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di Marcello Astorri
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Al lavorator non si comanda Dagli Stati Uniti, il fenomeno delle grandi dimissioni è arrivato anche in Italia. Secondo PageGroup, multinazionale britannica di recruiting, le aziende devono fare a gara per mantenere o attrarre i migliori talenti, offrendo loro benefit, possibilità di carriera e bilanciamento tra vita e lavoro
Lasciare il lavoro alla ricerca di condizioni di vita migliori, non importa se non è già pronta un’alternativa. È questo, in sintesi, il fulcro del fenomeno delle grandi dimissioni, nato in America e ormai giunto fino in Italia. A certificarlo è stato un recente studio condotto dalla Fondazione studi consulenti del lavoro dal titolo Le dimissioni in Italia tra crisi, ripresa e nuovo lavoro. Dall’indagine è emerso che nei primi nove mesi del 2021 un milione e 81mila dipendenti italiani hanno deciso di dimettersi dal loro posto di lavoro. Di questi, quasi uno su due non ha un contratto attivo perché è alla ricerca di un’altra occupazione, vuole avviare un’attività in proprio o ha fatto scelte di vita diverse. Per mettere a fuoco le ragioni più profonde alla base delle grandi diFORBES.IT
missioni, Forbes ha chiesto aiuto a PageGroup, multinazionale britannica di recruiting attiva anche in Italia con i brand Michael Page per il recruiting di professionisti di middle e top mananagement, Page Executive, che si occupa di headhunting di profili executive e Page Personnel per il reclutamento di professionisti junior e middle management, anche in somministrazione. “Al momento, nonostante gli eventi drammatici a cui stiamo assistendo in Ucraina, il settore del recruitment non ha conosciuto rallentamenti”, spiega Tomaso Mainini, senior managing director di PageGroup Italia & Turchia. “Molto dipende da quanto si protrarrà il conflitto, ma per il momento stiamo vivendo una fase dove tantissime aziende cercano personale e per farlo si affidano a professionisti esterni”. Gli esperti di PageGroup evidenziano come le grandi dimissioni siano un fenomeno globale, ma vi sono alcuni settori e fasce d’età che caratterizzano lo scenario italiano. “Dal nostro osservatorio privilegiato”, prosegue Mainini, “abbiamo potuto constatare
come la pandemia abbia causato difficoltà nell’inserimento di profili con poca esperienza. Questo ha portato le aziende a rivolgersi a professionisti navigati nel settore, creando così numerosi posti di lavoro per profili con le loro caratteristiche e alimentando un turnover elevato nelle loro posizioni. Inoltre, è possibile che la pandemia abbia cambiato le abitudini dei lavoratori senior e portato gli stessi a ripensare la loro vita lavorativa e cercare nuove opportunità di lavoro”. Per quanto riguarda i settori interessati dalle grandi dimissioni, se ne possono evidenziare alcuni in cui il tasso di abbandono è addirittura sceso, mentre in altri è in crescita. L’Harvard Business Review evidenzia che se nei settori manufacture e finance si assiste a una decrescita delle dimissioni, nei settori healthcare e tech si assiste ad una crescita delle dimissioni pari rispettivamente al 3,6% e al 4,5%. Questo fenomeno può essere giustificato dall’elevata richiesta di profili in quei settori, che permette ai dipendenti una scelta tra numerose opportunità di lavoro. “Ci sono anche altre ragioni”, conti-
“I nuovi manager oggi devono sviluppare una leadership inclusiva, potenziando le capacità dei propri collaboratori, valorizzandone l’unicità e offrendo opportunità di carriera in modo equo” APRILE, 2022