BeLeaf APRILE-GIUGNO 2022
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PIANTE OFFICINALI
UN SECOLO PER TORNARE AL MEDIOEVO: DALLE STREGHE A PATUANELLI Marta Lispi
La storia delle cure naturali tramandata dalle streghe ha subìto il proibizionismo della farmacopea moderna.
S
i è svolta a fine novembre a Genova la Conferenza Nazionale sulle Dipendenze. Richiesta da anni dalla Società Civile e voluta dalla Ministra Dadone, la convocazione della conferenza non è stata esente da critiche, in particolare per le modalità di preparazione e partecipazione. Tempi molto stretti e un percorso di coinvolgimento non sempre lineare hanno fatto sì che la stessa Rete per la Riforma delle Politiche sulle Droghe sia intervenuta in più occasioni: ad esempio per richiedere, con successo, l’inclusione delle persone che usano droghe nel dibattito e della Riduzione del danno all’interno dei temi di discussione. Le erbe sono per l’umanità una risorsa terapeutica. Nelle antiche civiltà preistoriche erano le donne ad adoperarsi per la raccolta delle erbe, avendo una propensione innata alla comunicazione con la spiritualità tramite la natura. La medicina tradizionale cinese, nata nel III millennio a.C. è la più antica testimonianza di naturopatia, dove già è presente la cannabis medica. Le Herbariae erano coloro che si occupavano di raccogliere erbe e lavorarle per la preparazione di cibi e di rimedi naturali per la persona. Nel diritto romano erano coloro che si occupavano di “facere cum herbis”, erano le custodi delle “virtutes herbarum” e agivano nel rispetto assoluto di Madre Terra. Erboristeria: la conoscenza dell’erba. Weed: l’erbaccia La storia di medichesse, farmaciste, raccoglitrici, guaritrici, levatrici che utilizzavano aglio, peperoncino, belladonna, alloro, iperico, artemisia, salvia, lavanda e cannabis è giunta sino a noi. La conoscenza erboristica delle “streghe” è ancestrale e inesauribile tanto che Paracelso (1493-1541) sosteneva di aver imparato più da loro che dai libri di Ippocrate e Galeno. Gli infusi, i macerati, i suffumigi, sono abitudini risalenti alle guaritrici del Medioevo, quando la medicina della natura rispetto alla farmacopea popolare risultava già più empatica, dolce e non invasiva per la persona, decisamente più adatta alle applicazioni quotidiane. Per l’ingresso ufficiale della cannabis nella medicina occidentale dobbiamo attendere il 1621 quando Robert Burton ne parla nel suo "Anato-
mia della Malinconia" (The Anatomy of Melancholy). Nel XVI secolo, invece, furono introdotti gli oppiacei come analgesici, mentre nel 1872 fu avviata l’applicazione endovenosa con l'impiego del cloralio idrato. L’uso di analgesici e barbiturici prese piede mezzo secolo dopo, quando il dott. John Silas Lundy utilizzò per la prima volta il tiopentale, un barbiturico conosciuto anche come "siero della verità". La farmacopea moderna è, infatti, orientata sui processi di sintesi chimica, prodotti dai costi minori e dai risultati immediati, anche se, non affrontando la “guarigione” come un processo olistico, influiscono negativamente su altri sintomi. L’avvento della naturopatia nella cultura occidentale Negli ultimi anni abbiamo assistito alla presa di coscienza del consumatore che tutela la sua salute modificando il suo modo di vivere molto più simile a quello pre-consumistico di un secolo fa. In Italia, all’inizio del‘900 l’alimentazione includeva derivati di canapa, piante officinali, pochi grassi saturi e batteri, fondamentali per un fisico sano. Sulla scelta degli ingredienti in cucina, in Europa, inficia anche la presenza del Novel Food, ossia “un alimento che non era stato consumato in misura significativa dall'uomo nell'UE prima del 15 maggio 1997, quando è entrato in vigore il primo regolamento sui nuovi prodotti alimentari”. Il Novel Food sembra essere l’equivalente della registrazione di un farmaco. La Pfizer investe in cannabis medica, mentre Patuanelli firma il decreto sulle officinali: qual è il futuro della naturopatia? La sensibilità sociale verso scelte eco-sostenibili e le cure naturali ha influito notevolmente sulle