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ECONOMIA TECNOLOGIA E LIBERTÀ

GALA

Commissione Ue si è limitata per ora a dichiarare la propria attenzione sul tema.

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«Il tema della sovranità nazionale, che passa anche dal controllo sul digitale, è cruciale per la maggioranza», dice Fabio Raimondo, deputato che cura questi temi per Fratelli d’Italia. Ma in merito all’ipotesi di un possibile bando di TikTok, almeno sui cellulari di funzionari pubblici italiani (come hanno deciso negli Stati Uniti), dice che «bisogna prestare attenzione ma la censura non è mai una soluzione».

«Bisogna capire che in Italia ed Europa non possiamo permetterci di fare come gli americani: siamo una media potenza regionale che vive di mercato», spiega Roberto Baldoni, a capo dell’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale, che ha come mandato sia la difesa del Paese dagli attacchi informatici, sia la tutela di una sovranità digitale italiana. «Dobbiamo trovare un equilibro tra libero mercato ed esigenze di sicurezza nazionale», aggiunge.

È un concetto che si applica anche agli alleati americani. L’Italia ha deciso che da quest’anno le pubbliche amministrazioni dovranno portare i propri dati (di cittadini e aziende) e servizi su sistemi cloud “certificati” (dalla stessa Agenzia). Con la garanzia che i dati e servizi più critici per il funzionamento dello Stato (come quelli sanitari) e per la sicurezza nazionale restino sotto il controllo dell’Italia. Invece di finire in datacenter di aziende private situati negli Usa, come è avvenuto finora in molti casi.

In modo analogo, l’Europa sta lavorando con gli Stati Uniti, ad alto livello diplomatico, per avere garanzie che i dati dei cittadini gestiti da aziende americane (come Google, Meta) abbiamo adeguate tutele sul pano della privacy; in particolare che non siano accessibili al Governo americano (come permesso dalle loro attuali norme). «Con gli Usa si va verso un accordo in tal senso; con la Cina no, ma bisogna lavorarci», dice Scorza.

Con TikTok (e la Cina) il problema resta insomma aperto e al momento in Italia sembra mancare la volontà di affrontarlo di petto, per interessi di relazioni commerciali.

Interessi economici impongono un delicato equilibrio anche in merito alla pubblicità internet. Nel 2024 entrerà in vigore il Digital Services Act, normativa europea che impone nuovi paletti come il divieto di pubblicità personalizzata ai minori o basata su orientamento sessuale, etnico, religioso degli utenti. Si vuole evitare un eccessivo potere manipolatorio delle multinazionali americane sui nostri interessi politici, commerciali. «Si dà più controllo sui nostri dati, che sono pilastro di diritti e anche leva economica importante per l’Europa», dice Scorza; «la pubblicità e la privacy su internet cambierà, per le nuove norme e la nuova pressione sanzionatoria, ma ancora chiaro quali saranno i nuovi equilibri». Certo è che «non sarà messa in discussione la sostenibilità del business online».

L’Europa, Italia inclusa, proverà la difficile impresa di difendere i nostri diritti e i propri interessi economici, politici, senza scontentare preziosi alleati o danneggiare gli attuali servizi internet. La nuova internet europea sarà cerchiobottista e l’attuale governo italiano ha dimostrato di averlo capito già.

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