifre sono espresse in dollari. I patrimoni sono aggiornati all’8 marzo 2024.

MARINA BERLUSCONI

Marina Berlusconi, 57 anni, è la presidente di Fininvest, la holding che gestisce l’impero creato dal padre, Silvio. Figlia maggiore dell’ex presidente del Consiglio e della prima moglie, Carla Dall’Oglio, assieme al fratello Pier Silvio ha ricevuto la fetta più consistente dell’eredità. È presidente del gruppo Mondadori e siede nel cda di MediaForEurope (ex Mediaset). In passato è stata nei cda di Medusa Film e di Mediolanum. È stata più volta inserita dall’edizione statunitense di Forbes tra le 100 donne più potenti del mondo. Si è parlato più volte di lei anche come erede dell’attività politica del padre. Lei ha sempre smentito e ha dichiarato che “la leadership in politica non si può trasmettere per investitura o per successione dinastica”.

Forbes. Al 26esimo posto, con un patrimonio di 3,9 miliardi, c’è l’amministratore delegato di Tether, Paolo Ardoino. Al 40esimo, con 2,4 miliardi, Ugo Gussalli Beretta, che assieme ai figli Pietro e Franco guida il più antico produttore di armi al mondo, fondato nel 1526. È 61esimo Alessandro Rosano, il creatore dei mocassini HeyDude: Rosano ha un patrimonio di 1,4 miliardi dopo avere venduto la società a Crocs per 2,5. Gli altri nomi nuovi sulla lista sono i cinque figli di Silvio Berlusconi. Marina e Pier Silvio, che hanno ricevuto la fetta più consistente dell’eredità e

Le donne nella classifica dei miliardari italiani

13 | Luca Del Vecchio Patrimonio: 4,7 miliardi

13 | Marisa Del Vecchio Patrimonio: 4,7 miliardi

13 | Paola Del Vecchio Patrimonio: 4,7 miliardi

13 | Nicoletta Zampillo Patrimonio: 4,7 miliardi

22 | Francesco Gaetano Caltagirone Patrimonio: 4,6 miliardi

23 | Brunello Cucinelli e famiglia Patrimonio: 4,5 miliardi

24 | Luca Garavoglia Patrimonio: 4,3 miliardi

25 | Remo Ruffini Patrimonio: 4 miliardi

26 | Paolo Ardoino Patrimonio: 3,9 miliardi

27 | Alessandra Garavoglia Patrimonio: 3,7 miliardi

27 | Renzo Rosso e famiglia Patrimonio: 3,7 miliardi

29 | Susan Carol Holland Patrimonio: 3,5 miliardi

30 | Giuliana Benetton Patrimonio: 3,4 miliardi

30 | Luciano Benetton Patrimonio: 3,4 miliardi

30 | Giorgio Perfetti Patrimonio: 3,4 miliardi

33 | Isabella Seragnoli Patrimonio: 3,3 miliardi

34 | Gustavo Denegri e famiglia Patrimonio: 3 miliardi

35 | Augusto Perfetti Patrimonio: 2,9 miliardi

36 | Alberto Prada Patrimonio: 2,7 miliardi

26 MAGGIO, 2024 FORBES.IT
22

36 | Marina Prada

Patrimonio: 2,7 miliardi

38 | John Elkann Patrimonio: 2,6 miliardi

39 | Alberto Bombassei

Patrimonio: 2,5 miliardi

40 | Ugo Gussalli

Beretta e famiglia

Patrimonio: 2,4 miliardi

41 | Maria Franca Fissolo Patrimonio: 2,2 miliardi

42 | Marina Berlusconi Patrimonio: 2,1 miliardi

42 | Pier Silvio Berlusconi Patrimonio: 2,1 miliardi

42 | Nicola Bulgari Patrimonio: 2,1 miliardi

42 | Domenico Dolce Patrimonio: 2,1 miliardi

42 | Stefano Gabbana Patrimonio: 2,1 miliardi

47 | Sandro Veronesi e famiglia Patrimonio: 2 miliardi

48 | Massimo Moratti Patrimonio: 1,9 miliardi

49 | Giovanni Arvedi Patrimonio: 1,8 miliardi

49 | Sabrina Benetton Patrimonio: 1,8 miliardi

51 | Manfredi Lefebvre d’Ovidio e famiglia Patrimonio: 1,7 miliardi

52 | Nerio Alessandri Patrimonio: 1,6 miliardi

52 | Paolo Bulgari Patrimonio: 1,6 miliardi

52 | Federico De Nora Patrimonio: 1,6 miliardi

52 | Romano Minozzi Patrimonio: 1,6 miliardi

52 | Antonio Percassi Patrimonio: 1,6 miliardi

57 | Barbara Benetton Patrimonio: 1,5 miliardi

57 | Annalisa Doris Patrimonio: 1,5 miliardi

57 | Massimo Doris Patrimonio: 1,5 miliardi

60 | Diego Della Valle Patrimonio: 1,4 miliardi

60 | Mario Moretti Polegato e famiglia Patrimonio: 1,4 miliardi

60 | Alessandro Rosano Patrimonio: 1,4 miliardi

60 | Lina Tombolato Patrimonio: 1,4 miliardi

64 | Barbara Berlusconi Patrimonio: 1,2 miliardi

64 | Eleonora Berlusconi Patrimonio: 1,2 miliardi

64 | Luigi Berlusconi Patrimonio: 1,2 miliardi

67 | Giuliana Caprotti Patrimonio: 1,1 miliardi

67 | Marina Caprotti Patrimonio: 1,1 miliardi

67 | Simona Giorgetta Patrimonio: 1,1 miliardi

67 | Marco Squinzi Patrimonio: 1,1 miliardi

67 | Veronica Squinzi Patrimonio: 1,1 miliardi

72 | Luigi Cremonini Patrimonio: 1 miliardo

72 | Danilo Iervolino Patrimonio: 1 miliardo

PAOLO ARDOINO

Da ottobre Paolo Ardoino è l’amministratore delegato di Tether, l’azienda che ha creato la più importante stablecoin al mondo, ancorata al dollaro statunitense. Ha 39 anni, è originario di Cesano sul Neva, in provincia di Savona, e ha cominciato con i computer a sei anni, su un Olivetti 386. Ha studiato matematica applicata all’informatica all’Università di Genova, dove ha lavorato per un periodo come ricercatore. Poi si è avvicinato alla finanza. Ha fatto la prima esperienza nel settore a Lugano, in Svizzera, che è ancora la sua base. Poi si è trasferito a Londra per avviare una startup di servizi tecnologici. Nel 2014 è entrato in Bitfinex, la società a cui fa capo Tether, come sviluppatore.

guidano l’impero Fininvest, sono appaiati al 42esimo posto e hanno patrimoni di 2,1 miliardi di dollari. Barbara, Eleonora e Luigi sono 64esimi con 1,2 miliardi. È invece rientrato in classifica, dopo un anno di assenza, Luigi Cremonini, che con la sua Inalca rifornisce di carne marchi come McDonald’s e Burger King. Cremonini è 72esimo con un patrimonio di 1 miliardo di dollari. Oltre a Silvio Berlusconi, morto il 12 giugno 2023, è uscito dalla classifica solo Fulvio Montipò, il fondatore di Interpump Group, uno dei più grandi gruppi mondiali di pompe ad alta pressione. F

FORBES.IT MAGGIO, 2024

STAR D’ORO

Negli ultimi anni Forbes ha registrato un’esplosione di celebrità nella sua lista dei miliardari. La cantante Taylor Swift ha creato tutta la sua fortuna grazie solo alla musica e alle sue performance. Ma c’è chi, come Rihanna, lo ha fatto anche con le proprie iniziative imprenditoriali

AA ottobre 2023 Taylor Swift ha compiuto un’impresa mai riuscita ad altre musiciste: è diventata miliardaria grazie ai guadagni ottenuti solo con la sua musica e le sue performance. Tre mesi dopo, Forbes ha certificato come miliardario anche il magnate della televisione Dick Wolf, grazie ai suoi

guadagni stimati in 1,9 miliardi di dollari (al lordo delle tasse) derivanti dalla produzione di show come Law & Order e Fbi. I due personaggi si aggiungono alla lista dei miliardari del mondo, che negli ultimi anni ha visto un’esplosione di celebrità. Dieci dei 14 nomi di spicco della classifica sono diventati miliardari negli ultimi quattro anni grazie alla capitalizzazione del loro marchio e della loro fama. La maggior parte dei personaggi è riuscita a guadagnare grazie

all’imprenditoria e a iniziative che esulano da quelle a cui deve la sua fama. La popstar Rihanna, ad esempio, ha costruito la sua fortuna soprattutto sulla partecipazione a due società miliardarie, il marchio di make-up Fenty Beauty, una joint venture con il gigante del lusso Lvmh, e il produttore di lingerie Savage X Fenty. Jay-Z è diventato il primo miliardario dell’hip hop grazie a due aziende di alcolici, D’Usse Cognac e Armand de Brignac

Champagne. Ha venduto una quota del 50% di quest’ultima a Lvmh, oltre a partecipazioni in Uber e Block, tra gli altri investimenti. Michael Jordan ha guadagnato meno di 100 milioni di dollari nella sua carriera di cestista, ma ha intascato grandi somme dalla Nike. Ha messo a segno il suo colpo più grosso in agosto, quando ha venduto la quota di maggioranza degli Charlotte Hornets a una valutazione altissima di 3 miliardi di dollari. F

28 MAGGIO, 2024 FORBES.IT
Steven Spielberg (a sinistra) e George Lucas
GETTYIMAGES

LE 14 CELEBRITÀ PIÙ RICCHE DEL MONDO

#1. George Lucas Patrimonio:

5,5 miliardi di dollari

Età: 79

Cittadinanza: Stati Uniti

#2. Steven Spielberg Patrimonio:

4,8 miliardi di dollari

Età: 77

Cittadinanza: Stati Uniti

#3. Michael Jordan Patrimonio:

3,2 miliardi di dollari

Età: 61

Cittadinanza: Stati Uniti

#4. Oprah Winfrey Patrimonio:

2,8 miliardi di dollari

Età: 70

Cittadinanza: Stati Uniti

#5. Jay-Z Patrimonio:

2,5 miliardi di dollari

Età: 54

Cittadinanza: Stati Uniti

#6. Kim Kardashian Patrimonio:

1,7 miliardi di dollari

Età: 43

Cittadinanza: Stati Uniti

#7. Peter Jackson Patrimonio:

1,5 miliardi di dollari

Età: 62

Cittadinanza: Nuova Zelanda

#8. Tyler Perry Patrimonio:

1,4 miliardi di dollari

Età: 54

Cittadinanza: Stati Uniti

#8. Rihanna Patrimonio:

1,4 miliardi di dollari

Età: 36

Cittadinanza: Barbados

#10. Tiger Woods Patrimonio:

1,3 miliardi di dollari

Età: 48

Cittadinanza: Stati Uniti

#11. LeBron James Patrimonio:

1,2 miliardi di dollari

Età: 39

Cittadinanza: Stati Uniti

#11. Magic Johnson Patrimonio:

1,2 miliardi di dollari

Età: 64

Cittadinanza: Stati Uniti

#11. Dick Wolf Patrimonio:

1,2 miliardi di dollari

Età: 77

Cittadinanza: Stati Uniti

#14. Taylor Swift Patrimonio:

1,1 miliardi di dollari

Età: 34

Cittadinanza: Stati Uniti

FORBES.IT MAGGIO, 2024 GETTYIMAGES GETTYIMAGES GETTYIMAGES GETTYIMAGES GETTYIMAGES 29
Taylor Swift

La riscossa degli oligarchi

I miliardari russi non sono mai stati così tanti: 120. Nonostante le sanzioni occidentali, molti di loro sono più ricchi di quanto fossero prima della guerra in Ucraina. Anche perché una buona parte guadagna rifornendo l’apparato militare di Mosca

Il più ricco tra gli oligarchi russi è Vagit Alekperov, fondatore di Lukoil. Due anni fa si è dimesso dalla più grande compagnia petrolifera del paese dopo essere stato colpito da sanzioni britanniche. In quel periodo, secondo i calcoli di Forbes, il suo patrimonio era sceso da 24,9 a 10,5 miliardi di dollari. Oggi Alekperov non solo si è ripreso, ma è più ricco che mai: ancora proprietario del 30% circa di Lukoil, ha una fortuna personale di 28,6 miliardi di dollari.

Il suo caso non è isolato. Il secondo oligarca più ricco è Leonid Mikhelson, fondatore di Novatek, una delle maggiori compagnie mondiali di gas naturale. Il suo patrimonio ha seguito la stessa traiettoria: 24,9 miliardi di dollari nel 2021, 14 nel 2022, 21,6 nel 2023, 27,4 quest’anno. Lo stesso è successo al terzo in classifica, Vladimir Lisin, principale azionista del gigante dell’acciaio Nlmk Group.

In generale, secondo un’analisi di Giacomo Tognini pubblicata su Forbes.com, la Russia non ha mai avuto tanti miliardari come oggi: 120. Erano 117 nel 2021, 83 nel 2022, 105 un anno fa. Tra

i 120, ce ne sono 55 sottoposti a sanzioni da almeno uno tra Stati Uniti, Unione europea e Regno Unito. Di questi, 37 sono più ricchi di un anno fa e solo nove hanno perso soldi. La guerra in Ucraina e le sanzioni occidentali non hanno fatto male alla maggior parte dei russi più ricchi. Alcuni di loro hanno guadagnato direttamente dal conflitto. A luglio 2023 la testata investigativa Proekt scriveva che 81 imprenditori russi, tra cui 63 che compaiono nella classifica dei miliardari 2024, rifornivano l’apparato militare di Mosca. Tra l’occupazione della Crimea del 2014 e il 2023 avevano ottenuto contratti pubblici per quasi 3 miliardi di dollari con l’industria della Difesa.

La Severstal di Alexey Mordashov, la quarta persona più ricca della Russia, ha rifornito di metallo Kalashnikov Concern, uno dei principali produttori di armi del paese. La Normetimpex di Vladimir Potanin, il quinto della lista di Forbes, produce nichel che viene usato nella fabbricazione di aerei da combattimento. Mikhelson e Gennady Timchenko, sesto in classifica, sono tra gli azionisti di Sibur, una società petrolchimica che fornisce sostanze per produrre esplosivi.

Altri miliardari – almeno 11 secondo l’analisi di Tognini su Forbes.com – hanno

30 FORBES.IT MAGGIO, 2024
IL Alcuni oligarchi
approfittato di un decreto con cui Putin ha obbligato le aziende occidentali in uscita dalla Russia a vendere i loro asset nel paese a un prezzo scontato almeno del 50%
hanno
Vagit Alekperov

tratto vantaggio dall’esodo di aziende occidentali dalla Russia cominciato nel 2022, dopo l’inizio della guerra. L’azienda di articoli sportivi Sportmaster, per esempio, ha colmato il vuoto lasciato sul mercato da marchi come Nike e Adidas e ha reso miliardari i fondatori, i fratelli Vladimir e Nikolay Fartushnyak, e il loro socio, Alexander Mikhalskiy. Altri hanno approfittato di un decreto firmato da Vladimir Putin nel dicembre 2022, che ha obbligato le aziende occidentali in uscita dalla Russia a vendere i loro asset nel paese a un prezzo scontato almeno del 50%. Forbes. com ha citato il caso di Ivan Tavrin, fondatore di Kismet Capital Group, una società che si occupa soprattutto di media. Kismet faceva parte del consorzio che nell’aprile 2023 ha comprato gli asset russi dell’azienda chimica tedesca Henkel per 660 milioni di dollari, circa la metà del valore di mercato. Tavrin è uno dei tre oligarchi sanzionati che quest’anno sono entrati per la prima volta nella classifica dei miliardari. Non tutti i magnati russi hanno rimediato del tutto al crollo del loro patrimonio seguito allo scoppio della guerra. I più colpiti sono stati coloro che avevano buona parte dei loro affari all’estero. È il caso di Roman Abramovich, che tra il 2021 e il 2022 ha visto la sua fortuna crollare da 14,5 a 6,9 miliardi di dollari. Da allora ha recuperato, ma non del tutto: oggi il suo patrimonio è di 9,7 miliardi.

Sarebbe andata peggio se non avesse trovato il modo di aggirare le sanzioni al-

3 miliardi

Il valore in dollari dei contratti pubblici con l’industria della Difesa ottenuti da 81 imprenditori russi tra il 2014 e il 2023

meno in parte. Il 24 febbraio 2022, lo stesso giorno in cui la Russia iniziava l’invasione dell’Ucraina, Abramovich ha trasferito ai figli la quota di maggioranza di dieci fiduciarie offshore che, secondo documenti ottenuti lo scorso anno dall’Organized Crime and Corruption Reporting Project, possedevano asset per 4 miliardi di dollari. Nelle settimane seguenti ha spostato in Turchia, al riparo dalle sanzioni, i suoi yacht Eclipse (162 metri) e Solaris (139), ciascuno del valore di circa mezzo miliardo di dollari. Stratagemmi utilizzati

anche da molti altri oligarchi. Del resto anche tanti paesi europei, secondo diversi analisti, aggirano le sanzioni, in particolare tramite triangolazioni con altri paesi. In sostanza, venderebbero ad alleati della Russia, che poi farebbero arrivare le merci a Mosca. A febbraio l’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi) scriveva che l’export europeo verso la Russia si è più che dimezzato tra il 2021 e il 2023, ma quello verso nove ex repubbliche sovietiche –Armenia, Azerbaigian, Bielorussia, Georgia, Kirghizistan,

Kazakistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan – è aumentato quasi dell’80%. In particolare, quello verso il Kirghizistan, un paese montuoso con meno di sette milioni di abitanti, è più che decuplicato dall’inizio della guerra: da 263 milioni di euro a quasi 3 miliardi. L’Italia è nella media: come ha scritto il 7 aprile Robin Brooks, ex capo economista dell’Institute of International Finance, tra il marzo 2022 e il dicembre 2023 le vendite verso il Kirghizistan sono salite del 1000%.

La Germania, ha rilevato ancora Brooks sul Financial Times, ha aumentato l’export di auto verso il paese asiatico del 5000%.

Sempre l’Ispi ha sottolineato che l’export dei paesi dell’Ue verso la Russia è diminuito di 51 miliardi di euro tra il 2021 e il 2023, mentre quello verso le ex repubbliche sovietiche è cresciuto di 16. Le triangolazioni compenserebbero quindi un terzo delle sanzioni.

L’andamento dei patrimoni degli oligarchi riflette, almeno in parte, quello dell’economia di Mosca. Dopo l’invasione dell’Ucraina, il Fondo monetario internazionale aveva previsto che il prodotto interno lordo russo sarebbe calato dell’8,5% nel 2022 e del 2,3% nel 2023. In realtà è sceso del 2,1% il primo anno ed è salito del 3% il secondo. L’indice Moex Russia, che tiene conto delle prime 50 aziende quotate del paese, è crollato dopo l’inizio della guerra e ha raggiunto i livelli più bassi alla fine del settembre 2022. Da quel momento è risalito dell’85%. F

31 FORBES.IT MAGGIO, 2024
Roman Abramovich

Eccellenza emiliana

Reggio ha ospitato la seconda tappa di Forbes Italian Excellence, il road show che racconta il meglio del nostro Paese. Sul palco grandi nomi dell’auto, dell’agroalimentare, della sostenibilità, dell’innovazione e delle startup

Il road show Forbes Italian Excellence si è dato un obiettivo: “Raccontare l’eccellenza di questo Paese, enfatizzare l’orgoglio italiano”, ha detto il direttore di Forbes Italia, Alessandro Rossi. L’amministratore delegato di Bfc Media, Nicola Formichella, ha aggiunto: “Vogliamo premiare le persone che fanno grandi le aziende italiane, ma anche evidenziare quando questo avviene nelle istituzioni. Fare network”. E dopo l’esordio a Palazzo Vecchio a Firenze, ecco la tappa a Reggio Emilia, all’insegna dei motori da sogno, dell’agroalimentare, della sostenibilità e delle startup.

“Da questa terra parte un modello di impresa responsabile”, ha affermato Roberta Anceschi, presidente di Unindustria Reggio Emilia, “che punta al benessere del territorio e a creare valore importante nel tessile, nella plastica, nella meccatronica”. Un modello

che vede protagonista Reggio Emilia, ma con un ruolo primario anche per le altre realtà urbane: “Con Parma e Piacenza”, racconta Stefano Landi, presidente della Camera di Commercio dell’Emilia, “si contano 130mila imprese iscritte e 500mila addetti. Il fatturato è il secondo per volume in Italia”.

In piena Motor Valley non si poteva non parlare di automobilismo. Con Alessandro Rossi, sul palco è salito Andrea Pontremoli, ceo di Dallara, che ha evocato ricordi dei grandi con cui ha lavorato: da Enzo Ferrari, che lo introdusse nel mondo delle auto sportive, a Lamborghini, fino al ‘telaio di Penelope’ a cui hanno lavorato le 60 donne di Dallara. È stata poi la volta di Francesca Paoli, ceo di Dino Paoli, la prima donna alla guida di un’azienda di Formula 1, spina dorsale dell’automobilismo made in Italy.

È entrata poi in scena la grande tradizione agroalimentare. Ivano Ferrarini, amministratore delegato di Conad Centro Nord, ha illustrato i numeri che fanno grande Conad, oltre a “una politica di attenzione alle persone, che interpreta l’innovazione tecnologica nel nome della qualità”.

Con il giornalista di Forbes Enzo Argante, quindi, è cominciato un viaggio tra i protagonisti dell’economia cir-

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IL

Stefano Landi, presidente della Camera di Commercio dell’Emilia. In basso, da sinistra Alessandro Rossi, direttore di Forbes Italia, Nicola Formichella, ad di Bfc Media, Francesca Paoli, ceo di Dino Paoli e Andrea Pontremoli, ceo di Dallara. Nell’altra pagina due immagini della location dove si è tenuto l’evento.

colare. Dall’industria energetica (con Annalisa Stupenengo, amministratore delegato di Landi Renzo, che ha parlato del ruolo degli energy player) al recupero della materia e agli atout del Centro competenza economia circolare con Regione Emilia Romagna, di cui ha parlato Andrea Grillenzoni, presidente di Garc, ma anche della Fondazione BLab, che riunisce e supporta le aziende b-corp italiane.

Focus Startup, coordinato sempre da Argante, si è aperto con la testimonianza di Ledi Halilaj, Unità Start Cup Art-Er Emilia Romagna, dedicata a startup e aspiranti imprenditori con idee di business innovative sullo scenario regionale. Quindi è toccato a Fausto Mazzali, presidente di Fondazione Rei (che gestisce Tecnopolo di Reggio Emilia, Tech-Up Accelerator, Digital Automation Lab, digitalizzazione e automazione di processo), che ha presentato alcune startup che ruotano attorno alla piattaforma: Refuel Solutions (con Marco Di Mola, co-founder e coo) per biodeiesel per mezzi pesanti;

Proteso (con Stefano Toxiri, ceo), azienda del deep-tech specializzata in esoscheletri motorizzati che riducono fatica e dolore nei lavoratori; SIEve (con Yuri Serra, ceo e cto), che sviluppa filtri modulari per il trattamento di acque reflue, municipali e industriali; Protei-

nItaly (con Giovanni Turchetti, head of r&d), che alleva mosche-soldato per la produzione di pet food organico. Alessandro Annovi, strategy and innovation manager e responsabile di Cirfood District (centro di ricerca e innovazione che progetta e sperimenta nuove soluzioni nell’ambito della nutrizione e del food service) ha presentato: Hector (con Riccardo Busetto, ceo e fondatore), robot collaborativo che supporta lo staff di cucina; Krill Design (con Martina Lamperti, ceo e co-founder), soluzione che ridà vita ai sottoprodotti organici dell’industria alimentare; CargoFull (con Filippo Tamburini, ceo e co-founder), soluzione software di logistica smart che aiuta a ottimizzare le operazioni. In conclusone è intervenuto Andrea Notari, corporate venture capital & open innovation manager di Credem, che ha parlato del ruolo della banca nei processi di innovazione e di Officine Credem, la nuova sede del gruppo al Parco Innovazione di Reggio Emilia. La prossima tappa di Forbes Italian Excellence sarà il 5 giugno a Bergamo. F

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In alto i calici

Il nuovo progetto Forbes Iconic Wines & Wineries vuole riconoscere le aziende del settore enoico italiano, spesso a conduzione familiare, che hanno tramandato il loro patrimonio attraverso le generazioni

FForbes ha dato il via a un nuovo progetto per raccontare le storie delle eccellenze italiane del settore enoico. L’iniziativa Forbes Iconic Wines & Wineries vuole mettere in luce e premiare le aziende, spesso a conduzione familiare, che hanno tramandato il loro patrimonio attraverso le generazioni. Il progetto vuole

premiare anche le persone che, con passione, sacrificio e competenza, rappresentano il meglio del settore e, ovviamente, i loro prodotti, che hanno acquisito un elevato riconoscimento a livello mondiale per la loro qualità, la storia, la tradizione e l’impatto culturale.

Un progetto che non poteva che partire dal Vinitaly, il salone internazionale del vino e dei distillati, che si svolge ogni anno a Verona. “Per sviluppare questo progetto, dopo aver analizzato i punti di forza del settore

vitivinicolo italiano”, spiega Nicola Formichella, amministratore delegato di Bfc Media, “abbiamo scelto come punto di partenza l’evento di maggiore prestigio in Italia sul vino e abbiamo deciso di valorizzare l’imprenditoria femminile, che, con il suo contributo effervescente e innovativo, sta rivoluzionando questo mercato”. “Il turismo oggi è legato al vino e ai prodotti di eccellenza del territorio”, ha detto il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida. “E lo è diventato

quanto i nostri beni culturali, un attrattore che abbiamo il dovere di promuovere, proteggere e tutelare”. La premiazione ha rappresentato l’inizio di un lungo e complesso progetto che porterà a valorizzare, sui canali stampa e digitali di Forbes, le eccellenze italiane di questo settore e che vedrà una coordinatrice d’eccezione, Cristina Mercuri, wine educator che sta portando a termine il percorso per ottenere il titolo di master of wine, il massimo riconoscimento in ambito enoico. F

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I VINCITORI DEL PREMIO FORBES ITALIAN EXCELLENCE

Il premio Traguardo Enoici è andato a Francesca Moretti vicepresidente di holding Terra Moretti ed enologo di Bellavista, per aver scelto di perseguire il proprio sogno di bambina di fare l’enologa, in un mondo ancora prettamente maschile, e per avere scelto ogni giorno di difendere la natura, il lavoro della campagna, la scelta di essere sostenibili.

Il premio Valorizzazione del Territorio è andato a Marina Cvetic Masciarelli, ceo e presidente di Tenute Masciarelli, per aver creato una linea di prodotti di alta qualità che porta il suo nome e offre una visuale inaspettata sul panorama enologico abruzzese.

Il premio L’Arte del Vino è andato a José Rallo, amministratore delegato di Donnafugata, per una carriera all’insegna dell’indipendenza e del coraggio di scelte anche controcorrente, oltre che alla passione per le arti e per la musica.

Il premio La Storia Siamo Noi se lo è aggiudicato Albiera Antinori, presidente della Marchesi Antinori, perché continua a gestire direttamente le attività dopo 26 generazioni, con scelte innovative e talvolta coraggiose, ma sempre mantenendo inalterato il rispetto per le tradizioni e per il territorio.

La premiazione ha rappresentato l’inizio di un lungo e progetto che porterà a valorizzare le eccellenze italiane del settore enoico

Il premio Originalità è andato a Carlotta Fittipaldi Menarini, direttore commerciale di Donne Fittipaldi, società agricola, per aver creato la prima vigna urbana moderna a Firenze, recuperando storia e cultura della città.

Il premio La Forza della Famiglia se lo è aggiudicato Dominga Cotarella, amministratrice delegata di Famiglia Cotarella, per aver saputo creare prodotti di alta qualità dall’intreccio di elementi straordinari come famiglia, forza, amore, tradizione e futuro.

Il premio Giovani in Cantina se lo è aggiudicato Federica Boffa, imprenditrice di quinta generazione, proprietaria di Pio Cesare, per essere riuscita, nonostante la giovanissima età, a portare avanti l’azienda nel solco dello stile unico, rigoroso e inconfondibile che l’ha sempre caratterizzata in 140 anni di storia.

Infine, un riconoscimento speciale al Consorzio Chianti Classico per i suoi 100 anni all’insegna della tradizione e della capacità di sapersi affermare in tutto il mondo sempre con grandissima attenzione ai legami con il suo territorio. Il premio è stato consegnato al presidente del Consorzio Giovanni Manetti.

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FORBES FINANCE

Ascesa da record

Dallo scoppio della guerra in Ucraina, Leonardo ha guadagnato più del 250% in Borsa. All’orizzonte c’è anche il possibile asse con Iveco per la Difesa

PPer molti potrebbe essere un vetusto e machiavellico detto. Per Leonardo, invece, il latino ‘si vis pacem para bellum’ rappresenta, per certi versi, l’emblema della sua inarrestabile corsa in Borsa. Basti pensare che da febbraio 2022mese dello scoppio della guerra in Ucraina - al 22 aprile 2024 la società diretta da Roberto Cingolani (entrato in carica lo scorso anno), ha messo a segno un rally degno delle migliori aziende dell’intelligenza artificiale. Stiamo parlando di una crescita di oltre il 250%, che fatto schizzare le azioni della società da 6,15 euro a più di 22 euro, portando la capitalizzazione di mercato a quasi 13 miliardi. Non è un caso se nel 2023 quello di Leonardo è stato il quinto miglior titolo a livello di guadagni assoluti tra le 600 società più importanti quotate sui listini europei. Un’ascesa record - acuita da questo

primo scorcio del 2024 - che sta facendo sorridere anche il governo italiano, perché il principale investitore di Leonardo, con una quota di circa il 30% delle azioni, è il ministero dell’Economia e delle finanze. Si tratta di una quota di circa 3 miliardi di euro, che difficilmente sarà oggetto della tanto discussa operazione di privatizzazione inseguita dallo Stato, dato il ruolo e i settori sensibili in cui è attiva Leonardo. Sarebbe un harakiri degno di un film di intrigo e spionaggio internazionale. Dove l’Italia non farebbe una bella figura. F

Roberto Cingolani, amministratore delegato e direttore generale di Leonardo. In basso, l’andamento in Borsa del titolo della società negli ultimi tre anni

Leonardo lo scorso anno ha fatto registrare 15,3 miliardi di euro di ricavi (in aumento del 3,9%), 1,3 miliardi di euro di profitti (+5,85%) prima di tasse, interessi e ammortamenti, 17,9 miliardi di euro di ordini (+3,8%) e 2,3 miliardi di euro di indebitamento, in discesa del 23% rispetto al 2022. Non è tutto. La società, infatti, è legata in modo molto particolare a Iveco, regina di Piazza Affari in questo primo trimestre. Secondo diverse indiscrezioni, infatti, Cingolani starebbe trattando per l’acquisizione dell’unità veicoli per la difesa di Iveco (Idv – Iveco Defence Vehicles) per una cifra intorno ai 750 milioni di euro. Operazione che, ovviamente, potrebbe favorire la fusione fra le rispettive attività (Oto Melara per Leonardo) e consentire all’Italia di concorrere nel panorama europeo, dominato dall’asse franco-tedesco. i dati

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IMAGOECONOMICA FONTE: BORSA ITALIANA

FORBES WOMEN

Passione ad alta quota

LLa prima donna pilota di linea in Italia si chiama Fiorenza De Bernardi e volava su Cortina. Oggi ha 95 anni, vive a Roma, e nel 1967 lavorava per la compagnia Aeralpi. Oggi non è certo una novità avere donne al comando: secondo l’Ente nazionale per l’aviazione civile, il numero di licenze di pilotaggio rilasciate alle donne è in costante aumento è rappresentata circa il 3,6% in Italia. Marta Silvetti è senior first officer di Vueling (nella compagnia spagnola la presenza femminile nei ruoli dirigenziali è del 57%).

Cosa sognava di diventare da bambina?

Ho sognato di fare il pilota fin da bambina. La mia casa si trovava a 1 km dall’aeroporto di Verona Villafranca, base di aerei militari e civili all’epoca, quindi il volo ha sempre fatto parte della mia vita.

Quando si è avvicinata alla professione?

Appena finito il liceo volevo già iniziare il corso per diventare pilota, ma la mia famiglia mi spinse a prendere una laurea. Credo volessero farmi passare la voglia (ride, ndr).

Mi sono laureata in Econo-

“Le emozioni più grandi le ho provate nei primi voli da solista”. Così Marta Silvetti, senior first officer di Vueling, che ha raccontato la sua esperienza di pilota per la compagnia spagnola

mia aziendale e l’ultimo anno di università sono andata in Spagna per l’Erasmus. A Barcellona ho iniziato la formazione come pilota e dopo l’università ho continuato gli studi aeronautici a Valencia. Ultimati i brevetti nel 2003, senza grandi prospettive di lavoro (dopo il 2001, con l’attentato del World Trade Center, il mondo aeronautico si era bloccato), ho continuato la formazione come istruttrice di volo. Nel 2016 sono arrivata in Vueling.

Cosa ricorda delle prime esperienze in volo?

Nel volo non si deve aver paura, o forse non è que-

sta la parola corretta: io lo chiamerei rispetto nei confronti di una situazione fuori dal comune. In tutti i decolli si deve avere sempre quel pizzico di ansia, rispetto e concentrazione verso una situazione perfettamente controllabile, ma non certamente normale. Le emozioni più forti sono nei primi voli da solista che si fanno durante la fase iniziale dell’addestramento.

È un settore inclusivo per le donne?

Anche se ci sono molte meno donne pilota rispetto agli uomini, non ho mai ri-

scontrato nessuna situazione ‘diversa’ o ingiusta per solo il fatto di essere donna.

Come si diventa pilota?

Dopo il diploma di scuola media superiore si accede a una scuola di volo privata. Il corso dura due anni, ci sono 14 esami teorici e diverse fasi di volo. Una volta ottenuti i brevetti, si può cercare un lavoro in una compagnia aerea. Il brevetto aeronautico non è valido senza un’abilitazione specifica per volare solo su un determinato tipo di aereo.

Come riesce a conciliare le tante ore di volo con la famiglia?

Ho due figli maschi, di 15 e 13 anni. Mio marito è anche lui pilota, quindi i ragazzi sono abituati al nostro stile di vita. Per me è importante dimostrare ai ragazzi che il nostro è un lavoro normalissimo e che il pilota non è un lavoro da soli uomini. F

Per conoscere altre storie di leadership femminile visita la sezione sul sito Forbes.it

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Il meglio del design

Il direttore di Forbes Italia, Alessandro Mauro Rossi, ha premiato quattro eccellenze italiane oltre a Maria Porro, presidente del Salone del Mobile, che ha ospitato l’evento

FForbes Italia ha presentato, alla 62esima edizione del Salone del Mobile di Milano, un nuovo progetto dedicato al design del nostro Paese: Forbes Design. “Abbiamo fortemente voluto lanciare questa nuova area tematica sul design al Salone del Mobile”, dice l’amministratore delegato di Bfc Media, Nicola Formichella. Che prosegue: “Il progetto porterà a momenti di

incontro e confronto con le aziende più importanti del nostro Paese, che possono dare l’impulso alla cultura italiana del design nel mondo.”

“Abbiamo premiato, qui al Salone, cinque eccellenze italiane che, con i loro prodotti, stanno promuovendo la qualità del made in Italy nel mondo”, dice Alessandro Mauro Rossi, direttore di Forbes Italia “È la prima volta che partecipiamo al Salone del Mobile ma vogliamo tornarci e aumentare la nostra presenza”.

I premi sono andati a Maria Porro, presidente del Salone del Mobile, per essere la vetrina sul mondo

delle eccellenze del design e dell’arredo italiano; Cristiano Crosetta, amministratore delegato di Tubes, per aver dato forma al calore attraverso il design, distinguendosi come eccellenza del settore; Beniamino Garofalo, amministratore delegato di Unopiù, per aver trasformato il giardino in un salotto elegante a cielo aperto; Matteo Borsari, head of communication & sustainability di Florim Ceramiche, per l’incontro vincente tra bellezza, innovazione e sostenibilità; e Riccardo Balbo, direttore accademico di Ied, per il miglior progetto inclusivo del Fuorisalone. F

FORBES.IT MAGGIO, 2024
Da sinistra: Matteo Borsari, Cristiano Crosetta, Alessandro Mauro Rossi, Riccardo Balbo, Maria Porro e Beniamino Garofalo.

ATTENZIONI NORVEGESI PER LA STARTUP FISCOZEN

Capita spesso che una startup finisca nel mirino di una società internazionale che vuole entrare nel mercato italiano e che l’attenzione possa essere una buona soluzione per la continuità della stessa impresa. È quello che sta accadendo a Fiscozen, che ha creato una piattaforma per la gestione delle partite Iva e dal 2018 ha raccolto 12 milioni: nel capitale è entrato Visma, un gruppo norvegese che opera già in 32 paesi e si sta adesso espandendo in Europa. Non sono stati comunicati l’importo dell’investimento e la quota del capitale, ma è probabile che l’operazione sia una prova generale di exit. D’altro canto, il co-fondatore di Fiscozen con il ceo Enrico Mattiazzi (a destra nella foto), si chiama Vito Lomele e ha bei precedenti: è un navigato imprenditore seriale balzato agli onori delle cronache dieci anni fa per una exit clamorosa, la vendita della startup Jobrapido al gruppo inglese Dmgt, che tra le altre cose pubblica il quotidiano DailyMail

Luca Ferrari e il fallimento prima di BENDING SPOONS

Chiamatelo unicorno (e su questo c’è chi non è d’accordo), chiamatelo come volete, ma Bending Spoons, dopo l’acquisizione delle società americane Mosaic, Meetup e adesso Streamyard (solo dall’inizio dell’anno), è ormai il campione del digitale italiano. Anzi, come dice il suo ceo Luca Ferrari (nellafoto), una tech company che fa profitti e che ha attirato l’attenzione dei grandi investitori internazionali. Non tutti sanno che prima di fondare Bending Spoons Ferrari e un altro

co-fondatore (Matteo Danieli) avevano perso 40mila dollari in una startup, Evertale, che non aveva funzionato sul mercato. La riprova che, quando si fa startup, il fallimento è da mettere in conto, soprattutto quando si prova la prima volta, e insegna molto. Per questo, quando hanno fondato Bending Spoons (nel 2013, ma la sede è stata spostata in Italia nel 2014), Ferrari e soci hanno preferito seguire una strategia diversa: acquisire società che avessero già superato i test di mercato.

Una piattaforma per il lavoro dei NOMADI DIGITALI

Talent-as-a-service: è la parola d’ordine di Cosmico, startup fondata nel 2020 da Francesco Marino (ceo), Matteo Roversi e Simone Tornabene, che a metà aprile ha chiuso un round da 4 milioni di euro. Che cosa significa talent-as-a-service? Far diventare un servizio per le aziende la ricerca

di talenti, soprattutto tra i professionisti del digitale. Si tratta prevalentemente di freelance che si fa fatica a intercettare e che sono ormai dedicati allo smart working: i cosiddetti nomadi digitali. Cosmico può contare su una comunità di 16mila professionisti in ambito coding, design, data & AI e cybersecurity, un’area in cui si è rafforzata di recente con l’acquisizione di Bioss. Il nuovo round servirà a consolidare la piattaforma e la sua espansione internazionale, che ha da poco aperto una sede a Madrid. Obiettivo 2024: 10 milioni di fatturato.

FORBES.IT MAGGIO, 2024 39
NEWS
di Giovanni Iozzia
INNOVATION PEOPLE SHORT
I fondatori di Cosmico

Alla finanza non piace il GREENWASHING

Il 94% degli investitori non si fida dei bilanci di sostenibilità delle imprese. Lo dice lo studio Global Investor Survey di PwC, che ha indagato i possibili impatti su fiducia e reputazione del business aziendale di una comunicazione poco trasparente rispetto ai criteri e alle attività svolte in ambito esg. “Il reporting aziendale deve continuare a evolversi in modo da fornire informazioni affidabili, coerenti e comparabili sulle quali investitori e stakeholder possano

LO SPORT METTE

IL TURBO ALLA

TRANSIZIONE DIGITALE

Da Fondazione

Estense di Ferrara parte la proposta per un’alleanza digitale tra le società sportive. Lo sport diventa un canale educativo privilegiato per contribuire alla transizione digitale. Le società firmatarie si impegnano a formare e aiutare i ragazzi. Il progetto parte da Ferrara Basket e serve “a comprendere quanto sono importanti il proprio tempo, quanto è importante la propria fisicità e il rapporto diretto con gli altri”, spiega Rudy Bandiera, coordinatore del progetto. Due anni di iniziative ed eventi sul territorio per un confronto diretto con i ragazzi. “Il nostro obiettivo è mettere al centro lo sport che diventa un veicolo formativo per i ragazzi e per le famiglie, per una gestione consapevole della tecnologia. C’è un problema di iperutilizzo e quindi dobbiamo dare strumenti per governarla”.

fare affidamento”, spiega Ada Rosa Balzan, founder, presidente e ceo di Arb, società benefit per azioni specializzata nella consulenza e nella creazione di progetti ad alto valore scientifico. “Il bilancio di sostenibilità non è una mera rendicontazione d’indicatori, ma è un processo che afferma i valori dell’azienda, la sua governance e deve comunicare in modo trasparente ciò che la società sta facendo, concretamente, in ambito esg”.

CHEF sempre più sostenibili

La prima azienda agricola acquaponica di origini romane, la più estesa nel contesto europeo, è riuscita a creare rapporti di fiducia con la ristorazione in Italia. The Circle, l’orto tecnologico più stellato in Italia, con una rete di 200 ristoranti, conferma l’attenzione degli chef alla sostenibilità e alla qualità delle materie prime. E punta ad allargare la rete a 500 ristoranti entro il 2025. “The Circle”, racconta Thomas Marino, co-founder e cmo, “è nato nel 2017 e da allora i tempi sono molto cambiati. La sensibilità sul tema ambientale è aumentata e la maggior parte degli chef fa oggi attenzione alla materia prima di qualità e sostenibile. Siamo diventati un punto di riferimento per le cucine attente. Lo scambio che abbiamo sempre avuto in questi anni con loro ci permetterà di continuare a migliorarci e di portare il nostro prodotto anche oltre i confini nazionali”.

FORBES.IT MAGGIO, 2024 40
SOCIAL RESPONSIBILITY SHORT NEWS
Ada Rosa Balzan Rudy Bandiera Thomas Marino

SPACE ECONOMY SHORT NEWS

Una jeep lunare da più di 4 miliardi

La Nasa ha selezionato i progetti di tre compagnie private per sviluppare il veicolo che gli astronauti guideranno sulla superficie della Luna. Costo totale: 4,6 miliardi di dollari. Intuitive Machines, Lunar Outpost e Venturi Astrolab sono le aziende che hanno superato la prima fase e ricevuto i primi finanziamenti per il Lunar Terrain Vehicle (o Ltv). Le nuove ‘moon buggy’ non saranno pressurizzate, gli astronauti dovranno indossare tuta e casco per guidarle, e avranno i fari che permetteranno ai pionieri del programma Artemis

di avventurarsi in esplorazione tra le ombre dei crateri del Polo sud. Una volta selezionato, il progetto vincitore dovrà contemplare la consegna sulla Luna nel luogo in cui approderà la missione Artemis V nel 2030, il posizionamento del veicolo e le attività da remoto su indicazione della stessa Nasa. L’Ltv, infatti, non sarà solo un mezzo di trasporto, comunicazione e raccolta di materiali dal suolo lunare operato da astronauti, ma nei periodi in cui non ci saranno missioni umane dovrà funzionare da rover telecomandato, per l’esplorazione e la raccolta di campioni. Nei periodi restanti, l’azienda potrà servirsene per sviluppare le proprie opportunità di business sulla superficie selenica

L’economia spaziale crescerà, a livello globale, dai 630 miliardi di dollari del 2023 fino a 1.800 miliardi nel 2035, con un incremento del 9% all’anno, il doppio della proiezione del Pil planetario. L’economia farà sempre più affidamento sui servizi che dallo spazio arrivano in maniera diretta, oppure derivano. È questa l’analisi fatta dal World Economic Forum in partnership con la società di consulenza McKinsey & Company. Aggiustata all’inflazione, la cifra calcolata nel rapporto somma due componenti: la ‘spina dorsale’ (o backbone) dell’economia spaziale, cioè satelliti, lanciatori, servizi di broadcast e di geoposizionamento, che per il 2023 risulta di 330 miliardi, e la stima di tutti i servizi, le applicazioni e le attività che possono beneficiare del dato spaziale, o che sono nati anche grazie alla

SPACE ECONOMY

1.800 miliardi

di dollari nel 2035

ricchezza informativa prodotta in orbita. “È quello che definiamo reach, il segmento per cui la tecnologia spaziale aiuta le aziende di tutti i settori a generare ricavi. Uber, per esempio, sfrutta la combinazione di segnali satellitari e chip all’interno degli smartphone per collegare autisti e passeggeri e

fornire indicazioni stradali in ogni città”, scrivono gli esperti nel dossier. E sarà proprio questo fattore il moltiplicatore di ricchezza, con una crescita stimata da 300 a oltre 1.000 miliardi nel 2035. Cifra cui andrà a sommarsi il valore della ‘spina dorsale’, che si attesterà attorno ai 750 miliardi.

UN NUOVO FUTURO PER EXOMARS

La storia di ExoMars continua. Rinviata dopo lo scoppio della pandemia da Covid-19, la missione dell’Agenzia spaziale europea (Esa) verso Marte era rimasta a terra dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia (che era partner del programma). Adesso il rover Rosalind Franklin attende di decollare nel 2028 per cercare tracce di vita nel sottosuolo del Pianeta rosso. Thales Alenia Space (Thales 67% e Leonardo 33%) ha firmato un contratto da circa 522 milioni di euro con l’Esa per costruire il modulo di discesa e atterraggio e per portare avanti le operazioni di manu-

tenzione e riconfigurazione dei veicoli già costruiti per la missione del 2022. La seconda missione del programma ExoMars - la prima, il satellite Trace Gas Orbiter, è operativa dal 2016 - volerà spinta da un lanciatore americano. Il rover indagherà la presenza di tracce di attività biologica, passata o presente, fino a due metri di profondità nel sottosuolo marziano, con un trapano all’avanguardia costruito da Leonardo. L’Italia, con la propria agenzia spaziale, è il principale finanziatore del programma ExoMars, seguita dal Regno Unito, che ha costruito il rover.

FORBES.IT MAGGIO, 2024 41
di Emilio Cozzi

LA VIA DELLA CONSULENZA PASSA DALLA TECNOLOGIA

IL FILO
CHE
FINECO
SUA
MA ORA LA
È QUELLA DI FAR CRESCERE LA
FINANZIARIA PER DARE MIGLIORI SERVIZI ALLA CLIENTELA. PAOLO DI GRAZIA , VICE DIRETTORE GENERALE E RESPONSABILE GLOBAL BUSINESS, RACCONTA A FORBES I PROGETTI DELLA SOCIETÀ
FORBES.IT MAGGIO, 2024 DI ALESSANDRO MAURO ROSSI
INNOVAZIONE. È
CONDUTTORE
HA GUIDATO
DALLA
NASCITA.
SCOMMESSA
CULTURA
THE PROFILE CONSULENTI DIGITALI

D PAOLO DI GRAZIA

Paolo Di Grazia ha fondato Fineco nel 1999 assieme ad Alessandro Foti e a una squadra che definisce di “colleghi talentuosi”.

Da 25 anni in Fineco, una passione per il suo lavoro e per la tecnologia applicata alla finanza. Paolo Di Grazia, lucchese con trascorsi negli Stati Uniti e una carriera spesa in gran parte a Milano, è il vice direttore generale e responsabile global business Fineco. Nel 1999, insieme ad Alessandro Foti e a una squadra che definisce di “colleghi talentuosi”, ha fondato quella che oggi è una delle banche più innovative d’Italia. In quell’anno è iniziata la nuova vita di Fineco: da società di intermediazione si è trasformata nella banca che per prima ha messo la tecnologia al servizio dei clienti e poi dei suoi consulenti. Di Grazia durante la sua esperienza bancaria a New York aveva scoperto e utilizzato le prime piattaforme di trading, e al suo ritorno in Italia l’incontro con il progetto Fineco si è trasformato in un’attrazione reciproca. E così è cominciata l’avventura: doppia, la sua e quella di Fineco. “Ci siamo resi conto della rivoluzione che era in atto, quando in Italia si parlava ancora di borsino, di andare in filiale. Con il team abbiamo capito subito che queste piattaforme avrebbero trovato terreno fertile anche nel nostro Paese”, racconta Di Grazia.

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Da allora di strada ne avete fatta. Quanto spazio c’è ancora per l’innovazione negli strumenti tecnologici dedicati ai consulenti finanziari? A che punto siamo?

La tecnologia rivolta ai clienti è molto avanti, esistono piattaforme addirittura più evolute di quello che il mercato è pronto a recepire. Sulla parte, invece, della tecnologia per i consulenti finanziari, c’è ancora molto da fare. Noi siamo dei frontrunner e per questo abbiamo cominciato a investire sulle piattaforme per i consulenti tanti anni fa, ma c’è ancora tanta strada da fare: quello dei consulenti è un ecosistema che è già pronto ad assorbire tecnologia, in quanto è già evoluto rispetto a quello dei risparmiatori italiani.

In sostanza cosa fate?

Investiamo costantemente sulla piattaforma che usano i nostri consulenti finanziari per gestire i propri clienti, in maniera tale da aumentare sempre di più il loro livello di esperienza di utilizzo. Se immaginiamo i consulenti come ‘apostoli’ dell’educazione finanziaria, possiamo considerare il modello di consulenza evoluta uno strumento in grado di coinvolgere nel risparmio gestito una fascia sempre più ampia di clientela.

Sostanzialmente lei dice che lo sviluppo tecnologico per i consulenti si traduce in un servizio migliore per la clientela?

Esatto. Fineco ha fatto tanto per far evolvere la cultura finanziaria italiana in generale, e in questo percorso i consulenti finanziari hanno as-

sunto un ruolo sociale. Parlo dell’intera categoria, dato che sul mercato esistono soluzioni efficaci e prezzi coerenti con il livello di servizio offerto. Certo, ci sono anche situazioni in cui i prezzi sono sproporzionati e poco trasparenti. Ma se ci troviamo di fronte a un consulente che ha accesso praticamente a tutte le asset class del mondo e ha la capacità di offrire un servizio in termini anche di costo estremamente trasparente, la tecnologia si trasforma in uno strumento eccezionale per diffondere cultura finanziaria e quindi in un volano per far aumentare la consapevolezza. Così il cliente acquisisce una comprensione sempre maggiore delle strategie alla base delle scelte di investimento.

Ma se il cliente diventa autonomo, il consulente cosa fa?

Questa è una delle domande che ci si sente fare da tanti anni e che all’inizio, molto tempo fa, mi sono fatto anch’io. La risposta è semplice: quando si tratta di investire i tuoi risparmi, il presupposto fondamentale è avere davanti una persona fisica di cui ti fidi. La finanza in questo somiglia alla salute: di fronte a un problema vogliamo instaurare una relazione con il professionista che ci assiste, non rivolgerci a un computer.

Quali sono le differenze tra la consulenza finanziaria in Italia e nei paesi più avanzati?

Per vedere dove va o dove potrebbe andare il mondo finanziario, gli Stati Uniti restano un punto di riferimento ancora oggi. Lì la cultura fi-

I numeri di FINECO

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dati al 31 marzo 2024 Clienti totali: 1,59 milioni Consulenti finanziari: 2.962 Fineco Center: 428 +42% a/a 24,3% +14% +30,5% a/a +23% a/a Utile netto 2023 € 609,1 milioni Ricavi 2023 € 1,237 miliardi Private Banking: € 60 miliardi CET1 Patrimonio € 128,2 miliardi

nanziaria è avanti probabilmente 15-20 anni rispetto alla nostra, e la tecnologia tende a essere avanti di quattro, cinque anni. Negli Stati Uniti oltre l’80% dei risparmi è gestito da un consulente finanziario, anche perché la ricchezza è molto concentrata, quindi in Italia non arriveremo mai a livelli così elevati. Un aspetto da considerare, però, è che l’approccio anglosassone prende in considerazione l’intero patrimonio della famiglia: il consulente, quindi, non opera da solo, perché il cliente americano si attende una consulenza su ogni fronte della propria attività.

E

in

Italia?

In Italia ci stiamo avvicinando: nei team di consulenza è coinvolto un quarto dei consulenti Fineco, e in questo modo è possibile coinvolgere figure specialistiche, quando necessario, dando un servizio a tutto tondo. Il mondo della consulenza finanziaria tuttavia resta ancora limitato, perché coinvolge solo il 12-13% della ricchezza delle famiglie italiane: le stime indicano che nei prossimi dieci anni si possa arrivare al 30-35%. Significa che c’è uno spazio enorme, soprattutto per quelle realtà che consentono l’interazione autonoma con i mercati in combinazione con la presenza di un consulente.

E questo è quello che fa Fineco.

La peculiarità della nostra offerta è che permettiamo ai nostri clienti entrambe le possibilità: ho il consulente, ma posso fare anche in autonomia. Succede spesso che il professionista gestisca, per esempio, l’80% del patrimonio di un cliente, che però può scegliere di operare da solo sulla parte restante. Per un investitore diventa così fondamentale avere a disposizione quante più asset class possibili, con una diversificazione anche geografica. Non puoi avere a disposizione solo singole azioni, ma anche fondi, etf, una componente di certificates, o la possibilità di accedere al mercato delle valute.

E con un panorama globale… Sì, su base globale. Questo è fondamentale, così come investire con un orizzonte temporale di medio-lungo periodo e in maniera più diversificata possibile. Queste sono le regole fondamentali. Sono tre regole molto banali, se vogliamo. Però sono il cuore dell’educazione finanziaria.

Qual è il vostro target in termini di clienti?

Sempre di più stiamo rivolgendo l’offerta dei nostri servizi a un tipo di cliente che vuole investire. Per questo puntiamo molto anche sulla co-

“La finanza somiglia alla salute: di fronte a un problema vogliamo instaurare una relazione con il professionista che ci assiste, non rivolgerci a un computer”

municazione. Siamo nati nel 1999 dalla fusione di due culture diverse - da una parte quella tecnica, dall’altra quella della comunicazione - per costruire un brand da zero. Gli aspetti legati alla comunicazione, all’advertising e alla gestione del brand fanno insomma parte del nostro dna.

Oggi il vostro marchio è riconoscibile?

Direi proprio di sì. Fineco oggi è considerato un vero ‘love brand’, nel senso che i nostri clienti lo amano quasi come se fosse un brand di moda, di moto o di auto. Abbiamo raggiunto questo risultato sicuramente grazie a una serie di campagne mirate, ma soprattutto puntando principalmente sull’elevata soddisfazione dei nostri clienti. Questo è il trend più dirompente, quello che ha creato veramente la base solida della nostra brand identity. A quel punto abbiamo potuto investire sulla comunicazione, in particolare su quella emozionale.

Restava il problema di come sviluppare il brand insieme al prodotto.

In Fineco brand e prodotto sono sempre stati strettamente collegati. Negli ultimi 25 anni siamo passati dall’offrire il primo servizio online per comprare azioni al primo conto deposito digitale, fino a trasformarci in una piattaforma che risponde a ogni tipo di esigenza finanziaria con una rete di quasi tremila consulenti. La bussola però è sempre stata la soddisfazione dei nostri clienti, ottenuta creando prodotti e servizi di alto livello. I prodotti hanno fidelizzato sempre di più i nostri clienti e ne hanno attratti di nuovi: nei primi mesi dell’anno abbiamo ulteriormente migliorato del 25% il dato sui nuovi conti aperti. Sul brand poi abbiamo lavorato molto a livello locale, da poco anche tramite iniziative culturali, rafforzando così il nostro legame con il ter-

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ritorio. E poi la scelta di raccontare, tramite i nostri spot emozionali e le nostre campagne di comunicazione, quello che siamo e che facciamo realmente. Non c’è cosa peggiore che fare lo spot più bello del mondo che però trasmette qualcosa che non è allineato con i valori, i prodotti e i servizi che offre la banca. Noi abbiamo sempre raccontato chi siamo veramente, e ne abbiamo raccolto i frutti.

Che idee avete per crescere ancora?

La direzione di crescita è molto semplice e punta sull’innovazione continua. È una percezione chiara in tutta la banca, il nostro primo focus: non si tratta di un’innovazione fine a se stessa, ma dell’impegno a ottenere una soddisfazione sempre più elevata da parte dei nostri clienti e dei nostri consulenti finanziari, oltre a mettere questi ultimi nelle condizioni ideali per aumentare la loro produttività e quella di tutta la banca.

Cosa intende per produttività dei consulenti?

Partiamo da un presupposto: i nostri consulenti sono molto soddisfatti dei servizi messi a disposizione dalla nostra rete, così come lo sono i loro clienti. E non potrebbe essere diversamente, perché se il cliente è soddisfatto, anche il consulente lo è. Il punto è che, se hai tanta tecnologia utile a disposizione, puoi dedi-

“La pandemia ha funzionato come un gigantesco corso di formazione per la popolazione più anziana, con il risultato di vedere ormai ultrasettantenni disinvolti nell’usare i nostri servizi”

carti al moltiplicatore superiore. In altri termini, aumentare la produttività vuol dire migliorare sia il livello di servizio nei confronti del cliente, sia la marginalità. Grazie a questa leva è possibile, nel tempo, ridurre ulteriormente i costi per i risparmiatori in maniera sostenibile. E questo è il focus principale del nostro percorso di crescita, in prospettiva.

Insomma, più efficienza.

Sì, più efficienza accompagnata da innovazione e trasparenza. Sono i tre pilastri fondamentali per noi fin dall’inizio, quando siamo partiti con la piattaforma di brokerage, che all’epoca si chiamava trading on line. Abbiamo conquistato il mercato puntando sulla trasparenza, dando un servizio nettamente meno caro di quello che si pagava nei borsini, con un’esperienza di utilizzo imparagonabile. Adesso siamo tra i pochi a offrire ai clienti la consulenza a parcella, una soluzione considerata decisiva per plasmare la consulenza finanziaria del futuro, che abbiamo incominciato a utilizzare oltre 15 anni fa.

Sostanzialmente…

Sostanzialmente, invece di avere una consulenza che applica i costi all’interno dei fondi in portafoglio, è una consulenza che esplicita la parcella del consulente finanziario a fine anno o semestralmente o ogni tre mesi. Allo stesso modo di un avvocato, un commercialista, o un qualsiasi altro professionista.

E ai clienti piace questa formula?

Sì, perché riescono ad avere la consapevolezza del costo del servizio, e possono confrontarlo con il livello di soddisfazione. Con questa modalità tutti i costi di gestione previsti dagli strumenti finanziari all’interno del portafoglio tornano al cliente, che paga solo la consulenza concordata e non ha altri costi. È un’esperienza molto innovativa che deriva dal mondo anglosassone, e in Italia siamo stati i primi a lanciarla. La scorsa estate l’abbiamo rinnovata, presentando la nostra nuova piattaforma Advice+, che punta in particolare sulla personalizzazione del servizio. Per noi rappresenta uno dei punti di maggior attenzione, oltre all’ampliamento ulteriore delle soluzioni disponibili. In questo modo i consulenti possono calibrare i portafogli sulle singole esigenze del cliente, garantendo contemporaneamente grande attenzione alla trasparenza. E il cliente ha la

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possibilità di utilizzare un’interfaccia semplice, senza necessità di chiedere assistenza per qualsiasi operazione. A partire da quelle bancarie che ormai si affrontano comodamente tramite app dal proprio cellulare o sul sito web.

Ma l’utilizzo spinto della tecnologia non potrebbe essere limitante su certe fasce di clientela, come quelle più anziane che, si sa, sono anche quelle con maggiore disponibilità finanziaria?

In passato questa obiezione era legittima, ma si tratta di un trend che si è invertito in maniera netta dopo la pandemia. Tutta la fascia di persone sopra i 70 anni ha utilizzato tantissimo la tecnologia per rimanere in contatto con parenti, famiglie, amici. In questo la pandemia ha funzionato come un gigantesco corso di formazione per la popolazione più anziana, con il risultato di vedere ormai ultrasettantenni disinvolti nell’utilizzare i nostri servizi. Il requisito essenziale, ovviamente, è che siano disegnati per essere utilizzati in maniera semplice. Si tratta di un’indicazione che non vale soltanto per i settantenni, ma anche per i diciottenni: se non disegni un servizio facile e fruibile, non lo utilizza nemmeno un nativo digitale.

Avete ancora clienti che fanno tanto trading online in proprio? Sembrerebbe un segmento al tramonto. È rimasta una nicchia di clienti professionali, ancora particolarmente attiva, ma molti tra quanti una volta erano trader online oggi si sono trasformati in investitori. Un po’ come è successo per tanti mestieri che stanno scomparendo, i trader sono stati sostituiti da risparmiatori che fanno 10, 15, 20 operazioni all’anno. La stragrande maggioranza dei nostri clienti opera in simbiosi con il consulente finanziario, e il nostro modello ha accompagnato questa evoluzione. Una volta raggiunta la consapevolezza sul funzionamento dei mercati finanziari, è possibile investire con facilità nell’economia globale acquistando titoli, magari dopo essersi informati su un giornale o su un sito.

Se volete crescere avrete anche la necessità di rinforzare la rete dei consulenti con nuovi ingressi. Qual è la vostra politica di reclutamento?

La formula più efficace è il passaparola, cioè quello che si dice sul mercato di noi e di come si lavora in Fineco. L’immagine che passa è

quella di un consulente Fineco molto soddisfatto, a cui vengono date indicazioni chiare e precise, ma che al tempo stesso viene lasciato libero di lavorare e di arrivare all’obiettivo da solo, con tutto il supporto di cui necessita. Poi, ovviamente, ci sono delle gerarchie. Ma questo tipo di organizzazione tende a essere quella più in grado di attrarre i migliori talenti.

Dove è arrivata oggi Fineco?

Abbiamo un milione e 600mila clienti, con oltre 120 miliardi di patrimonio: sembrano grandi numeri, ma è solo poco meno del 4% della quota di mercato. Vuol dire che siamo ancora all’inizio, che lo spazio per svilupparci ancora è immenso nonostante nei nostri 25 anni di storia siamo cresciuti a un ritmo che definirei vorticoso. Acquisiamo circa 120mila nuovi clienti all’anno: significa l’apertura di diecimila nuovi conti al mese. Ma non è tanto alla quantità dei clienti che guardiamo, quanto alla loro qualità. Oggi Fineco è una banca solida, innovativa e molto profittevole. F

Paolo Di Grazia, lucchese, ha scoperto le piattaforme di trading durante la sua esperienza bancaria a New York.

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L’era del manager CASALINGO

Gli uomini lavorano da remoto più delle donne. Sono sempre di più le coppie in cui è solo lei ad andare in ufficio. E per spiegare il fenomeno non basta la maggiore presenza maschile nei settori più aperti allo smart working, come l’informatica e l’ingegneria. Allo stesso tempo, però, questo significa che le dipendenti pagano più raramente il prezzo per la flessibilità. Perché secondo diverse ricerche, chi resta a casa ha meno probabilità di ricevere promozioni e aumenti di stipendio

È mattina presto, una donna sulla trentina fa la doccia, si veste, prepara il caffè. Lui, il marito, resta sotto le coperte e dorme ancora quando lei esce di casa per andare in ufficio. Vivono in California, a Costa Mesa, una comunità agiata di casette basse, palme e spiagge. Lui però non è un Lebowski contemporaneo, che si aggira pigramente in vestaglia, anche se è sposato con una donna in carriera. È vero, la ragazza, sua moglie, lavora sodo e sta scalando le gerarchie di uno studio legale. Ma anche lui è un professionista affermato. Semplicemente si alza più tardi perché può lavorare da casa. È un dirigente di una startup tecnologica con sede nella baia di San Francisco, a più di 500 chilometri di distanza. A Cambridge, in Massachusetts, c’è una coppia simile: lui è un programmatore informatico, lei sta facendo un dottorato alla facoltà di legge ad Har-

65%

La quota di lavoratori maschi nelle discipline Stem, in cui è più comune lo smart working

11%

La diminuzione delle probabilità di promozione per chi lavora da casa

L’Economist usa questa carrellata di vite, coppie benestanti con una buona istruzione, per suggerire come negli Stati Uniti stia emergendo una nuova tendenza. Quando le donne escono al mattino, per andare nei loro uffici, ospedali o università, lasciano indietro i loro compagni e mariti. Ma questo, scrive la rivista britannica, non è un ritorno agli anni ‘50 con ruoli di genere invertiti. Gli uomini non sono disoccupati. Lavorano e guadagnano bene. Restano a casa, ma non lo fanno per cucinare, pulire e occuparsi dei bambini. Sono un nuovo prodotto, a volte sottovalutato, della crescita del lavoro remoto: la diffusione del manager maschio casalingo. Negli Stati Uniti c’è una differenza di genere nell’accesso allo smart working. Sembra che gli uomini abbiano un vantaggio quando si tratta di lavorare da dove desideraInvestigation

vard. Un altro caso sempre sulla East Coast americana: lei è un’ostetrica, lui lavora da remoto per una società di scommesse online. E ancora: lei docente in un’università della Ivy League, lui sviluppatore per una società di criptovalute.

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È

no, stando a una ricerca della società di consulenza McKinsey. Il sondaggio ha rivelato che il 38% degli uomini con un impiego ha la possibilità di lavorare in remoto a tempo pieno, contro il 30% delle donne. Inoltre circa la metà delle donne dice di non poter lavorare affatto in remoto, contro il 39% degli uomini. In Italia e in Francia, secondo uno studio condotto da LinkedIn, ci sono disparità analoghe. Le donne sembrano sfruttare meno le nuove forme di occupazione del dopo pandemia, come lavoro ibrido e lavoro a distanza. La cosa interessante è capire che cosa ci sia dietro questi numeri. Capita di sentire di coppie che tornano in Italia dall’estero: lei ha ricevuto un’offerta da un quotidiano importante e va tutti i giorni in redazione, lui può lavorare in remoto perché è consulente di uno studio di architetti di Vienna. Il tema centrale forse è proprio questo: uomini e donne continuano a specializzarsi in aree professionali diverse. I lavori nell’informatica e nell’ingegneria, per esempio, sono svolti in maggioranza dagli uomini. Mentre l’insegnamento e le professioni infermieristiche sono ancora dominati dalle donne. Così come nel campo del diritto e della medicina gli uomini potrebbero ancora essere impiegati più delle donne. Eppure qui la situazione sta cambiando, perché i nuovi iscritti nelle facoltà di diritto e medicina sono più spesso donne che uomini. E così nelle nuove coppie è più probabile che sia la donna a diventare medico o avvocato. Queste diverse occupazioni hanno anche dovuto adottare approcci diversi al lavoro remoto. Secondo McKinsey, i quattro settori dove è più frequente lo smart working sono informatica e It, marketing, contabilità e finanza, project management. Una minoran-

za di professionisti della medicina potrebbe lavorare in remoto, ma la stragrande maggioranza deve curare i pazienti di persona. Le industrie con più alto livello di flessibilità nel lavoro remoto sono legate a tecnologia, ingegneria, programmazione informatica, settori aziendali, finanza. Negli Stati Uniti circa la metà delle persone che lavorano in ambito informatico o matematico è impiegata in remoto a tempo pieno, ricorda ancora l’Economist In questi ambiti potrebbe esserci ancora una prevalenza di uomini, che quindi accedono a forme di lavoro più svincolate dalla presenza fisica in ufficio. Ma evidentemente non c’è solo questo. Secondo l’indagine del team Economic Graph di LinkedIn, esistono differenze

spiega – ripreso dal Corriere della Sera – che ormai non ci sono differenze nell’accesso ai diritti e negli accordi contrattuali, specialmente in grandi aziende come UniCredit, Generali, Snam o Microsoft. Anzi, almeno stando ai dati dell’agenzia Eurostat, c’è una maggior incidenza di donne che per legge hanno contratti tali da accordare più tempo al lavoro da casa. I risultati italiani corrispondono a quelli di un’analoga ricerca realizzata in Francia dalla squadra di data analytics di LinkedIn, pubblicata dal quotidiano Les Échos.

Esistono differenze di genere anche a parità di professione: nei settori It e media il 18,6% degli uomini dichiara di lavorare in remoto, mentre le donne sono solo il 16,4%

anche tra uomini e donne che svolgono le stesse professioni. Nei settori It e media, il 18,6% degli uomini dichiara (in forma anonima) di lavorare in remoto, le donne invece sono solo il 16,4%. Mentre ha l’obbligo dell’ufficio il 42,1% degli uomini, contro il 48,7% delle donne. Anche la soluzione ibrida è più frequentata dagli uomini (39,3%) rispetto alle donne (circa il 35%). Le altre categorie esaminate sono i servizi professionali, i servizi al consumatore e i servizi finanziari. In tutte, la forbice dello smart working è a favore dei lavoratori maschi. Come mai? Il sospetto è che questi ultimi godano di un trattamento di favore, forse sottobanco. Maurizio Villa, ceo della società di head hunting Korn Ferry in Italia,

Il trattamento diverso tra uomini e donne si spiega anche con il fatto che gli uomini conservano una maggiore forza nelle gerarchie professionali. In Francia, afferma il Corriere, il 66% delle posizioni di responsabilità sono in mano agli uomini, che quindi gestiscono il tempo di lavoro più liberamente. Anche in Italia, secondo uno studio recente della Luiss, solo il 32% dei manager è donna. Questa sperequazione si riflette nell’accesso alle nuove forme di lavoro: la ricerca di LinkedIn segnala un dislivello notevole nei servizi professionali (commercialisti, architetti, avvocati e altre categorie), dove il 43% degli uomini dichiara di essere in regime ibrido, contro solo il 35% delle donne.

Questa sembrerebbe un’altra circostanza in cui le donne vengono penalizzate. Ma la prospettiva potrebbe essere anche ribaltata: in alcuni casi, le donne possono avvantaggiarsi del nuovo status dei loro compagni, i maschi manager casalinghi. È vero che le coppie si adattano in mille modi diversi per far funzionare le loro vite insieme. Se a una donna viene offerta una grossa promozione, però con l’obbligo di trasferirsi, magari è costretta rifiutare se

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Investigation

il lavoro del suo compagno è legato a una specifica città. La libertà geografica di uno dei due partner apre le porte all’altro per scalare la gerarchia aziendale. Ma torniamo alla coppia della California. È stata la donna a scegliere Costa Mesa, il posto giusto per la sua carriera – ed era comodo anche perché i nonni dei loro figli abitano vicino. Lui non ha fatto obiezioni: poteva lavorare a distanza. Non c’è solo il privilegio dello smart working, c’è anche il vantaggio (e la necessità) di presentarsi frequentemente in ufficio. Ma è anche vero, come ha scoperto l’economista premio Nobel Claudia Goldin, che i divari salariali di genere sono più ridotti nei settori in cui il lavoro flessibile è la norma. In questi particolari settori, che in genere richiedono specializzazione e competenze, è molto probabile che le donne finiranno per affermarsi sempre di più. Del resto l’economia della conoscenza è adatta alle donne. L’abbandono scolastico in Italia è quasi del tutto maschile. A livello accademico, sia in Europa che negli Stati Uniti, le giovani donne stanno superando i coetanei maschi. Nei paesi ricchi, il 28% dei ragazzi non riesce a raggiungere il livello minimo di competenza nella lettura – definito secondo gli standard dei test Pisa, che mettono alla prova gli studenti delle scuole superiori. La quota delle ragazze è più bassa del 10%. E le donne fanno meglio anche all’università. Nell’Unione europea la percentuale di uomini di età compresa tra i 25 e i 34 anni con un titolo di studio terziario è aumentata dal 21% al 35% tra il 2002 e il 2020. Per le donne l’aumento è stato più rapido, dal 25% al 46%. In America, il divario è più o meno lo stesso, un 10% in più di donne che consegue la laurea. A questi dati però vanno aggiunte alcune preci-

sazioni. Le ragazze si laureano di più e a scuola ottengono risultati migliori nella comprensione dei testi. Questo può significare che rispetto ai maschi potrebbero avere un’attitudine migliore allo studio. Ma in alcune discipline la presenza di donne è ancora limitata, e si tratta proprio delle materie che in teoria conducono a impieghi più adatti a lavoro remoto.

Si dice che le ragazze abbiano maggiore affinità e successo nelle materie umanistiche, linguistiche e artistiche, mentre i ragazzi tendono a eccellere nelle materie Stem (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica). In realtà ci sono ricerche che dimostrano quanto le donne siano ugualmente brave nelle carriere legate alle disci-

Nei paesi ricchi, il 28% dei ragazzi non riesce a raggiungere il livello minimo di competenza nella lettura.
La quota delle coetanee è più bassa del 10%

pline Stem. È anche vero, però, che i numeri ancora evidenziano un fortissimo divario di genere. Ad esempio, uno studio del 2021 ha mostrato che il 65% dei lavoratori Stem erano uomini e il 35% donne. E sebbene i tempi stiano cambiando, questa divergenza continua a esistere. In futuro, colmare questo gap aiuterebbe certamente le donne nell’accesso a forme di lavoro ibrido. Nel frattempo può tornare utile il manager maschio casalingo. Il problema è che questi mariti o compagni che restano a casa non sempre sono manager. Dipende dalle loro priorità, ma se vogliono fare carriera il lavoro remoto non è la strategia migliore. Si è scoperto – da un sondaggio dell’Università di Varsavia condotto

su quasi 1.000 manager inglesi – che chi lavora sempre da casa ha l’11% di probabilità in meno di essere promosso rispetto a chi va regolarmente in ufficio. E – sorpresa – gli uomini in smartworking sono decisamente più penalizzati delle donne. Secondo la ricerca, gli uomini avevano il 15% in meno di probabilità di ottenere una promozione se lavoravano da casa, contro il 7% per le donne. Inoltre, le chance di aumento di stipendio per un lavoratore remoto maschio erano del 10% inferiori rispetto ai colleghi in ufficio, mentre per le donne erano minori solo del 7%. “Chi sta a casa è ancora sfavorito nella carriera, malgrado l’ampia diffusione delle smart working. E gli uomini sono più penalizzati delle donne”, ha detto Agnieszka Kasperska, una delle autrici del rapporto, alla British Sociological Association. Questo trend è ancora più accentuato dove la cultura aziendale è considerata più rigida. In queste aziende gli uomini in remoto avevano il 30% in meno di probabilità di essere promossi e il 19% in meno di ricevere uno stipendio più alto. Le lavoratrici remote, invece, avevano il 15% in meno di probabilità di ricevere una promozione, ma anche il 19% in meno di vedere il loro stipendio aumentare. Che cosa significa tutto questo? Sappiamo che il mondo corporate dopo la pandemia ha voluto riportare i propri dipendenti in ufficio, e in larga parte questo rientro è avvenuto. Quasi tutti i dipendenti hanno cercato di conservare un certo grado di flessibilità. È vero, gli uomini ci sono riusciti più delle donne. Ma hanno pagato un prezzo, in molti casi rinunciando a scatti di stipendio e di carriera. Altro che manager: forse è solo un papà che lavora da casa. F

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Geopolitica

SFIDA sull’acqua

Il mare è il nuovo fronte della partita tra gli Stati Uniti e la Cina. Gli americani hanno avuto per 70 anni una netta supremazia navale, in ambito sia militare che commerciale. Pechino, però, ha rafforzato la sua marina e ha preso il controllo di alcuni dei principali porti europei

C“Chi ha il dominio del mare ha il dominio di tutto”. Così Temistocle esponeva la sua idea di talassocrazia, dal greco ‘dominio del mare’, appunto. Il generale ateniese fu il primo a convincere i suoi concittadini a creare una flotta imponente per sconfiggere i persiani. Nella storia le grandi potenze hanno sempre avuto nel controllo dei mari: Atene, l’Impero Romano con il Mare Nostrum, l’Impero britannico d’oltremare, difeso dalla Royal Navy, più recentemente anche gli Stati Uniti. Allo stesso modo le sconfitte navali spesso hanno segnato il de-

clino delle nazioni: si pensi alla sconfitta del Giappone alle Midway nel 1942 e, in misura minore, alla disfatta di Capo Matapan per la Regia marina italiana nella Seconda Guerra Mondiale. I destini di interi popoli si sono giocati spesso non sulla terra ferma, ma sul mare.

L’ammiraglio statunitense Mahan sosteneva che il potere marittimo “sottintende

una dimensione sia economica che militare” e che “le potenze fautrici del libero commercio devono possedere una forza militare che garantisca l’effettiva libertà del mare”. Suggerimenti seguiti alla lettera dai vertici statunitensi, che dal secondo Dopoguerra hanno imperniato il loro predominio economico globale anche sulla marina militare. Stati Uniti e Regno Unito han-

In Italia, la Cina,

società controllate dal

ha investito

porti di Trieste e di Vado Ligure

no inviato di recente navi da guerra nel Mar Rosso per difendere la loro flotta commerciale dagli attacchi dei ribelli sciiti Houthi, iniziati nel novembre 2023. Visto che il 90% delle merci globali viaggia via mare, la protezione dei commerci è diventata un problema di sicurezza nazionale. L’Italia, che importa l’80% delle merci e ne esporta il 90% via mare, ha inviato il cacciatorpediniere Caio Duilio nel Mar Rosso.

Nel 2020 l’Organizzazione mondiale del commercio ha stimato che il settore marittimo è responsabile del 53% del commercio cinese. Per questo Pechino negli anni ha sviluppato la prima flotta commerciale al mondo e, secondo l’Economist, ha superato gli Stati Uniti nel numero di navi da guerra. Gli investimenti maggiori - meno visibili, ma strategicamente più rilevanti - sono nelle infrastrutture portuali e nella logistica.

Tra il 2004 e il 2021 Pechino ha siglato, secondo una ricerca commissionata dal Parlamento Ue, 24 accordi di acquisizione e 13 progetti di investimento in Europa, per un controvalore di 9 miliardi di euro, tramite Cosco e China Merchants Port, due soe (state-owned enterprise), società partecipate dal governo cinese. China Merchants Port ha rilevato il 49% della Terminal Link, joint venture con la francese Cma Ggm, che gestisce, tra gli altri, gli scali di Anversa, Marsiglia, Le Havre e Salonicco. Hanno creato scalpore, poi, l’ac-

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tramite
governo,
nei

Mappa del CONTROLLO CINESE nei maggiori porti mondiali

POTENZIALE FISICO

PER USO NAVALE

Se il progetto portuale è stato realizzato in parte per comprendere posti barca con capacità sufficiente per un uso navale no si

quisto da parte di Cosco del 24,9% del capitale della Hhl, la società che gestisce i terminal del porto di Amburgo, e quello del 67% del capitale dell’intera autorità portuale del Pireo ad Atene. In Italia Cosco ha acquisito il 40% del porto di Vado Ligure (il 9,9% invece è di un’altra cinese, Qingdao) e il 50,01% della Piattaforma Logistica Trieste, terminal del porto, tramite la sua controllata Hhl. È stato arginato, invece, il tentativo della Ferretti, posseduta dalla cinese Weichai, di acquisire alcuni terminal del porto di Taranto, strategico in quanto sede di una gran parte della marina militare italiana.

La penetrazione nei porti italiani è necessaria per Pechino perché le linee ferroviarie balcaniche, che congiungono il porto del

PROPRIETÀ CINESE

La quota del progetto portuale spettante al governo cinese o alle società cinesi

Pireo con il resto d’Europa, sono obsolete e inadeguate al trasporto delle merci. La paura del governo Meloni e degli alleati Nato è che la Cina usi queste infrastrutture civili come testa di ponte per uno spionaggio militare e di tecnologia occidentale. Timori aumentati dal fatto che la Shanghai Zpmc è il principale fornitore di gru utilizzate nei più importanti porti europei, come Rotterdam, Valencia, Amburgo e Savona. Secondo un’inchiesta del Wall Street Journal, le gru potrebbero, con la loro tecnologia, raccogliere dati sull’origine e la destinazione dei container.

La Cina, oltre che nei porti europei, tra il 2000 e il 2021 ha investito, secondo uno studio statunitense, oltre 30 miliardi di dollari in 78 por-

(Fonte: Council on Foreign Relations, settembre 2023

ti di 46 paesi emergenti. Tra i più rilevanti l’investimento da 140 milioni di dollari per acquisire il 20% del terminal portuale di Jedda nel Mar Rosso, la concessione di China Merchants Port del porto di Hambantota in Sri Lanka e del porto pakistano di Gwadar, fondamentali per la Via della Seta marittima. A livello militare, Pechino ha stabilito la sua prima base navale all’estero a Gibuti per la centralità dello stretto di Aden nel passaggio delle merci verso il mercato europeo. Il presidente Xi Jinping, oltre a investire nelle infrastrutture portuali esistenti, ne sta costruendo anche da zero. In Perù la Cina sta inaugurando il porto di Chancay, che permetterà alle navi portacontainer un risparmio di 30 giorni di

navigazione per raggiungere Shanghai dal Sudamerica. Chancay diventerà un gigantesco hub, battente bandiera cinese, nel giardino di casa degli Stati Uniti. Washington non ha gradito e ha avvisato il governo di Lima di “riflettere bene sulle conseguenze di questa scelta”. L’espansionismo marittimo della Cina è seguito con particolare apprensione dagli americani, che dal punto di vista commerciale e militare hanno avuto per oltre 70 anni la leadership marittima. La Cina, da parte sua, ha compreso che per un pieno sviluppo della sua nuova Via della Seta, oltre al controllo dei porti e della logistica, è necessario dotarsi anche di una marina militare all’altezza dell’avversario americano. F

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Over 50% 37,5-50% 25-37,5% 12,5-25% 0-12,5%

Space economy

Accelerazione SPAZIALE

Miprons, startup di Colleferro, si prepara a un aumento di capitale. Punta su propulsori innovativi che sfruttano l’elettrolisi dell’acqua e ha ottenuto l’appoggio di agenzie e grandi imprese. Ma lamenta la mancanza di sostegno dalle istituzioni del nostro Paese

di Emilio Cozzi e Matteo Marini

P“Per aspera ad astra” è il motto più amato da chi traffichi in ambienti spaziali. È un mantra comune per chiunque tenti di portare idee nuove in un settore in cui l’affidabilità è una bussola per gli affari.

Per questo capita che Miprons, startup italiana con sede a Colleferro, in provincia di Roma, debba lottare per conquistare la fiducia di investitori e istituzioni e accelerare lo sviluppo del suo propulsore a elettrolisi per satelliti, sebbene l’idea piaccia ai più importanti stakeholder internazionali.

Miprons ha firmato un accordo con Thales Alenia Space-Italia circa due anni fa. “Siamo gli unici a

sviluppare la propulsione a elettrolisi in Italia, tra i pochi in Europa e nel mondo. Sono in molti a dirsi interessati anche ai nostri i risultati”, racconta Angelo Minotti, amministratore delegato di Miprons. “L’attitudine, però, è quella di rimanere alla finestra”.

Il concetto di base arriva dalla chimica che si impara a scuola: il satellite ha un serbatoio di acqua; con l’energia fornita dai pannelli solari innesca l’elettrolisi per scindere l’acqua in molecole di idrogeno e ossigeno. Que-

“Abbiamo presentato un progetto da 1 milione e mezzo a Invitalia, decurtato della metà con una riga di motivazione. Macron finanzia quattro startup con 400 milioni. Chi vincerà la competizione?”

ste entrano nella camera di combustione, dove si accendono e vengono espulse dall’ugello. Così si ottiene la spinta per spostare il satellite, tutto –miniaturizzato - dentro a una scatola che può stare sul palmo di una mano. La soluzione Miprons è protetta da cinque brevetti, caratteristica che ha portato all’interesse di Thales Alenia Space, con la quale Miprons sta lavorando per “spazializzare” il sistema e, infine, farlo volare. “Per quanto riguarda i componenti”, continua Minotti, “siamo entrati a Trl 6”, cioè una fase avanzata della technology readiness level (la scala è di nove livelli). “Li stiamo testando in condizioni di vuoto ed estenderemo presto questi test al macrosistema”.

Adesso è venuto il momento di fare il salto: Miprons conta ancora due dipendenti e una quindicina di collaboratori. Per darsi una struttura e iniziare a volare,

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non solo metaforicamente, si prepara a un aumento di capitale per il 24 maggio, indicativamente tra 1 e 3 milioni di euro. “L’obiettivo massimo sarebbe acquisire una realtà che faccia meccanica di precisione, per velocizzare la realizzazione dei componenti, internalizzare altre competenze e trovare uno spazio più ampio per le attività di sviluppo e test”. La soluzione che Miprons propone sembra semplice, proprio come l’acqua, e con numerosi vantaggi. Innanzitutto la gestione molto più semplice ed economica, anche per i requisiti di sicurezza per operatori umani, rispetto ai propellenti più usati, che sono spesso tossici; poi la commercializzazione e il costo. “L’acqua”, sottolinea Minotti, “rende semplici le procedure di accettazione e qualifica e, in particolare, le esportazioni. Ha un valore anche geopolitico: i paesi asiatici sono i detentori di oltre il 50% dello xenon e dell’idrazina, i propellenti attualmente più utilizzati. Lo xenon è arrivato a costare anche 40mila euro al chilo”. L’amministratore sottolinea un altro aspetto cruciale, per quanto ovvio: l’acqua è liquida, a differenza dei gas usati per la propulsione non necessita di serbatoi ad alta pressione. Si risparmia in peso e si ottimizza la forma, guadagnando in volume. È un’idea perfetta per una serie di applicazioni come l’in orbit servicing, cioè rifornire i satelliti di un propellente così a basso costo che, in caso di perdite, non danneggi come altri

composti corrosivi. Inoltre, in una prospettiva più a lungo termine, l’acqua è la grande risorsa per l’esplorazione spaziale, sulla Luna e oltre: “È l’unico propellente che è possibile ricavare con facilità, direttamente su un altro pianeta, attraverso i ghiacciai, riciclando l’urina, il sudore. Può permettere un’accelerazione significativa dell’esplorazione umana”, rimarca Minotti.

In questo anno, Miprons è cresciuta, punta al sistema, ma anche alla commercializzazione dei singoli com-

ponenti, come la camera di spinta e l’elettrolizzatore. E ora lo spazio è più vicino, grazie all’accordo con il colosso aerospaziale franco-italiano. Motivo per cui Minotti già pensa al primo volo tra pochi anni: “Thales Alenia Space ci sta aiutando nella spazializzazione, la parte che riguarda le normative, le procedure e il processo di integrazione con il satellite. A breve inizieremo l’integrazione con tutto il sistema. Starà a loro decidere se investire nella nostra azienda. È probabile che tra la fine del 2025 e l’inizio del 2026 voleremo con loro”.

Come rimarca il fondatore, Miprons investe nella ricerca anche finanziando tre dottorati (uno in fluidodinamica cellulare, un’intuizione nata dall’osservazione del comportamento del propellente nei serbatoi), vanta endorsement delle agenzie spaziali europea e italiana, di grandi imprese come Thales o D-Orbit, nonché l’interesse di realtà in Israele e Argentina. Eppure, sostiene Minotti, in Italia fatica a fare il salto definitivo: “Purtroppo la parte istituzionale italiana è molto assente. Abbiamo presentato un progetto da 1 milione e mezzo a Invitalia, decurtato della metà con una riga di motivazione. In Francia Macron finanzia quattro startup, non realtà già mature, con 400 milioni di euro.

Con questi numeri chi vincerà la competizione? Stiamo facendo una fatica sovrumana per mantenere questa unicità in Italia”. L’impressione, suggerisce il manager, è che in Italia ci sia molta più attitudine a investire su prodotti nuovi e non sull’innovazione: “Si preferisce spendere cifre enormi per un prototipo finito, e quindi con valutazioni già elevate, piuttosto che finanziare, con cifre più ridotte, lo sviluppo di un prototipo ancora in fase di perfezionamento, ma con moltiplicativi enormi. L’innovazione è un percorso che ha bisogno di tempo. Certo, comporta rischi importanti, ma ha un ritorno, diretto e indiretto, inimmaginabile”. In estrema sintesi, “per aspera ad astra”. F

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Il concept di un satellite che sfrutta la propulsione a elettrolisi di Miprons.

Negli ultimi 40 anni lo studio Populous ha progettato più di 1.300 stadi, tra cui Wembley a Londra e Yankee Stadium a New York. Da noi lavora ai nuovi impianti di Inter e Roma.

“Una struttura moderna è un asset essenziale per competere sui palcoscenici più importanti”, dice il gm per l’Italia, Declan Sharkey

Disegnatori di SOGNI

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di Massimiliano Carrà IL CORAGGIO DI OSARE Il Tottenham Hotspur Stadium di Londra

PPer gli sportivi e i tifosi è un luogo di culto, un buco nero che inghiotte emozioni e sentimenti contrastanti, fermando o allungando il tempo. È un posto che ci rende parte di momenti che, seppur in modi diversi, sono fondamentali nella vita della società. E non si tratta solo di sport, ma anche di spettacolo, con importanti riscontri economici e occupazionali.

Negli ultimi 40 anni lo studio globale di architettura e design Populous ha progettato più di 1.300 stadi in tutto il mondo. Tra questi spiccano gli stadi londinesi del Tottenham e di Wembley, lo stadio Groupama a Lione, il portoghese Estadio da Luz del Benfica, lo Yankee Stadium. Poi ci sono i luoghi di intrattenimento, come la Climate Pledge Arena a Seattle, The Sphere a Las Vegas e il contratto per il Grand Stade de Casablanca, in Marocco, che diventerà il più grande stadio di calcio al mondo, con una capacità di 115mila posti.

Il concept del futuro stadio dell’Inter

Guardando all’Italia, troviamo l’Oval Lingotto, realizzato per le Olimpiadi invernali di Torino del 2006, i progetti in corso per i nuovi stadi di Roma e Inter e quello del Venezia, una struttura da 16mila posti capace di ospitare eventi sportivi e concerti nell’area di Tessera, che verrà riqualificata per un investimento totale di 300 milioni di euro. Progetti che non riguardano solo lo sport, ma molto altro, come ci spiega Declan Sharkey, senior principal di Populous e general manager di Populous Italia.

Come vi relazionate al mondo del calcio e come si è evoluto il vostro lavoro in questo settore?

Ci identifichiamo come uno studio di architettura sportiva specializzato e i nostri architetti e designer sono tra i più esperti in questo settore. Negli anni abbiamo collaborato con i massimi organi di governo del calcio, come la Fifa, e con i governi nazionali per definire le linee guida e le pratiche ottimali nel campo della progettazione degli stadi di calcio. Attraverso queste esperienze si può dire che abbiamo scritto il manuale delle regole del settore. Se guardiamo ai nostri primi lavori, come lo stadio John Smith a Huddersfield, nel Regno

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Unito – l’unica infrastruttura sportiva ad aver vinto il premio Building of the Year del Royal Institute of British Architects –, e poi osserviamo i progetti in corso per i nuovi stadi di Roma e Inter, si vede bene come il nostro ruolo si sia evoluto.

In che modo?

Ora forniamo un servizio di progettazione più olistico, che spazia dall’architettura al design d’interni, dalla brand activation alla consulenza sul design sostenibile. Di recente abbiamo completato il progetto del nuovo Riverside Stand per il club inglese del Fulham e stiamo lavorando alla riqualificazione dello Stade de la Meinau di Strasburgo.

Per i club quali sono i vantaggi di possedere uno stadio moderno e di proprietà? Quali sono gli esempi di successo?

Gli stadi moderni hanno un enorme potenziale per creare nuovi flussi di ricavi per i club, migliorare l’esperienza dei tifosi e contribuire all’economia locale. Il nuovo stadio del Tottenham ne è un esempio. La qualità e la varietà dei suoi punti di ristorazione hanno incrementato di molto i ricavi del club rispetto al vecchio stadio. Al suo interno ci sono un birrificio artigianale e una food court, e si possono fare esperienze gastronomiche da stella Michelin. I tifosi apprezzano moltissimo queste proposte, al punto che i bar restano pieni dal momento in cui lo stadio apre fino a ore dopo il fischio finale delle partite. Poi ci sono altre attrazioni innovative, come la pista di go-kart e un’attività che permette di camminare con le imbracature sul tetto.

Quindi lo stadio rimane sempre aperto, come un centro commerciale?

Sono strutture che possono funzionare tutta la settimana e tutto l’anno e che contribuiscono in modo importante all’economia locale. Basti pensare che un’analisi recente sull’impatto socio-economico dello stadio del Tottenham ha rilevato una crescita tripla del valore aggiunto lordo (gva) e dei posti di lavoro generati ogni anno. Una diretta conseguenza del nuovo stadio.

Possiamo quindi dire che gli stadi sono catalizzatori della rigenerazione urbana?

Assolutamente sì. Perché innescano la costruzione di nuove abitazioni, uffici, at-

tività commerciali e strutture comunitarie. Per fare un esempio, lo stadio di Wembley genera circa duemila posti di lavoro e attira milioni di visitatori ogni anno, gran parte dei quali viene dall’estero per assistere agli eventi sportivi e ai concerti.

Le infrastrutture italiane, invece, sono molto datate.

Non è un segreto che in Italia ci siano molti stadi che trarrebbero beneficio da lavori di ristrutturazione o dalla completa demolizione e ricostruzione. Anche perché è evidente che, permettendo di massimizzare i ricavi da investire nelle squadre e migliorare l’esperienza dei tifosi, gli stadi sono ormai asset essenziali per competere sui palcoscenici più importanti.

Per leggere altre interviste a imprenditori e manager visita la sezione Leader sul nostro sito Forbes.it

Quali progetti state seguendo in Italia?

Oltre ai progetti della Roma e dell’Inter, siamo in trattativa con vari club per realizzare la ristrutturazione di stadi e centri sportivi. Speriamo di potere annunciare uno o due nuovi progetti nel prossimo futuro. Poi siamo in contatto anche con diversi gestori di arene per lo sviluppo di spazi dedicati all’intrattenimento. F

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Verso il welfare di precisione

Le grandi aziende tecnologiche ci hanno abituati a prodotti e servizi personalizzati.

Giovanni Azzone, nuovo presidente di Fondazione Cariplo, propone di adottare lo stesso approccio anche all’assistenza. “Analisi dei dati e piattaforme possono aiutarci”, dice

QQuattro miliardi di persone, il 54 % della popolazione mondiale, vive nelle aree urbane. Entro il 2030 se ne aggiungeranno altri due miliardi: la sfida per la sopravvivenza è concentrata nelle città. Le azioni di sostegno sociale non possono prescindere da queste considerazioni. Ma come agire, con quali strategie? “Dobbiamo tener conto che si uniscono due fenomeni: uno è il passaggio dalle zone interne alle città, che produce la crescita dell’urbanizzazione; l’altro è il differente tasso di sviluppo”, dice Giovanni Azzone, nuovo presidente di Fondazione Cariplo. “Ci sono alcune aree, e quindi città, dove questa capacità di attrazione è molto forte. Vi convergono le eccellenze, che diventano un potente fattore di sviluppo per tutti. Altre aree e città accolgono tantissime persone, ma non sono in grado di offrire loro integrazione e opportunità. Il rischio sono le città dai due volti. La sfida che abbiamo di fronte è doppia: attrarre imprese e capitale umano di qualità e contemporaneamente fare in modo che tutti possano essere accolti e integrati. L’obiettivo è mantenere la coesione sociale. Non possiamo avere città che generano disuguaglianze, e dove, allontanandosi dal centro, abbiamo persone che vivono ai margini, non solo fisici, ma anche sociali”.

Per leggere altri progetti di sostenibilità visita la sezione Responsibility sul nostro sito Forbes.it

Il digitale e l’intelligenza artificiale possono aiutare a gestire questi fenomeni?

Sono strumenti che possono essere di grande aiuto per la gestione di problemi così complessi, che non hanno soluzioni semplici. Innanzitutto possono aiutare ad aumentare l’efficienza nell’uso delle risorse. Oggi non possiamo permetterci alcuno spreco. Le persone hanno bisogno di servizi e le risorse sono limitate. Il digitale consente ottimizzazioni. Due esempi semplici: l’uso e la distribuzione dell’energia e la gestione dei flussi di pendolari. Digitale e intelligenza artificiale potranno aiutarci nella gestione dei servizi nelle città. L’esempio della mobilità chiarisce questi aspetti, perché da un lato tocca la nostra vita, ma ha anche conseguenze generali sull’inquinamento. Pensiamo al passaggio da una forma di pendolarismo forte, quale quella che c’era prima dello smart working e di altre flessibilità che abbiamo acquisito: tutti andavano a lavorare alla stessa ora tutti i giorni, avevamo bisogno di un sistema standardizzato. In un sistema in cui le persone si muovono in modo diverso abbiamo bisogno di trasporti gestiti in modo più flessibile, che rispondano a domande puntuali. La conoscenza dei dati degli spostamenti può aiutare a tradurre questo insieme di esigenze specifiche e a rispondere in modo puntuale.

Ci avviciniamo al concetto di welfare di precisione che lei ha lanciato e che è basato sull’analisi dei dati: è fattibile? È una cosa già successa in altri campi. Pensiamo alle automobili. La gran parte di noi è cresciuta con modelli di auto standardizzati. Si trattava di un’unica risposta dell’industria a un problema di carattere generale. Se oggi si costruisse un modello unico o quasi per tutti, l’azienda

CONTRARIAN RESPONSIBILITY 60 FORBES.IT MAGGIO, 2024

fallirebbe. La personalizzazione dei prodotti è la risposta a esigenze specifiche. Negli ultimi anni le grandi piattaforme digitali hanno dato la possibilità di personalizzare molti prodotti e servizi. Ora pensiamo ai servizi di welfare e assistenza. L’idea è che si possa seguire lo stesso approccio, dando alle persone ciò di cui hanno bisogno. Ogni persona ha la sua specificità, soprattutto se parliamo di servizi in ambito sociale, dalla scuola all’assistenza o al sostegno alla povertà. Analisi dei dati e piattaforme possono aiutarci. Gestiremmo meglio le risorse scarse e probabilmente potremmo dare alle persone ciò di cui hanno bisogno, in modo più puntuale.

Quali sono le priorità, secondo questo approccio?

Bisogni primari come la casa e il cibo e le fragilità, come quelle di chi è diversamente abile. C’è una povertà che nasce dalle condizioni dell’ambiente, con i cambiamenti climatici e l’inquinamento: dobbiamo evitare che le generazioni attuali consumino quello che spetta alle generazioni future. Ci sono due grandi temi: la condizione dei giovani e quella degli anziani. In questa società digitale gli anziani rischiano di rimanere esclusi da servizi essenziali, come un’edicola, la banca, la pubblica amministrazione. Vogliamo ridurre questo gap digitale per

aiutare queste persone a essere cittadini a pieno titolo. Sull’altro fronte, i più giovani vivono in una società a informazione ridondante, mentre noi siamo cresciuti in una società a informazione scarsa. Il punto diventa riuscire a fornire ai ragazzi le chiavi di lettura della realtà che consentono di discriminare fra informazioni di qualità e informazioni che distorcono la realtà. Anche questo significa contrastare la povertà digitale.

Un’azione di intelligence, insomma, per agire in maniera mirata.

Nel fare filantropia abbiamo una grande responsabilità. Per decidere come destinare le risorse bisogna conoscere a fondo i problemi. Facciamo spesso incontri con chi opera sul campo e chi governa i nostri territori per capire come vede la situazione, ma contemporaneamente dobbiamo fare attenzione all’analisi dei dati concreti. Oggi se ne hanno molti più di un tempo. Tutto ciò per riuscire a capire, ex ante, quali sono le aree su cui intervenire, ed ex post valutare l’efficacia degli interventi. A quel punto, ciò che ha funzionato può essere scalato.

identikit

Giovanni Azzone, 62 anni, è originario di Rho, nel Milanese. Ingegnere gestionale, è stato rettore del Politecnico di Milano, dove insegna tuttora, e presidente di Ifom, l’istituto di ricerca sull’oncologia molecolare di Fondazione Airc per la ricerca sul cancro. Consigliere di amministrazione del Conservatorio di Milano, è membro del comitato etico di AssoCunsultConfindustria. Ha ricoperto incarichi per la presidenza del Consiglio dei ministri, per il ministero dell’Economia e delle finanze, per l’Istat e per la Regione Lombardia.

Lei è stato rettore del Politecnico. Come vanno formate le figure che dovranno gestire questa società complessa? Occorre distinguere due cose: i contenuti e le modalità di erogazione della formazione. Sui contenuti io vedo un aggiornamento molto forte: praticamente ogni anno nascono nuovi corsi di studio che cercano di rispondere a specifiche richieste. Ci sono anche corsi di studio che si occupano di intelligenza artificiale o che hanno gli obiettivi di sviluppo sostenibile tra gli argomenti importanti. Diversa è invece la capacità di ripensare il modo in cui si formano le persone, tenendo conto che i ragazzi che arrivano oggi all’università sono diversi da quelli che ci venivano 20 anni fa, o anche solo cinque anni fa. Abbiamo bisogno di un’uscita, un output del prodotto formativo che è diverso rispetto al passato, perché chiediamo competenze diverse ai nostri giovani. Allo stesso tempo abbiamo un input che è molto diverso, perché i giovani arrivano in modo diverso all’università rispetto a qualche anno fa. In ingegneria, se cambiano l’output e l’input, anche il processo che sta in mezzo deve cambiare. Su come formare i giovani e appassionarli a questo nuovo mondo c’è ancora lavoro da fare. F

FORBES.IT 61 MAGGIO, 2024

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CIRCA 350 REPORT STILATI OGNI ANNO E OLTRE 45MILA IMPRENDITORI E MANAGER PRESENTI AGLI INCONTRI. OGGI IL FORUM DI CERNOBBIO, EVENTO DI PUNTA DI THE EUROPEAN HOUSE –AMBROSETTI, È IL PRIMO THINK TANK ITALIANO E IL QUARTO EUROPEO. PER CELEBRARE IL MEZZO SECOLO DI ATTIVITÀ, È IMPEGNATO IN UN PROCESSO DI REBRANDING. “RESTEREMO FEDELI AI NOSTRI VALORI, FONDATI SU UNA VISIONE EUROPEISTA E INTERNAZIONALE”

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di Matteo Chiamenti
BEST IN CLASS
Valerio De Molli

UUn lungo viaggio di eccellenza per elaborare scenari, visioni strategiche e riflessioni vincenti per il Paese e per le imprese. È questo il percorso tracciato in oltre 50 anni di attività da The European House – Ambrosetti, in breve Teha. Un cammino vissuto insieme a importanti rappresentanti istituzionali e ceo della scena nazionale e internazionale, del quale abbiamo parlato con Valerio De Molli, managing partner e amministratore delegato della società.

Partiamo dal principio: da più di 50 anni siete al fianco delle imprese italiane. In oltre mezzo secolo, come sono cambiate loro e come siete cambiati voi?

La società è stata fondata nel 1965, mentre il Forum di Cernobbio, nostro evento di punta, quest’anno compie cinquant'anni. In oltre mezzo secolo di storia siamo diventati il primo think tank italiano e il quarto europeo, stando all’analisi dell’Università della Pennsylvania. Abbiamo 45mila executive, imprenditori e manager che partecipano ogni anno ai nostri incontri, spesso momenti di dibattito e discussione di scenari strategici che noi produciamo, attualmente nostra prima area di business con circa 350 studi sviluppati ogni anno. Inoltre, offriamo una competenza sul mercato unica nella capacità di affiancare le aziende familiari nei loro percorsi di governance e di crescita. A tal proposito, solo nel 2023 abbiamo aiutato 120 famiglie imprenditoriali

a disegnare il loro futuro. Soffermandoci invece sulle aziende, io credo che gli imprenditori italiani siano per loro natura straordinari e ci sono dei numeri che devono darci consapevolezza del nostro potenziale: le aziende manifatturiere italiane vedono crescere la loro produttività al passo con quella delle colleghe tedesche e molto di più rispetto a Francia e Spagna, con una bilancia commerciale tra le prime cinque realtà mondiali - sopra i 100 miliardi di dollari – e un export che lo scorso anno ha toccato la cifra record di più di 625 miliardi di euro. Secondo le Nazioni unite, l’Italia vale il 2,2% del Pil mondiale e produce il 16% dei prodotti manifatturieri, a fronte di una popolazione che è meno dello 0,011% del totale. Ecco, queste cifre dimostrano la straordinaria potenza imprenditoriale italiana.

Nella sua carriera quali sono stati i momenti chiave per la sua crescita professionale?

Il mio primo lavoro è stato nel corporate finance di Bnp Paribas ad Am-

“La scelta di puntare su un acronimo più breve, senza snaturare i nostri valori, deriva dalla volontà di rendere il nostro

sterdam, dove ero analista nel settore food, poi ne è seguito uno come agente di cambio per Belloni&Tedeschi, nel duplice ruolo di procuratore di borsa e analista finanziario. Ho avuto quindi l’opportunità di lavorare in Piazza Affari, quando ancora esistevano gli scambi ‘urlati’. Successivamente ho avuto la possibilità di conoscere l’allora amministratore delegato della Popolare di Luino e di Varese, la banca che faceva trading con l’agenzia per la quale lavoravo, il quale mi offrì la possibilità di lavorare nel suo istituto di credito come dirigente bancario a tempo indeterminato, con la funzione di organizzare e coordinare l’ufficio studi interno. Dopo qualche giorno in un ambiente di questo tipo però, molto rigido e completamente diverso dalle mie precedenti esperienze, sono andato però in crisi; ma il caso vuole che quasi in contemporanea Alfredo Ambrosetti, allora nel cda di Barilla, mi chiedesse di dargli una mano per sviluppare le strategie di internazionalizzazione. Senza pensarci troppo ho così rinunciato alle sicurezze della banca per abbracciare una nuova esperienza a partita Iva. Quello fu un momento decisivo per la mia carriera: da allora, dopo tre lavori cambiati in cinque anni, non ho più modificato il percorso.

E quelli invece relativi a Teha?

brand più semplice da comunicare. Anche perché, come dico sempre, every company is a media company”

A livello corporate invece, dopo l’esperienza iniziale, sono diventato socio azionista di minoranza e amministratore delegato a cavallo tra gli anni '90 e gli anni 2000, e quello è stato l’inizio di un percorso di accelerazione della crescita. Un altro step fondamentale, che ha dato linfa a un ulteriore sviluppo interna-

FORBES.IT 64 MAGGIO, 2024 n BEST IN CLASS n

zionale della società, è stata l’operazione di buyout del 2008 che ha portato alla liquidazione del fondatore Alfredo Ambrosetti. Negli anni la società ha visto una forte managerializzazione del business e la crescita organica costante e progressiva, con l’apertura del capitale e l’ingresso di nuovi partner (a oggi sono 14 in tutto, incluso l’ad Valerio De Molli e il presidente Marco Grazioli, ndr). Nell’ultimo biennio abbiamo dato inizio a operazioni straordinarie di acquisizione che ci hanno consolidato come società leader nel nostro segmento di attività: abbiamo 20 persone a Shanghai, dieci in Africa – dove siamo operativi da dieci anni – e siamo inoltre presenti a Dubai, Londra, Bruxelles, Madrid, Parigi e in ambito Asean (Associazione delle nazioni del sud-est Asiatico). A livello di cifre contiamo attualmente circa 300 persone e nel 2023 abbiamo superato i 60 milioni di euro di fatturato, con una crescita superiore al 30% rispetto al 2022.

Una caratteristica della struttura è la presenza importante di donne tra i vostri professionisti, circa il 56%. È una casualità o fa parte di una visione strategica? È uno dei tanti temi sui quali abbiamo precise linee strategiche di indirizzo. Aggiungo che quasi una posizione di vertice su due nella nostra azienda è occupata da una donna. A rafforzamento di questa visione, con il supporto dell’allora ministra per le Pari opportunità e la famiglia, Elena Bonetti, abbiamo fondato un osservatorio permanente, Women’s Empowerment, che analizza e monitora le iniziative di empowerment femminile nei paesi del G20 e nell’Unione europea. Su questo fronte abbiamo voluto cambiare il paradigma con il quale solitamente si affronta il tema della leadership femminile in Italia: al di là delle logiche considerazioni etiche e sociali, bisogna

Il fatturato di Teha registrato nel 2023 in milioni di euro 1965

Anno di fondazione di The European House –Ambrosetti (Teha)

56% + 60

La percentuale di donne nella società

rendersi conto che il gender pay gap, unito al disequilibrio nella partecipazione al lavoro uomo-donna, priva l’Italia di un valore aggiunto fino a 203,4 miliardi di euro (circa il 10% del Pil nazionale)

Ritornando alla vostra realtà, siete impegnati in un processo di rebranding, per i 50 anni del Forum di Cernobbio. Che messaggio volete comunicare con questo passaggio? Come celebrerete questa ricorrenza al forum di settembre?

La scelta di puntare su un acronimo più breve, senza snaturare comunque l’essenza dei valori espressi nella nostra ragione sociale, fondati su una visione europeista e internazionale, deriva dalla volontà di rendere il nostro brand più semplice da comunicare, consapevoli del fatto che, come penso io, 'every company is a media company'. Per celebrare i 50 anni del forum abbiamo in mente alcune sorprese, di cui una finale davvero importante, che verranno rivelate solo in loco a Cernobbio (dal 6 all’8 settembre 2024, ndr). Lasciando da parte quello che non possiamo ancora dire, abbiamo dato incarico a Ferruccio De Bortoli di scrivere la prefazione di un libro fotografico – che verrà poi affiancato a un video curato da Cristiana Capotondi - che interpreti lo sviluppo storico e geopolitico internazionale e italiano attraverso gli spunti emersi dai tanti anni di incontri al forum. Avremo inoltre una mostra con foto storiche del forum.

Per concludere, come si immagina Teha tra 10 anni?

Dovrà essere una società che avrà proseguito il percorso di crescita e di affermazione del proprio posizionamento e prestigio. Con professionisti motivati e orgogliosi di lavorare nella principale realtà di pensiero strategico in Italia. F

FORBES.IT 65 MAGGIO, 2024 n BEST IN CLASS n

A prova di imprevisto

“Siamo Sicuri che il noStro modello Sia il più reSiStente riSpetto ai vari Scenari che neSSuno può pronoSticare al 100%”. a dirlo è Moris Franzoni, reSponSabile della conSulenza finanziaria di CredeM. che Sottolinea come l’apporto umano reSti “inSoStituibile” anche in un’era dominata dalla tecnologia

Il 2023 ha visto la completa adozione della nuova piattaforma di consulenza patrimoniale a supporto dell’attività dei consulenti finanziari di Credem . E ora la banca sta cercando di fornire nuovi vantaggi competitivi e nuovi servizi a diversi segmenti di clientela. Forbes Italia ha parlato con il responsabile consulenza finanziaria Moris Franzoni di modelli di business, intelligenza artificiale e progetti futuri.

Su che cosa state lavorando in questi mesi? Su un’evoluzione ulteriore. L’integrazione della rete dei financial wellbanker all’interno del gruppo bancario più solido in Europa, con a disposizione una federation of business sinergica, è il vantaggio competitivo nei confronti di un segmento di clientela che da sempre ci riconosce alti livelli di customer satisfaction: quello degli imprenditori. La completa adozione di WePlas, la piattaforma patrimoniale a supporto dell'attività del consulente, viene affiancata da

Gold Box, una suite finanziaria di servizi dedicati all’imprenditore: dalla piena operatività sul comparto aziende, in sinergia con gli specialisti corporate, ai servizi di consumer lending e di welfare sui dipendenti, sino al family office per famiglia e compagine sociale, si affiancano a un panel di strategie di investimento seguite direttamente da Euromobiliare Advisory Sim. Prosegue inoltre

“In un mondo in continua evoluzione, l’importanza di una consulenza personalizzata diventa sempre più evidente”

il programma di inserimento di professionisti, anche quest’anno con un progetto specifico dedicato ai neofiti che vogliono avvicinarsi alla professione, denominato What's New.

Quali sono i fondamenti del modello di consulenza finanziaria di Credem?

In un mondo finanziario in continua evoluzione, l’importanza di una con-

sulenza personalizzata diventa sempre più evidente. Gli interventi del regolatore, la pervasività della tecnologia e l’avanzare dell’intelligenza artificiale a supporto dei modelli di gestione del risparmio non ci devono far perdere di vista la particolarità di un mercato domestico che ha caratteristiche molto diverse da quello americano e da quello nordeuropeo. Per Credem le esigenze e le peculiarità di ogni cliente rimangono centrali. Vogliamo che il nostro modello di consulenza continui a essere inclusivo e non esclusivo, che possa essere alla portata di più tipologie di cliente. Alla base di tutto ci sono la fiducia, l’ascolto attivo e l’analisi dettagliata delle esigenze finanziarie. Questo approccio consente ai financial wellbanker di offrire soluzioni mirate, in linea con gli obiettivi di investimento e il profilo di rischio. Nel nostro modello di servizio, alla parte verticale del wealth management affianchiamo quella orizzontale di tutti i prodotti e i servizi di banking tipici di un gruppo bancario come il nostro.

Qual è il ruolo della tecnologia nell’evoluzione della professione?

Sebbene la tecnologia giochi un ruolo sempre più importante nel settore finanziario, è insostituibile il valore della consulenza uma -

FORBES.IT 66 MAGGIO, 2024 n BEST IN CLASS n
IL
di Francesca Vercesi

na. Puntiamo a integrare strumenti tecnologici all’avanguardia per ottimizzare i processi e migliorare l’esperienza del cliente. Abbiamo piattaforme online intuitive e strumenti di analisi avanzati. L’IA è per noi un alleato e un allenatore delle capacità e delle competenze del consulente finanziario.

In che cosa consiste il vostro approccio multidisciplinare?

Ci impegniamo a fornire una consulenza finanziaria completa e integrata, che va oltre la semplice gestione del portafoglio. Il modello di servizio offre ai clienti un approccio multidisciplinare con soluzioni su misura, dalle strategie di investimento alla pianificazione patrimoniale, dalla protezione assicurativa alla pianificazione previdenziale. In un’epoca in cui la sostenibilità ambientale e sociale è diventata una priorità per molte persone e aziende, ci impegniamo a integrare i principi esg nella nostra attività, e questo grazie alla presenza anche di Euromobiliare Asset Management, fabbrica prodotto del gruppo che funge anche da centro di competenza e collabora con la rete dei consulenti finanziari.

Che cosa vede nel futuro?

Il futuro della professione lo scriviamo insieme agli oltre 530 professionisti che ci affiancano nel proporre soluzioni sostenibili ai nostri clienti. Siamo sicuri che il modello che abbiamo delineato sia il più resistente possibile rispetto ai vari scenari che nessuno di noi può prevedere al 100%. L’unica stella polare che ci guida è la soddisfazione dei clienti, che è anche la prima ragione per cui abbiamo deciso da giovani di intraprendere questa professione, con passione. F

FORBES.IT 67 MAGGIO, 2024 n BEST IN CLASS n
Moris Franzoni

Una valida alternativa

Secondo Karen Wright e Michael laKe della Società di geStione degli inveStimenti SchroderS, le obbligazioni a breve termine hanno grande potenziale. “Sono poco SenSibili alle fluttuazioni dei taSSi d’intereSSe e rappreSentano un’opzione allettante per chi intende abbandonare la liquidità”, dicono

LLe obbligazioni a breve termine possono essere un’alternativa alla liquidità. Forbes Italia ne ha parlato con Karen Wright, associate investment director, global unconstrained fixed income, e Michael Lake, investment director, fixed income di Schroders, società di gestione degli investimenti.

In questa fase, perché le persone dovrebbero scegliere di indirizzare la liquidità sul reddito fisso a breve termine?

Si tratta di un’opportunità con un interessante potenziale. Quando parliamo di reddito fisso a breve termine, ci riferiamo a obbligazioni con scadenze relativamente ravvicinate, in genere fino a tre o cinque anni. A causa della loro minore sensibilità alle fluttuazioni dei tassi d’interesse, tali obbligazioni tendono a essere meno volatili delle loro controparti a lungo termine, rendendole un’opzione allettante per gli investitori che intendono abbandonare la liquidità. Tuttavia, questo non è l’unico motivo per prenderle in considerazione ora.

Quali sono gli altri?

Le obbligazioni a breve scadenza offrono valutazioni attraenti. Gli ultimi anni sono stati impegnativi per il reddito fisso: l’elevata volatilità ha allarmato gli investitori e il rapido

rialzo dei tassi d’interesse ha causato un crollo dei prezzi. Ma tutto questo ha creato anche un’opportunità unica. Gli investitori obbligazionari possono oggi beneficiare di rendimenti molto più elevati, ovvero di valutazioni a sconto (i rendimenti si muovono inversamente rispetto al prezzo). L’indice Bloomberg Euro Aggregate 1–3 Year, ad esempio, ha al momento rendimenti superiori alla mediana sia a dieci, sia a 20 anni.

Il contesto economico è favorevole per questo tipo di asset class?

Sì, i rendimenti in calo potrebbero fornire un ulteriore impulso alle performance delle obbligazioni. Al momento il nostro scenario di base prevede un ‘atterraggio morbido’, in cui le banche centrali riescono a contenere l'inflazione senza danneggiare l'economia. Questo contesto dovrebbe favorire sia i titoli di Stato, sia quelli societari, poiché i tassi d’interesse scendono e le impre-

FORBES.IT 68 MAGGIO, 2024 n BEST IN CLASS n
Karen Wright di Francesca Vercesi

se si stanno generalmente dimostrando resilienti. Molti si aspettano che la Bce e altre banche centrali inizino a tagliare i tassi nei prossimi mesi, man mano che le pressioni inflazionistiche si allenteranno. Una riduzione dei tassi d’interesse determina di solito un aumento dei prezzi delle obbligazioni in portafoglio, per effetto della maggiore domanda di titoli esistenti con cedole fisse più elevate, che spinge in alto le quotazioni. Tassi d’interesse più bassi supportano anche le condizioni commerciali e i costi di finanziamento inferiori rendono più facile per le aziende pagare le cedole agli obbligazionisti.

E cosa dire delle cedole, argomento molto amato dagli italiani?

Questo è un buon punto. Torna infatti il cuscinetto protettivo delle cedole. I rendimenti più elevati offerti oggi dal reddito fisso a breve termine offrono un importante margine di sicurezza contro le perdite future e hanno un effetto protettivo sull’investimento. Se i prezzi delle obbligazioni diminuiscono (il che comporterebbe una perdita di capitale se il titolo venisse venduto), il reddito generato dall’obbligazione può compensare, in tutto o in parte, tale perdita. In altre parole, fornisce una difesa contro i cali di prezzo dell’obbligazione.

Fonte: Schroders, Bloomberg, gennaio 2024

Questo cuscinetto è particolarmente importante per gli investitori preoccupati dalle perdite di capitale.

I tassi sulla liquidità potrebbero perdere di attrattiva?

Si prevede che i tassi di deposito scendano. Il rendimento del reddito fisso a breve termine è già superiore alla maggior parte dei tassi di deposito.

I tassi sui depositi sono strettamente legati alla politica monetaria, quindi i livelli raggiunti nell’ultimo anno potrebbero non durare. Spesso, infatti, i tassi di deposito effettivi sono inferiori a quelli ipotizzati dalle banche centrali. Secondo i dati della Bce, il tasso medio sui depositi (rimborsabile con preavviso) è pari solo all’1,7%. In sostanza, investire nel reddito fisso a breve termine è un modo per bloccare, nel tempo, livelli di rendimento più elevati, più a lungo. F

FORBES.IT 69 MAGGIO, 2024 n BEST IN CLASS n
5.0 4.5 3.5 2.5 1.5 0.5 0.0 2008
Michael Lake
1-2 year fixed deposit rate --------------- 3.1% 1.7% Redeemable at notice ------------2010 2012 2014 2016 2018 2020 2022 4.0 3.0 2.0 1.0

Oltre l’auto

RossocoRsa, nata nel 1994 come concessionaria ufficiale ferrari per la lombardia, si è poi allargata a maserati e rolls-royce. oggi è una delle principali realtà italiane nella gestione di vetture di lusso. Ha una piattaforma completa con proposte su misura e soluzioni tecnologicHe

TTrasmettere la passione e la gioia per le vetture di lusso ed essere un punto di riferimento in un settore complesso come quello del luxury e del lifestyle. È su questa base che 30 anni fa nasceva Rossocorsa , gruppo che si pone come consulente del lusso, operando tramite società dirette e personale interno per garantire il controllo della qualità del servizio a tutti i livelli della catena del valore. “Rappresentare il luxury significa agire con la massima attenzione

e cura del dettaglio, interfacciandosi con clienti abituati a esperienze d’acquisto di altissimo livello, che ricercano coinvolgimento e personalizzazione”, dice Alberto Schön, ceo di Rossocorsa. Nata a Milano come concessionaria ufficiale Ferrari per la Lombardia, e poi anche per Maserati, l’azienda ha nel presidio sul Nord Italia uno dei fattori di successo. Oltre a rappresentare due marchi iconici italiani nel mondo, dal 2024 l’azienda annovera nel gruppo anche il marchio Rolls-Royce, simbolo universale di lusso ed eleganza. Rossocorsa è una piattaforma completa, che vuole offrire un servizio che va oltre l’auto. “Uno dei nostri punti di forza è l’essere in grado di differenziare ed elevare

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l’esperienza d’acquisto, sia che si tratti di una vettura per tutti i giorni, sia che si tratti di un’auto da collezione”, spiega Schön. “Il nostro obiettivo è trasmettere la passione e la gioia che solo possedere una vettura di lusso può regalare. Forniamo ai clienti proposte su misura, ponendoci come soluzione a 360 gradi per rispondere a ogni esigenza, usando soluzioni innovative e tecnologiche. Ad esempio, la notarizzazione digitale dei documenti sulla blockchain, che rende i dati certificati, immutabili e sicuri, o i più normali e consolidati servizi di concierge solo per le automobili”. Guardando alla rivoluzione tecnologica e digitale, spinta sempre di più dall’integrazione dell’intelligenza artificiale, l’idea di Schön è chiara: “Osservando l’offerta mainstream, le potenzialità degli strumenti messi a disposizione dall’intelligenza artificiale potrebbero portare, a breve, ad avere interfacce quasi completamente digitalizzate, con, purtrop-

po, un livello di interazione umana molto limitato. Al contrario, nel nostro segmento, ritengo che le nuove tecnologie e l’intelligenza artificiale, che noi già utilizziamo, saranno sempre più a supporto dei consulenti alla vendita, che avranno accesso immediato a informazioni attuali e predittive. Ma la competenza, la passione e il capitale umano nell’interazione e nella capacità di trasferire l’emozione per l’acquisto di un bene unico non potran-

“Le nuove tecnologie e l’IA saranno sempre più a supporto dei consulenti alla vendita, che avranno accesso immediato a informazioni attuali e predittive”

no essere sostituite”. E la crescita registrata nel 2023 dal settore del lusso lo dimostra. Basti pensare che, secondo lo studio Luxury Goods Worldwide Market Study di Bain & Company e Altagamma, l’industria a livello globale ha chiuso in crescita rispetto al 2022 e intorno alla quota di 1.500 miliardi di euro. Una cifra record, spinta soprattutto dalla spesa dei consumatori per le esperienze, che è tornata ai massimi storici. Una prova della resilienza e della forza di tutto il settore, che ha influenzato in positivo anche il business di Rossocorsa, capace nel 2023, come dice Schön, di “raggiungere performance record, frutto della combinazione tra vendita di vetture e servizi integrati”.

E se guardando al futuro le sfide sono diverse, soprattutto considerando le incertezze a livello macro-economico e geo-politico, Schön è ottimista “sia osservando i numeri registrati nel primo trimestre dell’anno, sia guardando alle previsioni economiche per tutto il 2024”. F

FORBES.IT 71 MAGGIO, 2024
BEST IN CLASS n
n
di Lavinia Desi

Grandi speranze

“VoleVo guidare le persone Verso obiettiVi ambiziosi”. Marco Nespolo da cinque anni e mezzo è a capo di FedrigoNi, azienda specializzata nel packaging. punta a portare il gruppo a crescere ancora per “continuare a essere una storia di successo”

DDa bambino sognava di fare il pilota e in un certo senso ci è riuscito, anche se non guida una macchina di Formula 1. Marco Nespolo da cinque anni e mezzo è alla testa di Fedrigoni , azienda manifatturiera italiana specializzata nella produzione di carte speciali per il packaging e altre applicazioni creative, materiali autoadesivi e soluzioni rfid per svariati settori, tra cui moda, cosmetica, alimentare, vino, arte, editoria. “Molto presto, da adolescente, ho capito di voler ricoprire ruoli di leadership nel mondo aziendale”, ha spiegato a Forbes. “Volevo guidare le persone verso obiettivi ambiziosi e aiutarle a esplorare il proprio potenziale per crescere”.

Nespolo, classe 1973, ha studiato business administration all’Università Bocconi di Milano, facendo un semestre in Inghilterra, alla Warwick University. “Ho privilegiato l’internazionalità e la poliedricità. Infatti non ho scelto un percorso di studi verticale, ma

molto ampio, che mi ha dato una visione aziendale estesa”. Ha iniziato la sua carriera in Citibank, come analista finanziario. Ha sempre lavorato in istituzioni globali: prima in Bain & Company, poi in Bain Capital Private Equity per otto anni e mezzo. La sua base era a Londra, ma ha seguito aziende in tutti i continenti, facendo anche periodi in Sud America, Nord America e Asia. Ha partecipato a diverse acquisizioni. È stato poi nominato chief operating officer di Cerved, società di business information. Nel 2016 ne è diventato il ceo, portandola alla quotazione in Borsa.

Alla fine del 2018 ha lasciato Cerved per diventare il ceo di Fedrigo-

“Nella mia formazione ho privilegiato l’internazionalità e la poliedricità. Non ho scelto un percorso di studi verticale, ma uno molto ampio, che mi ha dato una visione aziendale estesa”

ni, che era appena stata acquisita da Bain Capital. Qui ha portato la sua vocazione internazionale, guidando il gruppo nel processo di transizione da azienda familiare a multinazionale globale, attraverso una serie di acquisizioni che hanno più che raddoppiato il fatturato: “In cinque anni abbiamo fatto 15 acquisizioni e triplicato l’ebitda”. Così Fedrigoni, mantenendo le sue radici e consolidando la posizione in Europa, ha puntato sull’espansione in Nord America, America Latina e Asia. La prima grande sfida per Nespolo è stata quella di creare il nuovo management e disegnare il piano industriale di quattro anni: “Abbiamo avviato il processo di trasformazione, combinando 100 anni di storia con una visione innovativa e sostenibile. Ci siamo riusciti grazie alla creazione di un team coeso, che ha unito tanti background diversi verso un obiettivo comune”. Dopo un anno è arrivato il Covid, da cui Fedrigoni è uscita rafforzata: “Abbiamo accelerato e aggiunto ambizione, chiudendo un 2021 e un 2022 eccezionali. In quel drammatico momento le persone, la tutela della loro salute e la salvaguardia del loro posto di lavoro sono state la priorità. Inoltre

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identikit

Marco Nespolo, classe 1973, ha studiato business administration all’Università Bocconi di Milano. Ha iniziato la sua carriera in Citibank, come analista finanziario. Ha lavorato anche per Bain & Company, Bain Capital Private Equity e Cerved.

abbiamo messo in campo tutte le azioni necessarie a tener fede agli impegni con i nostri clienti”. In particolare, il 2022 è stato un anno importante, perché Fedrigoni si è aperta ulteriormente al mercato, facendo entrare un secondo investitore. “Ci siamo presentati a un gruppo di potenziali investitori globali, raccontando la nostra storia, e abbiamo raccolto un grande entusiasmo dalla comunità finanziaria,

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cosa che ci ha riempito di orgoglio”. Poi nel 2023 c’è stato un rimbalzo, che ha caratterizzato tutta la nostra industria, dovuto alla situazione geopolitica e alla necessità di ridurre gli stock da parte di molti nostri clienti. “Nel futuro vedo una Fedrigoni ancora più grande, magari quotata in borsa, che riesca a riunire tante altre realtà sotto un unico tetto, per continuare a essere una storia di succes so mondiale”. F

FORBES.IT 73 MAGGIO, 2024

n BEST IN CLASS n

di Lavinia Desi

La creatività nel dna

Pomilio Blumm è la principale agenzia di comunicazione pubblica e istituzionale in europa e prima per fatturato nel settore marketing e advertising secondo l’ultima classifica pubblicata dal financial times sulle fastest growing companies. il presidente Franco Pomilio: “è un successo che viene da lontano”

JJapan Rail, Shinkansen. Verso la fine degli anni '90 sull’alta velocità giapponese una campagna pubblicitaria puntava a rassicurare i nonni sul fatto che i treni, pur sfrecciando a grande velocità, non avrebbero danneggiato gli habitat delle lucciole in campagna. L’iniziativa teneva conto dello spirito che legava i nonni ai nipoti. Così Franco Pomilio, presidente di Pomilio Blumm, colosso delle gare pubbliche, ha scoperto la dimensione sociale della comunicazione. Pomilio Blumm è la principale agenzia di comunicazione pubblica e istituzionale in Europa e prima per fatturato nel settore marketing e advertising secondo l’ultima classifica pubblicata dal Financial Times sulle Fastest Growing Companies. “Ma questo successo viene da lontano”, spiega Franco Pomilio. “Appartengo a una famiglia di industriali creativi”.

Tutto è partito nei primi anni del Novecento, quando i prototipi di aeroplani disegnati da Corradino D’Ascanio, inventore della Vespa, per la fabbrica aeronautica dei Pomilio a Torino, attirarono l’attenzione dell’aviazione statunitense. L’Airplane Pomilio Brothers arrivò così a India-

napolis. Nel 1920 Ottorino e Umberto Pomilio fondarono la Pomilio Elettrochimica e inventarono il processo di estrazione della cellulosa dalla canna da zucchero, che la Treccani riporta come “metodo Pomilio”. Il sistema garantiva un ridotto impatto economico e ambientale. Pochi anni dopo, Amedeo Pomilio fondò la distilleria Aurum. Fu Gabriele d’Annunzio, parente dal lato materno, a sceglierne il nome.

Nel 1963 Oscar e Gabriele Pomilio fondarono Pomilio Idee, che in seguito diventerà Pomilio Blumm. L’agenzia pubblicitaria lavorava con diverse aziende, tra cui De Cecco, Sangemini, Ferrarelle e Alfa Romeo. Tra il 1990 e il 2010, con l’arrivo di Franco Pomilio, la società ha iniziato a guardare oltre il privato, rea-

“Quando ho iniziato a pensare alla comunicazione pubblica ho fatto anche una riflessione sulla pop art. Nelle riproduzioni di Andy Warhol o di Roy Lichtenstein capiamo quanto arte e industria siano legate”

lizzando diverse campagne per clienti dell’amministrazione pubblica, come Inps, Istat e Inail, e per grandi aziende come Trenitalia. “Abbiamo progettato il marchio del Frecciarossa in occasione del lancio. Poi abbiamo supportato l’Inail, che voleva raccontare come trasformava la propria liquidità in investimenti, e l’Istat, per cui abbiamo comunicato i censimenti. Quando ho iniziato a pensare alla comunicazione pubblica ho fatto anche una riflessione sull’arte, che anticipa i cambiamenti sociali, La pop art nel sistema americano ha sublimato l’adv commerciale: nelle riproduzioni di Andy Warhol o di Roy Lichtenstein capiamo quanto arte e industria siano legate.” In Europa era arrivata l’arte povera, di matrice prevalentemente italiana e tedesca. Era un’arte consapevole, responsabile, che cercava di recuperare, riciclare, riutilizzare. Lo spettatore iniziava a partecipare all’opera d’arte e nascevano le prime performance artistiche. “Tutto questo ci ha fatto intuire che esisteva una cultura europea molto attenta alla società civile. Volevamo occuparci dei valori dei cittadini, allontanandoci dal modello americano”. L’agenzia ha iniziato a lavorare prima per le regioni, poi per il governo italiano. È arrivata alle principali istituzioni dell’Unione europea, occupandosi anche di questioni complesse come migrazione e sanità. “Abbiamo scoperto

FORBES.IT 74 MAGGIO, 2024

È l'anno in cui Oscar e Gabriele Pomilio hanno fondato Pomilio Idee, che in seguito è diventata Pomilio Blumm

1963 200

Il numero di partner istituzionali che l'azienda supporta in tutto il mondo

che l’Europa è in tutto il mondo, ed è quella che investe di più fuori dai confini per rapporti commerciali, diplomatici e democratici”. Quest’anno gestirà per il G7 la progettazione, l’organizzazione e la gestione degli incontri dei potenti del mondo, per i quali hanno realizzato un tavolo modulare. L’ultimo maxi bando vinto in ordine di tempo è quello da 80 milioni di euro per supportare nei prossimi quattro anni la Commissione europea nell’organizzazione degli eventi non solo dell'Ue, ma anche nei paesi candidati, come quelli dell’area dei Balcani, e delle nazioni dell’Associazione europea di libero scambio. Pomilio ha aperto uffici nelle isole Figi e ad Addis Abeba, dove c’è la sede dell’Unione africana. Ha avviato progetti in Honduras, Argentina e Perù. Lavora per le Nazioni unite, per l’Organizzazione mondiale della sanità, per l’Organizzazione mon-

diale del commercio. Si occupa anche di questioni di politica monetaria e lavora con la Bce da otto anni. Organizza il forum dei banchieri centrali di tutto il mondo, che si tiene a Sintra, in Portogallo, ogni anno. E poi affronta anche il tema dei diritti umani: “Lavoriamo per l’agenzia europea dell’asilo di Malta, produciamo dei micro video che vengono messi a disposizione dei migranti per dare loro informazioni di prima necessità, usando le diverse forme neo-inglesi (inglese siriano, inglese nigeriano). Lavoriamo poi per l’agenzia della gender equality con l’agenzia europea di Vilnius. E anche per il Servizio ricerca del Parlamento europeo, con infografiche innovative per l'Ufficio della proprietà intellettuale dell'Unione europea (Euipo) o per l’autorità europea per la sicurezza alimentare”. La Pomilio per dialogare con tutto il

mondo ha creato un centro di semiotica applicata a Bologna, per studiare il linguaggio e migliorare il modo di comunicare. Nel team di ricerca di Pomilio Blumm ci sono anche esperti di neuromarketing, crisis management, visual storytelling, etica digitale e robotica sociale, economia intangibile ed esplorazione dello spazio. F

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FORBES.IT 75 MAGGIO, 2024
Franco Pomilio
n BEST IN CLASS n

art & culture

Artealpotere

Da un laboratorio di architettura e design a murales che promuovono la parità di genere. Grazie al talento e alla costanza le storie di questi under 30 sono esempi di come si possa fare impresa con creatività

76 ART&CULTURE 100 UNDER 30
A CURA DI ROBERTA MADDALENA
FORBES.IT MAGGIO, 2024
FORBES.IT MAGGIO, 2024

Il vino amato dalle star

NEL 2018 FRANCESCO VITTORIO BASSAN HA FONDATO LA CANTINA VINICOLA INDIPENDENTE KATKOOT ITALIA.

L’AZIENDA HA ATTIRATO L’ATTENZIONE DI MAISON COME SAINT LAURENT E ARMANI E DI DIVERSE CELEBRITÀ, TRA CUI ASAP ROCKY E VIRGIL ABLOH. ORA PUNTA AGLI STATI UNITI

CCrescendo nelle colline tra Bassano e Vicenza, Francesco Vittorio Bassan ha sviluppato fin da piccolo una passione profonda per il mondo del vino. Grazie alle ore trascorse con il nonno in cantina si è specializzato nel settore e nel 2018, dopo due anni in California, una laurea in Economics and management ed essere diventato sommelier nazionale di terzo livello, tornato in Veneto ha fondato, insieme al fratello Giovanni Leonardo, Katkoot Italia (dall’arabo ‘piccolo e prezioso’), cantina vinicola indipendente.

“Essere cresciuto in un ambiente così ricco di tradizione vinicola ha sicuramente contribuito alla mia passione per il vino”, dice.

Prima di fondare Katkoot, Bassan ha lavorato nell’azienda di distribuzione di famiglia, inizialmente come venditore e dopo come responsabile di progetto. Un periodo che gli ha permesso di entrare in contatto con produttori ed eccellenze del settore. Con sede a Vicenza, Katkoot è nata quindi per rompere i cliché del mercato del vino di lusso, spesso elitario. La sua posizione è strategica, ideale per mantenere rapporti con i produttori locali, ma a distinguere il business model dell’azienda è soprattuto il suo legame con il mondo dell’arte, della moda e del design. “Fin dagli esordi abbiamo presentato Katkoot esclusivamente in contesti e istituzioni come il Museo d’arte moderna di Parigi, il Barbican center di Londra, e fiere di arte contemporanea come la Biennale di Venezia. Questo approccio ha contribuito a generare interesse nel mondo del lusso, e da qui sono arrivate richieste da colossi commerciali come Galeries Lafayette e Selfridges”. Con il tempo, l’azienda ha attirato anche l’attenzione di case di moda come Saint Laurent, Armani e Rick Owens e di numerose celebrità tra cui i rapper Asap Rockye Pusha T e lo stilista Virgil Abloh. Il team

è multiculturale: quello principale si trova in Italia e conta una decina di ragazzi under 35. Il team di comunicazione, invece, ha base a Mumbai ed è composto da giovani creativi internazionali. Con una rete di piccoli e selezionati produttori locali, Katkoot opera anche nel settore b2b collaborando con una rete di distributori a livello internazionale. Dal punto di vista della distribuzione, il vino dei fratelli veneti abbraccia i mercati di Corea, Giappone, Francia, Regno Unito, Grecia, Germania, Austria, Svizzera, Italia, Lituania e Lettonia.

“Vogliamo focalizzarci su New York, Los Angeles, Las Vegas e Miami. Stiamo valutando come entrare in questo mercato altamente competitivo”

“In questo momento il nostro focus è consolidare la presenza nei mercati in cui già siamo presenti, attraverso un rapporto diretto con il distributore e gli agenti locali nel paese di riferimento”, spiega Francesco. Che rivela l’intenzione di approdare negli Stati Uniti: “Abbiamo in mente di focalizzarci su New York, Los Angeles, Las Vegas e Miami. Stiamo valutando il modo migliore per entrare in questo mercato altamente competitivo, cercando importatori e distributori che comprendano i nostri valori”. Intanto, lo scorso gennaio l’azienda ha presentato durante la fashion week di Parigi Katkoot Champagne, cuvée della vendemmia 2017, unita a tre vini di riserva. “La sua straordinaria qualità è il risultato di un processo di invecchiamento di almeno sei anni sui lieviti. È uno champagne a dosaggio zero, puro e definito nel gusto, nato nella regione Premier Cru di Chigny-les-Roses, che riflette tradizione, qualità e sostenibilità. Tutte le bottiglie, come per le altre produzioni, sono numerate a mano”. Finora la cantina ha realizzato diverse edizioni speciali in collaborazione con brand ecosostenibili come 66° North. “La nostra prima avventura è stata con il marchio islandese e il suo direttore creativo, Kei Toyoshima. Insieme, abbiamo dato vita a un Amarone riserva unico, ispirato alle maestose scogliere dell’Islanda”. F Roberta Maddalena

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Francesco Vittorio Bassan
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Livia Fabiani

Murales inclusivi

CON L’ASSOCIAZIONE VENUS URBAN ART, DI CUI È PRESIDENTE, L’IMPRENDITRICE ROMANA

LIVIA FABIANI PROMUOVE LA PARITÀ DI GENERE NEL MONDO DELL’ARTE ATTRAVERSO WORKSHOP, CONFERENZE E PROGRAMMI EDUCATIVI. “CREIAMO OPPORTUNITÀ DI LAVORO PER LE GIOVANI”

CColoratissima, irriverente, accessibile: negli ultimi anni l’arte urbana si è fatta portavoce di importanti messaggi sociali. A comprenderne la portata e sfruttarne le potenzialità per promuovere l’empowerment femminile è stata, tre anni fa, la romana Livia Fabiani. Nel 2021 ha fondato, grazie alla vincita di un bando regionale, l’associazione VenUs Urban Art, di cui è presidente: “La nostra missione è creare nuove opportunità lavorative per giovani artiste, facilitando la comunicazione tra talenti femminili e mondo del lavoro nell’ambito artistico. Inoltre, diffondiamo contenuti e svolgiamo attività per ridurre il divario di genere e a contrastare gli stereotipi attraverso l’arte”, spiega Livia.

Workshop, conferenze, tour e murales sono solo alcune delle attività offerte dall’associazione, e finora Livia ha collaborato attivamente con istituzioni municipali, l’Ordine degli Psicologi, le università Sapienza e Roma Tre e diversi centri antiviolenza. “L’arte assume un ruolo fondamentale nell’educazione all’inclusione. Innanzitutto, agisce come potente mezzo di espressione che supera le barriere linguistiche ed emotive. E poi facilita il dialogo tra generazioni e culture diverse, perché l’arte urbana è accessibile a tutti, indipendentemente dalla condizione sociale o economica”.

lungo viaggio’. Da allora ho iniziato a esplorare la mia città alla ricerca di altre opere”. Laurea in architettura e borsista alla 24ore Business School per il master in economia e management per l’arte e la cultura, a gennaio 2024 Livia ha completato il murale sulla facciata del liceo artistico Caravaggio di Roma, in collaborazione con l’artista argentina Agus Rucula.

“Stiamo organizzando la proiezione del documentario
Graffiti perlafine della violenza di genere, realizzato con la ong brasiliana Rede Nami”

La passione di Livia per la street art è maturata nel febbraio 2012, durante quella che i giornali chiamarono ‘la grande nevicata’. “Ero fuori casa con la macchina fotografica in mano, pronta a fotografare quello scenario magico. È stato in quei giorni di 12 anni fa che, passeggiando, ho scoperto una nuova bellezza: sui muri c’erano dei disegni colorati e alcune scritte. Una di queste diceva: ‘Svegliarsi è un

Finora, la curatrice romana ha ottenuto il finanziamento di sei bandi per promuovere il femminismo e la street art. “Ogni bando riguardava la promozione della cultura in varie forme e per diversi target. Solo uno di questi promuoveva nello specifico la street art, mentre un altro mirava a favorire la parità di genere attraverso l’arte. Un ulteriore finanziamento sul tema dell’inclusione, infine, ci ha consentito di realizzare un festival di due giorni con diversi talk, oltre a laboratori ed esibizioni musicali”. Ma Roma non è stata l’unica città a ospitare le idee di Livia. Nel 2019, infatti, lei ha viaggiato in Brasile. “Ho ottenuto una borsa di studio che mi ha permesso di vivere per alcuni mesi a San Paolo. In questo periodo ho lavorato in una galleria di street art e ho avuto l’opportunità di intervistare artiste locali riconosciute a livello nazionale. Volevo promuovere l’arte femminile tra il Brasile e l’Italia”. Attualmente sta sviluppando un hub artistico al FanfullArt, guest house nel quartiere del Pigneto, per aprire questo spazio alla comunità attraverso mostre, laboratori e talk. “Stiamo inoltre organizzando la proiezione del documentario Graffiti per la fine della violenza di genere, realizzato dalla Rede Nami, ong brasiliana riconosciuta per il suo lavoro nel campo dell’uguaglianza di genere. Infine, maggio sarà un mese ricco di eventi e viaggi, tra cui la partecipazione al WeWorld Festival Base Milano”. F Roberta Maddalena

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Il manifesto del mangiar bene

AL THERASIA RESORT, A VULCANO, DAVIDE GUIDARA HA PORTATO LA SUA FILOSOFIA

DI CUCINA VEGETALE. “UNA PROPOSTA CHE COMUNICA UNA GRANDE RIVOLUZIONE CULTURALE”, DICE LO CHEF, PREMIATO ANCHE DALLA GUIDA MICHELIN

DDai racconti di famiglia pare che, quando aveva nove anni, di rientro da scuola abbia detto ai genitori che nella vita avrebbe fatto lo chef. Con il tempo, la passione di Davide Guidara per i fornelli si è fatta più concreta. E, dopo esperienze in rinomati ristoranti di tutto il mondo, tra cui il Noma di Copenaghen, da più di due anni è lo chef dello stellato I Tenerumi, all’interno del Therasia Resort Sea&Spa Leading Hotels of the World, sull’isola siciliana di Vulcano, e responsabile nella stessa struttura della gestione del ristorante Il Cappero. Nel team di Therasia, che dal promontorio di Vulcano domina tutte le Eolie, Guidara è arrivato nel 2021 per esprimere il suo credo culinario basato sulla cucina vegetale.

Una filosofia che lo chef di Cerreto Sannita (Benevento) ha abbracciato lanciando un manifesto, Cook more plants, per cambiare il nostro approccio al mondo vegetale. “È il messaggio che voglio veicolare, attraverso la mia cucina, di esaltazione e di ricerca del vegetale. Una semplice proposta culinaria che comunica una grande rivoluzione culturale, dove il vegetale è protagonista non di una proposta salutista, ma di una cucina di gusto, ricca di tecniche e creatività”.

“In alcuni posti si pensa che, per raggiungere la perfezione, si debba lavorare allo stremo.
Ma questi sono ambienti malsani”

rienze, e nuove trattorie, che propongono piatti di alto livello, ma a prezzi modici”. Nel 2022, per la sua visione di cucina basata su minimalismo e umami (termine giapponese che dagli anni ‘90 viene usato nel lessico della fisiologia della nutrizione per definire la sensazione gustativa indotta dal glutammato monosodico), Guidara ha ricevuto il riconoscimento di Young chef dalla guida Michelin e la Guida Gambero Rosso lo ha inserito tra i Best under 30. “Sono soltanto all’inizio del mio percorso”, dice. Ma com’è la vita di uno chef, quando entrano in gioco i sacrifici? “Ho sempre amato questo lavoro, nonostante gli anni di gioventù non sempre vissuti a pieno. I ragazzi che sognano di fare questo lavoro oggi sono spesso frenati dalla paura di non trovare tempo libero nelle lunghe giornate di lavoro in cucina. In alcuni posti c’è l’idea che per raggiungere la perfezione si debba portare il lavoro allo stremo, e in questi casi si vive in ambienti malsani. Ma le nuove generazioni sono molte attente al tema: durante i colloqui, non è raro che i giovani si informino prima di tutto sugli orari di lavoro. Io stesso ho vissuto situazioni difficili”.

Anche la sostenibilità, tema chiave negli ultimi anni per la cucina, è alla base del modello di Guidara. Non a caso, il ristorante Tenerumi ha ottenuto nel 2022 la stella verde Michelin per il suo impegno green. “La sostenibilità non riguarda esclusivamente il prodotto, né la tecnica. Si tende a pensare che fare cucina sostenibile si limiti all’utilizzo di prodotti biologici a km 0, ma questo è solo un aspetto”. Per Guidara, questi saranno i macro trend della cucina: “Il food si dividerà in due aree: grandi ristoranti stellati, che non si limitano alla semplice portata, ma offrono espe-

Dopo la sveglia alle 8, alle 8.30 lo chef campano è già in cucina per un briefing sulla giornata di lavoro con i collaboratori. “Si iniziano così le preparazioni fino alle 11.30, quando interrompiamo per la pausa pranzo, per poi riprendere fino alle 14. Nel pomeriggio vado un’ora in palestra e ricomincio alle 18 per sistemare le ultime cose prima del servizio, che dura fino alle 23 circa”. Lo scorso anno, insieme a Gambero Rosso, Davide ha condotto un programma tv su Sky dal titolo La mia rivoluzione vegetale, girato sull’isola di Vulcano. “È stata un’esperienza divertente, e soprattutto funzionale a veicolare il messaggio della mia cucina, portando piatti vegetali anche nelle case dei più scettici”. F Roberta Maddalena

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Davide Guidara
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Rebecca Peretti (a sinistra) e Francesca Malagni

Il bello di sperimentare

FRANCESCA MALAGNI E REBECCA PERETTI HANNO FONDATO STUDIO MUSA, LABORATORIO DI ARCHITETTURA

E DESIGN CHE SI OCCUPA DI PROGETTAZIONE RESIDENZIALE, RETAIL E TEMPORARY ARCHITECTURE, FACENDO

DIALOGARE MODA E ARTE. “AVER INTRAPRESO LA NOSTRA ATTIVITÀ A MILANO CI HA OFFERTO MOLTE OPPORTUNITÀ”

FFrancesca Malagni e Rebecca Peretti hanno condiviso gli anni di scuola, ma anche una lunga amicizia e un percorso professionale internazionale. Laurea in architettura all’Accademia degli Studi di Mendrisio, hanno intrapreso percorsi lavorativi differenti: Rebecca ha lavorato in due studi di architettura in Italia e all’estero, mentre Francesca è diventata set designer. L’idea di unire le loro forze è arrivata, durante il lockdown, dalla voglia di sperimentare. È nato così nel 2020, a Milano, Studio Musa, laboratorio creativo di architettura e di design che si occupa di progettazione residenziale, retail e temporary architecture, creando allestimenti per eventi e pop-up store. Dall’interior design al product design, fino alla scenografia.

Il processo creativo è fondamentale nel lavoro delle due ragazze, perché al centro del loro modus operandi c’è la creazione non solo di spazi e oggetti, ma anche di autentiche atmosfere: “Entrambe amiamo l’arte, e il nostro background accademico ci riconduce a un immaginario comune che ha radici nei vari movimenti del XX secolo, come Bauhaus, modernismo, ma anche postmodernismo e art déco”, spiegano. “Da una prima suggestione, l’intero processo di progettazione si basa su alcuni punti cardine, che possono essere il tema, il sito o qualcos’altro. Quello che più ci interessa, però, è l’interazione tra i singoli elementi, e come questi si relazionano nello spazio. Questa connessione è quella che crea il progetto e determina il suo equilibrio finale”. Alcuni riferimenti al lavoro di maestri artisti e architetti, aggiungono le imprenditrici, giocano poi un ruolo fondamentale e influenzano lo sviluppo dei loro progetti. Tra questi, i lavori di Sol Lewitt, Mark Rothko, Gio Ponti, Angelo Mangiarotti, Le Corbusier.

“Entrambe amiamo l’arte. Il nostro background accademico ha radici nei movimenti del XX secolo, come il modernismo e l’art déco”

“In questi anni abbiamo avuto l’opportunità di collaborare con diverse realtà, principalmente nel modo della moda. Alcuni esempi sono i set fotografici per Gucci ed Etro e gli allestimenti durante la settimana della moda milanese per K-Way, Lacoste e Max&Co. In parallelo, ci siamo dedicate alla ricerca e alla sperimentazione, portando alla luce due innovativi progetti di design: il primo presentato a Edit Napoli, nel 2022, e il secondo ad Alcova in occasione del Salone del Mobile nel 2023”. A proposito del Salone, evento che ogni edizione attrae turisti e appassionati di tutto il mondo e solo lo scorso anno ha registrato oltre 300mila presenze, Studio Musa ha lavorato a numerose iniziative: “Abbiamo instaurato collaborazioni con diverse aziende, per mettere di luce ed esaltare la presentazione dei loro prodotti, non esclusivamente con un aspetto commerciale, ma con una cornice e uno stile artistico. In particolare, abbiamo sviluppato un progetto in ambito food con per un’esposizione immersiva per i visitatori, che avranno modo di vivere il brand a 360 gradi, e altri in ambito retail per brand che sfrutteranno la dinamica vetrina della design week per presentare nuovi prodotti”.

Ma cosa significa essere creativi in Italia? “Aver intrapreso la nostra attività a Milano ci ha offerto molte opportunità. Nel nostro ambito lavorativo, l’Italia ha un know-how importante, che ci ha permesso di imparare tantissimo da artigiani ed esperti del mestiere”. Intanto, per il futuro Rebecca e Francesca hanno le idee chiare: “Ci auguriamo di continuare a esplorare nuove idee, materiali e tecnologie per offrire soluzioni innovative e continuare ad avere un approccio interdisciplinare tra il mondo della moda, dell’arte, dell’architettura e del design. Inoltre, stiamo pensando di espandere Studio Musa, collaborando con altri professionisti che possano contribuire alla sua crescita”. F Roberta Maddalena

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VENDESI

Nella rete del lusso

ARCHIVIATA LA STAGIONE DEL SUPERBONUS E DELLE RISTRUTTURAZIONI EDILIZIE, IL GENERAL CONTRACTOR SICILIANO COSTRAND, GUIDATO DA FRANCESCO ANDALORO, HA DECISO DI PUNTARE SULLO SVILUPPO DI RESIDENZE ESCLUSIVE SOSTENIBILI E SUL RETAIL D’ECCELLENZA. SETTORI CHE OFFRONO PROSPETTIVE DI CRESCITA E PERMETTONO DI METTERE A FRUTTO LE PECULIARITÀ DELL’AZIENDA DI FAMIGLIA

REAL ESTATE
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Francesco Andaloro

Lusso sostenibile e innovazione digitale per saper leggere e anticipare i cambiamenti. Nel prossimo futuro di Costrand sono chiare le principali direttrici di sviluppo. A illustrarle a Forbes Italia è Francesco Andaloro, ceo dell’azienda che in questi anni ha contribuito a trasformare da piccola impresa edile a general contractor da 25 milioni di fatturato l’anno. E che intende crescere ancora, grazie anche a oltre 45 milioni di euro di commesse che si è garantita per il prossimo triennio.

Tra le operazioni più recenti e distintive di questo nuovo corso rientra il Magnolie Park a Milazzo, provincia di Messina, quella porzione di Sicilia dove il bisnonno, il nonno e il padre di Francesco realizzarono circa 350 nuovi palazzi residenziali e innumerevoli lavori pubblici, scrivendo le pagine di una storia che va dal 1920 a oggi, attraverso le generazioni, tra boom e sfide epocali.

A Milazzo stanno sorgendo una trentina di appartamenti affacciati sulle Eolie che rappresentano non soltanto “un’opera residenziale architettonicamente d’avanguardia”, ma anche un “modello di ultra-efficienza energetica in un contesto naturalistico unico”, spiega Andaloro, “ideale per chi cerca non tanto una casa, quanto un’esperienza di vita straordinaria”. Archiviata con successo la stagione dei lavori sostenuti dal Superbonus governativo al 110%, con cui Costrand ha contribuito a riqualificare migliaia di unità abitative e ad abbattere milioni di tonnellate di CO2, contribuendo al processo di decarbonizzazione, la nuova frontiera pesca dunque spunti nelle origini e lo fa guardando al

futuro: “Quelle che realizzeremo, non solo a Milazzo, ma anche in altre location italiane, sono residenze che uniscono scelte di design all’avanguardia, materiali di primissimo ordine e tecnologie in grado di garantire la migliore classe energetica possibile”. Una “nuova generazione di appartamenti”, “concepiti grazie a collaborazioni con importanti architetti e ricorrendo al meglio delle soluzioni offerte oggi dalla domotica”. E c’è di più: non si tratta semplicemente di “case completamente autosufficienti dal punto di vista energetico”, ma di realtà che addirittura “contribuiscono alla rigenerazione urbana” grazie a “sistemi d’impianto fotovoltaici e batterie di accumulo che consentono non solo di soddisfare il fabbisogno energetico delle famiglie che vivono nelle nostre residenze, ma anche di cedere al gestore l’energia prodotta in eccesso”. Potenzialmente “una fonte di reddito per chi ci abita e genera energia in surplus rispetto alle proprie esigenze quotidiane”. Senza dimenticare alcun tipo di optional, dalla piscina privata alimentata da fonti di energia rinnovabile alle colonnine di ricarica riservate, che possano contribuire a definirne ulteriormente l’esclusività.

“Vogliamo realizzare una nuova generazione di appartamenti, concepiti con importanti architetti e ricorrendo alle migliori soluzioni offerte oggi dalla domotica”

Oltre all’edilizia di lusso sostenibile, con cui Costrand entrerà nel mercato di Roma con progetti esclusivi in partecipazione con partner locali, il gruppo punta con rinnovato slancio anche “sul retail”, racconta Andaloro, “dalla moda ai centri commerciali”. E può farlo grazie a quella che ormai sembra essere una caratteristica distintiva dell’azienda che il giovane imprenditore edile ha plasmato: “La capacità di fare affidamento su una profonda rete di professionisti e fornitori che, grazie all’expertise maturata, riusciamo a coordinare con profitto, riducendo al minimo tempistiche e imprevisti per consegnare un prodotto eccellente e, letteralmente, chiavi in mano”.

Rivolgendosi prevalentemente a clienti esigenti abituati a chiedere il massimo senza troppi limiti di spesa, Costrand sta innovando anche il modo di comunicare al mercato. “Abbiamo già fatto investimenti in nuove tecnologie, come la realtà virtuale, che in vario modo ci consentiranno di promuovere al meglio le residenze che abbiamo già in modalità cantiere o quelle che ancora dovranno sorgere; grazie, infatti, all’esperienza immersiva, per esempio tramite un visore, è possibile comprendere meglio tutte quelle caratteristiche dell’abitazione da sogno che il nostro cliente tipo sta decidendo di acquistare e che intende personalizzare. Non poniamo alcun limite alla customizzazione né ai desideri dei nostri clienti”.

A conferma della sensibilità alle richieste del mercato e della capacità di leggere e anticipare i cambiamenti c’è una scelta fatta da Costrand nei giorni che precedettero, nel periodo post-pandemico,

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l’esplodere di richieste per interventi di riqualificazione energetica incentivabili: “Con un’operazione propriamente finanziaria, abbiamo firmato accordi con importanti istituti di credito per cedere, di fatto, l’equivalente del credito derivante dai bonus ancora prima di averlo maturato; questo genere di accordi ci ha consentito di fare la differenza, di lavorare in tutta Italia e di offrire servizi di riqualificazione energetica e sismica anche in momenti in cui tante altre imprese erano ferme

per incapacità di cessione”. Evitando così di trovarsi in sofferenza come altri.

Oltre all’esperienza nell’azienda di famiglia, Andaloro deve molto al suo percorso di formazione: studi a Londra e poi a Rotterdam, laurea in international business administration e un master in imprenditoria strategica. Dopo aver vissuto per otto anni all’estero e aver conosciuto da vicino il mercato immobiliare di Miami, l’allora under 30 è rientrato in Italia con un know-how internazionale e futurista. È anche grazie a questo bagaglio di esperienze che guida oggi un team di 25 persone composto da ingegneri dedicati a sicurezza e qualità, direttori tecnici che monitorano ogni giorno l’andamento dei cantieri e commerciali che si occupano di sviluppo aziendale, nonché una filiera composta da un migliaio di imprese di varie dimensioni e professionalità. Come rimanere aggiornati e ricettivi di fronte a una tale complessità di situazioni da gestire? “Viaggio molto, anche all’estero, per conoscere sempre nuovi modelli di business e metodologie; leggo altrettanto per informarmi su cose che non conosco o su aspetti che ritengo di dover migliorare”. Mentre, per ricaricare le pile e mantenere uno spirito creativo e pronto a lasciarsi ispirare dalle nuove tendenze, Andaloro pratica molto sport, “a livello amatoriale, s’intende”. È così che, conclude, è “pronto ad assorbire ogni giorno tutti queste sfide e stimoli”. F

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Il secondo Rinascimento

Altus Realty ha permesso a una proprietà italiana di acquistare il Byron Hotel di Firenze, gioiello dell’ospitalità. Un’operazione diventata l’emblema del rinnovato interesse e della fiducia degli investitori del nostro Paese nel mercato immobiliare nazionale

Il segmento dell’ospitalità di Firenze è in forte ascesa, grazie alla conferma della destinazione turistica come una delle più importanti nel panorama italiano e alla fiducia di numerosi investitori che qui stanno mettendo radici, fiutando il potenziale a lungo termine del settore. Città rinascimentale, il capoluogo toscano sta vivendo un periodo di nuovo splendore che lo rende una meta contemporanea, oltre che un punto di riferimento storico e artistico, adatto a chi vuole concedersi il lusso delle eccellenze enogastronomiche, soggiornare nei palazzi più

scenografici o semplicemente dedicarsi allo shopping. In questo centro di innovazione e investimento, che attrae sempre più visitatori da tutto il mondo, si è di recente conclusa la vendita del Byron Hotel, raffinato edificio destinato a diventare un nuovo indirizzo di ospitalità. L’operazione, gestita da Altus Realty, evidenzia l’ascesa del segmento dell’hospitality nel mercato immobiliare della città.

A colpire è stata anche la natura della transazione, che ha visto un gruppo italiano portare a termine l’acquisto, quando solitamente sono realtà straniere a interessarsi a questo tipo di strutture. L’operazione è stata così un emblema del rinnovato interesse e della fiducia degli investitori italiani nel mercato immobiliare nazionale. La trattativa è stata lunga e articolata e ha impegnato i professionisti di Altus Realty per più di un anno. Una due diligence meticolosa, che ha esaminato documenti e registrazioni risalenti ai primi del Novecento, ha assicurato che ogni aspetto legale, fiscale e urbanistico fosse trattato con cura. Un livello di rigore legato all’importanza e alla complessità dell’affare. In particolare, il presidente Pasquale Cataldi è stato promotore della vendita insieme al team ceo di Altus Realty, composto da Maria Sidelnikova, e Vanessa Tasso, esperta di business development. “Abbiamo lavorato in stretta sinergia, testimoniando il potere del lavoro in team”, afferma Cataldi. “Un ringraziamento particolare va anche ai professionisti che hanno contribuito

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Pasquale Cataldi e Maria Sidelnikova.

L’intervento di Pasquale Cataldi all’evento Forbes Italian Excellence di Firenze.

in modo significativo all’esito positivo dell’operazione: l’architetto Morandi e l’avvocato Perrone, la cui perizia ha permesso di superare brillantemente la fase di due diligence”. Altus Realty fonde design e funzionalità e spinge i suoi collaboratori a pensare fuori dagli schemi. L’azienda ha una portata internazionale, ha sede a Firenze e gestisce proprietà di grande valore attraverso l’esperienza di professionisti attivi nel mondo del real estate da oltre 20 anni, con competenze in materia di arte e cultura. Fondata nel 2016 da Cataldi insieme all’imprenditore italo-messicano Fabio Massimo Covarrubias e all’architetto Michele Morandi, oggi ha un team sempre più numeroso e un portafoglio di investitori interessati a valorizzare il patrimonio culturale italiano e preservarlo per le generazioni future. Altus Realty semplifica l’acquisto e la vendita di immobili del segmento lusso, alleggerendo il carico di stress solitamente legato a queste operazioni. Forni-

sce immobili di pregio completi di tutti gli arredi (tutti made in Italy), selezionati dai migliori progettisti e interior designer. A questi si aggiungono consulenti legali, fiscali e advisor, per offrire un servizio di alta qualità, progettato su misura secondo le esigenze di ogni cliente.

La società gestisce anche gli accordi con banche internazionali, rappresentando a tutti gli effetti una realtà sartoriale per chi ricerca appartamenti di pregio, ville, castelli o dimore storiche. È un unicum nel settore perché si occupa di tutte le fasi del progetto immobiliare, dall’acquisizione degli edifici al progetto dei layout e alla realizzazione del design di interni. “Per chi cerca una casa dal fascino sublime e con un retaggio storico-culturale inestimabile, la nostra rete globale è capace di combinare gli acquirenti più esigenti con eccezionali esperti di proprietà storiche”, dice Cataldi. “Le persone ci lasciano trovare la proprietà che più parla alla loro anima grazie a una miscela unica, tra dimensione globale e tocco personale, tra universale e particolare”. Diventata un’autorità nel campo della decorazione e del ripristino di proprietà di lusso, Altus Realty ha fatto della discrezione il suo tratto distintivo e oggi accompagna sempre più italiani in operazioni sul mercato immobiliare nazionale. F

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Voglia di prosperità

Pianta e Domenico Galeotti hanno creato Cru de Mon per fare rinascere lo stile di vita degli anni ’80. Si occupano di immobiliare, arte e lifestyle.

“La nostra attività è guidata dalla ricerca incessante dell’unicità”, dicono

Rispondere alle tendenze emergenti, che vanno verso uno stile di vita minimalista, spinte anche dalla pandemia, partendo dal settore del real estate, fino al campo dell’arte e del lifestyle. È con questo obiettivo che, a cavallo tra il 2019 e il 2020, Massimiliano Pianta e Domenico Galeotti hanno dato vita a Cru de Mon, un riferimento di quello che i due fondatori definiscono “un modo di vivere prosperoso”.

Com’è strutturato il business di Cru de Mon e quali novità ha apportato al suo settore?

Il business di Cru de Mon si distingue per la sua articolazione poliedrica e la sua versatilità, essendo centrato principalmente sul settore immobiliare, ma estendendosi anche al campo dell’arte e del lifestyle. Potremmo descrivere i suoi snodi come una connessione trasversale di attività riconducibili a una rinascita dello stile di vita degli anni ’80, che sfocia, ai giorni nostri, in una Milano da bere 2.0.

Cioè?

Offriamo diversi servizi ed esperienze: dallo sviluppo immobiliare rivolto al recruiting di immobili esclusivi e di pregio alla Galleria d’Arte Domestica, progetto che permette di vivere ai nostri amici, clienti e partner gli ambienti da noi progettati e

realizzati con contenuti d’arte da noi selezionati. Fino alla gestione di un golf club tra le colline del Monferrato e a un’agency di servizi integrati per i nostri clienti, di coordinamento e interazione del loro patrimonio immobiliare.

Che cosa vi distingue dagli altri operatori?

Quando si parla di competizione, la nostra azienda adotta un approccio unico. Non ci identifichiamo nella ricerca di competitor, poiché il nostro obiettivo primario non è superare gli altri, ma enfatizzare l’inclusione e la condivisione. Questa filosofia riflette la nostra visione: vogliamo ispirare e coinvolgere, piuttosto che confrontarci in una competizione asettica. Crediamo che, attraverso questo approccio, possiamo contribuire a una crescita collettiva e significativa nel settore. La nostra attività è guidata dalla ricerca incessante dell’unicità in diverse direzioni

Per esempio?

Non è soltanto un percorso verso l’innovazione, ma anche un viaggio per definire e ridefinire continuamente ciò che significa vivere un lifestyle che ispira e stupisce, che noi definiamo la ricerca del ‘wow’. Inoltre, la nostra visione si traduce in un impegno verso la completezza, non solo in termini di prodotti o servizi, ma anche riguardo all’esperienza che offriamo ai clienti e alla comunità che ci circonda. In sintesi, ciò che ci distingue non è una mera questione di competizione di mercato, ma un profondo impegno verso valori che consideriamo fondamentali: inclusione, crescita condivisa, unicità e prosperità per tutti.

Sostenibilità, tecnologia, opportunità e completezza. Possiamo dire che sono questi alcuni degli aspetti chiave?

Assolutamente sì. Cru de Mon non solo risponde alle esigenze materiali, ma cerca anche di ispirare e coinvolgere a un livello più profondo, migliorando continuamente l’esperienza di vita dei suoi clienti attraverso l’innovazione e un impegno consapevole verso i valori fondamentali dell’azienda.

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Massimiliano Massimiliano Pianta

Guardando alla rivoluzione innescata negli ultimi anni dal Covid e dalla tecnologia, quali sono i trend più importanti che avete osservato? Sia in termini di realizzazione che di richiesta.

‘L’insieme che si fa spazio’, come noi amiamo definirlo. Ossia, l’adozione diffusa del lavoro da remoto e la crescente richiesta di spazi domestici che possono funzionare efficacemente come uffici. Questo ha portato a un interesse per immobili multifunzionali e soluzioni di design che permettono di trasformare facilmente una parte della casa in un ambiente di lavoro confortevole e produttivo.

In termini di progetti, invece, quali sono quelli più importanti per voi?

Più che parlare di un progetto in particolare, enfatizziamo l’insieme dei progetti. Questi sfociano in un networking di relazioni intorno al nostro lavoro, finalizzando reti di persone e, conseguentemente, reti di imprese

E ora quali sono le sfide più importanti che dovrà superare il settore immobiliare?

Secondo noi, la sfida centrale è quella dei progetti di rinnovamento di aree urbane meno sviluppate, da trasformare in quartieri vivibili con spazi verdi, strutture comunitarie e servizi di prossimità. Questi progetti possono avere un impatto significativo sulla qualità della vita urbana, rappresentando non solo l’impegno di un’azienda verso l’innovazione e la sostenibilità, ma anche la sua capacità di rispondere alle mutevoli esigenze del mercato, ponendo sempre al centro l’esperienza umana e il benessere dei clienti.

Ci dobbiamo aspettare sorprese per quest’anno?

Certamente. Il 2023 per noi è stato un anno di opportunità significative, sia dal punto di vista economico che dal punto di vista del consolidamento e dell’espansione del nostro team. Abbiamo grandi aspettative per i mesi a venire. L’azienda annuncerà a breve il lancio di nuovi progetti immobiliari e nuove partnership con altre imprese per arricchire l’offerta e creare nuove opportunità di mercato. D’altronde, il nostro dna è quello di essere curiosi e cercare continuamente di coltivare la bellezza. F

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Domenico Galeotti

La mia casa

Mattia Ballatori è alla guida dell’azienda edile di famiglia che ha rilevato appena ventenne, succedendo al padre. Sogna di restituire alla popolazione del Centro Italia le abitazioni distrutte dal terremoto nel 2016

Dopo aver rilevato l’azienda di famiglia appena ventenne, Mattia Ballatori è, da tre anni, il più giovane imprenditore edile in Italia. C’è in lui qualcosa che lo lega fortemente alla sua tradizione e al suo territorio. Tanto da aver voluto sviluppare un progetto che unisce la capacità di fare impresa alla volontà di dare un contributo alla ricostruzione di una zona del Centro Italia duramente colpita dal terremoto del 2016. Dove un buon numero di comuni distrutti sono ancora oggi in attesa di un recupero definitivo per poter tornare a nuova vita. L’azienda si chiama Ballatori Costruzioni, una realtà che ha mosso i suoi primi passi, ormai mezzo secolo fa, nell’area tra Ascoli, Teramo e Fermo e che nel 2023 ha superato 1,5 milioni di euro di fatturato, con un 2024 che si profila ancora più positivo. Mattia rappresenta la terza generazione in azienda, quella chiamata a vincere la sfida della modernità lavorando sulla qualità dei materiali e sull’adozione delle più moderne tecnologie costruttive, ma guardando anche alle opportunità offerte dall’edilizia sostenibile, fattore di crescita oggi sempre più importante.

Com’è nata l’idea di fare della ricostruzione un asset strategico della sua azienda?

Quando nel 2016 frequentavo ancora le superiori, ho vissuto in prima persona il terremoto che a pochi chilometri da noi ha provocato danni ingenti, purtroppo ancora ben visibili. Ho visto persone che hanno perduto parenti e hanno dovuto trasferirsi lasciando le loro abitazioni, dove alcuni sognano ancora di tornare. Poi, nel 2020, mi sono trovato ad affiancare mio padre in azienda e, nell’agosto 2021, a prenderne direttamente le redini in seguito alla sua scomparsa. È stato

allora che, confidando nella necessità di dare impulso a un’opera di ricostruzione, con alle spalle un’azienda in possesso di tutte le certificazioni necessarie, ho deciso di mettere a disposizione la nostra esperienza.

Per lavorare alla ricostruzione di un patrimonio edilizio storico come quello andato distrutto, quali sono le competenze necessarie e come si conciliano le moderne tecnologie costruttive con manufatti edificati secondo ben altri principi?

Quando c’è da intervenire su adeguamenti antisismici e strutturali è necessario dotarsi di un elevato grado di sicurezza in cantiere e va posta grande attenzione alle caratteristiche peculiari degli edifici. Per esempio, quando ci si trova di fronte a case con pietre a vista, è importante saperle ripristinare con tecniche adeguate, per rispettare l’estetica originaria.

Ballatori si pone oggi come general contractor, cosa proponete ai clienti?

Grazie a un team qualificato e ad anni di esperienza, garantiamo un servizio chiavi in mano sia per il nuovo, sia per le ristrutturazioni, partendo eventualmente dalla progettazione e poi con la realizzazione diretta di tutte le fasi dell’intervento. Questo ci consente una gestione unitaria del cantiere, senza quei passaggi che possono complicarla. Siamo consapevoli che costruire o ristrutturare una

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Mattia Ballatori
“Quando si tratta di intervenire su adeguamenti antisismici e strutturali, bisogna garantire elevati livelli di sicurezza in cantiere e porre grande attenzione alle peculiarità degli edifici”

casa è un impegno significativo, sia dal punto di vista finanziario che da quello emotivo. Perciò ci impegniamo a garantire tempi e costi certi, offrendo una pianificazione accurata e una supervisione attenta durante l’intero processo.

Altro aspetto essenziale è l’impiego di nuove tecniche costruttive, tenendo conto di un fattore chiave come la sostenibilità.

L’efficienza energetica degli edifici oggi è elemento centrale, anche se purtroppo in Italia sono ancora troppi quelli in classe bassa, quindi con elevati consumi ed emissioni in atmosfera. Efficienza che è necessario perseguire in fase di progettazione e di lavorazione, individuando le soluzioni più efficaci

nei diversi casi, anche per rispondere agli indirizzi e ai termini fissati dall’Unione europea, di cui non dobbiamo dimenticarci. Noi interveniamo con uno sguardo sempre attento alle nuove tecniche costruttive, che vanno dall’impiego di materiali misti (come legno, ferro e cemento) ai nuovi modi di costruire, come i sistemi a secco.

Cosa c’è nel futuro di Ballatori?

Io vedo un’azienda in grado di fare qualità e aumentare il proprio mercato, offrendo sempre precise garanzie ed elevata professionalità. Lavoriamo molto guardando all’innovazione di prodotto, consapevoli delle trasformazioni a cui l’edilizia moderna è approdata e della necessità di dare risposte mirate, con interventi su misura per la piena soddisfazione del cliente. Puntiamo nei prossimi anni a dare un contributo sempre più importante alla ricostruzione del Centro Italia e a far rientrare nelle proprie case più famiglie possibile. Sarebbe per noi motivo di orgoglio. F

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Restauri di valore

Guidata da Angelo Kostandini, Chianti Restorations è un’azienda che ridà nuova vita a ville e castelli, grazie a un team di 150 esperti maestri artigiani

Per l’esclusività delle prestazioni e per l’attenzione ai particolari, si potrebbero paragonare a una Ferrari nel campo delle auto, o a Gucci in quello dell’alta moda. Nel settore del restauro degli immobili di lusso, la Chianti Restorations è ormai da anni tra i brand più affermati in Italia, potendo contare su una clientela internazionale interessata a valorizzare le proprietà acquistate nel nostro Paese. E se nell’immaginario collettivo estero il nome Chianti è già di per sé sufficiente a richiamare l’idea del countryside, del lifestyle rurale e del bon vivre italiano, dietro l’azienda fiorentina è all’opera un team di oltre 150 esperti che mette a disposizione la propria maestria artigiana per dare nuovo lustro a edifici del patrimonio architettonico e immobiliare nostrano.

A capo di Chianti Restorations c’è l’imprenditore Angelo Kostandini: è a lui che un parterre formato da alcuni dei nomi più in vista del jetset mondiale si rivolge per veder ristrutturati ville, castelli, interi borghi medievali, antichi terratetti, tenute, cascine e casali che custodiscono storie e architetture legate a doppio filo al territorio in cui si trovano. Nessuna sorpresa, quindi, se proprio una regione ricca di tradizioni e dai mille campanili come la Toscana sia oggi il cuore dell’attività di Chianti Restorations, pur operando già a livello nazionale. Anzi, per Kostandini conoscere l’eredità di secoli di storia connessa a ogni dimora di pregio è il primo passo per garantire la sua valorizzazione. Su ogni progetto mastri muratori,

artigiani specializzati e tecnici professionisti – alcuni dei quali hanno lavorato anche su monumenti come il Duomo di Firenze o la Basilica di San Pietro in Vaticano – cercano un punto d’equilibrio tra l’esigenza di rispettare la storia degli ambienti (dai rivestimenti in muratura, ad archi, volte o solai con travi in legno pregiato) e la necessità di renderli funzionali e con tutti i comfort moderni.

È per dare un significato concreto al termine sostenibilità che Angelo Kostandini e la Chianti Restorations hanno scelto di utilizzare materiali rispettosi del territorio e dell’ambiente, a partire dal marmo e travertino lavorati a mano, fino agli intonaci a calce naturale. La ventennale esperienza maturata e l’innovativo metodo di lavoro, che mette al centro la storia dell’immobile, hanno consentito a Chianti Restorations di conquistare la fiducia di capitani d’industria, artisti e personaggi dello spettacolo che hanno deciso di investire nel patrimonio architettonico italiano, tra i più ricchi al mondo. F

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Sotto Angelo (a sinistra) ed Edison Kostandini, co-fondatori di Chianti Restorations

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Transizione gemella

Evogy, società specializzata nell’ottimizzazione della gestione energetica degli edifici, vuole supportare con l’aiuto del digitale le aziende nella decarbonizzazione

Accompagnare le aziende nel perseguimento della decarbonizzazione attraverso la scalabilità dello strumento digitale, in un’ottica di transizione gemella digitale-green. È questa la mission di Evogy, società tech specializzata nell’ottimizzazione della gestione energetica degli edifici attraverso soluzioni innovative che nascono dalla collaborazione costruttiva tra intelligenza artificiale e umana.

Evogy è stata fondata nel 2018 da Tiziano Arriga, Stefano Zanin, il cto, e Tiziano Zani, il coo: tre professionisti con esperienza nel settore energetico e tecnologico. Lo strumento principale di Evogy è Simon, un building energy management system, la piattaforma proprietaria in cloud basata su tecnologia IoT (Internet of things) e IA che, attraverso la costruzione di un modello energetico digitale dell’edificio (digital twin), permette di controllare e gestire in maniera dinamica e predittiva tutti gli impianti di generazione e consumo degli edifici. Questa soluzione, applicata ormai su oltre 250 siti, nel 2023 ha consentito di ridurre di circa mille tonnellate le emissioni di CO2 e ha generato un risparmio energetico di circa 1,6 GWh.

to anche dai numeri diffusi dalla stessa azienda: Evogy ha archiviato il 2023 con un fatturato di 3,7 milioni di euro e punta a superare i 7 milioni entro il 2025.

La crescita sarà supportata da un investimento di 2 milioni di euro e un piano di sviluppo fondato su tre principali driver di crescita: continuo sviluppo del core business (energy digitalization), ampliamento dei servizi innovativi offerti con particolare attenzione al tema decarbonizzazione (grazie partnership con realtà esterne) e integrazione di servizi di facility management gestiti, però, con un approccio totalmente data-driven. Il piano passa anche da un ampliamento dell’organico: nel 2024 sono previste sette nuove assunzioni che porteranno l’organico a superare le 30 unità entro il 2025.

“Portare il digitale e l’intelligenza artificiale nel mercato dei servizi energetici. È questa l’idea per cui abbiamo fondato Evogy, affrontando sempre questo complesso progetto con una visione e un approccio industriale. Perché la digitalizzazione è la nuova rivoluzione industriale”, afferma Arriga. Il lavoro efficace della società B-Corp è testimonia-

“Grazie al concetto di energy as a service”, ha detto ancora Arriga, “negli ultimi anni ci siamo fatti strada nel mercato della digital energy con progetti in diversi settori con ottimi risultati. I prossimi due anni saranno dedicati a un’ulteriore crescita e al consolidamento del nostro posizionamento come azienda tecnologica in grado di dare un contributo concreto alla trasformazione digitale. I nostri interventi rientrano negli incentivi 4.0 e 5.0, consentono alle imprese di investire per trasformare gli edifici in smart building e al contempo di ridurre i consumi”. F

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Da sinistra: Stefano Zanin, Tiziano Arriga e Tiziano Zani, fondatori di Evogy.

Un piano per Dubai

Nella capitale degli Emirati Arabi Uniti il mercato immobiliare continua a crescere. Greeninvest real estate aiuta i molti che stanno valutando l’acquisto di una proprietà in costruzione o ancora da costruire

Il mercato immobiliare di Dubai ha visto crescere esponenzialmente il suo valore negli ultimi due anni, con prezzi al metro quadro aumentati del 51% dal 2021, dopo sei anni, tra il 2014 e il 2019, di lieve flessione. E investire a Dubai può rappresentare anche un’occasione di diversificazione e accrescimento dei patrimoni, ma, come per ogni investimento, è bene informarsi per comprendere rischi e opportunità. Per farlo Forbes Italia ha intervistato Davide Pironti, ceo di Greeninvest real estate, società real estate e property management che opera a Dubai dal 2019, specializzata in consulenze per investimenti immobiliari di clienti prevalentemente italiani, con una particolare attenzione alla gestione complessiva dell’investimento, dall’acquisto alla rivendita o locazione. Greeninvest, che nel 2023 ha fatturato 1 milione di euro, ha saputo distinguersi anche per il successo ottenuto sui social: su TikTok, per esempio, ha oltre 184mila follower e cinque milioni di like.

Quali sono i vantaggi degli investimenti immobiliari off plan a Dubai?

Abbiamo scelto gli Emirati Arabi per tre ragioni: sicurezza, tassazione e opportunità. La sicurezza è il primo motivo per cui il cliente può sentirsi tranquillo, rispetto a investimenti in appartamenti in costruzione. In questi casi è il governo a garantire attraverso l’uso di escrow accounts: i fondi investiti non vengono consegnati direttamente al developer, bensì al governo, che svincola l’importo solo nel momento in cui il cliente finale riceve le chiavi dell’appartamento, a costruzione ultimata. Il secondo motivo è la tassazione: nessuna tassazione sulle plusvalenze e sugli affitti, nei casi in cui i fondi rimangano negli Emirati. Investire sul mattone in Italia potrebbe risultare più rischioso, considerata la tassazione e la probabilità di insolvenze: Dubai, da questo punto di vista, può risultare molto più tutelante.

Come funziona il mercato dell’usato e quali i rischi e opportunità vede in questo tipo di investimenti?

Pro e contro: si possono realizzare affari interessanti con un roi (return on investment) immediato, in quanto l’immobile è sfruttabile per affitti o uso personale fin da subito. Tuttavia, gli immobili usati sono stati edificati tanti anni fa, con criteri inferiori rispetto agli attuali, perciò ne conseguono costi di manutenzione e ristrutturazione elevati. Il roi più alto si ottiene sicuramente acquistando off plan e mettendo a reddito l’immobile una volta pronto. In conclusione: secondary market sì, ma solo per investitori esperti con consulenti fidati sul posto.

Se guardiamo i prezzi al metro quadro, dal 2014 ad oggi l’aumento è di circa il 49% (4,9% annuo di media), ma con un incremento sostanziale negli ultimi due anni. Qual è la vostra prospettiva rispetto ai prossimi dieci o 15 anni?

I prezzi a Dubai sono sicuramente in aumento: la previsione è molto ottimistica. La crescita non calerà, grazie alla visione di uno sceicco che si è posto degli obiettivi dal punto di vista infrastrutturale per il 2040 e il 2071, volti allo sviluppo sostenibile e alla mobilità a misura d’uomo. La cavalcata di successo di Dubai nel real estate (e non solo) non è una bolla che esploderà, ma continuerà, spinta dalla vision dei governanti, da una popolazione in costante aumento (+5% annuo negli ultimi 20 anni) e dal pil in impennata (+8% annuo negli ultimi 20 anni). F

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Costruttori di futuro

Nata nel 2016 a Milano, Sfre è una società di project & construction management che opera in tutta Italia nel real estate. I suoi servizi seguono i principi di innovazione e sostenibilità

Rivoluzionare il mondo del real estate con un occhio di riguardo per la sostenibilità e il rapporto con il territorio: si potrebbe riassumere in questi termini l’obiettivo di Sfre, società di project & construction management nata nel 2016 a Milano. Oggi l’azienda opera sull’intero territorio nazionale con un team di professionisti divisi in due sedi milanesi, in via della Moscova e piazza Gae Aulenti, una a Bologna, una a Roma, una a Bari e una a Firenze. A chi parla Sfre? I servizi offerti dall’azienda sono rivolti a importanti realtà nazionali e internazionali che operano nel mondo del real estate logistico e del light-industrial, developer, investitori di grande rilevanza nel panorama della logistica, che è al centro di un’evoluzione continua e oggi risulta quanto mai essenziale nel definire il rapporto tra aziende e territorio. Negli anni è riuscita a conquistare un ruolo determinante nel suo settore logistico di specializzazione, vista la capacità di offrire una gamma di servizi sempre più ampi. Ciò è avvenuto anche grazie anche alla creazione di altre quattro società: Sfe, specializzata nel fire engineering; Sfcm, che presenta un focus nelle attività di construction management; Sfs, che si occupa della progettazione integrata e del management in chiave sostenibile; e Sfse, epc contractor che opera nel campo delle energie rinnovabili. Non c’è tuttavia successo senza una mission ben precisa. Il gruppo Sfre concepisce il suo ruolo filtrandolo attraverso le lenti di due direttrici principali: l’innovazione e la sostenibilità. Per questo motivo l’azienda privilegia progetti in grado di garantire immobili performanti sul piano della tecnologia, ma che, allo stesso tempo, possano inserirsi nel modo migliore nello spazio che li ospita, costituendo un valore aggiunto che possa avere un impatto positivo sul benessere dei suoi abitanti. Il gruppo interpreta i criteri esg come fari che

guidano l’innovazione nella logistica, dando rilevanza ai versanti di natura economica, sociale e di governance che stanno alla base dei rapporti con gli stakeholder interni ed esterni all’azienda.

Non solo real estate, quindi, ma ricadute sull’intera società: l’impegno dell’azienda rappresenta un motore di cambiamento, anticipando le esigenze emergenti e contribuendo all’innovazione responsabile e alla sostenibilità integrata.

Ne è un esempio il riconoscimento ottenuto da Sfre nella sua missione di sostituire vecchi magazzini con nuovi hub sostenibili: al nuovo sviluppo logistico di Casei Gerola (Pavia) è stata riconosciuta la certificazione Leed Platinum, la più alta valutazione ufficiale tra gli standard globali per gli sviluppi immobiliari eco-compatibili.

Inoltre, Sfre partecipa come partner tecnico allo sviluppo in Italia di Weerts Logistics Parks, sviluppatore di immobili logistici all’avanguardia per 3pl e utenti finali con all’attivo oltre un milione di metri quadrati in fase di sviluppo anche in Belgio, Paesi Bassi, Francia, Germania, Regno Unito e Ungheria: una pipeline di sviluppi il cui denominatore comune è la capacità di soddisfare le esigenze della logistica contemporanea. E un altro passo avanti verso il futuro della logistica sostenibile per tutti. F

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La sede di Casei Gerola

L’immobiliare verde

È partita nel 1998 dalla Repubblica Ceca ed è arrivata in 17 paesi. Vgp mette a disposizione in locazione parchi logistici e semindustriali. Con un occhio all’ambiente e alle energie rinnovabili

Il settore immobiliare che cambia, anche col green. Vgp è una società europea del settore immobiliare, che progetta e mette a disposizione in locazione parchi logistici e semindustriali. Offre anche soluzioni nel campo dell’energia rinnovabile e opera secondo un modello di business integrato, basato sull’esperienza pluriennale e sulla competenza lungo tutta la catena di fornitura. Fondata nel 1998 in Repubblica Ceca da Jan Van Geet, attuale amministratore delegato, Vgp opera direttamente o in joint venture in 17 paesi, con uno staff che supera i 370 dipendenti. Nel 2018 l’azienda ha deciso di entrare nel mercato italiano aprendo una sede a Segrate, in provincia di Milano. Il team Vgp Italy oggi ha 15 professionisti e un ufficio di 300 metri quadrati a Segrate. A dirigerlo è il country manager Agostino Emanuele, 46 anni. Dopo aver conseguito una laurea in ingegneria civile al Politecnico di Milano, Emanuele ha ampliato le sue competenze completando due master (Mpm - master in project management alla School of Management del Politecnico di Milano e Epfire - finanza immobiliare e real estate alla Sda Bocconi) e accumulando esperienze lavorative in vari paesi (Gran Bretagna, Belgio, Repubblica Ceca, Paesi Bassi, Russia, Bulgaria, Libia).

In pochi anni Vgp Italy ha visto una significativa crescita nel suo portfolio, con oltre 800mila metri quadrati di aree in possesso. “Ci impegniamo attivamente a consolidare partnership a lungo termine con i nostri tenant e le istituzioni locali, rafforzando così la presenza e il nostro impegno sul territorio”, racconta Emanuele.

La strategia di sviluppo del gruppo è caratterizzata dall’attenta considerazione dei cambiamenti in corso nel mercato, tra cui l’insediamento di attività produttive in aree strategiche e la logistica last mile, che continua a mostrare un trend positivo. Oggi Vgp Italy può contare su otto business park: quattro in Emilia-Romagna, tre in Lombardia e uno in Veneto. La società ha annunciato di recen-

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Agostino Emanuele

te di aver acquisito oltre 100mila metri quadrati a Parma, dove sorgerà il nuovo Vgp Park Parma, e 50mila metri quadrati a Legnano per il Vgp Park Legnano, entrambe posizioni strategiche per il business italiano. Sempre in Emilia-Romagna, al Vgp Park Valsamoggia 2, si stanno svolgendo lavori su una superficie di oltre 125mila metri quadrati. “L’Italia è un mercato strategico per Vgp, anche perché è il primo paese in Europa per città con più di 100mila abitanti, circa una cinquantina”, spiega Emanuele. “Questi territori fortemente urbanizzati sono quelli che hanno più bisogno di magazzini e aree logistiche con basso impatto ambientale. I nostri business park sono frutto di uno studio accurato delle esigenze del mercato e dei nostri clienti e ci permettono di perseguire le linee guida del gruppo. Tra queste, la scelta di prime location, la vicinanza a un casello autostradale, l’ottima visibilità e la presenza sempre più importante di verde all’interno dei nostri parchi”.

Vgp si impegna anche per l’ambiente e la sostenibilità delle risorse: mira a raggiungere con le sue operazioni immobiliari le zero emissioni nette di CO2 entro il 2050. Gli obiettivi del gruppo in ma-

teria sono allineati e approvati dall’iniziativa Science Based Targets (Sbt): tutti i nuovi edifici mirano alla certificazione ecologica Breeam Excellent. Vgp è anche avviata a raggiungere i 300 MWp di energia solare sui suoi edifici in tutta Europa.

Per facilitare la transizione energetica dei clienti e supportarli nella gestione efficiente dell’energia, l’azienda ha creato la business unit ad hoc Vgp Renewable Energy, che offre soluzioni all’insegna dell’energia rinnovabile per gli immobili. Vgp mette a disposizione degli affittuari energia verde, punti di ricarica per automobili e mezzi pesanti a mobilità elettrica ed esplora la possibilità di usare veicoli a idrogeno. Per quanto riguarda l’Italia, ha in funzione cinque progetti fotovoltaici con una capacità di 500 kWp, che generano 608 MWh all’anno, impiegati dagli affittuari. Altri tre progetti, per un totale di 5,1 MWp, sono in fase di finalizzazione (Vgp Park Calcio di 3,1 MWp, Vgp Park Valsamoggia di 1,0 MWp e Vgp Park Sordio di 1,0 MWp). La connessione alla rete dovrebbe essere realizzata per tutti e tre i progetti nel 2024, il che aumenterà la produzione di energia a 6.590 MWh. In questo modo verrebbe prodotta energia sufficiente a soddisfare il fabbisogno annuo di elettricità di 575 famiglie italiane, o quattro volte la quantità di elettricità consumata dagli affittuari di Vgp nel corso dello scorso anno (1.616 MWh).

Per gli edifici di prossima costruzione in Italia, Vgp prevede di realizzare altri 3,6 MWp attraverso tre progetti fotovoltaici, il che triplicherebbe quasi la capacità di produzione di energia a 4.323 MWh. F

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Il Vgp Park di Valsamoggia

UMANESIMO TECNOLOGICO

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di Elisa Serafini
GOOD STORIES
DINOVA È LA NUOVA REALTÀ TECH DEL GRUPPO MAGGIOLI, ISPIRATA E PROMOSSA DA CRISTIANO BOSCATO, CHE VUOLE ESSERE PARTNER PER PROCESSI DI INNOVAZIONE INTEGRATI. “IL MIGLIORAMENTO DELLE PERSONE STIMOLA IL PROGRESSO INCESSANTE DELLE ORGANIZZAZIONI”

PPersone, organizzazioni e tecnologie possono creare un ecosistema dove al centro siano integrati i concetti di progresso e di miglioramento. È l’umanesimo tecnologico di Dinova, nuova realtà tech del gruppo Maggioli, ispirato e promosso da Cristiano Boscato, già executive vice president di Injenia e ora amministratore delegato della nuova controllata del gruppo, Dinova, frutto dell’unione tra Injenia, Hibo, eLogic, DeppCyber. Dinova soddisfa un bisogno delle aziende: poter contare su un partner per processi di innovazione integrati.

Boscato è un manager e imprenditore sui generis, interessato agli aspetti umani della tecnologia e da sempre portavoce di un cambiamento culturale, ancora prima che tecnologico, nel modo di fare business e lavorare. È fondatore e amministratore di numerose aziende che si occupano di tecnologia e innovazione, oggi diventate società di rilievo a livello nazionale. È inoltre membro del board direttivo di Enchora, adjunct professor alla Bologna business school e autore di In una notte d’estate ho visto il futuro (FrancoAngeli, 2022).

Boscato, quali sono stati i passi verso la creazione di Dinova?

Injenia ha continuato a crescere da 30 a 60 milioni di fatturato, le quote erano state vendute al gruppo Maggioli. Il gruppo ha investito nel settore privato, investendo in Injenia e altre realtà, valorizzando anche le opportunità offerte dal Pnrr. La richiesta del gruppo è stata quella di unire quattro società tra loro complementari, Injenia, Hibo, eLogic e DeepCyber, per formare un’azienda nuova, Dinova, con ambizioni importanti di crescita sia su chiave organica, sia su chiave non organica, quindi anche con un piano di acquisizioni per creare un nuovo attore per la digital innovation.

informatica. Dinova sarà abbastanza piccola da essere flessibile, ma abbastanza grande da poter affrontare sfide importanti. Il mio compito, da ad, sarà quello di assecondare e far crescere questo progetto anche grazie alla ricerca e sviluppo.

Quali sfide dovranno affrontare le grandi aziende nel prossimo futuro?

“Siamo competenti sul tema IA da tanti anni e crediamo di essere in mezzo a un cambiamento importante, che rivoluzionerà sia
la società, sia il modo in cui faremo innovazione e informatica”

Quale sarà lo spirito culturale di questo nuovo progetto?

Boscato sta guidando l’integrazione di quattro realtà che andranno a creare Dinova, composta da 300 persone, la cui mission è quella di creare un ecosistema dove, secondo Boscato, “il miglioramento delle persone stimola il progresso incessante delle organizzazioni”.

La vision di Dinova mira a creare un ecosistema naturale delle persone con business consapevole, dove l’innovazione è ragionata e c’è attenzione maniacale a tutto ciò che ci circonda, dal punto di vista della comunità, non solo legato all’ambiente. Crediamo sia un momento storico di grande responsabilità per chi fa innovazione. Siamo competenti sul tema IA da tanti anni e crediamo di essere in mezzo a un cambiamento importante, che rivoluzionerà la società, ma anche il modo in cui faremo innovazione e

Per tanti anni si è parlato di tecniche per innovare in azienda, ma si è sempre fatto in maniera abbastanza ‘tattica’ e per opportunità, tralasciando alcuni aspetti fondamentali, come l’organizzazione, il lavoro sulla comunicazione aziendale. Si è sempre lavorato sul singolo obiettivo, ad esempio nel caso dell’industria 4.0, dove è stata promossa l’automazione, ma senza la parte di IA o di gestione del dato. Con lo sviluppo di IA di tipo generativo, fare ricerca e sviluppo cambierà completamente, sarà possibile innovare con un altro tipo di velocità e di complessità. Pensiamo al settore It, nel momento in cui il coding verrà supportato anche da macchine. Nel giro di qualche anno sarà possibile replicare prodotti velocemente. Siamo tutti a rischio di estinzione del mercato di riferimento. A quel punto l’innovazione dovrà essere completamente diversa. Alcune aziende non sono pronte, ed è compito nostro accompagnarle verso questo cambiamento. Poi c’è la sfida della cybersecurity. Più crescono le complessità, più crescono le vulnerabilità. Bisogna iniziare a pensare a una sicurezza by design. Dinova è un system integrator che ha questo ruolo.

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Quale ruolo hanno le persone in questo scenario?

Attraverso Interacta, prodotto di Injenia dedicato alla comunicazione aziendale, stiamo lavorando molto con le persone e siamo ancora più consapevoli dell’importanza del fattore umano. Oggi i maggiori investimenti sono in ricerca e sviluppo e su modalità per far collaborare meglio le persone all’interno dell’azienda. L’asset vero, anche nel caso di Dinova, sono le persone. D’altronde è un momento di tale cambiamento che è indispensabile ‘fermarsi’ con le persone e ragionare insieme sul futuro.

Per leggere altre storie di innovazione e tecnologia visita la sezione Innovation di Forbes.it

identikit

Cristiano Boscato è amministratore delegato di Dinova, frutto dell’unione tra Injenia, Hibo, eLogic, DeppCyber. Precedentemente è stato executive vice president di Injenia. È, inoltre membro, del board direttivo di Enchora, adjunct professor alla Bologna business school e autore di In una notte d’estate ho visto il futuro (FrancoAngeli, 2022).

C’è qualche prospettiva rivolta ai mercati esteri?

Dinova nasce con prospettiva internazionale. Stiamo rafforzando la nostra presenza in Spagna dove, grazie al gruppo, stiamo portando Interacta e cybersecurity. Dinova ha una prospettiva internazionale prevista nel suo piano triennale di espansione e crescita. A fare la differenza, anche nel caso dell’internazionalizzazione, saranno le persone. Aver unito quattro aziende significa aver integrato diverse teste pensanti, con la capacità di aumentare velocità e qualità dei processi. F

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Energia da vendere

Estra, la società toscana di servizi a rete, ha chiuso il 2023 con l’utile raddoppiato a 28,1 milioni. "i segreti? operare bene sul mercato e un'attenta politica verso la clientela.

insieme a una grande voglia di crescere in sintonia con il territorio", spiega l'ad FrancEsco Macrì

S“Siamo particolarmente soddisfatti dei risultati ottenuti nel 2023. Estra riprende un trend di crescita al di là delle turbolenze nel mercato internazionale dell’energia. La solidità del modello dell’azienda, da sempre centrato sulla vicinanza con i territori di riferimento, ha consentito di ottenere ottime performance economiche, ma anche di confermare il ruolo-guida del gruppo come uno dei protagonisti a livello nazionale nella transizione energetica e la lotta al cambiamento climatico”. Francesco Macrì, presidente di Estra, l’utility con testa e cuore in Toscana, ma con una presenza che ormai si estende a buona parte del Paese, non nasconde la sua soddisfazione. Ma a contare più di tutti sono i risultati. Ricavi totali a 1,212 miliardi di euro, l’ebitda a 142,9 milioni (+37%), utile netto a 28,1 milioni raddoppiato rispetto ai 14,1 milioni del 2022.

Meno ricavi rispetto al 2022, ma utili record. Come è stato possibile? Sì, abbiamo avuto un bel risultato. I ricavi sono calati perché nel 2022 risentivano della speculazione sui prezzi dell’energia. Un caso anomalo, perché finora non era mai accaduto che la speculazione finanziaria si concentrasse sul gas. Il caro-energia è stato generato dal mix di vari

elementi, quali crisi energetica, crisi geopolitica, speculazione. Ora i prezzi sono tornati a livelli sostenibili e nella normale dinamica di fornitura a livello globale. Il grosso dei nostri numeri è prodotto dalla vendita di gas e di energia elettrica. Siamo stati bravi ad acquistare bene e a vendere a un prezzo giusto, che tenesse conto anche delle capacità economiche dei nostri clienti.

Un settore che sicuramente ha bisogno di continui investimenti. Sicuramente. Prevediamo di continuare a investire soprattutto nella produzione di energia rinnovabile. Nell’ambito del fotovoltaico ci stiamo confrontando anche con le comunità energetiche rinnovabili (cer). Ci proponiamo come partner tecnico, perché è giusto che le Cer siano principalmente animate dalle realtà locali.

C'è chi sostiene che, se coprissimo tutto il territorio italiano di pannelli fotovoltaici, l’energia prodotta non sarebbe sufficiente. Insomma, il sole non basterebbe mai?

Dobbiamo tenere ferma la barra sulle rinnovabili perché in Italia, soprattutto nel centro-sud, abbiamo una grande risorsa che è il sole, fondamentale nel campo della sostenibilità. Ma non basta produrre energia elettrica, bisogna anche trasportarla e servono notevoli investimenti a livello di infrastruttu-

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Francesco Macrì

re dorsali e di rete periferica. È chiaro che si va verso una crescita dell'elettrificazione dei consumi, ma non possiamo fare a meno di queste infrastrutture tecnologiche se vogliamo crescere.

Sì, ma non ci si può basare solo sull’energia elettrica.

Chi immagina un futuro strettamente legato a un unico vettore o a una singola fonte energetica compie un gravissimo errore. Per garantire la competitività e la sicurezza del nostro Paese occorre ragionare in un’ottica di diversificazione delle fonti energetiche. Oggi si parla di new gas, si parla di idrogeno. Estra, che viene da una cultura legata al metano, farà di tutto per preservare e valorizzare il patrimonio di reti pubbliche che hanno realizzato le comunità locali negli anni '70-'80 e che ci vedono tra i primi al mondo a livello tecnologico. Le reti del gas sono ancora fondamentali e devono durare. Non si può immaginare di elettrificare tutti i consumi, anche perché continueremo a produrre energia elettrica per molti anni sempre con il gas. Bisogna ragionare di biogas, di new gas, di idrogeno. Noi ci stiamo lavorando.

A proposito. Avete fatto un accordo per il biogas e per le la miscelazione gas-idrogeno con Enea. Stiamo lavorando con Enea per testare la tenuta delle reti del metano. L'idrogeno è un materiale estremamente infiammabile, di una diversa densità materiale, e oggi è consentita una miscelazione di metano e idrogeno fino al 2%. Estra, insieme a Enea e all'Università di Firenze, sta operando per individuare la possibilità di un blending maggiore, per arrivare al 5%, se non al 10%. La sperimentazione sta avvenendo al campo prove di Centria (società di distribuzione del gas di Estra ndr), presso la nostra sede di Arezzo, che è stato selezionato a livello nazionale da Enea per le sue caratteristiche, in termini sia di replicabilità delle diverse tipologie di reti e apparati che di elevati standard di affidabilità.

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Utile netto d’esercizio in milioni di euro nel 2023

Il mercato dei servizi è molto competitivo. Come riuscite a tenere testa alle altre aziende nazionali a cui fa gola il territorio toscano?

Stimolando l'aggregazione, acquisendo la collaborazione di altri territori e quindi facendo crescere una realtà di prossimità come la nostra. Abbiamo un modello commerciale e di gestione dei servizi con un taglio di prossimità, che funziona. Siamo convinti che, rispetto ai modelli generalisti nazionali, quando vendiamo energia, la nostra postura commerciale non ci distingue per il centesimo in più o in meno, ma per la vicinanza ai clienti e al territorio. Per il fatto che i nostri utili vanno in ultima istanza ai comuni, che a loro volta li destinano ai cittadini, e per il fatto che siamo

disposti a fare investimenti che aiutano comparti economici locali.

Il tema energetico ormai riguarda e coinvolge tutte le comunità locali. È questo il senso del progetto Multiutility Toscana?

Il tema energetico, il tema ambientale, il tema idrico, il tema dell'innovazione delle città, cioè delle smart city, sono tutti argomenti che sono nelle corde di Estra e del gruppo Multiutility. Sono tutte tematiche che contribuiscono alla modernizzazione, rispetto a iniziative più di mercato o più predatorie che arrivano dall'esterno. Quindi lo sforzo che stiamo facendo è quello di convincere gli amministratori toscani che è rilevante non mostrarsi, dal punto di vista politico amministrativo, come un mercato, ma come un'area organizzata con un unico soggetto che può fare il bene del proprio territorio.

Quali sono i vostri obiettivi?

Gli obiettivi principali sono tre: produrre più investimenti per questo territorio, più dividendi per i nostri soci indiretti, cioè per i comuni e quindi per i cittadini, e abbassare le tariffe. Se si realizza una grande azienda moderna, che sia non solo efficiente nella vendita di energia o nel servizio idrico, ma anche in grado di vendere la fibra, costruire le smart city, proporre il cassonetto intelligente o la smart security, si creano le economie di scala che possono consentire di abbattere le tariffe. F

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FORBES.IT 107 MAGGIO, 2024
Ricavi totali in miliardi di euro nel 2023 Numero clienti energia (2023)

Una finestra sull’innovazione

Una commUnity per condividere idee e best practice tra manager e imprenditori. nasce da qUesti presUpposti il clUb di InnovatIon Hero, con il primo evento fisico

atteso a fine maggio all’aUditoriUm dUcati

DDal 2022, nel panorama della comunicazione c’è una voce che racconta le storie più innovative dei player di oggi, per offrire spunti alle nuove generazioni di imprenditori e manager. Il target del magazine Innovation Hero, guidato dal ceo di Next Design Innovation (proprietaria della testata) Manuele Lucisano , si rivolge infatti a figure imprenditoriali, manager e responsabili dell’area ricerca e sviluppo, offrendo loro una piattaforma attraverso la quale possano approfondire la comprensione dell'innovazione sostenibile, sia dal punto di vista tecnologico, sia da quello di prodotto. Finora, la testata ha dialogato con oltre 90 aziende italiane e internazionali. Ma se in questi anni mettere in luce l'estro italiano nel contesto dell'innovazione, narrando storie che celebrino il made in Italy, è stato il focus della rivista digitale, Innovation Hero Club sarà lo spazio fisico attraverso cui, a partire da fine maggio, il team di Innovation Hero riunirà una community esclusiva per favorire la condivisione di idee e best practice tra manager che condividono una visione all’avanguardia e innovativa. “L’esigenza di creare uno spazio fisico come l'Innovation Hero Club emerge dalla traiettoria che il nostro magazine

ha intrapreso negli ultimi due anni. Come direttore della testata”, spiega Alessandro Dattilo , “insieme al direttore editoriale, Manuele Lucisano, ho il privilegio di guidare un team che ha dato voce a oltre 100 imprenditori, manager e responsabili ricerca e sviluppo. È una vera immersione nelle storie di innovazione sostenibile, un’esperienza che ci mostra la potenza delle storie condivise e l'importanza di un dialogo aperto sull’innovazione. Per catalizzare realmente il cambiamento, ci è sembrato che queste conversazioni avessero bisogno di un nuovo teatro: uno spazio fisico dove l'estro e le idee potessero non solo essere

condivise, ma anche trasformate in azione. L'Innovation Hero Club è la risposta a questa esigenza, un luogo dove la nostra community può uscire dal virtuale per collaborare in maniera più diretta”. Il via del progetto sarà il 24 maggio con un evento nella storica sede di Ducati a Borgo Panigale, che sarà ripreso sul sito di Forbes. Nella location bolognese 22 manager, selezionati dalla redazione e suddivisi in cinque panel, avranno modo di parlare di tre macro temi: innovazione, sostenibilità, Agenda 2030 dell’Onu. Gli intervistati, inoltre, riceveranno una card personale che consentirà l’accesso a una serie di vantaggi,

FORBES.IT 108 MAGGIO, 2024
di Ettore Mieli
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Manuele Lucisano, ceo di Next Design Innovation. Nell'altra pagina Alessandro Dattilo, direttore della testata Innovation Hero.

quali l’invito a eventi e workshop, oltre all’opportunità di collaborare a progetti di innovazione con altre aziende del club. “Nell'era dell'informazione, dove la comunicazione è sempre più digitale, la creazione di una community tangibile intorno a valori condivisi diventa una bussola per orientarsi”, dice Lucisano. “Grazie al lavoro giornalistico di Innovation Hero, abbiamo costruito una piattaforma che informa – e in qualche modo ispira – collegando persone che raccontano le proprie esperienze legate all'innovazione sostenibile. Attraverso eventi, workshop e opportunità di networking, il club ambisce a rafforzare il senso di appartenenza già avvertito dai nostri lettori, trasformandolo in azioni che rispecchiano il tema della sostenibilità e dell'innovazione.

Nella nostra visione c'è l'immagine di un ambiente fertile, creato per sviluppare idee e contribuire agli obiettivi dell'Agenda 2030”.

Cosa dobbiamo aspettarci, invece, dai prossimi eventi del club lo spiega Dattilo: “Il 24 maggio inizieremo

“Nell'era dell'informazione, dove la comunicazione è sempre più digitale, la creazione di una community tangibile intorno a valori condivisi diventa una bussola per orientarsi”

a porre le basi per un dialogo aperto sull’innovazione. Per i prossimi eventi ci aspettiam o che l'Innovation Hero Club continui su questa linea, esplorando ulteriormente i temi in agenda attraverso incontri con esperti, case study e collabo -

razioni strategiche. L'idea è ampliare gli orizzonti includendo nuovi argomenti di grande dibattito, come l'intelligenza artificiale, la bioeconomia, l'energia green, per stimolare un dibattito costruttivo e offrire agli iscritti strumenti

concreti e soluzioni sostenibili. Come in tutte le esperienze che nascono, sarà importante essere flessibili verso le nuove tendenze, con l'impegno di promuovere una cultura dell'innovazione aperta e veramente in clusiva”. F

FORBES.IT 109 MAGGIO, 2024
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Battaglia contro il rischio

WallMax è considerata la prima realtà industriale alternativa dedicata alla produzione e distribuzione di mct a diametro variabile. le sue soluzioni vengono utilizzate in diversi settori, grazie alla capacità di funzionare in aree dove la possibilità di incidenti è elevata

II sistemi mct (multi cable transit) sono componenti essenziali per l’attraversamento di cavi e tubi per impianti elettrici e idraulici in progetti industriali e navali, in cui il contenimento di agenti quali gas, acqua, fuoco o l’innesco di esplosioni risulta cruciale. Oggi, in questo settore, WallMax è un player riconosciuto dai maggiori operatori e l’unica alternativa al leader del settore dei sistemi mct a diametro variabile. La società italiana è guidata dal fondatore e ceo Massimo Cortili Un imprenditore partito con una carriera tipicamente manageriale: Bocconi, Accademia della Guardia di Finanza, consulenza strategica (Accenture), phd in economia internazionale e professore a contratto (Insubria e poi Ca’ Foscari) che, da giovane, mai avrebbe immaginato di innamorarsi della pmi. Nel 1997, dopo la prima esperienza in consulenza, Cortili è passato a lavora re nell’azienda del suocero, tipica Pmi lombarda, che svi luppava prodotti per la telefonia mobile. “Quell’esperienza mi ha permesso di sco prire il mondo del la piccola impresa, dove ogni persona ha un nome e quello che fai ha un impat

to sulla tua realtà”, racconta Cortili. “Ho fatto di tutto e mi sono divertito: ho guidato i furgoni, montato i prodotti, inserito il primo sistema erp, assunto i primi dipendenti laureati e/o multilingua, avviato e condotto le filiali in Germania e India, girato il mondo per mettere in piedi la rete di distribuzione. Sono passato da una formazione 'specialistica' a un’attività imprenditoriale. In azienda producevamo già passanti (mct) di qualità, ma i clienti chiedevano sempre un diametro variabile nel blocco di gomma. Così ho scoperto che una società svedese aveva depositato nel 1990 un brevetto di mct a diametro variabile che era scaduto nel 2010”.

Con questa consapevolezza, nel 2011 - lasciata l’azienda di famiglia – Cortili ha fondano a Milano la WallMax e, nel 2012, la WallMax India, sfruttando le precedenti esperienze nel paese. L’obiettivo era costituire la prima (e a

oggi unica) realtà industriale alternativa, dedicata alla produzione e distribuzione di mct a diametro variabile, tentando di portare innovazione in un settore rimasto, nel ventennio precedente, fermo al brevetto depositato. Sicurezza, affidabilità ed eccellenza sono solo alcune delle qualità a cui punta l'azienda che vende in tutto il mondo.

“I principali e inattesi ostacoli incontrati sono stati due: il livello di complessità delle certificazioni e la modalità produttiva per realizzare gli strati di gomma sfogliabili”, prosegue Cortili. “Alla fine, con un grande impegno di tempo e risorse, siamo riusciti a realizzare il prodotto che volevamo. Poi, ogni paese ha le sue certificazioni e le sue regole. Tuttavia, anche una volta ottenute le principali certificazioni, il ciclo di vendita resta decisamente lungo, perché sono prodotti che normalmente rientrano nelle specifiche tecniche del cliente, che deve adeguarle in caso di introduzione di un

Moduli di diverse dimensioni, con aperture di diverso diametro, possono essere abbinati per creare una soluzione che permetta di ripristinare l’integrità di una partizione e che possa essere facilmente adattata a esigenze specifiche. Le soluzioni WallMax

FORBES.IT 110 MAGGIO, 2024
di Andrea Celesti
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vengono utilizzate in modo intensivo nel mercato navale, ferroviario, Oil&Gas, energia, telecomunicazioni e infrastrutture, grazie alla capacità di funzionare in aree dove la possibilità di incidenti è elevata. Tutto questo richiede un controllo rigoroso dei materiali per resistere a una grande varietà di minacce, come incendi, infiltrazioni d'acqua o gas, o l’aggressione dei roditori. Ogni prodotto, infatti, è realizzato secondo gli standard più elevati e sottoposto a una serie di test per la conformità alle normative di settore e per dare fiducia a chi opera in ambienti difficili. La vicinanza al cliente e l’impegno nel fornire valore aggiunto ogni giorno stanno favorendo una forte crescita dell'azienda. Oggi WallMax è considerato un partner affidabile, che offre al mercato prodotti innovativi.

“Un fattore che non avevo preso in considerazione”, sottolinea Cortili, “è stato lo scoglio – per quasi un decennio apparentemente insormontabile – dato dalla necessità di difendermi dal closest competitor, che evidentemente non gradiva il mio tentativo di movimentare un mercato sino ad allora monopolizzato. Nel solo triennio 2015-2018, ossia dai primi tentativi di ingresso sul mercato mct, contro WallMax, talvolta unitamente ai suoi distributori, sono stati avviati dal competitor non meno di sei procedimenti giudiziali, in sei paesi e tre continenti. Questo ci ha costretti a devolvere la gran parte delle nostre risorse a difenderci contro le accuse più disparate: violazione di marchi e altro segni distintivi, appropriazione di informazioni riservate e segreti aziendali, ille-

cito utilizzo di know-how altrui, concorrenza sleale, e, infine, falsificazione di certificazioni, tanto per citarne alcune poi dimostratesi infondate. Da tali contenziosi sono scaturiti ulteriori procedimenti, anche cautelari, nei confronti di WallMax e addirittura - in sede penale - dei propri dipendenti. Quella che all’inizio avevo percepito come una semplice reazione, seppur aggressiva, del concorrente e leader del settore, è si evoluta in una riedizione di Davide contro Golia, conclusasi – al netto dei contenziosi ancora in corso - con la decisione emessa dall’Agcom il 3 agosto 2023. All’esito di indagini che hanno coinvolto anche l’omologa autorità svedese e un lungo procedimento istruttorio, l’Autorità garante della concorrenza e del Mercato ha riconosciuto che WallMax è stata vittima di una consapevole e complessa strategia escludente 'di particolare gravità' e 'tutt’oggi in corso', che ha avuto come obiettivo (mancato) la fuoriuscita dal mercato di WallMax e che, fino al 2023, ha avuto come effetto quello di rallentarne la crescita”.

La decisione, fonte di grande soddisfazione per Cortili, che della resilienza lombarda ha fatto la costante dell’ultimo decennio, evidenzia tuttavia quella che ritiene una lacuna del sistema della tutela della concorrenza italiano: “A fronte di una sanzione di oltre 15 milioni di euro, irrogata dall’Agcom al nostro competitor sin dalla prima pronuncia, l’attuale normativa non prevede alcun automatismo risarcitorio per il soggetto danneggiato dall’abuso. Sul punto sarebbe opportuna una riflessione per assicurare un’efficace tutela degli imprenditori 'deboli', vittime di questa tipologia di abusi. Ricordiamo che in Italia le pmi, secondo i dati Confindustria 2021, sono la stragrande maggioranza delle aziende. Gli occupati in queste imprese sono circa il 76,5% del totale. La loro tutela deve considerarsi un interesse nazionale”. F

FORBES.IT 111 MAGGIO, 2024
GOOD
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STORIES
Massimo Cortili

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Nuove frontiere

Fondata a novi Ligure da Federico Panzieri, Innate è oggi sPeciaLizzata neLLa Produzione di disPositivi medici di cLasse i, iia, iib e iii, cosmetici avanzati e integratori aLimentari. La continua ricerca e innovazione è neL suo dna. Per iL Futuro ha in Programma Progetti aLL’estero

VVenti anni di attività, per chi opera in un settore come quello delle life science, significano un bel bagaglio di esperienze. Vent’anni come quelli compiuti da Innate, azienda con sede a Novi Ligure, fondata da Federico Panzieri nel 2004 e specializzata nella produzione di dispositivi medici di classe I, IIa, IIb e III, cosmetici avanzati e integratori alimentari, che guarda sempre più al comparto della salute, cercando di interpretare e dare risposte agli sviluppi nel campo della somministrazione terapeutica. A spiegare come è nata Innate, che tipo di realtà è oggi e quali sono i campi di applicazione è Panzieri, fondatore e membro del cda oltre che direttore area tecnica. “L’azienda è nata nel 1996, quando, per un caso fortuito, scoprii la mia passione per i profumi e la cosmetica. Lavoravo insieme a un collega chimico e quell’esperienza mi aprì le porte di un piccolo laboratorio artigianale di Genova e del mondo della chimica creativa. L'avventura è poi proseguita, dapprima rilevando un piccolo laboratorio di Novi Ligure e poi lavorando come contoterzista della Paglieri. Collaborare con una piccola azienda farmaceutica mi ha fatto conoscere un nuovo mon-

do di regole e logiche di produzione che mi avrebbe portato a un cambio di rotta decisivo: nel 2004 è nata l’entità giuridica di Innate, che ha iniziato proseguendo il lavoro nella cosmesi. L'impronta lasciata dal farmaceutico però mi fece cadere l'attenzione sul mondo dei dispositivi medici, ancora aperto a creatività, ma gestito con sistemi di qualità più pressanti. Dal 2004 a oggi sono stati quattro gli ingredienti principali, senza i quali non avremmo potuto

duttore di propri marchi, noti soprattutto per le fiale pre-riempite di acido ialuronico per viscosupplementazione. La solida esperienza in questi settori è stata la radice per far crescere rami di sviluppo e ricerca, soprattutto nel campo ginecologico e degli iniettabili per l’ortopedia e la medicina estetica. Applicazioni in cui sono fioriti tre brevetti, di cui due certificati e venduti con successo in tutto il mondo”.

“Nel 2017 abbiamo iniziato un’attività di internazionalizzazione.
Oggi siamo presenti in 48 paesi, in altri otto siamo in fase di apertura”

perseguire la strada del dispositivo medico: una costante dedizione alla ricerca della perfezione (ogni cosa che fai, falla al meglio delle tue possibilità, per la tua stessa soddisfazione), collaboratori giovani e pieni di passione, clienti soddisfatti e un pizzico di fortuna nel cogliere le opportunità. Una crescita sostenuta con tenacia, inizialmente come cdmo (contract development and manufacturing organization) nel campo della ginecologia, quindi come pro-

A Fabio Guzzi, membro del cda e direttore commerciale, abbiamo invece chiesto quale sia il contributo di Innate in un contesto in cui le frontiere della medicina sono determinate anche dal miglioramento delle tecnologie che possono rendere più facile la somministrazione terapeutica. “Innate ha sempre cercato di innovare in un’ottica attenta alla salute e al miglioramento delle condizioni di vita dell’utente finale (life science quality è una delle nostre parole chiave). In tal senso, nelle applicazioni ortopediche ed estetiche ha formulato e brevettato prodotti che prolungano la resistenza enzimatica dell’acido ialuronico in seguito a infiltrazione, affinché l’utente possa trarre un beneficio prolungato nei movimenti, nel caso di applicazione ortopedica, e un maggiore effetto biorivitalizzante in ambito estetico. Inoltre ha migliorato la pratica infiltrativa con formulazioni che supportano la riduzione dell’infiammazione post infiltrativa. In ottica di un miglioramento

FORBES.IT 112 MAGGIO, 2024

n GOOD STORIES n

continuo, Innate sceglie poi contenitori primari, nella fattispecie siringhe preriempite e loro suppellettili di utilizzo, progettate per una maggiore precisione in fase di infiltrazione”.

A Guzzi abbiamo anche chiesto quanto conta per Innate oggi l’export e se ci sia in vista un’espansione commerciale oltre confine, oltre a possibili partnership. “Per quanto concerne i nostri brand, l’export risulta fondamentale, avendo iniziato nel 2017 un’attività di internazionalizzazione che ci ha portato a essere presenti in 48 paesi, con ulteriori otto in fase di apertura, in attesa delle approvazioni dei rispettivi ministeri della Salute. Abbiamo anche in fase conclusiva la strutturazione della nostra branch svizzera, Innate Swiss, che curerà principalmente i marchi della medicina estetica. Nel caso dell’attività di cdmo, Innate sta sviluppando progetti per cinque aziende oltre confine, che daranno ulteriore corpo all’e-

spansione internazionale per unirsi alle cinque società di provenienza estera attualmente nostre clienti”.

Un elemento centrale è l’investimento in innovazione, che, secondo Giacomo Santus, membro del cda, “è il cardine per lo sviluppo di un’azienda come Innate. Innovare significa saper guardare lontano e investire in un futuro migliore, significa lavorare per un’azienda sempre più sostenibile da un punto di vista economico, etico e strutturale. Innovare è per noi anche sinonimo di made in Italy: è grazie alla capacità dei nostri ricercatori che oggi le aziende italiane rimangono all’avanguardia in questo settore”.

Chiari anche i programmi per il futuro, che traccia lo stesso Santus: “I campi di investimento e le aree in cui Innate vuole investire sono due. La prima e più importante è quella delle le risorse umane. Vogliamo investire sempre più nei nostri uomini e nelle nostre donne, che sono il motore di Innate. Dobbia-

mo pensare alla loro crescita e al loro benessere, perché abbiano una vita lavorativa serena, ma con sfide importanti che vengono portate avanti insieme. Il secondo ambito è quello internazionale: oggi possiamo pensare a mercati globali, si arriva in poche ore da una parte all’altra del mondo. Dobbiamo essere in grado di portare la nostra competenza e, diciamo, il nostro savoir faire per consolidare Innate e prepararci al futuro”. F

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FORBES.IT 113 MAGGIO, 2024
Da sinistra: Fabio Guzzi, membro del cda e direttore commerciale di Innate; Federico Panzieri, fondatore, membro del cda e direttore area tecnica; Giacomo Santus, membro del cda

n GOOD STORIES n di Agostino Desideri

Guidare il cambiamento

Publicis GrouPe, secondo gruppo mondiale della comunicazione, ha messo l'ia al centro del suo progetto di crescita sostenibile. di recente ha presentato coreai, un sistema che riunisce dati, discipline e piattaforme in una singola entità

TTra le aziende che hanno saputo interpretare la rivoluzione dell’IA, portando soluzioni concrete, c’è Publicis Groupe, secondo gruppo mondiale della comunicazione, che si occupa di marketing e digital business transformation. La società ha messo questa tecnologia al centro di un progetto di crescita sostenibile e oggi si posiziona come un’intelligent system company in grado di valorizzare le competenze delle persone e la potenza dell’IA. Di recente il gruppo ha presentato CoreAI, una piattaforma che sfrutta le potenzialità dell’intelligenza artificiale per riunire sotto una singola entità dati, piattaforme e discipline, per potenziare il talento delle persone e favorire la crescita dei brand. Forbes ha intervistato Roberto Leonelli, ceo Italia di Publicis Groupe, che ha raccontato il nuovo progetto, riflettendo su rischi e opportunità legate all’IA, sull’impatto sull’attività aziendale e sui piani per il futuro del gruppo.

Secondo lei quale sarà l’impatto dell’IA nell’industria e nella comunicazione?

Innanzitutto voglio eliminare un pregiudizio: l’IA non ridurrà i posti di lavoro e la creatività delle persone, ma avrà un impatto positivo, permettendoci di fare tutto quello che abbiamo

sempre sognato e che non abbiamo mai potuto fare per motivi di budget o di tempo. Questa tecnologia potenzierà la creatività, perché toglierà tutto il lavoro esecutivo e ripetitivo, permettendo alle aziende di concentrarsi su attività più strategiche e su modelli di relazione con i consumatori sofisticati e personalizzati. L’IA avrà un impatto rilevante perché, oltre a permettere a noi professionisti di accelerare le nostre carriere e di avere più tempo per pensare, renderà possibili grandi progetti di marketing e comunicazione che in passato potevamo solo immaginare. In sintesi, a parità di persone, si riuscirà a costruire un valore che prima non si aveva.

Quali sono i rischi e le opportunità di questa tecnologia?

Il grande rischio è che le aziende inizino a pensare di cambiare il loro modello in poco tempo. Il lavoro di preparazione invece è fondamentale e le organizzazioni hanno di fronte un’occasione unica per analizzare i loro processi interni. E poi c’è il rischio che questa aspettativa spaventi persone già spaventate, mentre le interfacce oggi sono sempre più semplici e alla portata di tutti. Se le persone sapranno adottare la nuova tecnologia con serenità e utilizzarla per quello che serve realmente, i rischi maggiori saranno legati ai contenuti che verranno creati e a come verranno pubblicati. Dovremo imparare

FORBES.IT 114 MAGGIO, 2024
Roberto Leonelli

n GOOD STORIES n

a gestire la proprietà intellettuale in maniera nuova e a usare bene il grande potere dell’intelligenza artificiale. L’etica giocherà un ruolo fondamentale. Gli elementi in grado di fare la differenza saranno la competenza e la capacità di fare sintesi della tecnologia per costruire esperienze uniche per le marche e per i consumatori.

Come impatta l’IA sulla vostra attività e come si articola il progetto CoreAI?

Il gruppo ha fatto un investimento globale di 300 milioni di euro per i prossimi tre anni su un sistema proprietario di nome CoreAI, basato su cinque moduli principali. Il progetto permette di lavorare in partnership con le aziende, impostare il prompt e costruire un’infrastruttura insieme. Partendo da una richiesta di un cliente o da un problema di business, il modulo insight ci permette di individuare le

informazioni rilevanti velocemente, per creare un sistema unico da distribuire in azienda. Il modulo creatività, impostato e gestito dai creativi, permette di preparare layout, costruire le cose più velocemente e concentrarsi sul pensiero creativo, mentre la macchina compie quel lavoro operativo che allontana l’idea dall’esecuzione. Il modulo media consente di costruire il piano di diffusione del messaggio creativo per avere il massimo dell’impatto che si basa sugli analytics. Questo aiuta il team di lavoro a concentrarsi su una strategia e ad avere soluzioni da valutare in base all’esperienza. Un altro modulo importante è quello di operations, che permette di organizzare la fase di delivery del piano. Con il modulo software, infine, riusciamo a generare pagine con notevole risparmio di tempo. L’IA non farà spendere meno, ma farà spendere meglio, producendo di più.

L’utilizzo dell’IA può concretizzarsi in migliori performance di sostenibilità?

Questo è un tema che possiamo analizzare da diverse angolazioni. Dal punto di vista della sostenibilità per le persone, permette di eliminare la parte di lavoro ripetitivo, per concentrarsi sul talento e quindi crescere meglio e più velocemente. Per quanto riguarda la sostenibilità ambientale, sappiamo che l’IA richiede processori con un impatto ambientale importante, anche se ultimamente gli sforzi si stanno concentrando su macchine più ‘ecologiche’. Se guardiamo al rapporto tra aziende e consumatori, questa tecnologia può favorire l’ascolto delle persone per costruire soluzioni e prodotti in linea con le loro aspettative. Proprio come l’IA generativa, anche l’IA discriminativa ha un grande valore sostenibile. In futuro consentirà l’accesso a informazioni sempre più mirate e porterà cultura, conoscenza e discriminazione consapevole, aumenterà nelle persone la consapevolezza delle proprie capacità, ne orienterà le decisioni e determinerà il successo del business.

Per la vostra attività che progetti avete per il futuro?

Stiamo lavorando alla creazione di un nuovo ruolo, il chief intelligence officer (cio), per supportare le nostre persone nell’adozione dell’IA. Vogliamo che nessuno resti indietro. Lo scopo è quello di insegnare come migliorare il lavoro e la qualità della vita attraverso questa tecnologia. Un punto fondamentale nel nostro piano di inclusione. Con il progetto CoreAI immaginiamo di riuscire a lavorare su un approccio nuovo, completamente basato sull’IA, che ci permetterà di portare ai clienti connessioni individualizzate con i consumatori. Le grandi aziende che ci scelgono, in Italia e nel mondo, ci chiedono di portare valore tangibile e misurabile attraverso l’IA, connettendo il marketing e la comunicazione con la trasformazione del business. F

FORBES.IT 115 MAGGIO, 2024
Arthur Sadoun, ceo di Publicis Groupe

n GOOD STORIES n di Alessandro Dall'Onda

Il money manager delle star

Francesco Libutti ha portato il fondo di previdenza degli agenti assicurativi

dall’orlo del baratro a risultati ben oltre la media del settore. ora sta lanciando Lib capitaL, con andrea iervolino, per gestire le fortune dei protagonisti del jet set

AAvvocato e gestore di fondi. Pronto per diventare il money manager dello star system di Hollywood. Francesco Libutti è al lavoro con il produttore cinematografico Andrea Iervolino per lanciare il fondo Lib Capital, nato dall’idea di gestire le fortune finanziarie di personaggi internazionali dello spettacolo e del jet set. “Lib Capital è un fondo di fondi lussemburghese”, racconta Libutti. “Il nostro contenitore è Fondaco, un fondo di Torino presente in Lussemburgo che gestisce oltre 10 miliardi e che ha aderito al nostro progetto. Lib Capital non è ancora partito anche perché il Covid ci ha un po’ frenato nella raccolta, che però sta andando molto bene. Abbiamo incontrato recentemente alcuni esponenti di spicco dello star system che ruota attorno al mondo delle produzioni cinematografiche di Andrea Iervolino. Vogliamo partire con 200 milioni”. Libutti confida di poter chiudere la raccolta entro la fine di quest’anno e con i primi sei mesi del 2025 iniziare l’attività. Ma il fondo Lib Capital riguarda soprattutto il futuro di Libutti. Oggi il money manager è impegnato a costruire nuove iniziative (molte delle quali proprio insieme a Iervolino), ma intanto si è fatto le ossa gestendo con successo il Fonage, il fondo di previdenza degli agenti di assicurazione,

insieme ad altri incarichi importanti, come quello nell’advisory board di Ubs e quello nel Collegio di garanzia del fondo vittime della strada nominato dal ministero dello Sviluppo economico.

Il Fonage ha 25mila iscritti tra agenti assicurativi attivi e pensionati. La storia della sua rinascita è legata a doppio filo con la gestione di Libutti. Nel 2014, infatti, il fondo era stato commissariato a seguito della riforma Fornero, che obbligava i fondi pensione e le casse di previdenza a redigere i bilanci a gruppo chiuso:

25 mila 200

Gli iscritti al fondo Fonage tra agenti assicurativi attivi e pensionati

con questa decisione, la gran parte dei fondi e delle casse si sono ritrovati con bilanci prospetticamente in disavanzo. Una situazione che aveva portato a una richiesta di risanamento immediato da parte di Covip, la Commissione di vigilanza sui fondi pensione. “Il Fonage è gestito al 50% dagli agenti e al 50% dall’Ania (associazione nazionale fra le imprese assicuratrici)”, racconta Libutti. “Con l’Ania non trovammo l’accordo. Così il fondo venne commissariato, rimesso in equilibrio prospettico e io venni nominato presidente nel novembre 2016. Si parlava di un fondo ormai decotto, prossimo al default. In questi anni, invece, abbiamo distribuito 70 milioni di euro agli iscritti e abbiamo chiuso l’ultimo bilancio con un avanzo di gestione dal bilancio tecnico di 208 milioni di euro, con una crescita del patrimonio di oltre 15 milioni. Il fondo nel 2016 valeva poco più di 1 miliardo, oggi ha 1 miliardo e 256 milioni di patrimonio con oltre 200 milioni di accantonamenti di riserve da destinare. Presto andrò in Covip a richiedere un’ulteriore distribuzione di una parte di questi 200 milioni agli iscritti. Una storia che dimostra come una gestione sana possa portare ottimi risultati anche al mondo della previdenza”.

L’ufficio finanza di Fonage, sotto la gestione Libutti, è stato completamente ristrutturato nel 2016. I dipendenti sono passati da 18 a 26, con un’incidenza del costo del personale sul patrimonio passata dallo 0,16% allo 0,13%. Si tratta in gran parte di

FORBES.IT 116 MAGGIO, 2024
L'obiettivo di partenza in milioni di euro del fondo Lib Capital

n GOOD STORIES n

giovani alla prima esperienza lavorativa ma molto qualificati, che consentono al fondo di gestire direttamente tutte le masse. Le linee di gestione si sviluppano su tre portafogli. Il 60% delle risorse è allocato, con la formula di un obbligazionario domestico e non, nel portafoglio di copertura per tutte le passività; il 30% è investito in equity e un altro 10% in illiquidi, quindi investimenti di lungo periodo che ad oggi stanno dando performance spesso sopra le due cifre. Inoltre il cda ha deciso di dismettere un veicolo immobiliare diretto, un srl, con circa 70 milioni di euro, per dedicare queste

somme a una gestione esclusivamente finanziaria. In sostanza, il Fonage sta vendendo tutti gli immobili su Roma e tre ex-caserme in Toscana.

“La gestione diretta delle masse, rispetto ad altre casse di previdenza, ci dà più rapidità sugli investimenti”, spiega Libutti. “Nelle altre casse la decisione è molto mediata, mentre noi siamo velocissimi, tant’è che nel periodo del Covid questo atteggiamento ci ha consentito di comprare a prezzi assolutamente competitivi e di avere una redditività tra le più alte di tutta la storia del fondo pensione”.

La storia professionale di Libutti è

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molto lineare: studi da avvocato con il padre, titolare di un’agenzia di assicurazioni a Ostia. Ma i figli degli agenti non potevano iniziare l’attività di assicuratore accanto al padre e venivano mandati fuori piazza: così il giovane Francesco, già a Milano per esercitare la professione di avvocato, cominciò a fare l’assicuratore proprio nel capoluogo lombardo. Carriera fulminante. Dopo due anni venne nominato responsabile degli uffici commerciali di Milano delle Generali, un ruolo che ha ricoperto per due anni e gli ha permesso di rientrare a Ostia, dove ha rilevato l’agenzia di suo padre, pur continuando a fare l’avvocato.

Ma Libutti nella sua carriera, ha dovuto fare i conti anche con dure trattative sindacali condotte con successo, che hanno finito col fare giurisprudenza. Nel 2014 lo Sna, il Sindacato nazionale agenti, gli ha chiesto di entrare nell’esecutivo nazionale e gli ha dato la delega per rinnovare il contratto collettivo nazionale dei dipendenti delle agenzie di assicurazione. “Erano dieci anni che lo Sna non si riusciva a chiudere con Cgil, Cisl e Uil”, racconta Libutti. “Decidemmo di far saltare il tavolo e chiudemmo l’accordo con la Confsal, un altro sindacato. Questo contratto è costato a me e allo Sna oltre 100 cause in tutta Italia intentate da Cgil, Cisl e Uil che ne chiedevano l’annullamento. Il risultato? Oggi è il contratto più applicato in Italia nel nostro settore”. F

FORBES.IT 117 MAGGIO, 2024
Francesco Libutti

Dove va la salute

Per pianificare la sanità del futuro “c’è bisogno di innovazione e di sfruttare al meglio il contributo delle nuove tecnologie”. E occorre ridurre il carico sugli ospedali, con strumenti di valutazione del paziente a domicilio. È la formula di Riccardo Starace, ad di Seven Holding

"La sanità italiana può crescere soprattutto se si crea un’integrazione forte tra pubblico e privato, migliorando l’assistenza garantita dal servizio pubblico, ma valorizzando allo stesso tempo l’attività dei privati, guardando all’innovazione, riducendo l’ospedalizzazione attraverso l’offerta di un’assistenza domiciliare integrata efficiente, essenziale per un paese come il nostro in cui aumentano gli over 65. L’esperienza del Covid ha cambiato l’approccio culturale alle cure e si è visto che il sistema sanitario non è in grado di reggere da solo alla domanda e di rispondere a tutte le necessità, non solo in situazioni di stress. In questo la sanità privata gioca un ruolo fondamentale, affiancandosi al pubblico e supportandolo, anche in tema di ricerca, per favorire lo sviluppo di format assistenziali che migliorino l’aspetto terapeutico”. Guarda così al futuro della sanità Riccardo Starace, imprenditore della salute, fondatore e amministratore delegato della Seven Holding, che controlla dieci società impegnate in ambito socio-sanitario. Una realtà imprenditoriale in ascesa che pone al centro dell’attività due elementi chiave: innovation health e digitalizzazione. “Guardare al futuro è inevitabile per pianificare l’organizzazione sanitaria”, aggiunge Starace. “C’è bisogno di innovazione ed è necessario sfruttare al meglio il contributo che possono darci le nuove tecnologie. Abbiamo ancora una visione ospedale-centrica, ma la digitalizzazione dei sistemi ci aiuta in una valutazione del paziente già a domicilio, riducendo il carico per il sistema ospedaliero e gli accessi non necessari dei pazienti cronici ai pronto soccorso. Esistono già strumenti sofisticati e testati che ci permettono di intercettare i bisogni dei pazienti nelle loro case, ma bisogna

Riccardo Starace

utilizzarli al meglio, integrandoli in un nuovo servizio assistenziale”.

Ed è proprio dallo studio delle nuove tecnologie che è nato il progetto di ultima generazione Xte, completamente made in Italy. Si tratta di un format assistenziale e di prevenzione, frutto di un’accurata analisi dei bisogni della popolazione italiana. “Il progetto di assistenza”, spiega Starace, “ha l’obiettivo di prendersi cura delle persone su vari piani. Dopo aver eseguito un’accurata anamnesi, attraverso un telemonitoraggio, è in grado di verificare 12 parametri relativi alla salute, che diventeranno 24 nel giro di un anno. Il tutto grazie a un device, certificato e validato anche dal ministero della Salute, realizzato da Advanced Processing, startup acquisita dalla Xte e guidata dal fisico e ricercatore Raffaele Ciavarella”.

I parametri rilevati sono tenuti sotto stretto controllo, in ogni momento della giornata, da personale sanitario presente in una centrale

operativa attiva 24 ore al giorno, sette giorni su sette. I medici della centrale sono in grado di verificare le condizioni di salute della persona, anche nello svolgimento delle sue normali attività quotidiane, allertandola se risultano livelli fuori soglia. Oltre al personale medico sempre a disposizione, c’è anche la possibilità di attivare, se occorre, servizi di assistenza sanitaria domiciliare e un ricovero o altri servizi ospedalieri in strutture convenzionate con Xte.

“La nostra tecnologia ha superato anche l’esame della Nasa, conquistandosi un posto nello spazio”, dice ancora Starace. “Il nostro è l’unico device non americano approvato dalla Nasa con tutte le certificazioni necessarie ed è stato utilizzato nella missione spaziale del 17 gennaio, alla quale ha partecipato il colonnello dell’Aeronautica militare Walter Villadei. Il nostro dispositivo, interamente made in Italy, ha monitorato i suoi parametri di salute. La tecnologia Xte era inserita in diverse parti della tuta

spaziale e le condizioni dell’astronauta sono state rilevate 24 ore su 24. È stato un grande privilegio per l’azienda partecipare a una missione nello spazio”. Starace parla anche di ricerca. “Abbiamo investito moltissimo in questa direzione, realizzando un centro per l’innovazione e lo sviluppo diretto da Ciavarella, nel quale lavorano 15 ricercatori internazionali. Qui stiamo sviluppando nuove tecnologie per potenziare ulteriormente i nostri servizi, anche grazie all’attività del gruppo Olidata, che si occupa di ricerca e sviluppo della digitalizzazione dei dati sanitari e di algoritmi di intelligenza artificiale. Olidata è partner e socio di Xte grazie all’intuizione del suo ad, Cristiano Rufini. Siamo entrati in una nuova era della sanità digitale, ma ancora troppo poche persone vi hanno accesso. Il nostro obiettivo è offrire servizi per la salute di alta qualità per tutti i cittadini. Per questo stiamo lavorando a una rivoluzione della sanità digitale”.

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Ridisegnare il paradigma del consumer finance grazie a competenze e soluzioni sviluppate per rispondere alle necessità degli utenti finali. È questa la mission di Ocs, società fondata nel 1984, che lavora al fianco dei clienti per guidarli attraverso la rivoluzione lendtech, abilitando insieme a loro nuovi modelli di credito al consumo grazie a soluzioni digitali modulari.

L’obiettivo di Ocs è accelerare l’innovazione, operando come digital lending hub di riferimento per istituzioni finanziarie europee e globali e facendo da ponte tra il traditional e il new banking. Ocs permette, infatti, alle banche tradizionali di essere più competitive, accompagnandole lungo il percorso di trasformazione digitale, dotandole di nuove funzionalità e progettando soluzioni modulari end-to-end, cost effective e tecnologicamente all’avanguardia.

no anche i prestiti per le pmi, le società unipersonali, anche se la componente consumer è certamente quella prevalente”, ha proseguito Camisa. “Talvolta capita di operare anche per le piccole o piccolissime imprese”. Una storia che prosegue da 40 anni. “Negli anni”, ha aggiunto il ceo, “la nostra proposta si è evoluta moltissimo, anticipando anche il cambiamento nell’offerta dei nostri clienti. Abbiamo seguito, per esempio, le trasformazioni del mercato dell’e-commerce, sviluppando in parallelo offerte finanziarie e di prestito specificatamente progettate per gli acquisti online”. Con che risultati? “Più del 50% delle transazioni finanziarie italiane del mondo del credito al consumo viaggiano sulle nostre piattaforme e una larghissima parte degli operatori del mercato ha adottato almeno una delle nostre soluzioni”.

“Più del 50% delle transazioni finanziarie italiane del mondo del credito al consumo viaggiano sulle nostre piattaforme e una
larghissima parte degli operatori ha adottato almeno una delle nostre soluzioni”

“Il lendtech”, ha spiegato Gianni Camisa, ceo di Ocs, “nel nostro linguaggio è una specializzazione del mondo fintech che descrive l’ambito delle soluzioni o delle tecnologie per ottimizzare i processi di erogazione di prestiti da parte degli istituti finanziari. Si tratta di un termine che abbiamo coniato noi per descrivere un segmento molto specifico all’interno del mondo delle istituzioni finanziarie, che copre però una fetta di mercato rappresentata da milioni di persone”.

Come opera Ocs? “Le nostre soluzioni facilita-

La società ha sviluppato un piano di crescita ed espansione internazionale che oggi le garantisce una forte presenza in Italia, Spagna e Messico e ha attirato l’attenzione dei Fondi Apax, che a dicembre 2023 hanno completato l’acquisizione di Ocs da Charme Capital Partners, oltre che di Finwave dal gruppo Lutech. Questa doppia operazione ha creato uno dei principali player in Europa nel settore del software finanziario. “Il nuovo gruppo – composto da Ocs e Finwave – ha un fatturato potenziale di 100 milioni di euro”, ha commentato Camisa. “L’acquisizione ci offre una grandissima spinta verso un’ulteriore crescita in termini sia di espansione internazionale che di collaborazione con nuove realtà e integrazione con la piattaforma esistente. Ocs è già presente in Spagna e guardiamo con grande interesse anche al Portogallo, alla Francia e alla Germania. Espanderci ci aiuta a sviluppare e proporre anche fuori dall’Italia le soluzioni che già hanno dimostrato di essere performanti. Inoltre ci consente di accompagnare alcuni clienti in altri mercati”.

Nel percorso di Ocs le acquisizioni stanno assumendo un ruolo sempre più importante, così come la spinta verso la creazione di un ampio ecosistema di partnership. “Negli ultimi anni abbiamo acquisito dei player emergenti verticali, come Talentomobile e Redo”, ha sottolineato Camisa, “e per noi si è trattato di un cambio di paradigma importante. Quando abbiamo deciso di cambiare? Quando ci siamo resi conto che l’accelerazione del mercato richiedeva di collaborare con soggetti che avevano specializzazioni diverse dalle nostre nel mondo dell’intelligenza artificiale, dei dati e della trasformazione tecnologica”. Questa ‘contaminazione’ con realtà dal know-how diverso ha portato innovazioni nelle tecnologie di Ocs, come il digital on -

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boarding, ossia il riconoscimento biometrico del cliente nella fase di acquisizione di sottoscrizione dei contratti, l’utilizzo di strumenti legati all’intelligenza artificiale per tutta una serie di operazioni legate al business e, nel caso di Redo, delle soluzioni di nano-lending istantaneo per accedere a micro-prestiti (fino a 500 euro) da restituire in un arco temporale tra i 60 e 180 giorni. “Questo settore è molto dinamico”, ha affermato Camisa. “In questi 40 anni di storia abbiamo avuto sempre la necessità di evolverci per dare risposte alle esigenze dei clienti. Il nostro ambito è molto più vicino al consumer che al banking tradizionale e i nostri clienti trovano costantemente nuove offerte e nuovi approcci per rispondere alle continue evoluzioni dei consumatori. Siamo chiamati a coniugare grande robustezza con la capacità di essere veloci nel lanciare le nostre proposte, condividerle e renderle un’esperienza omogenea in una soluzione integrata”. Per il futuro, il ceo ha individuato alcuni trend del banking. “La nostra esperienza sui microfinanziamenti dimostra che, se un prestito personale è di facile accesso, diventa una forma alternativa di pagamento all’interno di un portafoglio finanziario”, ha concluso Camisa. “Se vediamo l’esempio dei paesi dell’Europa settentrionale, il finanziamento degli acquisti negli e-commerce (anche per importi bassissimi) viene utilizzato, in percentuale, duetre volte maggiore rispetto a quanto avviene in Italia, dove la crescita è forte, ma la penetrazione è ancora bassa. Per questo l’offerta dei nostri clienti ha bisogno di essere accompagnata da soluzioni digitali altrettanto potenti, facili e intuitive”. F

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Gianni Camisa

A tutto tech

ClubDeal Digital, piattaforma wealth tech dedicata agli investimenti in private asset, rende più semplice l’esperienza per investitori, aziende e intermediari

l panorama finanziario, testimone di cambiamenti rapidi e profondi, è spinto dallo sviluppo tecnologico in un contesto che sfida gli schemi tradizionali. Questa evoluzione sta influenzando notevolmente la quota dei portafogli dedicati ai private asset, come evidenziano diverse ricerche di settore, incluso l’Outlook 2024 di Aipb (Associazione italiana private banking). Oltre alle dinamiche macroeconomiche, la crescita delle soluzioni fintech ha rivoluzionato svariati ambiti dell’industria finanziaria, grazie all’adozione di nuovi approcci digitali. Tuttavia, nel settore dei private asset persiste una sovrapposizione tra analogico e digitale, che può creare frizioni per gli stakeholder.

In questo scenario è emersa ClubDeal Digital, una piattaforma wealth tech dedicata agli investimenti in private asset che rende più semplice l’esperienza per investitori, aziende e intermediari, grazie a una gestione digitale end-to-end.

Dotata di un’infrastruttura tecnologica avanzata e conforme alle normative vigenti, ClubDeal Digital è in grado di offrire ai clienti una toolbox digitale per gestire l’intero ciclo di vita di un private asset, dalla costruzione di un’operazione fino al disinvestimento, passando da collocamento e gestione fiscale. Una sfida, quella di digitalizzare la filiera dei private asset, che sta già mostrando risultati promettenti. Tramite la sua piattaforma di placement in modalità b2b2c, ClubDeal Digital consente a sim e private bank di proporre ai loro clienti opportunità di investimento alternative, incentrate su imprese italiane ad alto contenuto di innovazione e tecnologia. Un esempio lampante

ClubDeal Digital fornisce una toolbox digitale per gestire

tutto il ciclo di vita di un private asset, dalla costruzione di un’operazione fino al disinvestimento

è l’operazione di co-investimento per D-Orbit, società space tech di rilievo internazionale.

ClubDealFiduciaria invece, la fiduciaria nativamente digitale di ClubDeal Digital, offre a un’ampia gamma di investitori, dai business angel ai fondi di private equity, la possibilità di gestire operazioni di co-investimento in tutte le fasi, dalla sottoscrizione all’exit. Questo processo ottimizza la condivisione delle informazioni, la gestione della vita sociale per gli investitori, oltre alla gestione fiscale. “Gli operatori sono alla ricerca di una modalità di accesso ai private market e di strutturazione delle operazioni agile, snella e all’avanguardia”, dice Antonio Chiarello, founder & ceo di ClubDeal Digital. “Per questo motivo abbiamo deciso di lanciare ClubDeal Digital: una piattaforma ad hoc e ready to use per semplificare ogni singola fase dell’investimento in private market, nonché la gestione successiva all’acquisto di questi asset. Una soluzione one stop shop che rappresenta un unicum per il mercato italiano”. L’infrastruttura digitale di ClubDeal Digital rappresenta quindi una risposta efficiente alle esigenze di trasformazione digitale del settore, consolidando il ruolo dell’azienda come partner tecnologico ideale per gestire, direttamente o per conto dei propri clienti, gli investimenti in private asset. F

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La sicurezza al primo posto

Cbi ha sviluppato servizi per scongiurare le frodi nelle transazioni. “Stiamo investendo in innovazione tecnologica, anche attraverso partnership internazionali”, dice Liliana Fratini Passi, direttore generale

Il 7 febbraio, con il consenso del Parlamento europeo, è stato approvato il Regolamento denominato Instant payment in euro, che prevede la diffusione dei pagamenti istantanei. Pubblicato il 19 marzo sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea, il regolamento è entrato in vigore l’8 aprile, trovando diretta applicazione negli stati comunitari per i pagamenti effettuati nell’ambito dell’area euro. I pagamenti istantanei consentiranno alle persone e alle imprese di trasferire denaro in qualsiasi momento, effettuando un accredito a favore del beneficiario entro una decina di secondi. Pertanto sarà possibile operare sia nell’ambito del proprio paese, sia verso un altro stato appartenente all’area Sepa (Single euro payments area, 36 paesi europei che comprendono anche la Svizzera e la Gran Bretagna). Cbi ha sviluppato servizi come Name Check (grazie al quale l’Italia è già aderente alla normativa) e Check Iban. Forbes Italia ne ha parlato con Liliana Fratini Passi, direttore generale di Cbi Società Benefit, una società partecipata da circa 400 banche e altri intermediari che sviluppa infrastrutture e servizi innovativi nel mondo dei pagamenti digitali, dell’open banking e dell’open finance. Servizi che i clienti, banche e fintech, offrono a imprese, cittadini e pubblica amministrazione. È sorvegliata da Banca d’Italia.

In che cosa consistono questi servizi?

Name Check convalida la titolarità di un Iban in relazione a uno specifico utente finale attraverso una funzione di ricerca basata

sul nome/denominazione del titolare del conto/azienda. Il servizio consente una verifica in tempo reale ed è utile quando non sono disponibili Iva e codici fiscali, oltre che nei pagamenti internazionali. Check Iban, anche nella declinazione cross-border, consente di verificare in tempo reale la corretta associazione tra codice Iban e partita Iva del beneficiario del pagamento, riducendo il rischio di frode. Questo è cresciuto del 70% su base annua, avendo raggiunto oltre 16 milioni di operazioni a fine 2023.

Avete qualche nuovo servizio in rampa di lancio?

Il Cbi Safe Trade, che è stato ammesso alla sperimentazione della sandbox regolamentare di Banca d’Italia e raccoglie le informazioni sulle fatture anticipate in ottica multi-banca e multicanale, per aumentare la stabilità e l’efficienza del settore finanziario e mitigare il rischio derivante dall’uso fraudolento delle fatture e dell’erogazione del credito da parte degli intermediari, anche sulla base di sviluppi di architetture di tipo dlt (distributed lender technology). Ricordo poi anche la nostra soluzione di smart onboarding Cbi Go, grazie alla quale i psp possono consentire alle aziende di recuperare in tempo reale le informazioni di un utente mediante il dialogo telematico con la banca di riferimento e grazie all’interoperabilità in ambito interbancario garantita da Cbi.

Qual è la strategia per accelerare la transizione dall’open banking all’open finance?

Stiamo investendo in innovazione tecnologica, anche attraverso partnership internazionali, e in competenze digitali che contribuiranno alla creazione di servizi a valore aggiunto in ottica di data monetization. Per questo abbiamo fatto evolvere la piattaforma RegTech Cbi Globe (che ha permesso a oltre 300 banche di rispondere ai requisiti richiesti della Psd2) anche nella componente funzionalità attiva. Ciò per consentire a banche e psp di offrire alla clientela servizi fintech, fungendo da account information service provider e payment initiation service provider, interfacciandosi con un third-party provider enabler centralizzato e raggiungendo così l’intero ecosistema bancario italiano e numerosi gateway internazionali. F

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Liliana Fratini Passi

Il buono che vale

Spesa per alimenti e carburante sono le roccaforti di impiego dei fringe benefit. Ma aumentano le opportunità per i lavoratori (non solo chi ha figli a carico) e i vantaggi fiscali, grazie anche alle novità del Decreto lavoro. Eppure, secondo una ricerca Teha-Edenred Italia, c’è ancora del potenziale inespresso per spingere i consumi (che tengono anche grazie ai buoni acquisto)

Ègrazie anche alle misure che hanno innalzato la soglia di detassazione dei fringe benefit che i consumi degli italiani registrano valori in aumento per il 2024. Così è, almeno, secondo uno studio di The European House – Ambrosetti, commissionato da Edenred Italia, che conferma come i fringe benefit rappresentino una chiave di volta per il benessere economico dei nuclei famigliari italiani. Secondo la ricerca, nel 2024, proprio grazie alla leva del welfare privato, si stima una crescita dello 0,8% dei consumi rispetto all’anno precedente.

Un dato che evidenzia il rapporto molto stretto tra l’andamento dei consumi e il ricorso delle aziende ai fringe benefit, strumenti di welfare aziendale messi a disposizione dei lavoratori sotto forma di buoni di acquisto, esenti da Irpef e addizionali comunali e regionali, utilizzabili per diverse categorie di spesa (tra gli altri, alimentari, carburante, istruzione, spese per la genitorialità). Il ricorso da parte delle aziende ai fringe benefit ha subito una repentina accelerazione nel 2020, durante la pandemia da Covid-19, grazie a sforzi legislativi che ne hanno progressivamente ampliato la soglia di detassazione.

In particolare, nella seconda metà del 2023, l’introduzione con il Decreto lavoro della soglia di detassazione differenziata (stabilita in 258,23 euro per la generalità dei lavoratori e innalzata a 3mila euro per i dipendenti con figli fiscalmente a carico), ha reso possibile un aumento del 3,4% dei consumi delle famiglie italiane rispetto al 2019, quando la soglia era fissata a 258,23 euro senza discrimini, cioè per tutti i dipendenti. Il confronto risulta positivo (+1,5%) anche tra secondo semestre

a cura di Edenred
Fabrizio Ruggiero, ceo e managing mirector di Edenred Italia

2023 e 2022, quando la soglia è stata alzata dapprima a 600 euro per tutti e poi a 3mila euro. Allo stesso tempo, un rilevamento condotto da The European House-Ambrosetti su un campione di 273 aziende evidenzia che nel 2023 solo il 28% dei partecipanti al sondaggio aveva offerto ai propri lavoratori fringe benefit per un controvalore fino alla soglia di esenzione massima di 3mila euro. Il 40% dei partecipanti, invece, dice di non avervi fatto ricorso, per la paura di creare disparità e malcontento nella forza lavoro, causata da una percepita differenza di trattamento tra lavoratori con e senza figli. Per il 96% delle aziende, in ogni caso, i fringe benefit sono da considerare un acceleratore di benessere e inclusione per i dipendenti che – dicono quattro intervistati su cinque – devono poter usufruire di soglie di esenzione uguali per tutti (condizione che ne agevolerebbe un uso più massiccio).

Per il 2024, la legge di bilancio ha stabilito l’aumento della soglia di detassazione per i dipendenti senza figli a carico da 258,23 a 1.000 euro, oltre che la corrispondente riduzione della soglia per i dipendenti con figli a carico da 3mila a 2mila euro. Una nuova impostazione che, secondo Teha, potrebbe favorire una maggiore adozione dei fringe benefit da parte delle aziende e, di conseguenza, avere effetti positivi sui consumi delle famiglie italiane, che nel corso dell’anno dovrebbero registrare una crescita dello 0,8% rispetto al 2023.

I fringe benefit restano uno strumento fondamentale per il benessere economico in una fase segnata da una forte e marcata inflazione, che ha eroso il reddito disponibile delle famiglie meno abbienti di oltre un terzo nel 2022 e di un ulteriore 4% nel 2023. In tale contesto, i fringe benefit hanno consentito di far respirare i bilanci familiari proprio nelle voci di spesa soggette ai maggiori tassi di inflazione: nel 2023, oltre il 76% dei buoni acquisto Edenred è stato utilizzato per l’acquisto di prodotti alimentari (57%) e carburanti (19%), categorie merceologiche duramente colpite dal trend inflattivo.

L’utilizzo dei fringe benefit, al pari di tutte le prestazioni di welfare aziendale, si conferma però una soluzione sottoutilizzata e quindi con una relativa capacità di incidere sui redditi delle famiglie. Mentre il welfare pubblico –per il quale nel 2021 la spesa è stata pari a 623 miliardi, ovvero il 34,9% del Pil (siamo al sesto posto tra i paesi dell’Unione europea) – sostiene il 37,6% delle entrate delle famiglie, le prestazioni private contribuiscono appena al 2,7%. Edenred, che ha commissionato lo studio, è società leader nel settore degli employee benefit: offre alle

aziende soluzioni digitali per migliorare l’esperienza e il benessere delle persone, che spaziano dalla pausa pranzo al tempo libero, fino alla cura della persona e alla mobilità sostenibile. Una piattaforma digitale che collega nel mondo oltre 60 milioni di utenti e oltre due milioni di affiliati in 45 paesi, totalizzando un milione di aziende clienti e un volume d’affari pari a circa 41 miliardi di euro. 'Enrich connections. For good' è il suo ‘purpose’ e con i suoi 12mila dipendenti vuole rendere il mondo del lavoro un ecosistema connesso, più sicuro, efficiente e responsabile.

BUSINESS INNOVATION con EDENRED

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AL FIANCO dei più fragili

LA FONDAZIONE FRANCESCA RAVA AIUTA PERSONE IN DIFFICOLTÀ NEI LUOGHI PIÙ POVERI D’ITALIA E DEL MONDO. OGGI, COME SPIEGA LA PRESIDENTE MARIAVITTORIA RAVA, “IL SUO CUORE BATTE PER HAITI E PER IL SUO DRAMMA ANCORA TROPPO POCO CONOSCIUTO: QUELLO DI UN PAESE BELLISSIMO, MA CHE IN REALTÀ È L’INFERNO SULLA TERRA”

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Iprimi 70 anni di Fondazione Francesca Rava

Un’azione appassionata con risultati concreti e progetti di assistenza duraturi nel tempo, senza sosta, in Italia e nel mondo. Soprattutto, un’azione che punta a dare strumenti validi per assicurare un futuro a decine di migliaia di bambini, non solo nell’emergenza. In Italia come ad Haiti o a Gaza, la presidente Mariavittoria Rava è l’artefice principale, con il suo esercito di collaboratori e volontari, di una grande iniziativa di solidarietà riconosciuta anche a livello internazionale.

“Lavoriamo ogni giorno, da tanti anni, per un cambiamento concreto nella vita di tanti bambini, di tanti ragazzi e ragazze, di tante donne fragili, nei luoghi colpiti dalla povertà, in Italia e nei paesi del terzo mondo”, dice Rava. “Fondazione Francesca Rava ha un cuore che batte forte - i nostri donatori e volontari lo sanno - per Haiti, un dramma ancora troppo poco conosciuto: un paese dei Caraibi, bellissimo, ma che in realtà è l’inferno sulla terra, dove in questo momento c’è una grave emergenza umanitaria. Lì c’è il nostro ospedale pediatrico con tantissimi infermieri e medici che lavorano 24 ore su 24. Un luogo di salvezza per oltre 80mila bambini l’anno.

E poi c’è il rapporto con Nph, l’organizzazione internazionale che rappresentate nel nostro Paese.

La fondazione è nata in seguito alla morte di mia sorella Francesca, un evento inaspettato e gravissimo. Ho sentito il bisogno di dare un nuovo senso alla mia vita dopo questo dolore ed è stato proprio l’incontro con Nph a dare il segno decisivo. Nata nel 1954, voleva aprire un ufficio di raccolta fondi in Italia e aveva bisogno di consulenza legale: è stato un colpo di fulmine, mi sono innamorata della loro storia e sono stata impressionata dalla serietà del loro lavoro. Ho visto migliaia di bambini abbandonati accolti come figli e ho visto restituire dignità umana a chi l’aveva perduta. Non era semplicemente carità, assistenzialismo, non solo cibo e cure, ma anche un restituire la possibilità di essere uomini e donne indipendenti, per avere un futuro di lavoro e vivere una vita dignitosa. Questa è anche la filosofia della Fondazione Francesca Rava: ogni euro donato con il 5 per mille va in questa direzione, creando meccanismi virtuosi perché queste persone non dipendano più dalla beneficenza, ma possano andare a scuola, imparare un mestiere ed essere finalmente artefici del proprio futuro.

Nel vostro campo ci vogliono cuore e generosità, ma anche visione strategica e trasparenza. Quanto conta la collaborazione con il network Kpmg?

Mia sorella era un revisore dei conti proprio in Kpmg e moltissimi suoi colleghi ci hanno aiutato ad avere fin dal primo giorno un sistema di rendicontazione trasparente. Abbiamo spese di struttura inferiori al 5% e questo mi piace dirlo a tutti i donatori che ci affidano le loro risorse,

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Mariavittoria Rava

piccole o grandi che siano, e che utilizziamo al meglio: vogliamo comprare non dieci lettini, ma 100; vogliamo mandare a scuola non dieci bambini, ma 100. Questo è possibile con la trasparenza, ma anche con la dedizione e la capacità dei collaboratori e di centinaia di volontari: medici, ingegneri, avvocati, professori, educatori, psicologi che, per esempio, sostengono il nostro progetto ‘Palla al Centro all’Istituto Penale Minorile - Ipm Cesare Beccaria di Milano’. Per non parlare dei tantissimi farmacisti che ogni anno, con l’iniziativa nazionale ‘In farmacia per i bambini’, ci aiutano a raccogliere medicinali per i minori in povertà sanitaria. Inoltre, proprio con Kpmg, contrastiamo l’abbandono neonatale e l’infanticidio, grazie al progetto ‘ninna ho’.

“Ho visto migliaia di bambini abbandonati accolti come figli e ho visto restituire dignità umana a chi l’aveva perduta”

Attività visibile e riconosciuta da tanti premi. Tantissimi, ben in evidenza all’ingresso della fondazione. Non per esibizionismo, ma perché fa piacere quando sono gli altri a dirti che stai lavorando bene il Comune di Milano, Regione Lombardia, per esempio, o Marina Militare per le decine e decine di missioni umanitarie che abbiamo fatto con loro a Gaza, in Libano, ad Haiti. Ce lo ha riconosciuto perfino il presidente Mattarella, con numerose medaglie al valore civico per l’iniziativa ‘In farmacia per i bambini’. Non ultimo, cito il premio internazionale Balzan a Berna – un super premio che mai nella vita avrei immaginato di ricevere –, in lizza con le fondazioni più importanti del mondo. La motivazione? Perché siamo una fondazione che da anni realizza progetti concreti che hanno cambiato il destino di tanti bambini. Sono i fatti che contano, e ci è stato riconosciuto che abbiamo saputo concretizzarli in modo tempestivo. È stato molto commovente per me e ho voluto dedicare il mio discorso a tutti i donatori che ci hanno aiutato e hanno creduto in noi fin dal primo giorno e che ci sostengono anche nei momenti di difficoltà. Come adesso per Haiti, perché in mezzo a tante emergenze nel mondo, c’è chi ancora ci sostiene per aiutare questo popolo sfortunato, ma che non si arrende F

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Percorsi VIRTUOSI

Dal 2011 Andrea Bocelli Foundation aiuta le persone in difficoltà a causa di malattie e povertà. Impegnata anche nella sostenibilità, ha pubblicato lo scorso anno il primo bilancio sociale

‘Empowering people and communities’ è la mission che da luglio 2011 accompagna Andrea Bocelli Foundation .

L’organizzazione no profit indipendente si occupa di creare e promuovere progetti per la valorizzazione e l’espressione delle persone e delle comunità che si trovano in situazioni di povertà, analfabetismo, disagio dovuto a malattie ed esclusione sociale.

Risale allo scorso anno il primo bilancio sociale e di sostenibilità di Abf per rendicontare ai propri stakeholder le novità, i progetti e le performance economiche e sociali, nonché evidenziare i comportamenti e le iniziative sostenibili intraprese. Trasparenza, partnership con gli stakeholder, valutazione dell’impatto sociale ed economico dei progetti e benessere dei dipendenti sono solo alcuni dei 17 obiettivi, parte dell’Agenda 2030 delle Nazioni unite, di cui Abf ha tenuto conto nella rendicontazione, seguendo le indicazioni del documento Sdg Compass messo a punto da Global Reporting Initiative, Un Global Compact e World Business Council for Sustainable Development.

“Abf riconosce che la sostenibilità non può essere raggiunta in modo isolato. È un percorso condiviso. Pertanto, la fondazione stabilisce collaborazioni basate su valori, fiducia, visione”, afferma Stefano Aversa, presidente di Andrea Bocelli Foundation. “Promuovendo rapporti di partnership di medio-lungo periodo, Abf acquisisce e ottimizza le competenze e le risorse collettive per affrontare sfide sociali complesse, amplificando così il proprio impatto e la propria influenza. Promuovendo una visione partecipata per il progresso sociale e ambientale, Abf vuole ispirare a vivere la responsabilità avendo cura dei luoghi, delle persone e delle comunità, che sono la

radice su cui si fonda un approccio sostenibile alla vita”. Dal 2011 Abf ha raccolto oltre 60 milioni di euro, che hanno portato alla costruzione di dieci scuole, in Italia e ad Haiti, che offrono la quitidiana possibilità di accesso a un’istruzione equa e di qualità a più di 20mila studenti. Inoltre ha creato progetti di welfare che garantiscono l’accesso all’acqua potabile e alle cure mediche di base a oltre 500mila persone che vivono nelle zone più remote e povere di Haiti. Nel 2022 la fondazione ha raccolto quasi 7,4 milioni di euro, e ha registrato un incremento del 43% rispetto all’anno precedente, riportando la raccolta ai trend pre-pandemici e riuscendo ad avviare oltre 20 progetti in Italia e nel mondo, tra cui quattro di ricostruzione e riqualificazione. F

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Andrea Bocelli (a sinistra) insieme a Stefano Aversa.

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I professionisti del domani

Nata nel 2022, Fondazione Morandi sostiene la formazione di nuovi medici, dalla chirurgia d’urgenza all’educazione, supportando sanità, scuola e sport sul territorio

Il mondo del terzo settore ha visto una crescente attenzione da parte del legislatore, che negli ultimi anni ha cercato di semplificarne il quadro normativo. Una spinta tutt’ora in corso che ha portato a un aumento del 20% sia nel numero di istituzioni non profit, sia nel numero di dipendenti, secondo l’Istat. Tra le nuove realtà ets nate sulla scia di questo impulso c’è Fondazione Morandi, istituita nel 2022 su iniziativa di Paola Cattaneo e Matteo Morandi. All’apice di una carriera imprenditoriale e manageriale iniziata in Richemont e che l’ha visto ai vertici di aziende come Oregon Scientific, Morellato e, dal 2016 Percassi, Morandi mira a proporre un nuovo modello per gli enti del terzo settore: “Abbiamo deciso di diventare ambasciatori di una nuova visione del mondo del non profit, unendo ambizione e pragmatismo e invitando tutti a diventare donatori di risorse, di tempo e di competenze”, dichiara.

Fondazione Morandi è nata in seguito a un evento traumatico e imprevedibile per la famiglia Morandi, che ha deciso di mettere in pratica il concetto del give back anglosassone: ricordare il ‘dono’ e la ‘seconda volta’ ricevuti e ricambiare, per dare vita

a un circolo virtuoso. È iniziato così un percorso ambizioso per lavorare parallelamente su più ambiti: formazione specializzata in chirurgia d’urgenza e del trauma, scuola e sport. Fin dai suoi primi passi, la fondazione ha deciso di operare attraverso sinergie strategiche con enti del territorio locale e nazionale, come ospedali, scuole e associazioni sportive. Nel 2023, la fondazione ha dato l’opportunità ad alcuni chirurghi dell’ospedale San Gerardo di Monza di partecipare a corsi di aggiornamento dedicati alla chirurgia d’urgenza e del trauma. Tra questi, il corso di chirurgia delle ernie e della parete addominale, organizzato a Roma ad aprile 2023, per la prima volta in maniera congiunta dalla Società italiana di chirurgia (Sic) e la Società italiana di chirurgia dell’ernie e della parete addominale (Ishaws). Un’idea di formazione “a circolo virtuoso” che sta continuando a supportare non solo la specializzazione dei professionisti, ma anche l’avvicinamento degli studenti al mondo universitario. In questa direzione s’inserisce la collaborazione annunciata a settembre 2023 con Testbusters, che nel progetto pilota, al Liceo Paolo Frisi di Monza, ha portato alla creazione di otto borse di studio, di cui due già erogate, destinate agli studenti e alle studentesse intenzionati a sostenere il test di ingresso per la facoltà di medicina.

Nei piani della fondazione c’è la costruzione a Monza di una Casa Morandi. Un luogo dove poter convogliare tutta l’organizzazione interna e, soprattutto, da trasformare in centro innovativo di riabilitazione con palestre, oltre che sede di percorsi formativi per il personale medico e infermieristico. Gli orizzonti della Fondazione Morandi sono già molto ampi. L’obiettivo è quello di continuare a mettere in campo una visione orientata al risultato, con competenza e cooperazione. Perché, come piace ripetere a Morandi, “bastano solo pochi secondi per salvare una vita. Ma bisogna saperlo fare”. F

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Matteo Morandi

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La strada GIUSTA

In Italia soffrono di Parkinson 400mila persone e si stima che nei prossimi anni l’incidenza sarà maggiore. La Fondazione Grigioni è impegnata a studiare la malattia e le possibili cure

Il Parkinson è la malattia neurodegenerativa più diffusa dopo l’Alzheimer. In Italia ne soffrono 400mila persone e si stima che nei prossimi 15 anni si arriverà a seimila nuovi pazienti l’anno. Per questo, soprattutto in Nord Europa, si parla di epidemia di Parkinson. È un problema sociale mondiale, non solo italiano. Ma l’Italia è una nazione molto anziana, seconda solo al Giappone. “Tutto il primo mondo sta arrivando ad avere aspettative di vita molto lunghe. E le malattie croniche neurodegenerative hanno un costo sociale molto alto”, ha detto Gianni Pezzoli , neurologo, presidente dell’Associazione italiana parkinsoniani e della Fondazione Grigioni per il morbo di Parkinson. Un paziente malato di Parkinson costa 4mila euro all’anno nei primi anni, fino a 30mila all’anno in fase molto avanzata. “I costi non sono solo diretti, quindi legati ai farmaci, ma anche indiretti. Parliamo di persone che, molto spesso, non possono più lavorare. In più, per ogni persona malata di Parkinson in fase avanzata c’è almeno un caregiver che se ne occupa”. Per questo la Fondazione Grigioni, negli ultimi anni, si è impegnata a studiare la malattia e le possibili cure. “Lo studio su

Parkinson e farmaci antidiabetici si sta rivelando, negli ultimi anni, il più promettente. Noi abbiamo dimostrato che chi assume farmaci antidiabetici sviluppa il Parkinson, mediamente, sei anni dopo rispetto alle persone che non assumono gli stessi medicinali. Questo studio apre la prospettiva di somministrare farmaci come la metformina (che può essere assunta anche da chi non è affetto da diabete), in persone a maggior rischio di sviluppare la malattia di Parkinson, per ritardarne l’insorgenza”. Un altro studio che la fondazione sta portando avanti è quello sui gemelli monozigoti discordanti (uno malato e uno sano): il progetto si basa sulla caratterizzazione di 42 coppie di gemelli discordanti per identificare le componenti genetiche che li differenziano e che potrebbero essere usate per anticipare la diagnosi. E poi c’è lo studio relativo al sequenziamento massivo dell’esoma di 1.400 pazienti con Parkinson, che aiuterà a definire lo spettro delle mutazioni responsabili della malattia nella popolazione italiana. “Il sistema sanitario nazionale è sottofinanziato rispetto a quelli di altri paesi europei. Genera costi alti per la burocrazia gestionale, più che per la sanità vera e propria”, ha spiegato Pezzoli. Inoltre ad agosto 2021 sono stati approvati due decreti sui ricoveri di riabilitazione neuromotoria, che riducono la tariffa giornaliera da 385 a 300 euro e la durata del ricovero da 60 a 30 giorni, ma soprattutto limitano l’accesso ai pazienti non provenienti da un ospedale. Le misure dovrebbero essere effettive dal 2025. Questo significherebbe che i malati di Parkinson vedrebbero ridursi di molto la possibilità di fisioterapia e attività di riabilitazione. “Limitare i ricoveri riabilitativi può essere controproducente sia a livello di salute, sia a livello economico: un paziente che non fa riabilitazione può peggiorare più rapidamente e quindi costare di più al sistema sanitario”. F

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Gianni Pezzoli

from 9 am

safety experienc e

in f o@p lay rock .it

Alessandro Nanni Fondatore Play Sicurezza

Stefano Pancari Fondatore rock’n’safe

Massimo Cotto scrittore, speaker radiofonico, direttore artistico e autore teatrale

Antonella D’Agostino Country H&S manager Coca Cola HBC

Antonello Piroso giornalista professionista in TV, radio, carta stampata e teatro

Lucia Berdini Founder Play Factory Play Coach

Massimiliano Colombi Sociologo Nomisma

Michele Rovida SHEQ Culture manager di WeBuild Alessandro Foti Chairman UNI “Figura in ambito HSE”

Andrea Trespidi Responsabile Formazione HSE di A2A

Patch Adams Intervista esclusiva registrata dagli USA

28 MAGGIO 2024

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La provincia dei LUNA PARK

IL FATTURATO DELL’INDUSTRIA DELLE GIOSTRE IN ITALIA È DI MEZZO MILIARDO DI EURO. LA METÀ È MERITO DI UNA MANCIATA DI COMUNI INTORNO A ROVIGO, DOVE IL SETTORE HA UN SECOLO DI STORIA. GRAN PARTE DELLE AZIENDE SONO MICROIMPRESE, MA NON MANCANO GRUPPI INTERNAZIONALI CHE ESPORTANO NEI PARCHI DI TUTTO IL MONDO
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A cura di Piera Anna Franini

Ènel Basso Polesine, tra i fiumi e i canneti che scolpiscono la provincia di Rovigo, che si fabbricano le attrazioni più vertiginose e adrenaliniche del mondo. Giostre di tutti i tipi, ruote panoramiche, ottovolanti, torri a caduta libera, simulatori, trenini, montagne russe, autoscontri. In breve, l’intero repertorio dei parchi di divertimento, mobili e fissi.

Siamo nel Distretto della Giostra, industria del divertimento con epicentro in Bergantino e diramazioni a Melara, Calto, Castelnovo Bariano, Ceneselli, Castelmassa. Un centinaio di imprese impegnate nella costruzione di giostre, nell’allestimento di caravan, casse-biglietteria, spettacoli viaggianti e pirotecnici e a corona, studi di progettazione e di design. Primeggiano le microimprese, con punte in leader internazionali, anche prescelti per rilanciare - per esempio - il mitico luna park di Coney Island a New York, che ha finito per intitolare un genere.

Il fatturato italiano di settore tocca 250 milioni di euro, importo che doppia con l’indotto. Di questi milioni, ben 150 (250 con l’indotto) si macinano in questo fazzoletto di terra. Il 48% del mercato si concentra in Europa, forte di 300 luna park, di cui 90 in Italia, il 32% copre i parchi fissi dei paesi extraeuropei, in testa Medio Oriente (15%) e America Settentrionale (10%), quindi America Latina (5%), Estremo Oriente (4%), Asia Centrale (2%) e Australia e Nuova Zelanda (1%). Da Disneyland a Legoland, dal Dinosaur Park di Pechino all’Europark di Parigi, ovunque sventola la bandiera del Polesine. Fra gli ultimi prodigi, lo spettacolare parco di Doha, in

250

Il fatturato in milioni di euro del settore delle giostre in Italia, di cui 150 solo nel basso Polesine

15

Le attrazioni del parco di Doha realizzate da aziende venete

300

I luna park in Europa , di cui 90 in Italia

Qatar, con le sue 50 attrazioni, di cui 15 uscite dalle aziende venete. Il mercato dei parchi fissi si completa con quelli mobili, con le attrazioni dei centri commerciali, e via discorrendo.

Con gli anni qui si è creato un concentrato di competenze con pochi pari al mondo: dalla pneumatica all’idraulica, fino a carpenteria e assemblaggio, con profili che vanno dal tecnico meccanico a elettricista, carpentiere, falegname, verniciatore, addetto alla vetroresina. È poi un settore fortemente orientato all’innovazione, alla ricerca e alla qualità, ma in primis alla sicurezza. Per questo sono state strette alleanze con centri di ricerca, in testa il laboratorio Automazione e robotica dell’Università di Padova. Distretto, dunque, tra alta tecnologia, intelligenza artificiale, software e saper fare italiano.

Perché tutto questo accade qui? Già negli anni Ottanta conquistò la ribalta la notizia che a Bergantino, su meno di tremila abitanti, erano 100 le famiglie di giostrai. Troviamo la risposta in questa terna di nomi: Umberto Bacchiega, Umberto Favalli, Albino Protti. Correvano gli anni Venti e i due Umberto giravano di fiera in fiera per vendere dolci fatti in casa. S’imbatterono in un’autopista che riproduceva in piccolo il circuito di Monza. Quell’ovale di 40 metri era sempre affollato anche se, in quei tempi, il denaro scarseggiava. La voglia di automobile era enorme e il mito di Nuvolari era sempre vivo. I due Umberto, da bravi tecnici meccanici, realizzarono la loro autopista inaugurandola nel 1929, pochi mesi prima del tracollo del giovedì nero di Wall Street e, a cascata, dell’economia europea. L’idea fu vincente,

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a ogni modo, e divennero giostrai. Questo il primo seme del distretto.

Si aprì un altro capitolo con Protti, anche lui meccanico cresciuto alla Scuola d’Arti e Mestieri, riparatore di biciclette e moto, però troppo ingegnoso per limitarsi a questo. Nei ritagli di tempo costruì una cicloruota e poi una bicicletta dotata di una molla sotto la sella che dava una spinta ulteriore, rendendo la pedalata meno faticosa. Amava il volo e sognava una giostra di aeroplani. Nel 1938 realizzò la sua prima giostra ad aerei, enorme, a catene, dotata di movimenti che simulavano il decollo e l’atterraggio di velivoli in legno: una novità assoluta nei parchi di divertimento. Allo scoppio della Seconda guerra mondiale

dovette arruolarsi, ma tornò all’opera costruendo una giostra con materiali bellici di recupero. Vite e miracoli, e vicende varie, tutte narrate nel Museo della giostra e dello spettacolo popolare di Bergantino. In questo paese di 2.900 abitanti le famiglie si tramandano il mestiere di generazione in generazione. Si parte dai Bacchiega, la famiglia di giostrai più longeva in assoluto. Alessandro, pronipote di Umberto, racconta che fin da bimbo era sempre al fianco del padre. Mentre Matteo Stefani, laurea in matematica, ha abbandonato i calcoli per tornare nella carpenteria di famiglia, dove si costruiscono carovane, perché “il sangue chiama”, ha spiegato in un servizio realizzato dalla Rai. Altra storia avvincente è quella di Riccardo e Giorgio Cuoghi, nati giostrai e poi passati a vestire le giostre. “Ogni pezzo è bello se è illuminato bene”, dicono. Per creare luci mirabolanti hanno fondato l’impresa Lights Co. di Bergantino, che, fra gli altri, ha firmato il Jumper, l’Air Rice e il Roller Coaster del Wiener Prater e di Coney Island Park. Giusto un esempio, perché la lista potrebbe allungarsi ancora molto F

Altro giro, altre AZIENDE

TECHNICAL PARK

È stata fondata a Melara nel 1980 per costruire giostre per bambini. Poi la svolta che ha fatto di Technical Park uno dei leader nella costruzione di ruote panoramiche e attrazioni adrenaliniche. L’azienda ha circa 300 dipendenti impegnati nella costruzione, assemblaggio e spedizione (anche questa un’arte) delle giostre. Tra i fiori all’occhiello, il Flying Fury fornito all’Europark di Milano e al Tivoli di Copenhagen: una colonna a T con due bracci paralleli indipendenti. Ogni braccio ruota di 360° in entrambe le direzioni, con una postazione da quattro persone. Un joystick permette di pilotare i movimenti creando le proprie prestazioni di volo.

ZAMPERLA

“Vedevo mio padre andare nei parchi di divertimento, quindi lo seguivo. Spesso eravamo noi figli a provare le giostre. Che passione. Anche adesso non vedo l’ora di salire sulle montagne russe”. Parole di Antonio

Zamperla, presidente e amministratore delegato dell’azienda con sede ad Altavilla Vicentina. Le attrazioni Zamperla sono presenti nei parchi divertimento di tutto il mondo. La società ha firmato anche la rinascita di Coney Island, il parco divertimento di New York. Ha uffici e sedi in tutto il mondo e stabilimenti produttivi anche in Cina e nelle Filippine, oltre che nel Vicentino, dove, con 273 dipendenti, tra cui ingegneri, matematici, artigiani, tecnici e decoratori, copre l’intera filiera: dalla progettazione di giostre e montagne russe alla vendita e all’assistenza.

FABBRI GROUP

Con oltre 65 anni di esperienza, Fabbri Group è uno dei principali produttori mondiali di giostre per parchi permanenti, destinazioni turistiche e spettacoli viaggianti. Ampio il repertorio di modelli, tra l’altro personalizzabili: dalle giostre per bambini e famiglie (come navi pirata, tazze da tè e aerei) alle ruote panoramiche, passando attraverso le giostre da brivido e quelle di nuova generazione, come i teatri volanti. Tutto venne avviato da Remo Fabbri, figlio di un fabbro, con mani abilissime e propensione per la tecnica. Dalla sua parte aveva l’incoraggiamento degli impresari di spettacoli viaggianti di Bergantino, che ne avevano intuito il talento. Fu tra i primi a sostituire il funzionamento idraulico e meccanico delle giostre con aria compressa, più performante. Fu lui, con il fratello, a lanciare la prima Aviogiostra: l’inizio di un’avventura poi proseguita con i figli. F

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Unopiù ha cambiato assetto azionario. I soci intendono dare un impulso rinnovato all’azienda con un piano di sviluppo a cinque anni che prevede anche l’allargamento al di fuori dell’Europa, in luoghi come Miami e Dubai. “Vogliamo avvicinare nuovi mondi”, dice l’ad, Beniamino Garofalo

Operazione RILANCIO

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di Valentina Lonati 141 Beniamino Garofalo

ÈÈ stata l’azienda pioniera del segmento outdoor, producendo arredi resistenti destinati agli spazi esterni, a balconi e giardini. Fondata nel 1978 in provincia di Viterbo, Unopiù è nata per creare ‘una stanza in più’, ovvero un ambiente da vivere all’aria aperta, in libertà. Un’idea che ha riscosso subito successo, facendo crescere l’azienda fino ad arredare le terrazze e i rooftop di hotel e resort come il Bulgari Hotel, il Mandarin Oriental, il Greenwich Hotel di New York e il Four Season Resort alle Hawaii. La storia di Unopiù si lega a quella dell’eccellenza manifatturiera italiana e oggi ha inaugurato un nuovo capitolo grazie a un rinnovato assetto societario. Presentato nel dicembre 2023, include con quote paritetiche il gruppo Msc - Mediterranean Shipping Company, società globale di trasporti e logistica, Claudio Costamagna, ai vertici di

Goldman Sachs per 18 anni ed ex presidente di Cassa Depositi e Prestiti, i soci storici - la famiglia Marzocco e Flavio Briatore -, a cui si aggiunge Danilo Iervolino, fondatore dell’ateneo online Unipegaso ed editore di Forbes Italia

Un riassetto azionario che ha l’obiettivo di dare nuovo impulso all’azienda attraverso un ambizioso piano di sviluppo a cinque anni, supervisionato dal consiglio di amministrazione formato da Costamagna, nominato presidente della società, da Beniamino Garofalo, nel ruolo di amministratore delegato, e dai consiglieri Lamberto Tacoli, Stefano Uliana, Luca Marzocco e Simone Gardella.

Con alle spalle una lunga esperienza in multinazionali di largo consumo, come PepsiCo, Heinz e Danone, seguite da un percorso professionale nel mondo del lusso con Lvmh e come ceo di Santa Margherita Gruppo Vinicolo, Beniamino Garofalo approda al mondo del design con una visione chiara: “Il design è uno degli emblemi del saper fare italiano e Unopiù è il precursore dell’arredamento outdoor. Alla base del

nostro piano di sviluppo c’è il desiderio di far tornare grande l’azienda, riportandola al ruolo di leader del settore”, spiega. Nata dalla volontà di arredare gli esterni con la stessa cura dell’indoor grazie a soluzioni versatili, eleganti e funzionali, Unopiù è diventata un punto di riferimento nel settore. Questo successo si riflette anche nella sua presenza internazionale, con dieci negozi monomarca in Europa. Ora, pronta per una nuova fase, Unopiù si prepara a espandersi ulteriormente, anche al di là del nostro continente.

Tra gli obiettivi del piano, infatti, c’è il miglioramento della relazione con i distributori e il raggiungimento di una multicanalità a 360 gradi, per consolidare il rapporto con il consumatore finale, ma soprattutto l’ampliamento dell’export e l’espansione del contract. “Nei prossimi anni punteremo a sviluppare di più le esportazioni attraverso un allargamento delle geografie”, prosegue Garofalo. “Oggi Unopiù gode di grande awareness in Europa, ma nei prossimi anni ci focalizzeremo su economie più floride e dinamiche, come quelle del Medio Oriente

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e degli Stati Uniti. Per raggiungere questi target punteremo su iniziative legate allo sviluppo del prodotto, al restyling dei monomarca attuali e all’apertura di nuovi negozi, in luoghi come Dubai e Miami, che consentiranno il presidio di nuovi mercati strategici. L’idea è quella di avere vendite omogenee tutto l’anno e di raddoppiare i ricavi. Il bilancio del 2023 si è chiuso a 17 milioni di euro”.

Se oggi il contract contribuisce solo per il 10% al fatturato, il nuovo management prevede, in cinque anni, di triplicare la percentuale.

“Dedicheremo molta attenzione al segmento contract a livello internazionale, sfruttando la caratteristica ospitalità italiana come punto di partenza per lo sviluppo strategico e commerciale. Ci concentreremo nel settore navale, nello yachting e nell’hôtellerie di lusso”.

hotel si organizzano per offrire rooftop e terrazze. Unopiù è amata nel mondo per la qualità dei suoi prodotti. Vogliamo mantenere intatta questa sua chiave di successo, infondendo un tocco di contemporaneità e di freschezza alla sua immagine”. Proprio nell’ottica di presentare l’azienda in una veste più dinamica e contemporanea, quest’anno Unopiù è tornata al Salone del Mobile dopo sei anni di assenza, con uno stand curato da Calvi Brambilla & Partners,

“Unopiù è nata nel 1978 per creare un ambiente aggiuntivo nel quadro domestico. Si tratta di un approccio molto contemporaneo”

Un piano di sviluppo che si accompagna a un progetto di rebranding che mira a proiettare il marchio nella contemporaneità, rimanendo però fedele al dna dell’azienda.

“Unopiù è nata nel 1978 per creare un ambiente aggiuntivo nel quadro domestico. Si tratta di un approccio molto contemporaneo, soprattutto dopo il periodo di confinamento dettato dal Covid. Oggi tutti vogliono uno spazio esterno, e anche i nuovi

con lo styling di Studio Salaris, ispirato alle architetture di Luis Barragán. Oltre al Salone del Mobile, poi, Unopiù è stata presente in tre location del Fuorisalone. Nell’area esterna dell’esposizione di Archiproducts, in via Tortona, ha presentato il nuovo progetto creato in collaborazione con Explora Journeys, principale partner dell’installazione Aqua di Archiproducts. L’installazione di design immersivo ha portato gli ospiti su

un ponte ispirato all’oceano, arredato con la collezione Davos di Unopiù by Matteo Nunziati, che sarà presente a bordo della prossima nave di lusso Explora II. In questa occasione, la linea Davos è stata presentata con la palettedi tessuti outdoor interamente personalizzati per Explora Journeys, nuovo marchio di lifestyle di lusso del gruppo Msc. La stessa linea di prodotti ha vestito poi le terrazze del concept store Salvioni, nel distretto di via Durini, insieme ad altri prodotti del brand. Infine, all’interno dello showroom di Brera, è andato in scena un allestimento museale che ha ospitato i nuovi arredi dell’azienda: Nanda by Gio Tirotto, Lulù by Daniel Jarefeldt, Nacre e Coco by Andrea Andretta. La celebre seduta da regista Ginger è stata poi vestita di nerazzurro per una speciale edizione limitata nata dalla collaborazione tra Unopiù e l’Inter. “Per noi si tratta di progetti molto importanti, che ci aiutano ad avvicinare nuovi mondi e che comunicano la volontà di ripensare l’immagine dell’azienda, rendendola più fresca e contemporanea”, dice Garofalo. “Attraverso collezioni speciali, collaborazioni e installazioni, ci proponiamo di ispirare e soddisfare le esigenze di un pubblico sempre più attento e sofisticato, in ambito sia residenziale che contract”. F

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La sedia Ginger realizzata in collaborazione con l’Inter.

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TTra le tante collaborazioni nel mondo del design, solo alcune scaturiscono dalla condivisione di una concezione del significato di innovazione e performance. Tra queste c’è la partnership tra iGuzzini, storica azienda marchigiana del lighting, e Automobili Lamborghini, marchio di eccellenza dell’automotive di lusso.

Dal loro incontro è nata Mya – Faster Than Light, una lampada da tavolo pensata per essere completamente personalizzabile nei colori, nei materiali e nella morbidezza della luce. Un oggetto di design studiato per soddisfare

L’arte del SAPER FARE

Dalla sinergia tra iGuzzini e Automobili Lamborghini nasce una lampada da tavolo personalizzabile ad alto contenuto tecnologico. Il design si ispira alle supersportive

tutte le esigenze, traducendo in luce la filosofia sartoriale con cui Automobili Lamborghini progetta e realizza le sue supersportive. “Mya rappresenta la sintesi della collaborazione tra due aziende del made in Italy che rivolgono enormi attenzioni all’innovazione tecnologica, all’alta performance e alla qualità assoluta in tutto ciò che fanno”, ha commentato Cristiano Venturini, ceo di iGuzzini.

Il design della lampada richiama gli elementi che caratterizzano i modelli delle supersportive Lamborghini, trasformando tridimensionalmente lo stilema del marchio, la Y, presente non solo nelle linee estetiche, ma anche nel punto di accensione e spegnimento. Proprio da qui ha origine la Y del nome Mya, rendendo questo elemento luminoso il punto d’incontro tra la storia di

Dimmerabile attraverso uno slider verticale che si attiva sfiorando la lampada con un dito, Mya si contraddistingue per l’efficienza luminosa e il comfort visivo. A rendere possibili atmosfere luminose personalizzate è la rotazione del vano ottico di 60 gradi, che consente di direzionare la luce nel piano, oltre all’accensione e la dimmerazione touch a sfioro o per attivazione del sensore radar di presenza. Alimentata a batteria e dotata di presa di ricarica usb type C, può inoltre essere facilmente trasportata e ambientata. Le finiture sono ispirate alla gamma colore delle vetture Lamborghini. Un prodotto che crea un ponte metaforico tra due eccellenze del saper fare italiano. F

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di Valentina Lonati

L’architetto INVENTORE A

Ascoltare un’intuizione, buttarsi a capofitto nel darle forma e portarla fino in fondo, fino al successo. Così nascono i grandi progetti imprenditoriali, e così il piacentino Massimo Gnocchi ha creato nel 2019 CGMood, marketplace dedicato ad architetti e designer che consente di acquistare e vendere modelli tridimensionali. Una piattaforma che ha saputo intercettare le nuove esigenze dei progettisti e nell’ultimo anno ha fatturato mezzo milione di euro. “Mi è sempre piaciuto inventare e dare il mio piccolo contributo al mondo, una passione ereditata da mio nonno e dalla mia famiglia di falegnami e grandi lavoratori”, spiega Gnocchi, architetto con l’indole da inventore. Classe 1986, laurea in architettura al Politecnico di Milano, Gnocchi ha un passato da software architect. “Conosco la programmazione e le esigenze degli architetti: CGMood è nato prima come una sfida con me stesso, poi è cresciuto in modo inaspettato. Il business model è quello di una piattaforma automatica, un marketplace dove è possibile sia vendere, sia acquistare visual di altissima qualità”, spiega. Oggi dietro a CGMood c’è un team di sviluppatori impegnati su nuove funzionalità. “È un settore in continua evoluzione: vogliamo introdurre nuovi algoritmi di IA e implementare funzionalità di realtà aumentata. Stiamo lavorando per far crescere la piattaforma e triplicare il fatturato nei prossimi anni”.

CGMood non è l’unica attività su cui punta Gnocchi. Nel 2020 ha fondato insieme a Paolo Danesi The Mountain Refuge, un progetto di micro-architetture adatte a inserirsi in contesti naturali, tra i boschi. The Mountain Refuge offre piccole abitazioni pre -

Uno dei piccoli prefabbricati in legno di The Mountain Refuge

Nel 2019 il piacentino Massimo Gnocchi ha creato un marketplace per la compravendita di modelli tridimensionali. In fase di lavorazione anche un’accademia di formazione rivolta ad artisti e designer

fabbricate in legno, complete di arredi ed elettrodomestici, installabili anche nei luoghi più difficili da raggiungere.“Ci pensavamo dal 2015. Poi, durante la pandemia, il progetto è diventato virale e in un paio di mesi avevamo già centinaia di richieste. Da qui la decisione di dare vita a un brand e cercare partner edili. Oggi abbiamo ultimato le prime sette tiny house tra l’Europa e gli Stati Uniti e stiamo lavorando per arrivare in Australia e Nuova Zelanda”.

Anche The Mountain Refuge si è rivelata l’idea giusta al momento giusto: complice il desiderio di libertà indotto dalla pandemia, il progetto è stato raccontato dai più importanti

magazine di architettura. “The Mountain Refuge è una dichiarazione di libertà in un momento in cui questa ci veniva negata”. Fondatore dello studio Massimo Gnocchi Architects e coach per architetti e startup digitali, Gnocchi sta inoltre dando vita alla CGMood Academy, che si occuperà di formazione in ambito 3D per architetti, artisti e designer. “Il filo rosso che lega le mie attività? Non avere paura di cambiare strada. Spesso ci si sente travolti dal timore di sbagliare, ma rischiare è sempre doveroso. Lavorando bene i risultati e le opportunità arrivano sempre: ognuno di noi può avere una storia da raccontare”. F

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Divulgatore di bellezza

Direttore artistico della Galleria d’Arte Domestica di Milano e di altre attività per la cultura, Luca Cantore D’Amore è un critico d’arte. Il suo primo romanzo si chiama L’estetica del decanter: “È la storia di tutti, vuole far sorridere sull’insensatezza della vita”

LLuca Cantore D’Amore non ama definirsi un curatore, né tantomeno un critico d’arte. Ama l’etimologia delle parole, e per questo le sceglie con attenzione quasi chirurgica, indagandone il significato profondo. Con una formazione in architettura d’interni e successivamente in storia dell’arte, oggi è il direttore artistico della Galleria d’Arte Domestica di Milano, del programma artistico dello studio di architettura internazionale Il Prisma, della Fondazione Gatto di Salerno e di svariate altre attività per la cultura. “Un bravo curatore d’arte? È quello che sparisce, che si rende invisibile e irriconoscibile tra le opere. Come un buon restauratore: se riconosci il suo tocco, allora significa che ha fallito”, dice D’Amore. Prima di ogni altra cosa, però, è un appassionato divulgatore della bellezza e dello stile, inteso nella sua accezione antropologica. “Dall’analisi delle proporzioni di un edificio fino alla comprensione dell’immaginario di un artista, ho dedicato la mia vita allo studio della bellezza, dello stile e dei concetti che la definiscono. Se da un lato esistono canoni estetici, dall’altro è soggettiva e indefinibile, includendo elementi di-

stanti e contrari, come lo squallore, le brutture. Ne sono un esempio i film di Paolo Sorrentino, splendidi nel raccontare la desolazione umana, oppure le fotografie dei cafoni di Umberto Pizzi. Del resto, la bellezza della vita non sta nel racchiudere anche il suo opposto, ovvero la morte?”.

“Un bravo curatore d’arte è quello che sparisce, che si rende invisibile e irriconoscibile tra le opere”

Per riconoscere la bellezza in un’opera d’arte, Cantore D’Amore si affida alla einfühlung, ovvero a quella teoria formulata dal filosofo dell’arte tedesco Robert Vischer secondo la quale l’arte consiste in un’immedesimazione profonda, in un rapporto di empatia tra l’opera e chi la osserva. “Quando mi devo confrontare con un’opera faccio due esercizi: il primo è quello di dimenticarmi tutto ciò che conosco, tutte le sovrastrutture. Il secondo è quello della einfühlung: mi lascio attraversare e trasportare dall’emotività che mi suscita quel lavoro. Dal punto di vista collettivo, invece, c’è un unico giudice dell’arte: il tempo. Se a distanza di 500 anni ci meravigliamo ancora osservando La Gioconda, c’è un motivo. Ciò che resiste al tempo è arte”. Senza tempo è anche il bisogno fondamentale dell’uomo di esprimersi attraverso l’arte. “L’arte si fonda sul dolore: se gli esseri umani non soffrissero, non sentirebbero la necessità di scrivere poesie o romanzi, di dipingere paesaggi, di creare. C’è poi il timore della morte, che si rivela nell’esigenza di lasciare una traccia e nel cercare di cogliere l’essenza della vita. La grande capacità dell’arte sta nel saper provocare un sentimento di immedesimazione, nel suscitare emozioni e renderle per questo reali. Sfido chiunque, anche chi non ha mai amato, a guardare Il bacio di Edvard Munch senza sentire la vibrazione di quell’amore, senza percepirla fisicamente. L’arte ha il potere di far comprendere le sfumature della vita, anche quelle che non abbiamo provato”.

FORBES LIFE ART 152 FORBES.IT MAGGIO, 2024

Ma come si capisce quando un artista è destinato ad avere successo? “Mi piace parlare di creatività logica: se un artista vuole fare grandi cose deve osservare come si muove il mondo e deve sapercisi innestare. Il talento oggi non basta: ci sono il marketing, il gallerista giusto, gli eventi. Queste variabili sono indispensabili quanto il talento. Poi c’è l’ossessione. L’ossessione supera il talento, sempre. Ci vogliono ossessione, talento e metodo per sfondare. E non bisogna stancarsi mai”. Con ossessione e metodo, D’Amore ha scritto anche il suo romanzo d’esordio, L’estetica del decanter: un’architettura sentimentale di un giovane Werther contemporaneo alle prese con emozioni sotterranee e riflessioni sul senso della vita. “L’ho scritto in nove giorni: la notte registravo le note vocali sullo smartphone, di giorno le trascrivevo. Sono un godereccio, un animale sociale, eppure in quel periodo mi sentivo aggredito dalla solitudine. Iniziai a riflettere sul concetto di eleganza: il termine deriva dal latino ‘ex legere’, ovvero ‘scegliere tra’. Questo vuol dire che l’eleganza non è immanente alle cose: è il fatto di sceglierle a renderle eleganti o meno. Provocatoriamente, nel libro arrivo alla conclusione che l’oggetto più elegante del mondo sia il proprio il decanter: clamorosamente inutile – tanto che alcuni lo usano come vaso –, eppure di una bellezza sconvolgente, essenziale. Siamo tutti dei decanter: un po’ pieni e un po’ vuoti, molto confusi sulla nostra vera essenza. L’estetica del decanter è la storia di tutti, vuole far sorridere sull’insensatezza della vita”. Non prendersi troppo sul serio e sorridere davanti alla tragicità del mondo sono due lezioni imparate dalle storico dell’arte Philippe Daverio: “Ha introdotto nella storia dell’arte un elemento inedito: il sorriso. Era proprio così, divertente, bello. Un gigante dell’anima sorridente. Lo conobbi quando mi fu assegnata una mostra importante a Milano alla Fabbrica del Vapore, avevo 24 anni. All’evento di inaugurazione dovevo parlare dopo di lui ed ero terrorizzato: cosa potrò dire di interessante dopo di lui? Quando l’autista ci riaccompagnò a casa, mi disse: ‘Dammi del tu’. Notando il mio imbarazzo, continuò: ‘Non ti illudere, il tu è più responsabilizzante del lei, perché da questo momento puoi solo deludermi’. Mi invitò ad andare da lui ogni lunedì: parlavamo di tutto, a volte chiedeva il mio parere sui suoi articoli. Fu l’inizio di una grande amicizia: da lui compresi come, se lo vogliamo davvero, possiamo trasformare la nostra vita in un capolavoro. Un insegnamento che ancora oggi porto con me”. F

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Luca Cantore D’Amore

FORBES TRENDS

È il tema che toglie il sonno ai produttori vinicoli italiani: il vino analcolico o dealcolato, al quale viene tolto l’alcol del tutto o in parte, è una realtà che piace ai consumatori – negli Stati Uniti il giro d’affari è di 1 miliardo di dollari –, ma in Italia non è ancora possibile produrlo, nonostante l’Europa abbia dato già da tre anni il via libera. Paradossalmente per un Paese leader nel settore vinicolo, le aziende italiane sono costrette a trattare all’estero la materia prima, che, per potersi chiamare vino in Italia, deve avere almeno il 9% di alcol. Rimane un trend sulla scia del caffè decaffeinato o della birra analcolica, che molti consumano ogni giorno.

Non chiamiamole amuse bouche, perché tecnicamente non lo sono: olio e burro – così come pani, grissini e focacce – sono parte dell’accoglienza di ogni ristorante fine dining e danno il senso dell’ospitalità prima di iniziare il pasto vero e proprio. Ma se sul fronte della panificazione la pagnotta di grani antichi è ormai presente, così come l’olio Evo nei

territori vocati, sul fronte del burro è sempre più comune incontrare in tavola versioni aromatizzate: dal rosmarino al timo, dalla nocciola al tartufo, fino al lime. In alternativa c’è chi propone la candela edibile, realizzata con lardo di maiale. Una volta accesa, naturalmente, bisogna aspettare che si sciolga per inzupparci il pane.

Letteralmente significa ‘a base vegetale’, ma la cucina plant based non indica soltanto l’uso di materie prime di origine non animale come alternativa sostenibile e salutare a quella tradizionale, bensì la scelta di realizzare versioni vegane di prodotti tipicamente carnivori, o comunque per palati convenzionali. Tra gli esempi più singolari, i formaggi plant based che richiamano vagamente colore, forma e consistenza del Parmigiano reggiano, ideali anche per gli intolleranti al lattosio, perché realizzati partendo dai ceci lasciati stagionare e maturare. Oppure intuizioni come il lampredotto vegano, tipico street food fiorentino di quinto quarto, ma realizzato con funghi al posto delle interiora.

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di Marco Gemelli

Un progetto magico e poetico, dal design essenziale, ma dalla forte presenza scenica: SuperWire , prima famiglia di lampade modulari progettata da Formafantasma per Flos , evoca il design delle lanterne di un tempo traendo ispirazione maestri vetrai del secolo scorso. Realizzata in vetro planare e alluminio brillantato, grazie a una nuova fonte luminosa ideata dal reparto ricerca e sviluppo di Flos, si illumina su tutta la superficie, emettendo una luce calda e omogenea. Progettata come un sistema, SuperWire offre un’ampia varietà di soluzioni personalizzabili.

Al Salone del Mobile di quest’anno Arper ha presentato Catifa Carta, riedizione della sedia Catifa 53 disegnata dallo studio Lievore Altherr Molina nel 2001. La scocca è realizzata in PaperShell, materiale innovativo totalmente naturale sviluppato dall’omonima start up svedese nel 2021, che viene prodotto con i residui della produzione di legno ed è capace di catturare l’anidride carbonica presente nell’aria. Alla fine del suo ciclo di vita, il materiale può essere poi ridotto a biochar, carbone vegetale che può essere utilizzato come materiale fertilizzante per il suolo o usato in edilizia.

Una cucina sartoriale e personalizzabile in ogni dettaglio: è quella che ha presentato all’ultima Design Week il brand Very Simple Kitchen, che con le sue soluzioni innovative sta destrutturando l’ambiente della cucina ridefinendone il concetto di modularità. Nata dalla collaborazione con il duo creativo REdDUO, composto da Fabiola di Virgilio e Andrea Rosso, questa cucina si caratterizza per un approccio profondamente artigianale – a cura della falegnameria Gigi di Luigi Tenebruso - e per la sinuosità delle forme.

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FORBES CARS

Mercedes‑Maybach e David LaChapelle, uno dei fotografi più pubblicati al mondo, si sono nuovamente riuniti per una partnership. Il risultato sono tre opere d’arte originali, un’interpretazione del design automobilistico che trae ispirazione da cubismo, futurismo e surrealismo. Movimenti artistici che alludono alla storia di Maybach, un pezzo di ingegneria divenuto progetto aspirazionale. Tanto che la Mercedes-Benz Art Collection, fondata nel 1977, è una delle più importanti collezioni aziendali europee, grazie alle sue opere d’arte di qualità museale.

Il marchio Antera è tornato sul palcoscenico automotive presentando la nuova collezione di cerchi in lega leggera durante la Design Week. Nata nel 1991, dopo aver prodotto alcuni dei modelli più iconici del settore, l’azienda italiana viene ora rilanciata da Gmp Group. A concepire questi accessori è stata Hpe Lab, fucina ipertecnologica dal cuore rinascimentale, dove il know-how si combina con un approccio innovativo al design e all’ingegneria. Antera ha calato la cinquina di cerchi in lega da 19 a 24 pollici, con sette finiture: regina la ruota A303 Hpe Forges, che unisce eleganza e robustezza. Poi l’A101, adatta ai veicoli di lusso, l’A105, caratterizzato da forme audaci e decise, e l’A107, incontro tra arte classica e modernità. Il testimonia del brand è Roberto Baggio.

È immediato associare il nome Brembo all’eccellenza italiana nel mondo automotive e alla sicurezza stradale. Ma in occasione del Fuorisalone l’azienda bergamasca è andata oltre, proponendo 12 pinze freno come elementi d’arredo. Ognuna con un colore Sesia&Co, brand italiano che ha creato un sistema per presentare una collezione di numerosi materiali di altissimo livello qualitativo. Questa dozzina di tinte consente combinazioni di soluzioni monocromatiche o multicolori, mantenendo un’elevata armonia estetica. D’altronde, il colore è un tratto identitario delle pinze freno Brembo, soprattutto il rosso. Ma pure le gradazioni di giallo e oro, per gli impianti con dischi freno in carbonio ceramico, e le diverse sfumature di blu o di grigio.

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MAGGIO, 2024

Non siamo ancora allo schermo che si srotola, ma possiamo metterci sulla scrivania un prodotto fuori dal comune: si tratta di un puro schermo che integra tutte le funzioni del pc, compresa la tastiera vir tuale e Windows 11. Il ThinkPad X1 Fold è un prodotto adatto ai top manager, visto che costa 4.999 euro più Iva. Al di là del suo impatto da fantascienzachi lo ho usato in aeroporto è stato subito circondato da curiosi - è un prodotto di grande robustezza e versa-

tilità. Il foldable ha superato una serie di beta test molto severi e solo dopo i risultati ottimali Lenovo lo ha messo in vendita. È lo schermo il vero punto di forza: ha un pannello oled pieghevole ultra luminoso di 16,3 pollici con un aspect ratio 4:3. Permette di guardare competizioni sportive o i film con una luminosità hdr fino a 600 nit e in dolby vision.

L’hanno definita la “fotocamera per TikToker”, le nuove celebrità della rete che hanno milioni di follower e fungono da acceleratori per le vendite. La X100VI della giapponese Fujifilm è un concentrato di tecnologia a partire dal sensore X-Trans Cmos 5 Hr da 40,2 megapixel. Il motore di elaborazione delle immagini X Processor 5 High Speed offre un’alta qualità dell’immagine ed elevate prestazioni. Il marchio compie 90 anni di attività e celebra la ricorrenza con un’edizione limitata della fotocamera (solo 1.934 unità nel mondo) al prezzo di 2.249,99 euro. Mentre l’edizione standard viene proposta a 1849,99 euro.

AI Pin è uno dei dispositivi destinati ai modelli di intelligenza artificiale generativa, tipo ChatGpt. Si interagisce usando la voce e un piccolo proiettore integrato mostra le chiamate in arrivo e i controlli multimediali sul palmo della mano. L’idea di comunicare senza afferrare lo smartphone è piaciuta molto a Bill Gates, che ha elogiato il lavoro di Imran Chaudhuri, uno dei fondatori: “Permette di accedere alla potenza del calcolo rimanendo presente nell’ambiente circostante, stabilendo un equilibrio fra esseri umani e device”. AI Pin appartiene a una nuova generazione di oggetti sviluppati per l’intelligenza artificiale. Il più atteso è ancora segreto: è nascosto negli appunti di Jony Ive, il designer di iPhone e Apple Watch, che oggi lavora in proprio, su incarico di Sam Altman e grazie a 1 miliardo investito da SoftBank.

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di Gabriele Di Matteo

Forbes in collaborazione con Utopia presentano l’evento Healthcare Summit.

Questo evento è stato concepito come una piattaforma per continuare il dialogo costruttivo e l’innovazione nel settore medico, portando alla luce le ultime scoperte, i temi di sostenibilità sociale e ambientale, le tendenze e le tecnologie che stanno plasmando il futuro della medicina in Italia.

DALLE 10.30 ALLE 16.00

forbes.it EVENTO 3 LUGLIO 2024
PALAZZO WEDEKIND, ROMA

In

terrazza il gusto raddoppia

Un’esclusiva terrazza con vista su piazza Duomo, intrattenimento con dj-set fino a tarda notte, cocktail selezionati e rare etichette di vini. Al primo piano del palazzo di Corso Vittorio Emanuele dove il gruppo Glamore ha recentemente inaugurato The Glamore Milano Duomo, hotel cinque stelle lusso nel cuore della città, l’offer-

ta gastronomica del ristorante

Terrazza Duomo 21, è versatile e cool, italiana e internazionale. Qualità che traspare anche in portate all’apparenza semplici, come l’hamburger Duomo 21, il vitello tonnato, il lobster roll o il club sandwich. Il menu porta la firma dello chef Roberto Conti - già stellato Michelin al Trussardi alla Scala - che lo ha declinato in chiave fashion. Piatti dinamici, realizzati a regola d’arte, da gustare in una location amata da milanesi e non, riuscita ad affrancarsi dallo stereotipo di meta turistica (obiettivo non facile se sei in piazza Duomo). Aperta dalla mattina fino a tarda notte, Terrazza Duomo 21 affascina non solo per la posizione, ma anche per gli ampi spazi con finestre floor-to-ceiling nelle sale interne eleganti e riservate con vista sulla Galleria e la zona dedicata al lounge bar.

LIVING MILANO

ELEGANZA senza tempo

Ha avuto inizio 20 anni fa la storia di Park Hyatt Milano, cinque stelle lusso progettato all’interno di un palazzo ottocentesco e da subito destinato all’ospitalità. Costruita nello stesso periodo della Galleria

Vittorio Emanuele II, la struttura venne inaugurata con l’apertura dell’albergo Confortable, trasformato poi alla fine del 1877 nella sede dell’emporio Alle Città D’Italia dei fratelli Bocconi. Tornato alle ori-

gini agli inizi del Duemila, si è affermato subito come icona dell’ospitalità milanese. Un compleanno che Park Hyatt ha deciso di festeggiare in grande stile, svelando le nuove signature suite, progettate dallo studio Flaviano Capriotti Architetti e dedicate a tre luoghi simbolici: Duomo, Montenapoleone e Brera. Avvolte da nuance morbide e accomodanti e da un lusso sussurrato, discreto, senza tempo, nella migliore tradizione Park Hyatt, tra opere d’arte e pezzi di design firmati, la progettazione delle suite attinge all’eredità e ai caratteri della modernità dei maestri del dopoguerra. Brera è al piano nobile dell’albergo, mentre Montenapoleone e Duomo, con le loro terrazze al sesto piano, si aprono direttamente con una magnifica vista sul cielo della città.

LA TELA DEL RAGNO

Fino al 23 settembre Fondazione Prada celebra l’arte di Pino Pascali con una retrospettiva. Giocoso e provocatorio, grande innovatore, in soli tre anni di carriera (morì in un incidente stradale a 33 anni) Pascali rivoluzionò il panorama artistico degli anni Sessanta. Una meteora di geniale imprevedibilità, personaggio stravagante capace di stupire il pubblico, fu tra le figure chiave da cui sono scaturite il concettuale e l’arte povera. “Pascali è un artista sempre attuale perché era un esibizionista”, commenta Mark Godfrey, storico dell’arte britannico che ha curato la mostra dal ricco catalogo: 49 opere provenienti da musei italiani e stranieri e da collezioni private, tra cui i Bachi da setola fatti di spazzole di nylon, emblema del consumismo e della natura in un solo animale, e la celebre Vedova Blu (nella foto), esposta in Biennale nel 1968, all’apice della sua carriera.

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LIVING ROMA

Patrimonio di TRADIZIONI

Lo sport è il palcoscenico di molteplici valori, e lo storico appuntamento con il concorso ippico internazionale a Roma, nella cornice del museo all’aria aperta di Piazza di Siena, ne è un esempio. Un caso di gestione illuminata in quanto a manutenzione e restauro dei monumenti e tutela del verde, da anni a cura degli organizzatori del concorso, Sport e Salute e Federazione italiana sport equestri, che nel tempo hanno portato a termine importanti lavori di restauro delle opere architettoniche e monumentali. La 91esima edizione, in programma dal 22 al 26 maggio, sarà ricca di eventi, giovani promesse e grandi campioni del jumping internazionale. Fra gli appuntamenti attesi ci sono la Coppa delle Nazioni e il torneo in notturna di Italia Polo Challenge. E sempre fra glamour e tradizione, infine, i caroselli a cavallo del IV reggimento carabinieri e dei lancieri di Montebello.

40 anni dopo

Nel settembre del 1984, nell’ambito della mostra Arte di frontiera. New York graffiti, al Palazzo delle Esposizioni di Roma, Keith Haring realizzò sulla parete laterale dello stesso palazzo un lungo graffito fucsia raffigurante molte delle sue iconografie tipiche: il canide, l’uomo in rivolta, la gioia di vivere. L’artista intervenne anche sulle pareti trasparenti del ponte Pietro Nenni. Di quelle due opere si sono perse le tracce ma ci rimangono le prove fotografiche di Stefano Fontebasso De Martino, protagoniste di un’esposizione alla Galleria d’Arte Moderna (dal 25 maggio al 3 novembre), in occasione del 40esimo anniversario. In mostra anche oggetti e disegni mai esposti prima, che all’epoca l’artista realizzò e firmò per il pubblico presente al Palazzo delle Esposizioni, oltre alle tavole originali della graphic novel inedita di Marco Petrella, che ripercorre la storia della presenza di Haring a Roma.

UN NUOVO INDIRIZZO PER LA PIZZA ROMANA

Con Tac, acronimo di ‘thin and crunchy’ ovvero ‘sottile e croccante’, Pier Daniele Seu e Valeria Zuppardo, coppia nel lavoro come nella vita, raccontano il manifesto programmatico della loro nuova pizzeria in un quartiere dell’Eur. Dalle atmosfere colorate e pop degli ambienti al lettering stilizzato del logo, questa creatività si ritrova nella proposta gastronomica. Una romanità contemporanea: da provare, fra i fritti, il supplì di pollo alla cacciatora. E tra le pizze tonde, immancabile ‘la magggica’, un brioso inno alla città e alla sua squadra. Si punta all’alta qualità anche in questo nuovo indirizzo, come nelle varie collaborazioni della coppia con hotel esclusivi, tra cui il W Rome, il W Ibiza, Il Bulgari Dubai e il St. Regis di Venezia.

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di Mara Cella Pier Daniele Seu

LIVING

Il Vessel di Hudson Yards si prepara alla riapertura

Il Vessel, l’iconico monumento alto 150 piedi di Hudson Yards a Manhattan, realizzato dall’azienda italiana Cimolai, si prepara a riaprire dopo tre anni dalla chiusura a causa di una serie di tragici suicidi. Il developer Thomas Heatherwick ha annunciato l’implementazione di nuove misure di sicurezza per garantire la protezione dei visitatori. Inaugurata nel 2019 come parte del modernissimo complesso di Hudson Yards, la struttura a forma di alveare con i suoi 2.500 gradini e 80 pianerottoli ha catturato l’attenzione mondiale. Tuttavia, una serie di tragedie nel corso degli anni successivi ha portato alla chiusura dell’accesso alle scale. La riapertura avverrà quest’anno, una volta installata una “rete d’acciaio dal pavimento al soffitto” su diverse scale, come annunciato dalla portavoce di Related Companies, lo sviluppatore di Hudson Yards.

NEW YORK

Il GUSTO ITALIANO conquista l’Upper East Side

Dopo mesi di attesa, finalmente gli amanti della cucina italiana hanno un nuovo gioiello culinario da scoprire nell’Upper East Side di New York. La Voglia, guidato dal rinomato chef Alessandro Pendinelli, ha recentemente aperto le sue porte dopo un soft opening di successo. Con oltre un decennio di esperienza nell’arte culinaria di New York, Pendinelli ha portato la sua maestria e la sua passione per i sapori autentici italiani nel cuore della Grande Mela. Il menu di La Voglia presenta una selezione di piatti raffinati, preparati con ingredienti di prima qualità, che catturano l’essenza della cucina italiana tradizionale con un tocco moderno. Ma non è solo il cibo che rende La

Voglia un’esperienza culinaria eccezionale. La cantina del ristorante offre un’ampia selezione delle etichette di vino più prestigiose al mondo, garantendo un abbinamento perfetto per ogni piatto e soddisfacendo anche i palati più esigenti. Situata al 1645 di 3rd Avenue, La Voglia si presenta come

una vera e propria “hidden gem” nell’Upper East Side. Con un ambiente elegante, un servizio impeccabile e un cocktail bar eccellente, il ristorante promette di diventare un punto di riferimento per i newyorkesi in cerca di un luogo dove gustare cibo di livello in un’atmosfera raffinata e accogliente.

GIOIELLO VENEZIANO

DI STILE E STORIA

L’hotel Palazzo Giovanelli, gioiello incastonato lungo i canali di Venezia, ha recentemente riaperto le sue porte dopo un’attesissima ristrutturazione da circa 2 milioni di euro. Durante la sua visita a New York, il general manager Nicolino Grigio ha entusiasmato la stampa e gli ospiti americani presentando le recenti migliorie che hanno reso l’hotel ancora più affascinante. Da secoli, il Palazzo Giovanelli ha accolto tra le sue mura reali d’Europa, famosi scrittori, artisti e altri ospiti di prestigio. Oggi, continua a essere il rifugio preferito dalla comunità italo-americana e da personaggi di spicco come la famiglia Viola, proprietari della squadra di hockey Miami Panthers che milita in Nhl, che hanno confermato la loro volontà di far presto tappa a Venezia. Con il suo fascino veneziano intramontabile e un servizio di classe mondiale, l’hotel Palazzo Giovanelli continua a brillare come una perla di ospitalità nella città sull’acqua.

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“Una parte dell’umanità è in prigione; un’altra sta morendo di fame; e coloro di noi che sono liberi e nutriti non sono svegli. Cosa ci vorrà per svegliarci?”

Saul Bellow

“Che tutti gli uomini siano uguali è una proposizione a cui, nei tempi ordinari, nessun essere umano sano ha mai dato il suo assenso.”

Aldous Huxley

“Gli uomini sono per natura disuguali. È quindi inutile trattarli come se fossero uguali.”

James Anthony Froude

“Tutti hanno diritto a una vera possibilità, ma non a partire avvantaggiati.”

Harold Wilson

“Eravamo posizionati nella metà più alta della scala sociale. O nella più bassa. Dipende dalla direzione da cui guardavi.”

Beatrice Lille

“Un’economia aperta a nuovi concetti e nuove imprese è destinata a generare guadagni disuguali.”

Edmund Phelps

“Le dottrine dell’egualitarismo e della sufficienza sono logicamente indipendenti.”

Harry G. Frankfurt

PENSIERI E PAROLE

Disuguaglianza

“Quello di cui abbiamo bisogno è più reddito, anche se significa un divario di reddito più ampio.”
P.J. O’Rourke

“La sottomissione contribuisce enormemente alla felicità umana. Se fossimo tutti uguali, non avremmo altro godimento oltre al piacere animale.”

Samuel Johnson

“Il grido dell’uguaglianza trascina tutti verso il basso.”

Iris Murdoch

“Le calamità della vita erano condivise tra la parte superiore e inferiore dell’umanità, ma la posizione media aveva il minor numero di disastri.”

Daniel Defoe

“L’uguaglianza può forse essere un diritto, ma nessun potere sulla Terra potrà mai trasformarla in un fatto.”

Honoré de Balzac

“C’è più merito e soddisfazione nell’essere un autista di camion di prima classe che un dirigente di decima classe.”

B.C. Forbes

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A WORLD TOO MUCH WITH US, DI SAUL BELLOW; SHORT STUDIES ON GREAT SUBJECTS, DI JAMES ANTHONY FROUDE; VITA DI SAMUEL JOHNSON, DI JAMES BOSWELL; ROBINSON CRUSOE, DI DANIEL DEFOE; LA DUCHESSA DE LANGEAIS, DI HONORÈÉ DE BALZAC; PROPER STUDIES, DI ALDOUS HUXLEY; SULLA DISUGUAGLIANZA, DI HARRY FRANKFURT; THE RIGHTEOUS MIND, DI JONATHAN HAIDT. PENSIERO FINALE
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