
7 minute read
Roma e Pechino: di nuovo amici Carlo Tecce
from L'Espresso 47
by BFCMedia
DI NUOVO AMICI
na; sosteniamo con afflato cingolato l’alleanza atlantica Nato; ci addentriamo soltanto in mercati contigui alla geopolitica Usa. E soprattutto: se i cinesi per loro sono nemici, per noi lo sono di più. Per dav vero. Mica chiacchiere. Meloni ne ha dato atto, prova, e l’ha fatto con granitica fermezza. Tra gli ultimi gesti di campagna elettorale, proprio alla vigilia dei comizi finali, la candidata Meloni ha rilasciato una roboante intervista a Central news agency, un media di Taiwan, suscitando la scontata e piccata reazione della diplomazia pechinese a Roma. Ha definito «inaccettabile» e da «condannare» il comportamento dei cinesi nei confronti dell’isola ribelle (che tra l’altro l’Italia e il mondo non riconoscono): «È certo che Taiwan con un governo di centrodestra sarà una questione fondamentale per l’Italia. Ho seguito da vicino con disagio quello che sta succedendo». Meloni ha tranciato, in quella circostanza, qualsiasi legame strategico con Pechino: «L’abbraccio italiano alla “Belt and Road”, la nuova Via della Seta, è stato un grosso errore. Se mi trovassi a dover firmare il rinnovo domani mattina, difficilmente vedrei le condizioni politiche per farlo. Spero che il tempo serva a Pechino per ammorbidire i suoi toni e fare qualcosa di concreto verso il rispetto della democrazia, dei diritti umani e della legalità internazionale». Nei comunicati ufficiali, com’è ov vio, dopo l’incontro fra Meloni e Xi Jinping e dopo la telefonata fra il ministro Antonio Tajani (Esteri) e il collega Wang Yi, non viene mai menzionato né il «tempo» ammorbidente né il «rispetto» della democrazia e i «diritti umani» trovano riparo in un inciso di scarso significato: «Il presidente Meloni (il maschile è di
Advertisement
Carlo Palazzo Chigi, ndr) ha rile-
Tecce vato l’importanza che ri-
Giornalista prendano tutti i canali
di dialogo, incluso quello in materia di diritti umani». Nessuno ha mutato posizione. Meloni non ha abbandonato gli americani con un bilaterale di qualche minuto. Pechino non ha risolto le sue ambiguità sulla guerra russa in Ucraina. Semplicemente è intervenuta la politica col suo famoso interesse nazionale e la campagna elettorale italiana s’è spenta pure su Pechino. Ciò prelude a una riconferma del memorandum per la cosiddetta nuova via della Seta - un progetto egemonico che riguarda infrastrutture per il commercio e la tecnologia - che fu sottoscritto nel marzo 2019 dal governo gialloverde di Giuseppe Conte e che scadrà tra circa un anno? No, per gli americani è intollerabile, e lo esclude la Meloni e lo escludono i ministri Guido Crosetto (Difesa) e Adolfo Urso (Industria). Quella che si è riattivata fra l’Italia e la Cina, ma sarebbe opportuno, e meno ombelicale, dire quella che si è riattivata fra l’Europa e la Cina con il nullaosta degli Stati Uniti, è una relazione commerciale. Non è una banale coincidenza che il bilaterale sia stato anticipato dalle trattative, non è un accordo siglato, per una commessa cinese di 250 aerei Atr prodotti a Pomigliano d ’Arco da un consorzio italiano e francese con Leonardo e Airbus.
Lo scambio di prodotti di Italia e Cina vale 74 miliardi di dollari. E i dettagli, nelle frequenti interviste, li fornisce l’ambasciata cinese con l’incaricata d ’affari Zheng Xuan: «Dallo scoppio della pandemia, le relazioni economiche e commerciali sino-italiane sono in controtendenza, dai 54 miliardi di dollari del 2020 sono salite ai quasi 74 miliardi dell’anno scorso, con un aumento del 34,1 per cento, mentre le esportazioni italiane in Cina sono aumentate del 36,3 per cento, realizzando in entrambi i casi record storici. Nei primi 9 mesi di quest’anno, il volume di commercio sino-italiano ha toccato i 60,58 miliardi di dollari, con un aumento del 13,3 per cento su base annua, e si prevede che la cifra annuale supererà quella dell’anno scorso».
Se l’Europa e l’Italia non si intromettono nel caso di Taiwan, la linea rossa «invalicabile», il concetto di una «sola Cina», al momento Pechino — che ha un’economia in allarmante frenata — offre agli occidentali la sua capacità di muovere le merci nel mondo, in uscita e anche in ingresso. La pandemia ha spinto la Cina a ritrarre i suoi tentacoli. Non c’è più la disinvoltura di quattro o cinque anni fa quando la sfida globale agli Stati Uniti era ostentata.
Roma era accogliente per i cinesi. Il governo gialloverde Conte I, con la debolezza dei giudizi sommari e però con diversi indizi, si può definire l’esecutivo più dialogante di sempre con il regime comunista. Il viaggio italiano di Xi Jinping (marzo 2019) fu la visita di un imperatore che va a officiare il percorso di annessione di una nuova provincia. In quel periodo le imprese Huawei e il gruppo Zte erano coinvolte nel delicato sviluppo della tecnologia di internet veloce di quinta generazione (5G), poi gli Usa le hanno messe al bando per motivi di sicurezza nazionale e i governi italiani che sono succeduti al Conte I, dunque Conte II e Draghi, hanno imposto vin-


PROFESSORE
Matteo Salvini. Sopra: il professor Michele Geraci, docente alla New York University di Shangai e sottosegretario allo Sviluppo Economico nel governo Conte I indicato dalla Lega

SI TRATTA PER UNA COMMESSA DI 250 AEREI ATR. DOPO QUELLE TEDESCA E FRANCESE ANCHE UNA DELEGAZIONE DI INDUSTRIALI ITALIANI ANDRÀ IN CINA CON LA PRESIDENTE DEL CONSIGLIO
coli stringenti. Gli esecutivi Conte II e Draghi hanno esteso l’utilizzo dei poteri speciali — “golden power” — per impedire alle aziende straniere, quasi unicamente cinesi, di compiere in Italia operazioni o acquisizioni in settori di rilevanza nazionale.
Il professore Michele Geraci, che insegna Finanza alla New York University di Shangai («una istituzione americana», precisa), fu sottosegretario allo Sviluppo Economico nel Conte I su indicazione leghista. Era la guida di Matteo Salvini nel fantastico sistema cinese. Finché Salvini, scottato dalle scampagnate moscovite, si è esibito contro la Cina per recuperare vanamente credito presso gli americani. Qualche settimana fa, appena incardinata la legislatura, il prof. Geraci, che conserva intatte le sue simpatie cinesi, era alla Camera a salutare i vecchi compagni politici.
Il ministro degli esteri cinese Wang Yi, e il vicepresidente del Consiglio italiano Luigi Di Maio, alla firma nel marzo 2019 dell’iniziativa Belt and Road, conosciuta anche come Via della Seta Non è che qui si torna al passato. Geraci la spiega così: «Per la ripresa dell’economia italiana è imprescindibile avere rapporti cordiali con la Cina e dunque rapporti commerciali perché Pechino traina la vasta popolazione asiatica e africana. Chi si mette contro la Cina, in particolare un sovranista, non fa gli interessi degli italiani. Questo governo ha la fortuna di essere protetto nelle sue interlocuzioni con i cinesi dai principali alleati europei che già hanno riallacciato i contatti». A proposito. La trasferta pechinese del cancelliere Olaf Scholz, con un aereo carico di imprenditori di multinazionali tedesche e una stiva zeppa di contratti da firmare, ha ingolosito e ingelosito gli altri europei. Emmanuel Macron presto ci porterà i francesi. E l’anno prossimo, in ordine di grandezza, sarà il turno degli italiani con Meloni. Gli industriali del Nord Est, quelli che hanno conferito a Fdi in prestito i loro voti perché delusi da Matteo Salvini e non più obnubilati da Silvio Berlusconi, guardano con maggiore attenzione ai risultati commerciali di Scholz che ai sussulti indipendentisti di Taipei. Meloni non sveste la divisa americana a stelle e strisce ma, in un perimetro ben marcato, può interagire con i cinesi per favorire l’Italia. È utile annotare che il diplomatico Luca Ferrari, ambasciatore italiano a Pechino da quasi tre anni, è il consulente di Palazzo Chigi nei consessi internazionali in formato G7 e G20.
I disegni egemonici, le persecuzioni degli uig uri, il crescente autoritarismo del regime, il futuro di Hong Kong e di Taiwan, signori, sono argomenti che possono aspettare. Basta fingere. Non citarli per non farli esistere. Eludere. Sor volare. Ignorare. E concentrarsi su vantaggi materiali e immediati. «Più imprese italiane sono inv itate a investire e fare affari in Cina. Spero che l ’Italia — si legge nella nota del ministro degli Esteri di Pechino che riassume la telefonata con Tajani — continui a fornire un ambiente imprenditoriale equo, trasparente e non discriminatorio alle imprese cinesi in Italia. La Cina sostiene l ’Italia per le prossime Olimpiadi invernali ed è pronta ad aumentare i voli tra i due Paesi per facilitare il flusso di persone». Un paio di diretti senza scali, e non se ne parli più.

