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PIANETA GIGANTE

IN ATTESA DI JUICE, RIPERCORRIAMO LA STORIA DELLE ESPLORAZIONI DI GIOVE E DELLE SUE LUNE

Per studiare un corpo celeste con una sonda, si può fare un semplice sorvolo, tecnicamente un y-by, oppure una visita più lunga ed elaborata, inserendo la sonda in orbita intorno al pianeta. La visita fugace è più semplice, ma ha una tempistica molto limitata. Le misure e le riprese devono essere decise in anticipo e devono essere eseguite autonomamente, perché non ci sarà tempo per scambiare messaggi con la stazione di terra. Il y-by, inoltre, può essere utilizzato per modi care la traiettoria della sonda a costo zero, utilizzando il campo gravitazionale del pianeta.

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Collocare una sonda in orbita, invece, richiede una procedura più complessa, perché la sonda va frenata per poter essere catturata dal campo gravitazionale del pianeta. Una volta in orbita, è poi possibile usare i passaggi ravvicinati al pianeta o alle sue lune per modi care l’orbita e poter studiare ciò che interessa.

Il Grand Tour Del Sistema Solare

L’esplorazione di Giove è iniziata mezzo secolo fa con il y-by della sonda

» La luna Io ripresa dalla sonda Galileo durante un’eruzione vulcanica. I colori sono dovuti allo zolfo e ai suoi composti prodotti dalla intensa attività vulcanica, alimentata dall’attrito delle forze mareali esercitate da Giove e dalla risonanza orbitale con Europa e Ganimede.

Pioneer 10 della Nasa, che nel dicembre 1973 ottenne le prime immagini del pianeta e dei satelliti medicei. Il y-by permise di capire che Giove non è solido, di studiare l’atmosfera del pianeta e di misurarne il campo magnetico.

La gemella Pioneer 11 (di cui celebreremo sul prossimo numero il 50° anniversario della partenza, Ndr) arrivò un anno dopo e fornì immagini della Grande macchia rossa e delle zone polari. Rivelò anche la presenza di una grande quantità di particelle, molto superiore al previsto, che misero a rischio l’incolumità degli strumenti. Le misure eseguite furono importantissime per gli strumenti che seguirono a pochi anni di distanza, con le due sonde Voyager della Nasa, progettate per il Grand Tour del Sistema solare

L’idea era nata nel 1965 dalla mente del giovane Gary Flandro, che lavorava part-time al Jet Propulsion Laboratory della Nasa. Calcolando a mano la posizione dei pianeti, si rese conto che stava per veri carsi un allineamento dei quattro giganti gassosi (Giove, Saturno, Urano e Nettuno), un’eventualità che si presenta una volta ogni 175 anni. Sarebbe stato possibile con una sola sonda esplorare tutti questi pianeti. In realtà, di sonde ne furono allestite due, praticamente identiche, le Voyager, che però hanno seguito due traiettorie diverse.

Mentre Voyager 1, dopo avere sorvolato Giove e Saturno, è stata diretta verso l’esterno del Sistema solare, Voyager 2 ha eseguito veramente il Grand Tour. Dopo essere passata vicino a Giove e Saturno, la sonda ha raggiunto anche Urano e, in ne, Nettuno. E nel 1989, niti i pianeti da studiare, è iniziata la Voyager Interstellar Mission. De nita “interstellare” perché si sperava che le sonde raggiungessero lo spazio esterno al Sistema solare con ancora il livello di energia necessario per trasmettere i dati no a noi.

Oggi, entrambe le sonde sono uscite dalla regione di in uenza del Sole, ma le informazioni che ci mandano sono limitatissime.

Partite il 20 agosto e il 7 settembre 1977, sono dei dinosauri della tecnologia spaziale. La memoria di uno smartphone è 200mila volte più potente di quella delle sonde Voyager, che comunicano con le stazioni di terra a soli 160 bit al secondo. Dotate di un generatore nucleare al plutonio, le sonde continuano a lavorare.

Ma la potenza continua a diminuire e i tecnici fanno acrobazie per gestire l’energia disponibile e allungare la vita delle sonde, che si spera possano mantenere i collegamenti no alla loro festa del mezzo secolo, tra quattro anni.

Per quanto riguarda Giove, il y-by della Voyager 1 è avvenuto il 5 marzo 1979, mentre la Voyager 2 è arrivata il 9 luglio successivo.

Le sonde hanno contribuito a migliorare la conoscenza della Grande macchia rossa, rivelando che è una tempesta che ruota in direzione antioraria, hanno indagato i satelliti medicei e scoperto nuove lune. Le immagini di Io hanno rivelato la presenza di numerosi vulcani attivi, i primi episodi di vulcanesimo extraterrestre. E non si è trattato di un episodio isolato. Nel caso di Europa, le immagini delle sonde hanno svelato che si tratta di una luna ghiacciata, la cui crosta galleggia su un oceano liquido.

La Prima Missione Nel Sistema Gioviano

Per la Nasa era arrivata l’ora di mettere una sonda in orbita intorno a Giove. Dedicata allo scienziato che nel 1610 aveva scoperto i satelliti medicei, la sonda Galileo è partita il 18 ottobre 1989 dal piano di carico dello Shuttle Atlantis con un motore relativamente poco potente. La sonda ha dovuto seguire un cammino tortuoso, eseguendo una serie di manovre di onda gravitazionale: è stata spedita verso Venere, per sfruttare la sua spinta gravitazionale per poi tornare verso della Terra per acquisire l’energia necessaria a raggiungere Giove.

Dopo aver entusiasmato gli scienziati con splendide immagini di Venere e della Terra, la missione ha riservato un’amara sorpresa: il comando mandato da Terra per aprire l’antenna larga quasi 4 metri, adibita alla trasmissione dei dati, è stato ignorato dalla Galileo. L’antenna, chiusa come un ombrello, non si è aperta, e i ricercatori hanno dovuto ricorrere per tutte le comunicazioni all’antenna più piccola, molto meno potente.

È stata messa a punto una strategia per ovviare, almeno parzialmente, al problema, potenziando la sensibilità dei sistemi di ricezione a Terra e introducendo metodi di compressione dei dati a bordo della sonda.

Grazie a questi accorgimenti, almeno il 70 per cento degli obiettivi scienti ci è stato raggiunto, compresi gli incontri con gli asteroidi Gaspra e Ida e l’osservazione dell’impatto della cometa Shoemaker-Levy 9 su Giove, visto dalla distanza di “solo” 240 milioni di chilometri.

Mentre era in corso l’avvicinamento a Giove, il 13 luglio 1994 è stata sganciata una piccola sonda che si è immersa nell’atmosfera del pianeta per studiarla con i suoi sei strumenti, mentre la Galileo compiva le manovre necessarie per trovarsi nella posizione giusta il 7 dicembre, giorno in cui la sonda atmosferica avrebbe iniziato a trasmettere i dati.

Intanto la Galileo riprendeva immagini di Giove, ma quando ha tentato di riavvolgere il nastro su cui erano registrati i dati, per inviarli a terra, il dispositivo si è bloccato.

Sono occorsi giorni per capire che il registratore era ancora funzionante, ma che una parte del nastro era deteriorata e che non si sarebbe più potuto utilizzarla.

Alla ne del 1997, nita la missione primaria della Galileo, c’era ancora carburante disponibile per eseguire

Giove In Aiuto Di Ulysses

Di Patrizia Caraveo

manovre, e gli strumenti erano tutti perfettamente e cienti, così la Nasa è riuscita a nanziare un’estensione a basso costo della missione per altri due anni.

Lo scopo del prolungamento, chiamato Galileo Europa

Mission è stato sintetizzato nello slogan “ghiaccio, acqua e fuoco”, con l’obiettivo di studiare più approfonditamente il satellite ghiacciato Europa, i tremendi temporali che scoppiano nell’atmosfera di Giove e l’attività vulcanica sulla infuocata luna Io. All’inizio del 2000 la Nasa, confortata ancora una volta dalla disponibilità di carburante e dall’e cienza degli strumenti, è riuscita a varare un’ulteriore estensione, la Galileo Millennium Mission, che ha portato a nuovi incontri ravvicinati con Io e Ganimede e ha permesso le osservazioni congiunte di ne millennio (tra ottobre 2000 e febbraio 2001) con la sonda Cassini in viaggio verso Saturno. È stata un’occasione unica di studiare allo stesso tempo un pianeta con gli strumenti di due diverse sonde. In ne, la Galileo è stata programmata per immergersi e raccogliere dati nella magnetosfera di Giove, la regione dominata dal campo magnetico del pianeta, mentre la Cassini, transitando all’esterno, registrava i ussi di elettroni e protoni trasportati dal vento solare. E dopo otto anni di attività nel sistema di Giove, la Galileo ha nito la sua missione il 21 settembre 2003, immergendosi nell’atmosfera del pianeta no alla distruzione.

JUNO MONITORA L’ATMOSFERA DEL GIGANTE

Nel febbraio 2007 è stato e ettuato il y-by della missione New Horizon della Nasa, che ha usato la gravità di Giove per guadagnare velocità e accorciare il tempo di viaggio verso Plutone.

Le immagini riprese dalla sonda hanno dimostrato che il look del pianeta era cambiato rispetto alle immagini delle missioni precedenti. Attualmente è in corso la missione Juno, sempre della Nasa. Lanciata nel 2011, si è immessa in un’orbita polare molto ellittica intorno a Giove nel luglio 2016. Progettata per studiare l’atmosfera del pianeta, a ogni passaggio ravvicinato fornisce immagini spettacolari della complessa e vorticosa atmosfera del pianeta. Inquadra il QR per il video di uno di questi sorvoli. Le immagini, disponibili sul web, sono utilizzate da molti appassionati che si cimentano in esperimenti di gra ca, per evidenziare i dettagli, con risultati di straordinaria bellezza (vedi la rubrica Cosmo kid a pag. 80).

L’orbita di Juno è stata poi modi cata per andare a studiare le lune galileiane, fornendo nuovo materiale per i citizen scientist con tendenze artistiche. Unire la scienza con l’arte ha reso Juno molto popolare, facendole superare i con ni della planetologia.

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