TO RISRANTI
BY BLU HOTELS
EDITORIALE
L’innovazione è servita
Mondi diversi, un fattore comune
Hotel gourmet
da pagina
[bu:r]
266 La Barraca
Adagio Ristorante Gourmet
Al metrò
Alto
Area M
Attico sul mare
Benso by Corrado Parisi
Bistrot al 2
Ca’ Apollonio Gourmet
I Carracci
La Casa degli Spiriti
Casa Mazzucchelli
Castello di Fighine
Corbezzoli
Coro
De Gustibus
Eatè by Pipero
Es Cantina&Ristorante
Glass Hostaria
Golden View
Hostaria Castello
Hyle
Insolita Trattoria
Kistè
L’A Gourmet L’Accademia
Lampl Stuble
La Limonaia
Locanda De’ Banchieri
Mamìe
Mistral - Villa Serbelloni
N’uovo Vino e Cucina
Nabucco
NIN
NUH Osteria contemporanea
Oro Nero
Osteria Arborina
La Parolina di Trevinano
Il Patriarca
Pellico 3
PepeRosa
Peter Brunel Ristorante Gourmet
Pierluigi
Podere Belvedere
Procaccini
San Martino 26
Serrae Villa Fiesole
Il Sorpasso
La Sosta del Cavaliere
Sostansa - Racconti in cucina
Stüa de Michil
Sud
Tèa del Kosmo
Terrazza Gallia
La Torre - COMO
Castello del Nero
Torre - Fondazione Prada
Umami
Une
Villa Barbarich
Vrasa
Wood
da pagina
80 PIZZERIE
081
Bottega Dani
Cambia-Menti by Ciccio Vitiello
Cirasella
Da Ezio
Delta Moodv3rs3
Fiore di latte
Frumentario
Giotto
Le Grotticelle
Inedito
Kilo
Meunier Champagne & Pizza
O’ Piccirill
Piu sud
Pizza & bolle
Romano, Artigianni del gusto
Saccharum
Lo Spela
I tigli
Una selezione esclusiva di prodotti di alta qualità che incarna eccellenza e innovazione nel settore Horeca. Design raffinati e funzionali per ogni tipo di ristorazione adatti ad ogni occasione speciale.
Sommario
Bentoteca
Enosake
Essenza sushi
Japit
da pagina da pagina
La Taskita
Oriental Japanese Restaurant
Seta Sushi Restaurant
Sevi
Uni Restaurant
Yuki
Al Vas
The Bar - Aman Venice
Barcollo
GRAMM Cafè Milano
Jeffer
The Lobby - Rosewood Castiglion del Bosco
Piano 35
Sentaku
W Lounge
L’innovazione è servita
di Alessandro Mauro Rossi Direttore responsabile di Forbes Italia
Afine 2025 la Cucina italiana terminerà l’iter che dovrebbe portarla a diventare Patrimonio immateriale dell’Unesco. Si troverà in sorprendente compagnia con le cucine di Messico e Corea e raggiungerà quella francese e giapponese. Un gran bel riconoscimento per un settore, un movimento, una cultura, una storia che appartengono a tutti noi italiani. La cucina non è la cucina, punto e basta. La cucina è il luogo fisico dove si riuniva e si riunisce la famiglia, un luogo intimo, affettivo. Il famoso focolare si trovava nelle grandi cucine delle case contadine, dove la sera attorno al fuoco si raccontavano le storie ed era l’unico momento di relax di una giornata faticosa. La cucina è casa, è famiglia, è calore prima ancora che soddisfazione dell’appetito o del palato. La cucina è cultura e tradizione: quanti tipi di piatti o di cucine ci sono in Italia? Quante materie prime diverse si usano? E tutte quante fanno riferimento alla terra dove si vive, dove si lavora, da dove si proviene. Insomma la cucina non è una pentola sul fornello, è uno stile di vita, un modo di essere. Stefano Pisani, il sindaco di Pollica, si è battuto fino allo strenuo per impedire che multinazionali americane si appropriassero del marchio Dieta Mediterranea. Lo ha fatto per i motivi che dicevamo: la difesa della sua terra, della cultura della sua gente, di un’economia territoriale che rischia di essere affogata e scomparire nella globalizzazione omologante senza sapori e senz’anima. In nome di questi valori in Italia si sta facendo strada un rapporto sempre più stretto tra la cucina contadina e il fine dining. Sempre più ristoranti di campagna conquistano riconoscimenti nazionali e internazionali, sempre più la semplicità e la territorialità vanno a braccetto con la qualità. Ma la cucina è anche innovazione, fantasia. Basta pensare all’evoluzione dei piatti poveri che oggi sono diventati best sellers nei ristoranti: quanta fantasia, quanta maestria, quanto genio c’erano nelle nostre nonne che si inventavano le ricette con quelle poche e povere cose che avevano
in casa e che oggi sono i piatti tipici della tradizione che ci invida tutto il mondo? Ma appunto, dicevamo che la cucina non è solo tradizione, ma anche evoluzione della tradizione attraverso la fantasia e la creatività. Da tempo ormai esiste una diatriba che si fa largo tra chef e critici culinari in Italia: sono meglio le ricette legate alla tradizione, in particolar modo regionale, o quelle legate alla sperimentazione, con accostamenti di ingredienti che si allontanano, e non poco, dalle ricette originali? Se la prima richiama ad una memoria storica, facendoci riassaporare i profumi ed i gusti spesso dimenticati, la seconda, servendosi talvolta degli stessi prodotti, si accosta a tecniche nuove, sperimentazioni anche estreme dove dolce e salato si confondono e stili di mise en place si presentano in fogge davvero stravaganti. La tv, con un’ondata di trasmissioni sulla cucina, sta dando una mano alla diffusione di questa arte sia tradizionale che innovativa anche se il secondo aspetto si presta di più al talk show perché racconta cose più nuove, mentre gli chef stellati, oggi dei veri e propri guru con la casacca bianca, sono diventati gli ambasciatori della cucina italiana innovativa. C’è però tutto un mondo che si muove sui canoni della cucina innovativa e noi di Forbes ve lo raccontiamo fotografando cento realtà particolarmente interessanti, in questo allegato intitolato appunto “100 Ristoranti & co. Innovativi” che prende in considerazioni quattro categorie: la ristorazione degli hotel, i ristoranti etnici, le pizzerie (un settore in fortissima innovazione) mentre una piccola sezione è dedicata al mondo dei cocktail perché anche i liquori e la loro miscelazione rappresentano quanto di più innovativo giri attorno ai nuovi gusti soprattutto per i giovani. La scelta dei locali è stata affidata al nostro collaboratore Marco Gemelli che con il suo “Forchettiere” si sta ritagliando uno spazio sempre più importante nella gastronomia e nel beverage. Sarà una lettura divertente e curiosa che vi farà assaporare l’innovazione in tavola.
Mondi diversi, un fattore comune
di Marco Gemelli *
Cos’hanno in comune la prima chef a conquistare una stella Michelin in Val d’Aosta, il primo sushi take-away in Italia interamente plant-based, due ristoranti tra Toscana e Campania che hanno eliminato gas ed elettricità per funzionare solo con fuoco e braci, ed una piccola pizzeria della provincia di Catanzaro che riprende le tecniche di cucina d’avanguardia di Ferran Adrià? Davvero poco, almeno all’apparenza. Ma ciò che a conti fatti accomuna realtà altrimenti profondamente diverse per storia, fascia di prezzo e posizione geografica è un fattore: la capacità di leggere il passato per adeguarlo al presente, o di utilizzare il patrimonio cultural-gastronomico di un territorio per reinterpretarlo senza tradirlo, o ancora l’attitudine alla creatività ai fornelli che va a braccetto con la contemporaneità. In una parola sola, l’innovazione. Già, ma cosa si intende, oggi, con questo termine? O meglio, cos’è che rende innovativo un ristorante rispetto a un altro? È ciò che ci siamo chiesti quando l’idea di mettere insieme 100 strutture innovative ha iniziato a prendere piede la scorsa primavera sancendo un’inedita partnership tra Forbes e Il Forchettiere, e non ci ha abbandonato fino a quando non abbiamo riempito la centesima casella. La domanda non è scontata e – come spesso accade in casi del genere – la risposta è tutt’altro che univoca: in un contesto come quello attuale, infatti, non è affatto semplice indicare un significato generale per questa parola. Il coefficiente di innovazione che un ristorante fine dining può registrare in una grande città è ben diverso da quello che un locale di cucina internazionale esprime in un piccolo paese del sud Italia. E ancora: se nel mondo dell’haute cuisine è ragionevolmente più semplice (non fosse altro per il maggior numero di materie prime e tecniche di cottura a disposizione) spaziare con la fantasia fino a creare qualcosa di lontano dal mainstream, in altri settori ciò è molto più
TO RISRANTI & 100
difficile. Pensiamo alla pizza, che non può prescindere (o quasi, come vedrete nelle prossime pagine) dall’idea canonica di un disco di impasto sormontato da topping. Oppure ai cocktail bar, dove bicchiere, ghiaccio e basi alcoliche rappresentano un vincolo importante. Eppure proprio per quest’ultimo aspetto Federico Silvio Bellanca ha coniato la definizione di mixology come “cucina liquida”, mentre nel campo dell’arte bianca l’estro di una manciata di maestri pizzaioli sta guidando quella che Luciano Pignataro ha definito una ‘rivoluzione’. Anche nel settore della cucina etnica – termine che ormai ha ceduto il passo alla più corretta definizione di ‘internazionale’, come ha spiegato Antonio Galdi nell’articolo che introduce la relativa sezione – diversi ristoratori in Italia hanno trovato una strada che andasse al di là dei classici sushi, ramen o ceviche. Oltre ai ristoranti, quindi, negli anni più recenti anche il comparto delle pizzerie d’autore, dei cocktail bar e delle cucine del mondo ha espresso un potenziale d’innovazione degno di essere registrato e raccontato, ed è proprio questa la molla che ci ha spinto a riunire tali realtà in un inserto ad hoc di Forbes.
Il mensile diretto da Alessandro Rossi, che già da anni manifesta sensibilità in questa direzione con la pubblicazione delle 100 Eccellenze Food, ha così unito il prestigio del proprio brand a una testata di settore – Il Forchettiere, appunto – dotata di un expertise nel campo della cronaca e critica gastronomica. Dalla Val d’Aosta alla Sicilia, dalle regioni a maggior tasso di alta ristorazione (dalla Lombardia alla Toscana) fino a quelle in cui il fine dining non è ancora così capillarmente diffuso, questa prima edizione dei “100 Ristoranti & co Innovativi 2025” intende fotografare le numerose sfaccettature di un fenomeno per molti versi ancora in itinere. Anche questa, in fondo, è innovazione.
Buona lettura
Hotel gourmet
Ormai anche in Italia l’alta ristorazione in strutture ricettive è stata sdoganata, portando a compimento un percorso iniziato una ventina d’anni fa
di Marco Gemelli
Sembrano passate intere ere geologiche, da quando negli hotel italiani era diffusa la “pensione completa”, ossia il servizio di pranzo e cena incluso nella tariffa del soggiorno. Salvo rare eccezioni, in fondo, quella all’interno degli alberghi era generalmente considerata una ristorazione di livello medio-basso, pensata in via pressoché esclusiva per la clientela interna e limitata a un’offerta di pietanze men che ordinaria. Anche nelle grandi città, l’idea che una coppia decidesse di uscire e andare a cena all’interno di un hotel era piuttosto inusuale, ponendo questa opzione al di fuori della ben più solida dicotomia tra ristorante e trattoria. Poi qualcosa è cambiato, e anche nel nostro Paese il mondo dell’hotellerie ha iniziato ad aprirsi alla clientela esterna, arrivando oggi a far diventare il ristorante un autentico biglietto da visita per l’intera struttura ricettiva. Da un capo all’altro della penisola gli esempi di trasformazione da “ristorante d’albergo” a “ristorante in albergo” sono numerosi, in alcuni casi eclatanti, e quel tabù può dirsi
ormai caduto, definitivamente sdoganato. Gli hotel si sono compiutamente affermati come luoghi del “mangiar bene”, legittimando e nobilitando un’intera categoria ristorativa. Non solo: l’aumento della qualità dell’offerta gastronomica è diventata un elemento di forte attrattiva anche per la clientela locale, cittadina e di quartiere. Una piccola grande rivoluzione economica e culturale, che rivaluta anche il lavoro della sala, elevando e attualizzando le figure di maitre e camerieri, fino a poco fa trascurati ambasciatori di stile e gusto. Ma come si è arrivati a tutto ciò? All’inizio le grandi catene hanno cercato collaborazioni con star-chef, con una semplice consulenza sul menù o appaltando loro in toto il servizio di ristorazione. A questo punto sono subentrati altri due fattori: da un lato, gli chef – soprattutto quelli che erano anche proprietari del locale – hanno dovuto fare i conti con l’aumento generalizzato dei canoni d’affitto e quindi si sono aperti a soluzioni che non richiedessero loro l’incombenza della parte contabile e amministrativa,
e dall’altro l’esperienza enogastronomica si è imposta come un driver fondamentale delle scelte sulle destinazioni turistiche e della struttura alberghiera. Insomma, siamo lontani anni luce da quando il ristorante veniva considerato la “tomba del profitto” di un albergo. Se ciò che frenava molti potenziali clienti era l’ingresso comune con i soggiornanti, oggi questo fattore non viene considerato poi così importante, anche perché non mancano i casi in cui gli hotel stessi hanno creato ingressi separati o trasformato i propri spazi comuni rendendoli più grandi e scenografici, con funzioni e amenities diversificate. In altre parole, più accoglienti per un mix di ospiti interni ed esterni. Secondo l’ultimo rapporto sulla ristorazione in hotel di Federalberghi, oggi ben nove strutture ricettive italiane su dieci (l’89%, per la precisio ne) offrono servizi di ristorazione. E in sette su dieci ci sono sia il bar che il ristorante. Quanto alla clientela, oltre il 75% delle strutture ricettive somministrano alimenti e bevande anche ai clienti non alloggiati (72% per il bar e 80% per il ristorante). Di questo cambio di paradigma si sono accorti anche gli esperti, e attualmente in Italia circa il 25% dei ristoranti della guida Michelin si collocano all’interno di strutture alberghiere.
Ne è passata di acqua sotto i ponti, da quando nel 1889 due grandi pionieri dell’ospitalità come César Ritz e Auguste Escoffier inaugura rono il Savoy Hotel di Londra e codificarono le regole della table d’hôte. E in Italia? Tra coloro che hanno realizzato in un hotel il loro ristorante principale ci sono Heinz Beck (La Pergola al Rome Cavalie-
Di questo cambio di paradigma si sono accorti anche gli esperti, e attualmente in Italia circa il 25% dei ristoranti della
guida Michelin si collocano all’interno di strutture alberghiere
Chef Giuseppe Tarantino
Ristorante Corbezzoli
Ph. Angelo Tinti
ri Waldorf Astoria), Enrico Bartolini, mister 13 stelle, e Antonino Cannavacciuolo con Villa Crespi a Orta San Giulio. Ma l’elenco è lunghissimo e spazia da Antonio Guida al Seta del Mandarin a Milano a Domenico Candela al George del Parkers’ a Napoli, fino a Francesco Apreda a Idylio del Pantheon a Roma, così come Andrea Antonini a Imago dell’hotel Hassler. Numerosi ristoranti stellati all’interno degli hotel sono poi in Versilia, dal Piccolo Principe con Giuseppe Mancino (Principe di Piemonte) al Lux Lucis con Valentino Cassanelli (Hotel Principe), e nelle maggiori località turistiche d’alta fascia, come Ettore Bocchia a Villa Serbelloni (Bellagio). Alcuni chef hanno allestito all’interno di un albergo il proprio secondo ristorante, come Gennaro Esposito con il Caruso Nuovo a Milano al Grand Hotel et de Milan, mentre altri – da Niko Romito al Reale in Abruzzo a Gianfranco Vissani con Casa Vissani a Baschi, in Umbria, fino a Valeria Piccini di Caino a Montemerano, in Maremma, o alla famiglia Iaccarino in Costiera – hanno percorso questo cammino in direzione opposta, partendo con la ristorazione e affiancando ad essa la parte ricettiva solo in un secondo momento, proprio a supporto del ristorante. Sì, il cerchio si è ormai chiuso. E il prossimo passo potrebbe riguardare altri luoghi “non convenzionali” per l’haute cuisine, come nel caso di enti e fondazioni: basti pensare a ciò che stanno realizzando a Milano Lorenzo Lunghi al ristorante Torre all’interno della Fondazione Prada o lo stellato Andrea Aprea nello spazio gourmet della Fondazione Luigi Rovati.
L’oro in bocca
Etica, sostenibilità e raffinatezza: perché l’haute cousine di oggi è una dichiarazione d’amore verso la semplicità e l’esaltazione degli ingredienti
di Marco Gemelli
Non solo alta tecnologia come ricerca aerospaziale e intelligenza artificiale: mutatis mutandis, se c’è un settore che a livello globale negli ultimi anni ha dimostrato di essere particolarmente vocato all’innovazione quello è il mondo dell’haute cuisine, o – come ormai viene diffusamente chiamato – il fine dining. Sia nel nuovo che nel vecchio continente, una generazione di chef di talento sta spingendo più in là i confini culinari non solo per provare di intercettare i gusti di una clientela sempre più sofisticata e attenta alla sostenibilità, ma anche per tentare di “dettare l’agenda” a un intero comparto, con l’obiettivo di diventare magari capofila di un intero filone così come accaduto a suo tempo con la cucina molecolare e oggi con l’ampio ricorso a fermentazioni e macerazioni o con il ritorno a fiamma e braci. Un revival delle pratiche tradizionali che non è (solo) nostalgia, ma un modo per onorare il passato rispondendo ai gusti moderni. Certo, ogni Paese offre una propria interpretazione dell’alta cucina, e in questo scenario l’Italia spicca per la proverbiale capacità di fondere tradizione e modernità. Ciò è frutto di una serie di fattori: da un lato il radicato e profondo rispetto per gli ingredienti locali, dall’altro la diversità delle singole cucine regionali, infine la riconosciuta creatività tutta italiana. Non si può forse affermare che il fine dining italiano stia vivendo una rinascita, ma di sicuro rappresenta una cartina al tornasole delle tendenze globali più ampie, pur rimanendo fedele al suo immenso patrimonio di saperi e sapori. Quali? È presto detto: la prima parola chiave che ricorre come un mantra in ogni gastro-narrazione è “sostenibilità”, che si traduce sostanzialmente nella ricerca di un approvvigionamento di materie prime iper-localizzato. Gli chef cercano di utilizzare ingredienti provenienti da fattorie, mari o foreste locali, non solo per garantire fre-
schezza, ma anche per sostenere le istanze della sostenibilità ambientale. Il risultato non è solo un vantaggio per la filiera ma anche la riscoperta di antichi cereali, erbe autoctone e specialità regionali vicine all’oblio. La cucina gourmet abbraccia così la micro-stagionalità delle sue regioni, con ristoranti che mettono in risalto tutto, dai limoni siciliani d’inverno ai tartufi delle foreste piemontesi in autunno. Altra tendenza pienamente in atto è la rivalutazione della cucina vegetale, divenuta tutt’altro che penitenziale: ciò che è iniziato come un’offerta di nicchia per vegani e vegetariani è cresciuto fino a diventare una forma d’arte culinaria sofisticata con al centro la proteina vegetale al posto di quella animale. Non era scontato che questa tendenza attecchisse anche in Italia, dove la pasta, il formaggio e la carne sono stati a lungo centrali nella cucina nazionale: eppure da Pietro Leeman in poi, gli chef nostrani dimostrano che i piatti “veg” possono essere altrettanto soddisfacenti quanto le loro controparti a base di carne.
Altro capitolo: la cucina contemporanea non riguarda solo il cibo nel piatto, ma l’intera esperienza. Anche da noi, sempre più ristoranti stanno abbracciando esperienze culinarie
immersive che combinano elementi visivi, sonori e persino olfattivi per trasportare i commensali in nuovi mondi. In Italia, dove l’atmosfera e l’ambiente sono sempre stati importanti, questa tendenza sta prendendo piede con una declinazione peculiare, creando esperienze che evocano la ricca storia e cultura del Belpaese. Che si tratti di cenare in una villa secolare in Toscana o gustare un banchetto di pesce con vista sulle scogliere della Costiera Amalfitana, il contesto gioca un ruolo centrale nell’esperienza complessiva: a chi non è capitato di incontrare chef che guidano i commensali attraverso la storia di ogni piatto, trasformando la cena in una narrazione culturale? Ma mentre alcuni abbracciano il teatro culinario, altri si orientano verso una filosofia del “meno è meglio”. La tendenza verso il minimalismo culinario si concentra sull’essenza degli ingredienti, permettendo che i loro sapori naturali emergano. Questo approccio, a lungo celebrato nella cucina giapponese e oggi diffuso a livello globale, ha gioco facile in un Paese come l’Italia, con la sua tradizione di cucina semplice e incentrata sugli ingredienti. Ed ecco che tanti chef oggi stanno affinando ulteriormente questo approccio, utilizzando tecniche moderne per eviden-
ziare la purezza dei loro ingredienti. Il risultato sono piatti in cui bastano uno o due componenti per celebrare la bellezza della semplicità. Altra parola chiave dell’haute cuisine contemporanea è l’etica: accanto all’approvvigionamento di materie prime locali, sempre più spesso è richiesto che allevamenti e pratiche di pesca siano rispettose del benessere degli animali e dei loro ecosistemi, con un’enfasi sull’uso di specie locali e sostenibili. Inoltre, la tradizione della “cucina del mare povera”, che prevede l’uso di ogni parte del pesce, sta tornando alla ribalta con un tocco contemporaneo in molti ristoranti di alta fascia. Un ultimo cenno lo meritano gli abbinamenti, con una netta evoluzione nel campo dei pairing: il vino ha sempre giocato un ruolo centrale nella cucina gourmet, ma oggi i ristoranti prestano ancora più attenzione a come abbinano i vini ai piatti.
In tutto il mondo c’è un crescente interesse per i vini naturali e biodinamici, che riflettono la tendenza alla sostenibilità anche nel settore enologico. I sommelier stanno curando esperienze vinicole personalizzate e ponderate quanto i piatti stessi, e i ristoranti offrono abbinamenti ad personam, spesso mettendo in risalto vini naturali insieme ai piatti sostenibili e locali, creando un’esperienza culinaria armoniosa e completa. Una volta tanto, insomma, mentre il mondo della cucina contemporanea continua a innovare, l’Italia rimane all’avanguardia, offrendo una squisita combinazione di vecchio e nuovo.
LOMBARDIA
[BU:R]
Quando l’innovazione non è solo nel piatto, bensì anche nel nome. [Bu:r] è infatti la trascrizione fonetica del cognome dello chef Eugenio Boer, racchiusa tra due parentesi quadre simili a porte socchiuse su un mondo caldo, accogliente e sostenibile. Un ambiente familiare, quello di via Mercalli 22 a Milano, in cui gli spazi risultano intimi e confortevoli. Influenze fondamentali sono i luoghi e le contaminazioni che hanno visto la crescita personale e professionale dello chef, reinterpretati in chiave architettonica, dal tinello anni ’50 alla carta da parati coi colori delle ceramiche di Delft, fino alla mucca su ogni tavolo, a simboleggiare la traduzione olandese di Boer, ossia contadino. Nel ristorante, aperto insieme alla maître di sala e compagna di vita Carlotta Perilli, è ben presente la visione stilistica dello chef: come base di partenza una tradizione di cui non essere schiavo ma fruitore consapevole, capace di modellare, stravolgere o non toccare affatto a seconda della necessità. Un insieme di radici e ispirazione che porta alla nascita di piatti iconici come il cervo, servito su una pietra, a 37 gradi, accompagnato da coulis di lampone senapata, chips di patata, liquirizia e lampone. Oppure signature come il “Risotto di campo”, con robiola di Roccaverano, garum di polline, lavanda, erba cedrina e burro affumicato al fieno: un trionfo di terra e profumi antichi. Proposte che arrivano subito a cuore e pancia, con un tocco leggero, adatte a tutti, pensate con i piedi ben a terra ma una visione fanciullesca e frivola, figlia del suo lato olandese.
Innovazione
Le parole chiave del progetto dello chef oscillano tra l’italianità nella ricerca dei fornitori (facile, per uno chef nato in Liguria, siciliano d’adozione e formatosi tra Trentino Alto Adige e Toscana) e la sostenibilità, evidente nella scelta dei materiali di menù, biglietti da visita e carta dei vini, in carta riciclata da mais, uva, ciliegia e mandorla. In cucina, il desiderio di Eugenio Boer è un uso intelligente di ogni parte della materia prima. Da questi due elementi ha origine un menù degustazione sostenibile e completamente italiano.
Via Mercalli, 22 Milano (MI) Tel. 0262065383 www.restaurantboer.com info@restaurantboer.com
Lazio
266 La Barraca
Apochi chilometri da Roma, sul litorale di Torvaianica – in una zona oggetto di grande valorizzazione e rilancio – si trova “266 La Barraca”, il ristorante con spiaggia privata dello chef Claudio Morlé (detto Pietro). Con una vista mozzafiato sul mar Tirreno, qui lo chef racconta le sue esperienze di vita attraverso la gastronomia. Per Pietro ogni piatto è occasione di raccontarsi ai commensali e gli ingredienti diventano elementi con cui giocare per sperimentare nuove ricette e comunicare emozioni. Il menu parla infatti della storia familiare dello chef, oscillando tra le origini palermitane, dell’isola di Ponza e del Nord Ovest della Spagna, in Galizia. Il risultato è un’offerta gastronomica poliglotta, fortemente contaminata da diverse tradizioni profondamente radicate soprattutto nei suoi menù degustazione (5 e 9 portate), dove gli ospiti diventano parte attiva di un processo in divenire. È grande qui l’attenzione ai prodotti costieri – del litorale laziale e di quello atlantico galiziano – fondendo concetti di territori differenti per spingere la gastronomia locale in nuove direzioni. In Sala invece Il figlio Mario Enrique Morlé si occupa dell’accoglienza e della carta dei vini, dove si possono rintracciare interessanti e numerosi approfondimenti su etichette iberiche e attraverso il cui consiglio ci si può destreggiare tra le varie bottiglie. Entrambe le sale, sia quella interna che esterna, permettono di godere di una vista mare da ogni angolo, sia d’inverno che d’estate. Tra i piatti iconici segnaliamo lo spaghettone con le Telline e pomodori datterino, ricetta emblematica del territorio, e l’ombrina con funghi pioppini, zucchine e Croûte di chorizo.
Innovazione
Le emozioni si fondono nei due menù degustazione “Raíces & Cultura” (5 portate) e “Orixe & Tradizione” (9 portate), dove è saggio lasciarsi consigliare nella scelta dei vini, iberici o naturali, per partecipare attivamente al racconto della famiglia dello chef Claudio Morlè. Menzione speciale all’omaggio dello chef, in chiave moderna, dedicato alle antiche usanze dei pescatori locali, con i Gamberi viola cotti in acqua di mare con crema di nocciola, barbabietola e gelèe al gin tonic.
Lungomare delle Meduse, 266 Pomezia (RM) Tel. 0685386554 www.266labarraca.com 266labarraca@gmail.com
PIEMONTE
Adagio Ristorante Gourmet
Autentico fiore all’occhiello del boutique hotel & relais Almaranto a Calamandrana (Asti), il ristorante Adagio ha aperto i battenti nel 2021, insieme al resto dell’offerta gastronomica della struttura ricettiva diretta da Alexa Schulte (il bistro Anima e la scuola di cucina Adagio Accademia), ottenendo già i primi riconoscimenti nel 2023. A ricoprire il ruolo di executive chef del ristorante gourmet c’è Mario Maniscalco, classe ’93, siciliano di nascita e piemontese d’adozione, che propone una cucina territoriale a filiera corta che celebra la stagionalità e reinterpreta i sapori locali con influenze londinesi e siciliane, frutto delle sue origini e delle esperienze accumulate nel corso della carriera. L’attenta selezione dei vini è curata da Markus Schulz, marito di Alexa Schulte, che ha scelto più di 300 etichette di produttori della regione e di tutto il mondo, privilegiando spesso i piccoli produttori con cui ha instaurato una sincera amicizia. Il ristorante –che si articola in 30 coperti all’interno più 20 a sedere sulla terrazza – rinnova il menu fino a quattro volte per ogni stagione di apertura. Punti di partenza dello chef sono la genuinità e convivialità della cucina italiana, che poi vengono rivisitate, reinventate e rinnovate creando piatti rispettosi degli ingredienti, da esaltare con profonda responsabilità. Ecco quindi che nel menù di Adagio spiccano piatti come la Zuppa di Cipolle con mandorle armelline, albicocche e anatra, oppure il Riso Gigante di Vercelli accompagnato con ciliegie fermentate, salvia, burro di capra e zafferano. Interessante è poi il menù degustazione “Riflessi nella materia” che è interamente incentrato sul numero 7 (portate, ingredienti, materie) e non segue l’ordinaria concezione di catalogare un pasto nelle sue classiche portate.
Innovazione
Tra le innovazioni di Adagio troviamo il “bread pairing” – ossia una selezione di pani diversi studiati per accompagnare al meglio il menu degustazione – e un’ampia selezione di vini analcolici da provare con gli abbinamenti, con percorsi “Light” e “Zero” alcol. Da non dimenticare il nuovo orto e il giardino di erbe aromatiche; la continua crescita della produzione interna, insieme alle collaborazioni con produttori artigianali, consente di offrire agli ospiti prodotti unici ed esclusivi.
l’executive chef
Regione Quartino, 6 Calamandrana (AT) Tel. 01411847040 www.adagio-calamandrana.it info@almaranto.it
ABRUZZO
Al metrò
Ilristorante nasce a San Salvo Marina nel 1999 nei locali che ospitavano la pasticceria di famiglia, di cui ancora oggi porta il nome. È dalle radici di questa esperienza familiare che i fratelli Nicola e Antonio Fossaceca – rispettivamente chef e sommelier - hanno sviluppato un’idea personale di cucina ed accoglienza che li ha portati a incontrare il crescente favore di pubblico e critica. Insieme, i due tessono un’esperienza che nasce da un legame profondo con i sapori e le tradizioni locali, punto di partenza per elaborare un percorso originale che si nutre degli insegnamenti dell’alta ristorazione internazionale. In un ambiente minimal di ispirazione contemporanea, quasi tendente al neutro, la cucina di Nicola Fossaceca si rivela un’immersione nel patrimonio di sapori dell’Abruzzo: il pesce dell’Adriatico e tutti gli altri prodotti del territorio, con le tradizioni locali che diventano esse stesse materia prima per una cucina moderna, piena di ritmo, intuizioni e grande tecnica, senza mai andare sopra le righe. Una cucina che sa guardare alla cultura gastronomica contemporanea a partire da una solida eredità territoriale. Dal canto suo, la cantina si muove per cerchi concentrici: si parte dalle produzioni locali per giungere alle altre aree più vocate della Penisola, fino ai grandi vini d’oltralpe, con i grandi nomi dell’enologia ma una particolare attenzione a piccole e piccolissime aziende e soprattutto ai vini naturali. Una lista di etichette scelte da Antonio per accompagnare i piatti di Nicola, ma pensata anche per adattarsi alle diverse esigenze dei clienti, con un’ampia proposta alla mescita. Da segnalare anche l’ampia carta dei caffè con una selezione di eccellenti cru da tutto il mondo.
Innovazione
Oltre a un menù più tradizionale, Al Metrò propone un percorso degustazione di foggia innovativa, articolato in dieci portate. Tra i piatti, spiccano un’entrée di anguria, alghe e kefir, antipasti come il cocktail di gambero viola e albicocca, o la seppia con limone ed erbe di mare. Tra i primi, il raviolo di ricotta con peperone e dentice precede lo spaghetto di scampi con zafferano e semi di senape, mentre il secondo mette insieme ricciola e vitello in un inedito connubio. A chiusura, un predessert di limone e caffè e un dolce con cocco, mango e ananas.
In alto, lo chef Nicola Fossececa. In basso, il cocktail di gambero viola e albicocca.
Via F. Magellano, 35 San Salvo Marina (CH) Tel. 0873803428
www.ristorantealmetro.it info@ristorantealmetro.it
EMILIA ROMAGNA
Alto
Al rooftop dell’Executive Spa Hotel, quattro stelle Superior di Fiorano Modenese, trova posto questo ristorante dove lo chef Mattia Trabetti, veronese classe ‘89, porta avanti la sua filosofia di fine dining, esempio di una cucina all’avanguardia, che tiene però i piedi ben saldi sulla terra, anzi, sul territorio. Al centro della motor valley italiana lo chef Trabetti porta i suoi menù ben al di fuori dei confini della tradizione emiliana con una visione trasversale: riunendo ogni esperienza di vita e lavoro in un bagaglio irrinunciabile, oggi la sua cucina rappresenta un viaggio dove si affrontano le diverse tappe di una vita trascorsa a studiare, capire, sperimentare, dove l’ultima tappa è l’Emilia. Le preparazioni del nord Europa e dell’Oriente trovano sintesi nei menù degustazione con forme e sapori Emiliani: l’obiettivo principe è differenziarsi e diversificare lavorando con responsabilità per un risultato etico e sostenibile. Due i percorsi che si articolano fra le cinque e le otto portate. Il primo, “Emilia Vegetale” è suggestionato dal tempo che si riflette nella stagionalità: nelle piante, nella frutta e nella verdura, il percorso è per sua natura inquieto e mai uguale a se stesso, ricco di deviazioni che spaziano dalla Bassa all’Appennino nelle sue declinazioni vegetali. La seconda opzione è “Modena Safari”, un vero e proprio itinerario alla scoperta dei singoli della Provincia di Modena, della loro storia, dei loro sapori, delle loro materie prime: si parte ad esempio da Sorbara con una al lambrusco, per poi salire in collina, nel regno del Borlengo di Pavullo, e tornare nella città di Modena, culla del calzagatto. Divertimento, storia, gusti nuovi, sapori della tradizione, piatti dimenticati, in un viaggio indimenticabile.
Innovazione
I piatti stupiscono partendo da ingredienti sempre riconoscibili che poi vengono esaltati da preparazioni innovative, anche coraggiose, come ossidazioni o fermentazioni. Nel menu trionfano il tortellino con ripieno di faraona e il coniglio proposto in una cacciatora scomposta, senza dimenticare proposte vegetariane che sono un inno green a verdure, orto e natura. La contaminazione fra locale e globale, Oriente ed Occidente trova una sintesi originale in una cucina italiana di stampo internazionale.
In alto, la sala del ristorante Alto. In basso, il pollo semibrado, variazione di topinambur, salsa all’anguilla affumicata. Credit quartopiano comunicazione.
Via Circondariale San Francesco, 2 Fiorano Modenese (MO) Tel. 05361753281
www.altoristorante.com info@altoristorante.com
Fine Dining
SICILIA
Area M
Ilristorante sorge su una baia dell’isola di Ortigia: realizzato su una piattaforma galleggiante, Area M ha tra i suoi punti di forza una location suggestiva, unica nel suo genere, che racchiude all’interno un’oasi verde. Il menu del ristorante si caratterizza invece per una cucina di mare autentica e raffinata, grazie alla scelta delle materie prime più genuine del territorio e all’abilità dello chef Federico Messina di reinterpretare le classiche ricette siciliane in una chiave moderna, originale e intrigante. Una cucina che non perde di vista la tradizione ma si mostra aperta alle influenze contemporanee internazionali e proiettata verso l’innovazione. Alla vetrina con il pescato del giorno in bella vista fa da cornice un ambiente intimo e accogliente, con un raffinato design e pareti di vetro che si aprono sul mare e con esso si intrecciano. Accanto all’esperienza ristorativa, Area M è anche porta di accesso a un’esperienza culturale che coniuga la storia dei luoghi con la scoperta delle loro tradizioni culinarie. Da non perdere le cooking class, precedute da una visita guidata al mercato per far conoscere dal vivo sapori e profumi di Sicilia. Il ristorante è parte dell’esclusivo resort 5 stelle Minareto, di cui rappresenta la prosecuzione dell’esperienza nel cuore storico di Siracusa, Patrimonio Unesco. Area M si caratterizza per essere l’unico ristorante sull’isola ad accogliere una folta vegetazione di piante tropicali e palme; un ambiente ideato in perfetta simbiosi e continuità con i colori e l’atmosfera che gli ospiti vivono all’interno del resort. Il ristorante è raggiungibile da parte degli ospiti del resort attraverso un servizio barca organizzato dall’hotel che permette di vivere un’esperienza unica a contatto col mare.
Innovazione
Un’interessante rivisitazione di un evergreen della cucina di mare è l’antipasto “Alici marinate che vogliono essere una pasta alle sarde”, mentre il classico crudo di crostacei viene accompagnato da asparagi di mare, cipolla di Tropea acetata, caviale e acqua seltz con limone fermentato. Tra i primi, terra e mare s’incontrano in piatti come i maccheroni con demi-glace di manzo, panna al burro salato, lime, basilico, mazzancolle e bottarga di tonno locale.
In alto, una foto dall’alto di Area M.
In basso, “Alici marinate che vogliono essere una pasta alle sarde”.
Riva Nazario Sauro, 6 Siracusa (SR) Tel. 093121367
www.areaemme.com info@areaemme.com
Attico sul Mare
Ilristorante è inserito nella pittoresca cornice di Palazzo Kursaal a Grottammare (Ascoli Piceno), al confine con San Benedetto del Tronto e nel cuore della Riviera delle Palme. La sala si caratterizza per le linee sinuose e pulite, apparecchiature candide, sfumature tenui e arredi di design dove predominano i colori bianco e blu marino, mentre al piano superiore la “torretta” richiama lo stile liberty dell’intero palazzo e consente cene esclusive a lume di candela. Dal 2007 è gestito dai fratelli Simone e Sara Marconi – il primo è l’anima della sale e la seconda, sommelier, gestisce una cantina con oltre 400 etichette nazionali e chicche locali – mentre in cucina trova spazio lo chef Tommaso Melzi, di origini piemontesi ma abruzzese d’adozione. Estremamente creativo, regala con la sua cucina un tocco di territorio valorizzando l’intero prodotto: le verdure dalla radice al fiore, il pesce dalla testa alla coda. Melzi riesce così a esaltare i sapori della cucina tipica sanbenedettese, rivisitandoli con le più moderne tecniche di lavorazione. L’offerta di Attico sul Mare si articola su due menu, uno storico con i grandi classici ed uno in continua evoluzione, i cui nomi (per l’anno in corso “Pop 2024” e “Revival anni ‘80”) richiamano l’indelebile legame con la musica, insito nella storia architettonica del locale. La parte più creativa si declina nel menu completo tra terra e mare (9 portate) o attraverso un “Piccolo Estratto” di solo mare” (5 portate). Tra i piatti alla carta, invece, spicca il Crudo di gamberi rosa con senape, cetriolo e lattuga, o i Cavatelli alla quintessenza di mare. La quasi totalità dei prodotti vegetali, della frutta e animali da cortile di Attico sul Mare provengono dalla fattoria di famiglia nel Comune di Massignano, poco distante dal ristorante, divenuta sito di rilevanza nazionale per giardino storico, agrumi e nuove realtà di accoglienza e benessere psicofisico.
Innovazione
Il risultato dell’incontro tra prodotti genuini, rispetto della territorialità e una consolidata esperienza nel settore enogastronomico dei titolari e dello chef Tommaso Melzi è una cucina creativa che trasforma Attico del Mare in un vero e proprio altare del gusto, con una forte matrice identitaria, in equilibrio tra tradizione e contemporaneità, con il wine pairing a dare un valore aggiunto all’intera esperienza.
Piazza Kursaal, 6
Ascoli Piceno (AP) Tel. 0735736394
www.atticosulmare.it info@atticosulmare.it
EMILIA ROMAGNA
Benso by Corrado Parisi
Dopo essere rimasto chiuso per oltre un decennio, uno dei locali di cucina di mare più iconici di Bologna – per anni punto di riferimento della gastronomia all’ombra della Garisenda, nel ghetto ebraico – è tornato a risplendere grazie all’intraprendenza della famiglia Morabito e al talento dello chef Corrado Parisi, riportando il ristorante di vicolo San Giobbe agli antichi fasti grazie a una cucina contemporanea e innovativa. Dietro è ben evidente la mano dello chef di origine siciliana, da cui proviene la forte vocazione alla cucina marinara: figlio d’arte e formatosi tra Ibiza, Parigi, Miami e Lugano, Parisi ha dedicato anni a coltivare la passione per la panificazione, la pasticceria e ovviamente la cucina, con un lavoro costante di ricerca sulle materie prime che ha portato ad allestire una carta bilanciata sia nei sapori che nell’apporto nutrizionale. Oltre al pesce, la cucina dello chef pone particolare attenzione agli ingredienti vegetali e agli animali da cortile, con un’assenza quasi totale della carne rossa, fatta eccezione per quella magra di bisonte, ipocalorica e nutriente. In una proposta con abbinamenti arditi ma mai sopra le righe, lo chef segue la stagionalità, ma rispetto al km 0 punta a un chilometro sostenibile, dove le materie prime provengono dalle zone più votate alla produzione piuttosto che alla vicinanza. Oltre al menù alla carta – in cui spiccano piatti come il Raviolo di ricotta e maggiorana mantecato al burro di Normandia, gambero rosso di Sicilia e liquirizia - sono disponibili ben 4 percorsi degustazione: si parte dal Piccolo Racconto (4 portate) a Poesia (6) fino all’Omaggio all’Emilia Romagna (5) e agli Otto bocconi, finger food a scelta dello chef.
Innovazione
Più che una mera sintesi tra i retaggi siciliani ed emiliani di Corrado Parisi, la cucina di Benso non è solo ricercata ma anche salutare, attenta ai grassi ma al contempo golosa, dove ogni piatto è equilibrato e altamente digeribile. È il caso del baccalà mantecato con pop corn di cotica, carciofo di Gerusalemme alla brace e crema di cipolle bruciate, che rappresenta il piatto signature dello chef. Oppure le animelle di vitello croccanti con ricci di mare, gel di limoni arrostiti, cicorietta selvatica e cremoso d’aglio di Voghiera DOP.
In alto, lo chef Corrado Parisi. In basso, il baccalà dello chef Corrado Parisi.
Vicolo San Giobbe, 3 Bologna (BO)
Tel. 0515883028 www.bensoristorante.it info@bensoristorante.it
Bistrot al 2
In piazza Sant’Anastasia all’interno del 5 stelle lusso Due Torri Hotel, membro di The Leading Hotels of the World, è da poco “rinato” «Bistrot al 2». Il 2 indica il civico, ma anche le proposte gastronomiche del ristorante, rivolte a target differenti: il pranzo prevede una formula business o light lunch, mentre la cena ha un più netto stile fine dining, unite da un contesto unico per storia, architettura e legame con il passato, pur senza disdegnare uno sguardo alla modernità. Il trecentesco palazzo dell’Aquila, sempre più aperto alla città, ha infatti un forte legame con l’alta cucina: la sala dell’Aquila, una delle più belle della struttura, è stata infatti progettata da Gualtiero Marchesi in persona. La scelta di omaggiare lo chef italiano più celebre al mondo conciliando la tradizione con una presentazione ed abbinamenti di gusti e colori più affini alla modernità, è stata affidata all’altro elemento che unifica le due anime di Bistrot al 2, ossia Salvatore Garofalo, emiliano d’adozione e chef globetrotter. Il ristorante si articola su una sala interna improntata su una sobria eleganza e coerente con l’atmosfera del palazzo storico, mentre la parte gastronomica della struttura è completata da una Rooftop Terrace estiva di 300 mq che si affaccia sulla piazza offrendo una prospettiva tra le più elevate della città. Due i menù degustazione, uno vegetariano e uno a mano libera, più esplorativo: tra le portate principali, la Ricciola australiana con tuorlo d’uovo affumicato, aneto, salsa teriyaki e cipollotti oppure il Riso Carnaroli mantecato allo champagne, con limone e “crudo e cotto di mare”. Da provare anche il Moro oceanico con caviale, vongole, beurre blanc e bietoline, o un evergreen come il Filetto alla Rossini.
Innovazione
Nell’elaborare un proprio approccio al menù Garofalo non esita a trasgredire alcune regole consolidate, unendo nello stesso piatto mare e terra, carne e pesce selezionati da produttori locali o aziende di nicchia. Da questa attenzione nascono signature all’apparenza semplici come gli Spaghettoni al pomodoro e basilico: il segreto è nel pomodoro ‘Gerardo’ di Nola, che non viene mai annaffiato ma assorbe l’umidità delle terre vulcaniche. Cotto 16 ore, rilascia una concentrazione esplosiva di sapore.
Piazza Sant’Anastasia, 2 Verona (VR)
Tel. 045595044
www.hotelduetorri.duetorrihotels.com conciergeduetorrihotel@duetorrihotels.com
Ca’ Apollonio Gourmet
Situato all’interno dell’esclusivo progetto d’accoglienza Ca’ Apollonio Heritage che unisce 5 secoli di storia, 18 ettari di verde protetto, un’azienda agricola interamente votata alla produzione biologica e una cantina (Ca’ da Roman Winery), il ristorante Ca’ Apollonio Gourmet rappresenta l’eccellenza del fine dining a Romano d’Ezzelino, tra Vicenza e Treviso, ai piedi del Monte Grappa, riserva MAB Unesco. Se in quest’angolo della Pedemontana Veneta la volontà degli imprenditori Maria Pia Viaro e Massimo Vallotto ha portato alla ristrutturazione della storica Villa Apollonio e alla nascita del Boutique Hotel con Spa, sul versante gastronomico l’attenzione della proprietà al tema della sostenibilità si è invece tradotta nella nascita del bistrot e di un ristorante gourmet, entrambi condotti dallo chef Alessio Longhini, già stellato Michelin. Classe ’88, dopo una serie di esperienze all’estero, ha lavorato con Corrado Fasolato al Met di Venezia e il tristellato Norbert Nierderkofler al St. Hubertus - Rosalpina di San Cassiano: a 30 anni è stato premiato dalla Michelin come giovane chef dell’anno, e da dicembre 2022 è l’executive chef dei ristoranti di Ca’ Apollonio Heritage. Sua la scelta di offrire due percorsi degustazione, “Familiarità” (un viaggio nella scatola dei ricordi e delle emozioni dello chef, con i suoi piatti più iconici) e “Congiunzione” (dove il focus è sulla scoperta di sapori, consistenze e aromi, in un’evoluzione che unisce passato e presente). Inoltre, i ristoranti di Ca’ Apollonio Heritage sono i primi nel Veneto ad aver ottenuto nel 2024 la certificazione sostenibile CER (Care’s Ethical Restaurant), superando rigorose verifiche sulla sostenibilità ambientale, sociale ed economica, ottenendo la massima classificazione.
Innovazione
Al Ca’ Apollonio lo chef Alessio Longhini e la sua brigata trasformano la materia prima in una coreografia sensoriale sempre nuova, raffinata ed emozionante: è questa la “Cucina dei 50 passi”, come quelli che distano la tavola dall’ettaro di orti e frutteti coltivati con metodo biologico. In questa cucina la natura ispira e la creatività umana interpreta ed esalta con scelte culinarie innovative nel rispetto delle stagioni e delle materie prime selezionate e provenienti da una filiera corta che valorizza le tante eccellenze del territorio.
Via Molinetto, 5/a Romano d’Ezzelino (VI) Tel. 04241910054 www.caapollonio.com info@caapollonio.com
EMILIA ROMAGNA
I Carracci
All’interno del Grand Hotel Majestic - già Baglioni – l’unico cinque stelle lusso del capoluogo emiliano, parte di “The Leading Hotels of The World” dal 1990, il ristorante I Carracci è divenuto un riferimento dell’haute cuisine bolognese e meta per appassionati gourmet. A colpire è il contrasto tra l’atmosfera classica, con pochi tavoli intimi posizionati sotto le volte settecentesche affrescate dalla scuola dei Carracci, e la cucina contemporanea affidata all’esperienza di una brigata dalla grande voglia di crescere. Si punta al fine dining, senza dimenticare salse, brodi e riduzioni che vengono spesso serviti direttamente in sala: una cucina contemporanea e di ricerca che però non perde mai di vista la tradizione gastronomica italiana, ed in particolare quella emiliana. Grande attenzione è posta a valorizzare ingredienti di stagione, carni provenienti da allevamenti e aziende agricole attente alla qualità, al rispetto della natura e del benessere animale. I percorsi degustazione attingono alle memorie di chi opera dietro i fornelli, oppure nel caso di “Ispirazione vegetale” regalano un’esperienza immersiva nel territorio, come mostrano gli Spaghettoni con estratto di rapa e serviti con il Blu bufala. Infine, il menù “La dotta, la grassa e la rossa” si rifà alla tradizione bolognese, la assorbe e la destruttura proponendo in una versione alternativa tutti i capisaldi del territorio, dalla zuppa imperiale scomposta alla cotoletta petroniana”. La sala è elegante e molto curata, particolarmente adatta per pranzi e cene dalla calda e intima atmosfera: una scenografia che esalta le proposte gastronomiche, un servizio attento ed accurato, ne fanno un ristorante dove nulla è lasciato al caso e in cui gli ospiti vivono un’esperienza gourmet di grande fascino.
Innovazione
Con un team di cucina piuttosto giovane – l’età media della brigata non supera i trent’anni – il ristorante ha vinto una sfida che a molti, prima di loro, era sembrata ambiziosa: è riuscito a creare una proposta dal taglio fortemente autoriale, che ha concesso a I Carracci di emergere come una voce distinta all’interno del contesto bolognese e, allo stesso tempo, a rispondere alle aspettative di un pubblico internazionale, che ama essere sorpreso senza rinunciare alla tradizione.
In alto, la sala de I Carracci. In basso, una spigola con bouillabaisse alla paprika dolce e prezzemolo.
Via Manzoni, 2 Bologna (BO) Tel. 051225445 www.grandhotelmajestic.duetorrihotels.com/it/ hotel-5-stelle-lusso-bologna-italia/ristorante-i-carracci ristorazionecarracci@duetorrihotels.com
La Casa degli Spiriti
Reduce da un recente avvicendamento in cucina – Filippo Chignola, 22 anni, ha preso assieme al fratello sommelier Lorenzo le redini della struttura, ereditando la posizione del padre – il ristorante di Costermano sul Garda è una delle strutture gastronomicamente più interessanti del territorio gardesano. Non a caso il giovane executive chef, cresciuto nel ristorante di famiglia prossimo ai trent’anni d’attività, ha già collezionato nel corso della sua carriera importanti esperienze in locali tristellati, da Villa Crespi di Antonino Cannavacciuolo allo sloveno Hisa Franko con la chef Ana Ros. Il ricambio ai fornelli ha portato aria di novità non solo a livello di staff e brigata, ma anche a livello di proposta culinaria. La Casa degli Spiriti propone così tre nuovi menu degustazione, con altrettanti differenti percorsi gastronomici: “Un Territorio da Scoprire” è un viaggio sensoriale tra i profumi, i colori e i sapori dei boschi del Baldo e del Garda, con una selezione ad hoc di lievitati di cui Chignola è grande appassionato. In alternativa, “Il Sogno Mediterraneo” prevede piatti a base di pescato eleganti e delicati al palato, come il Riso al nero con seppia cruda e limone bruciato o il Branzino al cartoccio, due portate capaci di fotografare il profilo aromatico dei sapori mediterranei. Infine, “Cruditè Mon Amour” è una proposta pensata per gli amanti del pesce crudo tra cui il Mosaico di sashimi agli agrumi, il Tagliolino tiepido con caviale, gazpacho e panna acida o l’aragostella “tricolore”. A margine dell’offerta fine dining, ha da poco aperto l’Osteria Spiritino nell’angolo più suggestivo della terrazza panoramica, con un’offerta più light e informale.
Innovazione
Tra le caratteristiche della proposta gastronomica della Casa degli Spiriti c’è la capacità dello chef Chignola di tenere insieme modernità e tradizione: ne è un esempio la compresenza nel percorso gastronomico di pietanze dal spore esotico come il Chawanmushi con asparagi e Monte Veronese e altre di foggia più classica e territoriali come il Filetto di manzo alla Rossini e ciliegie. I menu degustazione, inoltre, sono disponibili sia nelle sei portate principali che nella formula ‘estratto’ con quattro corse.
In alto, lo chef Filippo Chignola e il fratello Lorenzo, sommelier. In basso, la veduta del lago dalla sala del ristorante.
Via Monte Baldo, 28 Costermano sul Garda (VR)
Tel. 0456200766
www.casadeglispiriti.it info@casadeglispiriti.it
Casa Mazzucchelli
Si può essere contemporanei e innovativi puntando su uno dei prodotti più antichi della civiltà, come il grano? Lungo l’appennino tosco-emiliano, la chef Aurora Mazzucchelli c’è riuscita piuttosto bene, trasformando il ristorante di famiglia – dal 2000 evoluto da trattoria di pesce a locale gourmet, premiato con una stella Michelin quasi ininterrottamente dal 2008 a oggi – in un tempio della panificazione e dell’arte bianca applicate al fine dining. Elegante, autentico e avvolgente, dove il concetto di “casa” sta a testimoniare il valore dell’esperienza e il senso di famiglia: è in quest’ambiente caloroso, circondato dal verde dei colli bolognesi, che si concentra la cucina contemporanea della chef Aurora, deux ex machina del locale insieme al fratello sommelier Massimo, che dal 1983 si occupa del servizio, dell’ospitalità e della cantina. La carta presenta una varietà di ingredienti e accostamenti fuori dal comune – come il Daino servito con un pancake al karkadè, rabarbaro, meringa ghiacciata al lampone e crema di acciughe – ed accanto ad essa sono disponibili due menù degustazione: “Attimi di cucina” (6 portate a scelta del cliente) e “Momento contemporaneo” (7 portate più un dessert al buio). Anche un piatto territoriale tradizionale come il borlengo vive qui una seconda giovinezza, accompagnato da canocchie, salsa d’arachidi e limone in conserva. Significativo il percorso degli ultimi anni, quando con il Covid il ristorante si era temporaneamente trasformato in una pizzeria, salvo poi cogliere l’occasione della pandemia per ripensare interamente la propria cucina gastronomica vocandola alla riscoperta del grano e dei lievitati, dirottando la parte dell’arte bianca all’adiacente forno Mollica.
Innovazione
L’attenzione di Casa Mazzucchelli alla panificazione e al grano tout court è evidente in piatti come le capesante cotte nel fieno con maltagliati di grano duro Tumminia in salsa alla camomilla, o le lumache alle erbe aromatiche con grano spezzato, zucchine alla verbena e salsa alla senape. Oppure ancora la pasta madre nei ravioli ripieni di cipolla con brodo tiepido al fieno e ricotta di Seirass, fino alla triglia accompagnata da una torta di pane di grano duro Russello farcito con pasta e ragù di triglia “mpanate”.
In alto, la chef Aurora Mazzucchelli (ph. European Authentic Taste). In basso, L’interno di Casa Mazzucchelli (ph. Benedetta Bassanelli).
Via Porrettana, 291 Sasso Marconi (BO) Tel. 051846216
www.casamazzucchelli.com info@casamazzucchelli.com
Castello di Fighine
Nella verde campagna toscana, nell’omonimo borgo che affaccia sulle colline della Val d’Orcia, al crocevia tra l’Umbria e l’alto Lazio, si trova il ristorante stellato Castello di Fighine guidato dall’executive chef Francesco Nunziata, che da oltre un decennio anno si avvale della consulenza dello chef Heinz Beck e della BM Consulting. Il compromesso al rialzo tra la il rigore tecnico del celebre tristellato e la solida creatività di Francesco Nunziata si traduce in una cucina che cattura prima con gli occhi che col palato (merito anche della sua passione per il design che trasmette in ogni piatto), che coccola i commensali e li fa sentire davanti a un’autentica esperienza e ad un’esperienza autentica. Una cucina e una location che meritano un viaggio: non solo buona tavola, ma anche il fascino di una location immersa nel verde. Il Castello di Fighine è uno di quei ristoranti “di confine”, territorialmente ibridi, divisi da un punto di vista geografico tra diversi retaggi, ma che nonostante ciò - anzi, forse proprio grazie a tale circostanza - in grado di mantenere una propria identità senza diluirsi tra le diverse appartenenze. Con un’importante opera di restauro, i proprietari hanno restituito al borgo senese il suo fascino originario. Insieme allo chef campano Francesco Nunziata, classe ‘87, originario di Nola, a occuparsi dei 20 coperti c’è la restaurant manager e sommelier Marta Baldelli. La carta del Castello di Fighine prevede opzioni di terra e di mare in ogni partita, con una buona presenza dell’elemento vegetale (non a caso l’orto vicino funge da ispirazione per lo chef e rifornisce molte erbe). Due i percorsi degustazione: uno da 5 portate e uno da 7, che riprendono i piatti nel menù ma non disdegnano qualche fuori programma stagionale.
Innovazione
Uno dei dettagli più apprezzabili, nell’impostazione del Castello di Fighine, è la presenza di diverse “carte” che accompagnano l’ormai consueta offerta di pani e grissini o dei distillati a fine pasto. Se ormai a certi livelli non c’è da stupirsi nel trovare una carta dei caffè o dei tè e delle tisane, non è altrettanto usuale incontrare una carta delle acque e una dei sali: la scelta è tra il bianco di Cervia, il rosa australiano, l’affumicato danese, il nero cipriota, il blu persiano o il verde hawaiiano.
In alto, da sx verso dx Heinz Beck, Marta Bandelli, Francesco Nunziata. In basso, il maialino CBT dello chef napoletano.
Località Fighine Castello, 1 Fighine (SI) Tel. 057856158 www.fighine.it ristorante@fighine.it
EMILIA ROMAGNA
Corbezzoli
Alle porte di Bologna, all’interno dell’hotel relais Bellaria, il ristorante guidato dallo chef Giuseppe Tarantino unisce le influenze familiari partenopee con quelle emiliane, dando vita a una felice contaminazione di sapori tra due delle tradizioni regionali più ricche, entrambe filtrate attraverso una mano solida e un lavoro di ricerca sulle materie prime. Campano di nascita ma formatosi alla corte di Andrea Gabin e in Emilia con Agostino Iacobucci ed Emanuele Petrosino, lo chef classe ’84 ha allestito una cucina d’ispirazione fine dining all’interno del relais a San Lazzaro di Savena. Una cucina, la sua, sempre in bilico tra le influenze familiari – la mamma è una cuoca di casa, il padre un appassionato di pesca subacquea nonché esperto ricercatore di materie prime – e i desiderata di una proprietà alberghiera (l’imprenditore napoletano Paolo Mazza) che dal 2018 ha voluto puntare sulla cucina contemporanea allargando in questa direzione la preesistente offerta ristorativa. Tre i percorsi degustazione, tutti articolati su sei portate: oltre al vegetariano, in cui spicca la reinterpretazione di una “Nerano” (evidente omaggio alle radici dello chef e della proprietà), uno premia la cucina di mare e l’altro quella di terra. Nel primo caso, la napoletanità emerge nelle Candele Gerardo di Nola con fagioli, cotica e cozze, o nella Triglia di scoglio, la sua bouillabaisse, caponata e patate al finocchietto, mentre nel secondo caso è evidente nei Bottoni di coniglio con fave, pecorino di Pienza, aglio nero e fior di sambuco. Alla base della cucina di Tarantino, comunque, resta solida l’attenzione a limitare al massimo lo spreco e a valorizzare il territorio scegliendo fornitori e materie prime sulla base di principi etici e legati alla sostenibilità.
Innovazione
Per lo chef Giuseppe Tarantino l’innovazione è fatta di accostamenti inediti che però riportano a sapori confortevoli e familiari. La sua cucina utilizza le principali tecniche attuali - dalla CBT al sottovuoto, alle osmosi, ecc. - con parsimonia e mai per ostentazione, Ma in realtà, in controtendenza rispetto al mainstream, punta a un ritorno “al fuoco”, alle cotture dirette e alla cucina espressa senza fronzoli, come nel caso della Sella d’agnello da latte con marinato di sedano rapa e chutney di prugne.
In alto, lo chef Giuseppe Tarantino. In basso, la reinterpretazione della Nerano.
Via Asltura, 11/bis Bologna (BO)
Tel. 0510562651
www.corbezzoli.com
info@corbezzoli.com
Coro
Ilcolpo d’occhio è notevole, anche per chi è abituato a vivere il fascino dei borghi dell’Italia centrale, con quell’attitudine diffusa al riutilizzo di spazi antichi nel rispetto delle architetture che furono. Nel caso di Coro, a Orvieto – ristorante aperto dallo chef d’origini albanesi Ronald Bukri, classe ’87 e allievo del bistellato Gaetano Trovato e Paolo Lopriore, e dal suo corrispettivo di sala Francesco Perali, orvietano e proveniente dalla fucina di Gianfranco Vissani – a far da cornice ai tavoli è un’antica chiesa sconsacrata, risalente al ‘500, nel centro storico. Il nome ha un duplice motivo: il ristorante sorge letteralmente dove si trovava il coro della chiesa, adiacente a un edificio storico (oggi Palazzo Petrvs) non lontano dal Duomo, ma Coro è anche la crasi dei nomi dei due protagonisti di questo progetto imprenditoriale: (il CO finale di Francesco si congiunge al RO iniziale di Ronald). Insieme al cocktail bar Gocce gestito dal bartender romano Stefano Bartone, il ristorante è accompagnato da 9 suite ed è inserito in un contesto di rara bellezza. Atmosfera ideale per la cucina di Ronald Bukri, che ha elaborato tre percorsi alla cieca: “Coro Ardente” articolato su 4 portate che punta fortemente sulla brace, “Coro Armonico” da 6 portate, e “Coro Libero” che con le sue 10 portate equivale a una summa dei piatti in carta. Nei menù degustazione è possibile aggiungere alcuni signature: lo Spaghetto al Parmigiano Reggiano con limone e paprika, e l’antipasto formato da Gambero rosso con emulsione di miele, olio e limone, più un dessert a base di miele, finger lime e polline fresco. Carta dei vini fresca e in evoluzione, con attenzione particolare all’Orvieto Classico, firmata e curata dalla sommelier Valentina De Angelis.
Innovazione
Tra le innovazioni di Coro c’è la capacità di aver portato la tecnica della cucina alla brace nel fine dining. Ne sono una riprova, tra i piatti del menù “Coro Ardente”, il Carciofo cotto condito nell’olio delle foglie di carciofo passate nella brace, accompagnato da uvetta sultanina marinata nel liquore Varnelli, pralinato di pinoli e salsa di foie gras. Oppure la Linguina realizzata con un estratto di lenticchie di Onano, vongole alla brace e limone nero, o ancora il Capocollo di maiale, marinato per 24 ore prima di essere terminato alla brace, accompagnato da un cimichurri di radicchio rosso.
Via dei Gualtieri, 1 Orvieto (TR)
Tel. 0763967231
www.cororistorante.it info@cororistorante.it
De Gustibus
Ha aperto i battenti vicino al centro storico di Chieri proprio all’inizio della pandemia, nel marzo 2020, ma la costanza e la lungimiranza di Giulia Mandara e Davide Cristaldi ha fatto sì che in poco tempo il ristorante si affermasse come una delle realtà più interessanti del contesto piemontese, grazie a una cucina realmente sostenibile. Per Davide e Giulia ciò significa non avere sprechi, gestendo sapientemente, giorno per giorno, gli acquisti e gli approvvigionamenti. Di conseguenza, i piatti dello chef Davide – classe ’89, catanese – nascono a seconda della reperibilità degli ingredienti e il menu viene raccontato agli ospiti ogni sera. Con un massimo di 18 coperti, all’attento servizio curato dalla maitre e sommelier torinese Giulia fa da contraltare un locale caldo e accogliente. L’idea di cucina contemporanea gioca invece tra la tradizione piemontese e quella italiana, con tanti piatti vegetali, di pesce e carne, secondo un concetto di fine dining moderno. La cucina scaturisce dalle esperienze dello chef e dalle sue origini, dove la Sicilia è la regione di nascita, ma l’Italia nella sua interezza è il suo percorso. All’interno dei piatti del De Gustibus sono sempre presenti i vegetali, con una particolare attenzione a mantenerne le proprietà organolettiche e il colore, in primis con l’utilizzo di cotture rapide o a bassa temperatura in modo da non stravolgerne il sapore e conservandone la sapidità. Le carni provengono invece da fornitori del territorio piemontese, così come il pesce acquistato fresco e lavorato in casa. Oltre alla carta, il percorso degustazione “A mano libera” è il menù più richiesto, preceduto da una piccola pasticceria salata accompagnata da un calice di vino o un cocktail.
Innovazione
Tra i piatti più innovativi del ristorante, il Fassone marinato a secco 72 ore con caramella di tuorlo d’uovo (che subisce due cotture, una per sigillare l’albume e l’altra per ottenere la consistenza) e tartufo nero. Oppure il Risotto Sant’Andrea con melanzana, vitello e basilico, tipico del periodo conclusivo dell’estate. E ancora il Tiramisù secondo De Gustibus, dove si ritrovano i gusti e le consistenze del classico dolce, ma declinate in chiave differente bilanciando la dolcezza con note più sapide: cialda croccante al cacao, mousse al mascarpone e cioccolato bianco, crumble al cacao salato e caffè.
Via Martiri della Libertà, 9 Chieri (TO)
Tel. 0119400713
www.degustibuschieri.it info@degustibuschieri.it
Eatè by Pipero
La cucina creativa e contemporanea del ristorante Eatè all’interno del The Sense Experience Resort di Follonica, nel cuore della Maremma toscana, ha vissuto nell’ultimo anno un upgrade importante, frutto di una partnership senza precedenti con l’unione di due maestri della cucina italiana - l’imprenditore romano Alessandro Pipero, proprietario dell’omonimo ristorante stellato, e lo chef Ciro Scamardella – con l’obiettivo di elevare l’esperienza gastronomica offerta agli ospiti e consolidare la reputazione di eccellenza del resort nel panorama della ristorazione di alto livello. La partnership segna il debutto nel ristorante sulla spiaggia del golfo di Follonica di un’inedita fusione di talenti nell’ambito enogastronomico e visioni creative, esplorando nuove frontiere culinarie e condividendo la passione di Pipero per l’ospitalità con una nuova audience. Non a caso, grazie alla sua passione per l’arte del servizio e alla sua dedizione alla perfezione, Pipero è diventato una figura di spicco nel mondo della ristorazione stellata. In cucina opera lo chef Gian Sebastian Minnai, classe ’85, proveniente da esperienze internazionali in resort e ristoranti tra Londra e la Costa Smeralda. È lui l’artefice dei tre menu degustazione, “Levante” (3 portate a scelta dello chef), “Scirocco” (5 portate) e “Ponente” (8 portate), con possibilità di wine pairing con 3 o 5 calici. Interessanti piatti come il Battuto di ricciola con pesca arrosto e pomodoro semidry, oppure i Rigatoni con concentrato di canocchie, bottarga e pane profumato alle erbe. Valore aggiunto dell’esperienza da Eatè è il contesto del resort immerso in un parco naturale di 5 ettari sul mare di Follonica a due passi dall’area di Torre Mozza, con una spiaggia privata.
Innovazione
L’innovazione del nuovo corso del ristorante Eatè è tutta nel connubio affascinante tra i piatti ispirati dal ristorante stellato Pipero Roma e l’incanto del mare toscano: ogni piatto è studiato con cura e meticolosa attenzione con lo scopo di esaltare i sapori autentici dei migliori ingredienti del territorio, che danno freschezza e leggerezza alla proposta culinaria. L’esperienza gastronomica si trasforma cosi in un viaggio sensoriale che celebra l’eccellenza culinaria e la bellezza naturale del mare, creando armonia tra gusto e atmosfera.
In alto, la sala di Eatè by Pipero. In basso, uno dei piatti del ristorante toscano.
Viale Italia, 315 Follonica (GR)
Tel. 0566280035
www.thesenseresort.it booking@thesenseresort.it
PUGLIA
Es Cantina&Ristorante
Èun rapporto quasi simbiotico evidente già nel nome, quello che lega il ristorante alla cantina del viticoltore Gianfranco Fino a Manduria (Taranto), e nasce proprio dal desiderio dell’imprenditore di portare in tavola piatti che si abbinino ai suoi vini. All’interno del suo wine resort lo chef Simone Profeta – napoletano, classe ’89 - crea i piatti del menù di Es Cantina&Ristorante in base sia alla stagionalità delle materie prime (accanto alla vigna si trova un orto di 2800 mq) sia all’abbinamento con le etichette della cantina. Oltre alla carta, sono presenti quattro percorsi degustazione: il “Signature” è formato dai piatti iconici come lo spaghetto di patate con fonduta di Parmigiano, terra di peperoncino, caviale di prezzemolo e aria di aglio, mentre “Orto” e “Fish Experience” puntano rispettivamente sul vegetale e sulla proposta di mare. Infine “Experience” propone uno sguardo a 360° sulla cucina di Profeta, con piatti come il foie gras scottato con scampo crudo di Gallipoli, purea d’albicocca affumicata, lampone croccante e menta. Un esempio del binomio tra cucina e cantina è invece evidente nel tagliolino al burro con caviale, limone e riduzione di Jo, il Negramaro dell’azienda. Infine, un occhio al territorio emerge dalla tartare di tonno, servita con un sorbetto all’opuntia, piccolo fico d’india che cresce nella zona del basso Salento. Fortemente legata all’azienda vinicola di Gianfranco Fino, la carta dei vini propone tutte le annate “di casa” dalla 2013 in poi, cui si abbina una selezione di champagne. In ambo i casi, è possibile scegliere i singoli calici o cimentarsi con varie tipologie di wine pairing. Allo stesso modo, per il fine pasto è presente una carta di vini da meditazione, amari e cocktail.
Innovazione
Tra i piatti signature di Es Cantina&Ristorante c’è lo “Spaghetto dell’amicizia”, la cui idea è ricordare un comfort food come gli spaghetti aglio olio e peperoncino. Qui gli spaghetti di patate vengono saltati in una fonduta di Parmigiano, terra di paprika e peperoncino, caviale di prezzemolo e aria di aglio. Innovazione anche nel dessert con il “Finto uovo” occhio di bue al tartufo, che in realtà gioca con la salsa alla vaniglia (il pepe), una sferificazione di polpa di albicocca (il tuorlo) e un finto tartufo al cioccolato.
Contrada Reni snc Manduria (TA)
Tel. 3512619410
www.gianfrancofino.it/ristorante esgianfrancofino@gmail.com
Lazio
Glass Hostaria
Grazie anche alla sua chioma colorata è ormai una delle chef più iconiche e riconoscibili del panorama nazionale, ma Cristina Bowerman è tutt’altro che mera apparenza: nel cuore della Trastevere più popolare e affollata di trattorie, il suo Glass Hostaria è pura sostanza. In controtendenza col contesto, infatti, il locale romano che un tempo ospitava una carrozzeria oggi è un raffinato ristorante di foggia contemporanea, che non disdegna omaggi alle tradizioni gastronomiche laziali ma guarda in maniera decisa a concetti come creatività e innovazione. Il ristorante ricalca lo spirito della sua titolare, originaria del paese pugliese di Cerignola e formatasi oltreoceano – in Texas ha conseguito la laurea in Arti culinarie, ma dal periodo negli Usa ha attinto esperienze a piene mani - prima di tornare nella capitale e aprire la Glass Hostaria. La sua cucina è un meltin’ pot cultural-gastronomico che offre un viaggio nei sapori attraverso il dialogo costante fra tradizioni, culture, memoria e luoghi. Due i menu degustazione, di cui uno vegetariano, entrambi da 6 portate. Tra i piatti cult, Ravioli liquidi di Parmigiano Reggiano Malandrone 60 mesi (proposti con asparagi o tartufo in base alla stagione), Sashimi di ricciola con miso alla rapa rossa, leche de tigre e tobiko al wasabi, Tortelli di aringa affumicata con zucca e brodo tiepido speziato, Collo di maiale con dashi, terrina di patate con burro ai ricci di mare, Petto d’anatra con demiglace al tamarindo, lattuga al bbq e ciliegia tosta sermonetana ripiena di fegato. Per chi non riuscisse ad andare a Trastevere, infine, la chef della Glass Hostaria ha pensato a un percorso degustazione con formula delivery con quattro portate più aperitivo, fiori e altre sorprese.
Innovazione
Al di là del suo lavoro in cucina, l’impegno di Cristina Bowerman si articola su più fronti, dalla formazione e insegnamento nel campo degli istituti alberghieri, fino all’associazionismo internazionale come Chefs Manifesto. È Ambassador per Rise Against Hunger Italia, Ambasciatrice dell’Osservatorio Internazionale Waste Watchers e di Komen Italia. Esempio e ispirazione, in virtù del suo impegno per la sostenibilità alimentare la Guida Michelin l’ha inserita nella sua selezione mondiale di Green Initiative.
Vicolo del Cinque, 58 Roma (RM) Tel. 0658335903 www.glasshostaria.it infoglasshostaria@gmail.com
Golden View
Grazie alle ampie vetrate che affacciano su un panorama in grado di cogliere nello stesso sguardo Ponte Vecchio, il Corridoio vasariano e la Torre di Arnolfo, il Golden View è con tutta probabilità il ristorante con la vista più mozzafiato del capoluogo toscano. Eppure non è solo nella bellezza del contesto dell’Oltrarno fiorentino, che vanno ricercati il valore e il coefficiente d’innovazione del locale: da un anno il proprietario Tommaso Grasso ha affidato il timone della cucina allo chef napoletano Andrea Candito, formatosi con Entiana Osmenzeza e in realtà stellate come “Il Pellicano” a Porto Ercole e alla corte di Gaetano Trovato da “Arnolfo” a Colle Val d’Elsa. Nella sua ispirazione coesistono due anime, frutto di altrettante tradizioni: quella toscana dove è approdato, e quella campana dove è nato. Figlio d’arte – arriva da una famiglia di cuochi e pizzaioli sparsi tra Napoli, Londra e Miami – lo chef pensa al menù come a un racconto unitario, composto da molte esperienze di diverso tenore e sapore. Il tutto senza disdegnare accenti francesi. Tre i menù degustazione, tra mare, terra e vegetariano. Tra i piatti più interessanti, lo scampo con zucchine fiorentine, aglione e menta, così come l’ostrica Krystale cotta al carbone con scalogno, aceto e finocchietto selvatico, oppure il Piccione con susine, patata abruzzese, cipollotto e alloro. Ricercata inoltre la proposta dei tagliolini al burro acido con caviale e finger lime. Un cenno a sé merita poi la cantina, da sempre affidata a Paolo Miano, un’autentica wunderkammer dell’enologia d’autore dove trovano spazio sia annate rare di etichette blasonate sia perle enologiche scovate dal sommelier siciliano in giro per il mondo.
Innovazione
Se la cucina di Andrea Candito è nutrimento per il corpo, così come quello del maestro panificatore Gennaro Ruggiero all’adiacente Forneria, il lavoro portato avanti al Golden View dal proprietario Tommaso Grasso guarda invece al nutrimento dello spirito: le pareti del ristorante sono tempestate da opere d’arte contemporanea, e periodicamente la struttura ospita mostre di autori di caratura mondiale, con l’obiettivo di far dialogare a più livelli la cucina col mondo dell’arte.
Via de’ bardi, 58r Firenze (FI)
Tel. 055214502
www.goldenview.it info@goldenview.it
Hostaria Castello
Aperta da agosto 2021 nell’omonimo sestiere di Venezia, quello più scostato dai circuiti turistici classici, a pochi passi dai Giardini della Biennale e dall’Arsenale, l’Hostaria Castello sorge negli spazi di un’ex agenzia di viaggi specializzata negli itinerari sul treno di lusso dell’Orient Express. Raggiungibile in vaporetto, ma anche a piedi da piazza San Marco, il ristorante conta su appena 18 coperti e del mitico treno blu conserva l’allure delle luci soffuse, il colore verde ottanio dei divanetti capitonné, l’atmosfera intima e sognante di uno scrigno di gusto. La cucina è parzialmente a vista, delimitata da un’originale porta-finestra in legno, che contribuisce a rafforzare il concetto di calore: il mood richiama l’epopea del celebre treno, dall’illuminazione alle maioliche del pavimento fino ai decori del bancone a motivi bizantini. Un dettaglio che non passa inosservato - anzi particolarmente magnetico e perciò molto fotografato - è la Porta blu di Prussia, che rievoca quella arabeggiante in Calle de Mezo, tra Ruga Giuffa e Fondamenta San Severo. Il menù di Hostaria Castello reca la firma dello chef già stellato Luca Veritti e si ispira alla tradizione veneziana di mare e di terra, con tocchi di innovazione e creatività. Tra i piatti in carta non mancano il fegato alla veneziana (nella versione con polentina morbida e salvia croccante), le sarde in saor, i bigoli all’anitra con ragù tagliato al coltello e gli spaghetti con scampi alla bùsara. Lo chef si approvvigiona di materie prime direttamente al mercato di Rialto, trasformando il pescato del giorno in piatti come gli gnocchi di patate con baccalà, pere croccanti e olive taggiasche.
Innovazione
Accanto agli evergreen della cucina veneziana, il menù di Hostaria Castello comprende anche piatti quali il pomodoro con cuore di burrata e salsa al basilico, il cappuccino di patate con le seppie al nero spolverate di cacao amaro, oltre a una specialissima parmigiana di melanzane. Il tocco contemporaneo lo si nota anche dai calamari saltati con crema di finocchi aromatizzata alla vaniglia di Bourbon e mandorle tostate.
Castello, 3476 Venezia (VE) Tel. 3200635359
www.hostariacastello.com info@hostariacastello.com
Fine Dining
CALABRIA
Hyle
Se Antonio Biafora è uno dei talenti più cristallini del fine dining calabrese, Hyle è il progetto nel quale riversa la sua costante ricerca, maturata attingendo a un patrimonio gastronomico internazionale. Il nome del ristorante – inserito all’interno del resort & spa di famiglia a San Giovanni in Fiore, nel cosentino – richiama il nome greco dato alla materia, a ricordare l’abbondanza di legname che una volta caratterizzava la Sila, e pare che questo fosse addirittura il nome originario dell’altopiano calabrese. La curiosità e la sperimentazione sono alla base della personalità dello chef e sono i punti cardine da cui parte anche per la proposta di Hyle, con una consapevolezza matura che lo porta a ricercare i prodotti più interessanti del territorio e a lavorarli utilizzando tecniche contemporanee, provando cotture e abbinamenti ogni volta diversi. Ecco quindi le trote allevate a San Giovanni in Fiore, la capra rustica di Calabria allevata allo stato brado, le quaglie di un piccolo allevatore, fino alla stroncatura, una pasta antica, ruvida e di spiccata acidità, che un tempo era di recupero, ottenuta dalla scopatura del mulino. Il menu di Hyle è studiato da Antonio Biafora per mesi, e già dalle prime battute si evince la grande attenzione verso il mondo vegetale, che è il protagonista assoluto di due piatti di “semplice complessità” come la Pesca con pomodoro e basilico, o la zuppa di Talli e patate. Non meno interessanti le carni, in particolare le animelle di podolica con carote osmotizzate senape e un beurre blanc allentato con un dashi ai funghi porcini, oppure la quaglia servita come una lepre à la royale. Oltre alla carta, Hyle prevede anche due menù degustazione, Pùzaly (11 piatti) e Chjùbica.
Innovazione
Sperimentare è un concetto fondamentale della cucina di Hyle, e attraverso un laboratorio ad hoc si recuperano tecniche o si testano nuovi metodi per lavorare al meglio la materia prima del territorio. Nella ‘credenza delle dispense’, dove una volta si custodivano conserve di pomodoro, vasetti di marmellata, ortaggi sott’olio e molto altro, oggi Biafora trasforma cibi realizzati coi prodotti dell’orto e più in generale del territorio, con l’obiettivo è proiettare la tradizione nel futuro e non perdere il gusto di sapori dimenticati.
Località Torre Garga
San Giovanni in Fiore (CS)
Tel. 0984970722
www.hyleristorante.it info@hyleristorante.it
Insolita Trattoria
Si tratta dell’unico locale in Italia che porta l’escape dinner nell’alta cucina, con una cena-gioco ad indovinelli, dal sapore a tratti surrealista. Che la cucina di Lorenzo Romano – fiorentino, autodidatta, classe ‘89 – sia fuori dagli schemi lo si evince già dal nome del locale, che nel corso degli anni è cambiato da “Trattoria Tre Soldi” a “Insolita Trattoria” a riprova di come la ricerca dello stupore e la sfida alle percezioni visive siano le chiavi di lettura del nuovo corso iniziato pochi anni fa, rompendo una tradizione che durava dal 1952. Abbandonati i canoni della tradizione, con Romano il ristorante ha imboccato con decisione la strada di un divertissement gourmet, con piatti insoliti come il Cheese’nt burger (in cui il formaggio è sostituito da una sfoglia di peperone e il manzo dal pulled pork) o il finto ossobuco sulla linea Milano-Firenze, fino al manifesto dell’Insolita Trattoria, il Ceci n’est pas un tomate, finto pomodoro che strizza l’occhio al surrealismo e cita René Magritte. Un pomodoro che pomodoro non è, ripieno di burrata con gel di pomodoro, pane e olive. Tra i primi dell’Insolita Trattoria, l’effetto sorpresa è mantenuto dalla carbonara, realizzata con crema pasticciera. Inganno per gli occhi, ma non per il palato, è poi la tartare, in cui il tuorlo d’uovo è in realtà una sferificazione di mango. Tra le novità del locale, un menù di pesce... senza nulla che provenga dal mare (né da lago e fiume): una carta in cui ogni portata richiama – solo in apparenza, all’aspetto, ma col sapore pieno – i classici della cucina marinara, ma in realtà è realizzata con ingredienti vegetali e di terra. Un esempio? Il polpo, evergreen tipicamente estivo ma riproposto con materie prime decisamente autunnali.
Innovazione
Sia nella scelta delle materie prime che nella loro trasformazione, e persino negli impiattamenti e nei pairing, il tema dell’innovazione è presente in ogni elemento dell’Insolita Trattoria, declinato come esperienza camouflage: visitare il ristorante di Lorenzo Romano significa cimentarsi col concetto di deception gastronomica, ossia della ricerca di preparazioni e accostamenti inusuali che inducono il commensale a rivedere le proprie certezze in tema di percezioni visive.
In alto, lo chef-pàtron dell’Insolita Trattoria, Lorenzo Romano. In basso, il “polpo” camouflage.
Viale Gabriele D’Annunzio, 4r Firenze (FI)
Tel. 055679366
www.insolitatrattoria.it info@insolitatrattoria.it
SICILIA
Kisté
Una cucina contemporanea in un luogo senza tempo: il nome Kisté è un omaggio alle origini greche della città di Taormina attraverso il restauro e la valorizzazione delle due antiche cisterne greco-romane presenti all’interno dell’antica Casa Cipolla. L’edificio che ospita il ristorante, a due passi dal Duomo e defilato rispetto alle vie più turistiche della città è infatti un monumento sottoposto a tutela specifica già nel 1939, uno dei rari esempi di stile tardo Rinascimento siciliano nella zona di Taormina. Il termine greco è stato motivo d’ispirazione per lo chef Pietro D’Agostino, già proprietario insieme alle sorelle Cinzia e Giorgia del ristorante stellato “La Capinera” sempre a Taormina, che ha voluto declinare la sua filosofia gastronomica nella realizzazione di un ‘contenitore’ di ingredienti e sapori isolani di cui fa parte il marchio IO Pietro D’Agostino, che racchiude e valorizza le materie prime d’eccellenza di piccoli produttori siciliani. Se le ricette e i segreti dello chef Pietro si trovano nel suo libro “Memoria, Creatività, Territorio” (ed. Trenta Editore), i suoi piatti al Kisté restano fedeli al suo rigore nella selezione degli ingredienti, ma interpretano in maniera fresca e contemporanea la tradizione gastronomica di una Sicilia senza tempo. Morena e un team affiatato di giovani promettenti accolgono gli ospiti un’atmosfera romantica e curata in ogni dettaglio. Due i menù degustazione: “Marea”, un viaggio nell’identità di mare in cinque tappe (con selezione di crudité di mare, arancia, limone, mandorla, sale in cristalli; Tagliolini alla curcuma, calamaretti, limone e menta, fino al Calamaro verace con funghi, patate, cialda croccante di riso) e “Isola”, con otto variazioni di terra e di mare sul tema dell’identità siciliana.
Innovazione
Tra le intuizioni più innovative con cui al Kisté lo chef Pietro D’Agostino declina l’universo della Sicilia gastronomica troviamo il Vitellone con tonno e liquirizia o Agnolotti fatti a mano con anatra, caprino e nocciole tostate. Non mancano piatti che giocano sul ricordo di altre tradizioni, come “Ratatouille” (Cavatelli di pasta fresca con stracotto di vitello e peperoni) o “Non è un’anatra alla pechinese” in cui il petto d’anatra è accompagnato da pistacchio, nerello mascalese e funghi.
In alto, lo chef Pietro d’Agostino e Morena. In basso, il caratteristico ingresso di Kisté.
Via S. Maria de’ Greci, 2 Taormina (Me)
Tel. 3313711606
www.kiste.it info@kiste.it
CALABRIA
L’A Gourmet L’Accademia
Èquasi simbiotico, il rapporto che lega questo ristorante sul lungomare Falcomatà di Reggio Calabria al suo chef-pàtron, Filippo Cogliandro. Classe ’69, reggino doc, attraverso la sua cucina riesce a esprimere non soltanto le molteplici sfaccettature gastronomiche del territorio in cui opera, ma anche il suo profondo desiderio di offrire agli occhi dell’Italia un’immagine positiva ed autentica della Calabria, in contrapposizione con gli stereotipi che da sempre caratterizzano la regione oscurandone la bellezza innata. L’Accademia Gourmet non è soltanto il suo ristorante, da tempo punto di riferimento per l’alta cucina, bensì anche galleria d’arte, luogo d’incontro per caffè letterari, nonché il cuore pulsante da cui parte una miriade di iniziative che lo vedono protagonista. La sua ispirazione ai fornelli parte dalla ricerca sulle materie prime e dalla volontà di valorizzare i prodotti territoriali: studioso di sapori dimenticati, Cogliandro è attento ricercatore di gastronomia identitaria, alla quale si approccia in modo non convenzionale, attraverso la riscoperta di tecniche tradizionali arricchite da contaminazioni più innovative. Quattro i menu degustazione presenti all’Accademia Gourmet: “Crudo e cotto” celebra i sapori del mare tra carpacci e crudité ma non tralascia icone locali come la Stroncatura con battuto di tonno crudo, polvere d’oliva ottobratica e salsa d’arancia, limone e bergamotto, mentre “Scilla e Cariddi” oscilla tra lo stoccafisso e la corba rossa. E ancora: il menu “Storico” raccoglie gli evergreen dello chef (come gli strascinati di pasta fresca con spada, riccioli di gamberi e fritto di melanzana) mentre “Fata Morgana” dà spazio alla creatività più contemporanea.
Innovazione
Al di là dell’aspetto culinario, Cogliandro è noto come lo chef anti-racket per essersi ribellato al pizzo e oggi continua a diffondere attraverso la cucina la cultura della legalità. Opera inoltre in Gambia, dove ha cucinato per il Presidente e ristrutturato una scuola attraverso donazioni. Da sempre sostiene progetti sociali come la salvaguardia del patrimonio storico e culturale di Reggio Calabria e viene spesso scelto per prestigiose occasioni di beneficenza. Interpreta infine l’arte in chiave gourmet, organizzando cene a tema ispirate a Boccioni, Dalì o Picasso.
In alto, lo chef Filippo Cogliandro (ph. Mileto). In basso, lo Scampo Mediterraneo alle erbe aromatiche e Sale rosa, Code di Gambero al Mojito, Ostrica Daniel Sorlut.
Largo Cristoforo Colombo, 9 Reggio Calabria (RC) Tel. 0965312968 www.laccademia.it ristorante@laccademia.it
TRENTINO ALto adige
Lampl Stube
Nella piazza centrale di Castelrotto, capoluogo della regione dolomitica Alpe di Siusi, sorge l’Hotel LAMM, un’elegante struttura 4 stelle S che dopo un importante restyling durato un anno e mezzo ha riaperto le porte agli ospiti nel 2018, affidando la cucina allo chef altoatesino Marc Oberhofer e la direzione a Verena Gabrielli, con l’obiettivo di scrivere un nuovo capitolo della storia di questo luogo. Dal lontano 1688, quando era solo una semplice dimora adibita a taverna per i viandanti, l’hotel LAMM è piano diventato un gioiello “raro” nel panorama montano, nei tratti che lo disegnano. A partire dalla collocazione atipica, al centro del paese, senza giardini e prati intorno, che lo rende un’oasi di bellezza da vivere nei preziosi spazi interni. All’interno della struttura l’offerta gastronomica è diversificata, ma sempre in linea con l’alto livello dell’hotel: dal ristorante classico al primo piano che ospita la prima colazione e la cena, si passa poi al Zum Lampl Cafè e Bistrò, vivace punto d’incontro sia per gli ospiti dell’hotel che per gli esterni. Chiude il cerchio la Lampl Stube, regno della creatività e del pensiero dello chef Oberhofer. Un ambiente raccolto, tre tavoli per un massimo di dieci coperti, prezioso nei dettagli, pensato per poter accedere ad un’esperienza esplosiva nel gusto. Qui ogni scelta è fatta nel segno della sostenibilità, scegliendo filiere cortissime - tutto proviene dai masi contadini delle valli limitrofe – e seguendo la stagionalità dei prodotti. I due menu degustazione, Leo (7 portate) e Hanni (5 portate), hanno i nomi dei genitori di Marc, a ricordare le radici della sua passione per il cibo e per la montagna che ispira ogni sua creazione ermetica e sincera.
Innovazione
La Lampl Stube è il regno dell’altoatesino Marc Oberhofer, in cui dare spazio alla propria fantasia gastronomica, alla creatività, alla sperimentazione che si è sempre sentito sottopelle. Tre tavoli, dieci coperti ai quali lo chef propone una cucina che parte dalla montagna, nell’utilizzo di eccellenti materie prime locali da filiera cortissima, interpretata con un tratto contemporaneo ed estremamente libero, come si evince dai piatti stessi: ne è un esempio il Tiroler Grauvieh con pigne, sedano e tendine d’Achille.
In alto, lo chef Marc Oberhofer (ph. Francesco De Marco).
In basso, uno dei signature della Lampl Stube (ph. Francesco De Marco).
Piazza Krausen, 3 Castelrotto (BZ) Tel. 0471706343
www.lamm-hotel.it info@lamm-hotel.it
PIEMONTE
La Limonaia
Ilprogetto gourmet de “La Limonaia” nasce da una speficia esigenza dello chef e proprietario Cesare Grandi: riconsegnare il cibo alla sua dimensione naturale, partendo dall’idea che mangiare sia un atto agricolo e culturale. Nato a Cuneo nel ‘88, Grandi cresce a Torino in una famiglia di medici interrompendo una tradizione generazionale, scegliendo di mettersi al servizio degli altri da una nuova prospettiva: il cibo e la tavola. Il risultato è un luogo dove i sapori si mescolano agli incontri interculturali, dove i terroir vengono onorati e la passione per l’ospitalità si nota in ogni dettaglio. La sala – una grande veranda arredata con un originale mix di oggetti e complementi d’arredo assortiti con gusto - è calda e accogliente. Cuoco autodidatta, si è costruito sui suoi errori e se n’è assunto la responsabilità arrivando col tempo ad un’offerta culinaria di foggia contemporanea, capace di rendere omaggio e giustizia al territorio piemontese pur non assegnandosi confini. Ciò è confermato dai piatti stessi tipici della cucina italiana microclimatica, tra mondo interiore e gestualità. Il menù degustazione, 8 portate con la possibilità di aumentare a 10, è ispirato al mercato e cambia a seconda delle stagioni. Si passa da paste locali come i mandilli in guazzetto di cernia, piselli ed erbe aromatiche o i cazzarielli con erba minestra e parmigiano, fino al brodetto di pesce alla vastese, passando per la zuppa di legumi in vescica. Certificano l’impegno virtuoso del ristorante, sotto tutti i fronti, una serie di certificazioni relative all’uso della plastica, al benessere dei lavoratori sul luogo di lavoro e alla carbon footprint nel settore.
Innovazione
Materie prime scelte di cuore, cucinate d’istinto e disponibili solo per un breve periodo. Questo potrebbe riassumere appieno l’estro e la cucina dello chef Grandi. Ogni suo piatto racconta una storia e ricorda che ogni cultura, ogni tradizione, ogni identità è un prodotto dinamico e instabile. Filosofia ben descritta da piatti come Trucioli e trippe di rana pescatrice in anfora, o come lo scampo alla brace, carpaccio di neretti e insalata di erbe aromatiche.
lo chef
Via Mario Ponzio, 10 Torino (TO)
Tel. 0117041887
www.lalimonaia.org info@lalimonaia.org
Locanda De’ Banchieri
Nel cuore della Lunigiana, a Fosdinovo (Massa), sin dall’apertura questo ristorante gastronomico mira alla valorizzazione delle tradizioni culinarie del territorio al confine tra la Toscana e la Liguria nel rispetto dell’autenticità delle ricette e mettendo in primo piano la sostenibilità. Ciò è frutto del credo del suo chef-patron, Giacomo Devoto, sarzanese classe ’81, e del suo amore sfrenato per la terra dove opera. Dopo una serie di esperienze tra cui quella alla corte di Angelo Paracucchi, nel 2016 torna nella sua città natale e apre ‘Officine del Cibo’ dove concretizza la sua passione per la pizza napoletana e la cucina ligure, ma nel frattempo si dedica anche a un nuovo progetto di ospitalità e cucina a Caniparola di Fosdinovo, vicino Sarzana. Vede così la luce nel 2021 ‘Locanda de Banchieri’, all’interno di una villa padronale del ‘600, dove Devoto propone una cucina fondata sulla ricerca e l’interpretazione della cultura gastronomica della Lunigiana e basata sulle produzioni dell’azienda agricola di proprietà. Nel giro di pochi mesi, entra a far parte dei locali della guida Michelin e si pone come punto di riferimento per il settore gastronomico. Il ristorante si articola tra una sala interna e una nuova esterna panoramica dallo stile country impreziosito da arredi di modernariato e complementi di design. Nella cucina di Giacomo Devoto, mare, terra e vegetali sono protagonisti assoluti, con interpretazioni rigorose degli ingredienti di propria produzione (circa il 70% del fabbisogno di materie prime, dalle verdure agli ortaggi di stagione, dall’olio alle carni, dalle uova alle erbe spontanee, proviene dalla sua azienda agricola).
Innovazione
Da un lato la dedizione per la sua terra dall’altra la volontà di diversificare e sperimentare nuove proposte ha portato Devoto a concretizzare in tre diverse proposte di degustazione (Portus Lunae, Alpi Apuane e Dita di Nettuno, Vapor della Val di Magra), una cucina che – nel nome dei menu come nelle materie prime che li compongono – prende spunto dalle radici gastronomiche ma che va oltre al già noto.
alto, lo chef Giacomo Devoto. In basso, la vista da un
Via Porredo, 32 Caniparola di Fosdinovo (MS) Tel. 3331849263
www.locandadebanchieri.it info@locandadebanchieri.it
LOMBARDIA
Mamìe
Dal Salento alla Brianza, portando con sé un patrimonio di saperi e sapori tradizionali: è un’eredità familiare e territoriale a metà strada tra la Puglia e l’Île-de-France, quella che la chef Maria Rosaria Peluso ha portato con sé nel ristorante Mamìe a Monza, mettendo a punto una cucina mediterranea e innovativa, con grande attenzione alla convivialità. Essenziale, elegante, moderno ma anche profondamento legato alle radici domestiche, le stesse di quella ‘nonna’ che dà il nome al locale (in francese, ‘mamie’ indica proprio il termine affettuoso con cui i nipoti si rivolgono alla loro nonna): non è un caso che il locale abbia visto la luce in occasione della nascita della prima nipote di Maria Rosaria Peluso. Originaria di Corigliano d’Otranto, la chef classe ’70 ha avviato la sua carriera nella ristorazione nel 2014, insieme al marito Fabio, maitre, e alla figlia Francesca, oggi pastry chef e suo braccio destro. La cucina del Mamìe si distingue per la volontà di esaltare il gusto, combinando semplicità e innovazione attraverso l’uso di materie prime di alta qualità e tecniche culinarie moderne. Principi e idee che si ritrovano nel menu degustazione “Acqua azzurra, acqua Chiara” dedicato ai piatti di mare e articolato su sette portate. Proprio per tenere viva l’attenzione sui piatti, il design del locale è stato studiato affinché non offra troppe distrazioni, con arredi e complementi minimal uniti a una mise en place discreta e raffinata. Un altro valore aggiunto è la cantina, in continua evoluzione: presenta oltre cento etichette, con una selezione di vini che offre una panoramica completa di referenze nazionali e internazionali, con propensione alla ricerca di cantine di nicchia.
Innovazione
La cucina del Mamíe è un viaggio dal sud al nord Italia – ponte tra il passato ed il presente della chef Maria Rosaria Peluso - alla ricerca dell’autenticità dei sapori. Ne sono esempi il tagliolino 30 tuorli con cozze, friggitelli e pecorino d’Amatrice, così come il riso Carnaroli accompagnato dalla luganega, Grana Padano e Marsala, oppure ancora la cotoletta di pesce spada con maionese al sesamo, cipollotto verde saltato e zest di limone. Da provare anche il baccalà CBT con pomodorino giallo, riduzione di pizzaiola, salsa ai broccoli e acciughe.
la
Via Arrigo Boito, 68 Monza (MB)
Tel. 3317565596
www.ristorantemamie.it info@ristorantemamie.it
lombardia
Mistral – Villa Serbelloni
Situato all’interno del Grand Hotel Villa Serbelloni – dimora di charme da oltre un secolo punto di riferimento dell’accoglienza al più alto livello sul Lago di Como – il ristorante Mistral, inaugurato nel 2004, trae il suo nome dal vento di Maestrale che spira da nord ovest. Gli arredi in legno antichi, i tappeti persiani, i lampadari di Murano donano un’allure elegante e accogliente alla sala interna con i tavoli rotondi dalla mise en place impeccabile, per un totale di 40 posti a sedere. Fiore all’occhiello è la luminosa veranda che accoglie alcuni tavoli per una ventina di sedute, da cui godere di una vista panoramica sul lago e sulle montagne del promontorio. È in questa atmosfera un po’ sospesa nel tempo e nello spazio che da quasi 25 anni opera lo chef Ettore Bocchia, portando in tavola proposte di cucina fine dining che nascono dai suoi studi e dalla codificazione della cucina molecolare italiana oltre alla ricerca della qualità assoluta della materia prima. L’esclusività e il pregio degli ingredienti sono da sempre alla base della filosofia di chef Bocchia, che nel menu si concretizza in piatti dove ogni elemento è stato studiato e lavorato per esaltare al meglio caratteristiche e sapori, così da regalare una esperienza gastronomica autentica e unica. Ne sono un esempio i tortellini di pavone o il prezioso foie gras “etico” servito in un “trio” ricco di sfumature. Quest’anno, il Mistral propone un menu degustazione da 7 portate e una nuova carta che riassume i piatti signature dello chef – dal Fondente di ostriche (rivisitazione in chiave gourmet del classico antipasto russo) al Rombo assoluto, fritto in una miscela di zuccheri - uniti ad alcune novità.
Innovazione
Avendo ai fornelli il padre della cucina molecolare italiana, non c’è da stupirsi che proprio le tecniche innovative siano alla base della proposta gastronomica del Mistral, che ne garantisce la più alta valorizzazione. Classe ‘65, originario della bassa parmense, negli anni Ettore Bocchia ha creato ben 7 tecniche inedite di lavorazione in cucina, tra le quali il gelato raffreddato con l’azoto liquido e la frittura negli zuccheri, valorizzando ingredienti come il patè etico, l’olio Etereo, i granchi della Kamčatka.
In
Via T. Olivelli, 1 Bellagio (CO)
Tel. 031956435
www.villaserbelloni.com
mistral@villaserbelloni.com
N’uovo Vino e Cucina
Situato all’interno della struttura ricettiva Antico Borgo di Sutri, nell’omonima località della Tuscia, in un luogo che conserva lo spirito antico della sua terra, il ristorante è frutto dell’intuizione dei proprietari della struttura, Francesca Pozzi e Federico Fortin, che insieme al direttore Riccardo De Santis hanno creduto fortemente in un progetto gastronomico di livello e con un’identità autonoma, pur contestualizzata nella struttura di un hotel 4 stelle. Con 35 coperti nella sala del camino nelle stagioni più fredde e una terrazza panoramica per 30 persone nei mesi estivi, il ristorante si sviluppa attorno alla figura dell’executive chef Simone Lezzerini, figlio d’arte (proviene da una famiglia di ristoratori e produttori di olio e vino) arrivato a Sutri nel 2023 dopo alcune esperienze in ristoranti stellati. Lo chef – formatosi alla corte di Salvatore Testagrossa, Domenico Stile e Davide Pulejo - propone una cucina del territorio legata alla ricerca e alla lavorazione di ingredienti e materie prime locali, con abbinamenti e tecniche innovative. Rispetto a molti ristoranti gourmet, inoltre, nel caso di N’uovo Vino e Cucina il valore aggiunto sta nello stretto rapporto tra piatti e location: il gioco multisensoriale (vista, gusto e olfatto) si ritrova sia nei piatti di Lezzerini sia nell’atmosfera rurale del borgo. Il mix di eleganza e concretezza, evidente sia nella carta che nei due menù degustazione (da 5 e 7 portate), si traduce in piatti dal sapore autentico che partono dalla tradizione e dai trucchi di cottura provenienti dalla cucina popolare di campagna e dal fuoco, valorizzando i prodotti locali più poveri rendendoli i veri protagonisti del piatto.
Innovazione
Attento all’uso di erbe spontanee, Simone Lezzerini ha il merito di aver portato nell’haute cuisine gli ingredienti e le preparazioni caratteristiche della Tuscia, come nel caso del Risotto al latte proveniente da un piccolo produttore locale, con robiola affumicata al fieno, crescione e alloro. Ciò vale anche per piatti come il Raviolino di pane raffermo, con cipolla bianca di Nepi, Parmigiano 36 mesi e vaniglia, oppure per gli Spiralotti con susine, estratto di selvaggina e polvere di genziana.
Strada Statale Cassia Km 46.700 Sutri (VT) Tel. 0761586988 – 3783047224 www.nuovovinoecucina.it info@nuovovinoecucina.it
LOMBARDIA
Nabucco
Situato a Brera, nel cuore di Milano, Nabucco nasce nel 1970 come incontro tra la storia della tradizione e l’evoluzione della contemporaneità: deve il suo nome sia al compositore Giuseppe Verdi, di cui mostra un grande ritratto, sia al vicino Teatro alla Scala, ed è sin dalla sua nascita un punto di riferimento per il pubblico milanese e internazionale. Il locale, ristrutturato ex novo, evoca le vibrazioni dell’Opera verdiana in un design moderno: marmi pregiati, che giocano tra tonalità chiare e scure, caratterizzano tutto il locale rendendolo lussuoso con discrezione. Le venature dei marmi, morbide e sinuose, regalano leggerezza a tutto l’ambiente. Tendaggi raffinati e luci soffuse scaldano l’atmosfera, mentre sulle pareti fanno mostra di sé i soggetti che evocano i racconti della famosa opera verdiana che dà il nome al locale. Il menu, creato dallo chef Raimo Chiacchiera accordando le sinfonie del passato e del futuro, propone piatti iconici conosciuti in tutto il mondo ispirati alle rinomate eccellenze del territorio italiano. Le materie prime, insieme allo studio dei sapori, hanno un’importanza cruciale nell’elaborazione dei piatti. Pranzo e cena si trasformano in percorsi esperienziali che toccano tutte le tonalità della gastronomia italiana. La scelta è tra il menù degustazione “Conosciamoci” da 5 portate e la carta, in cui spiccano i Mondeghili della tradizione con salsa al melone cantalupo e fonduta di Grana Padano, il Tortello ripieno di carbonara e fonduta di pecorino romano Dop, o il Rombo con chips e cremoso di zucchine alla scapece. Fuori pasto è invece disponibile una selezione di tapas.
Innovazione
Nabucco da gustare, ma anche da bere: la componente più innovativa sta nel pairing con una drink list variegata e ricercata, con cocktail esclusivi creati ad arte per sedurre il palato. Gin, rhum, whisky scozzesi e whiskey irlandesi e raffinati distillati: i cocktail vanno dai più famosi ai signature inediti. La lista è stata studiata appositamente per abbinarsi ad alcuni piatti del menu, mentre la carta dei vini propone etichette pregiate provenienti da cantine altamente selezionate.
Via Fiori Chiari, 10 Milano (MI)
Tel. 02860663
www.nabucco.it
info@nabucco.it
Se c’è uno chef italiano che da sempre è icona di innovazione e avanguardia, quello è il friulano Terry Giacomello. Anche a Brenzone sul Garda lo chef ha creato un luogo incentrato su passione, ricerca e sperimentazione, pilastri portanti del laboratorio culinario in cui lo chef cerca di appagare la sua infinita curiosità. Se la sua filosofia di cucina è all’insegna dell’avanguardia, in cui ogni percorso utilizza ingredienti di prossimità, i suoi piatti sono viaggi nei sapori che coinvolgono in modo immersivo vista, olfatto e tatto. Da qui la scelta di far vivere l’esperienza gastronomica in un ambiente volutamente minimale e intimo tra acqua, terra e cielo, in quella parte del lago di Garda che può dirsi crocevia di culture nordiche e mediterranee, una sorta di “micromondo” dal design contemporaneo e minimale inserito all’interno del Belfiore Park Hotel. Al centro del progetto c’è proprio Giacomello, formatosi alla corte dei maggiori chef europei (da Ferran Adrià ad Andoni Luis Aduriz, da René Redzepi ad Alex Atala, da Marc Veyrat a Michel Bras) e oggi autore di piatti – al tempo stesso tecnologici e artigianali - che paiono arrivare spesso da un mondo onirico fatto di tecnica e gusto, utilizzando prodotti tipici e preparazioni tradizionali riviste in chiave innovativa. Sono presenti due menù degustazione, uno da 11 portate incentrato sulle memorie dello chef e uno in 15 tappe dove lo chef dà sfoggio del suo estro con piatti come il Latte di seppia e garum, il Succo di papavero, la Pinna di tonno con sale bushi e aceto di prugna o il Cordyceps con avena tostata. A corredo dell’esperienza culinaria, infine, all’interno della sala sono esposte opere d’arte realizzate per trasmettere la sensazione di trovarsi in un ambiente dove la creatività è di casa.
Innovazione
Tra le numerose particolarità che rendono unico Nin c’è il menù stampato su un foglio di carta materica, riciclata, piegato ad hoc e pensato per essere lasciato ai clienti come ricordo dell’esperienza: all’interno c’è uno spazio dove scrivere pensieri in libertà e sensazioni a caldo generate dai piatti. Inoltre, i centritavola sono realizzati usando pezzi di legno scolpiti e modellati dal tempo e dalla forza delle acque, raccolti nel greto del fiume che scorre vicino al paese natio dello chef Terry Giacomello.
Via Zanardelli, 5 Brenzone sul Garda (VR) Tel. 0457420179 www.ristorantenin.it info@ristorantenin.it
NUH Osteria Contemporanea
Nel cuore del centro storico di Tivoli, NUH racconta una storia di passione, autenticità e impegno per l’eccellenza gastronomica. Fondato nel 2021 da una coppia di lunga data - Andrea Rinaldi e Isabella Capriotti - è ben più di un semplice ristorante, unendo il calore dell’osteria, l’informalità della convivialità e l’eleganza della cucina contemporanea. Nativo del posto, lo chef Andrea Rinaldi porta con sé un bagaglio di esperienze professionali che hanno plasmato il suo percorso verso la creazione di piatti unici: guidato dalla passione per la cucina autentica e stagionale, ha abbracciato un approccio innovativo che unisce tecniche moderne alle tradizioni culinarie italiane. Il risultato? Piatti che trasudano passione, creatività e un profondo rispetto per gli ingredienti, in primis quelli dell’azienda Agricola Capriotti, della famiglia di Isabella. Il menù cambia con le stagioni (talvolta ogni 4/8 settimane) e propone anche tre percorsi degustazione di 4 portate: mare, terra, vegetale, tutti cuciti su misura dell’ospite in base ai suoi gusti e alle sue esigenze. Tra gli antipasti non manca la Tartare di fassona con polvere di porro bruciato e brodo speziato; oppure il Carpaccio di pescato con salsa ponzu, coulis ai frutti rossi, capperi e cipolla in osmosi. Si passa ai primi piatti con la Fettuccina acqua e farina, pomodorino alla brace marinato con mentuccia e vaniglia, dadolata di pesce bianco; oppure il Pacchero gratinato al forno farcito con ragù di vacca vecchia, cruditè di zucchine romanesche locali e grana di pecora. Tra i secondi, infine, un piatto che è l’emblema della sostenibilità: la vacca alla cenere con il suo concentrato, erbe amare ai ferri ed emulsione di bagna cauda. Ad accompagnare il tutto, una carta dei vini con oltre 250 etichette e 40 referenze di distillati.
Innovazione
Oltre all’aspetto gourmet, Nuh Osteria Contemporanea è anche un punto di riferimento per la sostenibilità e l’innovazione nel settore della ristorazione: il locale è infatti stato arredato utilizzando due alberi da cui si son potuti ricavare i tavoli in legno massello allestiti nella sala dal design nordico con i suoi 28 coperti. Le pareti sono invece impreziosite dalle opere d’arte degli artisti Ennio Calabria, Franco Angeli e Maurizio Monaco. Cura dunque per i dettagli, dall’arredamento del locale, realizzato con materiali eco-friendly, alla filosofia culinaria incentrata sull’utilizzo responsabile delle risorse.
In alto, Andrea Rinaldi e Isabella Capriotti. In basso, uno dei piatti proposti da Nuh Osteria Contemporanea.
Via della Missione, 56 Tivoli (RM)
Tel. 0774282912
www.nuhosteriacontemporanea.com info@nuhosteriacontemporanea.com
FRIULI VENEZIA GIULIA
Oro Nero
Realizzato in una teca di vetro incastonato nella quiete della natura incontaminata a Sauris, uno dei borghi rurali più alto del Friuli, il ristorante Oro Nero gode dell’incantevole vista delle montagne che si specchiano nel lago. L’utilizzo delle materie prime a chilometro zero come il prosciutto Wolf di Sauris, i formaggi ed il burro di malga, le erbe raccolte a mano e i frutti rossi delle vicine frazioni - unito ad una forte propensione al ricordo e a un estro creativo ed innovativo - sono le componenti che ben si equilibrano nello stile di cucina di Andrea Pilo. Lo chef, classe ‘91, crea i suoi piatti tenendo protagonista il sapore e la soddisfazione del palato con quel pizzico di divertimento che rispecchia il suo carattere e coinvolge i commensali. Il menù degustazione “Sentieri”, articolato su sei portate alla cieca, passa attraverso i migliori piatti della carta e permette agli ospiti di vivere un’esperienza gustativa divertente, completa ed equilibrata, meglio ancora se accompagnata dall’abbinamento vini proposto dalla cantina personale della maître e sommelier Barbara, attentamente selezionata ed in costante evoluzione. Il ristorante è aperto dal 2021: in un’atmosfera ovattata, intima e confidenziale spiccano gli arredi - molti dei quali realizzati da artigiani del territorio - capaci anch’essi di rispecchiare la filosofia dei titolari: alcune delle materie prime grezze, come pietra e legno di recupero, arrivano proprio dai resti della tempesta Vaia, a voler ridare nuova vita a ciò che ha rischiato di essere spazzato via.
Innovazione
Lo chef Andrea Pilo e la moglie Barbara Antonini si dividono tra cucina e sala dando vita ad un ristorante dalla filosofia contemporanea ma fortemente legato ai sapori tradizionali della cucina italiana, con forte propensione al ricordo e costante ricerca d’innovazione. Ne sono esempio i suoi piatti signature, come il piccione in due cotture accompagnato dal suo fondo all’amarena, con arachidi e scalogno agrodolce, oppure il Pomod.. Oro Nero: cioccolato morbido e croccante, nocciole, terra di cacao, cioccolato bianco e tartufo.
Località La Maina, 10 Sauris (UD) Tel. 0433786230 www.ristoranteoronero.it info@ristoranteoronero.it
PIEMONTE
Osteria Arborina
Da un punto di vista gastronomico, ciò che l’immaginario proietta sul territorio delle Langhe è legato a doppio filo a una sedimentazione di sapori e tradizioni, dal vino ai tartufi. Ma poco distante dal borgo di La Morra, all’interno del boutique hotel Arborina Relais, il ristorante Osteria Arborina e il suo chef Fernando Tommaso Forino attingono a tale patrimonio come base di partenza per un’evoluzione tutt’altro che banale. Inaugurato nel 2015 da Rossana De Gaspari, che tutt’oggi porta avanti il progetto con passione e dedizione, il relais racchiude già nel nome un chiaro messaggio: un omaggio a uno dei cru che caratterizzano le vigne intorno alla struttura (“Arborina”, o ‘arbeut’ nel dialetto piemontese, significa “germoglio”). Ed è proprio attorno alla natura e alle bellezze del territorio, che si sviluppa la filosofia di Arborina Relais e delle sue 10 suite: benessere all’insegna della sostenibilità. A declinare in chiave gastronomica queste parole chiave è stato chiamato dal 2023 lo chef campano Fernando Tommaso Forino, classe 1990, che gestisce sia Osteria Arborina sia il bistrot The Lab. Da poco rinnovata e pensata per un massimo di 24 coperti, la sala di Osteria Arborina si presenta come un ambiente spazioso e molto luminoso grazie alle ampie vetrate che si affacciano sulla piscina e sulle colline delle Langhe: lo stile è ricercato e minimal, il legno di rovere si contrappone a finiture in ferro scuro e a moderni tavoli rotondi e poltroncine in cuoio. La cucina a vista regala agli ospiti un pizzico di curiosità e la mise en place semplice permette di apprezzare la puntualità del servizio al tavolo, mai sopra le righe. Da provare le Alici in verde o il Risotto (che cambia con la stagionalità), così come il Tomino cotto alla brace con mayo al peperoncino e miele.
Innovazione
Gli elementi che lo chef Fernando Tommaso Forino ha saputo coltivare sono immaginazione e creatività, oltre al “pensiero laterale”, una predisposizione ludica e la capacità di stupire creando piatti che evocano ricordi legati alla tradizione in un’ottica fantasiosa e talvolta stravagante. Alla base dei suoi due percorsi degustazione – “Distanze che si incontrano” e “Senza Regola” – ci sono concetti come il ‘no waste’ e la volontà di stupire i commensali ad ogni portata senza abiurare tradizioni e territorio.
Via Annunziata, 27 La Morra (CN) Tel. 0173500340 www.arborinarelais.it/osteria osteria@arborinarelais.it
La Parolina di Trevinano
Anche se geograficamente afferisce al Lazio, il ristorante della chef Iside De Cesare e Romano Gordini attinge a piene mani al patrimonio enogastronomico di tre distinte regioni, grazie alla vicinanza con l’Umbria e la Toscana. Questa intersezione culinaria, tra Acquapendente e San Casciano dei Bagni – dominata dal paesaggio collinare punteggiato da pascoli di Chianine – insiste sul piccolo borgo medievale di Trevinano, feudo della chef che da oltre un decennio vanta una stella Michelin. Il ristorante gode di una terrazza con vista, mentre all’interno la sala è ampia e abitata da tavoli tondi di grande respiro. La convergenza delle tre identità si mostra anche nella selezione delle materie prime, che oscillano tra i funghi dell’Amiata e i tartufi delle crete senesi, tra gli asparagi di Canino e le nocciole dei Monti Cimini, senza dimenticare i legumi umbri e i tanti prodotti ittici provenienti dal vicino lago di Bolsena e dal mar Tirreno. Questi e altri ingredienti sono alla base sia del menù alla carta che dei due percorsi degustazione, “La Tuscia nel piatto” ed “Emozioni”. Tra i piatti signature di Iside De Cesare, gli Spaghetti di farro alla chitarra con broccoli e caviale, così come il Carciofo alla romana profumato alla liquirizia. Allo stesso modo, il Coniglio leprino mostra tre diverse tecniche di cottura: la coscia glassata con salsa alla carota, la pancia porchettata con maionese al finocchietto e un taco di coniglio alla cacciatora. Infine i dolci, con ‘Italia squisita’, il disegno dello stivale su un vassoio composto attraverso ben 15 dolci, in versione super-mignon, a rappresentare le tipicità golose del Bel Paese.
Innovazione
Tra i piatti che rendono meglio l’idea di una cucina gourmet a cavallo di tre diverse tradizioni c’è il finto caviale a base di lenticchie nere di Onano, oppure gli asparagi di Canino serviti con tartufo, cioccolato e caffè. Da segnalare poi i Cappelletti ripieni di cinta senese con brodo progressivo, un gioco di sapori che stimola il palato a crescere di intensità variandone il gusto, attraverso l’aggiunta di una gelatina di brodo affumicata prima e di un estratto di alloro poi.
Via Giacomo Leopardi, 1 Trevinano (VT) Tel. 0763717130 www.laparolina.it laparolinaristorante@gmail.com
Il Patriarca
Realizzato completamente in pietra e non distante dalle mura storiche della cattedrale di Bitonto, la creatura gastronomica dello chef Emanuele Natalizio nel cuore della cittadina pugliese rispecchia fino in fondo la passione del suo pàtron per l’olio extravergine d’oliva, e in ogni suo piatto “Il Patriarca” porta in tavola l’abbinamento ideale con le migliori cultivar del nostro Paese: il ristorante di Bitonto, già premiato come il miglior locale in Italia per l’uso dell’olio Evo, è un vero e proprio tempio dell’alta cucina legata a questa materia prima. Il grande lavoro di divulgazione dell’alimento principe della dieta mediterranea da parte dello chef Natalizio risale al 2008 e vede la collaborazione dell’Università di Bari. Col tempo, la passione di Natalizio per l’olio ha fatto sì che la ricchezza gastronomica pugliese incontrasse la ricerca e la sperimentazione dando vita a una cucina ispirata e centrata. Di conseguenza, nella filosofia del ristorante dal 2010 ogni sua ricetta è diventata “oleocentrica”, dall’antipasto al dessert: il percorso degustazione cambia ogni due mesi e con esso il relativo abbinamento di oli – è presente una carta di oltre 70 oli, pugliesi e non, a partire dalle cultival locali come coratina, ogliarola e peranzana - seguendo la stagionalità e ciò che offre il mercato in un determinato momento. Analoga attenzione viene riservata al mondo della pizza, che completa l’offerta gastronomica del Patriarca: anche qui, insieme all’attenzione agli impasti (farine biologiche, semole pugliesi e farine speciali alla canapa sativa, alla carruba, al farro o multicereali) e alle corrette lievitazioni, l’utilizzo del corretto olio extravergine d’oliva è un must.
Innovazione
Per chef Natalizio l’olio Evo è un ingrediente, non un mero condimento. Questo principio si traduce in abbinamenti come quello tra la Burrata con battuto di gamberi rossi, gazpacho di pomodoro e peperone, e olio di Olivastra, oppure in un baccalà mantecato con vongole, cozze e gambero rosso crudo marinato in un brodo caldo di vongole, con velo di carpaccio di seppia e peperone crusco, viene abbinato una Nocellara, intensa e profumata. E se sulla frisella di semola va la Coratina, sul filetto di Pesce San Pietro con zuppetta di acqua di crostacei, scampi e gamberi ecco che si abbina una Peranzana.
In alto, lo chef dell’olio Emanuele Natalizio. In basso, la sua ostrica rivisitata valorizzando l’extravergine d’oliva.
Via Beccherie Lisi Bitonto (BA)
Tel. 0803740840
ilpatriarca1976@libero.it
LOMBARDIA
Pellico 3
Ristorante fine dining situato nel centro città, di fronte alla Galleria Vittorio Emanuele II, a due passi dal Teatro alla Scala e da via Montenapoleone, Pellico 3 Milano consente di vivere un’esperienza culinaria inedita in un ambiente luminoso e accogliente, all’interno dell’hotel 5 stelle lusso Park Hyatt Milano. Riprogettato nel 2022, sotto la guida dell’executive chef Guido Paternollo porta avanti un concetto di assoluta leggerezza ed equilibrio, legato alla cultura mediterranea anche nella scelta delle tonalità, dal giallo delicato al marrone, fino al verde fresco con sfumature bianche e viola. Articolato su 28 coperti nella sala principale più 10 nella sala privata, il ristorante reca l’impronta di Paternollo, arrivato alla guida del ristorante al termine di un viaggio ricco di passioni e scoperte che lo ha portato dalla laurea in Ingegneria alla vetrina culinaria di Pellico 3 Milano, dopo passaggi alla corte di Enrico Bartolini (Mudec), Marc Veyrat (Maisoin des Bois), Yannick Alléno (Pavillon Lodoyen) e Alain Ducasse (Plaza Athénée). Il suo è un approccio materico alla cucina, di cui ama l’artigianalità e la versatilità: pone la tecnica al servizio degli ingredienti, di cui carpisce l’essenza restituendola in piatti memorabili. Tra giochi cromatici, tradizione e consistenze, quella di Guido Paternollo è una cucina che ruota attorno ai prodotti della terra, alla sperimentazione, all’idea del “qui e ora”, in evoluzione e non cerebrale. Il risultato? Sapori netti e riconoscibili, che arrivano subito al palato. Tra i suoi signature il Tortello, ricotta di pecora, ‘Nduja, melograno e le verdure di stagione cotte e crude ed i loro condimenti.
Innovazione
Al Pellico 3 Milano lo chef propone due menu: un menu stagionale fatto di sapori ed ingredienti del mediterraneo ed il menu
La Mia Città, in cui rivisita alcuni dei piatti più rappresentativi di Milano, sua città natale. I piatti, che sono semplici all’apparenza ma complessi nella realizzazione, raccontano il suo percorso professionale fatto di continua ricerca. La sua idea di sostenibilità in cucina va invece oltre la scelta degli ingredienti, abbracciando anche la capacità di sostenere uno staff.
Via Silvio Pellico, 3 Milano (MI)
Tel. 0288211236
www.pellico3milano.it pellico3.milano@hyatt.com
Peperosa
Ha il sapore di una sfida, la scelta di portare una cucina fine dining sulla costa settentrionale della Sicilia, davanti alle Eolie, in una cittadina di mare come Capo d’Orlando – dove Gino Paoli trovò ispirazione per la sua “Sapore di sale” – ma in un contesto non così avvezzo alla contemporaneità. A rendere ponderata questa sfida è il know how degli imprenditori che hanno voluto realizzare il Peperosa all’interno del porto turistico inaugurato nel 2017, i fratelli Miriam e Antonio Magistro. I due hanno creato uno spazio con pochissimi posti – 25 all’interno più 40 all’esterno, affacciati sul molo da cui arrivano e partono eleganti barche a vela e yacht di ospiti internazionali – dallo stile essenziale, con una cantina d’eccezione curata da Giuseppe Migliazzo, con oltre 650 referenze italiane e internazionali. Proprio il mondo dei diportisti è il primo target del ristorante, che sta avvicinando i residenti della zona a una cucina d’alto livello. Prima ancora di sfogliare il menù, che si tratti di un ristorante diverso dal solito lo si evince già dall’estetica, dal concept contemporaneo seppur accogliente. La cucina è affidata allo chef Domenico Perna, classe ’94, siciliano di nascita ma formatosi in importanti realtà sia italiane che estere. Nei tre percorsi degustazione - Sicilia Discovery (6 portate), Nuove rotte e Rivoluzione vegetale (7) – trovano spazio tanto la Sicilia quanto luoghi, tecniche e materie prime di tutto il mondo, frutto delle esperienze di viaggio dello chef. Nei suoi piatti è presente anche con una costante nota acida – che diventa sempre più importante nei tre menu degustazione – data da agrumi e aceti (di melograno, riso, Champagne). A curare la pasticceria è infine Alessio Magistro, fratello dei titolari, diplomato Alma.
Innovazione
A Capo d’Orlando, la cucina del Peperosa gioca sul filo dell’omaggio alle materie prime del territorio siciliano, ma con tocchi tutt’altro che marginali mutuati dalle tradizioni culinarie orientali ed un’attenzione piuttosto spiccata al mondo vegetale, com’è oggi di assoluta tendenza. Ma non è tutto: lo chef Domenico Perna usa frequentemente fermentazioni, marinature e ossidazioni, come dimostra il signature “Ventresca dimenticata” (ventresca di tonno frollata 150 giorni, caramello di carruba e Olandese all’acque di Porro fermentato).
In alto, i tavoli del ristorante Peperosa sul porto turistico di Capo d’Orlando. In basso, uno dei piatti dello chef Domenico Perna.
Contrada Bagnoli, Porto Turistico Capo d’Orlando Marina (ME) Tel. 0941426076 www.ristorantepeperosa.com info@ristorantepeperosa.com
TRENTINO alto adige
Peter Brunel Ristorante Gourmet
Non ha abbandonato il “suo” Trentino anche mentre cucinava in giro per l’Italia e la Francia, e ora che da qualche anno è tornato nella regione di nascita, lo chef Peter Brunel si è dedicato a tessere un filo ideale tra le proprie radici e le esperienze che ha accumulato, mescolando il tutto con la sua anima di artista. Non è un caso che lo chef classe ’75 originario della Val di Fassa abbia voluto chiamare col proprio nome il ristorante, non lontano dalle sponde del lago di Garda, ad Arco: il locale riflette infatti lo stile e lo spirito del suo pàtron, affiancando a una proposta gastronomica di foggia contemporanea la creazione degli interni stessi del locale, articolati in una sala gourmet e un dehor con vista sul giardino. Il risultato è un luogo pensato per offrire una piacevole esperienza gourmet, a partire dall’accoglienza - con divani e poltrone dove sorseggiare l’aperitivo in attesa della cena o dove concluderla con un caffè con vista sulla cantina. Spaziando tra la carne e il pesce, il menù di Brunel si pone a cavallo tra le materie prime del territorio e quelle del resto d’Italia e del mondo, attraverso contaminazioni di volta in volta Nikkei, mediterranee e persino di ambito letterario. Oltre alla carta, la proposta culinaria del ristorante propone un percorso degustazione e un business menù, tutti accomunati dalla filosofia di sperimentazione e rispetto delle materie prime propria dello chef: piatti inequivocabilmente gourmet, che raccontano i suoi viaggi e gli anni di ricerca. Tra i signature di Peter Brunel da non perdere, Uovo-Top (uova di gallina, di trota, di seppia, di storione e topinambur) e il Nigiri di foie gras.
Innovazione
Un intero menù è dedicato a Gabriele D’Annunzio e alla sua epopea, a partire dal Tramezzino 1926 (anno di nascita del sandwich, col Vate ideatore del nome) con uova, lattuga, tonno, perle di tartufo e peperoncino accompagnato da un twist sul Negroni, fino all’Elogio ai can-nel-lo-ni (Ricotta, bieta, astice, pasta di grano duro, beurre blanc, pomodoro, tartufo e caviale. Tra citazioni dannunziane e richiami all’Abruzzo, il menù termina con una rivisitazione del Parrozzo abruzzese a base di uva, mele e arance.
Via Linfano, 47 Arco (TN) Tel. 0464076705 www.peterbrunel.com ristorante@peterbrunel.com
Pierluigi
Nella piazza davanti a Palazzo Ricci, il ristorante Pierluigi è considerato una delle tavole di pesce più esclusive della Capitale. Le sue origini affondano al 1938, ma all’epoca il locale aveva tutt’altra identità: Roberto Lisi lo rilevò nel 1980 ed oggi titolare è il figlio Lorenzo. La proprietà ha portato modifiche ingenti alla struttura, ampliandone gli spazi fino agli attuali 200 coperti tra sala interna ed esterna, mantenendo una cucina al passo coi tempi. Se infatti è rimasta costante l’impronta di grande accoglienza, negli anni Pierluigi è diventato un ristorante di foggia contemporanea. Per l’80% la proposta gastronomica è vocata ai piatti di mare, e ai fornelli c’è dal 2022 lo chef casertano Fabrizio Gagliardi, classe ‘89, che ha sposato la visione della proprietà per una cucina italianissima, concreta, diretta, frutto di ricerca sulla materia prima. L’attenzione agli ingredienti, tangibile anche nella sontuosa mostra del pesce all’ingresso, si traduce nell’uso di pesce proveniente dai mari italiani che arriva tutti i giorni grazie al rapporto di fiducia coi maggiori fornitori del territorio. Il menu – che prevede varianti vegane e gluten free - non disdegna proposte classiche, ma offre il giusto spazio a creazioni che strizzano l’occhio alla contemporaneità. Non mancano la pasta con l’astice o con l’aragosta, come pure gli spaghetti con le vongole e la tagliatella di calamaro che è il signature insieme alla catalana di gambero. D’estate spazio a piatti come il Risotto alle erbe, asparagi bianchi, robiola e cipolle in agrodolce oppure il Filetto di palamita marinata al finocchietto, e ancora il Tonno panato nel panko e crema di melanzane. Il tutto accompagnato da un servizio sartoriale e una cantina con 2000 referenze e 14mila bottiglie.
Innovazione
Oltre alla carta, è possibile scegliere un’ampia varietà di “fuori menù”, frutto proprio dell’alternanza del pescato del giorno. Da ogni crostaceo, da ogni pesce esposto nascono almeno tre creazioni diverse, per cottura e preparazione, tra antipasti, primi, secondi. A riprova della grande flessibilità, possibile anche grazie a una brigata di 25 persone, un gambero appena arrivato da Gallipoli viene servito crudo, ma a richiesta può anche condire una pasta o diventare un secondo se appena scottato e servito con delle verdure di stagione.
In alto, l’esterno del ristorante a Roma. In basso, un piatto iconico del ristorante.
Piazza de’ Ricci, 144 Roma (RM)
Tel. 066868717
www.pierluigi.it info@pierluigi.it
Podere Belvedere
Dal 2009 lo chef Edoardo Tilli porta avanti sulle colline intorno a Pontassieve un progetto di alta cucina totalmente incentrato sulla ricerca e sulla sostenibilità nel senso più assoluto del termine. Oltre che un ristorante d’alta cucina d’avanguardia, Podere Belvedere è anche una vera e propria azienda agricola certificata bio che produce frutta e verdure ad uso esclusivo della tavola fine dining, ricavata in un antico podere di famiglia. Col tempo lo chef chiantigiano classe ’84 – che lavora insieme alla compagna, la sommelier Klodiana Karafilaj – ha messo in atto una scelta radicale, eliminando il gas e l’elettricità dei fornelli, utilizzando solo fuoco e braci per servire i 14 coperti del locale. Allo stesso modo, le carni provengono da microallevamenti etici nei dintorni: molto capi vengono macellati e lavorati dallo chef, che utilizza l’animale nella sua totalità, per evitare ogni tipo di spreco. Ne sono un esempio piatti a base di interiora, come la trippa bollita di pecora condita col suo grasso fermentato, giardiniera di cipolline e aglio baby in brunoise, accompagnato da una conserva concentrata di pomodori. Oppure “Cervello e rognone”, composto da rognone di agnello alla griglia, passata di albicocche fresche e cervello brûlé, più una polvere a base di polmoni, fegato e cuore di agnello essiccati. Tilli pone grande attenzione allo studio sulla maturazione delle carni, come le frollature ad alta umidità, e ha sviluppato un metodo wet aged dove gli animali vengono macellati in tarda età, dopo aver vissuto una vita lunga, dignitosa e felice. Lavora inoltre 25 tipi di garum diversi, tra cui marzo, pollo, maiale, capra, agnello e anguilla. Due i menù degustazione, il carnivoro ‘Cellula’ e il vegetariano ‘Seme’.
Innovazione
Lo chef Tilli produce una serie di salumi originali – spesso con tagli di recupero e interiora - senza conservanti. Chi ordina il piatto “Affettati, formaggi e giardiniera” vede arrivare al tavolo un carrello con Salame di cervo, lampone e bergamotto, Salame di mangalica, Prosciutto di bue e di capra salati per immersione nel garum. C’è anche il Bardiccio, salsiccia tipica locale, e i “Salumi Chimera” in cui vengono unite carni di animali ‘affini’ (Anatra, cinghiale, miele di castagno, scorza d’arancia e finocchietto selvatico, oppure Colombaccio, daino, miele d’acacia e timo selvatico).
In alto, lo chef toscano Edoardo Tilli. In basso, la vista dai suoi tavoli all’aperto.
Via San Piero a Strada, 23 Pontassieve (FI) Tel. 3338693448
www.poderebelvederetuscany.it book@poderebelvederetuscany.it
LOMBARDIA
Procaccini
Non è un caso, se le attenzioni del mondo gourmet si sono concentrate su questo ristorante nel cuore di Milano: il suo executive chef Emin Haziri - classe ’95, di origini kosovare, formatosi alla scuola di Antonino Cannavacciuolo ma passato anche dalle cucine di Carlo Cracco ed Enrico Bartolini in Italia e di Philippe Léveillé e Gérald Passedat in Francia – è considerato uno degli interpreti più promettenti dell’haute cuisine contemporanea. Nel corso di pochi anni, lo chef è riuscito ad accumulare e mettere a frutto esperienze in diversi ristoranti stellati: insegnamenti e tecniche che ha portato con sé a Procaccini Milano, dove può esprimere a briglia sciolta la propria visione culinaria. Con 75 coperti, incluso uno chef’s table che affaccia sulla cucina a vista, il locale si articola su diverse anime: grande attenzione è rivolta, ad esempio, al mondo della mixology con un cocktail bar ideale per l’aperitivo tanto caro alla movida milanese (con 12 signature e un piccolo menù di tapa per accompagnare la bevuta). Ma è la cucina di Emin Haziri, il vero plus di Procaccini: attraverso tre distinti menù degustazione, lo chef intende mostrare la propria versatilità e creatività, condensando il percorso e la visione dello chef.
Oltre a un percorso dedicato al mondo vegetale e uno che reinterpreta in chiave contemporanea i grandi classici della tradizione (con piatti come le Linguina con lumache di mare, wakame e pepe di Sichuan), il menù “Viaggio dello Chef” racconta il percorso professionale di Haziri e rispecchia il lavoro fatto con i grandi chef che hanno contributo alla sua formazione. E il locale Milano non è che l’inizio, dal momento che l’obiettivo di lungo periodo della proprietà è di aprire un numero importante di ristoranti nel giro di qualche anno.
Innovazione
Il carattere creativo e l’alto tasso d’innovazione della cucina di Emin Haziri si riflettono in alcuni piatti tra i più rappresentativi del suo stile: Patate, porcini e nasturzio, la Linguina con salsa Champagne e aragosta, il Raviolo ripieno di anatra con fegato d’oca e lampone e lo Sgombro con barbabietola e ristretto di pollo. A completare l’offerta, una carta dedicata solo ai crudi di mare, dalla degustazione completa con scampi, ostriche, tartare e gamberi fino a percorsi più piccoli, cui si aggiunge la selezione di caviale.
Via Giulio Cesare Procaccini, 33 Milano (MI)
Tel. 0277091277
www.procaccini.com milano@procaccini.com
San Martino 26
Nel centro storico della città medievale di San Gimignano, San Martino 26 – che prende il nome dall’indirizzo del locale - propone una cucina contemporanea, libera e aperta alle contaminazioni. Gli ingredienti della tradizione del territorio si uniscono a mondi lontani, in una rivisitazione di consistenze e contrasti. Il ristorante, che nel 2024 ha festeggiato quest’anno il decimo compleanno, è stato inaugurato nel 2014 da Ardit Curri con l’idea di proporre un tipo di ristorazione diversa dal solito: formatosi alla corte di Joël Robuchon, nel corso degli anni ha sviluppato una cucina intima e ricercata, prima come chef e oggi come deus ex machina e responsabile di sala. Dal 2023, infatti, Ardit ha deciso di assecondare la crescita del locale -lasciando le redini della cucina al giovane Elvis Dedi, che dopo diverse esperienze nel fine dining (da Andrea Berton a Mauro Colagreco, da Jean-Yves Schillinger a Norbert Niederkofler) è approdato a San Martino 26, sposandone la filosofia. Al loro fianco, un team di giovanissimi professionisti, sia in cucina che in sala. Il menu segue la stagionalità delle materie prime e la sostenibilità, è legato alla disponibilità dei fornitori locali, perciò evolve continuamente ma gradualmente. Due i percorsi di degustazione, da 5 e 7 portate, che propongono un viaggio di gusti e sapori che vuole incuriosire, divertire e appagare. La visione cosmopolita si riflette anche sulla carta dei vini. Oltre 700 etichette appartenenti a diverse regioni vinicole europee fra cui dominano Italia e Francia – con un’importante selezione di champagne, 180 etichette – ma anche Germania e Slovenia. L’obiettivo è avere una proposta ampia e diversificata con cui creare pairing.
Innovazione
L’idea che la tradizione e il territorio siano punti di partenza per arrivare altrove si traduce in alcune chicche: nel benvenuto e nella piccola pasticceria, le ricette tipiche diventano un divertissement, trasformate in qualcosa di diverso per consistenza e realizzazione. Il classico panino al lampredotto sposa così i calamari e il garum dei loro scarti, accompagnati dalla salsa verde. Le animelle incontrano invece l’affumicatura di una salsa di pesce e cetriolo, mentre la melanzana è ripiena con riso al pomodoro e origano, con estratto di erbe e aglio nero.
Via San Martino, 26 San Gimignano (SI) Tel. 0577940483
www.ristorantesanmartino26.it info@sanmartino26.it
Serrae Villa Fiesole
Sulla collina di Fiesole che domina Firenze, con davanti il suggestivo skyline del capoluogo toscano, il ristorante Serrae Villa Fiesole trova posto all’interno dell’Hotel Villa Fiesole, boutique hotel 4 stelle ricavato all’interno di una villa ottocentesca e parte del gruppo alberghiero FH55 Hotels. È qui che trova spazio la cucina dello chef toscano classe 1980 Antonello Sardi, già stellato e fortemente voluto dalla proprietà, che sin dall’inizio ha catalizzato l’attenzione degli addetti ai lavori grazie a una “mano” solida e grande attenzione a concetti come la territorialità e la stagionalità, sviluppati insieme alla sous chef campana Olga Iuliucci. Articolato su una ventina di coperti, che arrivano a quota 35 sfruttando anche gli spazi esterni all’aperto, il ristorante Serrae Villa Fiesole propone una serie di tre menù degustazione: un 5 portate che valorizza produttori e materie prime del territorio dal sedano rapa, friggitelli e asparagi dell’azienda agricola Arcetri di Poggio Imperiale appena sopra Piazzale Michelangelo all’olio Evo Col di Fiesole, un 7 portate che invece racconta il percorso umano e professionale di Antonello Sardi, infine il 9 portate “Carta Bianca” con la libera interpretazione dello chef. Non manca la carta, con antipasti come le sorprendenti Animelle di cuore glassate, cremose e marezzate, accompagnate da un fondo di vitello, con pesche (in gel e tocchetti) e una grattugiata di liquirizia o i primi come il Riso Biologico Carnaroli San Carlo al Parmigiano Reggiano Dop 24 mesi, cacciucco di chiocciole dell’azienda Agricola Arcenni, limone, sedano ed erbe del giardino botanico fino alle Zucchine alla scapece con pecorino fondente, mandorle e acqua di pomodoro.
Innovazione
Se la cifra stilistica dello chef Antonello Sardi al ristorante Serrae Villa Fiesole è data dalla creazione di piatti dai sapori intensi, netti e decisi, il carattere innovativo si riscontra nella capacità di conciliare la freschezza con l’uso frequente di fondi sempre diversi, sia animali che vegetali. I primi, in particolare, sono presenti nel Piccione con cetrioli marinati, cipolle di Tropea al cartoccio e finta oliva, oppure nel Carré di cervo con scalogni glassati, ginepro, bietole e more di gelso.
Via Frà Giovanni da Fiesole, 35 Fiesole (FI)
Tel. 055597252
www.ristoranteserrae.it info@ristoranteserrae.it
Cristina H2O +
Il Sorpasso
Ètra il tratto della via Aurelia che attraversa Castiglioncello e le colline che si stagliano davanti alla rinomata cittadina sulla costa livornese che lo chef pugliese Savino Troìa, classe ’86, ha costruito uno dei ristoranti più interessanti non solo della Costa degli Etruschi ma dell’intero litorale tirrenico centrale. Il nome è sia un chiaro omaggio al celebre film di Dino Risi con Vittorio Gassman, ma anche una reminiscenza del passato da motociclista dello chef. Da qualche tempo la struttura ha cambiato sede, ampliando spazi e visione, accompagnando all’offerta gastronomica un contesto ricettivo, quel Casale del Mare legato a doppio filo all’azienda agricola Fortulla. Resta invariato il “gioco a due” che ha fatto la fortuna del locale già nella location lungo l’Aurelia: ai fornelli Savino Troìa – un passato da globetrotter tra Londra e Miami (al ristorante di Madonna) culminato tra gli yacht club in Costa Smeralda nel feudo dell’Aga Khan d’estate e alle Isole Vergini Britanniche – e la compagna Nicoletta in sala nel duplice ruolo di maitre e sommelier. Il ristorante gourmet trova spazio in una struttura immersa nel verde, con vista sul mare e proposte più easy a bordo piscina, e spicca sia per la grande ricercatezza in sé che per il rapporto qualità/prezzo: per i suoi 25 coperti, lo chef ha elaborato tre diversi percorsi degustazione da 4 portate ciascuno, due dei quali (“Le nostre firme” e “Mediterraneo”) sono all’insegna di una cucina rigorosamente di mare, mentre il terzo (“Sottomarino”) è un’alternativa vegetariana ma comprende elementi che richiamano i sapori del mare, dalle alghe nori agli anemoni che accompagnano il Fusillone.
Innovazione
Tra i piatti del Sorpasso non mancano i signature di Savino Troìa, a partire dallo Spaghettone cacio, pepe e ricci di mare, oppure il Tataki di tonno con foie gras e lampone. Ma a questi due piatti, che insieme al Carpaccio di capesante, fragole e aglio nero compongono la parte salata del menù “Le nostre firme”, si aggiungono proposte come il Tagliolino al nero di seppia, cozze e zafferano, oppure il Carciofo con caviale di salmone e bottarga.
In alto, le ampie vetrate della sala del Sorpasso. In basso, alcuni piatti di Savino Troìa.
Strada vicinale delle Spianate (c/o Casale del Mare) Rosignano (LI) Tel. 05861733989
www.ilsorpassocastiglioncello.it ilsorpasso775@gmail.com
La Sosta del Cavaliere
Adagiato ai piedi dell’antico borgo medievale di Torri di Sovicille, vicino a Siena, il ristorante dello chef pàtron Leonardo Fiorenzani e dalla compagna sommelier Michela Bigio cattura perfettamente il fascino della campagna toscana. Ospitato in un vecchio fienile splendidamente restaurato, progettato in uno stile minimalista chic e circondato da vigneti e campi di grano – attraverso le finestre si intravedono le iconiche torri di Siena - il locale offre un’esperienza culinaria decisamente interessante, innovativa e contemporanea. La sala con gli specchi, l’esclusiva vetrina dei vini e le numerose opere d’arte presenti aggiungono tocchi di carattere, creando un’incantevole atmosfera di armonia ed eleganza. È qui che opera il talentuoso Leonardo Fiorenzani, un passato da atleta e un presente da chef autodidatta la cui passione per la cucina è iniziata nell’infanzia, quando osservava la nonna preparare piatti tradizionali. Al centro del progetto della Sosta del Cavaliere c’è l’idea di una sostenibilità autentica e non di facciata: Fiorenzani coltiva le proprie verdure, erbe e spezie, assicurandosi che ogni piatto sia fresco e rispettoso dell’ambiente, oltre che saporito. Punto di partenza della sua cucina sono la tradizione toscana e le materie prime del territorio, ma il suo stile si è evoluto in esperienze culinarie raffinate, racchiuse in tre menu degustazione – Alchimia di 5 portate, così come il vegetariano Radici, e Artemia articolato su 7 corse - ognuno dei quali è abbinabile a un pairing con vini fuori dal comune. Tra i piatti da non perdere, la lingua di cinghiale con Vin Santo, lamponi, zenzero, prezzemolo e polenta, o il Lombo di cinta con whisky, mandorle, bietola e cipolla rossa.
Innovazione
Dagli sciroppi per cocktail agli oli essenziali, dalla panetteria alla piccola pasticceria: tutto viene realizzato homemade. Tra i signature, quello che descrive meglio l’attitudine di chef Fiorenzani a creare piatti ad alto tasso d’innovazione è il dessert che domina entrambi i percorsi degustazione: un gelato con gorgonzola, cioccolato e caffè. Nato 5 anni fa sulla base di un primo abbinamento tra formaggio e cioccolato, ha un cuore di gorgonzola, uno strato intermedio di caramello salato al caffè e termina con una copertura di cioccolato.
Piazza dell’Abbate, 4 Sovicille Torri (SI) Tel. 0577343026 www.lasostadelcavaliere.com info@lasostadelcavaliere.com
Fine Dining
FRIULI VENEZIA GIULIA
Sostansa - Racconti in cucina
Sostansa - Racconti in cucina nasce con l’intento di riempire un vuoto nello scenario dell’alta ristorazione di Pordenone. Il locale, situato a pochi passi dal centro storico, è presto diventato un indirizzo noto e apprezzato anche fuori dalla regione. La filosofia del ristorante coniuga esperienza, tecnica e inventiva in un ambiente che è elegante senza essere formale, costruito su un’alternanza di materiali diversi declinati in calde tonalità del bruno che rendono l’atmosfera intima e rilassata. Sala e cucina comunicano attraverso un ampio pass che permette ai clienti di osservare i gesti misurati degli chef, impegnati nella creazione delle pietanze. L’apertura del locale è il punto di arrivo di una lunga esperienza internazionale maturata dallo chef friulano Stefano Sacilotto, classe ’89, in ambienti di grande pregio da Venezia fino al ristorante tristellato Enclume nel Regno Unito. A guidare le scelte di Stefano e della giovane brigata c’è una grande curiosità per le potenzialità insite nelle materie prime, di stagione e preferibilmente locali, tradotte in piatti che piacciono agli occhi ancor prima che al palato. Il menù è stagionale e i piatti, dal sapore contemporaneo, sono una sintesi del territorio filtrata dalle esperienze del team. Ingredienti tradizionali e locali trovano equilibrio e contrasto con scelte lontane per origine e cultura come i Paccheri lisci di Pietro Massi quasi caldi al burro di malga e acciughe del cantabrico, aglio nero alla nocciola e briciole piccantine. La cantina, in continua evoluzione, è un viatico di proposte che attinge ai migliori vitigni del Friuli Venezia Giulia e del territorio italiano, senza tralasciare referenze internazionali.
Innovazione
Uno dei piatti che esprime al meglio la cucina di Sacilotto è sicuramente “Orgasmo d’anatra”. Il titolo, apparentemente provocatorio, trova giustificazione nel crescendo delle sensazioni che si susseguono dal primo assaggio al culmine gustativo, inaspettato shock. L’anatra, accompagnata dal suo fondo bruno e sapido, è servita con una millefoglie di patate che concede una pausa per il palato prima di raggiungere ciò che il nome promette: due more, dolci e acide che colorano le labbra dei commensali di viola.
In alto, l’interno del ristorante. In basso, il piatto “Orgasmo
Viale Cossetti, 3 Pordenone (PN)
Tel. 3275396971
www.sostansa.it info@sostansa.it
TRENTINO Alto adige
La Stüa de Michil
Sapori e innovazione ai piedi delle Dolomiti: il ristorante La Stüa de Michil si trova all’interno dell’Hotel La Perla di Corvara in Alta Badia, una delle case più rinomate in termini di ospitalità in tutto il massiccio montuoso. Creata nel 1956 dalla famiglia Costa, oggi è tra gli hotel più accoglienti al mondo. Fiore all’occhiello è proprio il ristorante stellato, da qualche anno affidato al talento cristallino di Simone Cantafio, uno degli ultimi allievi di Gualtiero Marchesi, dopo gli inizi con Carlo Cracco. Volendo proseguire nell’insegnamento ricevuto dai grandi maestri, il suo stile si rifà a ciò che diceva Sébastien Bras (per il quale ha guidato il il ristorante due stelle Michelin Toya, a Hokkaido): la natura parla, l’esperienza traduce. Milanese ma di origini calabresi, Cantafio ha scelto una nuova strada che lo ha portato dalle montagne dell’isola giapponese alle pendici delle guglie dolomitiche, esprimendo così in terra ladina la sintesi culinaria fra tradizioni diametralmente opposte come Francia e Giappone. In Stüa de Michil il cibo diventa un alfabeto fatto di materia, natura e memoria che si evolve in un linguaggio del gusto in equilibrio fra bello, buono e seducente. Elementi chiave – presenti nel menù degustazione “Trasformaziun” in sei portate - sono gli agrumi, i vegetali freschi, gli oli usati essenzialmente per perlare le salse e dare loro oltre che un tocco grafico sfumature diverse. Ma anche ingredienti erroneamente considerati di serie B, dalle frattaglie ai tagli meno usati alle verdure dimenticate, scelti per affrontare ogni giorno una sfida diversa. E ancora: il pane, le note piccanti, i sottoli, l’orto, la campagna, le radici e il silenzio, ingrediente fondamentale scoperto in Giappone che aiuta a carpire l’essenza delle cose.
Innovazione
La cucina di Simone Cantafio è uno sguardo sul mondo in cui si celebra ogni giorno l’incontro fra oriente e occidente attraverso idee che non escludono ma includono. I piatti sono a base di ingredienti semplici che hanno a che fare con termini quali natura, stagioni, mondo vegetale, rispetto umano, sensibilità, armonia. Richiamandosi alla filosofia zen, in cucina vige la regola del contrasto: caldo-freddo, acido-grasso, morbido-croccante. La scelta della materia è prima di tutto tattile, per capire al primo impatto come poterla esaltare.
Str. Col Alt, 105 Corvara in Badia (BZ) Tel. 0471831000 www.lastuademichil.it info@lastuademichil.it
Fine Dining
CAMPANIA
Nel giro di pochi anni, la chef campana Marianna Vitale si è imposta all’attenzione delle cronache gastronomiche nazionali come una delle case histories più intriganti del fine dining, arrivando a portare per la prima volta la stella Michelin a Quarto, nel cuore dei Campi Flegrei. La chef figlia d’arte, classe ‘80, formatasi alla corte di Lino Scarallo a Palazzo Petrucci, ha aperto il ristorante Sud nel 2009 insieme al marito Pino Esposito, sommelier, con l’obiettivo di valorizzare il territorio di riferimento. Già prima di arrivare ai piatti, l’atmosfera celebra Napoli e la Campania con dettagli e complementi d’arredo a tema. Ma l’omaggio al passato termina praticamente qui, giacché nei due percorsi degustazione (da 7 e 12 corse) il menù di Sud inanella una serie di portate di mare dal piglio decisamente contemporaneo, dall’ostrica condita con una brunoise di kiwi, friggitelli e scorza di limone (abbinata alla Marialga, birra a base di lattuga di mare, la cui formula è stata messa a punto da Vitale in collaborazione col birraio sannita Armando Romito) fino al granchio e la trippa bovina in una zuppetta tiepida con favette spellate e cicerchie profumata al mandarino. Ingredienti nobili e poveri vanno a braccetto, come nella coppetta di cozze, ricci e vaniglia o nello stoccafisso fritto in pastella con verza, topinabur e salsa olandese. Tuttavia il signature di Sud è senza dubbio la minestra di mare con frutta e verdura, un tripudio di materie prime che cambia con le stagioni. Qualche anno fa la chef ha aperto a Bacoli il take-away di Sud, “Angelina Tavola Calda Moderna”, e a Pozzuoli il format “Marlimone – Bar Cucina & Acidità” dentro Villa Avellino.
Innovazione
L’essenza della cucina di Marianna Vitale è evidente nella sua “Evoluzione del ragù di Napoli”, un manifesto sensoriale di come lo scorrere del tempo influisca sul mutare delle ricette, giocando sulla dicotomia tra l’elogio della lentezza e l’esigenza di cucinare in fretta. Si tratta di un piatto in cui la salsa di pomodoro, da assaggiare col cucchiaio, viene servita in una palette di colori (rosso vivo, aranciato, borgogna, vermiglio) e consistenze (liquido, leggermente denso, corposo e concentrato) in base alle diverse ore sul fuoco: da 0 a 4, 8 e infine 12.
Sud
In alto, la chef Marianna Vitale (ph. Andrea Moretti). In basso, la minestra di mare con verdure e frutta di stagione.
Via SS. Pietro e Paolo, 8 Quarto (NA) Tel. 0810202708
www.sudristorante.it info@sudristorante.it
Fine Dining
LOMBARDIA
Téa del Kosmo
In un contesto paesaggistico mozzafiato, all’interno del complesso sciistico del Mottolino, ha aperto nel 2023 a Livigno il primo ristorante di fine dining della zona in grado di introdurre il concetto di gastronomia sostenibile di montagna, proponendo un’offerta culinaria incentrata sui prodotti del territorio alpino: ispirandosi alla filosofia del tristellato Norbert Niederkofler con cui ha lavorato a lungo, lo chef Michele Talarico ha scelto di attualizzare la cucina attraverso un menù che esalta le essenze del bosco e degli alpeggi. In particolare, l’impostazione del guru della cucina alpina è stata assorbita radicalmente e trasformata in modus operandi con una dimensione collettiva: brigata di cucina, sala e bar, ma anche produttori e collaboratori, compongono un’unità di intenti e di visione, all’insegna di una cucina sostenibile di montagna dotata di slancio innovativo. Grazie alla visione congiunta dello chef pugliese e della direttrice Siria Fedrigucci, il ristorante opera infatti secondo un principio che ribalta il rapporto che tradizionalmente lega la cucina ai produttori: se abitualmente è lo chef a richiedere specifici ingredienti a coltivatori ed allevatori, andando alla ricerca delle materie prime, qui accade il contrario. Lo chef si informa su quali siano le proposte dei produttori di fiducia, acquistando gli ingredienti migliori, stagionali, e solo successivamente - partendo dalla disponibilità quotidiana - elabora le proprie ricette. Nei due menù degustazione, la creatività non diventa quindi mero virtuosismo, ma uno strumento per migliorare il rapporto con la terra. Il tutto in un ambiente intimo, con pochi coperti e il fuoco al centro, coccolati dalla sommelier Giada Rosa.
Innovazione
Da quest’anno lo chef Michele Talarico ha abbracciato un nuovo approccio, definito “dell’ingrediente intero” per valorizzare ogni ingrediente – vegetale e animale - nella sua totalità così da arrivare all’annullamento degli scarti (fiori, steli, foglie, bucce, bulbi, semi, radici e pelli), che con tecnica e fantasia possono diventare risorse per altre preparazioni. È il caso della zucca, di cui usa polpa, buccia, filamenti (per un brodo istantaneo) e semi per un olio o un burro vegetale.
In alto, lo chef Michele Talarico (ph. AnnapurnaMedia).
In basso, l’interno della Tèa del Kosmo (ph. AnnapurnaMedia).
Via Bondi, 473/D Livigno (SO) Tel. 3461152048
teadelkosmo@mottolino.it direzione.kosmo@mottolino.it
LOMBARDIA
Terrazza Gallia
Al settimo piano dell’Excelsior Hotel Gallia, icona dell’ospitalità milanese restaurato nel 2015 con l’aggiunta di una moderna torre in acciaio e vetro, la Terrazza Gallia offre una meravigliosa vista panoramica che spazia dalla maestosità della facciata della stazione Centrale fino ai luminosi grattacieli del quartiere di Porta Nuova. La cucina del ristorante, affidata da ormai un decennio ai fratelli campani Antonio e Vincenzo Lebano, con la consulenza dei fratelli tristellati Chicco e Roberto Cerea, propone piatti che prendono spunto dalla tradizione mediterranea e lombarda, ma reinterpretati in chiave moderna. Vincenzo, classe ’87, ama reinterpretare la tradizione con mano contemporanea, mentre Antonio – classe ’91 – predilige tecniche di cottura innovative: insieme formano una squadra affiatata che esprime la concretezza raffinata della cucina italiana. Il loro è un connubio nel segno della sostenibilità, stagionalità e valorizzazione degli artigiani del gusto. Oltre ai piatti alla carta, Terrazza Gallia Restaurant offre due menu degustazione: “Mediterraneo”, un vero e proprio manifesto in itinere dedicato al mare e alle sue bellezze, e “Alla Scoperta”, un percorso che invece prevede una proposta più classica. Da non perdere la Terrina di zucchine, fiori e formaggio di capra cilentana, nonché i piatti iconici di Da Vittorio, come la “Cotoletta alla milanese” e i “Paccheri alla ‘Vittorio’”. Il compito di arricchire l’offerta di pasticceria spetta all’executive pastry chef Stefano Trovisi, mentre ad accompagnare l’esperienza culinaria in maniera davvero unica e sorprendente, è la selezione di vini del capo sommelier Paolo Porfidio.
Innovazione
Tra i signature dei fratelli Lebano spicca lo Spaghettone “Miseria e Nobiltà”, in cui la pasta è accompagnata da pane atturrato e caviale. Un piatto che segna la volontà di portare sulla tavola di un hotel di lusso un piatto in apparenza semplice, la cui base di partenza sono gli iconici spaghetti aglio, olio e peperoncino. Una proposta rivista in chiave contemporanea, di grande impatto, capace di valorizzare la materia prima: la miseria rappresentata dal pane raffermo viene nobilitata dall’uso del caviale, con la sua croccantezza e sapidità.
Piazza Duca d’Aosta, 9 Milano (MI)
Tel. 0267853514 www.galliadining.com terrazza.gallia@luxurycollection.com
La Torre - COMO Castello del Nero
Nelle loro sfaccettature, gli stili dei protagonisti della cucina contemporanea contemplano piatti volutamente semplici e immediati, altri pensati per essere barocchi e opulenti, altri ancora che fanno della semplicità un punto d’arrivo da raggiungere attraverso lavorazioni complesse ma spesso invisibili al commensale. A questo terzo insieme afferisce la cucina di Giovanni Luca Di Pirro, chef di lungo corso de “La Torre” del COMO Castello del Nero, in Chianti. La bellezza del contesto in cui si trova il ristorante – il Castello del Nero è una residenza del XII secolo - racchiude in sé tutti gli elementi dell’immaginario estetico connesso alla Toscana: panorama, territorio, materie prime (in primis olio Evo e vini pregiati). Sarebbe tuttavia riduttivo legare a doppio filo la cucina de “La Torre” solo al suo contesto geografico, perché la cucina dello chef romagnolo Di Pirro si rivela un compromesso al rialzo tra tecnica, creatività e sapori. Se da un lato la struttura conta su un orto biologico di proprietà con una dozzina di varietà di pomodoro e numerosi alberi da frutta, lo chef non disdegna contaminazioni con la world cuisine, forte delle sue esperienze internazionali. Il ristorante propone una serie di menu degustazione, da “Esperienza Vegetale” come opzione vegetariana, a “La Terra” (dedicata alle carni, tra cui spicca l’agnello con formaggio, bietole e liquirizia) fino a “Contaminazioni” che predilige piatti di mare con qualche incursione nelle campagne toscane, dalla chianina alla brace al piccione marinato con ketchup di albicocche. Interessanti le possibilità di pairing, per palati avvezzi alla sperimentazione. Con un servizio attento e puntuale, grande attenzione è infine riservata ai dolci, tra la carta dei dessert e la piccola pasticceria a fine pasto.
Ciò che conferisce alla cucina di Giovanni Luca di Pirro un alto coefficiente d’innovazione è la capacità di utilizzare ingredienti e preparazioni che attingono a piene mani dalle cucine del mondo, pur tenendo le basi dei suoi piatti solidamente nell’alveo della tradizione toscana. Ne sono un esempio i ravioli ripieni di chianina IGP con crema di zucchine, gel di yuzu ed emulsione di cipollotto, oppure la tecnica di cottura giapponese applicata a un secondo piatto iconico come il piccione del Valdarno.
Str. Spicciano, 7 Barberino Tavarnelle (FI) Tel. 055806470 www.comohotels.com
latorre.castellodelnero@comohotels.com
LOMBARDIA
Torre - Fondazione Prada
Ilristorante Torre, ospitato al sesto e al settimo piano dell’omonimo edificio inaugurato nel 2018, completa la sede di Milano della Fondazione Prada e occupa una superficie di 215 m² suddivisa in due aree: il bar e il ristorante. Lo spazio, secondo la definizione del progettista Rem Koolhaas, è “un collage di temi ed elementi preesistenti”. I due ambienti sono caratterizzati dal contrasto tra le ampie vetrate a tutta altezza e i toni caldi del parquet, della boiserie in legno di noce e dei pannelli in canapa che rivestono le pareti. Il bar, caratterizzato da una spettacolare bottigliera sospesa con distillati e liquori internazionali, è invece in grado di creare un suggestivo dialogo tra l’ambiente interno e l’ampia terrazza, affacciata su un panorama urbano in continua evoluzione. Torre è soprattutto immediatezza di ingredienti genuini e stagionali: i principi della cucina etica e del trattamento delle materie prime guidano la cucina dello chef Lorenzo Lunghi. Ogni residuo di lavorazione in cucina ritrova nuova vita per realizzare chips, aceti, salse e oli aromatizzati. Gli avanzi del bar si trasformano invece in condimenti come il kosho di mandarino o bergamotto. All’interno della circolarità gastronomica di Torre, ogni dettaglio trova così un posto preciso nel mosaico culinario che lo chef esprime al massimo nel menu degustazione. Oltre al menù à la carte, la proposta gastronomica comprende infatti un percorso di sette portate che cambia frequentemente per seguire le micro-stagioni del Nord Italia e la stagionalità del pesce, racchiudendo così il dinamismo e la creatività dello chef. Un menu a mano libera, dove si fondono stagionalità, armonia, equilibrio, sostenibilità e gusto.
Innovazione
All’interno della proposta enogastronomica curata dallo chef fiorentino Lorenzo Lunghi, classe ‘86, spicca il Risotto Torre: è un piatto nel quale il classico risotto alla milanese incontra la cultura gastronomica di Lorenzo, con l’aggiunta di gamberi rossi crudi. Si tratta di un signature sempre presente in carta che esalta l’eleganza della semplicità senza appesantire i piatti con troppi elementi rispecchiando a pieno la filosofia che muove l’intero menù.
Via Lorenzini, 14 Milano (MI)
Tel. 0223323910 www.torreristorante.com reservationtorre@fondazioneprada.org
LIGURIA
Umami
La peculiarità di questo ristorante situato nella cittadina collinare di Badalucco, tra Imperia e Sanremo, non sta soltanto nella vocazione fine dining del suo chef-patròn, Matteo D’Elia, quanto nella scelta di recuperare il vecchio asilo del paese, Asilo Roi, restaurato e trasformato in un tempio dell’alta cucina. Sanremese d’origine, D’Elia accumula esperienze in giro per il mondo, da Chez Maxime a Parigi o in Inghilterra alla corte di Giorgio Locatelli, ma anche all’ombra di chef come Tom Seller, Pascal Aussignac, Takuma Kobayashi e Taiji Maruyama. Proprio al fianco di quest’ultimo, di cui diventa la spalla, negli ultimi anni affina la tecnica ed impara l’essenza della cucina, arrivando nel 2022 a tornare sulle sponde del fiume Argentina per dare vita al ristorante Umami. La scelta del nome indica l’obiettivo dello chef di scovare e valorizzare quegli ingredienti in grado di bilanciare i gusti dolce, salato, amaro e aspro, attraverso tecniche di conservazione, fermentazioni, cotture, marinature e abbinamenti. Ecco che nelle 5 portate dei tre menù degustazione – da Orto Feeling a Fish Lovers e Umami – si alternano materie prime del territorio, acquistate da piccoli produttori locali partendo dagli orti intorno a Badalucco, passando da allevamenti di bestiame dell’entroterra fino ad arrivare a pescatori del mar Ligure. Tra i piatti più interessanti in carta da Umami, il Tiradito di pescato locale, maionese al rafano, ponzu, malto di riso al tartufo, o i Tortelli di ventresca di tonno, miso ai ceci homemdae, cipollotto, consommé ai funghi e kombu, fino alle Animelle glassate in salsa d’ostrica, sedano rapa, cioccolato. Da provare anche il foie gras alla brace, accompagnato da crema di fichi neri fermentati e cioccolato bianco in polvere.
Innovazione
La vera esperienza gourmet di Matteo D’Elia è il menù Omakase, articolato in 12 piatti. Si tratta di un percorso in costante evoluzione e sottoposto continuamente ad influenze comandate dall’orto, dalla pesca delle barche della costa, dagli allevamenti (bovini e non solo) e soprattutto dalle stagioni. Un viaggio di sapore che parte da Badalucco e porta verso est passando anche per l’America latina. Non a caso, il nome Omakase richiama l’idea della condivisione, della rottura degli schemi, dell’assenza di ordine o strategia.
In alto, l’interno del ristorante Umami. In basso, un piatto griffato dallo chef Matteo D’Elia.
Via Ugo Secondo Partigiano, 1 Badalucco (IM) Tel. 3313386005 www.umamirestaurant.it info@umamirestaurant.it
Partire dai prodotti dimenticati dell’Umbria rurale, tanto ricchi e affascinanti quanto ormai confinati alla memoria, e usarli come punto di partenza per una cucina creativa, di foggia contemporanea. E’ l’idea alla base del progetto Une a Capodacqua di Foligno, che vede protagonista il giovane chef fulignate Giulio Gigli, classe ’87, con alle spalle anni di lavoro in ristoranti di fama (Disfrutar a Barcellona o Benu a San Francisco) e alla corte di maestri come Anthony Genovese al Pagliaccio e Yannick Alléno a Le Cheval Blanc. La cucina mediterranea – in primis italiana, francese e spagnola – con le sue tecniche e tradizioni è al centro dell’ispirazione dello chef: nel 2021 Giulio e la compagna Lucile Kopczynski aprono Une, nome che nell’antica lingua umbra significa ‘acqua’. Non è un caso, infatti, che dove oggi sorge il ristorante nel Quattrocento esistesse un frantoio con annesso mulino, ancora presente all’interno di una delle sale, che in passato veniva azionato dalle acque del torrente Roveggiano. Lo stile gastronomico di Giulio Gigli si snoda attraverso tre chiavi di lettura: la sostenibilità che passa dal riutilizzo degli scarti in cucina e dell’orto a pochi passi del ristorante, l’attenzione alla stagionalità degli ingredienti e le relazioni con fornitori e produttori locali, di cui in carta è presente un lungo elenco con relativa distanza da Capodacqua. Due i percorsi degustazione allestiti dallo chef: “Acquedotto” che conta 6 passaggi, e “Relazioni” articolato su 8 portate. C’è inoltre la possibilità di assaggiare il “Menu Completo”, per un totale di 10 piatti. Il servizio è coordinato in maniera attenta, carismatica e competente dalla giovane Federica Capodicasa.
Innovazione
All’ingresso di Une si viene accolti dal “Diario di Campo”, una originale mappatura dello spazio esterno, che rappresenta un progetto in divenire che Giulia Filippi realizza con il susseguirsi delle varietà stagionali. L’artista implementa la mappa con i nuovi semi piantati arricchendo il disegno e, con il supporto di blocchi fotografici e una legenda, riesce a realizzare una diapositiva di quello che è l’habitat botanico del ristorante, tra giardino, campo arborato e orto. Altra sorpresa: in carta, una selezione di piatti che lo chef propone per i bambini che siedono ai tavoli di UNE.
Une
lo chef
Via Fiorenzuola, 37 Capodacqua (PG)
Tel. 3348851903
www.ristoranteune.com booking@ristoranteune.com
Villa Barbarich
Fiore all’occhiello dell’omonima residenza nobiliare sulle sponde del fiume Marzenego, risalente alla prima metà del ‘500 e dimora estiva della famiglia Malipiero, una delle più note e influenti della Serenissima, il ristorante si caratterizza per una vivacità delle proposte culinarie che lo rendono fruibile ben al di là dei confini della clientela interna, soprattutto considerando che Venezia dista appena 15 minuti. Situato al piano nobile dell’edificio che ospita la villa, con pareti e volte dei soffitti interamente affrescate con scene mitologiche, religiose e della storia antica realizzate da Ludovico Toeput, detto il Pozzoserrato, il ristorante si articola su cinque salette: a guidare la cucina di Villa Barbarich c’è il Resident Chef Alexandru Ungureanu con un menu fortemente territoriale, elaborato dall’Executive Chef Raimo Chiacchiera, legato a doppio filo ai prodotti e alle suggestioni lagunari, ma che allo stesso tempo rappresentasse un punto d’equilibrio tra autenticità ancestrali e creazioni contemporanee. Lo chef ha quindi scelto di puntare sull’utilizzo di ingredienti della zona con un’attenzione particolare per il pesce della laguna, mentre ogni piatto viene insaporito con erbe aromatiche coltivate nell’orto, a sua volta parte di un lussureggiante parco alberato di 20 mila mq. Tra i piatti da non perdere, il risotto invecchiato con funghi porcini, Morlacco e crumble di mandorle, così come il filetto di rombo scottato, finocchi gratinati e spuma allo zafferano. La specialità della casa resta comunque la zuppa di Cozza Mitilla con crostini di pane, pomodoro, aglio, prezzemolo e peperoncino.
Innovazione
Ciò che testimonia la capacità di Villa Barbarich di lasciarsi ispirare dal territorio e di valorizzarne le eccellenze è l’utilizzo della Cozza Mitilla. Si tratta della cozza dell’isola di Pellestrina, che tra le due conchiglie nere racchiude il sapore del mare, fatto di conoscenza, antiche tradizioni, lavoro di famiglia, freschezza e affidabilità. Viene allevata in acque di tipo “A”, le più salubri, grazie alle quali non deve essere depurata prima di essere distribuita.
In alto, la sontuosa sala de ristorante. In basso, un piatto dello chef Alexandru Ungureanu.
Via Molino Ronchin, 1 Venezia (VE)
Tel. 041979002 www.villabarbarich.com info@villabarbarich.com
Fine Dining
CAMPANIA
Vrasa
Nato nel 2022 e immerso negli stretti vicoletti di Sorrento, il ristorante Vrasa fonde i prodotti della tradizione campana alle esperienze culinarie moderne. Il nome del locale deriva dal termine dialettale “vrasera”, antica fonte di calore nelle vecchie case napoletane, a voler simboleggiare calore, famiglia e ricordi condivisi rispecchiando a pieno l’idea che guida l’intera offerta. Il ristorante abbraccia lo spirito della cena in comune, con un’attenzione particolare alla “brasa”, brace tipica degli asadores spagnoli. L’ingresso è segnato da una scalinata rinascimentale a doppia rampa che conduce con piacevole sorpresa ad un ambiente ultramoderno dove il fuoco è il vero protagonista, che domina grazie alla cucina a vista in cui svetta una griglia professionale a legna di manifattura spagnola. All’accoglienza curata dal sommelier Francesco Gargiulo e dal maitre Antonino Incoronato si affianca la cucina dello chef Andrea Guarracino. Fare un passo indietro è solo lo slancio per la rincorsa: questa la filosofia che si rispecchia in una cucina semplice, fatta di pochi elementi, sani e decisi. Il giardino con l’orto a centimetro zero, che si trasforma in sala esterna nella bella stagione e regala prodotti freschi ogni giorno è stata la tabula rasa da cui partire. Tutte le portate dal mare alla terra, pasta e dolci compresi, sono legate dalle note dell’affumicatura garantite da un passaggio, diretto o indiretto, alla brace. Si spazia dal pescato locale alle carni scelte, inglobando i prodotti freschi dell’orto. Completa l’offerta la carta dei vini che offre ampio spazio alle selezioni provenienti dalla Campania pur non tralasciando le altre regioni italiane e offrendo alcune gemme provenienti dal resto del mondo.
Innovazione
Un legame diretto con la terra si riflette nella scelta degli ingredienti stagionali e nel menu che cambia seguendo i ritmi della terra e del mare. Cotture dirette e indirette, proteine animali e vegetali, fuoco vivo e cucina primordiale. Il fumo e l’affumicatura creano il fil rouge di un tempo andato e al tempo stesso moderno come nel caso del Verdemare, rivisitazione dell’antipasto mare e terra in versione vegetariana, barbabietola, sedano, crioestrazione di finocchio, alga dulce, salicornia e finocchio di mare.
In alto, il giardino esterno del ristorante. In basso, un’immagine della griglia di Vrasa.
Via Santa Maria della Pietà, 30
Sorrento (NA)
Tel. 3404273961 www.vrasa.it info@vrasa.it
VALle D’AOSTA
Wood
Un piccolo tempio dell’alta cucina a 2000 metri d’altezza, un delizioso ristorante a Cervinia adornato dal calore del fuoco e dei legni alpini. A gestirlo dal 2013 è la chef svedese – rectius, lappone, essendo nata a Älvsbyn - Amanda Eriksson, in Italia da ormai quasi vent’anni, insieme al marito Cristian Scalco, sommelier. La loro attenzione per la natura e il mondo vegetale è già evidente dalla scelta del nome del locale, che richiama le origini scandinave della chef. Grazie anche a un passaggio nel tristellato “Fat Duck” di Heston Blumenthal, la Eriksson padroneggia cotture e metodi di conservazione degli alimenti che al ristorante Wood – così come avviene nella sua terra nativa – vengono tramandate alle nuove generazioni. Non a caso, d’estate la chef torna nel nord della Scandinavia dove raccoglie funghi, frutti di bosco ed erbe, da conservare poi durante l’anno. Un modello di gastronomia essenziale, che ai fornelli di Wood si traduce in piatti signature come la Renna affumicata con patate, mirtillo rosso dell’Artico e cipolla, che rimanda a quando ancora bambina la chef aiutava la nonna a preparare la renna. Nella cucina di Wood non mancano selvaggina, frutti di bosco, ma anche piatti di pesce come aringhe marinate, quaglia e scampo, anguilla e polenta, lattuga di mare con frutto della passione e uova di trota. A Cervinia la chef ha trovato il perfetto habitat per esprimere il suo talento, grazie anche vicinanza dei sapori della sua terra con quelli della Val d’Aosta. Prima chef-pàtron stellata nella storia della Val d’Aosta, il suo esempio di donna, madre e chef allo stesso tempo è da ispirazione a un’intera generazione.
Innovazione
La filosofia di Eriksson è un felice connubio tra le tradizioni nordeuropee, contributi italiani e una serie di inserzioni più esotiche, frutto di una passione che si traduce in tocchi orientali nei due menù degustazione (da 6 e 8 portate). Ne sono esempi il latte di cocco che accompagna il salmone, il pakchoi che sposa la ricciola col beurre blanc, chips di patate e prezzemolo, o ancora il rafano che impreziosisce l’alce col pan brioche e burro nocciolato. In altre parole, nella sua cucina si celebra un inedito trade d’union tra stili distanti migliaia di chilometri.
Via Guido Rey, 26 Breuil Cervinia (AO) Tel. 0166948161 www.woodcervinia.it woodrestaurant@gmail.com
Pizza Revolution
Dallo sviluppo delle catene artigianali alla trasformazione dei locali: le ultime tendenze tra i maestri dell’impasto
di Luciano Pignataro
Sino a una decina di anni fa il sostantivo pizza era inevitabilmente accompagnato dall’aggettivo napoletana. Oggi in parte è ancora così, ma l’unione di questi due termini non è più sufficiente per illustrare tutto ciò che è scaturito dal Big Bang gastronomico generato da questo lievitato. Tre i motivi di questo successo: in primis, la semplificazione del processo produttivo attraverso la produzione di farine più performanti, forni elettrici e a gas facilmente gestibili, la creazione di pizzerie accoglienti, lo studio delle nuove generazioni di pizzaioli. C’è poi il cambio delle abitudini alimentari, che favorisce i locali monoprodotto dove il servizio è veloce e pratico. Sono tre, i grandi protagonisti della svolta: Enzo Coccia a Napoli, che ha introdotto il concetto di qualità e di servizio oltre che di lunga lievitazione; Gabriele Bonci a Roma, che ha trasformato la pizza in teglia romana facendone un prodotto universale e Simone Padoan a Verona (San Bonifacio, per la precisione) che ha introdotto il concetto di pizza cucinata e non solo cotta al forno. Tanti altri nomi hanno poi contribuito a creare un movimento globale, da Francesco Martucci a Ciccio Vitiello a Caserta, Franco Pepe e Pasqualino Rossi nell’Alto Casertano, Gino Sorbillo, Diego Vitagliano e Ciro Salvo a Napoli, Pier Daniele Seu a Roma, Lorenzo Sirabella e Francesco Capece a Milano, Andrea Godi a Lecce, Giovanni Santarpia a Firenze, Anthony Mangieri a New York, Michele Pascarella a Londra, Ciro Cristiano a Parigi e poi a Madrid, Sartoria Panatieri a Barcellona, Salvatore Cuomo in Giappone e tanti altri. Per delineare le tendenze, analizziamo due filoni ugualmente importanti: lo sviluppo delle catene artigianali e la rivoluzione del concetto stesso di pizzeria. Per quanto riguarda il primo si è trattato di un processo partito da Napo-
li, che ben presto ha coinvolto l’Italia e l’estero. La guida 50 Top Pizza (che curo con Barbara Guerra e Albert Sapere) ne conta ormai un centinaio in diversi Paesi, con storie diverse, a cominciare da Michele in The World che nasce da una costola del più famoso locale italiano nel mondo, l’Antica Pizzeria Da Michele a Forcella, che è interessante perché parte dalla difesa della tradizione pura della pizza napoletana come modello esportabile, ossia della marinara e la margherita a ruota di carro. Il successo è travolgente. L’Italia ha anche un altro modello che sta esportando, quello di Berberè, in Francia abbiamo Big Mama, in Spagna Grosso Napoletano, in Brasile Braz, giusto per citare i migliori secondo 50 Top Pizza, l’unica guida ad occuparsi di questo segmento del mondo pizza.
La novità di questo movimento è che il prodotto è sempre preparato a mano da pizzaioli professionisti e la replicabilità riguarda le forniture delle materie prime e i processi produttivi. Lo sviluppo delle catene artigianali di pizza, che attrae fondi di investimento importanti, sottolinea il bisogno di autenticità che la comunicazione del cibo industriale non ha ancora cancellato nei consumatori. In questo filone prevale lo stile napoletano sia nella versione tradizionale che contemporanea, ossia con il cornicione
pronunciato. Le formule sono diverse, dalla gestione diretta al franchising o alla semplice cessione del nome in cambio di una somma di danaro. Non entriamo nel merito, sarà il mercato a fare la selezione. Per quanto riguarda le pizzerie singole le tendenze in atto sono molteplici. Le più importanti e significative vengono da Milano. Dry, con Lorenzo Sirabella al forno, non è più una novità: un ottimo e rinomato bartender per accompagnare pizze classiche e lievitati particolari ne fanno un locale alla moda. Straordinario Confine che ha invertito il rapporto fra la pizza e il vino: la carta dei vini preparata da Mario Ventura, socio del pizzaiolo Francesco Capece, farebbe invidia a un tristellato, mentre la proposta pizza è simile alla contemporanea napoletana. Da segnalare poi anche Denis Lovatel che dalle sue montagne in provincia di Belluno ha esportato un progetto rigoroso attento all’ambiente e alla biodiversità. Pizza e vino sono un binomio collaudato anche da Meunier in Umbria dove il titolare è anche presidente regionale Ais e a Roma da San Martino Pizza e Bolle. Su questo tema significativa l’intesa fra l’Ais Campania e l’Associazione Verace Pizza Napoletana per la codificazione degli abbinamenti perfetti fra pizze napoletane classiche e vino segnaliamo volentieri il lavoro di Antonella Amodio, sommelier
e giornalista, Calici&Spicchi edizioni Malvarosa, che ha avuto un notevole successo e va per la seconda edizione. Dal profondo Sud abbiamo un paio di tendenze che meritano di essere sottolineate. Ai confini fra Campania e Basilicata, precisamente nel paese Caggiano, opera Angelo Rumolo nella pizzeria Le Grotticelle dove si fanno pizze condite con prodotti rigorosamente del territorio, compreso il foraging che si può praticare su queste montagne straordinarie. Ma non è tutto. La prima pizzeria europea con un solo tavolo per 8 persone e un solo menù degustazione esiste ed è in Calabria. A Satriano, dove il giovanissimo Matteo Muscolo apre solo due giorni alla settimana con un menu da 70 euro per otto bocconi. Insomma, una sorta di speakeasy delle pizzerie, un Omakase in stile giapponese che apre nuove frontiere. C’è infine una tendenza, iniziata dall’Angiolieri a Vico Equense, di inserire la pizza se non proprio fare una pizzeria, nella propria struttura alberghiera. Appare chiaro infatti che gli stranieri la cercano e i grandi hotel si stanno attrezzando per dare una risposta anche a quella domanda, a cominciare dal Four Seasons di Firenze o I Portici a Bologna. Se ne sono resi conto persino alcuni imprenditori a Capri, dove quest’anno sono sbarcati Ciro Oliva nell’ex stellato Mammà (segno della crisi del fine dining), Franco Pepe nella trattoria A.Mare del Capri Palace ed Enzo Coccia all’Hotel La Residenza: una rivoluzione per i vip abituati alla famosa pizza all’acqua dell’Aurora. Ma attenzione: andare nei quartieri di Napoli e mangiare una margherita o una marinara resta sempre l’esperienza più bella e intensa che si possa fare.
LOMBARDIA
Ispirazione che affonda le radici nella tradizione partenopea ma allo stesso tempo un’apertura verso una creatività fuori dall’ordinario, per una pizzeria che – in entrambe le sedi, la prima nata nel 2017 a Melegnano, alle porte di Milano, e la seconda a Castel San Giovanni, nel piacentino, aperta nel 2023 – risente fortemente dell’impronta del pizzaiolo Francesco Saggese. Classe 1987, originario di Torre Annunziata, accumula esperienza dietro i fornelli in ogni ambito culinario, dalla banchettistica (Sadler) al fine dining (Bulgari Hotel con lo chef Elio Sironi), fino alla pasticceria con Enrico Parassina. Dopo l’esperienza aI “Luogo di Aimo e Nadia” e alla “Locanda Chiaravalle”, matura in Francesco la scelta di dedicarsi all’arte bianca, affiancato dal fratello Davide. Oggi la loro 081 Pizzeria è un locale in cui i grandi classici della pizzeria napoletana coesistono fianco a fianco con una serie di proposte innovative e sperimentali. Si parte da un impasto a lunga maturazione, con idratazione al 70% e lievitazione dalle 24 alle 36 ore, realizzato con farina semi-integrale macinata a pietra e lievito madre, per garantire una pizza leggera e digeribile. I fratelli Saggese collabano con circa 30 fornitori, scelti per l’eccellenza e per l’autenticità dei loro prodotti.
081
Innovazione
La visione dei fratelli Saggese - far sì che ogni pizza sia un’opera d’arte, in equilibrio tra autenticità e creatività - si traduce in tocchi gourmet e abbinamenti innovativi. Ne sono esempi “A Nonna” in cui spicca l’accostamento tra le polpette fritte, la crema di burrata e le melanzane, oppure la “Vegana” in cui la crema di melanzane al timo si accompagna a fiori di zucca, pomodoro ramato a crudo, nocciole e basilico. E ancora, nella “Tonnara” con Cipollotti rossi di Tropea, fiordilatte di Agerola, olive taggiasche, tonno mediterraneo sott’olio e basilico, o nella “Sicilia” con crema di burrata, pomodorini confit, gamberi rossi siciliani crudi e scorza di limone.
Via Clateo Castellini, 31 Melegnano (MI) Tel. 3755388889 www.081pizzeria.it info@081pizzeria.it
Bottega Dani
Écon tutta probabilità la pizzeria che più ha contribuito ad alzare il livello dell’arte bianca lungo la Costa degli Etruschi, in Toscana. Nel 2022 il maestro lievitista Gabriele Dani ha ricavato la sua “bottega” in uno spazio rurale ricavato in un’antica fattoria riammodernata, trasformandola in una mèta gastronomica a tutto tondo, a sua volta testimone di un allargamento degli orizzonti culinari e di un’apertura a settori contigui a quello della pizza tout court. Oltre al prodotto che ha reso Gabriele famoso a livello nazionale, con riconoscimenti da parte delle maggiori guide, infatti, Bottega Dani pone grande attenzione alla cucina toscana abbinata ai lievitati, con prodotti toscani homemade o selezionati tra i migliori artigiani locali. Aperto dalla colazione alla cena, la struttura conta al suo interno una bakery e uno shop, nonché uno spazio per aperitivi con cocktail preparati dalla bartender Nadia d’Ancona abbinati agli “small bite”, piatti toscani in porzione da aperitivo. Se l’esperienza da Bottega Dani si traduce in due distinti percorsi degustazione - Los Pollos Hermanos in 5 portate e Breaking Bread, duplice omaggio alla serie tv di culto, con cui il pizzaiolo racconta l’arte della lievitazione – ad accompagnare i piatti ci sono sia i cocktail d’autore sia una buona selezione di birre e vini. Inoltre, Bottega Dani è il luogo dove ha avuto origine la principale intuizione di Gabriele, quella “Piciaccia” rigorosamente toscana ancora oggi signature del locale. Ecco perché a pieno titolo, Bottega Dani può dirsi un concentrato di tecnica e creatività che unisce impasti contemporanei, topping ricercati e pairing inediti.
Innovazione
L’innovazione di Gabriele Dani ha un nome, la Piciaccia: si tratta della prima pizza 100% toscana, una ricetta inedita che riscopre la tradizione della schiacciata rivisitandola per renderla un prodotto da pizzeria, a metà tra la pizza cotta su pietra e la ciaccia, la focaccia tipica toscana. Locali sono anche gli ingredienti, dai salumi ai formaggi. La Piciaccia è caratterizzata da un’alveolatura molto spinta, croccantezza, fragranza e qualità nutrizionali di digeribilità e leggerezza.
Via Vecchia Livonese, 22D Cecina (LI) Tel. 3248451007 www.bottegadani.it bottegadani.cecina@gmail.com
Cambia-Menti by Ciccio Vitiello
Ha fatto parlare di sé anche al di là del mondo dell’arte bianca con la geniale provocazione della “Recensione negativa” (pizza dell’anno 2022 per la Guida 50 Top Pizza), ma col passare del tempo il pizzaiolo Francesco “Ciccio” Vitiello si conferma uno degli interpreti più solidi della pizza di scuola casertana, in grado di esprimere alti livelli di innovazione grazie ad impasti studiati e diversificati per ogni stile di pizza, dalla tonda classica alla fritta, dal trancio alla teglia. Considerato un enfant prodige delle lievitazioni, dopo l’esperienza con Casa Vitiello ha dato vita nel 2022 a Cambia-Menti, la sua pizzeria – cui si è affiancano da pochi mesi il progetto Orto, a 300metri dalla pizzeria - a San Leucio, frazione a due passi da Caserta, tra le dimore che furono dei reali di Borbone. La sua pizza più nota e iconica è una chiara provocazione dedicata ai leoni da tastiera e ai recensori improvvisati: mozzarella di bufala, pesto di basilico, pomodori di Corbara e una polvere di olive nere essiccate e poi reidratate con succo di limone e acqua, a simulare sul fondo una finta bruciacchiatura che si rivela essere un gustoso inganno. In un ambiente ampio e informale, curato nei dettagli, oltre agli evergreen il menù offre spazio alle montanare (anche nelle versioni marinara e genovese) e al padellino, un connubio irresistibile di consistenza e scioglievolezza. Al di là della carta, Cambia-Menti propone un menu degustazione (“Rinasci-Mento”, a base dei prodotti della terra e del suo orto) che comprende sei assaggi salati e uno dolce, dalla frittatina ai fiori di zucca, fino al padellino, sempre con ingredienti di qualità e abbinamenti fuori dal comune. Ultima novità, l’apertura al gluten free.
Innovazione
Di recente, Vitiello ha avviato un percorso verso la totale sostenibilità del locale, arrivando addirittura all’autoproduzione, come ha sempre desiderato, proprio nel centro urbano: a circa 300 metri dalla pizzeria in via Tenga, ha così creato il suo orto, sotto la porta leuciana e le case operaie del setificio di San Leucio, che rappresentano la prima vera industria fondata sull’umana sostenibilità da re Ferdinando. Ci sono ortaggi e piante da frutto, ma anche magia e silenzio che solo la natura sa donare.
In alto, il pizzaiolo Ciccio Vitiello. In basso, la “Recensione negativa” di Ciccio Vitiello.
Via Generale Pasquale Tenga, 84
San Leucio (CE) Tel. 3924723240
www.cambia-menti.pizza info@cambia-menti.pizza
Cirasella
Se è vero che portare una visione della pizza contemporanea nei piccoli centri è talvolta più complesso rispetto alle grandi città, più aperte al cambiamento, ciò che ancor più valido per i paesi e le comunità del Sud, i cui appassionati spesso tradizionalmente legati a un’idea di arte bianca con i piedi ben saldi nella tradizione. Ecco perché merita attenzione l’operazione condotta dal giovane pizzaiolo Luigi Gentile con Cirasella, locale capace di portare a Monopoli (Bari) una pizza d’ispirazione gourmet. Foggiano, classe ’89, il pizzaiolo passa presto dai fornelli al forno a legna, e dopo una serie di esperienze lontano dalla Puglia torna nella sua regione con l’obiettivo di valorizzarne le eccellenze gastronomiche attraverso il mondo della pizza. Vede così la luce nel 2018 Cirasella, il luogo dove Luigi Gentile elabora la sua idea di arte bianca: uno stile che alterna il classico mood napoletano – cornicione alto, cottura veloce, alveolatura importante – con la contemporaneità del padellino. Quest’ultimo è usato per pizze come la ‘Cacio e pepe pugliese’ con crema di cacio e pepe, guanciale croccante di Norcia, datterino giallo Cbt, rucola fritta e stracciatella della Valle d’Itria. Le pizze gourmet spaziano invece dal quella con base bianca fiordilatte, prosciutto crudo di Parma, mandorle e fichi sia in crema che a pezzi, fino a quella con fiordilatte della Valle d’Itria, figliata, pomodoro, mandorle, pancetta flambata, riduzione alle prugne e cardoncelli. Tra le scrocchiarelle, infine, spazio a quella con crema di zucchine alla scapece e alla poverella, polpo croccante Cbt, stracciatella, crumble di tarallo e crema di prugne.
Innovazione
All’interno della carta di Cirasella è presente un percorso degustazione in quattro tappe, un viaggio sensoriale attraverso altrettante tipologie di impasto e topping, pensato per gruppi di quattro persone. Per ognuno dei commensali, Gentile ha elaborato un menù che alterna pizza contemporanea e tradizionale, padellino (con farina ai cereali o di curcuma) e scrocchiarella (riso venere, farina tipo 0 di grano tenero, lievitazione 24/48 ore con idratazione dell’85%). Ogni pizza viene abbinata a prodotti freschi e stagionali.
Via Achille Grandi, 37/39 Monopoli (BA)
Tel. 0803327783
www.pizzeriacirasella.it info@pizzeriacirasella.it
Da Ezio
Al confine tra le province di Treviso e Belluno, tra le colline del Prosecco si trova un’autentica eccellenza della pizza innovativa, creata da Denis Lovatel. Figlio d’arte - era stato il padre Ezio ad aprire l’attività nel ‘77 in un paesino di 2.500 anime – il “pizzaiolo di montagna” classe ’75 ha sviluppato una propria strada puntando su ingredienti di prima qualità e impasti croccanti e leggeri, sia per le tonde che quelle in pala, ed è oggi il pizzaiolo veneto più premiato. Negli ultimi tempi Lovatel ha portato il suo stile sia nel cuore di Milano che alle Bahamas, sulla spiaggia caraibica dell’esclusivo Albany Resort fondato da Justin Timberlake e Tiger Wood. Ma le radici restano ben salde ad Alano di Piave: qui nasce la “tonda crunch” che scrocchia in sol diesis, divenuta un marchio di fabbrica: sottile, croccante e fragrante, concepita per dar risalto a topping realizzati con materie prime d’eccellenza, fuori dagli schemi e fortemente identitarie. Ad esempio, tra gli ingredienti vegetali non manca la frutta, mentre le carni raccontano le tradizioni contadine del territorio, come accade con la Malga, una pizza bianca con Morlacco del Grappa, cipolla agrodolce, soppressa nostrana e pesto all’aglio orsino, che valorizza le piccole produzioni agricolo-casearie locali. Caratteristiche delle pizze di Lovatel sono il basso apporto calorico – una Margherita non supera le 480 calorie – l’uso dell’acqua di sorgente della valle di Schievenin e la scelta di sostituire il sale un mix di erbe di montagna. Oltre a un menù tradizionale che rende omaggio alla clientela storica, il locale propone una quindicina di pizze in carta tutto l’anno e una decina di varianti stagionali.
Innovazione
La “rivoluzione vegetale” di Denis Lovatel mira a perseguire un’innovativa concezione green verso l’ambiente e la natura, dalla ricerca di materie prime stagionali, filiere sostenibili e piccole aziende d’eccellenza. I suoi pilastri spaziano dall’attenzione all’impatto ambientale, eliminando ogni scarto di lavorazione, fino alla riduzione di proteine animali a vantaggio di quelle vegetali. E ancora, utilizzare salumi che provengano da allevamenti controllati e attenti al benessere dell’animale, e prodotti ittici frutto di pesca sostenibile.
il
Piazza Licini, 2
Alano di Piave (Bl) Tel. 0439779125
www.pizzeriadaezio.it info@pizzeriadaezio.it
Delta Moodv3rs3
Ilnome evoca avanguardie e postmodernità, e in effetti lascia a bocca aperta come una delle pizzerie più innovative e peculiari d’Italia sia sorta in Calabria. Accade a Satriano (Catanzaro) grazie all’intuizione del giovane Matteo Muscolo, classe ‘99, che ha letteralmente sovvertito i canoni del settore realizzando una pizzeria di appena un tavolo da otto posti, con un unico menù degustazione, aperto solo nel fine settimana (gli altri giorni servono a preparare le basi e gli ingredienti) e in grado di sfornare pizze decisamente fuori dall’ordinario. Più che una pizzeria, o uno speakeasy dell’arte bianca, si avvicina all’idea di un Omakase giapponese ma ha anche i tratti di un home restaurant. L’esperienza da Moodv3rs3 si svolge in un’unica stanza, intorno a un tavolo quadrato di due ospiti per lato, dove al centro vengono servite le pizze. Sullo sfondo, fa mostra di sé una serra idroponica a tutta altezza dove Muscolo coltiva le più diverse erbe aromatiche. Il menù – da sfogliare come se fosse un fumetto, con tanto di supereroi – racconta un alternarsi di 8 lievitati, un viaggio in altrettante tappe attraverso la tecnica e il sapore. Se il concept resta il medesimo, il percorso è invece destinato a cambiare ogni sei mesi, evolvendosi in soluzioni sempre nuove con la contaminazione sinestetica del fumetto. Il pizzaiolo del Moodv3rs3 è anche autore, grafico ed editore dell’opera, che stagione dopo stagione lega ogni singola portata a un capitolo del fumetto. Tra le proposte più recenti, un ibrido tra ciambella e ciabatta con cicoria ripassata al limone, peperoncino candito ed emulsione all’aglio, o un babà salato al cacao amaro con baccalà mantecato, senape wasabina e capperi soffiati da inzuppare in una riduzione agrodolce di peperone.
Innovazione
La pizza più iconica di Moodv3rs3, e al contempo quella che marca l’alto coefficiente d’innovazione, è progettata e costruita in autonomia da Matteo ma ispirata allo chef Ferran Adrià: si tratta della “Crystal Pizza”, una pizza letteralmente trasparente dall’effetto wow assicurato. Croccante e trasparente (ispirata proprio al crystal bread dello chef catalano tra i padri della cucina d’avanguardia), viene servita al buio su un vassoio generando un effetto fluo, accompagnata da un binomio di sapori altrettanto inusuale, ossia crema di lardo e sciroppo d’acero.
In alto, il tavolo di degustazione di Matteo Muscolo. In basso, una delle pizze del suo percorso degustazione.
Via Pietro Nenni, 19 Satriano (CZ) www.moodv3rs3.com deltainpizzeria@gmail.com
Fiore di Latte
ABaveno, sulle sponde piemontesi del lago
Maggiore sorge la pizzeria Fiore di Latte, regno del pizzaiolo campano Pasquale Petrillo, classe ’88, e di sua moglie Joey. Dopo essersi lanciati in quest’avventura nel 2013 con il primo locale a Mergozzo - location incantevole, con pochi tavoli nella piazzetta caratteristica del borgo lacustre - si sono poi trasferiti a Feriolo di Baveno con l’obiettivo di perseguire una crescita costante con una filosofia ben definita, all’insegna della qualità, pensata per i palati più raffinati. Il risultato è un’armoniosa combinazione di ingredienti antichi e moderne tecniche di preparazione, serviti in un ampio dehor a pochi passi dal lago, moderno e accogliente. Il punto di forza di Fiore di Latte è l’utilizzo di materie prime di alta qualità, con ingredienti che mescolano con equilibrio e armonia le tradizioni piemontesi a quelle del sud Italia. Le pizze sono preparate seguendo lo stile napoletano di cui l’impasto è il vero fiore all’occhiello. Grande attenzione viene riservata alla lievitazione, maturazione e all’alta idratazione: si parte da farine di qualità, non troppo forti, circa 36 ore di lievitazione e un metodo indiretto con un pre-fermento iniziale composto di solo acqua, farina e lievito che viene lasciato maturare per 24 ore per poi completare l’impasto con un’altra parte di acqua, farina e sale per una lievitazione di almeno 36 ore. Questo processo garantisce pizze leggere, con un cornicione soffice ben pronunciato e molto alveolato. Tra le proposte più interessanti spiccano la pizza fritta, ripassata al forno, e la Carbonara, una versione originale con guanciale croccante, salsa al tuorlo d’uovo, e pecorino.
Innovazione
Il punto di partenza di tutta la filosofia di Fiore di Latte è la qualità vissuta in prima persona andando ad esempio a conoscere l’azienda che produce la mozzarella e il pomodoro. Senza mai considerare la pizza gourmet Pasquale ha elaborato una proposta elevando l’impasto a “semplice” piatto di portata. Nascono così la “Langhe”, con tartare di Fassona e perlage di tartufo, la “Calamaretti”, con calamari saltati in padella e crema di piselli, o ancora la “Peperone m’buttunat”, omaggio alle sue origini con peperone, capperi e briciole di pane aromatizzato.
In alto, il maestro pizzaiolo Pasquale Petrillo. In basso, l’interno della pizzeria di Baveno.
Via Giuseppe Verdi, 5 Baveno (VB)
Tel. 032380630
www.fioredilatte.it ilfioredilatte@gmail.com
Frumentario
Quando in cucina c’è un talento come Alessandro Santilli, giovane chef amante della panificazione, capita che anche una pizzeria in teglia possa diventare uno spazio culinario vocato alla contemporaneità. Accade con Frumentario, la sua pizzeria sita in una traversa di Piazza Re di Roma, che ha portato un plus d’innovazione nel panorama della pizza romana: ricette e topping studiati ad hoc e ultimati sul bancone come al passe di una cucina gourmet. Romano classe ‘95, Alessandro inizia il suo percorso nel mondo della gastronomia al pentastellato Baglioni Hotel Regina dove gli vengono assegnati quasi per caso i lievitati. Un colpo di fulmine, maturato con l’esperienza alla corte di Oliver Glowig sia a Roma che in Umbria. In questi anni panifica, fa un corso col lievitista Carlo Di Cristo, sperimenta, fino a decidere di aprire un proprio forno. Nasce così nel 2023 Frumentario: Alessandro unisce esperienza in cucina e passione per i lievitati, creando una pizzeria al taglio che lascia spazio alla creatività di uno chef. La pizza per Alessandro è una tela bianca su cui disegnare senza limiti: mezze teglie, menu degustazione al bancone, tanti gusti e topping per incuriosire e stupire. Circa una decina le varietà di pizza proposte ogni giorno, sempre diverse in base alla stagionalità e all’estro dello chef, con fornitori selezionati. Nascono così le pizze con carni cbt servite con una demi-glace (salsa francese ottenuta a partire da un fondo bruno di manzo), come quella col maialino servito al bancone con crema di cipolle stufate, glassa di balsamico, ricotta di Manduria ai tre latti e aneto. O quella con stracotto di pecora marinato con erbe aromatiche e vino rosso, servito su base bianca mozzarella, chiusa al bancone con mosto d’uva e pesto di pistacchio.
Innovazione
Con una pizza idratata all’80% e lievitata 48 ore per essere leggera e croccante, la particolarità assoluta di Frumentario non è solo l’elaborazione di ricette fuori dal comune immaginario di una pizzeria, ma la chiusura al bancone come al passe di una cucina. L’intenzione è ultimare ogni pizza al momento, offrendo ai clienti un’esperienza sempre fresca e personalizzata. Ciò vale per la parte di friggitoria: tutto fritto al momento per non perdere qualità e gusto, e ogni ingrediente viene spiegato mentre viene servito.
Via Tuscolana, 26 Roma (RM)
Tel. 3240578982
@frumentario_pizzaromana frumentariosrls@gmail.com
Giotto
Se da ormai diversi anni Firenze è diventata una delle piazze più consigliate, per la pizza di ispirazione napoletana, parte del merito va anche a Marco Manzi e la sua “Giotto”. La pizzeria del talento ischitano, già premiata dalle principali guide nazionali di settore, da qualche tempo ha aperto una nuova struttura nel cuore del centro storico fiorentino, in zona Santa Maria Novella, con un doppio ingresso da via Panzani e dalla piazza con la celebre chiesa monumentale. I suoi due forni a legna servono servono 100 coperti più altri 20 nello spazio all’esterno. Fedele alla tradizione partenopea, il menù di Giotto offre i grandi classici della pizza napoletana insieme a una serie di sfiziosi antipasti – il tradizionale fritto napoletano, dalle frittatine di pasta alle crocchè, fino alle montanare con l’aggiunta di qualche richiamo alla cucina fiorentina – e ai dessert tipici come pastiera, babà al rum e delizia al limone, cui si affiancano dolci più contemporanei. In abbinamento, insieme a vini e birre artigianali, anche una curata selezione di champagne. Una carta, quella di Giotto, che conta su ben nove antipasti, dodici pizze (più le pizze del giorno) e sette dolci. Le tradizioni sono espressione dello stile classico napoletano: cornicione alto e gonfio, disco sottile al centro, pasta ben lievitata, digeribile e molto leggera, con topping di alta qualità. Fra le pizze che meglio raccontano la visione di Marco Manzi ci sono sicuramente la Salsiccia e Friarielli o la Napoli a Firenze (pomodoro San Marzano DOP, basilico, fiordilatte di Agerola, olio extravergine d’oliva Fontana Lupo Petrazzuoli, capperi, acciughe del mar Cantabrico). In stagione, infine, spazio alle classiche pastiere e a panettoni creativi.
Innovazione
È nelle pizze gourmet che Marco Manzi riesce a esprimere al massimo la sua smisurata vena creativa. Periodicamente, infatti, dà spazio ad alcune pizze speciali – in primis quella ispirata alla bistecca alla fiorentina, il cui topping è composto da tutti gli elementi che compongono la tradizionale bistecca con l’osso - e quelle realizzate in collaborazione con chef come lo stellato Rocco De Santis o il compaesano Pasquale Palamaro.
In alto, il maestro pizzaiolo Marco Manzi con la sua pizza-bistecca. In basso, la sala della pizzeria fiorentina.
Via Panzani, 57 Firenze (FI) Tel. 055212287
www.pizzeriagiotto.it info@pizzeriagiotto.it
Le Grotticelle
Non è un caso se per lui è stata coniata la definizione di “pizzaiolo di montagna”, anche se il cuore pulsante della sua attività è nella sua Campania: a sancire il successo di pubblico e critica del 34enne cilentano Angelo Rumolo – anima delle Grotticelle a Caggiano, nel salernitano – non sono soltanto l’uso di impasti a lunga lievitazione o materie prime locali di indiscussa qualità, quanto l’aver applicato al mondo dell’arte bianca i principi del foraging. Il risultato della sua ricerca sulle erbe spontanee è testimoniato dalle sue futuristiche pizze, presenti in carta con una selezione ad hoc. Sin da ragazzo Rumolo ha iniziato a lavorare nella storica pizzeria di famiglia, ma il suo spirito di innovatore lo ha portato a sperimentare sugli impasti fino a sviluppare uno stile proprio – croccante all’esterno, morbido e fragrante all’interno - trovando anche un equilibrio tra la tradizione cilentana e quella napoletana. L’ispirazione per le pizze arriva dai boschi della Valle di Diano, davanti al monte Capo La Serra, a quasi mille metri d’altitudine: è qui che il pizzaiolo ricerca ciò che la natura offre, tra erbe di montagna, fiori, funghi, tartufi e nocciole, al punto che le creazioni di Rumolo possono definirsi un autentico elogio del territorio, apprezzato ben oltre i confini geografici della regione, oltre che un omaggio alla memoria di sapori antichi. Insieme alle pizze ‘foraring’ in carta ne sono presenti alcune ispirate alla tradizione, dalla Zammedda al Tascappano. Se la pizzeria è a gestione familiare, la struttura di Caggiano offre anche la possibilità di pernottare in appartamenti e camere. Oltre alle Grotticelle, inoltre, nell’attigua Grotto Pizzeria Castello si trovano le pizze in teglia, stile romano.
Innovazione
La selezione dedicata al foraging è ovviamente la più intrigante: non mancano pizze come quella con fiordilatte, guanciale, funghi cardoncelli, pecorino dolce e tartufo fresco, oppure quella in cui verdure e ortaggi - sia essiccati che freschi – vengono accompagnati con salsa alla bagna cauda e burro di lardo. Da segnalare inoltre quella con salamino piccante, erborinato aromatico di capra, fior di latte, cicoria selvatica e confettura di rosa canina, così come quella con Porchetta d’anatra, misticanza con 12 erbe selvatiche, buccia di limone essiccata e gelso crudo.
Loc. Le Grotticelle Caggiano (SA) Tel. 0975196 6171 www.rumoloexperience.com info@rumoloexperience.com
Inedito
Énei locali dove nel 1962 vide la luce la prima pizzeria di Brescia, che Antonio Pappalardo ha aperto Inedito nel giugno 2021. Per questo nuovo progetto, il pizzaiolo bresciano di origini campane ha scelto di non replicare il format della Cascina dei Sapori - locale con cui sta ottenendo importanti riconoscimenti nazionali - bensì ha voluto creare una pizzeria completamente diversa nel format, negli arredi e nell’offerta; e dato che nomen omen, anche la pizza proposta in via Gramsci è “inedita” sia nei topping che nell’impasto, frutto di ricerca e artigianalità. La pizzeria si trova nel cuore della città, in un edificio storico dove durante i lavori di restyling è stato rinvenuto un pozzo rinascimentale che Antonio ha fatto recuperare cosicché i clienti possano ammirarlo attraverso due pedane in vetro. Storico sì, ma solo dal punto di vista architettonico, moderno nel concept con rifiniture in stile urban, che gli conferiscono un’impronta internazionale. Prima della pizza il cliente si può sbizzarrire con gli antipasti, tutti rigorosamente lievitati, dal mini bun al vapore con carne salada, fichi e Parmigiano o alla pizzina fritta Montanara con pomodoro e pecorino, dalla pizzina “small size” all’orzo, burrata e crudo 72 mesi alla teglia croccante ai semi con culatta e fontina. Di pregio il lavoro svolto da Antonio e Matteo Laffranchini per la creazione di una carta dei dolci golosa e curata. Tra le proposte catturano l’attenzione la torta di rose servita con zabajone, il gelato al bacio e un sorbetto al mango, entrambi mantecati al momento per poter garantire la massima freschezza e cremosità.
Innovazione
Le pizze di Pappalardo sono caratterizzate dal cornicione ben sviluppato e dal gusto deciso dell’impasto. Con tutto il team, infatti, ha elaborato un blend di farine, tra cui la farro monococco, che gli conferisce un gusto inconfondibile. Per quanto riguarda i topping ha invece lavorato su un duplice piano: da un lato si è concentrato sulla qualità delle materie prime, dall’altro sulla cura degli abbinamenti, riducendo il menù ad una quindicina di proposte, così da poter offrire topping originali e creativi, oltre alle classiche e alle signature.
alto, il pizzaiolo di Inedito, Antonio Pappalardo. In basso, una delle pizze contemporanee di Inedito.
Via Antonio Gramsci, 22A Brescia (BS)
Tel. 0307999555 www.ineditopizzeria.it info@ineditopizzeria.it
Kilo
Élungo il suggestivo lungomare di Imperia che lo chef-pizzaiolo classe ’91 Jacopo Chieppa esprime la sua creatività nel mondo dell’arte bianca con Kilo. Il locale è il laboratorio dove dal 2019 il pàtron – che è titolare anche del ristorante gourmet Equilibrio, a Dolcedo – mette a frutto la sua passione e l’esperienza acquisita nel mondo dei lievitati, frutto di una serie di viaggi in giro per il mondo e della gavetta nella brigata del superstellato Mauro Colagreco al Mirazur della vicina Mentone. Negli ultimi tempi, la pizzeria è stata oggetto di un restyling e di un ampliamento, che hanno permesso di dare più spazio alla clientela, pur senza nulla cedere alla filosofia e alla proposta gastronomica fatta di farina, passione e ricerca. Alle pareti di Kilo dominano colori pastello come il giallo e il celeste, i coperti sono aumentati (come lo spazio tra i tavoli) e la mise en place è più curata ed elaborata. Il menu allestito da Jacopo Chieppa insieme alla moglie Melania Cammalleri propone una serie le pizze creative, divise in categorie: c’è il Pan Prino, un conetto di pasta di pizza fritta ripieno di ingredienti selezionati; la Pizza Contadina, la classica pizza tonda preparata con l’impasto multicereale firmato dallo chef, e infine la Pala Romana. Ogni proposta è arricchita da combinazioni e ricette inedite pensate dallo chef-pizzaiolo per esaltare le caratteristiche specifiche dell’impasto, sempre con un occhio attento alle materie prime scelte e alla territorialità dei prodotti e dei sapori. Il risultato è una pizza mai scontata, che mostra e dimostra tutta la passione dello chef per il mondo della lievitazione.
Innovazione
Oltre al menù di pizze classiche, contemporanee e alla romana, nella carta di Jacopo Chieppa spiccano le versioni del Pan Prino, una sorta di calzone fritto tagliato a metà: da quella più regionale con spuma di Parmigiano, cotto di Parma, olive taggiasche e pesto, fino alla variante che strizza l’occhio al Piemonte con salsa tonnata, vitello, pesto di rucola e cipolla croccante. Da Kilo non manca infine un’alternativa ispirata invece al Sud, con bufala affumicata, spianata calabrese, nduja e pomodorini confit.
In alto, lo chef e pizzaiolo Jacopo Chieppa. In basso, l’interno della pizzeria Kilo.
Lungomare C. Colombo, 188 Imperia (IM) Tel. 0183681213 www.kilolievitati.it kilopizzeria@gmail.com
Meunier Champagne & Pizza
La chiave di volta del successo della pizzeria di Corciano, nel perugino, sta nell’intrinseco connubio tra l’arte bianca e le bollicine, ossia nel lavoro di sperimentazione portato avanti dal titolare Pietro Marchi su impasti e lievitazione. Una ricerca che ha come comune denominatore i lieviti – sia quelli degli impasti che quelli dello champagne – e che ha portato alla nascita di un locale decisamente innovativo. Se l’anima di Meunier è lo stesso Marchi, sommelier e ideatore del progetto insieme ad Anna Chiara Baiocchi e Daniele Marcucci, il focus del locale è ben saldo sulla pizza, d’ispirazione contemporanea e servita a spicchi, declinata in due dozzine di varianti, gustose, accattivanti, gastronomicamente mai banali, impreziosite da materie prime di straordinaria qualità e caratterizzate da un impasto al tempo stesso fragrante e leggero. Da quando ha aperto i battenti, nel 2017, Meunier ha tenuto vivo il doppio binario tra pizza e champagne, con etichette selezionate accuratamente, proposte spesso a un ottimo rapporto qualità/prezzo e tenute in tre cantinette al centro della sala. Non a caso, sono presto arrivati i massimi riconoscimenti delle maggiori guide di settore. Al di là dei grandi classici, nell’offerta della pizzeria non mancano proposte lontane dagli schemi classici - pizze con tagliata di vitellone, con crudi di pesce o con il piccione - che stupiscono per assonanze e contrasti sempre riusciti. Ne è un esempio la Sibilla, con pecorino, ciauscolo, cuori di carciofo fritti, pepe selezione Maricha, olio Evo bio. A proposito, ogni pizza di Meunier ha un proprio olio extravergine d’oliva in abbinamento.
Innovazione
Al di là del pairing con lo champagne, caratteristica delle pizze di Meunier è l’estetica del piatto in uscita, la scelta di accostamenti fuori dall’ordinario e l’uso di materie prime poco comuni nel mondo dell’arte bianca. È il caso di uno dei signature del locale, la pizza Apollo 11, realizzata con una base di salsa provenzale di pomodoro biologico alle olive taggiasche e aglio rosso, fiordilatte di Agerola, spinaci in foglia, pollo croccante saltato nel mosto cotto, germogli di Aglione della Val di Chiana, maionese con cipolla rossa in agrodolce ed olio Evo.
Via Aldo Capitini snc Corciano (PG) Tel. 0755179460 surliesas@gmail.com
ABRUZZO
DO’ Piccirill
alla passione e dall’impegno di Antonio Pentecoste, maestro pizzaiolo di terza generazione, non molto lontano dal porto turistico di Pescara la pizzeria O’ Piccirill porta nella città abruzzese un tocco di contemporaneità, pur restando saldamente con le radici nel solco della tradizione partenopea. Aperta nel 2019 e presto diventata un punto di riferimento per l’arte bianca nel panorama cittadino e oltre, ad esempio come pizzeria ufficiale di Casa Sanremo per tre anni e Medaglia d’oro al merito civile della città di Pescara. Il locale è caratterizzato da uno stile semi-industriale, con tavoli e piani in legno e ferro in grado di ospitare circa 90 posti a sedere (più uno spazio esterno per il periodo estivo). Anche se nel menù non mancano i grandi classici della pizza – così come il tradizionale fritto napoletano, dalla frittatina di pasta al cuoppo - un focus speciale viene riservato alla categoria della pizza contemporanea, preparata con un impasto classico diretto che richiede 24 ore di lievitazione e 12 ore di maturazione. Su prenotazione, inoltre, sono possibili opzioni senza glutine, rigorosamente preparata da Pentecoste. Tra le proposte più interessanti, spiccano la Margherita di bufala con cornicione ripieno con ricotta, provola e salame dolce del Cardinale, oppure quella a base di crema di peperoni con, in uscita, stracciatella, trito di olive nere e cipolla fritta croccante. Da provare anche la pizza chiusa su sé stessa farcita in uscita con formaggio fresco, bresaola di Black Angus, rucola, pomodorini, mais e olio Evo.
Innovazione
Particolarmente innovativo, nella produzione di Antonio Pentecoste a O’ Piccirill, è il ‘babbà’ salato a lunga lievitazione: si tratta di un prodotto homemade che viene farcito con ricotta fresca di vaccino, pomodorini del Piennolo del Vesuvio Dop gialli e rossi, alici dell’Adriatico e polvere di pomodori rosso. Un’altra versione è quella che vede il ‘babbà’ salato farcito con stracciatella fresca di vaccino pugliese, tartare di salmone Norvegese, granella e pesto di pistacchio di Bronte, olio extravergine d’oliva.
In alto, il maestro pizzaiolo Antonio Pentecoste. In basso, il suo babà salato.
Via Marco Polo, 34 Pescara (PE) Tel. 3407464302 pizzeriaviamarcopolo@libero.it
Più Sud
Una pizza d’autore tra i sassi di Matera: è tra gli stretti vicoli del Sasso Caveoso, che Vincenzo Palermo - classe ’92, originario di Gravina in Puglia e già campione mondiale di pizza napoletana nel 2018 – lavora a Più Sud, una pizzeria con annessa boutique di specialità che raccoglie i prodotti agroalimentari di oltre 100 piccole aziende di tutto il meridione. Il locale si trova alla fine di una stradina che chiude il suo percorso in un elegante store, ed è strettamente collegato al primo albergo aperto a Matera, l’hotel 5 stelle lusso Sant’Angelo con ospitalità diffusa nella zona più suggestiva della città. Quello allestito da Palermo partendo dalla visione di Nicola Ruscigno (Ceo del Sant’Angelo) e dal manager Biagio Spagnuolo, che da anni sviluppano il progetto, è un autentico viaggio gastronomico nel sud d’Italia: il pizzaiolo dal cuore nomade (negli anni ha aperto locali da Mosca a Dubai) è tornato a casa portando con sé quanto imparato nei suoi viaggi, e ha sposato la scelta della proprietà di elaborare un menù di pizze d’ispirazione partenopea con materie prime di alta qualità. Oltre alle proposte classiche, da provare le due diverse signature di Più Sud, entrambe in doppia cottura: da un lato la “Ricordi d’infanzia” - guarnita con cime di rapa, alici e gel al mandarino – e dall’altro la “Dubai” con pomodorino datterino in acqua di mare, stracciatella, salsa gambero, tartare di gambero e caviale. La selezione più intrigante resta comunque quella del menù “Rotta verso Sud”, articolata su otto proposte, in cui ognuna delle pizze porta il nome della regione da cui provengono i suoi ingredienti principali, a loro volta selezionati da piccoli produttori locali.
Innovazione
La scelta del Sant’Angelo di legare in un menù ad hoc ogni pizza a una regione del sud Italia omaggia la ricchezza delle tradizioni territoriali: e così la “Abruzzo” include tra gli ingredienti un salame al Montepulciano, la “Molise” una crema di pecorino di zona, mentre la pizza “Basilicata” celebra il peperone crusco di Senise e menta, così come la “Calabria” la ‘nduja. Sul fronte delle isole, Sicilia e Sardegna sono rappresentate rispettivamente da una crema di melanzana al lime, melanzana fritta e menta, e da un salume di tonno locale.
Rione Pianelle, 16 Matera (MT) Tel. 08351970630 www.piusud.com info@piusud.com
Pizza & Bolle
Quattro locali, tre stili diversi, due protagonisti, una sola città. Il gruppo Pizza & Bolle ha creato nella capitale una sorta di “trinità” della pizza, dove ognuna delle pizzerie risponde a una tipologia ben precisa: Sant’Isidoro è il regno della napoletana contemporanea di Giovanni Nesi, classe ‘89, artefice anche della pizza tonda romana bassa e croccante di San Martino, mentre da San Biagio – che oggi conta su due distinti locali - la pizza in teglia è realizzata da Mauro Pedone. Obiettivo comune, come suggerisce il nome, esplorare il mondo degli impasti a 360 gradi attraverso un pairing di bollicine di alta qualità, e magari convincere i campanilisti della pizza romana o napoletana a provare a cambiare fazione. La scelta dei nomi non è affatto casuale, e si rifà all’icongrafia sacra: se San Martino è il patrono degli osti e dell’abbondanza, Sant’Isidoro è invece il protettore dei contadini (e la pizzeria, d’ispirazione napoletana, mette al centro proprio la terra e le sue materie prime). Dal canto suo, San Biagio è riconosciuto come il protettore della gola, scelto per la pizza romana in teglia affidata a Pedone, classe ’92. In questo caso, nei due locali in Prati e all’Eur il pizzaiolo propone un prodotto leggero e croccante ma col giusto corpo per accogliere materie prime gourmet, attraverso un lavoro innovativo sugli impasti, tra farine da grani antichi e idratazione all’80%. Da Pizza & Bolle i topping delle pizze e i ripieni dei fritti sono creati dallo chef Francesco Azzaretto – classe ’92, dalla grande esperienza - attraverso un dialogo costante coi pizzaioli di ogni locale. Da non perdere la Mazara e la Tre Pomodori + 1 (dry, semisecco frollato, paccatella gialle e ristretto homemade).
Innovazione
Insieme alle pizze, protagoniste del format sono le bollicine, con una carta ad hoc davvero importante, con quasi 150 referenze provenienti da tutto il mondo: Champagne, Franciacorta, Trento DOC, oltre a rifermentati e altre cuvée pregiate davvero inusuali per delle pizzerie. Una scelta nata un po’ per sdoganare la solita accoppiata pizza e birra, un po’ per proporre un abbinamento di sentori più vario da abbinare alle diverse pizze. Nel locale di San Biagio è inoltre disponibile una rotazione di etichette all’interno di lattine ready to drink, anche da asporto.
In alto, il pizzaiolo Giovanni Nesi e lo chef Francesco Azzaretto. In basso, alcune delle proposte di Pizza & Bolle.
Via Oslavia 41, Sant’Isidoro (RM)
Lungotevere di Pietra Papa 201, San Martino (RM)
Via Oslavia 39 E, San Biagio (RM)
Viale Europa 15, San Biagio (RM) www.pizzaebolle.it info@pizzaebolle.it
Romano Artigiani del Gusto
Attiva dal 1983 nel cuore di Brindisi inizialmente come panificio, la pizzeria si è imposta come uno dei nomi più interessanti per il mondo dei lievitati e in particolare per l’arte bianca vocata all’innovazione. L’arredamento è moderno ma caldo, con l’uso raffinato del legno e dei toni della terra che creano un ambiente accogliente dove cenare. Accanto a un’offerta gastronomica più ampia, tra cui 4 tipi di panini (di cui 3 bun homemade), il locale ha il suo punto di forza nella proposta di pizze gourmet, realizzate dalla famiglia Romano - Christian e i fratelli Marco e Sonia, il figlio Stefano e la compagna Andrea - utilizzando materie prime sia territoriali che espressione delle diverse eccellenze geografiche italiane. Ecco quindi alternarsi nel menù gli evergreen della pizzeria, gli ormai grandi classici come il Panuozzo di Gragnano e pizze contemporanee come la “Delizia”, con crema di peperoni, salsiccia fresca a punta di coltello saltata in padella con olio Evo e sfumata al vino bianco, bocconcini di bufala campana Dop, rucola, petali di mandorla e Grana Padano a scaglie. Oppure la “Vellutata di zucca” dove la crema di zucca incontra la cipolla di Tropea marinata, gorgonzola, fiordilatte di Alberobello, pancetta coppata di Zibello, rucola e noci. Se il “Partenopeo” spicca per i cubetti di patate al forno aromatizzate con aglio, pepe e rosmarino, la “Affumicata” è impreziosita dalla provola di Agerola, porchetta di Ariccia, confettura di bucce d’arancia siciliana e polvere di paprica. Altri punti di forza di Romano sono sicuramente l’attenzione al gluten free e il cocktail bar, in grado di servire sia una mixology più classica sia una serie di signature da accompagnare alle pizze, in un pairing oggi più comune nelle grandi città che nei piccoli centri.
Innovazione
In carta è stabilmente presente un’ampia selezione di pizze regionali, ossia ispirate ai prodotti tipici locali attraverso uno o più ingredienti: ecco quindi la pizza dei Colli Romani (con porchetta di Ariccia), la Bella di Norcia (con speck di cinghiale e pecorino di fossa Dop) o la Calabrisella (con nduja, cipolla rossa di Tropea e capocollo piccante), oltre agli immancabili omaggi a Napoli e Caserta. Molte delle pizze regionali, inoltre, vedono suggerito sul menù il cocktail ideale con cui essere abbinate.
In alto, Christian Romano mostra una sua pizza. In basso, alcune delle creazioni della pizzeria.
Piazza Raffaello Sanzio, 16/17
Brindisi (BR) Tel. 0831218613
lartigianopanettiere@outlook.com
Saccharum
La sua pizza sfugge a ogni definizione, non si definisce napoletana né romana ma è fortemente identificata con il suo artefice, Gioacchino Gargano, la cui sfida è quella di conciliare la vocazione culinaria con l’arte bianca. E per farlo, nel 2019 il patròn di Saccharum ha deciso di trasportare la sua filosofia di cucina sulle pizze, unendo la selezione degli ingredienti locali, i sapori genuini della Sicilia e l’esperienza da chef ai suoi impasti croccanti e leggeri. Non a caso, la formazione di Gargano procede sul doppio binario tra la panificazione e la cucina, sperimentando accostamenti audaci e abbinamenti creativi in grado di esaltare le materie prime: il risultato è un’unione perfetta tra i lievitati ed i condimenti, che si uniscono in un armonioso equilibrio di sapori e consistenze. Senza dimenticare il territorio, che il maestro pizzaiolo valorizza sia negli impasti sempre in evoluzione - tramite l’utilizzo di una percentuale di grani antichi, farine macinate a pietra, lunga lievitazione ed elevata idratazione – che nelle materie prime, ponendosi come custode del gusto siciliano con tocchi di innovazione e creatività. Tra le pizze più interessanti di Saccharum, quella con Provola affumicata, polpo, gambero, cozze, limone fermentato e foglia d’ostrica, o quella con Fiordilatte campana, tenerumi spadellati, cozze, salsa marinata alle cozze, aglio fermentato e mollica tostata. Una sezione a sé è dedicata agli “Spick & crock”, spicchi pensati per regalare un morso croccante ma soffice, aromatico e delicato. Da non perdere quella con Stracciata di Burrata, gambero rosso, datterino giallo e rosso semidry e foglie di ostriche, o quella con Stracciata pugliese, bresaola di tonno, zucchine genovesi, cipolla caramellata, menta e maionese alla bottarga.
Innovazione
Attingendo alla tradizione siciliana, Gioacchino Gargano ha saputo rendere contemporaneo un prodotto identitario e territoriale come lo ‘sfincione’, un tempo legato solo al Natale. Il maestro pizzaiolo ne ha realizzato una versione personale con impasto di farina evolutiva, cui dedica un’intera sezione del menù, dove non mancano la versione bagherese (con i due formaggi locali, la ricotta e la tuma), quella palermitana, la focaccia messinese, la ‘rianata’ trapanese e la ‘tabbisca’ di Sciacca.
Via Marina Della Bruca, 1
Altavilla Milicia (PA)
Tel. 0919103210
www.saccharum.it
info@saccharum.it
Lo Spela
L’arte di portare ingredienti “gastronomici” sulla pizza è una tendenza consolidata, nella fascia alta della categoria. Ma quando si tratta di applicare i principi del fine dining all’arte bianca –utilizzando il disco quasi come fosse un piatto da portata, o come una tela su cui un pittore è chiamato a posare i colori – c’è chi ha portato questo trend a un livello d’assoluta eccellenza. Accade a Greve in Chianti, nella pizzeria Lo Spela dove opera il pizzaiolo Tommaso Mazzei. Non a caso, nel 2022 il locale si è aggiudicato il premio della guida del Gambero Rosso come miglior pizza degustazione d’Italia, con la sua “Petto d’anatra”, ideata da una collaborazione con lo chef Niccolò Ferrazzani, di stanza a Bangkok che da anni lavora in ristoranti pluristellati. La pizza si compone di un petto d’anatra cotto a bassa temperatura, accompagnato da fiordilatte, spinacino fresco, carota viola aromatizzata al gin e salsa al whisky. Ancora oggi, con le opportune variazioni stagionali, quella pizza è il fiore all’occhiello della pizzeria chiantigiana: il locale – valorizzato dal “gioco a tre” tra Tommaso Mazzei e i fratelli Niccolò e Mattia Ferrazzani, con quest’ultimo chiamato a occuparsi della sala e degli abbinamenti con vino e birre – è considerato uno dei migliori esperimenti di pizzeria gastronomica in Toscana e non solo. Per valorizzare il concept della convivialità, gli impasti lievitano da 24 a 72 ore per dare leggerezza e digeribilità, e vengono personalizzati in base alla farcitura per creare una base di volta in volta soffice o croccente, sottile o alveolata. Le pizze vengono poi servite già tagliate in otto spicchi in modo che i commensali possano condividere l’esperienza culinaria.
Innovazione
Oltre alle “classiche” e alle proposte signature, entrambe disponibili anche in versione gluten free, le pizze de Lo Spela si caratterizzano sia per i topping innovativi – pensiamo al lampredotto con salsa verde, all’abbinamento tra lardo e katsuobushi con friggitelli e scamorza affumicata, oppure a quello che vede insieme lardo, seppia, pomodorini confit e fiordilatte – sia per la doppia cottura (vaporiera e forno elettrico) e lo stile romano, che coniuga leggerezza e croccantezza.
Via di Poneta, 44 Greve in Chianti (FI) Tel. 055850787 www.lospela.it prenotazioni@lospela.it
I Tigli
Ilnome di Simone Padoan è ormai da tempo legato a doppio filo all’idea di una pizza creativa e contemporanea. Il suo studio rigoroso sugli impasti - tutti realizzati con farine integrali o semintegrali a lievitazione naturale, con aggiunte di mais o semi, e a diverse idratazioni per ottenere consistenze e croccantezze differenti – è considerata una case history nel mondo dell’arte bianca. Veronese, classe ’71, ultimo di 9 fratelli appartenenti a una famiglia contadina vocata alla pizza, rifugge le definizioni e si considera più un “uomo di cucina” che un pizzaiolo o uno chef. Sua l’idea di aprire nel 1994 la pizzeria “I Tigli” a San Bonifacio, nella provincia ovest della sua città natale, che diventa in breve un hub creativo dove rivoluzionare il concetto di pizza. Se all’inizio il locale offriva in carta appena qualche proposta originale, dal 1999 lo studio e la sperimentazione hanno portato Padoan a lavorare su materie prime di estrema qualità, sviluppando innovative tecniche di cottura e di panificazione da lievito madre. Il risultato è una nuova concezione di pizza, in cui l’impasto ha una sua autonomia di sapore, leggerezza e digeribilità, una base su cui sbizzarrirsi con topping creativi e nuovi abbinamenti frutto di tecniche di cucina. La pizza degustazione diventa così un tratto distintivo del locale, rinnovato nel 2012 con l’implementazione di un’offerta gastronomica adeguata. Alla produzione di pizze – circa una ventina, servite spicchiate nei due formati da 4 e 8 spicchi - Simone Padoan ha anche affiancato quella del pane e della focaccia, presto seguiti da i dolci lievitati della tradizione come la celebre Torta delle Rose e la Veneziana, e quelli delle festività, quindi colombe e panettoni.
Innovazione
Si può essere innovativi su una Margherita?
Naturalmente sì. Quella di Simone Padoan ai “Tigli” è proposta in tre diverse versioni: la croccante, la soffice e quella accopmagnata con la bufala. A stupire è però la scelta degli ingredienti che, rigorosamente freschi e preparati dalla cucina, spaziano dal mare alla terra, con crudi di pesce, anatra, animelle, ma anche con baccalà mantecato o anche lumache e anguilla. Da provare quella con Astice al valpore (con burrata e giardiniera) o la Piccione al Forno con fior di latte, spinaci selvatici, chutney di marasche, coscia confit e fondo di piccione.
Via Camporosolo, 11 San
Bonifacio (VR)
Tel. 0456102606 www.pizzeriaitigli.it info@pizzeriaitigli.it
innovativi eleganti unici
Un mondo di gusto
Dallo stile Nikkei alla tradizione Chifa: perché il pubblico vuole esplorare i nuovi orizzonti – anche stellati –della cucina internazionale
di Antonio Galdi
Può sembrare solo una questione di semantica, ma non è così. Abbinato ai ristoranti, negli anni l’aggettivo “etnico” ha creato un ghetto dentro il quale è stata relegata ogni cucina extra-europea, finché non si è arrivati alla più moderna nomenclatura di ristorante internazionale. Con il termine etnico però, secondo il vocabolario italiano, si intende “ciò che è proprio di un popolo e contrapposto ad altri popoli”; e ancora “quello che determina l’appartenenza a un popolo, una nazione, regione o città”. Seguendo queste definizioni, un ristorante italiano immerso nella periferia di Berlino sarebbe da considerarsi etnico, nonostante i dissapori che ciò può generare dal nostro punto di vista. Ciò varrebbe anche per il McDonalds o il ristorante francese nel cuore di Milano in overbooking per i prossimi 10 San Valentino. Ma si può davvero considerare “contrapposto ad altri popoli” tutto ciò? Sushi giapponese, taco latino, chevice peruviano, tajine libanese, pad thai nel Sud est asiatico: una lista infinita di culture gastronomiche, che sono diventate ormai parte integrante del repertorio culinario delle nuove generazioni. L’influenza è così radicata che molti di noi hanno creato nuove abitudini attorno a questi cibi, trasformando una serata al ristorante indiano dall’eccezione esotica a una pura alternativa. Questa evoluzione però non è stata rapida. Il viaggio della cucina internazionale in Italia inizia nel 1949 quando a Roma apre Shanghai – primo ristorante cinese d’Italia - e vede l’inizio del successo fra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli ’80 quando, nelle grandi città, le famiglie cinesi e giapponesi hanno iniziato ad avviare attività di ristorazione. Dapprima frequentati solo da conterranei, espatriati per un motivo comune e alla ricerca dei sapori di casa, questi locali non furono visti di buon occhio
dalla clientela italiana, ritrovandosi ben presto l’etichetta di cucina veloce e senza troppe pretese. Insomma, un salva-cena economico da alternare alla pizza, di certo incapace di competere per qualità con la ristorazione cui si era abituati, un rito divenuto di dominio pubblico al punto da entrare nella cinematografia internazionale. Difficile non ricordare la scena di un film – da Her a Blade Runner, passando per La ricerca della felicità e La stanza del figlio - in cui un uomo in carriera, appena divorziato, torna a casa dal lavoro con un sacchetto bianco segnato da ideogrammi rossi con al suo interno la cena. Questa percezione, sommaria ed errata, è cambiata nel corso degli anni. Oggi la cucina internazionale è parte integrante del panorama gastronomico italiano con una qualità e una varietà che ne innalzano il livello. Si stima che circa 25.000 ristoranti in Italia, quasi il 7% del totale, siano dedicati a questa categoria e che il mercato dei prodotti stranieri – in gdo e negozi specifici- sia in forte e costante crescita. I dati del Cga by NielsenIQ per il 2023 parlano di un tasso annuo di incremento del 12%, costante fino al 2027. La crescita esponenziale della ristorazione interna-
zionale è da ricercare soprattutto nei giovani, nella voglia di scoprire il mondo, costantemente stimolata dai social e dalle foto dei piatti che arrivano da ogni angolo del globo. Una cena in un ristorante messicano o libanese offre un’esperienza che, pur non sostituendo un viaggio, è sicuramente più economica e comoda rispetto a un viaggio intercontinentale. Nonostante la crescente popolarità, le cucine internazionali hanno affrontato numerose sfide legate all’adattamento ai gusti italiani. Un esempio emblematico è l’introduzione del gelato come dessert nei ristoranti cinesi. Un dolce estraneo alla tradizione asistica ma inserito nei menu per venire incontro alle preferenze nostrane. Un compromesso del genere dimostra la capacità dei ristoratori di reinventarsi, seguendo i trend senza perdere autenticità. La qualità dei ristoranti internazionali è ormai consolidata, con un punto di svolta segnato dall’ingresso delle cucine internazionali nella Guida Michelin – nel 2015 il primo stellato, Iyo Milano. Questo successo ha ampliato il panorama globale del fine dining sfondando i confini europei che l’alta cucina stessa si era creata, spingendo non solo la cucina asiatica a un nuovo livello ma
trascinando con sé le culture mediorientali, sudamericane e africane. Oggi la cucina internazionale non è più l’alternativa economica o esotica, e il pubblico inizia ad essere, si più esigente, ma sempre disposto a esplorare nuovi orizzonti, stimolato dalla ricerca di sapori inediti.
Il futuro promette ulteriori sviluppi, anche grazie all’attenzione crescente alla qualità e all’autenticità da parte di chef che partono dal patrimonio di tradizioni locali e ne creano accostamenti innovativi lontani dal mainstream. Basti pensare alla fusione fra la cucina di stampo peruviano a quella giapponese che ha dato vita allo stile Nikkei fondendo la cultura del pesce crudo con gli elementi caratterizzanti del Perù come ajì, il mais e il ceviche; o ancora la cucina Chifa che ha incorporato, sempre alla cucina peruviana, quella cinese e nello specifico cantonese come il riso fritto.
In fondo chi ha cambiato il gioco una volta ha la forza di farlo ancora e i ristoranti etnici - o internazionali, per essere politically correct - sono stati dei game changer.
Cucina internazionale
LOMBARDIA
Bentoteca
Nel cuore di Milano, tra Conca del Naviglio e Porta Genova, il ristorante dello chef Yoji Tokuyoshi si è ritagliato un posto d’onore tra gli indirizzi cittadini vocati alla cucina giapponese curata e fuori dall’ordinario. Merito sia di un ambiente insieme minimal e di carattere, con pareti verde ottanio e tavoli in legno laccato, ma anche di un servizio al tempo stesso attento ed informale. In quanto alla cucina, quella di Tokuyoshi parte dai canoni nipponici per sposare decise contaminazioni internazionali e mediterranee. Esempi di come lo chef si muova a cavallo tra le sue origini giapponesi e la passione per l’Italia dall’altro, in un connubio sorprendente a metà tra Oriente e Occidente, sono piatti come il tataki di cavallo con salsa alla pizzaiola o il collare di tonno alla brace, che fanno il paio con proposte inusuali come il piccione “ubriaco” (marinato nel sake, servito con salsa alla sardella e biete), il cavallo alla griglia (con salsa ai cannolicchi, fondo bruno al miso e katsobushi di cuore di tonno) o la lingua fritta. Un intero menù è poi interamente dedicato al tonno in tutte le sue parti e le sue cotture: pescato nella regione portoghese dell’Algarve, viene abbattuto all’origine a -60°. Ottimo sia crudo (tra sashimi e tartare) che cotto, cucinato come fosse carne: è il caso della guancia al burro con pomodori cuore di bue, cetrioli barattieri, shiso verde e friggitelli, o del Chutoro di tonno fritto in stile tonkatsu con salsa di soia al wasabi e zenzero. È possibile ordinare un menù Omakase, tra grandi classici e piatti inediti, con vini naturali da tutto il mondo in pairing. Trovando posto lungo il bancone si possono ammirare alcune preparazioni della cucina nonché la precisione dei vari tagli del sushi.
Innovazione
Parte del potenziale d’innovazione della Bentoteca sta tutto nella sua genesi, legata al prodotto-simbolo che dà il nome al locale, ossia la ricca selezione di bento (le iconiche confezioni da pranzo con riso e altri ingredienti, poi diventate le stesse leccornie servite nel locale) ideata da Tokuyoshi, a lungo sous chef di Massimo Bottura . Non a caso il locale nasce nel 2020 come semplice pop-up, per poi virare su un ristorante permanente che coniuga il fine dining ad un’atmosfera conviviale e rilassata.
Via San Calocero, 3 Milano (MI) Tel. 0284254626 www.bentoteca.com hello@bentoteca.com
Cucina internazionale
Enosake
Dopo “Astemio” e “Quartino”, l’imprenditore Marco Wu ha aperto apre a San Giovanni un’enoteca dedicata alle migliori referenze del Giappone, replicando il format che comprende un ampio numero di etichette e una proposta gastronomica di eccellenza. Con Enosake si completa così un viaggio alla scoperta dell’Asia da bere: l’enoteca è orientata alla degustazione (e vendita) di sake e altri distillati del Sol Levante, oltre a un’ampia varietà di gin, vodka, rum e whisky. Come gli altri indirizzi, anche Enosake si caratterizza per l’immensa varietà delle etichette che compongono la cantina: una lista di oltre 300 referenze da degustare al tavolo - accompagnate ad alcune specialità di cucina giapponese - o acquistare e portare a casa allo stesso prezzo (ciò vale anche per utensili e suppellettili). Il locale si presenta come una classica izakaya dai toni caldi e linee essenziali: un ambiente raffinato e sofisticato, con un importante bancone a vista dove lo chef prepara le sue specialità. Dal pranzo fino al dopo cena, Enosake accoglie la clientela con un’offerta gastronomica che spazia dai gyoza in diverse varianti (tra cui quelli di wagyu di bovini Kuroge allevati da Muhenaru Ozaki) al sushi, a cui si affiancano carpaccio di capasanta di Hokkaido (più dolce e morbida di quella classica), tartare di tonno Balfegò (famiglia di allevatori del prelibato tonno rosso, da cinque generazioni). Nel menù non mancano poi diverse varietà di ramen, preparati con una cottura antica di oltre dieci ore, o il tiramisù al tè matcha, per rappresentare tutte le tipicità di una cucina troppo spesso ridotta a pochi piatti, e che invece – proprio come per i sakè - merita di essere approfondita in ogni suo aspetto.
Innovazione
All’interno del menù di Enosake non manca una cocktail list con drink originali come la ‘Kiyomi Colada’, drink tropicale che combina il rum Kiyomi con purea di banana e crema di cocco vaporizzata, oppure il ‘Jundo’ che mescola la complessità del gin Roku col liquore ai fiori di sambuco, estratto di aloe vera e limone. E ancora il ‘Miyajima Fashioned’, a base di whisky Nikka infuso all’ostrica con lo sciroppo salino, bitter al limone e caviale alcolico.
Viale Carlo Felice, 29/31
Roma (RM)
Tel. 0670492958
www.enosake.com enosakeroma@gmail.com
Cucina internazionale
LOMBARDIA
Essenza Sushi
Vocato alla cucina orientale, dall’inizio del 2023 il locale rappresenta la prima realtà italiana di sushi take away e delivery 100% plant based. In altre parole, dietro il bancone di Essenza Sushi i fratelli Dario e Matteo Beluffi (già fondatori di In-Vece Alternativa Vegetale) offrono una selezione di sushi fantasiosa e gustosa, ma completamente vegetale e gluten free. Una sorta di unicum nel panorama della cucina internazionale contemporanea, attenta a venire incontro sia al mondo veg sia alle esigenze di quanti sono legati a regimi alimentari particolari. Insieme ai fratelli Beluffi, dietro Essenza ci sono Luca Maccarone e Masha Facchini, fondatori di Sementis a Pietrasanta, e il doppiatore Andrea La Greca. L’ispirazione di base è legata al tema del delivery: il locale in sé è piuttosto piccolo, contando su appena cinque posti a sedere. Tra le proposte più interessanti spiccano i nigiri al caco mela marinato, gunkan con edamame e mayo al wasabi, mentre tra gli uramaki merita un cenno quello con il tofu affumicato, insalata, ricotta di macadamia, salsa bbq teriyaki, mayo speziata e nachos. Rispetto a un locale standard, qui il sushi si presenta particolarmente colorato – dai rosa intensi al rosso, fino al verde smeraldo - alla ricerca di una saturazione cromatica che compensi almeno alla vista l’assenza di proteine animali. Oltre al prodotto in sé, ciò che contraddistingue Essenza Sushi sono il packaging e la formula: l’idea di base è infatti quella di proporre una serie di box di sushi interamente vegetali, sostenibili e stagionali. All’occorrenza è anche possibile ordinare alla carta componendo di fatto la sua scatola. Nei formati più grandi è inoltre previsto un maki cheesecake con cremoso di anacardi e caviale di lampone.
Innovazione
Da Essenza Sushi le box di sushi vegetali si possono acquistare con assortimenti di nigiri, maki e uramaki. La Tasty in tre misure (da 10 a 24 pezzi) elemento migliore nel nigiri Unagi con melanzana in salsa umami, ma ci sono anche il Friggitello (carota, friggitello, hummus di cannellini, salsa all’aceto balsamico e mayo alla barbabietola), il Crispy con melanzana croccante, tempeh, spinaci saltati al sesamo e il Prezioso (funghi, cremoso di anacardi, patata dolce, mayo al tartufo e scaglie di tartufo nero).
Via Maurizio Quadrio, 23 Milano (MI)
Tel. 0235994412
www.essenzasushi.it essenzasushi@gmail.com
Cucina internazionale
CAMPANIA
Japit
Nel centro storico di Benevento, a due passi dall’Arco di Traiano, questo ristorante di sushi è diventato un punto di riferimento per gli appassionati del genere, con clienti che arrivano da tutta la regione e spesso anche da quelle limitrofe. Merito sia della rigorosa selezione della materia prima, tra le la migliori della Campania (dal tonno Bluefin al salmone Ora King), col pescato proveniente da costiera amalfitana e Cilento. Dietro il bancone di Japit operano infatti lo chef patron Mario Cangiano ed il maestro giapponese Taketomi Minakami, formatisi nelle severe accademie del sushi in Giappone. Dal Sol Levante provengono le ricciole hiramase e le capesante in esposizione al bancone, così come il riso tra le cultivar più pregiate. Il locale – appena 12 posti, in stile sushi bar, con prevalenza di elementi in legno – punta sull’alta tecnologia per l’abbattimento (-80°), il trattamento e la conservazione della materia prima, nonché sull’utilizzo di acqua di mare sterilizzata per il lavaggio del pescato. Tra le proposte più iconiche del ristorante, fedele allo stile dell’Omasake, non mancano i nigiri di Otoro, la ventresca di tonno, la parte più pregiata del tonno blue fin che riesce a sviluppare una rotondità avvolgente, ed i chumaki, rotoli di riso che avvolgono ventresche e filetti in tartare conditi con caviale di salmone selvaggio. Il taglio è studiato per ogni singola materia. Particolarmente convincente il rapporto qualità/prezzo, non così comune nella categoria, mentre l’atmosfera intima, romantica e familiare contribuisce ad arricchire l’originale esperienza. Il nome del locale, crasi tra Japan e Italy, rappresenta la fusione delle migliori tecniche di mantenimento del pescato apprese in Giappone con l’HACCP europea.
Innovazione
Nonostante la predilezione per l’ortodossia giapponese, nel menù di Japit non mancano accenni al sushi di stile “occidentale” voluti da Cangiano per venire incontro ai gusti nostrani. In questa fascia troviamo gli uramaki (realizzati però con stile nipponico, che celebra la ricchezza del pesce e un uso irrisorio di salse che ne coprirebbero il sapore), mentre non è inusuale che con il pescato di giornata vengano preparati sul momento primi piatti di cucina italiana.
Via San Pasquale, 12 Benevento (BN)
Tel. 3475152491
@japit_bn cangianomario@gmail.com
Cucina internazionale
LIGURIA
La Taskita
Fondata sull’idea di offrire un’esperienza culinaria che vada oltre la semplice soddisfazione del palato, La Taskita ad Alassio presenta una proposta gastronomica completa e variegata, con creazioni che sfidano le convenzioni e le aspettative gastronomiche. Qui non esiste più la rigida distinzione tra antipasto, primo e secondo: lo spirito è quello della condivisione e il menu è un viaggio attraverso culture e sapori da tutto il mondo. Durante i mesi invernali, infatti, la chef Briggith Otero Moreno e il bar manager Roberto Mantiero - fondatori del locale - viaggiano in lungo e in largo per scoprire nuove tecniche e ingredienti insoliti. Il menu della Taskita è il risultato di questa ricerca continua e presenta una selezione di piatti eclettici che combinano sapori e influenze culinarie variegate. Anche la drink list rispecchia quest’anima cosmopolita, con una serie di signature cocktail e una selezione di vini locali e internazionali studiata per esaltare materie prime e preparazioni. Con un ambiente accogliente che comprende sia tavoli interni che esterni con vista sul mare, il locale offre agli ospiti la possibilità di immergersi in un’atmosfera ispirata dalla bellezza naturale della baia della cittadina ligure. A pranzo, i piatti della Taskita sono caratterizzati da sapori freschi e leggeri, dai primi piatti ai ‘bibimbap’ corani, mentre la proposta per cena evolve verso piatti più complessi e ricercati, offrendo un’esperienza gastronomica sofisticata.
Innovazione
Tra le proposte serali della Taskita non mancano piatti come il Waffle di pandebono con tartare di Black Angus, emulsione al rocoto, tartufo nero, nocciole e pere fermentate o i Gamberi rossi di Mazara crudi, ajo blanco ai piselli e fragole fermentate. Tra i piatti forti, inoltre, il Petto d’anatra con salsa al rabarbaro, zenzero e yuca, i Gyoza allo zafferano ripieni di carne di maiale e trombette, salsa tosazu e zenzero e opzioni vegetariane come l’Empanada colombiana di pipian ripiena di patate, peperone e arachidi.
Passeggiata Francesco Baracca, 10 Alassio (SV) Tel. 3880582997 www.lataskitaalassio.superbexperience.com robymanta04@gmail.com
Cucina internazionale
LOMBARDIA
Oriental Japanese Restaurant
Inserito all’interno del complesso di Areadocks a Brescia - struttura in grado di far coesistere con armonia non soltanto la buona tavola e il bere di qualità, bensì anche il design, lo stile e l’arredamento – il ristorante di cucina internazionale Oriental rappresenta l’ultima gemma all’interno di un hub creato 20 anni fa dall’imprenditore Alberto Marengoni in un’ex area industriale risalente all’inizio del Novecento. È in un contesto sfaccettato e multifunzionale che ospita anche hotel, spa, steak house, pizzeria e cocktail bar, che Oriental si è ritagliato un proprio spazio grazie a un’offerta gastronomica peculiare. Specializzato in haute cuisine giapponese, il ristorante pone particolare enfasi sulla cucina ‘cucinata’, sia a base di pesce che di carne, privilegiando l’altissima qualità della materia prima, sapori e profumi innovativi. La sua missione è unire la tradizione della cucina mediterranea con quella giapponese, ricercando i tanti aspetti in comune tra due retaggi apparentemente lontani. Lo stesso connubio, in fondo, che consente ad Areadocks di offrire l’autentico ‘italian style’ proiettato in un’atmosfera di respiro internazionale. A guidare la cucina di Oriental c’è lo chef Xyrex Baraquel, di origini filippine ma cresciuto a Milano, dove ha affinato le sue abilità in strutture rinomate come Iyo, Bulgari e Nobu, con un’esperienza al Contraste di Matias Perdomo. Tra le specialità da non perdere, la zuppa Inaniwa con udon di grano, ventresca di pesce bianco aburi, negi e salsa all’uovo, oppure la ricciola Hamachi con mela in osmosi, aglio nero e olio allo yuzu. Imperdibile anche il Black cod dell’Alaska marinato al den miso, accompagnato da patata sarada e salsa yuzu miso, così come il salmone cotto a bassa temperatura con tobiko, zucca allo shiso e zenzero.
Innovazione
Sia in Oriental che nel complesso AreaDocks di cui il ristorante fa parte, la proprietà ha ricercato una sintesi tra gusto e relax ispirata alle “Blue Zone”, ossia quelle aree della Terra in cui la popolazione è più longeva grazie ad alimentazione sana, moderata attività fisica e un approccio positivo nei confronti della vita stessa. Questi luoghi, come l’isola di Okinawa in Giappone, condividono caratteristiche comuni quali una dieta salubre – quale appunto quella nipponica di Oriental - un forte senso di comunità e uno stile di vita attivo.
In alto, la sala di Oriental. In basso, la zuppa Inaniwa a base di udon di grano, ventresca di pesce bianco aburi, negi e salsa all’uovo.
Via Gerolamo Sangervasio, 12/a Brescia (BS)
Tel. 03040190
www.areadocks.it/it/oriental-japanese-restaurant info@areadocks.it
Cucina internazionale
EMILIA ROMAGNA
Seta Sushi Restaurant
Attivo dal 2017 all’interno di una suggestiva corte medievale nel cuore del centro storico di Bologna – lo storico portale di Corte Isolani, passaggio architettonico tra piazza delle Sette Chiese e Strada Maggiore - il Seta Sushi Restaurant offre un piacevole punto d’incontro tra la tradizione culinaria giapponese e un tocco di innovazione, in un’esperienza particolarmente gradevole in estate, quando il servizio è disponibile anche all’aperto. La cucina si distingue infatti per l’equilibrio tra tecniche tradizionali e creatività contemporanea, utilizzando solo ingredienti freschissimi e selezionati. A cena, lo chef Byron Verano e la sua brigata propongono due menù “Omakase” che incarnano la filosofia del locale, fondendo il patrimonio cultural-gastronomico nipponico con raffinate influenze occidentali. Oltre al menù alla carta, non mancano inoltre variazioni originali che reinterpretano i classici con un approccio moderno. In carta sono presenti tartare (scampo, tonno rosso, salmone, pesce bianco), carpacci (anche di crostacei a capesate), più ovviamente sushi, sashimi, nigiri e uramaki. Da segnalare i piatti a base di wagyu, come i ravioli ripieni di manzo serviti in un brodo tradizionale. Fuori dall’ordinario anche l’offerta dei noodles, tra cui spicca la pasta di grano saraceno con fettine di maiale marinato CBT, julienne di cipollotto e zucchine, servito in brodo dashi aromatizzato con funghi shiitake. Un cenno merita la carta dei vini, che include oltre 100 etichette provenienti da cantine selezionate, con una particolare attenzione ai vini naturali e biodinamici, oltre a una pregiata selezione di sakè. Per completare l’esperienza, il Seta propone abbinamenti esclusivi di vini e sakè per accompagnare i nostri menù degustazione.
Innovazione
Il Seta Sushi Restaurant offre due menu degustazione “Omasake” che incarnano la filosofia del locale. Tra i piatti proposti, il carpaccio di pesce bianco con salsa ponzu, cipollotto, sale Maldon e Momiji Oroshi, o la “Hotate Usuzukuri” (capasanta bretone con vinaigrette di ponzu bianca e yuzu koshō, olio di shiso e riccio di mare disidratato), fino al “Negitoro don” (riso con battuta di otoro, takuan, cipollotto e caviale Oscietra, accompagnato con alga nori) e la pasta di grano saraceno con pesce misto (vongole, calamari, scampi e carpaccio di pesce bianco) servito in brodo dashi aromatizzato con frutti di mare.
Corte Isolani, 2/BCD Bologna (BO) Tel. 0510039367 www.setasushirestaurant.com info@setasushilab.com
Cucina internazionale
TOSCANA
Sevi
Se da qualche anno la cucina peruviana contemporanea viene indicata tra quelle più vivaci, trendy e innovative a livello planetario, a tenerne alte le insegne a Firenze è Sevi, con lo chef Francys Salazar. Aperto nel quartiere di San Jacopino, il ristorante propone alcuni dei capisaldi della tradizione del Paese andino, in primis il ceviche, sia nella versione classica che in quella mista e carretillera (con totano, leche de tigre, aji limo, coriandolo, cancha, choclo). Non mancano richiami ai piatti tradizionali come gli “Anticuchos” (cuore di manzo marinato e scottato, con chimichurri, choclo e salsa huancaina) e il “Lomo saltado” (bocconcini di filetto di manzo con patate, cipolle, pomodoro e riso bianco). Ma ciò che in fondo marca la distanza tra Sevi e i locali fiorentini di cucina locale – frutto anche della presenza di una consistente comunità peruviana – è la scelta di integrare le pietanze della tradizione andina con una visione contemporanea, con tocchi e dettagli che le rendono aderenti ai canoni del fine dining. È il caso dei tacos ripieni di punta di petto e avocado, del “Polpo al panko” o del classico “Arroz con mariscos”, fino all’asado de mi abuela (per onorare la nonna dello chef) cotto 24 ore o al “Cerdito Huaral”, maialino da latte cotto a bassa temperatura nelle spezie andine. L’attenzione alla contemporaneità nei piatti di Salazar si ritrova anche nella parte beverage, dalle birre locali (da provare la Cuzqueña) fino ai cocktail dove regna il pisco, servito nel cocktail bar al piano inferiore. Il successo di Sevi a Firenze ha portato di recente all’apertura di un nuovo locale a Prato.
Innovazione
Periodicamente, nella cucina di Sevi fanno capolino declinazioni Nikkei che accostano lo stile peruviano a quello giapponese. È il caso del “Tiradito” (tonno, leche de tigre, soia, sesamo, coriandolo, cancha, chiclo e avocado) o dei “Nigiri chiferos” (sashimi di salmone flambé con riso, soia, sesamo, oyster sauce, polvere di alga nori, gel di lime e togarashi), fino ai “Sevi Gyoza”, ravioli alla piastra ripieni di gamberi e ricotta, salsa aji de mariscos e togarashi.
Via Maragliano, 24 Firenze (FI)
Tel. 3349926470
www.seviristorante.it sevifirenze@gmail.com
Cucina internazionale
EMILIA ROMAGNA
Uni Restaurant
Utilizzare l’immenso patrimonio della tradizione culinaria giapponese come base di partenza, filtrandola attraverso una grande attrazione personale per il Paese del Sol Levante, e creare una serie di twist innovativi sul sushi combinando rigore, studio e dedizione quasi maniacale, tecnica e materia prima. È lo spirito con cui lo chef veneto Marco Costoniero ha trasformato Uni Restaurant a Cervia in uno dei locali di cucina internazionale più interessanti del panorama italiano, insieme al socio Riccardo Cremonesi. Nel caso specifico lo chef ha maturato una serie di esperienze “a tema” in diversi Paesi, andando anche a imparare la lingua in loco e a studiare il mercato del pesce di Tsukiji a Tokyo, e dalla fusione delle passioni comuni dei due soci – la gastronomia da un lato, l’universo giapponese dall’altro – ha origine un ristorante d’ispirazione nipponica ma decisamente contemporaneo. Col tempo, le versioni più ortodosse e tradizionali del sushi hanno ceduto il passo a una serie di variazioni su tema: nella proposta gastronomica hanno via via trovato spazio spunti più estrosi e spunti personali dello chef, mai però sopra le righe. Dalla cucina di Uni Restaurant lo chef Marco Costoniero è artefice di una serie di menù degustazione e una carta ricca di spunti, dai carpacci alla robata (le preparazioni alla griglia). Da provare gli aburi nigiri, l’unagi l’con anguilla di lago alla brace e pepe sansho e l’Ankimo Maguro, con chutoro di tonno, foie gras di pescatrice, shichimi (miscela di spezie tradizionale) e negi (cipollotto giapponese).
Innovazione
La novità di Uni Restaurant è l’apertura del primo Omakase dell’Emilia Romagna, una tipologia di esperienza tradizionale in cui ci si affida interamente allo chef lasciandogli carta bianca: al riguardo è stata adibita una sala a sé, che conta su sei sedute al banco. I commensali possono assaggiare 11 piatti tipici giapponesi, preparati dal maestro Kiyomitsu Kabasawa. Il tutto viene accompagnato da una carta dei vini con oltre mille referenze.
In alto, la sala di Uni Restaurant con la vetrina dei vini. In basso, uno dei piatti più scenografici del ristorante.
Via Cavour, 14 Cervia (RA)
Tel. 3492596204 www.uniexperience.it info.unisushi@gmail.com
Cucina internazionale
PUGLIA
Yuki
Ilnome Yuki, in giapponese “neve”, è un chiaro rimando all’antica neviera - struttura comune alla cultura pugliese e a quella nipponica - in cui sorge questo ristorante che racconta una storia di purezza interpretando la qualità e l’estetica della cucina tradizionale del Sol Levante. La cucina si ispira alla consapevolezza dei luoghi e delle materie prime con un incontro fra Puglia e Giappone sintetizzato nella metafora dell’abbraccio, che non è fusione o contaminazione, ma il trionfo dell’autenticità. Oltre all’intima conoscenza dei piatti tipici, Yuki assimila dalla gastronomia nipponica la sensibilità ai cambi di stagione, che si traduce nell’impiego di prodotti freschi, nel rispetto della natura e dei suoi frutti, nella semplicità. L’ambiente confortevole, sul modello degli autentici ristoranti di Tokyo, contribuisce a rendere speciale la Yuki-experience. Lo chef toscano Andrea Fontana, insieme a Maurizio Tinelli, allievi di Hirohiko Shoda, propongono la cucina washoku, concetto chiave dell’estetica e della tradizione nella cultura giapponese. Il cuoco seleziona personalmente i prodotti per la preparazione dei suoi piatti, rispettando i criteri di stagionalità, qualità e freschezza. Yuki offre un menu diverso per ogni stagione, con la massima cura anche per la scelta dei vini e dei sake. Interpretando desideri e richieste, la maître consiglia agli ospiti il percorso più autentico per esplorare la vera cucina del Sol Levante. Dal 2019, il ristorante si fregia del titolo di “Japanese Food Supporter”, che certifica - in base alle linee guida del ministero locale dell’Agricoltura, pesca e foreste - un vero ristorante made in Japan al di fuori della madrepatria.
Innovazione
I menù degustazione (su 5 o 6 portate) sono il modo migliore per conoscere la cucina washoku, omakase, il cui nome significa letteralmente, “mi fido di te”. L’elemento che distingue Yuki è la continua ricerca e selezione delle materie prime grazie alla collaborazione diretta con fornitori situati in Giappone. Si va dalla carne di Wagyu - garantita dalla collaborazione con selezionatori locali - al pesce che offre, su prenotazione, la possibilità di assaggiare rarità come il Moro oceanico alla piastra con yuzu sumiso o il carpaccio di rombo kobujime.
In
Via Recchia, 24 Noci (BA) Tel. 0804949680 www.yukiristorante.it info@yukiristorante.it
Italia da bere
I nostri cocktail bar vengono apprezzati in tutto il mondo. E ora i maestri della mixology stanno tornando a casa
di Federico Silvio Bellanca
Siamo alla consacrazione: il mondo vuole bere cocktail all’italiana e l’Italia al contempo ha i bar giusti per accogliere il mondo. Se per decenni c’è stata in giro per il mondo una “scuola italiana” della miscelazione, creata da un esercito di professionisti accomunati dalle origini italiane ma costretti a una diaspora lavorativa verso le capitali mondiali del bere miscelato (Londra, Singapore, New York), oggi i tempi paiono maturi per far sì che questi ambasciatori del bere italiano possano essere finalmente profeti in patria per proporre il loro modo di fare da bere a un pubblico internazionale che ha oggi a disposizione grandi strutture dove essere accolto . Come in uno di quegli allineamenti cosmici che capitano una volta ogni secolo, in contemporanea infatti il modo di bere all’italiana, cocktail a base di liquoristica più che distillati, rituali sociali come l’aperitivo e da sapori come l’amaricante, sono apprezzati in tutto il mondo, mentre nel nostro paese paiono finalmente aprire i grandi bar indipendenti e dentro i grandi hotel. E se oggi cocktail come il Negroni e i suoi parenti sono indubbiamente iconici in tutto il mondo, e lo Spritz pare in ascesa e nobilitazione, ci sono anche delle tematiche molto più trasversali che proiettano i cocktail bar all’italiana nel dibattito internazionale e di conseguenza nelle grandi classifiche come Top500Bar e 50 Best Bar. Tra i macrotrend di innovazione troviamo per esempio una crescente attenzione all’ambiente. Nel 2025 bartender e i locali stanno adottando pratiche più ecologiche per ridurre gli sprechi e minimizzare l’impatto ambientale. Tra le tendenze più significative c’è l’uso di ingredienti a chilometro zero, erbe coltivate sul posto e frutta di stagione, l’appoggiarsi a microliquorifici e distillerie craft che riempiano le proprie bottiglie con botaniche del territorio e ovviamente
abbiano un minore foot print anche a livello di trasporto. Ma l’attenzione all’ambiente passa anche dalla riduzione dell’uso della plastica, sostituendola con materiali biodegradabili o riutilizzabili, come cannucce in acciaio. Inoltre, l’upcycling sta diventando una pratica diffusa: gli scarti di frutta e verdura vengono utilizzati per creare infusioni, sciroppi e guarnizioni, riducendo così lo spreco alimentare.
Altra grande tematica su cui la miscelazione italiana è da sempre avanguardista, è quello del bere a bassa gradazione. L’interesse per uno stile di vita sano e bilanciato ha dato vita a un crescente mercato per i “low and no-alcohol” cocktail. Nel 2025, la richiesta di drink sofisticati ma a basso contenuto alcolico è in forte crescita. La creatività dei bartender si concentra sulla creazione di cocktail analcolici che non sacrificano il gusto, utilizzando tecniche avanzate per estrarre aromi complessi dalle botaniche e dalle spezie. Proprio per questo c’è una vera e propria riscoperta delle tecniche di fermentazione e la creazione di bevande fermentate come kombucha, shrub e kefir che diventano parte integrante della creazione di cocktail analcolici o ingredienti utili per abbassare la gradazione senza perdere di sapore, aggiungendo una dimensione di profon
dità e complessità ai drink. Questi “mocktail” non sono più una scelta di ripiego, ma una categoria di cocktail che attira sempre più appassionati.
E se ha fatto notizia che In alcuni bar high-tech, i bartender robotizzati stanno affiancando (o addirittura sostituendo) quelli umani, creando drink con precisione millimetrica, quello che non potrà mai essere sostituito è il fattore umano: nel 2025 i clienti cercano un’esperienza unica e personalizzata, costruita in maniera taylor made, e in questo la tecnologia non può e non potrà mai essere innovativo come la ragione umana. La tendenza verso la personalizzazione si riflette nella possibilità di creare cocktail su misura in base ai gusti individuali, in cui il cliente viene invitato a descrivere i propri sapori preferiti prima della visita, e il bartender crea un drink esclusivo, appositamente studiato. Un altro trend emergente è il ritorno a cocktail minimalisti, ispirati ai classici, ma con un approccio moderno. Una vera e propria rinascita dei grandi cocktail tradizionali, reinterpretati con pochi ingredienti di altissima qualità e tecniche semplici ma raffinate. In questo senso non pare un caso l’entrata nella lista IBA del Cardinale, che va ad infoltire la pattuglia degli italiani. Questo minimalismo si traduce anche nella presentazione, con bicchieri eleganti
e decorazioni essenziali, evitando eccessi che possono distrarre dall’essenza del drink. E se l’Italia ci pare oggi più che mai il centro del mondo, è anche perché come detto i nostri bartender sono andati in giro per decenni prima di tornare qui e ha portato con sè influenze asiatiche e classe britannica. Ingredienti come il miso, il sakè, il kimchi e il tè fermentato vengono integrati nei cocktail per creare sapori umami e complessi. Insomma, l’Italia nel 2025 è un grande laboratorio di innovazione a tutti i livelli: creano i liquoristi nei loro opifici, i distillatori con gli alambicchi e soprattutto lo fanno i bartender dietro i banconi, in questa nuova e sfolgorante generazione di cocktail bar diffusi da nord a sud e accomunati dalla direzione comune di competere nel mondo, anzi, di primeggiare. Ph: Michele “Mike” Tamasco
Al Vas
Situato all’interno del Belfiore Park Hotel che ospita anche il ristorante stellato NIN di Terry Giacomello, il cocktail bar Al Vas prende il nome dalla località in cui si trova: non è segnalata sulle mappe, ma è un toponimo piuttosto noto in zona e richiama al termine “vaso” col significato di conca o avvallamento. La sua attività ha inizio nell’agosto 2022, quando i gestori Manuel Dalla Bona e Massimiliano Consolini incontrarono l’estroso barman Alejandro Rodriguez. Essendo tutti e tre appassionati di drink e vini di qualità, emerse l’esigenza concreta di accompagnare il pubblico alla scoperta dei vari distillati per allenare i palati sia esperti che alle prime armi, divertendosi al contempo nel proporre una miscelazione di taglio diverso, pur rispettando la tradizione. Da quell’anno i tre hanno effettuato una serie di viaggi nell’Europa da bere, per visitare gli attuali cocktail bar di riferimento (Sips, Paradiso, Salmon Guru, Drink Kong, 1930...) e comprendere le migliori tendenze, ognuna condita da idee diverse, da portare sulle rive di casa, a Brenzone sul Garda. Oggi Al Vas propone una drink list fatta di signature, figli di gusti propri e di uno studio sull’equilibrio aromatico tra più ingredienti. Oltre alla scelta di elementi non scontati, la drink list si caratterizza anche per l’abbondante produzione homemade, nel tentativo di differenziarla il più possibile dal mainstream. Anche se non in carta, i grandi classici restano presenti in più versioni. Diverse le location dove degustare un buon bicchiere: l’area lounge, i gazebo a bordo piscina, la spiaggia privata con pontile e la terrazza sul lago, ma la seduta consigliata resta sempre quella al banco del bar.
Innovazione
Non solo spirits, dietro il bancone di Al Vas: l’ampia selezione di liquori e distillati in carta lascia infatti spazio all’altrettanto importante offerta di vino proveniente dell’adiacente cantina, che fa da ideale prolungamento del bancone. Uno spazio che, in linea con la filosofia dei due gestori e del bartender e con il loro gusto personale, strizza l’occhio all’amato mondo dello champagne. Un signature è basato su un vino macerato in zona: è il cocktail “Beta”, ottimo in aperitivo, miscelato con sake-yuzu, sciroppo di barbabietola, rabarbaro e soluzione salina.
In basso, lo Tsunade, con Nikka Day, cordiale di zenzero mango e lemongrass, Umeshu e Single Malt Yoichi.
Via G. Zanardelli, 5 Brenzone sul Garda (VR) Tel. 0457420179
www.belfioreparkhotel.com info@belfioreparkhotel.com
The Bar - Aman Venice
Situato al primo piano del palazzo nobiliare che ospita il ristorante stellato Aman Venice - in quella Sala Rossa dalle pareti rivestite da intricati tessuti in seta, con affreschi e lampadari su misura, dove dal Cinquecento si tengono ricevimenti mondani - The Bar è il feudo della miscelazione di qualità del giovane e talentuoso bar manager Antonio Ferrara, che custodisce anche la più ampia selezione di gin tra gli alberghi della Serenissima. Lo spazio, caldo e accogliente, rende omaggio a Lord Byron, poeta inglese il cui spirito si riflette anche nell’eccentrica lista di cocktail, che non tralascia i grandi classici. Varcando la soglia del The Bar, gli ospiti sono trasportati in un’atmosfera senza tempo, ma ciò non toglie l’attenzione dal focus sui drink. La proposta beverage include infatti una cocktail list originale e unica, intrinsecamente legata alla storia del palazzo Papadopoli che ospita la struttura (uno degli otto palazzi monumentali sul Canal Grande): scenografica, sorprendente, ma soprattutto equilibrata ed elegante al palato. L’attenzione al dettaglio si riflette sia nel servizio che nella presentazione dei drink, sempre preparati con estrema precisione. Ogni cocktail è un’opera d’arte, con guarnizioni che richiamano gli affreschi presenti sulle pareti del palazzo o specchi che riflettono all’interno del cocktail la meraviglia dei soffitti della sala. Ferrara e il suo team sviluppano twist sui grandi classici basati sui gusti di ogni avventore. Infine, ma non meno importante, il bar è anche uno dei migliori luoghi da cui ammirare il tramonto veneziano. Durante i mesi caldi, gli ospiti possono sorseggiare un drink nel romantico giardino affacciato sul Canal Grande, rendendo ogni visita un’esperienza indimenticabile.
Innovazione
L’ultima novità è la cocktail list “Riflessioni”, ispirata alle sale dell’edificio: il menù, composto da sei esclusive ricette, rappresenta un omaggio ad altrettanti saloni, interpretando con maestria il segno distintivo di ciascuno di essi. Questo progetto è frutto di uno studio condotto da Ferrara e il suo team, affiancati da un esperto di storia dell’arte veneziana. Insieme, hanno esplorato la storia e i dettagli più affascinanti del palazzo. Persino il menù fisico è stato realizzato con scampoli di tessuti originali Rubelli, gli stessi che arricchiscono le pareti.
In alto, l’interno e il bancone del The Bar. In basso, il signature
Calle Tiepolo, 1364
Sestiere San Polo, Venezia (VE)
Tel. 0412707333
www.aman.com amanvenice.fnb@aman.com
SICILIA
Barcollo
Adue passi dal tempio di Apollo, al piano terra di un tipico palazzo di Ortigia, si aprono le porte di uno dei cocktail bar più interessanti non solo del panorama siciliano, ma dell’intera Italia meridionale. Nel corso dell’ultimo anno il locale ha intrapreso vari cambiamenti, a partire dalla location. Spostandosi in una piazzetta aperta, il Barcollo ha ampliato la propria superficie e inserito nella propria offerta anche un’adeguata proposta gastronomica. In cucina lo chef Davide Cucuzza - con alle spalle anni di esperienza nella ristorazione stellata - prepara tapas raffinate e piatti sfiziosi da accompagnare ai cocktail di pregio realizzati dai due bartender Andrea Franzò e Andrea Germiglio, che con studio e impegno sperimentano con i distillati dietro il bancone. La professionalità, la passione e la dedizione al proprio lavoro hanno fatto di Barcollo un punto di riferimento, da ormai dodici anni, per tutti gli appassionati della mixology: oltre ai classici drink qui è possibile sorseggiare cocktail particolari in grado di coinvolgere tutti i sensi e di restituire un’esperienza di degustazione intima e intensa. Elegante ed estroso negli arredi, il locale è una soluzione ideale per chiunque voglia trascorrere una serata piacevole, in cui fare aperitivo e fermarsi magari per cena. D’altra parte, l’intento della titolare Martina Marchese era proprio offrire alla città un punto d’incontro dove poter vivere anche la movida siracusana, mantenendo sempre alto il livello del servizio. Nessuna sorpresa, quindi, che a distanza di anni Barcollo continui a confermare il proprio posto nel meglio della mixology e dell’ospitalità italiana.
Innovazione
Alcuni punti di forza del Barcollo sono già operativi – ad esempio il focus sull’Americano Martini, presente in più versioni (piccante, alla mela, zenzero o con ciliegia e cioccolato) – e altri vanno ricercati in signature come l’Ortigia Mule (Greygoose, fichi d’India, zenzero e lime) o il Boscaiolo (rum speziato, Martini rubino ai funghi shiitake, Martini riserva bitter alle pere e mandorle). Ma una sorpresa è invece in attesa di svelarsi nei prossimi mesi quando saranno disponibili le camere del progetto Casa Miranda Boutique, offrendo la possibilità di soggiornare con vista mare Ortigia.
alto, il bancone del Barcollo. In basso, il cocktail “Fruttivendolo”.
Piazza Cesare Battisti, 6/8 Siracusa (SR) Tel. 093124580 martina@barcollosiracusa.it
LOMBARDIA
GRAMM Caffè Milano
Aperto nel 2018 sui Navigli con l’idea di proporre una visione della mixology allo stesso tempo contemporanea e informale, il locale celebra l’essenza del proprio nome già appena varcata la soglia d’ingresso, dove fa mostra di sé un grammofono. L’ambiente creato dai due titolari – il toscano Niccolò Mazzucchelli ed Eda Akman, turca d’origine e milanese d’adozione, coppia nel lavoro e nella vita – è vintage, quasi vittoriano, caratterizzato da pareti verde bosco e quadri alle pareti, dove si trovano anche appesi stampe che Niccolò ha portato con sé dalla casa della madre a Carrara. Anche se nel 2021 il locale si è ingrandito, prendendo gli spazi del fondo adiacente, ancora oggi il Gramm Cafè si articola su poche sedute, un ampio bancone dove fermarsi e scegliere qualcosa da bere lasciandosi guidare dai due titolari/bartender, che hanno impostato la drink list su 10 cocktail, cambiandola due volte l’anno. Ognuna di esse è ispirata a un tema specifico, dalle regioni italiane (legata a un ingrediente chiave del singolo territorio) ai diversi Paesi del mondo (analogamente, con materie prime provenienti dall’estero come nel caso del “Chios island” greco, realizzato con mastiha, cetriolo e tequila). La drink list cambia infatti in base della stagionalità della materia prima, provando sempre nuove tecniche di miscelazione e ricercando liquori e distillati fuori dall’ordinario. Tra le ispirazioni più recenti e pop, quella a tema NBA anni ’90, i cui drink hanno omaggiato i nomi dei più grandi giocatori che hanno fatto la storia del basket Usa. Ad aumentare il tasso d’innovazione, la scelta di creare cocktail secondo gli schemi della miscelazione moderna.
Innovazione
Il focus principale di Gramm Cafè è il binomio tra stagionalità e sostenibilità: ogni elemento di recupero di un drink diventa una garnish, un side o un ingrediente per realizzare un’altra preparazione, permettendo di riciclare la materia prima senza sprecare niente. E’ il caso del “Bonjour croissant” dove le brioche avanzate dal mattino vengono inserite nel drink tramite una cottura che infonde al gusto già rotondo e dolciastro del rum scuro una parte burrosa che rimandi al cornetto mattutino, bilanciando il tutto con un vermouth salato.
Ripa di Porta Ticinese, 49 Milano (MI)
Tel. 0291663514
@grammcafe grammcafemilano@gmail.com
Jeffer Cocktails & Friends
Chi l’avrebbe detto che il locale aperto in piena pandemia da Fausto Bigongiali, Giacomo Colantuono e Riccardo Carli sarebbe riuscito a diventare uno dei bar più quotati d’Italia e del mondo (Top 500 Bar)? Sul lungarno mediceo di Pisa, il Jeffer cocktails & friends è riuscito in poco tempo a diventare un polo d’attrazione per la miscelazione, proponendo cocktail list fantasiose e invitando tante personalità del settore a esibirsi dietro al bancone. In un ambiente minimal e frizzante capace di conquistare, la qualità dei drink non passa però in secondo piano: il focus della miscelazione sta nell’agave, che i tre bartender imprenditori interpretano con un menu dinamico, nell’ospitalità curata (con una clientela variegata, dalle coppie agli studenti ai professionisti, con alto tasso di fidelizzazione) e nei nomi a effetto, come la scritta al neon che campeggia sulla parete più fotografata: “Sorry Mario, the Princess is in another castle”. Il signature è l’iconico “Pink Punk” con gin, flower cordial, tonic, ma molto richiesti sono il “Sexy Martini” con Fusetti kefir di melograno, pesca e dry vermouth, o lo “Stranger Things” con Irish whiskey, spicy agave cordial e mezcal. Fermento è la parola migliore per descrivere ciò che succede nel bar più rappresentativo di una realtà “local” come Pisa, una miscelazione dai forti tratti messicani - grande passione di Fausto - che non rinuncia al contempo a evolversi verso altri tipi di gusti. Ne sono esempio la predilezione di Riccardo per i drink base whisky o quella di Giacomo per lo sherry. In abbinamento ai cocktail, è possibile sgranocchiare nachos, crostini, tartare e soprattutto tacos, autentico piatto forte insieme a bao e pizzini. E anche miglior sparring partner dei drink preparati con tequila e mezcal.
Innovazione
Dall’America Latina all’Estremo Oriente, passando per gli Stati Uniti, quello di Jeffer è un viaggio che attraverso i suoi cocktail lega quasi tutti i continenti del mondo. Ma senza mai dimenticarsi dove tutto è iniziato, ovvero la sua Pisa. Il menu che ha fatto la storia di questo cocktail bar è non a caso a forma di torre pendente, con otto cocktail originali che omaggiano la storia della città mediante appunto una vera e propria riproduzione girevole del capolavoro di Bonanno Pisano.
Lungarno Mediceo, 24 Pisa (PI) Tel. 0507350002 www.jefferpisa.com jefferpisa@gmail.com
The Lobby - Rosewood Castiglion del Bosco
Nel cuore della Val d’Orcia, all’interno del Rosewood Castiglion del Bosco trova posto il Lobby Bar, che per la cocktail list attinge a piene mani dal territorio in cui sorge la struttura ricettiva: proprio le materie prime stagionali dell’orto biologico del borgo sono diventate le protagoniste dell’inedita nuova drink list dell’elegante ed accogliente salotto indoor e outdoor con vista panoramica sulle colline toscane. In linea con l’obiettivo di invitare gli ospiti ad immergersi nella destinazione e nella comunità locale attraverso esperienze nel territorio, il bar manager Raffaele Orlando e il suo assistant Mattia Patruno danno vita alla nuova anima del Lobby Bar, una cocktail list che nasce dagli ingredienti coltivati direttamente nell’orto biologico di 904 mq e nella serra o proveniente dai fornitori locali limitrofi. Se l’orto e la serra sono anche la base di tutta la proposta gastronomica di Rosewood Castiglion del Bosco, incluso il ristorante stellato guidato dallo chef Matteo Temperini, questi elementi sono anche il cuore pulsante della proposta di mixology, in un’offerta che celebra e esalta la natura fin dal momento dell’aperitivo, occasione perfetta per ammirare la Toscana più autentica. Nella cocktail list 8 nuovi cocktail e 4 mocktail, che rendono omaggio a materie prime vegetali come il peperone, la carota, il sedano, la barbabietola, la patata, il cavolo nero, il finocchio, il pomodoro, la fragola, il fico, la ciliegia e il lampone. Vegetali che trovano la loro espressione nelle miscelazioni home made dei talentuosi bar manager, senza dimenticate un twist contemporaneo, andando ad arricchire la selezione di classici signature cocktail internazionali del Lobby Bar.
Innovazione
Tra i cocktail del Lobby Bar spiccano il “Peperone” con cordiale homemade di peperone e menta, Dalmore 12 Sherry Cask per ridare vita a pratiche della vecchia Scozia unendo il distillato a vegetali e erbe aromatiche. Oppure la “Carota” con un’infusione nella vodka, Sweet Vermouth e le carote dell’orto infuse in salamoia per scoprire inedite tecniche di fermentazione. E ancora: il “Fico” (Oleo Saccharum homemade di fico, tonka e whiskey Bourbon) come afterdinner, affinato in vetro per un bilanciamento degli ingredienti.
Castiglion del Bosco (SI) Tel. 05771913001 https://www.rosewoodhotels.com/it/ castiglion-del-bosco/dining/the-lobby cdelbosco@rosewoodhotels.com
PIEMONTE
Piano35
Sospeso a 150 metri sulla città di Torino, nel grattacielo di Intesa Sanpaolo progettato da Renzo Piano, e circondato da una serra bioclimatica sorge il ristorante e lounge bar Piano35. Un posto unico, pensato per evadere dalla città, dove assaporare una cucina innovativa, frutto del paso doble tra lo chef bistellato Marco Sacco insieme al resident Christian Balzo. Sono loro, insieme al direttore della struttura Denis Zanghirella, a costituire gli ingredienti di un esempio virtuoso di sostenibilità e legame con la natura. Il grattacielo che ospita Piano35 è unico per innovazione architettonica, materiali e tecnologie d’avanguardia: dotato di riscaldamento geotermico, autoregolazione dell’illuminazione interna in base alla luce naturale, facciate a “doppia pelle”. Piano35 trova posto all’interno della serra bioclimatica dell’edificio, un ambiente senza pari in quanto giardino d’alta quota che si sviluppa dal 35° al 37° piano. Qui, sospesi nel verde a dominare la città sabauda, troviamo tre proposte di menù firmate dallo chef piemontese doc Christian Balzo che insieme a Marco Sacco accompagna con un’interessante proposta food il cocktail bar situato all’ultimo piano della struttura. Il lounge bar seguito da Simone Sacco, figlio di Marco, e dal bar manager Ansony Murcia, rinnova l’aperitivo torinese con proposte della mixology contemporanea, signature cocktail e mixology art come dimostra l’ultima drink list, “Emotional Technology”, apparente ossimoro per far riflettere sul rapporto tra emozioni e tecnologia nel settore food & beverage. Aperto per tutta la serata si adatta ad ogni momento, da ritrovo per una cena leggera fino a piacevole luogo per il dopo cena garantendo una vista unica sul capoluogo piemontese.
Innovazione
La parte emozionale di “Emotional Technology” da un tema essenzialmente umano: “radici e momenti” che ciascuno dei 12 membri del team ha del proprio vissuto, ispirandosi a un’emozione personale, biografica. Il risultato è un caleidoscopio di interpretazioni, che risultano tra loro connesse anche dal racconto che ne viene fatto al momento. Ed è in questa fase dello storytelling che elementi hi-tech entrano in gioco per tradurre l’emozione anche secondo il linguaggio digitale, a voler raggiungere una sorta di sensibilizzazione della tecnologia.
c/o Grattacielo Intesa Sanpaolo Corso Inghilterra, 3 Torino (TO) Tel. 0114387800 www.piano35.com info@piano35.com
EMILIA ROMAGNA
Sentaku
Sentaku Izakaya è il completamento del percorso iniziato a Bologna nel 2017 con il Sentaku Ramen Bar. in Giappone, l’Izakaya è un luogo intimo, riservato, perfetto per rilassarsi dopo una giornata di studio o di lavoro. Il termine contiene le parole “i” (sedersi), “saka” (bevanda alcolica) e “ya” negozio. Ed è in fondo questa la filosofia con la quale il progetto è nato, da un’intuizione di Nicolò Ribuffo e Claudio Alessandro Musiani: un viaggio culinario nei più autentici sapori giapponesi. Il risultato finale è figlio di una lunga e minuziosa ricerca, dalle materie prime alle atmosfere da riproporre in salsa japan. Se bao e tebasaki sono piatti già in voga nell’immaginario collettivo, molto meno lo sono i vari katsu sando, tori karaage o korokke proposti in tre percorsi degustazione guidati. Se l’offerta food si potrebbe definire classica è nella cocktail list che spicca tutta la passione e la professionalità di uno staff che lavora quotidianamente per fornire un’esperienza autentica. I drink, meticolosamente realizzati con ingredienti importati freschi dal Sol Levante, sono caratterizzati dalla approfondita conoscenza delle tecniche di mixologia. Al banco c’è l’Head Bartender Pier Paolo Galassi che accoglie gli ospiti con creazioni come il Nippo’s Champagne, un’ode alla precisione orientale, capace di esaltare la qualità degli ingredienti e di incarnare l’essenza della filosofia della scelta (‘Sentaku’, in giapponese). Non si tratta solo di sapore: i drink di Sentaku sono vere e proprie “opere d’arte”, presentate con attenzione ai dettagli, dai bicchieri eleganti alle guarnizioni raffinate, trasmettono un senso minimalista che richiama l’essenza delle tradizioni orientali.
Innovazione
Il Nippo’s Champagne è un viaggio sensoriale che parte dall’Oriente con la freschezza e il carattere del kombucha ai lamponi e dell’acqua di rose, per arrivare in Occidente con la raffinatezza della vodka e la grandiosità dello champagne; unendo sapori eleganti e complessi in un bicchiere che evoca raffinatezza e innovazione celebrando l’incontro. È un drink che rappresenta un’armonia perfetta tra semplicità e sofisticatezza, con una cura particolare nel bilanciare ogni ingrediente per creare un’esperienza gustativa unica.
Via Marchesana, 6 Bologna (BO) tel. 051.4856974 www.sentakuconcept.com sentakuhr@gmail.com
W Lounge
Situato all’interno del W Rome, primo hotel in Italia del brand W Hotels, il cocktail bar si propone come punto d’incontro dinamico e versatile, aperto durante tutta la giornata. Al centro dell’offerta si trovano una raffinata cocktail culture e proposte gastronomiche d’ispirazione siciliana (e non solo), curate dalla cucina di Giano Restaurant. Lo spazio è concepito per accogliere diverse modalità di socializzazione: chi cerca un’atmosfera vivace può immergersi nelle aree più frequentate, mentre chi desidera maggiore tranquillità trova rifugio nelle zone più riservate, nel vicino See’n Be Seen o nel Giardino Clandestino all’aperto. La proposta beverage del W Lounge si caratterizza per l’attenzione dedicata ai cocktail, con un equilibrio tra ricette classiche reinterpretate e innovazioni contemporanee. Da provare la signature cocktail list e le proposte dedicate al Martini, con cinque varianti del celebre cocktail, servite dall’aperitivo al dopocena. La filosofia di miscelazione del W Lounge nasce dalla volontà di partire dalla tradizione per tracciare nuovi percorsi contemporanei. Il concetto chiave alla base dell’offerta beverage è l’equilibrio tra il rispetto per i grandi classici e la costante ricerca di innovazione. Questo approccio si traduce in una proposta che sfida le convenzioni, fondendo in un unico cerchio creativo l’omaggio ai cocktail storici, l’attenzione nella scelta degli ingredienti e la maestria artigianale nella preparazione. Elemento peculiare è la capacità di rinnovarsi costantemente: la signature cocktail list viene aggiornata a ogni stagione, seguendo un tema ben definito e coerente, arricchito da una forte narrazione che incuriosisce e coinvolge il pubblico.
Innovazione
Ogni cocktail servito al W Lounge è il frutto di una ricerca meticolosa che unisce passato e futuro. Le ricette, pur rispettando la tradizione, vengono reinterpretate in chiave contemporanea, dando vita a gusti inediti e sorprendenti come nel caso del “Chupacabra” creatura leggendaria della mitologia contemporanea, presente nell’ultima drink list ispirata ai miti e le leggende. È a base di bitter Fusetti Cacao, con Mancino Red Vermouth, Amaro Lucano Anniversario, mezcal Perro de San Juan e angostura.
Via Liguria, 26 Roma (RM) Tel. 06 894121 www.marriott.com wrome@whotels.com
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