Diversi ma non divisi

Diversi, ma non divisi

Ricerca sociale “Comunità, Territorio, Mondo” a cura degli alunni delle classi 4^B e 5^B del Liceo delle Scienze Umane dell'IIS G. Bertacchi di Lecco aa.ss. 2020-21-22

Finito di stampare nel Giugno 2022 da Centro Stampa Beri snc - Lecco

PREMESSA All’inizio del 2019, il Coordinamento Noi Tutti Migranti di Lecco ha proposto ad alcune associazioni una indagine sociale riguardo alle condizioni dei migranti nel territorio provinciale, coordinata dal ricercatore Simone Bertolino di Aster Lab. Poiché tale studio, dal titolo “Comunità, Territorio, Mondo”, ben si armonizzava con la stessa tematica che l’Istituto d’Istruzione Superiore Giovanni Bertacchi di Lecco stava sviluppando, con due scuole, l’una spagnola e l’altra cipriota, nell’ambito del progetto europeo Erasmus plus I.M.A.G.I.N.E. (Integration May Be A Great Idea Nowadays experienced by Everyone), docenti e studenti lo hanno ben accolto, nell’ambito delle attività di PCTO (Percorso per le competenze trasversali e per l’orientamento, ex Alternanza Scuola Lavoro).

Dopo i primi accordi e la formazione degli studenti rispetto all’uso dell’intervista, come metodo di indagine sociologica, con una precisa traccia, da parte di Simone Bertolino, durante l’anno scolastico 2020/2021 gli studenti della 3^ B e 4^ B del Liceo delle Scienze Umane hanno effettuato almeno tre interviste ad alunno a lavoratori, studenti, giovani, anziani di origine straniera, per conoscere la loro storia attuale e il loro vissuto.

A conclusione di questa prima attività, svolta on line, a settembre 2021, gli alunni hanno ripreso il loro percorso, per la seconda fase, stendendo una propria riflessione sulle risposte ottenute; poi, nel terzo step, si sono divisi in gruppi definiti all’interno di ogni classe, per un’analisi comparata delle loro interviste su temi di loro interesse.

In seguito, nella quarta fase, i singoli gruppi delle due classi, che avevano lavorato sugli stessi argomenti, si sono confrontati per elaborare un’ulteriore relazione, frutto di impegno pomeridiano a distanza, ancora a causa della pandemia da Covid-19.

Nonostante le difficoltà, gli studenti hanno maturato diverse competenze: ascoltando persone di altra cultura, anche con difficoltà linguistiche; operando in gruppo; applicando le tecniche di indagine sociologica; sviluppando capacità espositive.

Il presente volumetto, ancor più urgente a seguito dell’arrivo in provincia dei profughi ucraini, modestamente vuole offrire spunti di riflessione al territorio, per sempre meglio accogliere coloro che migrano con la speranza di un futuro migliore.

Valeria Cattaneo – referente PCTO Licei a.s. 2021-22

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INTRODUZIONE Da sempre le migrazioni interrogano le comunità locali su ciò che veramente le tiene insieme. Per lo più se ne parla in modo un po’ stereotipato, con un discorso polarizzato tra esclusione e inclusione. La forza della comunità si misura nella sua capacità di fare inclusione, la sua debolezza si rintraccia nei vari gradi di esclusione e di distanziamento sociale che pone in atto. È una debolezza che a volte può anche diventare distruttiva, che può essere usata come una clava, ma è pur sempre un’espressione di fragilità, di spaesamento e di anomia che, come tale, va in primo luogo assunta e accompagnata.

Due classi del Liceo Bertacchi di Lecco, con i loro insegnanti, hanno deciso di provare a cambiare lo sguardo con cui guardare al fenomeno delle migrazioni e dell’integrazione, nell’ambito delle attività di PCTO della scuola. Vanno ringraziati, perché si sono presi la briga, con un pizzico di militanza e interesse civico, di ricercare e comprendere quale fosse il significato di integrazione, ascoltando in primo luogo chi vive il fenomeno in prima persona. Ne è scaturita una ricerca basata su oltre 120 interviste personali a residenti stranieri in provincia di Lecco, realizzate dagli studenti delle classi IV e V B in un arco temporale che va dall’ottobre 2020 all’aprile 2021, con tutte le difficoltà che il periodo di pandemia ha comportato. Sono state coinvolte un po’ tutte le nazionalità presenti in provincia di Lecco, con un buon numero di ragazzi delle cosiddette “seconde generazioni”.

Il lavoro ha poco a che fare, se non marginalmente, con la questione dell’accoglienza profughi e il noto -quanto discutibile- armamentario istituzionale di regolazione. È invece sembrato importante raccogliere le storie di vita di questa parte della composizione sociale territoriale, per rendere pienamente visibile un fenomeno epocale e cercare di dare voce a soggetti che per lo più non si raccontano nella sfera pubblica, prendono poco la parola, manifestano raramente una identità sociale (tanto meno una soggettività politica). È sembrato altresì di un qualche interesse ricercare i meccanismi personali e i dispositivi sociali di inclusione/esclusione comunitaria, lavorativa, scolastica, etc., in rapporto alla cultura di provenienza, al genere, all’età, etc., e alle trasformazioni delle aspettative che la persona ha formato a partire dal progetto migratorio personale/familiare, passando dalle forme di adattamento, 2

di negoziazione identitaria e di elaborazione all’interno dei microcontesti di riferimento costruiti dai migranti residenti.

Tutto ciò con l’obiettivo più ampio di raccogliere elementi utili a ricostruire il cambiamento delle culture comunitarie, del lavoro, delle forme di partecipazione, etc. non solo degli stranieri, ma dell’intera società locale.

Naturalmente tra gli scopi del lavoro c’era, e c’è, anche la volontà di favorire lo scambio intorno alle buone pratiche di inclusione sociale e culturale e con ciò contribuire a coniugare senso di appartenenza, multiculturalità, dialogo e contaminazione. Aspetti, questi ultimi, che potrebbero essere sperimentati, posto naturalmente che il materiale raccolto trovi un qualche interesse pubblico.

Dalle interviste emerge un quadro in chiaroscuro, che a me pare evidenziare nodi e questioni importanti. Non entrerò nel merito delle questioni, trattate dai ragazzi nei diversi capitoli di questo fascicolo, nel quale peraltro si può trovare solo una parte delle interviste, quelle che sono parse più significative. Mi limito ad anticipare alcune questioni, che mi paiono emergere in modo chiaro.

La prima questione riguarda il perché si parta e il modo in cui valutare la capacità di integrazione del nostro territorio. Le due grandi motivazioni attengono naturalmente, è cosa nota, alla volontà di miglioramento economico-sociale, al fuggire da situazioni di povertà o assenza di prospettive, che accomuna da sempre le migrazioni. Si fugge anche da guerre e catastrofi, ma largamente prevalente è la prima motivazione, seguita soprattutto dall’esigenza di ricongiungere e ricostruire poi l’unità delle famiglie, quando la persona, giunta sul territorio di accoglienza, si è stabilizzata. La percezione generale raccolta con le interviste riguardo alla capacità di accoglienza di questo territorio è generalmente positiva sotto molti aspetti. Su questo non c’è molto da dilungarsi: discriminazioni, o episodi di razzismo manifesto, ci sono, ma rimangono tali (cioè episodi). Più frequenti sui luoghi di lavoro, meno nei luoghi di vita e nella scuola, il cui importante ruolo emerge un po’ in tutte le interviste. Allo stesso tempo, le interviste restituiscono, invece, un quadro più complesso, riflettendo in primo luogo sulla qualità del processo di integrazione. Ovvero pongono il problema di quale modello di integrazione si riscontri, per quali aspetti le persone straniere residenti si sentano integrate e, invece, per quali aspetti esse sperimentino se non una esclusione, certamente una difficoltà. Integrazione è fenomeno intrinsecamente multidimensionale e Lecco non fa eccezione. Leggendo le interviste, ci pare che l’attenzione vada posta in primo luogo sul piano 3

economico e occupazionale dove alcuni nodi paiono emergere e una discussione pubblica sarebbe utile.

Quando le persone sono giunte sul territorio, per lo più non hanno sperimentato grandi difficoltà ad inserirsi nel mondo del lavoro e compaiono molte storie di mobilità e di successo personale. Allo stesso tempo, è evidente come l’integrazione sia avvenuta soprattutto ai piani più bassi della classifica dei mestieri, nei segmenti del mercato del lavoro non sempre dequalificati, ma pressoché sempre ad alta flessibilità o precarietà, spesso quelli che, nel linguaggio sociologico, vengono definiti i lavori delle 3D (dirty, dangerous, difficult), caratterizzati magari da redditi più bassi, che consentono per lo più consumi fortemente compressi sui bisogni essenziali e non oltre. Si può fare l’esempio, a valle della pandemia, della diffusione tra i residenti stranieri dei lavori precari di delivery e logistica urbana (i cosiddetti “riders”), ormai normali anche a Lecco. Senza dimenticare i servizi di cura, quasi a monopolio femminile, che tra l’altro possono dire molto su come sono cambiate le famiglie, le relazioni di prossimità e di comunità. Al di là delle tante considerazioni che si potrebbero fare sullo sfarinamento di un mercato del lavoro e della relativa rappresentanza, che accomuna in realtà autoctoni e stranieri, preme qui evidenziare che adottando il punto di vista degli immigrati si ha l’immagine di un mercato del lavoro vivace, ma difficile, che si regge su relazioni informali a tutto campo, per altro non certo disprezzate dagli intervistati.

La seconda questione riguarda l’intreccio e il sincretismo tra forte volontà di mantenere i legami con la cultura di provenienza e allo stesso tempo l’integrazione nella cultura di arrivo. È uno degli aspetti più interessanti, più evidente in quelle che vengono chiamate le “seconde generazioni”: l’impressione, che si ricava dalle interviste, è che il nodo non sia il multiculturalismo, inteso come affiancamento un po’ passivo delle diversità etniche o nazionali, quanto l’emergere di una nuova cultura territoriale internazionale, l’accompagnamento all’essere e al sentirsi italiani e di altre culture, oltre al cambiamento di ambedue i modi di sentirsi e percepirsi.

L’identità sta in primo luogo nella relazione, come si suole dire: fenomeno in itinere, denso di problemi, ma allo stesso tempo forse il principale canale attraverso cui una città come Lecco può costruirsi come luogo aperto.

La terza questione riguarda il territorio: ciò che emerge è che sicuramente (almeno questa è l’impressione che si può trarre dalle interviste) la cultura 4

dell’integrazione è elemento in trasformazione, in provincia, soprattutto tra le giovani generazioni, ma ciò avviene più che altro nei fatti, senza grande coscientizzazione pubblica. C’è una questione di ruolo del tessuto istituzionale del territorio, intendendosi con questo termine non soltanto le istituzioni politiche o amministrative, ma corpi intermedi sia autoctoni sia delle comunità straniere residenti, che in loco sono comunque presenti.

Infine, collegata alla precedente, una quarta questione interessante riguarda il tema della partecipazione associativa e politica. Tema solitamente poco trattato, ma a mio parere cruciale in una società democratica. Da un certo punto di vista, ironicamente, potremmo dire che forse è l’aspetto in cui l’integrazione è avvenuta nel modo più completo, visti i bassissimi livelli di partecipazione politica che accomunano autoctoni e stranieri. Al di là della facile battuta, il tema riguarda anche la partecipazione associativa, sportiva, culturale, civica. Non che non si registrino esperienze personali anche importanti, ma l’impressione è di una sostanziale estraneità tra spinte civili, che magari trovano espressione soprattutto sul piano delle pratiche personali e private, e tessuto civico territoriale. Anche il ruolo delle reti associative di tipo etnico potrebbe essere tema interessante da sviluppare, per comprendere il ruolo svolto sul piano dell’integrazione sul piano culturale e politico-partecipativo, nel dibattito sui temi della cittadinanza o delle concrete modalità di vita territoriale e sociale.

Non occorre andare oltre: molti dei temi è possibile trovarli nelle pagine scritte dagli studenti. Ciò che sottolineerei, oltre al plauso alla scuola per l’iniziativa, è l’esigenza di sviluppare i temi sollevati nel dibattito pubblico, via senz’altro migliore per affrontarli.

Simone Bertolino

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PREFAZIONE Il Coordinamento Noi Tutti Migranti di Lecco è una rete di associazioni e organizzazioni sociali e sindacali, attiva dai primi anni 2000 con l’obiettivo di promuovere il dialogo interculturale e l’integrazione dei cittadini stranieri nel territorio. Secondo i dati più aggiornati, stiamo parlando di quasi 30mila persone, corrispondenti a circa il 9% della popolazione residente in Provincia, senza contare coloro che, pur avendo acquisito la cittadinanza italiana, mantengono un forte legame con i valori e le abitudini del Paese d’origine. Se pensiamo che 20 anni fa i cittadini stranieri nel territorio lecchese non raggiungevano il 3% del totale, ci rendiamo conto di come la migrazione sia un fenomeno in costante crescita, che nemmeno le crisi economiche sono riuscite a indebolire.

Di fronte a una società sempre più composita e multiculturale in cui gli italiani condividono i luoghi di lavoro, di studio e di svago con cittadini stranieri, siano essi provenienti da un altro Stato oppure seconde generazioni nate e cresciute in Italia, alle quali una legge impedisce il pieno riconoscimento di “italianità” fino al compimento della maggiore età, la ricerca sociale condotta dagli studenti delle classi 4^BSUL e 5^BSUL dell’Istituto Bertacchi, partecipanti al progetto Erasmus plus I.M.A.G.I.N.E., è utile a indagare come è cambiato il grado di integrazione dei migranti nella comunità locale. Siamo convinti che chi arriva da altri Paesi, vicini o lontani, per scelta o per necessità, spesso affrontando viaggi che mettono in pericolo la vita stessa, debba essere accolto e inserito nel tessuto sociale, perché, se abbiamo qualche possibilità di risolvere i tanti problemi di questo tempo, risulterà efficace l’affrontarli uniti, tutti insieme, italiani e stranieri.

L’approccio autobiografico utilizzato nel riscattare per ogni individuo il racconto del proprio cammino esistenziale, dagli affetti del luogo di nascita, alle differenti e molteplici sfaccettature di una sola e unica società umana in continua trasformazione, obbliga il lettore ad un’immersione nella sfera esistenziale altrui per ricondurlo ad una consapevolezza che la semantica della parola “altro” riporta alla realtà di esserne di fatto parte. Ringraziamo tutte le studentesse e gli studenti che, nonostante i due anni di pandemia, hanno portato a compimento questo importate progetto di sviluppo del genere umano nel territorio lecchese.

Il Comitato Noi Tutti Migranti-Lecco 6

MOTIVAZIONI DELLA MIGRAZIONE 5^BSUL: Bettega Luca, Fumeo Camilla, Vitali Chiara 4^BSUL: Ciresa Clelia, De Capitani Sara, Salvadori Chiara Il fenomeno della migrazione è oggi molto diffuso in tutto il mondo e con questo termine si intende ogni spostamento di individui, per lo più in gruppo, da un’area geografica ad un’altra. Continuamente migliaia di persone decidono o sono costrette ad abbandonare il proprio Paese d'origine ed emigrare verso altri Stati, anche molto lontani da quelli di provenienza. È interessante notare come la maggior parte degli intervistati abbia un’età superiore ai quarant’anni, mentre un’altra parte sia costituita dai figli di coloro che sono emigrati dal Paese di origine.

Essi principalmente arrivano da 4 aree del mondo: Centro-Sud America, Africa, Est Europa ed Asia; più nello specifico Albania, Romania, Bosnia, Ucraina, Kosovo e Moldavia, Marocco, Camerun, Kenya, Egitto, Senegal, Colombia e Costa d’Avorio. Queste aree sono note, infatti, per la presenza di diversi problemi che rientrano nelle cause per cui molti degli intervistati sono partiti dal luogo d’origine.

Le motivazioni che possono spingere le persone a compiere questa scelta radicale sono varie e, molto spesso, vedendo le situazioni solamente dall’esterno, è difficile comprenderle davvero. Non è mai facile emigrare, lasciare la propria vita, i propri parenti e i propri amici per andare verso una nuova realtà, che incute paura, dal momento che potrebbe rivelarsi una scelta sbagliata poiché, al posto di trovare gioia e serenità come si spera, si incontrano difficoltà e sofferenze.

Tra le principali cause vi sono: situazione economica precaria, guerre in corso e motivi familiari e turistici.

Per quanto riguarda le motivazioni economiche precarie, si osserva che molti intervistati non erano riusciti a trovare un lavoro che permettesse loro delle condizioni di vita dignitose. In altri casi, invece, non è stata tanto la mancanza di lavoro a spingerli a muoversi in un altro Paese, quanto il fatto che chi 7

fortunatamente lo aveva trovato era mal retribuito e a fatica riusciva a sfamare sé stesso e la propria famiglia. Proprio per questo molte famiglie ricevono l’aiuto di parenti per potersi sostentare. Quando le spese, però, si fanno sempre più alte per diversi motivi, come, ad esempio, far studiare i figli, non se la sentono di pesare su altri familiari e quindi decidono di andarsene dal Paese di origine in cerca di condizioni di vita migliori, di un lavoro che possa loro permettere una vita più dignitosa, senza gravare su nessuno, e, nel contempo, migliorare la vita dei parenti nel Paese di nascita. Spesso essi hanno anche alle spalle anni di studio e lauree ma, nonostante ciò, si devono accontentare di lavori umili e per nulla costruttivi per la persona stessa che quindi risulta ancor più motivata a migrare in un Paese come l’Italia, in cui si pensa di trovare più possibilità lavorative. In generale, chi migra perciò segue spesso le stesse fasi: prima il padre emigra e trova lavoro, successivamente la famiglia, di solito moglie e figli, lo raggiungono.

La povertà, in molte Nazioni, è causata dalla guerra. Purtroppo, in alcuni Paesi ci sono state, e ci sono ancora, conflitti crudeli e sanguinosi, come, ad esempio, la guerra del ‘96 tra Serbia e Kosovo, che distruggono molti territori, producono migliaia di morti e gettano le persone in situazioni di povertà estrema. Durante i conflitti, intere famiglie si spezzano: capita, infatti, che gli adulti fuggano in altri Paesi, mentre bambini ed anziani, troppo deboli e fragili per affrontare un viaggio pericoloso, rimangano nel proprio Paese e, solo in un secondo momento, a guerra finita, si ricongiungano con i propri cari. Da ciò si può trarre la seconda grande motivazione delle migrazioni ossia la guerra, da cui consegue la ricerca della libertà che possa prospettare un futuro migliore, che in quel momento e in quel luogo non è possibile trovare.

D’altronde in alcuni Paesi, ad esempio nell’Europa Orientale o nell’Africa, vi sono state, e persistono oggigiorno, delle dittature molto rigide e crudeli, che hanno soppresso i diritti dei cittadini. Molte persone, dunque, hanno preferito emigrare in uno Stato democratico, come l’Italia, dove si trova libertà di parola, di pensiero e di espressione. Questi aspetti a noi Occidentali sembrano scontati e banali, perché siamo nati circondati da queste libertà, ma non dobbiamo dimenticarci che questa è una fortuna enorme, perché in molte Nazioni centinaia di persone non ne godono e soffrono per non averli.

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La paura di morire è molto forte, anche più della paura di un cambiamento radicale, ed è proprio ciò che spinge intere famiglie a muoversi ed allontanarsi da queste situazioni disastrose ed estremamente violente. Molti hanno visto i propri familiari morire o rimanere feriti durante questi sanguinosi conflitti e il loro unico desiderio è fermare tutto ciò.

Queste guerre risultano spesso anche il fattore principale che causa povertà e disagio, oltre al fatto che in molte cittadine non è presente acqua corrente ed elettricità, altra causa che porta ogni anno moltissime persone a migrare. Le particolari condizioni territoriali, inoltre, permettono la produzione di una gamma ristretta di cibi, non adatti per una dieta salutare e questo, in combinazione con le scarse condizioni igienico-sanitarie, porta alla morte e alla diffusione di malattie ed epidemie che non possono essere curate a causa dell’inesistenza di edifici sanitari.

Una motivazione meno frequente riguarda gli aspetti familiari e turistici: molti, infatti, si sono trasferiti perché affascinati dalla bellezza e dalla vita italiana oppure perché, durante viaggi turistici, si sono accorti di aver incontrato quello che definiscono il "loro vero amore” e perciò hanno deciso di non abbandonarlo.

Dei nostri intervistati, altri, invece, hanno raggiunto l’Italia per ricongiungersi con il resto della famiglia già emigrata, anche facilitati da associazioni umanitarie, come il COE di Barzio.

Infine, un fenomeno molto diffuso all’interno di questa categoria è quello del passaparola: molte persone decidono di partire perché sentono racconti ed esperienze di parenti, di amici o amici di amici che già sono partiti e consigliano questa esperienza. Altri, soprattutto i giovani, decidono di partire per l’Europa con il fine di visitarla e di studiare nelle diverse città, in quanto ciò contribuisce all’aumento della libertà e al miglioramento delle condizioni sociali e quindi garantisce un futuro dignitoso per sé stessi e per la famiglia. Molto spesso, giunti in Italia, rimangono abbagliati dalla bellezza e dal fascino del Paese decidendo così di stabilirvisi definitivamente.

Le persone intervistate risiedono ora in Italia, perché è un Paese dell’Europa Occidentale, sviluppato dal punto di vista produttivo ed economico, che offre diverse possibilità di lavoro, democratico, libero, ricco e vivace dal punto di vista culturale.

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Ci sono, insomma, svariate ragioni per cui una persona decide di emigrare: ciò che accomuna tutte queste è la speranza di trovare qualcosa che il Paese di provenienza non ha saputo o non ha potuto offrire, portando così a tuffarsi in una realtà sconosciuta, buia e incerta. Diventa, quindi, fondamentale non ostacolare queste persone nel loro percorso di adattamento, ma aiutarle e offrire loro il nostro sostegno nell’ambientarsi e crearsi una vita in un nuovo Paese. Non dobbiamo mai scordarci quanto sia difficile la loro situazione: perciò, non dobbiamo complicarla ulteriormente con il razzismo e le discriminazioni.

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LEGAMI CON LA CULTURA D’ORIGINE 5^BSUL: Bova Giuseppe, Muttoni Sara, Sanfilippo Erika 4^BSUL: Longhi Nicole, Meregalli Pietro, Viganò Amelia Molto spesso quando sentiamo parlare di immigrati ci viene spontaneo interrogarci sulla loro storia, sulla vita che svolgevano precedentemente e da quale luogo provengono. Mai però ci chiediamo che tipo di legami abbiano con il loro Paese d’origine o se desiderano tornarci in un momento futuro: trovare una risposta a queste domande è lo scopo che si è promessa di raggiungere la seguente ricerca sociale attraverso questo progetto d’indagine.

Abbiamo intervistato alcune persone immigrate in Italia, che vivono nella provincia di Lecco e che hanno dedicato qualche minuto della loro giornata per testimoniare la loro storia e il loro percorso di vita prima e dopo l'arrivo in Italia.

Gli aspetti principali che sono emersi dai dialoghi riguardano la religione, il cibo, i costumi e soprattutto la lingua.

Parlando con loro, è facile capire che la lingua del loro Paese d'origine si è conservata e viene parlata durante la quotidianità di ogni giorno. Un altro aspetto fondamentale da tenere in considerazione è la cultura culinaria. Nella maggioranza dei casi essi hanno affermato di continuare a prediligere la loro cucina tipica e spesso sono emerse difficoltà circa la ricerca di ingredienti specifici e selezionati, come, ad esempio, la carne che i musulmani trattano in modo molto particolare.

La religione è un ulteriore aspetto mantenuto nel tempo: infatti, è emersa una grande vicinanza alla propria fede d'origine, che viene praticata anche stando in un altro Paese, che è chiaramente diversa sotto ogni aspetto.

Ciò che più ci ha stupito, inoltre, è che nessuno ha parlato di un legame con la propria cultura di provenienza per quanto riguarda i costumi: questo aspetto è stato molto influenzato dalla cultura italiana e nessuno ha più messo in pratica questo aspetto tradizionale.

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Gli intervistati più adulti hanno dichiarato di continuare a seguire le tradizioni tipiche del loro Paese d'origine, ad esempio per quanto riguarda lo svolgimento delle cerimonie durante i matrimoni o le festività.

Per quanto riguarda il possibile ritorno nella propria terra, quasi tutti hanno la loro famiglia in Italia e trasferirsi di nuovo nel Paese da cui se ne sono andati, per un motivo o per l'altro, significherebbe un grande e ulteriore stravolgimento. Da quello che risulta dalle interviste, possiamo dire che sono più propensi a tornare nel loro Paese gli immigrati di prima generazione, dichiarando che, se fosse per loro, partirebbero il prima possibile, ma, avendo creato una nuova famiglia in Italia e avendo dei figli che sono nati e cresciuti in questo luogo, non se la sentono di trasferirsi nuovamente, soprattutto perché questi ultimi, considerati immigrati di seconda generazione, non hanno forti legami con le loro origini come i loro genitori.

La principale difficoltà si è presentata nella separazione dai propri cari e dalle amicizie di una vita: molti hanno affermato di non sentirsi spesso con queste ultime, ma continuano a mantenere un rapporto seppure poco costante. Al contrario, altri hanno dichiarato che, inizialmente, quando si erano appena trasferiti, avevano ancora dei legami amicali molto forti, ma che col passare del tempo purtroppo sono diventati via via sempre più deboli, fino a scomparire.

Con i parenti, diversamente dalle amicizie, sono sempre in contatto e, di conseguenza, almeno una volta all’anno tornano per trascorrere qualche giorno insieme.

In conclusione, la cultura di provenienza è un aspetto molto sentito dagli intervistati, i quali, nonostante ora abbiano una vita diversa da quella precedente, continuano a seguirla e la mettono in pratica anche stando tanto lontani dalla loro terra. Un momento sorprendente è avvenuto quando, leggendo queste interviste, ci siamo accorti che molte persone amano avere una doppia cultura, che permette loro di identificarsi sia con la propria d’origine sia con quella che hanno scelto di abbracciare. Certamente la cultura originaria continuerà ad essere seguita e rispettata, in quanto non ci si deve dimenticare delle proprie radici, che permettono di conoscere il mondo da una prospettiva diversa dalla nostra, ma che nonostante tutto ci caratterizza come cittadini del mondo.

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DISCRIMINAZIONE E RAZZISMO 5^BSUL: Agostoni Clara, Ourahmoun Manal, Talotta Sara 4^BSUL: Alcaz Victoria, Arosio Clara, Moneta Marta, Ourahmoun Noha Dalla ricerca svolta per il progetto “Comunità, territorio, mondo” è emerso un comportamento molto vario nei confronti dei vari intervistati. Alcuni hanno riportato esperienze personali gravi di discriminazione che li hanno segnati, mentre altri affermano di esser sempre stati trattati con rispetto e aiutati soprattutto per quanto riguarda l’apprendimento della lingua. Nel primo gruppo si identificano principalmente persone adulte, provenienti dall’Africa, le quali hanno vissuto maggiori episodi di razzismo in maniera più o meno evidente: insulti, occhiate, allontanamenti, esclusione… A questi episodi, spesso si aggiunge la mancata conoscenza della lingua, che porta sia gli stranieri stessi ad isolarsi sia gli interlocutori ad isolarli.

Se si notano comportamenti discriminatori tra i bambini, molto probabilmente è per influenze dirette o indirette di idee e comportamenti dei genitori.

Frequentemente gli intervistati hanno preferito evitare di raccontare gli episodi discriminatori che sono accaduti loro, per non rimuginare sul dolore passato. Nel secondo gruppo invece, troviamo principalmente giovani o persone trasferitesi in Italia da parecchi anni. Queste persone raccontano di essere state discriminate nelle situazioni di vita quotidiana, ad esempio, sui mezzi di trasporto, a scuola o al lavoro. Una ragazza, per esempio, ha raccontato di esser stata più volte presa in giro per il semplice fatto che indossava il velo; così come ad un ragazzo, che tutti i giorni usa il pullman per andare al lavoro, viene sempre controllato attentamente il biglietto a differenza degli altri passeggeri.

Oltre ai luoghi pubblici, essi vengono discriminati anche in casa, luogo nel quale dovrebbero sentirsi al sicuro e protetti. Vengono maltrattati dal proprietario o dai vicini che costantemente li osservano con occhio critico sempre pronti a giudicare, offendere e denunciare senza un apparente motivo. Essi fanno da capro espiatorio per qualsiasi problema: se si rompe qualcosa, se viene rubato qualcosa oppure se c’è confusione, si sa già di chi è la colpa, senza avere alcuna prova perché è ancora troppo radicato il pregiudizio nei loro confronti. Questo comportamento è così grave che si è persino arrivati in alcuni casi a denunce per 13

via dell'incapacità di giungere a compromessi o gestire autonomamente le controversie.

La scuola, l’oratorio e la Chiesa hanno contribuito molto a un’integrazione attiva, promuovendo attività di conoscenza e momenti per stare insieme e permettendo alle persone di origine straniera di sentirsi a casa e totalmente accolti. Molto triste è la rassegnazione di alcune persone, convinte che discriminazione e razzismo erano, sono e saranno presenti nella vita di ogni straniero.

In ambito scolastico, i ragazzi hanno principalmente avuto un’esperienza positiva, con eccezione di alcuni casi in cui si è verificata esclusione o timore unito alla vergogna che frenava i ragazzi, ad esempio, nella lettura ad alta voce, per paura di sbagliare o di risultare diversi a causa del loro accento.

In ambito lavorativo, al contrario, gli episodi di discriminazione sono più frequenti: ad esempio, una riduzione dello stipendio o un cattivo rapporto con il datore di lavoro. D’altra parte, un gran numero di intervistati è stato accolto e trattato con metodi dignitosi nella comunità ed aiutato ad integrarsi al meglio sia nei luoghi pubblici sia in quelli privati.

Spesso sono stati aiutati dai vicini di casa ad imparare la lingua o da persone che spontaneamente si sono offerte di dare una mano nelle nuove dinamiche sociali: infatti, molti sono stati aiutati a trovare un lavoro che garantisse loro un reddito equo per poter vivere in modo dignitoso e mantenere la propria famiglia.

Nonostante le persone intervistate siano solo una piccolissima parte degli immigrati in Italia, tramite i loro racconti abbiamo capito che purtroppo la discriminazione razziale è un fattore all’ordine del giorno. Tutti ne siamo consapevoli anche se non ci tocca in prima persona, però nessuno concretamente si applica per migliorare la situazione ed evitare che comportamenti discriminatori diventino socialmente accettati.

Per concludere, le discriminazioni e le violenze a cui assistiamo tutti i giorni sono frutto di un modo di concepire la società basato sulle disuguaglianze, per proteggere il privilegio di pochi. In generale, però, si può percepire un leggero miglioramento di questa situazione rispetto agli anni passati: molti stranieri sono riusciti a non abbandonare le loro origini e la loro cultura, integrandole a quelle del nuovo contesto.

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ASPETTI CULTURALI, RELIGIOSI E POLITICI 5^BSUL: Donizetti Lisa, Gatti Martina, Murdaca Matteo 4^BSUL: Dell’Oro Valeria, Mariani Erica, Panzeri Anna, Pozzi Martina INTRODUZIONE Il testo seguitamente presentato ha lo scopo di riportare le idee di alcuni immigrati di prima e seconda generazione intervistati durante l’anno 2021 riguardo ad aspetti religiosi, culturali e politici.

Considerando le interviste, le dimensioni religiosa e culturale si sono rivelate tematiche rilevanti; riguardo alla dimensione politica, invece, gli intervistati si sono rivelati restii a schierarsi nettamente: pertanto, è possibile osservare una elevata variabilità individuale.

RAPPORTO CON LA RELIGIONE La religione per la maggior parte degli emigrati è fondamentale nella loro vita. In molte risposte gli intervistati hanno sostenuto che, proprio grazie ad essa, hanno trovato la motivazione e la spinta per affrontare i problemi e riuscire a sopportare e superare i momenti anche più difficili dovuti al viaggio dal proprio Paese d’origine all’Italia oppure alla situazione di difficoltà, come con il lockdown. Essi, per praticare la loro fede, si recano in chiesa o nelle moschee oppure pregano a casa.

Il credo in quasi tutti gli intervistati è legato alla famiglia e alla società in cui sono cresciuti; alcuni però dichiarano che, anche se sono cresciuti in famiglie molto religiose e praticanti, non si riconoscono in nessuna credenza religiosa, cioè sono agnostici. Come nel caso di una ragazza originaria del Kosovo, che, anche se nata da una famiglia cristiana cattolica professante, tanto che il padre fa parte del consiglio pastorale, non si riconosce in nessun credo.

Un dato che emerge è l’amore che molti intervistati hanno dimostrato nei confronti della loro religione, vivendola con molta passione e senza pressione o obbligo da parte della loro famiglia. Infatti, la professano per amore del Signore, per quello che Lui ha fatto per loro e ritengono la fede un dono da custodire e proteggere con la preghiera.

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Altri, invece, anche provenendo da famiglie che professano una determinata religione, dichiarano di apprezzare e ammirare altre credenze, con cui hanno interagito una volta arrivati nel nuovo Paese oppure hanno iniziato a interessarsi a un credo diverso dal loro dopo la lettura di un libro di preghiera. Questo ultimo dettaglio emerge nella storia di una signora alla quale, dopo essere venuta in Italia e aver trovato lavoro come badante, venne proposta la lettura del Vangelo da parte della figlia della signora da cui lavorava: grazie alla lettura di questo classico della fede cristiana cattolica, gradualmente si è convertita dall’Islam al Cattolicesimo.

L'avvicinamento degli immigrati, soprattutto di seconda generazione, al costume e alla religione italiana si configura in un allontanamento dalla sfera religiosa della famiglia d’origine e, utilizzando un termine sociologico, ad una progressiva secolarizzazione. È bene notare come i figli tendano, globalmente, ad essere meno conservatori sul piano morale e meno ortodossi sul piano religioso.

Però non per tutti la religione è stata d’aiuto per trovare sé stessi e un punto di riferimento nei momenti più bui. Alcuni, a causa del proprio credo, hanno dovuto vivere situazioni in cui venivano emarginati e presi di mira in determinati ambienti sociali, come quello della scuola. Molte ragazze di religione islamica, infatti, raccontano che, quando iniziarono a indossare il velo per la prima volta, vissero momenti in cui venivano ‘’prese in giro’’ dal loro gruppo classe, in cui si sentivano diverse e non accettate dai pari. Questo, racconta una ragazza proveniente dal Togo, secondo lei, è scaturito dalla poca informazione tra le persone presenti nella società e soprattutto nelle scuole: a causa di ciò, molti individui vivono la propria religione con angoscia.

Analizzando 63 interviste svolte ad immigrati in Italia provenienti da diversi Paesi e attualmente residenti sul territorio di Lecco, è emerso che: -

40 sono credenti (63%) 6 si definiscono agnostici (9,5%) 12 sono atei (20%) 5 non hanno specificato il loro rapporto con la religione (7,5%).

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Nello specifico, i credenti si suddividono nelle seguenti fedi: - cristiani cattolici 13 → 35,1% - cristiani ortodossi 6 → 16% - musulmani 13 → 35,1% - buddisti 1 → 2,7% - fede non specificata 4 → 10,8% La maggior parte sono praticanti e frequentano i luoghi di culto, altri invece pregano in casa.

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POLITICA Dalle interviste non sono emersi molti aspetti politici. La maggior parte degli intervistati parla in modo positivo dell’amministrazione pubblica, anche se un punto focale di cui tutti hanno parlato in modo negativo riguarda l’acquisizione della cittadinanza italiana, perché sono necessari dieci anni. Essi desidererebbero, quindi, accorciare i tempi per riceverla.

La maggior parte degli intervistati non ha specificato il rapporto con le associazioni politiche: 11 intervistati hanno affermato di non far parte di associazioni politiche, alcuni per mancanza di tempo, altri per mancanza di interesse e altri, pur non essendo attivi, sono informati riguardo alla situazione politica attuale. Solo 2 sono inseriti in associazioni politiche.

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CULTURA Dal punto di vista culturale, alcune famiglie non hanno riscontrato evidenti differenze con la cultura di origine.

Gli altri intervistati che, invece, hanno riscontrato diversità, le hanno evidenziate in particolare nei seguenti ambiti: -

ritmo di vita accelerato persone maggiormente concentrate sul lavoro che sulle relazioni maggiore attaccamento alla famiglia rispetto a Paesi come la Russia tradizione culinaria concezione e condizione migliore della donna maggiore equilibrio nei rapporti di genere nella società in generale e all’interno della stessa famiglia autorità paterna non assoluta.

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Le principali difficoltà per l’integrazione culturale degli immigrati di prima generazione sono state quelle dal punto di vista linguistico. Pochi sapevano già la lingua quando sono arrivati in Italia e la maggior parte l’ha imparata grazie ai servizi offerti dalle comunità che aiutavano gli stranieri come il COE di Barzio.

Per quanto riguarda, invece, i figli, ovvero gli immigrati di seconda generazione, il problema della lingua non si è posto. È possibile osservare la presenza non trascurabile di soggetti che, durante l'intervista, hanno riferito di aver costruito dei legami con la cultura italiana molto forti se non, addirittura, in misura maggiore rispetto a quanto riscontrato nei confronti della cultura “d'origine”. Questo dato si presenta, senza alcuna sorpresa, maggiormente negli immigrati di seconda generazione rispetto agli immigrati di prima generazione.

I legami culturali con l'Italia sono prevalentemente legati all'aspetto storico e paesaggistico (ricordati con nostalgia anche durante i viaggi nel Paese di origine) e alla differente concezione dei diritti politici, in particolar modo dell'uguaglianza. Per quanto culturalmente una fetta consistente degli immigrati di prima generazione possa sembrare decisamente conservatrice per gli standard italiani, è bene osservare come essi potrebbero, allo stesso tempo, essere definiti progressisti nei Paesi di origine.

ASSOCIAZIONI CULTURALI Per quanto riguarda le associazioni sportive e culturali invece, la maggioranza degli intervistati dichiara di non essere iscritti a nessuna delle due. Questa scarsa partecipazione potrebbe essere causata dalla scarsa o inefficiente organizzazione di queste associazioni da parte del territorio lecchese o dalla scarna capacità di coinvolgimento e attrattività di esse.

Alcuni si dedicano al lavoro, allo sport, alla lettura, alla cura dei figli e allo studio, in considerazione della diversa età degli intervistati. Alcuni, soprattutto le donne, in base alle proprie origini, restano in casa. Alcuni portano avanti le loro tradizioni in famiglia tramandandole ai figli, anche se abitano in Italia e non più nel proprio Paese d’origine. Molti intervistati esprimono una grande ammirazione ed elogiano l’arte, la musica, la poesia, la letteratura, la lingua e i 20

paesaggi presenti sul territorio lombardo. Un altro aspetto molto importante che è emerso è quello linguistico; all’arrivo in Italia, dato che non conoscevano la lingua, hanno frequentato apposite scuole per potersi integrare. La maggior parte di essi, comunque, è soddisfatta della cultura italiana tanto da affermare che non tornerebbero nel Paese di origine, se non solo per una vacanza e rivedere i parenti.

Per quanto riguarda il rapporto con le associazioni culturali, è emerso che: -

19 intervistati partecipano ad associazioni culturali di vario genere 11 non partecipano ad alcun tipo di associazione culturale 26 intervistati non hanno specificato il loro rapporto con le associazioni culturali.

In particolare, coloro che frequentano le associazioni culturali, sono attivi nelle seguenti attività: -

associazioni sportive (7 persone → 33,3%) banda / teatro / associazioni artistiche (3 persone → 14,3%) 21

-

associazioni ONG (3 persone → 14,3%) associazioni culturali-religiose (4 persone → 19%) Caritas / Mato Grosso (3 persone → 14,3%) attività di doposcuola (1 persona → 4,8%).

CONCLUSIONI Dalla lettura completa delle interviste, si può notare la differenza tra le culture del Paese d’origine degli intervistati e l’Italia. Queste differenze sono soprattutto sotto l’aspetto religioso e culturale.

Un dettaglio che emerge è l’amore che hanno queste persone nei confronti dell’Italia, nonostante le problematiche che alcuni hanno dovuto affrontare al loro arrivo dal punto di vista del loro credo e della diversità culturale rispetto al loro Paese di origine. Sia i giovani sia gli adulti mostrano una voglia di mettersi in gioco e di raggiungere i propri obiettivi nonostante le difficoltà che possono incontrare.

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VITA PRIVATA, AMICIZIA, TEMPO LIBERO 5^BSUL: Alfiniti Elena, Motta Giulia, Schisano Chiara 4^BSUL: Manzoni Giorgia, Primo Martina, Santo Annalisa I 53 intervistati, che si sono sottoposti al colloquio riguardante la migrazione, nello specifico per la vita privata, l'amicizia e il tempo libero, provengono da molteplici Paesi: c’è un numero maggiore di individui proveniente dal Camerun, dal Perù, dal Kosovo, dall’Albania, dal Marocco e dall’Ucraina (circa il 10% per ogni Paese) una cifra poco più bassa di persone proviene dalla Romania e dalla Costa d’Avorio (circa l’8% per ogni Paese). Altri luoghi di provenienza degli intervistati sono: Cile, Bosnia ed Erzegovina, Kenya, Brasile, Grecia, Francia, Egitto, Burkina Faso, Sri Lanka, Ecuador, Tunisia, Libano, Russia, Senegal, Moldavia, Togo, Repubblica Dominicana e Caraibi (circa il 2% per ogni Paese).

Non tutti hanno accettato di divulgare informazioni personali quali le date di nascita o il nome; prendendo i 33 casi in cui, invece, è stato dato il consenso, l’età media dei soggetti è intorno ai 30 anni. Una grande parte degli intervistati è formata da minorenni e da ragazzi intorno ai 20 anni, di cui non si conosce la vita privata, in quanto queste persone hanno preferito non esprimersi, mentre un’altra gran parte è formata da ragazzi al di sopra dei 20 anni con rapporti stabili (sposati e quasi tutti con figli), come affermato dagli stessi; una parte più ristretta di essi, invece, ha dei rapporti di coppia (con fidanzati).

Le motivazioni del perché abbiano deciso di migrare sono differenti anche se il tema “guerra” è molto ricorrente: la maggioranza degli intervistati ha preso mezzi di trasporto (aereo, nave, ecc) in compagnia della famiglia, alcuni in solitaria.

Leggendo le interviste, nel momento in cui si chiedeva a una persona che cosa fosse l’amicizia, la maggior parte ha risposto che amicizia è condivisione: affermano che, attraverso un amico, riescono a superare le problematiche che incontrano nella vita di tutti i giorni. Molte di queste persone sono riuscite a rimanere in contatto con gli amici che avevano nel Paese d’origine, attraverso i mezzi di comunicazione. Altre, invece, sono riuscite a stringere legami di amicizia qui attraverso il lavoro, la scuola o il vicinato. Anche l’oratorio e la Chiesa sono

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stati per molti dei punti di riferimento, perché proprio lì hanno stretto delle amicizie e hanno iniziato a sentirsi parte di una comunità.

Molti intervistati sono venuti in Italia proprio grazie a un amico che viveva già in questo territorio: intraprendere un viaggio di questo genere faceva meno paura se affrontato con la consapevolezza di raggiungere una persona a cui si vuole bene.

La maggior parte degli intervistati ha uno o più amici su cui poter contare: alcuni proprio grazie all’aiuto di essi sono riusciti a trovare lavoro, ma, oltre ad essere stati dei punti di riferimento sul lavoro, lo sono stati e lo sono tuttora anche nella vita quotidiana. Per alcuni è stato più semplice fare amicizie soprattutto per il proprio carattere, essendo persone estroverse. Altri invece, per paura di essere discriminati o per mancanza di fiducia nei confronti degli altri, hanno preferito non stringere legami con i colleghi o con i vicini, ma in alcuni casi si salutano solo per educazione.

Gli intervistati di età adolescenziale, per la maggior parte, sostengono di non aver fatto particolare fatica nell’instaurare rapporti con i propri compagni di classe e/o con persone conosciute in altre circostanze; gli intervistati di età superiore all’adolescenza, invece, affermano di non avere molte amicizie in particolare. Per quanto riguarda la provenienza culturale ed etnica delle proprie cerchie di amici, alcuni affermano di avere per la maggior parte individui del proprio stesso Paese di nascita e pochi invece di origine italiana, mentre altri ammettono il contrario, ossia di avere per lo più amicizie instaurate con persone nate in questa Nazione.

Rispetto alla vita privata, molte persone sono venute in Italia con la propria famiglia o l’hanno creata a Lecco.

Nella maggior parte dei casi, gli individui vivono insieme alle proprie famiglie ristrette (genitori e figli, ogni tanto i nonni) e hanno fratelli o sorelle, alcuni convivono insieme ad amici o fidanzati.

Molti vivono in una casa singola oppure in condominio. Per i secondi è stato più facile relazionarsi con il vicinato e queste relazioni sono state fondamentali per l’inserimento nella comunità. Una persona ha affermato che sono stati proprio i vicini di casa ad aiutarli con la lingua, insegnando alcune parole in italiano.

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Dalle interviste è emerso, infatti, che la maggior parte delle persone si è integrata: questa è avvenuta attraverso rapporti di buon vicinato, associazioni territoriali, religiose e sportive atte alla socializzazione che si sono dimostrate uno strumento fondamentale per la valorizzazione delle differenze culturali.

L’integrazione è avvenuta anche grazie al fatto che molti hanno trovato subito un lavoro grazie a conoscenze/amicizie o hanno avuto la possibilità di terminare gli studi oppure perché giunti in Italia molto piccoli.

Una minoranza, invece, racconta di aver subito atti di discriminazione che hanno reso più difficoltoso il rapporto con il Paese ospitante. Tali episodi si sono soprattutto verificati sul posto di lavoro o nell’ambito scolastico, per i quali non si è intervenuti in modo efficace e non si sono presi seri provvedimenti.

Il territorio lecchese è abituato all’accoglienza di persone provenienti da altri Paesi perché offre molteplici possibilità di lavoro. Infatti, essi svolgono diverse professioni: chi è pizzaiolo, chi badante, chi lavora per una ditta di automobili, chi è muratore, chi casalinga, chi è occupato in un ristorante, ecc.

Per quanto riguarda il tempo libero, alcuni intervistati non hanno espresso informazioni relative a questo argomento. Tra coloro che l’hanno espressa, è emerso che la maggior parte dedica il proprio tempo libero ad uscire e a fare passeggiate con amici, con la famiglia, con parenti oppure da soli (cinema, bar, montagna, teatro, musei…).

Alcuni di loro, purtroppo, non hanno tempo libero o quel poco tempo libero viene riservato a curare la famiglia e la casa (ad alcuni piace spendere il proprio tempo libero in questo modo), invece alcuni di loro lo trascorrono leggendo libri (fantasy, romantici) o anche notizie di attualità e praticando attività sportive (in gruppi o individualmente, come pallavolo, calcio, atletica, corsa…) in strutture apposite oppure in luoghi domestici piuttosto che all’aperto.

Una parte minore di loro lo dedica a guardare film, serie tv, video (di qualsiasi genere) e ad ascoltare musica, mentre una parte ancora più piccola lo dedica a disegnare o dipingere, a scrivere, a studiare (anche se alcuni reputano che lo studio non faccia parte del tempo libero), a curare ed educare bambini (figli o nipoti), a suonare strumenti musicali, come chitarra o pianoforte, a curare la casa, dedicandosi, per esempio, alle faccende domestiche o a giocare ai 25

videogiochi. Infine, altri intervistati dichiarano di trascorrere il proprio tempo libero ballando, cucinando pietanze del proprio Paese di origine, cantando, giocando a carte o a calcetto.

La maggior parte degli intervistati ha affermato che si trova bene a Lecco, ma che questa potrebbe offrire qualcosa di più dal punto di vista delle attività da svolgere nel tempo libero. Più nello specifico, alcuni ritengono che fornisca abbastanza attività per i giovani (discoteche, centri sportivi, spazi dove divertirsi) e non abbastanza per gli adulti, mentre altri ritengono il contrario, ovvero che offra abbastanza attività per gli adulti e non abbastanza per i giovani.

Molti, purtroppo, hanno smesso di praticare delle attività che attuavano nel loro Paese d’origine, in quanto a Lecco non si svolgono o perché non hanno amici con cui condividerle.

Per quanto riguarda il reddito, non sono state raccolte molte dichiarazioni; per quei pochi casi in cui il soggetto è stato disposto a parlarne, si può affermare che il periodo di pandemia globale, legata al Covid-19, abbia influito negativamente sullo stipendio degli individui, arrivando persino a dimezzarlo e a causare molte difficoltà economiche.

A Lecco, ma purtroppo in tutta Italia, esistono ancora gruppi di persone, seppur in minoranza, che adottano misure discriminatorie nei confronti di individui provenienti da altri Paesi. Riguardo a questo argomento c’è ancora tanto da lavorare. In una società civile, è necessario garantire i diritti e l'integrazione a ciascun cittadino indipendentemente dalla sua origine e colore della pelle. È dovere di ognuno di noi accogliere e rispettare la vita privata, la cultura, le tradizioni di coloro che lasciano la loro terra e che hanno alle spalle un passato a volte tormentato.

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VITA QUOTIDIANA, ASPETTI ECONOMICI E SOCIALI 5^BSUL: Cerrano Marina, Tricarico Shanti, Zuna Alessia 4^BSUL: Binyam Elise Mallone, Melesi Giulia, Nesci Martina, Orrù Alice In seguito alla lettura delle interviste alle persone straniere, residenti nella provincia di Lecco, sono emerse numerose informazioni riguardo alle loro condizioni, alla loro vita quotidiana e agli aspetti economici e sociali che le riguardano. Nel corso della relazione verranno trattati i temi principali e in seguito specificati in riferimento alla pandemia degli ultimi anni.

La maggior parte degli intervistati ha affrontato varie difficoltà ed è riuscita, in seguito alle complicanze iniziali, a costruire una famiglia, ad avere delle persone che li sostengano e a trovare un lavoro e una casa.

Tutte queste persone si sono trasferite e sono riuscite, facendosi aiutare da amici o parenti già residenti in Italia, a trovare un lavoro e una casa.

Con il passare degli anni le situazioni economiche si sono pian piano definite: in media, la stabilità è stata raggiunta dopo i 5 e i 7 anni di permanenza in Italia.

Inoltre, in molti casi, si partiva da situazioni in cui era necessario affidarsi ad aiuti esterni (ad esempio, alcuni chiedevano un finanziamento per l’acquisto dell’automobile, essenziale per esigenze lavorative o anche semplicemente per accompagnare i figli a scuola), per poi arrivare a situazioni di vita sempre più autonome e solide.

Aspetto lavorativo e scolastico Per quanto riguarda l’aspetto lavorativo, vi sono dei casi in cui il lavoro è poco retribuito: perciò, queste persone faticano a guadagnare abbastanza e il loro reddito talvolta non è completamente sufficiente per vivere dignitosamente.

Altre, invece, riescono a soddisfare i bisogni basilari, nonostante il lavoro non sia adeguatamente pagato.

Complessivamente il reddito non è altissimo, a causa delle professioni che si trovano principalmente in una fascia di retribuzione medio-bassa, ma, nonostante questo, c’è un costante impegno e laboriosità da parte del salariato, 27

non soltanto per il sostentamento personale e familiare, ma anche per la gioia che il lavoro procura.

I lavori maggiormente svolti riguardano l’ambito sociosanitario e quello operaio, mentre una minoranza di intervistati si occupa delle vendite per una propria attività o per conto di altri. Nonostante delle eccezioni, la maggioranza delle donne svolge professioni dedite alla pulizia e alla cura delle persone.

Probabilmente essendo una domanda molto personale, Il tipo di contratto non è stato specificato da molti: tra coloro che lo hanno precisato, emerge una equiparazione fra contratti a tempo determinato e indeterminato. In generale, nella maggior parte dei casi essi sono riusciti, dopo diversi lavori part-time o molto precari, a trovarne uno soddisfacente e ben retribuito.

Il rapporto con i colleghi è risultato essere importante per la maggioranza degli intervistati e per i restanti è indifferente; nessuno risulta avere rapporti negativi coi colleghi di lavoro: la maggioranza considera il rapporto coi colleghi certamente importante, ma non è la via privilegiata per le amicizie, che sono preferite fuori dall’ambiente lavorativo.

In ambito scolastico, la maggioranza degli intervistati frequenta le scuole superiori o l’Università: sono scuole che spaziano in vari ambiti, dal sociale al tecnico, dal grafico al meccanico. Si riscontra generalmente un buon rapporto con i compagni, ma nelle scuole di grado inferiore molti raccontano di aver avuto qualche difficoltà a fare amicizie, alcuni hanno vissuto situazioni spiacevoli con i professori.

In generale sia lavoratori sia studenti sono soddisfatti del loro lavoro/percorso di studi e hanno buone prospettive per il futuro.

Spese e consumi I consumi principali costituiscono cibo, vestiti, libri e materiali scolastici (per permettere gli studi ai figli), bollette, spese condominiali.

La maggior parte delle persone tende a risparmiare, ma, se il reddito fosse maggiore, vorrebbe permettersi qualche sfizio in più come vestiti in eccedenza, case e automobili di proprietà, viaggi e prodotti per la cura della persona.

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Per quanto riguarda la fascia di età più bassa, un gran numero di giovani ha cercato lavoro anticipatamente, per aiutare economicamente i genitori e allo stesso tempo per essere indipendenti o avere la possibilità di proseguire gli studi.

Condizione abitativa ed economica In numerose interviste, si è notato come quasi tutti vivano in condomini e quindi si trovino a doversi relazionare con i vicini.

Sostengono che i loro vicini si siano sempre rapportati in maniera gentile e disponibile nei loro confronti e, in alcuni casi, siano nate anche delle amicizie.

Più in generale la maggior parte è riuscita ad ambientarsi e a integrarsi, anche se con ostacoli e sforzi.

Approfondendo l’aspetto sociale, si sono riscontrati un grande senso di comunità e volontà di collaborazione.

La maggior parte degli intervistati ha affermato di far parte di associazioni o di aiutare la collettività, in particolare, il paese di residenza, nel miglior modo possibile.

Relazioni Essendo molto legati ai valori della famiglia, preferiscono trascorrere il tempo libero in compagnia dei propri parenti; non mancano però gli incontri con amici e colleghi.

Questo ultimo aspetto, tuttavia, muta a seconda della fascia d’età che si prende in considerazione: per gli adulti, è stato difficile mantenere i rapporti familiari e di amicizia, nonostante abbiano usato chiamate e videochiamate frequentemente. Per i ragazzi più giovani, che sono molto più immersi nei social, è stato meno complicato ed è più facile mantenere rapporti online, perché essi in parte lo sono già. È stato, però, sottolineato da molti che le attività ricreative proposte sul territorio lecchese, sia per adulti sia per ragazzi, siano scarse.

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Cos’è cambiato col Covid-19?

La situazione pandemica è stata molto significativa ed ha influito parecchio sulle relazioni, la vita lavorativa/scolastica e la vita quotidiana.

Molti, durante il lockdown, potendo trascorrere più tempo insieme, hanno riscoperto la gioia di stare in famiglia che, a causa del lavoro o dello studio, era andata scemando.

La scuola è stata la principale causa di malcontento: le lezioni in DAD, diventate ormai la quotidianità, non sono state viste in modo positivo dai giovani e sono state fonti di ansie e stress, nonostante si riconosca che sia stato l’unico modo sicuro per continuare a istruirsi.

Molti hanno riscontrato difficoltà a livello linguistico: i bambini più piccoli necessitavano l’affiancamento dei genitori, che erano spesso al lavoro o che avevano difficoltà ad approcciarsi alla nuova lingua.

Altri invece di organizzazione: non tutti avevano, infatti, la possibilità di acquistare un computer per ogni componente della famiglia che ne aveva bisogno.

Il lockdown ha influenzato molto l’aspetto economico e lavorativo: alcune persone hanno perso il lavoro, per altri il salario è diminuito notevolmente.

Fortunatamente, con il passare del tempo, si sono riscontrati netti miglioramenti.

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ALLEGATI: DOCUMENTI DI LAVORO 1. COMUNITÀ, TERRITORIO, MONDO Gli immigrati di origine straniera e le trasformazioni del territorio lecchese Traccia di intervista Il testo dell’intervista sarà preceduto dalla compilazione di una mascherina contenente le seguenti voci: Nome Cognome Data di nascita Telefono e/o e-mail dell’intervistato Intervistatore Poiché l’elaborazione delle informazioni raccolte sarà effettuata attraverso analisi del contenuto, e non analisi testuale (che necessiterebbe di una sbobinatura integralmente rispondente al testo vocale), non è necessario che la restituzione riproduca fedelmente la registrazione. Inoltre, il trascrittore potrà ricorrere, laddove ciò non sminuisca il valore e la qualità dell’informazione, al riassunto.

PRIMA PARTE - Il passato Il Paese di provenienza: dove è nato l’intervistato?

Il trasferimento in Italia.

Farsi raccontare come è maturata la decisione di trasferirsi all’estero. In sostanza, occorre farsi raccontare le motivazioni (il perché).

Il percorso di adattamento al nuovo contesto Farsi raccontare quali persone, organizzazioni o relazioni hanno facilitato/ostacolato il percorso di adattamento al nuovo contesto.

Es. relazioni familiari, relazioni amicali, la comunità espatriata, le scuole, il lavoro, il mondo associativo variamente inteso, le parrocchie, le istituzioni, etc.

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SECONDA PARTE - Il Presente 

Fermiamoci un momento sull’esperienza della pandemia: farsi raccontare come la persona e la sua famiglia hanno passato i tre mesi di lockdown dal punto di vista: o Della salute o Occupazionale o Del reddito o Della scuola o Delle relazioni sociali/amicali/parentali/della comunità.

La parte che segue è la parte principale e più importante dell’intervista 





Famiglia o Con chi vive l’intervistato (la sua famiglia)? Tutti e due i genitori sono stranieri oppure uno di loro è italiano? Esistono altri parenti a Lecco o nel resto d’Italia che giocano un ruolo importante nella vita dell’intervistato?

Condizione abitativa o Farsi raccontare come si è evoluta dall’arrivo la condizione abitativa sino alla situazione attuale (tipo di abitazione, presenza di servizi, tipo di contratto, etc.). o Se esistono, come sono i rapporti di vicinato? Sono rapporti stretti oppure no?

Scuola/Lavoro o Farsi raccontare il percorso e la carriera lavorativa e/o scolastica in Italia compreso il passaggio scuola-lavoro. o Descrizione del/i suo/i attuale/i lavoro/i (o corso di studi): quali sono i suoi compiti, le sue mansioni: in pratica ‘cosa fa’ ogni giorno, con quali tecnologie e facendo ricorso a quali conoscenze (Se l’intervistato svolge ‘più lavori diversi’ è necessario ‘ricostruirli’ tutti). In particolare, chiedere valutazioni in merito a:  Tipo di lavoro/i svolto/i  Tipo di contratti e continuità dell’attività (stagionalità, precarietà, doppio lavoro, lavoro sommerso, periodi di disoccupazione, etc.)  Canali di accesso (famiglia, amici, conoscenti, etc.)  Evoluzione della qualità del lavoro svolto 32

   







Andamento del reddito associato al lavoro svolto Qualità del rapporto con i colleghi Qualità del rapporto con il datore di lavoro Eventuali esperienze di discriminazione implicite o esplicite sul lavoro. o Chiedere di spiegare il ruolo e l’importanza delle relazioni sul lavoro: come è il clima delle relazioni? Ha amici sul lavoro? (contatti, conoscenze, utili per la ricerca di lavoro o per l’avanzamento nella posizione professionale). o Richieste e aspettative:  rilevare i bisogni rispetto al lavoro, le aspettative che il soggetto ha rispetto al suo lavoro (se gli piace, perché gli piace, cosa gli dà, cosa vorrebbe in maggior misura, cosa cambierebbe del suo lavoro, a cosa non rinuncerebbe assolutamente del suo lavoro) e le richieste che egli avanzerebbe o ha già avanzato.

Consumi (beni immobili, mobili e servizi) o Farsi raccontare quali sono i consumi prevalenti cui è destinato il reddito (cibo, abitazione, abbigliamento, auto, etc.) o Quali sono i consumi (materiali e immateriali) che si fa più fatica a soddisfare, quelli cui si aspirerebbe avendo maggiori disponibilità economiche: provare a farsi dare una graduatoria. o Nello specifico, farsi raccontare se l’intervistato dedica tempo a consumi di tipo culturale (cinema, ballo, musica, etc.) o sportivo, a pagamento o gratuiti.

Amici o Farsi raccontare se l’intervistato conta su una o più cerchie di amici.  Chi e dove sono queste persone?  Quando e come mai queste persone sono diventate amiche?  Con quale frequenza vede gli amici? Per fare cosa? Dove vi incontrate?  È stato facile stringere nuove amicizie?

Tempo libero o Farsi raccontare cosa fa l’intervistato nel tempo libero e come lo valuta.

33





 

Quali sono le cose che preferisce fare? Con chi? In quali contesti?  Che valutazione dà delle possibilità di occupare il tempo libero sul territorio? (Qualità dell’offerta).

Partecipazione associativa, comunitaria o Partecipa all’attività di qualche associazione culturale, sportiva, etc. locale in qualità di membro attivo o come fruitore di attività organizzate da altri? o E sul piano politico o sindacale o di gruppi? È aderente o partecipa in qualche modo?

Religione o Farsi raccontare se per l’intervistato la religione rappresenti un fatto importante nella sua vita. Se sì, in che senso?

Rapporti con le istituzioni pubbliche o Che rapporti ha l’intervistato con le amministrazioni pubbliche (statali e locali), con le burocrazie amministrative/fiscali ecc.?

Quali difficoltà ha sperimentato? C’è qualcuno o qualche organizzazione che l’aiuta?

TERZA PARTE – Il Futuro Il futuro prossimo: aspetti, prospettive, problemi In questa parte provare a far emergere le ‘prospettive’ dell’intervistato rispetto al suo futuro prossimo, relativamente ad una serie di aspetti e dimensioni:     

Personali Del lavoro Della famiglia Del rapporto con le istituzioni Rispetto all’idea di tornare al luogo di provenienza in modo stabile

Rispetto a quanto sin qui raccontato, quali sono le cose che apprezza maggiormente del contesto locale? Quali invece sono le cose che apprezzano meno?

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2. COMUNITÀ, TERRITORIO, MONDO Il posto degli immigrati di origine straniera nelle trasformazioni del territorio lecchese Alcune semplici regole per condurre l’intervista Indicazioni per la conduzione dell’intervista Il seguente modello d’intervista a traccia semi-strutturata rappresenta lo schema d’interrogazione adottato per la realizzazione dei colloqui con i soggetti selezionati.

L’obiettivo di fondo, quando si adotta questa tecnica di rilevazione, è accedere alla prospettiva del nostro interlocutore: cogliere le sue categorie mentali, le sue interpretazioni, le sue percezioni nonché i motivi delle sue azioni.

Ciò non implica che il tema della conversazione sia occasionale o “libero”; non si tratta di un comune dialogo fra interlocutori collocati allo stesso livello, ma di una conversazione guidata, nella quale l’intervistatore stabilisce l’argomento e controlla che lo svolgimento corrisponda ai fini conoscitivi che si è posto. Questo intervento di guida può realizzarsi con differenti gradi di direttività, ma sostanzialmente rispettando la libertà dell’intervistato di strutturare la risposta come meglio crede e anche di “divagare”, fornendo contributi informativi non previsti dalla traccia, ma affrontando al medesimo i temi previsti dalla medesima (salvo ovviamente i casi di esplicita reticenza dell’interlocutore, o quelli sui quali non possiede gli elementi per fornire descrizioni/ valutazioni).

Le modalità di conduzione dell’intervista, nonché l’ordine con cui i differenti argomenti saranno trattati, sono lasciati alla libera decisione ed alle valutazioni dell’intervistatore, a patto che tutti i temi proposti siano affrontati e tutte le informazioni necessarie siano raccolte. Di norma, è buona prassi mantenere la fluidità della conversazione senza interrompere il filo logico del ragionamento sviluppato dall’intervistato. L’intervento dell’intervistatore, in questa prospettiva, è limitato a due importanti funzioni direttive: 

Approfondire gli argomenti trattati in modo superficiale o sbrigativo, richiedendo puntualizzazioni, dettagli, dati, utilizzando a tale scopo anche le domande secondarie (i “rilanci”) proposti nella traccia.

35



Controllare che l’intero arco delle domande formulate sia affrontato, riconducendo eventualmente l’intervista lungo i binari prestabiliti, attraverso cauti interventi se ciò non accade spontaneamente.

Per questi motivi, si consiglia di padroneggiare adeguatamente la traccia d’intervista (o meglio, l’insieme degli argomenti previsti nella traccia) prima di affrontare la rilevazione vera e propria. Ciò consentirà lo svolgimento del colloquio secondo modalità più conversative e informali, garantendo una maggiore interazione con l’intervistato e neutralizzando nel contempo il rischio d’ingessare il dialogo nella rigidità dello schema domanda-risposta.

Non esiste una regola generale cui attenersi per la conduzione di una buona intervista; sul risultato intervengono – sempre – troppe componenti soggettive, dalla disponibilità a collaborare dell’intervistato alla sua reale conoscenza degli argomenti trattati, dal tempo a disposizione alle caratteristiche espositive (com’è ovvio, esistono soggetti fin troppo loquaci ed altri eccessivamente laconici). In generale, è bene accogliere alcuni suggerimenti: 

L’intervista va fatta precedere da una sintetica presentazione del progetto (finalità e contenuti). La presentazione serve a mettere l’intervistato nella condizione mentale idonea a fornire le risposte più appropriate ai nostri obiettivi di ricerca. Si tratta, in altre parole, di descrivere brevemente lo scopo della ricerca, spiegare perché abbiamo scelto proprio lui/lei, giustificare – se necessario – i motivi per cui registriamo la conversazione.



La traccia d’intervista prevede domande primarie (sono quelle in grassetto) e domande secondarie. Un nuovo argomento è introdotto sempre da una domanda primaria. L’insieme delle domande primarie costituisce lo scheletro dell’intervista, che deve essere toccato, spontaneamente o su richiesta, dall’intervistato. Le domande, ovviamente, sono da esporre in modo discorsivo e adeguato alla competenza linguistica dell’intervistato.



Non è sufficiente limitarsi ad esporre la domanda e registrare la risposta: l’abilità dell’intervistatore consiste nella sua capacità di mettere a fuoco i reali punti di vista dell’interlocutore, nell’approfondirne la capacità esplicativa, nel far emergere valutazioni. Ciò presuppone, accanto alla formulazione delle domande primarie, l’utilizzo di domande secondarie, in parte previste dalla traccia d’intervista, ma in parte demandate alla capacità dell’intervistatore d’interagire sulla base del proprio bagaglio di conoscenze e su quella delle argomentazioni emerse nelle precedenti fasi dell’intervista, o nelle interviste antecedenti. Soprattutto, è importante ottenere 36

approfondimenti e dettagli esplicativi attraverso l’utilizzo delle cosiddette domande-sonda, consistenti, più che in veri interrogativi, in alcuni stimoli che hanno la funzione d’incoraggiare l’intervistato a fornire ulteriori informazioni. Appartengono a tali stimoli alcuni banali espedienti quali: riformulazione della domanda con accenti differenti; ripetizione della risposta o, meglio ancora, sintesi della risposta (es. in sostanza Lei vuol dire che …. Ho capito bene?); fornire espressioni d’incoraggiamento ed interesse (Sì? … Continui …. Davvero?); eventualmente richiesta esplicita d’approfondimento. 

In generale, è bene stabilire un clima d’empatia e comprensione del punto di vista dell’interlocutore; ciò non significa tuttavia, nel modo più assoluto, condividere o mostrare di essere d’accordo con tutto ciò che viene esposto.

Anzi! Il nostro obiettivo è anche quello di far emergere contraddizioni (sempre in modo cauto, neutro), di esplicitare gli elementi di conflitto, a scapito delle risposte in termini semplicemente di adattamento, che finiscono con l’appiattire la conversazione, facilmente, su ciò che già si conosce, anziché sugli aspetti problematici, diagnostici e valutativi, cui l’intervista è prioritariamente orientata.



Ricordare che la traccia serve ad organizzare, guidare e controllare l’intervista, ma la voce sovrastante deve essere quella dell’intervistato!

La registrazione dovrà essere effettuata tenendo in considerazione anche la successiva attività di restituzione/sbobinatura, e quindi (sembrano banalità, ma quante volte si sono dovute buttare interviste) badando a mantenere il supporto di registrazione a debita distanza dalla sorgente sonora.

La restituzione dovrà avvenire attraverso trascrizione su formato elettronico. Lo standard prescelto è il formato Microsoft word, carattere Arial 11, interlinea singola, margini sx, dx, superiore e inferiore 3. La voce dell’intervistatore dovrà essere riconoscibile per il carattere in grassetto, quella dell’intervistato per il carattere normale.

Poiché l’elaborazione delle informazioni raccolte sarà effettuata attraverso analisi del contenuto, e non analisi testuale (che necessiterebbe di una sbobinatura integralmente rispondente al testo vocale), non è necessario che la restituzione riproduca fedelmente la registrazione. Inoltre, il trascrittore potrà ricorrere, laddove ciò non sminuisca il valore e la qualità dell’informazione, al riassunto.

37

Presentandosi e presentando la ricerca, sottolineare che si tratta di un lavoro di ricerca scientifica, che ha per oggetto le trasformazioni delle forme di convivenza, delle comunità straniere nel rapporto con il territorio lecchese, partendo dal punto di vista degli immigrati residenti. Sottolineate che le interviste sono anonime, che saranno utilizzate SOLO per motivi di ricerca e studio, al fine di capire le trasformazioni delle comunità locali partendo dal punto di vista di chi proviene da altri Paesi e che ha scelto di vivere sul territorio, un soggetto poco o nulla studiato.

La traccia si sviluppa lungo una linea temporale (passato, presente, futuro) che dovrebbe agevolare l’intervistato a comprendere che si tratta di una ricostruzione biografica guidata dall’intervistatore.

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Prefettura di Lecco Ufficio territoriale del Governo

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Dossier Immigrazione 0DJJLR

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Prefettura di Lecco Ufficio territoriale del Governo 8Q WRWDOH GL GHL SRVWL q VWDWR UHVR GLVSRQLELOH QHOO¶DPELWR GHOOD SURFHGXUD GL JDUD GHOOD 3URWH]LRQH &LYLOH SHU O¶DWWLYLWj GL DFFRJOLHQ]D GLIIXVD O¶Associazione Centro di Servizio per il Volontariato di Monza Lecco Sondrio E.T.S. KD RIIHUWR Q SRVWL OD Fondazione Caritas Italiana Q OD Comunità Papa Giovanni XXII Q /D 3UHIHWWXUD q FRRUGLQDWULFH GL XQ 7DYROR 7HFQLFR ULXQLWR VHWWLPDQDOPHQWH DO TXDOH VRQR SUHVHQWL LO 'LVWUHWWR GL /HFFR JOL $PELWL GLVWUHWWXDOL OD 4XHVWXUD O¶$76 OD 3URWH]LRQH &LYLOH L UDSSUHVHQWDQWL GHO PRQGR VFRODVWLFR GHOO¶DVVRFLD]LRQLVPR H GHO YRORQWDULDWR ,Q WDOH VHGH VRQR VWDWH FRQFHUWDWH HG DGRWWDWH OH SURFHGXUH GL UHJLVWUD]LRQH GHJOL XFUDLQL H LO FRQWHVWXDOH WUDFFLDPHQWR DL ILQL GHOOD SUHVD LQ FDULFR VDQLWDULD OD SURFHGXUD SHU OD JHVWLRQH GHL PLQRUL VWUDQLHUL QRQ DFFRPSDJQDWL OD UDFFROWD GHOOH LVWDQ]H OHJDWH DOO¶LQVHULPHQWR VFRODVWLFR 9HQJRQR QHOOD PHGHVLPD VHGH SRUWDWH D FRQRVFHQ]D OH HVLJHQ]H SURYHQLHQWL GDO WHUULWRULR DO ILQH GL XQD JHVWLRQH FRRUGLQDWD GL WXWWL JOL DVSHWWL FRQQHVVL DOO¶HPHUJHQ]D

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