

Trasformare l’equilibrio in stabilità.
AZ Fund 1 - AZ Allocation
BALANCED
AZ Fund 1 - AZ Allocation - Balanced FoF è la scelta per accedere alle opportunità più esclusive delle società di gestione internazionali, trasformando la diversificazione in valore grazie alla gestione attiva di più asset class.
Siamo uno dei maggiori Asset Manager indipendenti europei specializzati nell’ambito del risparmio gestito. Orgogliosamente italiani ma con un’impronta globale grazie ai centri di investimento e distribuzione presenti in oltre 18 Paesi nel mondo.
* Rendimenti antecedenti 2018: 2017 -3,3% – 2016 +7,5% – 2015 +5,1% – 2014 +5,4% – 2013 +3,7% – 2012 +8,2%.
I Rendimenti passati non sono indicativi di quelli futuri. Fonte dati: Morningstar.
Il presente documento di marketing è stato redatto da Azimut Capital Management SGR S.p.A., società facente parte del Gruppo Azimut, anche in qualità di distributore dei fondi di Azimut Investments SA, sotto la propria esclusiva responsabilità a scopo promozionale e informativo. Prima di adottare qualsiasi decisione di investimento, è necessario leggere il Prospetto, il Documento contenente le informazioni chiave per gli investitori (il “KID”), e il modulo di sottoscrizione, così come il Regolamento di gestione. Per valutare le soluzioni più adatte alle proprie esigenze personali, si consiglia di rivolgersi al proprio consulente finanziario. I destinatari del presente messaggio si assumono piena ed assoluta responsabilità per l’utilizzo dei dati, le informazioni e le opinioni contenuti nonché per le scelte di investimento eventualmente effettuate sulla base dello stesso in quanto l’eventuale utilizzo come supporto di scelte di operazioni di investimento non è consentito ed è a completo rischio dell’utente. La partecipazione ad un OICR comporta dei rischi connessi alle possibili variazioni di valore delle quote, che a loro volta risentono delle oscillazioni del valore degli strumenti finanziari in cui vengono investite le risorse dell’OICR.
EDITORIAL
mandati istituzionali e lo sprint di fine 2022
Sprint di fine 2022 per il risparmio gestito tricolore. Come emerge dalla mappa di Assogestioni, sulla spinta prevalente dei mandati istituzionali, a dicembre l’industria ha registrato un balzo della raccolta netta a +11,15 miliardi di euro, dai +268 milioni di novembre, facendo salire il totale del 2022 a +19,76 miliardi. A fine mese il patrimonio gestito ammontava a 2.216 miliardi, in calo dai 2.261 miliardi di novembre. Ad influire sulle masse complessive è stato l’andamento avverso dei mercati, precisa l’Ufficio Studi di Assogestioni, stimando che la continua volatilità ha avuto un impatto di mercato pari a -2,5%. Sul fronte dei flussi, le gestioni collettive hanno registrato a dicembre un saldo di +1,6 miliardi, quasi il doppio rispetto ai +870 milioni di novembre. Le entrate nette dei fondi aperti hanno contribuito con +1,14 miliardi (dopo +231 milioni), a cui si sono aggiunti i +444 milioni dei fondi chiusi (da 640 mln). A brillare nell’ultimo mese dell’anno sono state, comunque, le gestioni di portafoglio che hanno registrato +9,6 miliardi di raccolta, dopo -602 milioni a novembre, su impulso dei +8,7 miliardi delle istituzionali (dopo -1,6 miliardi) e con l’apporto di +872 milioni dalle gestioni retail (dopo +987 milioni). Il 2022 si è così concluso con sottoscrizioni nette per un totale di +15,5 miliardi per le gestioni collettive (9,4 miliardi dei quali dai fondi aperti) e di +4,3 miliardi per le gestioni di portafoglio, grazie alle gestioni retail (+7,3 miliardi), mentre le istituzionali - nonostante la ripresa finale - restano in territorio negativo con -3 miliardi.
Sotto il profilo del patrimonio le gestioni collettive hanno chiuso il 2022 a 1.160 miliardi, pari al 52,4% del totale, in calo dai 1.180 miliardi di novembre (52,2%). In questo ambito, i fondi aperti hanno totalizzato 1.075 miliardi (48,5%) da 1.095 miliardi (48,5%) e i fondi chiusi sono pari complessivamente a 85,4 miliardi (3,9%). Per le gestioni di portafoglio, le masse gestite ammontano a 1.055 miliardi, pari al 47,6% del totale, da 1.081 miliardi (47,8%) a novembre, con i mandati istituzionali a 911 miliardi (41,1%) da 933 miliardi (41,3%) e i retail a 144 miliardi (6,5%). Tra i fondi aperti, gli obbligazionari restano al primo posto per patrimonio con 360,5 miliardi (33,5% da 33,3%), seguiti dagli azionari con 328 miliardi (30,5% da 30,8%), dai flessibili con 200 miliardi (18,6%), dai bilanciati con 141 miliardi (13,1%) e dai monetari con 43,4 miliardi (4%). I fondi di diritto italiano totalizzavano alla fine dello scorso dicembre un patrimonio di 228 miliardi (21,2%), mentre i fondi esteri gestivano complessivamente 846,5 miliardi (78,8%).

Nell’ultimo mese dell’anno l’industria del risparmio gestito ha avuto una raccolta netta positiva di 11,5 miliardi
I
anno 6 - numero 58 - febbraio 2023 mensile registrato presso il Tribunale di Milano n. 24 del 31/01/2018
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Se un algoritmo governa i mercati
Perché il machine learning è una tecnologia che può cambiare il mondo finanziario
In un articolo pubblicato nel blog di Pictet Asset Management (Pictet Per te) si parla di un’innovazione dagli effetti potenzialmente dirompenti: il machine learning. Si tratta di una tecnologia che crea sistemi di apprendimento automatico, in grado di migliorarsi e aggiornarsi senza l’intervento dell’uomo. In sostanza, il machine learning permette a un software di automigliorarsi attraverso l’analisi di dati: più dati analizza e più “impara”, spiega il blog di Pictet AM.

Da qui, secondo gli esperti della casa di gestione, emergono potenziali applicazioni nel mondo finanziario.
“Quando il machine learning non si limita a consigliare, ma si muove sul mercato, si parla di algorithmic trading”, scrivono gli esperti Pictet AM, specificando che con “questo termine nasce dalla crasi di algoritmo e trading. È umanamente impossibile, infatti, captare tutti i segnali che emergono dal mercato: è troppo vasto e si muove troppo velocemente.
Il machine learning, invece, grazie a un’analisi massiva dei dati riconosce i cosiddetti segnali deboli, diventando così un prezioso supporto nelle decisioni o automatizzando alcuni processi che richiedono grande tempestività.
L’algorithmic trading è, quindi, in grado di rendere l’analisi molto più rapida e, tra le altre cose, tende a ridurre l’impatto dell’emotività che spesso, per eccessivo entusiasmo, paura o per effetto gregge, spinge a prendere decisioni avventate”.
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Tutti gli investimenti comportano rischi. Il valore degli investimenti e qualsiasi reddito ricevuto da essi possono aumentare odiminuire e potresti recuperare meno di quanto hai investito. Messaggio pubblicitario con finalità promozionali.
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Un Etf con il marchio Esg

Lancio di Etf obbligazionario da parte di Invesco. Si chiama Invesco Global High Yield Corporate Bond Esg Ucits Etf e replica l’indice Bloomberg Msci Global High Yield Liquid Corporate Esg Weighted Sri Bond, che incorpora vari filtri di sostenibilità
Polizze congelate
Riscatti bloccati temporaneamente fino al 31 marzo per la compagnia assicurativa Eurovita che, per disposizione dell’Ivass, è oggi sotto la guida di un commissario, Alessandro Santoliquido. La compagnia assicurativa è stata commissariata il 31 gennaio scorso, dopo aver tentato si salvarsi tramite la vendita. Eurovita era in crisi da qualche tempo, dopo che l’Ivass aveva trovato il margine di solvibilità sotto il minimo regolamentare.
Debutto nel risparmio
Nuova realtà nel risparmio gestito. Si chiama Ofi Invest Asset Management ed è nata dalla fusione di Ofi AM e Abeille Asset Management. La new entry fa parte del gruppo Ofi Invest che a sua volta fa capo alla società francese Aéma Groupe.






Arca sceglie Bnp Paribas

Bnp Paribas è stata selezionata da Arca Sgr come provider per il servizio di banca depositaria e amministrazione fondi per la gestione di più di 30 miliardi di euro di asset. Il gruppo francese, a seguito dell’accordo siglato, ha attivato i servizi di banca depositaria e di amministrazione dei fondi comuni d’investimento gestiti da Arca Fondi Sgr oltre al servizio di banca depositaria e calcolo del Nav per il fondo pensione aperto Arca Previdenza.
Vanguard, pioggia di fondi
Vanguard punta sul segmento retail e ha completato la procedura per il collocamento anche agli investitori privati della propria gamma di fondi comuni, sia attivi sia passivi. Complessivamente si tratta di 37 prodotti tra azionari e obbligazionari


Quartetto per Moneyfarm
Moneyfarm ha lanciato la prima gamma di quattro portafogli tematici, 100% azionari, che investono nei macrotemi d’investimento della tecnologia e innovazione, demografia e cambiamenti sociali, sostenibilità. Uno dei quattro portafogli sarà “multi-trend”.
Kairos International Sicav
BOND PLUS
La flessibilità si fa resilienza

Flessibilità, elevata diversificazione del portafoglio e una lunga storia di successo sono i punti di forza di KIS BOND PLUS, la soluzione di Kairos che evolve i tradizionali canoni dell’investimento obbligazionario e sfida il contesto di mercato contemporaneo.
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basso Rischio
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Le informazioni complete sui rischi sono disponibili sul Prospetto e sul KID.
Questa è una comunicazione di marketing con finalità promozionali. Si prega di consultare il Prospetto e il documento contenente le informazioni chiave per gli investitori (KID) prima di prendere una decisione finale di investimento, disponibili in lingua italiana sul sito www.kairospartners.com nonché presso la sede legale di Kairos Partners SGR S.p.A. (“Kairos”) e i soggetti collocatori, anche in forma cartacea. Una sintesi dei diritti degli investitori è disponibile in lingua italiana e inglese al link https://www.kairospartners.com/sintesi-dei-diritti-degli-investitori-it-en/. I rendimenti sono rappresentati al netto delle spese a carico del Fondo e al lordo degli oneri fiscali. I rendimenti passati non sono indicativi di quelli futuri. L’investimento riguarda l’acquisizione di azioni del Fondo e non di una determinata attività sottostante che resta di proprietà del Fondo medesimo e implica una componente di rischio, di conseguenza il capitale investito in origine potrebbe non essere recuperato in tutto o in parte. Le oscillazioni dei tassi di cambio possono influenzare il valore dell’investimento e i costi laddove espressi in una valuta diversa da quella di riferimento dell’investitore. Informazioni sulle specificità del Fondo e sugli aspetti generali in tema sostenibilità (ESG) ai sensi del Regolamento (UE) 2019/2088, sono disponibili al link www.kairospartners.com/esg/. In caso di commercializzazione del Fondo in paesi diversi da quello di origine, Kairos ha il diritto di porre fine agli accordi per la commercializzazione in base al processo di ritiro della notifica previsto dalla Direttiva 2009/65/CE.
Le informazioni e le opinioni qui riportate non costituiscono un’offerta al pubblico, né una raccomandazione personalizzata, non hanno natura contrattuale, non sono redatte ai sensi di una disposizione legislativa, non sono sufficienti per prendere una decisione di investimento e non sono dirette a persone residenti negli Stati Uniti o ad altri soggetti residenti in Paesi dove il Fondo non è autorizzato alla commercializzazione. Le informazioni e i dati sono ritenuti corretti, completi e accurati. Tuttavia, Kairos non rilascia alcuna dichiarazione o garanzia, espressa o implicita, sull’accuratezza, completezza o correttezza dei dati e delle informazioni e, laddove questi siano stati elaborati o derivino da terzi, non si assume alcuna responsabilità per l’accuratezza, completezza, correttezza o adeguatezza di tali dati e informazioni, sebbene utilizzi fonti che ritiene affidabili. I dati, le informazioni e le opinioni, se non altrimenti indicato, sono da intendersi aggiornati alla data di redazione, e possono essere soggetti a variazione senza preavviso né successiva comunicazione. Eventuali citazioni, riassunti o riproduzioni di informazioni, dati e opinioni qui fornite da Kairos non devono alterarne il significato originario, non possono essere utilizzati per fini commerciali e devono citare la fonte (Kairos Partners SGR S.p.A.) e il sito web www.kairospartners.com. La citazione, riproduzione e comunque l’utilizzo di dati e informazioni di fonti terze deve avvenire, se consentito, nel pieno rispetto dei diritti dei relativi titolari. (*) Dati dal 30/12/2017 al 30/12/2022, Classe P-EUR. (**) Dati dal 30/12/2012 al 30/12/2022, Classe P-EUR.
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I rendimenti passati non sono indicativi di quelli futuri.
I pilastri del por tafoglio
Aurilia (J.P. Morgan AM): “Abbiamo capacità riconosciute nello stile value
L’Italia resta per noi il mercato più importante nell’Europa continentale”
ndrea Aurilia, 42 anni, toscano di Arezzo e milanese di adozione, dal 1° febbraio è ufficialmente il nuovo country head per l’Italia di J.P. Morgan Asset Management Succede a Lorenzo Alfieri, che ha guidato la società nel nostro Paese per più di dieci anni, entrando nella top ten del risparmio gestito nazionale. L’eredità che Aurilia ha appena raccolto è dunque molto pesante. Ma si può dire che anche lui ha dato il suo bel contributo al raggiungimento di questi traguardi, visto che lavora in J.P. Morgan AM da ben 12 anni e nel suo percorso professionale ha visto tutta la filiera dei mercati: in gioventù è stato infatti nella “sala macchine”, come gestore azionario, e soltanto dopo ha assunto incarichi commerciali. Ora che il timone di comando in Italia spetta a lui, Aurilia racconta ad ASSET CLASS le sfide che si trova davanti.
Dottor Aurilia, cosa significa guidare oggi una importante società di asset management nel nostro Paese, in una fase in cui il risparmio gestito vive profonde trasformazioni?
Per prima cosa, mi faccia fare un doveroso ringraziamento a chi mi ha preceduto come country head. A Lorenzo Alfieri va il merito di aver raggiunto risultati straordinari nel nostro Paese.
Quanto conta l’Italia per una società come J.P. Morgan AM che ha una vasta presenza internazionale?
Quello italiano è il mercato per noi più importante nell’Europa continentale. Ed è un mercato importante per tutto il gruppo J.P. Morgan, non soltanto nell’asset management.
Di sicuro è un mercato che ha dato grandi soddisfazioni, non soltanto a voi ma anche a molti altri gestori. Ora, però, c’è uno scenario ben diverso rispetto al passato: i tassi d’interesse sono saliti e gli italiani, si sa, sono amanti dei bond e della rendita, molto propensi ad acquistare direttamente i Buoni del Tesoro come i Btp con il fai da te. Forse il vento sta cambiando?
Bisogna tornare a una logica di costruzione dell’asset allocation fatta di diverse componenti

Il fatto che gli investitori Italiani per ragioni storiche e culturali siano da sempre degli estimatori dei Btp è molto positivo e un segnale di fiducia nel nostro bellissimo paese. Ciò detto, non bisogna sottovalutare un aspetto. I tassi d’interesse e i rendimenti delle obbligazioni sono aumentati negli ultimi mesi perché oggi c’è un fattore nuovo: l’inflazione, che erode il potere di acquisto dei risparmi. L’aumento dei prezzi viene descritto da molti come un fenomeno transitorio ma noi crediamo invece che sia destinato a rimanere per un periodo di tempo più lungo del previsto. Dunque, occorre cercare fonti di rendimento per il portafoglio, che oggi si trovano in maggiore quantità al di fuori del perimetro dei bond europei, cioè negli Stati Uniti e nei mercati emergenti.
Su quali strategie si concentrerà la vostra offerta nei prossimi mesi? Negli ultimi anni, nell’industria dell’asset management c’è stata indubbiamente una grande attenzione per gli investimenti tematici. Anche noi ne abbiamo sempre apprezzato la loro funzione nel portafoglio ma credo che vadano evidenziati due aspetti. In primo luogo, gli investimenti tematici non sono un’asset class a sé stante, sono piuttosto uno stile di gestione con caratteristiche prevalentemente growth. In una fase di rialzo dei tassi come quella attuale, gli investimenti growth possono soffrire. Ecco allora che si profila all’orizzonte una fase che noi abbiamo definito Back to the Blocks, cioè un ritorno a una logica di costruzione di portafoglio fatta di diversi “mattoncini”, con una significativa componente value, affiancata
eventualmente anche da componenti growth o tematiche, a seconda delle specifiche esigenze della clientela. Questo scenario è per noi un punto di vantaggio, visto che J.P. Morgan Asset Management ha sempre avuto capacità riconosciute nello stile di gestione value, oltre che essere uno dei principali fornitori di “mattoncini” sul mercato.
A proposito di stili di gestione. Siete tradizionalmente asset manager attivi ma siete diventati anche emittenti di Etf. Qual è il significato di questa scelta?
La nostra view da sempre è che non c’è una contrapposizione netta tra i fondi attivi e i prodotti a gestione passiva. Quando siamo entrati nel mercato degli Etf, lo abbiamo fatto non per competere

sui volumi o sul pricing con i grandi player presenti in questo segmento di business. Lo abbiamo fatto per dare forza alla nostra offerta, parlando con i nostri clienti principalmente di strategie per poi muoverci con una logica di wrapper, cioè per individuare l’involucro e il veicolo capace di contenere la soluzione più adatta per il cliente, che si tratti di fondi, Etf, mandati di gestione o altro.
Un po’ in tutto il mondo le case di gestione si trovano ad affrontare una congiuntura delicata: i costi operativi sono in aumento, mentre i margini di profitto sono sotto pressione. Forse l’asset management sta diventando un business molto meno profittevole che in passato?
Questo trend non è certo una novità recente. È ormai da un po’ di anni che il settore dell’asset management si trova ad affrontare sfide impegnative. Ci sono nuovi regolamenti da rispettare, una migrazione verso prodotti legati al tema della sostenibilità, una concorrenza sul mercato che indubbiamente mette sotto pressione i margini. Sono fenomeni che i maggiori player di mercato devono affrontare.
Come?
La risposta non può che essere una. Le società di gestione devono avere dimensioni adeguate che consentano loro di realizzare economie di scala per preservare i margini di profitto. Negli ultimi anni, diversi asset manager internazionali hanno cercato di centrare questo obiettivo attraverso acquisizioni o fusioni. Ma il

risultato è stato spesso deludente perché si sono creati problemi di sovrapposizione dei prodotti e degli organici. Per questo abbiamo scelto sempre di crescere per linee interne, piuttosto che attraverso aggregazioni.
Qual è il vostro organico in Italia?
Abbiamo un team di 30 professionisti con una forte presenza femminile anche in posizioni apicali che ci porta a essere una delle realtà più dinamiche e strutturate tra le società di gestione straniere presenti in Italia, che non hanno una propria rete distributiva. Dopo la Brexit credo che il nostro Paese diventerà sempre più centrale all’interno del gruppo e mi auguro dunque che ciò possa attirare a Milano anche professionalità che in questo momento lavorano all’estero.
Da gestore a timoniere
Il responsabile del reddito fisso diventa ceo di Capital Group
Rinnovamento in vista per i vertici aziendali di Capital Group. Il gestore di fondi americano ha nominato Mike Gitlin, attuale responsabile del reddito fisso, nuovo amministratore delegato. Succede a Tim Armour, che andrà in pensione alla fine dell’anno dopo 40 anni di carriera in Capital Group. Negli otto anni già trascorsi nel gruppo, Gitlin ha aiutato la casa di gestione a diventare uno dei maggiori gestori attivi di reddito fisso a livello globale, con circa 450 miliardi di dollari di attività nel fixed income e 50 anni di esperienza nei mercati del reddito fisso. Inoltre, supervisiona la strategia di business globale e si concentra sulla crescita dell’attività della società per servire un maggior numero di clienti in Europa e in Asia.
Processo di transizione
“È stato un elemento chiave nel servire i clienti di tutto il mondo con i giusti servizi d’investimento attraverso una suite ampliata di veicoli d’investimento”, si legge in un comunicato di Capital Group. La nomina rientra nell’annunciato processo di transizione del consiglio di amministrazione di Capital Group. Armour, attualmente ceo e presidente del consiglio di amministrazione, e Rob
Lovelace, vicepresidente del cda e presidente, si dimetteranno dal cda di Capital Group nell’ottobre di quest’anno. Lovelace rimarrà nell’azienda come portfolio manager. Attualmente è il gestore azionario del New World Fund, nonché co-presidente e chief investment officer del New Perspective Fund. Gitlin diventerà dunque presidente e amministratore delegato di Capital Group e presidente del comitato di gestione. Avvalendosi della sua solida esperienza nei team d’investimento, operativi e dedicati alla gestione dei clienti, collaborerà con gli altri dirigenti per attuare la strategia e i piani di crescita della società. Martin Romo diventerà presidente di Capital Group e chief investment officer. In qualità di cio, Martin si occuperà di garantire che The Capital System, il processo d’investimento di Capital, continui a operare ai massimi livelli. In qualità di presidente di Capital Group, collaborerà con gli altri dirigenti in tutti gli aspetti relativi agli obiettivi strategici, alla cultura aziendale e alla gestione delle risorse umane di Capital Group. Jody Jonsson diventerà vicepresidente di Capital Group e continuerà a essere presidente di Capital Research Management
Va in pensione l’ex numero uno Tim Armour, che ha alle spalle ben quarant’anni di permanenza nella società
Company e presidente del comitato esecutivo della società. Come per Martin e Mike, l’esperienza di Jonsson abbraccia l’intera Capital e contribuirà a sviluppare e guidare l’adempimento e la visione strategica. I nuovi dirigenti collaboreranno con gli altri membri del comitato di gestione di Capital Group per realizzare la strategia a lungo termine dell’azienda. Il comitato di gestione definisce, comunica e attua le strategie di business globali, proteggendo e promuovendo al contempo l’unicità della sua cultura aziendale. I cambiamenti annunciati oggi riflettono un piano di successione nella leadership in atto da molti anni. Armour ha osservato: “In oltre 90 anni di storia, la continuità e la coerenza sono
state un segno distintivo del modo in cui gestiamo i patrimoni per i clienti, e una pianificazione formale della successione è fondamentale per garantire loro risultati d’investimento stabili a lungo termine”.
E ha aggiunto: “Ho iniziato a lavorare in Capital subito dopo l’università, come molti di noi. È stato un privilegio partecipare alla definizione e alla trasmissione di una cultura forte e unica”.
Crescita ponderata
Lovelace, che continuerà a lavorare per Capital Group come gestore di portafoglio, ha dichiarato: “Capital Group è cresciuta in modo ponderato negli anni al fine di garantire che l’attività fosse sana e costruita per il lungo termine.
È con la stessa considerazione e attenzione che Capital ha scelto i suoi prossimi leader. Mike, Martin e Jody sono persone con cui ho lavorato per anni e che ammiro molto”. Capital Group è una società di gestione nata nel 1931 ed è attiva nella gestione di strategie d’investimento multi-asset, investimento azionario e a reddito fisso per diverse tipologie di investitori. Attualmente lavora con intermediari e istituzioni finanziarie e gestisce un patrimonio di circa 2.200 miliardi di dollari (al 31 dicembre 2022) a livello globale. Capital Group dispone di una rete di ricerca integrata composta da oltre 450 professionisti dell’investimento e i suoi gestori di portafoglio hanno in media 27 anni di esperienza.

Cambio in Moneyfarm
Moneyfarm ha annunciato la nomina a presidente di Jayne-Anne Gadhia (nella foto), fondatrice della fintech Snoop ed ex amministratrice delegata di Virgin Money, banca digitale del gruppo Virgin, che ha guidato per dieci anni fino alla quotazione in Borsa nel 2018.

Novità in Mediolanum
Mediolanum International Funds, la piattaforma europea di asset management del gruppo Mediolanum, ha nominato Giorgio Carlino (nella foto) a head of multi management. Lavorerà nel quartier generale di Dublino e riporterà a Christophe Jaubert, chief investment officer.


L’italiano di Candriam
Naïm Abou-Jaoudé, amministratore delegato uscente di Candriam assumerà dal 1° maggio il ruolo di amministratore delegato di New York Life IM. Gli succederà Vincent Hamelink, mentre
l’italiano Renato Guerriero (nella foto) diventerà vice amministratore delegato di Candriam.
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AD USO ESCLUSIVO DEI CLIENTI PROFESSIONALI. Il valore degli investimenti e il reddito da essi generato possono aumentare o diminuire e l’investitore potrebbe non recuperare l’importo investito.
La presente comunicazione di marketing è pubblicata da MSIM Fund Management (Ireland) Limited. MSIM Fund Management (Ireland) Limited è regolamentata dalla Banca centrale d’Irlanda. MSIM Fund Management (Ireland) Limited è costituita in Irlanda come società privata con numero di registrazione 616661 e ha sede legale presso The Observatory, 7-11 Sir John Rogerson’s Quay, Dublin 2, D02 VC42, Irlanda.
Italia: MSIM FMIL (Sede Secondaria di Milano), Palazzo Serbelloni Corso Venezia, 16 20121 Milano, Italia.
Pinto entra in M&G
Joseph Pinto (nella foto) è stato nominato chief executive officer della divisione asset management di M&G. Sarà responsabile delle capacità di investimento e a capo della distribuzione, delle operations e del proposition management nell’ambito dell’asset management.


Ingaggio in UK
Tom Wooders (nella foto) è il nuovo country head del Regno Unito di Allfunds. Guiderà il business in UK, che è un mercato chiave per i fondi in continua crescita per dimensioni e importanza. Wooders riporterà direttamente a Gianluca Renzini, chief commercial officer.
Nuovo ceo per Russell
Russell Investments ha annunciato che Zach Buchwald (nella foto) è stato nominato amministratore delegato e presidente del cda. Con sede nell’headquarter globale di Seattle, Buchwald assumerà il timone a partire dal 1° maggio. Succederà a Michelle Seitz


















Top Stor y big player
Che forza a sud delle Alpi
Circa 5 miliardi di euro di raccolta netta in fondi e gestioni, oltre 194 miliardi di asset under management e una quota di mercato che in un anno è passata dal 9,5% al 10,1% del totale, terzo player assoluto del settore in Italia. Sono questi, segnalati da Assogestioni, i numeri importanti che sintetizzano al meglio il 2022 vissuto in Italia da Amundi Il colosso d’oltralpe dell’asset management è stato capace di vivere con grinta e determinazione i dodici mesi dell’anno appena terminato: se pensiamo che l’industria del risparmio gestito italiano nel suo complesso ha ricevuto apporti netti nel 2022 pari a poco più di 19,7 miliardi di euro, la società francese ha portato a casa oltre il 25% degli afflussi registrati.
Masse resistenti
A questi dati possiamo aggiungere il fatto che all’interno di un periodo così complesso e articolato, tra timori geopolitici, esplosione dell’inflazione e dei costi delle materie prime e mercati finanziari in pieno affanno, Amundi ha visto decrementare il proprio patrimonio in gestione solamente dell’11,9%, contro il 14,2% di discesa delle masse vissuto dall’intero settore.
Ma il buon momento della casa di gestione di Parigi non si ferma al Bel Paese. A livello globale, per il gruppo guidato da Valérie Baudson, l’utile netto rettificato del 2022 è stato pari a 1,2 miliardi di euro: un risultato che, al netto dell’effetto eccezionale dei mercati, è praticamente stabile rispetto al 2021 e che ha permesso alla società di garantire ai propri azionisti un dividendo di 4,1 euro per azione, identico a quello dell’anno precedente.
L’appeal dell’Esg
La gestione degli investimenti ha generato solide performance in un’ampia gamma di classi di attivo, con il 72% dei fondi aperti del gruppo nel primo o secondo quartile della loro categoria Morningstar per le loro performance a un anno, in particolare per le strategie azionarie (globale, Usa, volatilità euro, nei mercati emergenti).
Ottimi risultati a cui fa eco anche la crescente domanda di prodotti e servizi finanziari sostenibili; complessivamente nel 2022 le soluzioni di investimento responsabile hanno registrato afflussi per 9 miliardi di euro, con asset under management pari a 800 miliardi di euro;
Lo scorso anno, nonostante il ciclo negativo dei listini, la società francese ha avuto nel nostro Paese una raccolta netta superiore a 5 miliardi di euro
Il 2022 è stato positivo in Italia per Amundi, cresce la quota di mercato

la gestione attiva ha visto il lancio di quattro nuove classi di fondi “Ambition Net Zero”, comparti che contribuiscono alla transizione verso un’economia a zero emissioni nette, in linea con l’obiettivo dichiarato del piano Esg Ambition 2025 di avviare una gamma “Ambition Net Zero” che possa coprire tutte le principali strategie. Nella gestione passiva, la quota di Etf che riproduce indici Esg è passata dal 22% dell’intera gamma a fine 2021 al 27% a fine 2022, in linea con l’obiettivo di raggiungere il 40% nel 2025. Ma non sono solamente i numeri di bilancio e quelli degli investimenti a rendere il 2022 un anno di successo per Amundi. La società ha continuato a implementare la propria strategia di crescita internazionale, grazie a nuove partnership e ampliando la

propria presenza in mercati internazionali chiave. In particolare nel 2022 si può citare l’accordo in Asia con Endowus, realtà emergente di Singapore che opera nel wealth management digitale, mentre sempre nel corso dello scorso anno la società ha terminato il processo di integrazione di Lyxor, con le prime sinergie che sono state realizzate in anticipo rispetto a quanto previsto, “un terzo delle sinergie nei costi e circa un quarto delle sinergie nei ricavi”, come recita una recente nota del gruppo.
Cambio alla guida
Tornando all’Italia, dopo un anno che, come abbiamo visto, si è mostrato capace di confermare un ruolo di assoluto rilievo nel panorama del gestito del Bel
Paese, il 2023 è cominciato con il gruppo francese che a inizio gennaio ha nominato Gabriele Tavazzani amministratore delegato e direttore generale, mentre l’uscente Cinzia Tagliabue (ceo dal 2017) è restata nel board come presidente. Una delle partite più importanti che Tavazzani dovrà gestire sarà quella dell’accordo commerciale con UniCredit che potrebbe ridisegnare le geografie del risparmio gestito in Italia; l’intesa tra Piazza Gae Aulenti e i francesi, che ha recentemente ceduto al fascino di Azimut, scadrà infatti nel 2027 e il suo rinnovo è in bilico. C’è chi dice che Parigi potrebbe rispondere muovendo su Anima e costruendo un polo attorno a Banco Bpm e Mps. Sempre che da Roma, ca va sans dire, siano d’accordo...










Cura dimagrante per il gestore

Dopo la crescita, le sgr riducono il personale La colpa è di margini e masse in contrazione
BlackRock, in qualità di leader di mercato, è stato il big player che ha attirato la maggiore attenzione dei media. Ma il colosso statunitense fondato da Larry Fink, che ha di recente annunciato l’intenzione di tagliare 500 posti di lavoro, è in buona compagnia. Dopo anni di vacche grasse, nel settore dell’asset management sembra arrivato il momento di tirare la cinghia, con una cura dimagrante degli organici. Colpa del mutamento di scenario che si profila all’orizzonte nel sistema finanziario internazionale.
Ciclo lungo
Per oltre 15 anni, superata la crisi del 2007-2008, le politiche accomodanti delle banche centrali hanno favorito l’espansione del risparmio gestito, attraverso i ripetuti ribassi dei tassi d’interesse che hanno spinto milioni di risparmiatori a investire in fondi.
Ora, però, la musica è cambiata. Un po’ in tutto il mondo le banche centrali hanno iniziato da tempo delle politiche monetarie restrittive, con ripetuti aumenti dei tassi d’interesse che hanno avuto ripercussioni sui mercati finanziari, mettendo sotto pressione sia l’azionario che l’obbligazionario. A questi fattori
già di per sé pesantemente negativi, si è aggiunto il quadro geopolitico assai complesso per la guerra in Ucraina e una erosione dei margini di profitto delle maggiori case di gestione internazionali, determinata a sua volta da altri due fenomeni: la sempre maggiore diffusione dei fondi low cost come gli Etf e le
pressioni regolatorie, cioè l’approvazione di norme stringenti per la trasparenza e la tutela dei risparmiatori, che costringono gli asset manager a spendere molto per le attività di compliance. Far soldi con il risparmio gestito, insomma, sembra diventato più difficile. E così, gli asset manager corrono ai ripari con qualche
sforbiciata al personale, in modo da rendersi più snelli. Per adesso questa tendenza non si è manifestata ancora in Italia ma, a livello globale, pare una prospettiva assai concreta. “Non credo che l’annuncio di BlackRock sarà

LE SOCIETÀ CHE HANNO DECISO DI RIDIMENSIONARE LA LORO STRUTTURA
l’ultimo”, ha detto Kyle Sanders, un analista del broker statunitense Edward Jones che segue il titolo dell’azienda a Wall Street, intervistato a metà gennaio dal sito finanziato Financial News
La sua previsione si è avverata presto perché nelle scorse settimane un altro grande asset manager internazionale ha annunciato un piano di riduzione degli organici. Si tratta di AllianceBernestein che ha deciso tagli al personale per oltre 100 unità nel Nord America e nel Regno Unito. Si tratta ovviamente di una quota marginale rispetto agli oltre 4mila dipendenti della società a livello globale ma, considerando che altri gruppi si sono mossi nella stessa direzione, pare evidente il segno di un’inversione di tendenza. Andando a ritroso nel tempo, si trovano altri casi analoghi. Già nell’ottobre scorso, per esempio, il Financial Times ha raccontato i tagli al personale pianificati
dal gestore britannico Jupiter, con una possibile sforbiciata agli organici fino a 80 unità, nell’ambito dei piani elaborati dal nuovo ceo, Matthew Beesley. Sempre nell’autunno scorso, il Financial Times ha dedicato un ampio servizio anche a Janus Henderson, altro asset manager con solide radici nella City di Londra.
Impatto dei mercati
La società ha infatti deciso tagli al personale per circa 100 unità, su una forza lavoro totale di oltre 2mila persone, nell’ambito degli sforzi per ridurre i costi sotto la guida del ceo Ali Dibadj “Janus Henderson conferma che cercherà di ridurre i costi operativi per riflettere l’impatto dei mercati volatili e per focalizzare l’attenzione sulle future opportunità di crescita dell’azienda”, ha fatto sapere la società illustrando i motivi della sua scelta.
Le spiegazioni delle case di asset management che prendono queste decisioni sono ovviamente certificate anche dagli analisti. “Se i profitti sono sotto pressione, o uno continua a crescere o riduce i costi”, ha dichiarato al Financial Times David McCann di Numis, sottolineando anche che le masse dell’asset management si stanno spostando sui prodotti a gestione passiva, i quali hanno notoriamente commissioni più basse e sono meno remunerativi. Dunque, la cura dimagrante è un passo necessario, benché le sgr assicurino di aver scelto la strada meno dolorosa possibile per i dipendenti. Va detto, però, che questo fenomeno non è limitato all’investment management ma riguarda un po’ tutto il comparto finanziario. È infatti notizia del gennaio scorso la decisione di Goldman Sachs di ridurre
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Le sgr riprendono la corsa
Bilancio positivo nel 2022 per il risparmio gestito. Frenano però i flussi Accelerazione della raccolta a dicembre. Intesa Sanpaolo prima tra i big

2.215
miliardi di euro
Il patrimonio del risparmio gestito a fine 2022
19,7 miliardi di euro
La raccolta del risparmio gestito nel corso del 2022
Sono oltre 19,7 i miliardi di raccolta per il mondo del risparmio gestito in Italia nel 2022. A segnalare questo dato, in discesa di quasi l’80% rispetto ai 91,6 miliardi del 2021, sono gli ultimi numeri comunicati da Assogestioni. Se la discesa appare importante, va detto che nel mese di dicembre la raccolta dell’industria ha subito un vero e proprio sprint, portando a casa oltre 11 miliardi dopo gli appena 268 milioni di novembre. I fondi aperti chiudono l’anno a quota 9,3 miliardi di euro di apporti (nel 2021 erano 64,7), mentre i chiusi hanno ottenuto 6,1 miliardi di raccolta (dato simile a quello del 2021, che era 6,6 miliardi). A livello societario nel mese di dicembre 2022 è tornato a dominare la scena il gruppo Intesa con 3 miliardi di afflussi. Seconda posizione per Allianz con 2,5 miliardi, mentre il terzo gradino del podio è di Poste Italiane, con 1,9 miliardi di apporti. Infine, a influire sulle masse complessive del mercato italiano è stato l’andamento avverso dei mercati. La continua volatilità ha avuto un impatto di mercato pari a -2,5%, secondo le stime dell’Ufficio Studi di Assogestioni.

Fondi pensione in affanno
L’anno nero dei mercati zavorra i rendimenti della previdenza integrativa
Ma, in un orizzonte di dieci anni, la performance resta ampiamente positiva

Anno nero per i fondi pensione. Così è stato il 2022, secondo le rilevazioni della Covip, la commissione che vigila in Italia sulla previdenza complementare. Nel 2022 i fondi e le polizze pensionistiche integrative hanno infatti risentito del calo dei prezzi dei titoli azionari e del rialzo dei tassi di interesse nominali, che a sua volta ha causato il calo delle quotazioni dei titoli obbligazionari. I rendimenti
netti sono pertanto risultati negativi e pari, in media tra tutti i comparti, a -9,8% e a -10,7%, rispettivamente, per i fondi negoziali e fondi aperti; nei Pip (piani individuali pensionistici) di ramo III, invece, i rendimenti sono stati pari a -11,5%. Per le gestioni separate di ramo I, che contabilizzano le attività a costo storico e non a valori di mercato e i cui rendimenti dipendono in larga parte dalle
cedole incassate sui titoli detenuti, il risultato è stato pari all’1,1%. Valutando i rendimenti su orizzonti più propri del risparmio previdenziale, scrive la Covip in un documento pubblicato di recente, “nei dieci anni da inizio 2013 a fine 2022 il rendimento medio annuo composto, al netto dei costi di gestione e della fiscalità, è stato pari al 2,2% per i fondi negoziali, al 2,5% per i fondi aperti, al 2,9% per i Pip di ramo III e al 2% per le gestioni di ramo I; nello stesso periodo, la rivalutazione del Tfr è risultata pari al 2,4% annuo”.
Nove milioni di iscritti
“Osservando la distribuzione dei risultati dei singoli comparti tra le diverse tipologie di forma pensionistica e le diverse linee di investimento, i comparti caratterizzati da una maggiore esposizione azionaria mostrano rendimenti più elevati rispetto agli altri e al Tfr. Essi mostrano anche una maggiore dispersione dei risultati rispetto alle altre tipologie di comparto per i fondi aperti e per i Pip di ramo III, ma non per i fondi negoziali”. Alla fine del 2022, continua la Covip nel suo documento, “le posizioni in essere presso le forme pensionistiche complementari sono 10,3 milioni, in crescita di 564mila unità (+5,8%) rispetto alla fine del 2021. A tali posizioni, che includono anche quelle di coloro che aderiscono contemporaneamente a più forme, corrisponde un totale degli iscritti di 9,2 milioni (+5,4%). Nei fondi negoziali si registrano 349mila posizioni in più rispetto alla fine dell’anno precedente (+10,1%), per un totale di 3,806 milioni.
L’incremento continua a dipendere principalmente dall’apporto delle adesioni contrattuali (circa 200mila), ossia quelle basate sui contratti collettivi in essere che prevedono l’iscrizione automatica dei nuovi assunti dei settori di riferimento e il versamento di un contributo minimo a carico del datore di lavoro; quest’anno ha contribuito alla crescita delle posizioni in essere l’attivazione dell’adesione anche attraverso il meccanismo del silenzioassenso per i neo-assunti del pubblico impiego (circa 80mila). Nelle forme pensionistiche di mercato, si rilevano 106mila posizioni in più nei fondi aperti (+6,1%) e 84mila posizioni in più nei Pip “nuovi” (+2,3%); alla fine di dicembre, il totale delle posizioni in essere in tali forme è pari, rispettivamente, a 1,8 milioni e 3,7 milioni di unità”. La Covip ha comunicato
anche che “le risorse destinate alle prestazioni sono, a fine dicembre 2022, pari a 205 miliardi di euro; per effetto delle perdite in conto capitale determinate dall’andamento dei mercati finanziari, le risorse sono diminuite di circa 7,7 miliardi rispetto a dicembre del 2021.
Raccolta senza freni
“Nei fondi negoziali, l’attivo netto è di 61 miliardi di euro; esso ammonta a 28 miliardi nei fondi aperti e a 45 miliardi nei Pip “nuovi”. Nel corso del 2022 i contributi incassati da fondi negoziali, fondi aperti e Pip sono stati pari a 13,9 miliardi di euro (+4,2% rispetto al 2021). L’incremento si riscontra in tutte le forme pensionistiche, variando dal 4,5%per i fondi negoziali, al 7,8% per i fondi aperti, al 2% per i Pip”.
RENDIMENTI FONDI PENSIONE APERTI
Arriva l’Eltif 2.0
Novità per i fondi alternativi europei
Meno vincoli per favorirne la crescita
Nuova vita per gli Eltif una tipologia di fondi d’investimento, nata in Europa per incoraggiare gli investimenti dei risparmiatori (in primis quelli con un portafoglio di una certa consistenza) nelle piccole e medie imprese del Vecchio Continente, anche quelle non quotate in borsa. Dopo una lunga fase di rodaggio, non si può dire che questa tipologia di fondi abbia avuto uno sviluppo impetuoso.

POCHI PRODOTTI
Più nel dettaglio, nel dicembre 2022 solo 81 Eltif sono stati registrati nell’intero dello spazio economico europeo (45 in Lussemburgo, 21 in Francia, 13 in Italia e due in Spagna), con asset in gestione totali a una cifra, in termini di miliardi di euro. Proprio per dare una spinta sviluppo degli Eltif, nei mesi scorsi è stato approvato a livello europeo un nuovo regolamento che dovrebbe favorire il loro sviluppo e la loro diffusione
anche tra gli investitori privati e non soltanto tra gli istituzionali. Il nuovo regolamento riveduto proposto distinguerà tra gli Eltif per gli investitori professionali e gli Eltif commercializzati per il retail.
MINORI RESTRIZIONI
I primi saranno soggetti a minori restrizioni. ll perimetro degli investimenti è stato ampliato, così come le soglie di accesso e sono state anche attenuate le norme sui prestiti. Aggiornate anche le regole di commercializzazione e distribuzione.
Il regolamento Eltif originario prevedeva una valutazione complessa di adeguatezza degli investitori al dettaglio (un investimento minimo di 10mila euro ma non superiore al 10% del portafoglio). Il regolamento 2.0 ha rimosso questi requisiti e la valutazione dell’idoneità è stata semplificata per tenere conto degli sviluppi della direttiva Mifid 2
ELTIF
European Long Term Investment Fund
È una tipologia di fondi d’investimento nata in Europa per incoraggiare gli investimenti dei risparmiatori nelle piccole e medie imprese

Ecco dove si giocherà la partita dei mercati
Per Plenisfer Investments, inflazione e geopolitica in primo piano
ennaio è stato, come sempre, il mese degli outlook. Non per tutti però.
Plenisfer Investments Sgr ha lanciato una provocazione: quante delle previsioni puntuali del passato hanno trovato conferma nei numeri? La sgr, che opera nell’ambito dell’ecosistema di Generali Investments, ha presentato un “antioutlook” concentrandosi nella definizione dei possibili “campi di gioco” in cui si svolgerà la partita dei mercati del 2023 e identificando le possibili ripercussioni per gli investitori. Ne abbiamo parlato con il fondatore e ceo della sgr, Giordano Lombardo
Dottor Lombardo, quali sono le vostre aspettative per il 2023?
Pensiamo che la partita per i mercati si giocherà ancora su due campi: la lotta all’inflazione e la geopolitica. Su questo secondo fronte, la nostra ipotesi di base è che il quadro geopolitico rimanga instabile perché i principali conflitti sono strutturali e di non facile risoluzione in un periodo di debolezza ciclica dell’economia mondiale. Questo, a nostro avviso, implica che la volatilità sugli asset rischiosi rimarrà
elevata. Quanto alle politiche monetarie, le nostre attese sono diverse da quelle di consensus: il mercato pensa che la Fed potrebbe riabbassare i tassi già nella seconda metà di quest’anno e che si potrà tornare a una situazione di stabilità dei prezzi, tassi di interesse bassi e crescita moderata. Noi non ne siamo affatto convinti.
Perché?
Nonostante i rialzi dei tassi dello scorso anno, i tassi reali misurati con l’inflazione effettiva sono ancora negativi, sia in Europa che negli Usa e pensiamo resteranno tali. Le banche centrali proseguiranno nella lotta all’inflazione, ma senza alzare i tassi fino a dove servirebbe. Non potranno farlo, perché dovranno lasciare che sia l’inflazione a fare il lavoro “sporco” di riduzione in termini reali del costo del debito che ha già raggiunto livelli critici in molti paesi, per esempio il 20% in Francia o il 15% negli Usa. Nel nostro scenario di base, il new normal, sarà quindi la repressione finanziaria.

Quali ripercussioni per gli investitori?
Dovremo imparare a convivere con un’inflazione più alta di quella sperimentata negli ultimi 20 anni, e con un livello di tassi di interesse insufficiente a preservare il valore reale della moneta e dei risparmi. Un bel cambio di paradigma per chi investe.
Quali saranno di conseguenza le implicazioni sulle strategie d’investimento?
Una delle nostre tesi di fondo, fin dal lancio di Plenisfer, è che il modello di diversificazione tradizionale del portafoglio 60/40, basato sui due pilastri azioni-obbligazioni, sia in crisi. È stato evidente lo scorso anno, quando entrambe le asset class hanno perso oltre il 10%. Questo non vuol dire che un portafoglio bilanciato non possa registrare nuovamente performance positive in singoli anni, anche nel 2023. In campo obbligazionario, è stata nel frattempo ristabilita una combinazione più accettabile di rischio/rendimento, anche
se gli spread delle obbligazioni corporate non scontano ancora i livelli raggiunti in passato in periodi di recessione. In campo azionario, permangono aree di sopravvalutazione che sono state corrette solo parzialmente, come per i Big Tech Usa, ma in alcuni casi come Europa, Giappone, e mercati emergenti, le valutazioni appaiono più ragionevoli.
Ma in un contesto come quello che ci aspettiamo, saranno da evitare i mercati dei bond governativi di quei paesi intenti ad attuare la repressione finanziaria, ossia i maggiori paesi sviluppati, mentre l’instabilità geopolitica, renderà gli asset più rischiosi, come le azioni, più esposti all’aumento della volatilità di mercato. il modello 60/40 sarà quindi più che mai inadeguato.
Che fare, dunque?
Andrebbe messo in discussione il tradizionale processo d’investimento in due step: asset allocation e stock picking, proprio per la difficoltà delle singole asset class di svolgere la loro funzione come in passato.
Occorre, a nostro avviso, un nuovo metodo, che fin dall’avvio di Plenisfer abbiamo individuato nella “decostruzione” delle asset class tradizionali per “ricostruirle” in strategie non correlate tra loro, utilizzate in funzione dell’obiettivo di rischio/rendimento.
Nel vostro scenario di repressione finanziaria, come proteggere il valore, in termini reali, del portafoglio?
Attraverso l’esposizione a materie prime e i metalli, sia industriali che preziosi. Si dovrà inoltre tenere presente che la liquidità diventa un asset strategico in periodi di volatilità, mentre andrebbe riconsiderato in modo strutturale l’esposizione ad asset privati, sia per la presenza di una forte componente di leva finanziaria nella passata generazione di rendimenti (oggi messi a rischio dall’aumento dei tassi di interesse), sia perché in una fase di repressione finanziaria e di volatilità endemica il valore strategico degli asset liquidabili aumenta strutturalmente.
In futuro dovremo imparare a convivere con un aumento dei prezzi più elevato di quello che abbiamo sperimentato negli ultimi 20 anni e con un livello di tassi di interesse insufficiente a preservare il valore reale della moneta e dei risparmi. Un bel cambio di paradigma per chi investe


QUANTO VALORE TRA AZIONI E BOND
L’outlook 2023 di Eurizon sui mercati finanziari
Prezzi più convenienti, ma occorre diversificare


Opportunità tra le azioni e tra le obbligazioni governative di alcuni paesi. A intravederle nel loro ultimo outlook sui mercati sono gli esperti di Eurizon, che hanno delineato uno scenario su cui emergono posizioni potenzialmente favorevoli sulle diverse asset class, caratterizzato principalmente da attese di rientro dell’inflazione e contemporaneo rallentamento economico. L’approccio con cui affrontare i mercati nei prossimi mesi è costruttivo, ma la diversificazione è ancora una volta la parola chiave, a ribadirlo è prima di tutto l’amministratore delegato di Eurizon, Saverio Perissinotto: “Un portafoglio ben diversificato permette di ottimizzare i risultati, perché nella ricerca di rendimenti bisogna essere disposti a esporsi anche sulle attività più volatili in un’ottica di lungo periodo, tenendo sempre presente che il tempo è il primo alleato dell’investitore”.

Scenario e insidie
Andrea Conti, responsabile macro research ha inquadrato lo scenario di riferimento e le insidie che possono emergere, evidenziando che, “l’importante per il nuovo anno è potersi dimenticare del carrello della spesa, ovvero archiviare la fiammata inflazionistica, a quel punto l’attenzione sarà sul rallentamento economico che con ogni probabilità sarà dolce (soft landing), ma se dovesse risultare troppo pronunciato (hard landing) le banche centrali potranno contenerlo allentando la politica monetaria”. Sulla base di questo scenario il direttore investimenti, Alessandro Solina, ha evidenziato come sia importante che

proseguano i segnali di rallentamento dell’inflazione che stanno emergendo negli Usa e che iniziano a vedersi anche in Europa: “I mercati si muovono sulle aspettative e veniamo da un 2022 caratterizzato da una prevedibilità disordinata. Per il 2023 l’allentamento dell’inflazione e il rallentamento macro rappresentano un contesto più favorevole per i mercati, in prima battuta per quelli obbligazionari”.
Rientro del carovita
Ecco cosa scrivono nel loro outlook gli esperti dei Eurizon: “Il 2023 si presenta come un anno di rientro dell’inflazione e di contemporaneo rallentamento economico. Nello scenario di riferimento le banche centrali dovrebbero completare l’azione restrittiva nel primo trimestre e avere poi le mani libere, eventualmente tagliando i tassi, per contenere la frenata della crescita. In tale contesto, i tassi governativi core offrono rendimenti a scadenza positivi e sarebbero supportati dalla moderazione dell’inflazione e della crescita. I mercati a spread presentano tassi interessanti, ma le componenti più rischiose potrebbero risultare volatili a inizio anno, in attesa di valutare l’entità del rallentamento ciclico. Considerazioni simili valgono per i mercati azionari, il cui rendimento atteso è positivo sull’anno, in un contesto volatile. Due gli scenari di rischio da monitorare. Un rallentamento macro più forte del previsto prolungherebbe la volatilità delle attività di rischio, ma sosterrebbe i mercati obbligazionari core. Al contrario, la persistenza oltre le attese dell’inflazione,
indurrebbe Fed e Bce a prolungare la restrizione monetaria oltre i livelli previsti nello scenario centrale. La Cina potrebbe risultare in controtendenza macro. Mentre vi è ampio consenso che in Usa ed Eurozona la crescita rallenterà, la Cina ha già segnato un forte rallentamento nel 2022 e potrebbe recuperare un tasso di crescita più vicino agli obiettivi di medio termine. Lo scenario di riferimento prevede il progressivo allentamento dell’inflazione e il coincidente rallentamento macro. Le Banche Centrali sono previste rallentare la restrizione monetaria per terminare i rialzi nei primi mesi del 2023. In tale contesto i tassi a media e lunga scadenza dovrebbero stabilizzarsi, se non ridiscendere. Il rientro del pessimismo può supportare”.
Asset class a confronto Saldo decisamente negativo per i mercati finanziari nel 2022 con tassi obbligazionari in rialzo, spread in allargamento e Borse in calo. In controtendenza, tra le attività finanziarie principali, le materie prime energetiche e i titoli del settore. In rafforzamento il dollaro. Il 2022 si è chiuso con segnali di inversione per tassi, Borse e dollaro grazie a indicazioni di allentamento delle pressioni inflazionistiche. Segnali che sono proseguiti in avvio di 2023, con i mercati finanziari che hanno evidenziato un andamento generalmente positivo nelle prime sedute dell’anno, sia per la componente obbligazionaria sia per i principali listini azionari.

g 2023
MENO INFLAZIONE, MENO CRESCITA, PIÙ STABILITÀ
g Dopo un 2022 segnato dall’inflazione e, soprattutto, dalla battaglia delle banche centrali per contrastarla, la prima domanda da porsi in ottica 2023 è: ci si può fidare dei segnali di rientro dell’inflazione registrati in Usa negli ultimi tre mesi? La risposta che appare più corretta è: sì ci si può fidare.
g La fiammata di inflazione ha avuto tre motori e tutti stanno perdendo forza.
g I colli di bottiglia alle catene produttive e distributive che si erano creati con le riaperture post Covid si stanno riassorbendo; ne sono una evidenza i costi dei trasporti internazionali tornati vicini ai livelli del 2019.
g Il rincaro delle materie prime alimentato dalla ripartenza dell’economia e, poi, dalla guerra in Ucraina è in larga parte rientrato. I metalli industriali hanno segnato i massimi a marzo, il petrolio a giugno, il gas naturale a settembre.

g Infine sta rallentando l’effetto automoltiplicativo dell’inflazione (il fenomeno per cui i settori che hanno subito incrementi di costi li scaricano sui settori a valle e infine sul cliente finale). Questo elemento sarà oggetto di monitoraggio nei primi mesi dell’anno, soprattutto da parte delle Banche Centrali, ma si può affermare con ragionevole fiducia che il processo di disinflazione sia iniziato.
g Nello scenario di riferimento le banche centrali completeranno l’azione restrittiva nei primi mesi del nuovo anno.
g Già a dicembre la Federal Reserve e la Banca centrale europea hanno rallentato il ritmo della restrizione a 50 punti base dopo alcune mosse da 75 punti base. Le dichiarazioni verbali rimangono improntate alla severità, perché i banchieri centrali vogliono avere conferme sul rientro dell’inflazione.

g Allo stato attuale i futures sui Fed Fund prezzano due rialzi da 25 punti base ciascuno, in febbraio e marzo. A quel punto il tasso sui Fed Funds sarebbe al 5%, per un rialzo totale di 475 punti base in poco più di un anno.
g Per la Banca centrale europea il livello di arrivo del tasso di riferimento è previsto al 3,3%, 75 punti base sopra il livello attuale e sarebbe raggiunto in primavera, per un rialzo totale di oltre 300 punti base in nove mesi.
g Dalla primavera, la Federal Reserve e la Banca centrale europea manterrebbero i tassi fermi, valutando la tenuta della crescita economica. Secondo i futures la Fed taglierebbe i tassi a partire dall’autunno per contenere il rallentamento macro.

g Il principale scenario di rischio per il 2023 è un eventuale proseguimento della restrizione monetaria oltre i livelli previsti nello scenario centrale. Si realizzerebbe nel caso di un calo dell’inflazione meno rapido del previsto. È un’ipotesi a bassa probabilità, perché l’allentamento delle pressioni inflazionistiche appare evidente, ma va monitorata con attenzione.
g Nello scenario di riferimento, in cui la restrizione monetaria si ferma nel primo trimestre, l’evoluzione del ciclo economico globale potrà assumere la forma del rallentamento dolce (o mini recessione). Gli Stati Uniti e l’Eurozona registrerebbero crescita nulla, o leggermente negativa, nella prima metà dell’anno, per poi stabilizzarsi su una velocità di crociera sostenibile, uscendo finalmente dalla turbolenta fase di ripartenza post Covid.
g Nel dettaglio le stime di consenso per il 2023 prevedono la crescita degli Stati Uniti allo 0,4%. Per l’Eurozona la crescita 2023 è prevista allo 0,0%.
che non sembrano richiedere gli aggiustamenti tipici che avvengono nelle recessioni vere e proprie.
g Una brusca frenata dell’economia è comunque un’eventualità da monitorare e avrebbe, come probabile ammortizzatore, un atteggiamento di politica monetaria nuovamente accomodante prima del previsto.
g Tra i temi specificamente europei va notato che il ciclo economico e inflattivo in Eurozona segue quello Usa con qualche mese di ritardo.

g Questo può mantenere la Bce più aggressiva della Fed un po’ più a lungo, frenando eventualmente il recupero delle borse europee, più rapido delle altre mostrato negli ultimi due mesi, e rafforzando l’euro.
g Con il rientro dell’inflazione, aumenterà l’attenzione sulla tenuta della crescita economica dopo la forte restrizione monetaria del 2022. continua a pag.
g Non può essere esclusa, come scenario di rischio, una frenata più brusca rispetto alle previsioni, anche se famiglie e imprese affrontano il rallentamento con bilanci in salute
g In Europa si continuerà a seguire la diversificazione delle fonti di energia e la riduzione dalla dipendenza russa, oltre che l’evoluzione del conflitto in Ucraina la cui fine non è al momento ipotizzata, mentre invece potrebbe essere considerata tra gli scenari di rischio positivi.
g Tra le altre aree geografiche l’Asia, e la Cina in particolare, potrebbero risultare in controtendenza in termini macro.
g Mentre vi è ampio consenso che Usa ed Eurozona rallenteranno nel 2023, la Cina ha già segnato un forte rallentamento nel 2022, a causa delle persistenti restrizioni anti Covid.

g D’altro lato la Cina non ha registrato la fiammata inflazionistica e non ha ristretto la politica monetaria, anzi ultimamente la sta allentando.
g Il riprezzamento dei tassi di interesse monetari e obbligazionari è stato il grande tema dei mercati finanziari nel 2022. I tassi governativi degli Stati Uniti sono saliti di circa 2,5 punti percentuali sulla scadenza 10 anni e di quasi 4 punti percentuali sui 2 anni. 240 e 300 i punti base di rialzo per la curva tedesca sui 10 e sui 2 anni.
g Agli attuali livelli, i tassi a scadenza sulle parti brevi, prossime al 5% in Usa e sopra il 3% in Eurozona, già scontano il punto di arrivo dei tassi Federal Reserve e la Banca centrale europea e offrono una interessante remunerazione cedolare

g Nello scenario centrale, inoltre, i mercati obbligazionari core sarebbero supportati, in termini di movimento direzionale, dalla discesa dell’inflazione e dal rallentamento macro.
g Inoltre, a fronte di un rallentamento più marcato del previsto, scenario di hard landing, la ridiscesa dei tassi obbligazionari core potrebbe essere piuttosto pronunciata. Al contrario, nello scenario di rischio alternativo (inflazione più persistente del previsto) i titoli governativi potrebbero restare sotto pressione, ma le parti brevi sono protette da cedole in grado di compensare le perdite sul capitale, mentre le parti lunghe potrebbero vedere le curve aumentare l’inclinazione negativa.
g Il posizionamento sulla duration governativa Usa ed Euro è di sovrappeso.
g In un contesto di tassi core in stabilizzazione, o in graduale ridiscesa, le prospettive di rendimento assoluto per le obbligazioni a spread appaiono buone.
g Non si è verificata la tempesta perfetta sullo spread italiano che molti temevano a cavallo delle elezioni. I titoli governativi della periferia appaiono quindi interessanti come rendimento a scadenza, ma lo spread non è tale da meritare un sovrappeso.
g Non si può escludere che nella prima parte dell’anno gli spread degli high yield mostrino volatilità, in attesa di valutare l’entità del rallentamento economico.

g A rischio volatilità, ma complessivamente più interessanti degli high yield appaiono le obbligazioni dei Paesi emergenti in valuta forte che presentano rendimenti a scadenza e spread elevati e che potrebbero trarre beneficio dalla probabile fine del rialzo dei tassi Usa e dalla stabilizzazione del dollaro.
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g Per il 2023 le azioni dovrebbero trovare supporto nella fine della restrizione monetaria e in valutazioni assolute rientrate in linea (Usa) o sotto (Eurozona ed emergenti) le medie storiche. Interessante anche il premio al rischio offerto dalla remunerazione degli utili aziendali rispetto ai tassi obbligazionari.
g Le stime di consenso prevedono utili praticamente fermi su base annua per l’indice S&P500 e per l’Eurostoxx.
g Il recupero delle Borse, che si è innescato da fine ottobre, potrebbe proseguire nell’immediato, mentre gli investitori registrano il calo dell’inflazione. È però possibile che la volatilità sui mercati azionari resti relativamente elevata nel primo semestre dell’anno, nell’incertezza tra soft e hard landing.

g Il Giappone, potrebbe essere frenato da un’agenda restrittiva della Bank of Japan. L’Eurozona presenta valutazioni più attraenti degli Usa e il recupero dai minimi di ottobre è stato più rapido rispetto alle altre aree. L’atteggiamento ancora severo della Bce però potrebbe frenare il recupero prima di segnali più chiari di inversione dell’inflazione in Ue. Le borse emergenti sarebbero tra i principali beneficiari della fine del rialzo dei tassi Usa.
g Lo scenario centrale (rientro dell’inflazione e rallentamento dolce dell’economia) propende per un dollaro più debole, proprio per il venire meno della ricerca di attività rifugio. Il dollaro potrebbe indebolirsi anche nello scenario di hard landing perché, in quel caso, la Fed sarebbe con ogni probabilità la più veloce ad abbassare i tassi di interesse.

I corporate bond vanno a tutto gas
Cedole più alte, inflazione e azionario volatile Perché piacciono le obbligazioni societarie
Puntare sull’obbligazionario sembra essere mantra della maggior parte dei gestori per quest’inizio d’anno caratterizzato da mercati euforici (anche sul fronte azionario) in scia alle manovre e alle parole delle banche centrali e a un contesto macroeconomico in piena evoluzione nonostante lo spettro di recessione ormai tra le più previste di tutti i tempi e un’inflazione che seppur in calo si dimostra alquanto restia a tornare in tempi brevi entro parametri scritti sui desiderata degli istituti centrali. In questo scenario, molte case d’investimento preferiscono le emissioni societarie, ovvero i corporate bond ai titoli governativi. E a rispondere a questa domanda l’offerta non è mancata con un vero e proprio boom di collocamenti da parte sia dei big player che di quelli di taglia mediopiccola a livello globale. In Italia, per esempio, il vero protagonista del mercato è stato il bond Eni, almeno da inizio 2023, con un record storico degli ordini che hanno superato i dieci miliardi di euro. Cedola confermata al 4.3%, il tasso salirà al 4.39% nel caso

si verificasse l’evento di step-up, cioè nel caso in cui anche solo uno dei due obiettivi di sostenibilità ambientale indicati nel prospetto non saranno stati raggiunti. La richiesta è stata tale che la compagnia petrolifera ha raddoppiato a due miliardi di euro il controvalore dell’emissione. Ma per diversificare nel corso del tempo e geograficamente il portafoglio, come noto, meglio e più semplice puntare sui fondi comuni. In quest’ottica, ecco la view di alcuni tra i più importanti gestori per i prossimi mesi su questa asset class.
Fino all’8%
“Per le obbligazioni corporate i rendimenti previsionali a un anno sono statisticamente previsti a cifre singole elevate (fino all’8%) poiché gli attuali rendimenti correnti sono alti e non sono stati mai così attraenti da un bel po’ di tempo. Gli spread creditizi compensano inoltre ampiamente i rischi di insolvenza, sulla base di un’ipotesi tipica di recupero del 40%”. A farlo notare è Mondher Bettaieb-Loriot, head of corporate bonds di Vontobel, che poi spiega come, “cinque, nel dettaglio, sono comunque le ragioni per puntare sui bond corporate investment grade europei: gli aumenti dei tassi limitati quest’anno che dovrebbero portare a una volatilità più contenuta e a un aumentato della stabilità degli spread creditizi; l’inflazione che resterà una problematica cruciale; i fondamentali di alcune aziende in uno scenario recessivo; l’offerta limitata di bond; gli spread in miglioramento”. Gli fa eco Matteo Ramenghi, chief investment officer Ubs WM Italy, che afferma: “Nel campo

obbligazionario preferiamo i titoli di buona qualità, soprattutto i corporate bond investment grade. L’inasprimento degli standard di prestito e il rallentamento della crescita suggeriscono un rischio di default più elevato e, di conseguenza, riteniamo che il segmento high yield sia più vulnerabile. In questo contesto continuiamo a preferire le emissioni di aziende value, cioè società che producono buoni flussi di cassa e con valutazioni contenute. Inoltre, siamo positivi su settori come la farmaceutica, i beni di prima necessità e l’energia”. “A livello di singole aree geografiche l’attesa è, per il momento, di un soft landing negli Usa e di qualcosa molto più vicino a un hard landing in Europa. Perciò non prevediamo una posizione aggressiva da parte della Bce nei prossimi mesi. In questo scenario, riteniamo che esistano interessanti opportunità d’investimento nel mercato obbligazionario, soprattutto nel segmento

Tra le ragioni che spingono a puntare sulle emissioni societarie c’è anche il perdurare dell’inflazioneVontobel Mondher Bettaieb-Loriot
corporate-investment grade”, sostiene Antonio Tognoli, responsabile macro analisi e comunicazione di Cfo Sim, “dove il profilo rischio/rendimento è di nuovo favorevole e gli spread creditizi sono superiori alla media di lungo periodo. Riteniamo che siano ancora di privilegiare le scadenze brevi su emittenti di qualità”.

Ripresa degli ibridi
“Il mercato europeo delle obbligazioni societarie ibride dovrebbe tornare a crescere nel 2023, trainato dal rifinanziamento, dopo il drammatico crollo dello scorso anno, quando l’aumento dei tassi di interesse e il peggioramento delle prospettive economiche hanno dissuaso le aziende dall’attingere al mercato”, affermano da Scope Ratings, che aggiungono, “la componente azionaria parziale delle obbligazioni ibride garantisce che rimangano un modo interessante per raccogliere fondi senza

compromettere le metriche del credito e innescare declassamenti del rating del credito. Le obbligazioni ibride rimarranno anche un’opzione per le società che cercano di finanziare grandi acquisizioni”. E i bond dei mercati emergenti? In merito Christopher Mey, head of emerging market corporate credit di Candriam evidenza come, “le società dei mercati emergenti entrano nel 2023 con bilanci solidi e sono ben posizionate rispetto alle loro omologhe dei mercati sviluppati. La leva finanziaria netta delle società dei mercati emergenti negli ultimi 12 mesi si è attestata a 1,5x, significativamente al di sotto delle controparti statunitensi, con un livello medio stimato di 2,5x. Sulle obbligazioni corporate dei mercati emergenti ci aspettiamo comunque che la volatilità resti elevata. Tuttavia, ora abbiamo una view più costruttiva, basata su valutazioni assolute interessanti, su fondamentali solidi e su un quadro tecnico che si prospetta favorevole per i prossimi 12 mesi. Prevediamo un rendimento lordo totale del 10-15% per il 2023, favorito da un carry storicamente elevato (7,6%) e da una contrazione degli spread fino a 100 punti base rispetto ai livelli attuali. Ci aspettiamo un tasso di default reale del 4% sulle obbligazioni corporate degli emergenti una e un rendimento netto del 7,5%-12,5%”.
Di opinione analoga Kathy Collins, investment director, emerging market debt di abrdn: “Alcuni importanti fattori di bilanciamento ci inducono a ritenere che il rapporto rischio/rendimento sia ora interessante per il debito corporate dei mercati emergenti”.
Preferiamo i titoli di qualità, in primis gli investment grade La crescita più lenta fa salire il rischio di default societariUbs GWM Italy Matteo Ramenghi
Il Fintech è tricolore

La tecno-finanza in Italia ha vissuto una forte crescita
Un report di EY ne analizza le dinamiche e l’evoluzione
egli ultimi anni il settore Fintech in Italia ha vissuto un momento di forte crescita. Il panorama attuale vede diverse aziende e startup che stanno costantemente cercando di rivoluzionare il modo in cui le persone gestiscono i propri patrimoni e si rapportano al mondo dei servizi finanziari; attraverso tecnologie come l’intelligenza artificiale, la Blockchain e l’analisi dei dati si punta a proporre un’offerta sempre più conveniente, trasparente e accessibile ai consumatori.

Panorama in evoluzione
Su questo mercato si è concentrata seconda edizione del report Fintech Waves, realizzato da EY in collaborazione con il Fintech District, per analizzare l’evoluzione del panorama Fintech in Italia attraverso le interviste a più di cento operatori del settore. Il campione restituisce un quadro variegato e rappresentativo del panorama italiano, che abbraccia un ampio cluster tra cui: lending, neobanks, payments, crypto & DeFi, crowdfuding e techfin. Entrando nel dettaglio della survey è emerso che il settore dei pagamenti è quello che ha raccolto più fondi, in linea con la grande crescita ottenuta dai primi due unicorni Fintech italiani, Satispay e Scalapay, seguito dalle neobank (aziende tecnologiche che forniscono servizi bancari di nuova generazione). In tema di stadio di sviluppo, le Fintech in fase Early Stage si sono ridotte del
Il settore dei pagamenti è quello che ha raccolto più fondi, come dimostrano le valutazioni miliardarie di Satispay e Scalapay
25%, mentre sono aumentate quelle in fase Early Growth (37%), testimoniando una sostanziale crescita ed evoluzione dell’ecosistema italiano verso situazioni più mature. Per quanto invece attiene al fatturato annuo, dall’analisi emerge che il 24% delle Fintech intervistate (contro il 9% del 2020) ha un fatturato superiore ai 5 milioni di euro e che da sole rappresentano il 97% dei fondi raccolti. Allo stesso tempo sono diminuite dal 62% al 41% le Fintech che fatturano meno di 500 mila euro l’anno. Quasi la metà (44%) delle Fintech intervistate mostra una valutazione post-money superiore ai 10 milioni di euro.
Fonti di finanziamento
Riguardo alle fonti di finanziamento, più del 17% degli intervistati (quasi il doppio rispetto al 2020) ha affermato di fare affidamento principalmente su fondi di venture capital internazionali, il cui ruolo si è consolidato a riprova del crescente interesse degli operatori internazionali per il mercato Fintech italiano. Anche il minore affidamento sulle risorse finanziarie personali, passato dal 24% al 15%, testimonia una maggiore maturazione del settore, che cerca un funding strutturato per una crescita solida e una maggiore competitività. Riguardo ai prossimi round di investimento, il 32% delle startup Fintech guarda con interesse agli operatori internazionali di venture capital, per un desiderio sia di espansione internazionale sia di crescita
37%
del business. È interessante notare che, sebbene M&A e ipo siano le exit strategy preferite rispettivamente dall’45% e dal 32% degli intervistati, in Italia si sono verificate poche operazioni di questo tipo. Si evince dunque che molti attori non hanno una visione chiara della strategia futura; infatti, il 7% del campione (era l’1% nel 2020), anche alla luce dell’attuale scenario macroeconomico, dichiara di non avere alcuna exit strategy.
24 %
Il capitale umano è l’asset principale che gli investitori valutano quando considerano una nuova opportunità. Dalla ricerca realizzata emerge che il numero medio di dipendenti per startup è 55, ma il 43% è formato da team che vanno da 1 a 10 persone, mentre solo il 12% conta da 100 a 800 dipendenti. Nell’86% dei casi, i team sono composti per oltre il 50% da uomini. Tuttavia, quasi la metà del campione (46%) mostra un

41%
discreto livello di diversità di genere, con una percentuale di donne compresa tra il 30% e il 50%. La fascia d’età media dei membri del team è 27-32 (53%), seguita dalla fascia 32-40 (36%), il che conferma il dato della prima edizione sulla composizione giovane delle Fintech italiane. Business e IT si confermano i percorsi accademici più comuni per i team delle Fintech italiane, mentre i background umanistici rappresentano
44%
solo il 6% dei team. Il 97% delle Fintech prevede di assumere nuovi talenti nei prossimi 12-24 mesi. I profili più richiesti rientrano nelle categorie sviluppo software/app (68%) e sviluppo business (42%). Il 61% delle Fintech italiane ritiene che il mercato sia carente di talenti con competenze specifiche: gli sviluppatori di software/app (55%) risultano essere i più difficili da trovare, seguiti da esperti di machine learning e analisti di dati
(38% e 31%). Spostandoci sull’attività di compliance, questa riveste un ruolo cruciale per chi vuole operare e crescere nel settore dei servizi finanziari. Non stupisce quindi che l’87% delle Fintech intervistate dichiari di avere una specifica figura dedicata al risk & compliance (contro il 74% del 2020).

Collaborazioni e alleanze
Entrambi i dati rappresentano la crescente attenzione riservata alle attività di risk & compliance. Un altro aspetto da sottolineare riguarda l’utilizzo della Sandbox regolamentare introdotta da Banca D’Italia nel 2021 allo scopo di fornire ai player innovativi un ambiente protetto per la sperimentazione in accordo ai requisiti regolamentari. A oggi solo il 5% del campione dichiara di aver beneficiato della Sandbox e il 55% si è detto non interessato (il restante 40% non ha potuto accedervi per mancanza di requisiti). Con l’obiettivo primario di sviluppare nuovi prodotti e servizi, il 90% delle startup Fintech ha avviato una collaborazione con altri player del settore finanziario a partire dal 2021. Nello specifico, il 65% del campione ha collaborato con una banca o una compagnia assicurativa, mentre il 58% con altre Fintech. Inoltre, il 41% delle aziende intervistate ha iniziato a collaborare con altre startup non finanziarie, mentre solo il 25% con player incumbent di diversi settori come utilities, grande distribuzione ed entertainment.
A CENA CON I TOKEN 1
I token conquistano anche il settore della ristorazione. Nel 2023, infatti, a Manhattan aprirà il primo ristorante Nft al mondo: si tratta del Flyfish Club, l’unico dinner club il cui ingresso sarà consentito solo ai possessori dei token. Per poter accedere i soci dovranno possedere il Flyfish Nft, un asset digitale unico memorizzato sulla Blockchain e acquistato utilizzando la criptovaluta Ether



I gettoni digitali serviranno solo per entrare nel locale; per pagare il cibo consumato occorreranno ancora i cari vecchi dollari. Il Flyfish Nft consiste in una riproduzione artistica del cibo che sarà offerto nel nuovo ristorante. Ci saranno due livelli di iscrizioni al club, che dipenderanno dal tipo e dal valore dell’Nft acquistato. Con gettoni digitali standard, che rappresentano un
tonno a pinna gialla, si potrà acquistare un’iscrizione di livello base o standard al club, che consentirà l’accesso illimitato a una sala da pranzo di quasi mille metri quadrati, un ristorante, un cocktail bar e uno spazio all’aperto. Con il livello esclusivo, invece, i clienti avranno accesso anche alla sala Omakase privata del club, dove verranno offerti pasti a più portate creati dallo chef.
In un ristorante a New York si entrerà grazie agli Nft E per comprarli si pagherà con la criptovaluta EtherJosh Capon / co-founder & chef
FLYFISH CLUB LOCATION


FLYFISH CLUB TEAM

Frode in salsa emiliana
Una frode informatica da 140mila euro Protagonisti della vicenda sono due fratelli moldavi residenti in provincia di Reggio Emilia

Il meccanismo fraudolento consisteva nel dirottare bonifici bancari online, effettuati a favore di fornitori, su conti correnti a loro intestati. I soldi venivano poi convogliati verso un exchange estero del settore delle criptovalute La guardia di finanza ritiene che i fratelli abbiano rivestito un ruolo di “money mule”, cioè attività legate al crimine informatico.
Le tecnologie del Web3 proseguono la loro espansione, coinvolgendo istituzioni di prestigio. L’ultima ad aggiungersi alla lista è l’arma dei Carabinieri, che ha presentato il nuovo calendario per l’anno 2023. A un numero limitato di copie cartacee saranno affiancate 16 tavole digitali realizzate dall’agenzia Armando Testa. I prodotti saranno in vendita online, con i ricavi dell’operazione che saranno devoluti in beneficenza alla onlus Charity Stars, impegnata da anni nel sostegno ai più deboli.

Benessere al por tafoglio
Perché il settore dell’healthcare è ancora interessante

Rudi Van den Eynde, head of Thematic Global Equity di Candriam, ha di recente analizzato il settore dell’healthcare e spiegato perché ha buoni fondamentali.
NON IMMUNE ALL’INFLAZIONE
Ecco di seguito come spiega la sua view: “Le azioni del segmento healthcare hanno tenuto relativamente bene nell’attuale panorama macroeconomico e geopolitico rispetto al resto del mercato. Se, da un lato, il settore non è rimasto immune a inflazione, tassi di interesse elevati o rallentamento economico, dall’altro, è stato meno influenzato da questi venti contrari rispetto a molti altri. La continua necessità di scoprire, finanziare e sviluppare nuovi farmaci si combina con prezzi dei farmaci elevati, margini elevati e mercati clinici significativi. Mentre l’inflazione e i costi di input sono un problema, i costi di produzione normalmente non sono fondamentali nella determinazione del prezzo dei prodotti medici e dei farmaci, mentre la necessità di stimolare le attività di ricerca e sviluppo è un fattore più importante. Le principali aziende farmaceutiche presentano, nella maggior parte dei casi, bilanci solidi poco influenzati dai costi di finanziamento
più elevati. Inoltre, il consumo di prodotti medici non è economicamente sensibile dato che le malattie vanno curate indipendentemente dalle condizioni economiche. Alcuni sottosettori, come la tecnologia medicale, sono piuttosto sotto pressione a causa della carenza di personale ospedaliero che può portare a un calo del numero dele procedure, che spesso si rivelano semplicemente in ritardo. Gli investitori restano prudenti e potrebbero preferire grandi aziende farmaceutiche con solide infrastrutture commerciali e di business. D’altra parte, abbiamo osservato società in fase early stage concludere deal molto redditizi con grandi aziende farmaceutiche. Riteniamo che questa tendenza sia fondamentale per facilitare la scoperta di nuovi farmaci, aumentare l’appetito per nuove attività, favorire fusioni e acquisizioni e consolidamento aziendale. In Candriam, andiamo alla ricerca e tentiamo di investire nelle aziende che stanno lavorando su farmaci di prossima generazione che possano salvare e prolungare la vita dei pazienti. La nostra duplice esperienza nel campo della biotecnologia e della finanza è un vantaggio fondamentale per identificare chi può cambiare le regole del gioco”.

Top Funds classifiche

TOP 20 AZIONARI ITALIA
Le nuove cripto-regole Luzius Meisser, presidente di Bitcoin Suisse, ha fatto il punto sullo stato dei regolamenti dell’Ue nei confronti delle criptovalute. Le parole d’ordine sono sicurezza e crescita: il risultato tutelerà la finanza classica e il mondo crypto.
Attenti agli indici benchmark I portafogli basati su un benchmark orientato all’obiettivo di protezione del clima di Parigi 2050 possono contenere titoli di compagnie aeree. Questo perché i benchmark allineati a Parigi si concentrano sul viaggio e sulla destinazione.

Comunicazione di marketing. Ad uso esclusivo di investitori qualificati.
M&G (LUX) SUSTAINABLE ALLOCATION FUND

Con un approccio flessibile e diversificato, puntiamo a trarre vantaggio dalle mutevoli condizioni di mercato e dalle opportunità di investimento sostenibile e a impatto positivo, investendo in diverse asset class tra cui azioni, obbligazioni societarie, governative e green, infrastrutture e liquidità. Il fondo è classificato come Art.9 del Regolamento SFDR.
Capitale a rischio
Il presente documento è concepito a uso esclusivo di investitori qualificati. Non destinato alla distribuzione ad altri soggetti o entità, che non devono basarsi sulle informazioni in esso contenute. Queste informazioni non costituiscono un'offerta o una sollecitazione di offerta per l'acquisto di azioni di investimento di uno dei Fondi qui citati. Gli acquisti relativi a un Fondo devono basarsi sul Prospetto Informativo corrente. Copie gratuite degli Atti Costitutivi, dei Prospetti Informativi, dei Documenti di Informazione Chiave per gli Investitori (KIID) e delle Relazioni annuali e semestrali sono disponibili presso M&G Luxembourg S.A. Tali documenti sono disponibili anche sul sito: www.mandg.com/investments/professional-investor/it-it. Prima della sottoscrizione gli investitori devono leggere il Prospetto informativo e il Documento di Informazioni Chiave per gli Investitori, che illustrano i rischi di investimento associati a questi fondi e che descrivono i diritti degli investitori. Le informazioni qui contenute non sostituiscono una consulenza indipendente in materia di investimenti. M&G Luxembourg S.A. può decidere di terminare gli accordi presi per la commercializzazione in base al nuovo processo di revoca della notifica della direttiva sulla distribuzione transfrontaliera. Informazioni sulla gestione dei reclami sono disponibili in italiano presso www.mandg.com/investments/professional-investor/it-it/complaints-dealing-process. Questa attività di marketing è pubblicata da M&G Luxembourg S.A. Sede legale: 16, boulevard Royal, L-2449, Luxembourg. MAY 22 / 729902
Scopri di piùTOP 20 AZIONARI EUROPA
Sette
Sette nuovi mandati per Credit Suisse

Inoltre, hanno rinnovato i mandati Previmoda e Mediafond.





TOP 20 AZIONARI USA
Sentimenti
“Gli investitori professionali italiani certificati Cfa rimangano negativi sulle prospettive dell’economia domestica nei prossimi sei mesi, che registra un valore pari a -43,6”. A dirlo è un sondaggio svolto su 39 intervistati da Cfa society Italy.

Ethereum sempre più su Finder ha pubblicato la nuova previsione della quotazione di Ethereum per il 2023. La media risultante dalle previsioni degli esperti è che la quotazione sui mercati crypto di Ethereum potrebbe arrivare a 2.200 dollari.






TOP 20 AZIONARI GIAPPONE
Debutto a Piazza Affari
Ha debuttato a Piazza Affari Tmp Group, tech media company italiana specializzata nella progettazione e sviluppo di strategie di comunicazione, advertising e digital marketing, eventi ibridi e contenuti.
La Fed alza i tassi
Powell ha alzato i tassi di interesse di 25 punti base, portando l’ammontare complessivo dei rialzi a 375 punti in poco meno di 12 mesi. La Fed ha quindi prorogato la stretta monetaria iniziata lo scorso febbraio.


Idrogeno



CPR Invest - Hydrogen, un’opportunità da cogliere per creare valore investendo nell’ecosistema dell’idrogeno:




dà accesso a un mercato innovativo e ad alto potenziale;


si stima che l’idrogeno coprirà circa il 17% dell’intero fabbisogno energetico entro il 2050**;
l’idrogeno potrebbe contribuire a ridurre di un terzo le emissioni di gas serra a livello globale**.

amundi.it


*Fonte: IPE “Top 500 Asset Managers” pubblicato a giugno 2021, sulla base delle masse in gestione al 31/12/2020. **ETC (Energy Transition Commission), “Making the Hydrogen Economy Possible”, aprile 2021. Questa è una comunicazione di marketing. Si prega di consultare il Prospetto e il KIID prima di prendere una decisione fi na le di investim ento. CPR Invest - Hydrogen (di seguito anche “Fondo”) è un Comparto della SICAV CPR Invest, gestito da CPR Asset Management, una società del gruppo Amundi. CPR Asset Management è autorizzata in Francia e regolamentata dall’Autorité des Marchés Financiers (AMF). Il Comparto è autorizzato in Lussemburgo e sottoposto alla vigilanza della Commission de Surveillance du Secteur Financier (CSSF). I potenziali investitori devono esaminare se i rischi annessi all’investimento nel Fondo siano appropriati alla loro situazione, e devono altresì accertarsi di aver compreso interamente il presente documento. In caso di dubbi, si raccomanda di consultare un consulente fi nanziario. Il valore dell’investimento potrebbe I risultati passati no n son o indicativi di quelli futuri e no n vi è garanzia di ottenere uguali rendim enti per il futuro. a nessuna “U.S. Person” come de fi nita nel Securities Act del 1933 e nel prospetto. Il KIID, che il proponente l’investimento deve consegnare prima della sottoscrizione, e il Prospetto sono disponibili gratuitamente presso le sedi dei soggetti collocatori nonché sul sito internet ww w.amundi.it. Una sintesi delle informazioni sui diritti degIi investitori e sui meccanismi di ricorso collettivo è reperibile in lingua inglese al seguente link: https://about.amundi.com. La società di gestione può decidere di ritirare la noti fi ca delle disposizioni adottate per la commercializzazione di quote, anche, se del caso, in relazione a categorie di azioni, in uno Stato membro rispetto alle quali aveva |
















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TOP 20 AZIONARI ASIA*
Oro meno volatile

“Il prezzo dell’oro si muove spesso in direzione opposta rispetto ai prezzi delle azioni. Di conseguenza, l’oro può ridurre significativamente la volatilità di un portafoglio”. Jan Viebig (Oddo Bhf Asset Management).

Priorità e strategia
“Aumentare la capacità produttiva, ampliare il portafoglio prodotti e mantenere una forte attenzione alla ecosostenibilità”. Sono queste le priorità strategiche illustrate da Fulvio Citaredo, amministratore delegato di Pierrel.

TOP 20 AZIONARI EMERGENTI
Recessione in vista
“I mercati prevedono una recessione negli Usa, e un segnale chiaro è l’inversione della curva dei rendimenti. I dati dell’Institute of Supply Management dicono che potrebbe arrivare molto presto”. James Luke (Schroders).

L’annus horribilis dei fondi
“Il 2022 per i fondi è stato un annus horribilis, che si è chiuso con una perdita media del 14% per gli strumenti collocati dalle principali società di gestione del risparmio in Europa”. Lo dicono i dati di Tosetti Value.



TOP 20 AZIONARI GLOBALI
Inflazione
“Il
in modo molto positivo per il mercato italiano, soprattutto grazie ai segnali di presunto raggiungimento del picco inflattivo. Per il 2023 c’è ottimismo sulle mid-small caps”. A dirlo sono gli esperti di Intermonte.

Petrolio
“I prezzi del petrolio sono destinati a vivere un altro anno di volatilità, viste le prospettive economiche globali e l’andamento della pandemia in Cina minacciano la domanda e l’offerta”. Violeta Todorova (Leverage Shares).


TOP 20 BILANCIATI
Materie prime in positivo “La fase positiva del mercato azionario sembra destinata a proseguire, traslandosi anche sulle materie prime che hanno da beneficiare dal riavvio della Cina e dalla debolezza del dollaro”. Michael Palatiello (Wings Partners).

“Vediamo il dollaro Usa indebolirsi ancora in futuro, in quanto diversi fattori che stavamo seguendo hanno cambiato rotta, soprattutto a dicembre”. Ad affermarlo in un recente commento sono gli esperti di Lombard Odier.

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TOP 20 OBBLIGAZIONARI GLOBALI
Recessione più mite
“L’inverno mite ha aiutato a placare la crisi energetica e l’inflazione ha raggiunto il picco prima del previsto. La recessione dovrebbe essere più mite, e la riapertura della Cina fornirà un supporto”. Alberto Conca (Zest).

Italia resiliente
“L’Istat ha confermato la stima del Pil 2022 al +3,9%. Manteniamo la stima del Pil 2023 al +0,8%, con un +0,1% per il 1° trimestre, due trimestri con +0,2% e un 4° trimestre invariato”. Maurizio Mazziero

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TOP 20 OBBLIGAZIONARI HIGH YIELD
Bull market in arrivo

“L’indicatore Bam si attiva quando il numero delle società del mercato americano che salgono a dieci giorni è il doppio delle società che scendono a dieci giorni. Questo ha sempre indicato l’inizio del bull market”. Gli esperti di Pharus.
L’anno dei bond ibridi
“I bond societari ibridi torneranno a crescere nel 2023, dopo il crollo del 2022, quando l’aumento dei tassi e il peggioramento dell’economia hanno dissuaso le aziende dall’attingere al mercato”. (Scope Ratings).

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Strategie al top
Con la rubrica video “Le strategie operative dei top trader”, Vontobel Certificati analizza gli spunti e le view di mercato più interessanti emersi nel corso della trasmissione Investv, per utilizzare al meglio tutti i prodotti proposti dal gruppo.

Dieci anni di positività
Per il decimo anno consecutivo, BlackRock è stata inclusa nella lista delle World’s Most Admired Companies stilata da Fortune Magazine. Un riconoscimento che testimonia il duro lavoro, la dedizione e l’innovazione per avere un impatto positivo.

A cura di Viola Sturaro
Un aiuto alla Turchia
In risposta al tragico terremoto in Turchia e in Siria, il gruppo Allianz ha deciso di dare un contributo alla Croce Rossa attraverso il suo Disaster Response Fund. I fondi saranno distribuiti per i soccorsi nelle aree colpite su entrambi i lati del confine.

Mattoncini iconici
UniCredit ha celebrato il #LegoDay. I mattoncini più famosi del mondo hanno riprodotto in modellino il quartiere generale di Milano, sede del gruppo, attraverso la costruzione dei talentuosi artisti italiani Luca Petraglia e Riccardo Zangelmi.

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Capitale a rischio. Il valore degli investimenti e il reddito che ne deriva possono crescere così come diminuire, e non sono garantiti. Gli investitori potrebbero non rientrare in possesso dell’importo inizialmente investito.





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